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2 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

Riconoscimenti: La presente ricerca è stata realizzata dalla società De Plano Consulting s.r.l., per conto della Camera di Commercio di Prato. In particolare l’indagine è stata svolta dai collaboratori Daniele Calamandrei e Gianni Lembo. Si ringrazia la Camera di Commercio di Prato, nella persona di Gianluca Morosi, per la collaborazione prestata al fine del buon esito del lavoro. Si ringrazia inoltre Confartigianato di Prato per avere offerto la possibilità di realizzare un focus group utile alla definizione di una parte importante del lavoro e per il supporto prestato nell’individuazione di aziende di produzione del territorio pratese per gli approfondimenti di caso.

3 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

INDICE

1 INTRODUZIONE............................................................................ 4

2 IL SETTORE TESSILE-ABBIGLIAMENTO IN ITALIA ............................ 10

3 IL MERCATO DELLA GRANDE DISTRIBUZIONE ORGANIZZATA O

MODERNA.................................................................................. 22 3.1 L’evoluzione dello scenario competitivo all’interno del mercato della

Grande Distribuzione Organizzata.....................................................23 4 LE GRANDI SUPERFICI SPECIALIZZATE DEL SETTORE MODA ............ 29

4.1 Il panorama delle principali insegne italiane ed estere delle Grandi

Superfici Specializzate del settore moda ............................................35 4.2 Sintesi degli orientamenti comuni degli attori delle Grandi Superfici

Specializzate .................................................................................50 5 L’EVOLUZIONE RECENTE DEL MERCATO: LA RIVOLUZIONE DEL

CALENDARIO E LE IMPLICAZIONI NEI RAPPORTI DI FORNITURA........ 52 5.1 Le implicazioni di processo nei rapporti di fornitura fra produttore e

venditore ......................................................................................56 6 INDICAZIONI DI STRATEGIA PER UN PRODUTTORE INTERESSATO

ALLE GRANDI SUPERFICI SPECIALIZZATE ...................................... 61 6.1 Un passo indietro: il modello di successo del made in Italy...................63 6.2 La declinazione del modello di successo nella piccola impresa del

settore tessile-abbigliamento ...........................................................65 6.3 Quali criteri per le alleanze finalizzate al mercato delle Grandi

Superfici Specializzate ....................................................................69 6.4 Le valutazioni da effettuare a supporto della decisione di inserirsi nel

mercato delle Grandi Superfici Specializzate.......................................72 7 INDICAZIONI OPERATIVE PER L’ACCESSO AL MERCATO DELLE

GRANDI SUPERFICI SPECIALIZZATE .............................................. 74 7.1 L’interlocutore di riferimento: l’Ufficio Acquisti ....................................74 7.2 Come proporsi: il “Necessaire” .........................................................77

8 IPOTESI ALTERNATIVE ALLE GRANDI SUPERFICI SPECIALIZZATE ...... 79

9 SINTESI CONCLUSIVA ................................................................. 84

APPENDICE .................................................................................... 92

4 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

1 INTRODUZIONE

Il presente rapporto si propone di fornire un quadro sufficientemente chiaro

del mercato della Grandi Superfici Specializzate nel settore tessile-

abbigliamento, dalla prospettiva di quelle imprese di produzione che

potrebbero essere interessate a valutare la possibilità d’inserimento in tale

contesto o a migliorare le loro performance all’interno dello stesso.

Schema 1.1 Obiettivi dell’indagine in estrema sintesi

In tale ottica, la trattazione si snoda secondo una logica di progressivo

approfondimento dell’argomento in esame, partendo da considerazioni

basilari sul settore produttivo italiano e pratese in particolare e tenendo

conto delle implicazioni delle dinamiche competitive innescate dai principali

Paesi competitor.

Inoltre viene presentata una panoramica sulle strategie attualmente seguite

dai principali protagonisti della Distribuzione Moderna, sia in termini di

format (tipo/dimensione) che in termini di insegna (identità).

Infine, particolare attenzione è dedicata ai processi di acquisto degli

operatori delle Grandi Superfici Specializzate, con un’analisi delle

5 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

aspettative e criticità, finalizzata alla valutazione delle condizioni di base per

poter operare con loro.

Sul piano metodologico si è operato per l’integrazione di diverse fonti

informative, cercando di privilegiare i rilievi diretti sul campo e le fonti di

informazione specialistica degli operatori stessi.

Pertanto la maggior parte delle informazioni è stata elaborata basandoci

sulle testimonianze dirette di soggetti che operano nel mondo della

distribuzione commerciale, sui dati forniti e pubblicati dagli stessi operatori

delle Grandi Superfici Specializzate, su notizie finanziarie ricavate dalla

stampa quotidiana, su un numero ridotto di interviste e sulla base della

nostra esperienza all’interno del mondo in esame (schema 1.2).

Schema 1.2 Le fonti informative a cui si è fatto riferimento

Questo tipo di approccio ci ha permesso di individuare quei fattori critici di

successo sulle cui basi ipotizzare gli adattamenti necessari per continuare a

presidiare con profitto il mercato di riferimento e di immaginare possibili

scenari operativi per sistemi di piccole imprese di produzione pratesi.

6 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

Le opzioni strategiche ed operative per le aziende pratesi del settore tessile-

abbigliamento risultano inevitabilmente condizionate dalle caratteristiche

strutturali del Distretto. Queste, d’altronde, ricalcano in larga parte le

caratteristiche del sistema industriale nazionale nel suo complesso.

Il sistema produttivo italiano presenta infatti molte debolezze:

1) per dimensione aziendale ovvero:

• pochissime imprese di grandi dimensioni, in grado di competere a

livello globale;

• un piccolo numero di imprese di medie dimensioni;

• un numero altissimo di micro e piccole imprese in cui opera la

maggioranza assoluta di addetti (circa il 95% delle Aziende conta

meno di 10 addetti).

2) Per assetto proprietario e cioè:

• la forma più frequente è quella delle coalizioni familiari;

• seguono i gruppi controllati dalle multinazionali estere;

• si aggiungono le poche aziende di proprietà pubblica;

• completano il quadro le cosiddette Public Companies.

3) Per specializzazione produttiva, dal momento che:

• molte delle imprese leader operano in settori di medie e piccole

dimensioni ed estremamente frammentati;

• vi è la presenza di alcune aziende di buona penetrazione

internazionale nelle industrie assemblatrici (auto, elettrodomestici);

• nelle telecomunicazioni e nelle infrastrutture agiscono aziende a

carattere prevalentemente nazionale;

• prevale una ridotta competitività nell’industria edile, agroalimentare e

turistica;

• sussiste una scarsa presenza nella competizione globale per chimica,

farmaceutica ed elettronica di consumo;

• si verifica infine una bassissima rilevanza nell’high tech1.

1 Il quadro esposto è ripreso da una recente pubblicazione de Il Sole 24 Ore, a cura di Daniela Montemerlo (docente di Strategia delle Aziende familiari presso l’Università Bocconi di Milano) e di Paolo Petri (Professore Associato di Organizzazione Aziendale presso l’Università della Valle d’Aosta).

7 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

Certe caratteristiche di debolezza strutturale si trovano poi a fare i conti con

quella che è la situazione competitiva che si è creata nei mercati

internazionali non solo per questioni valutarie, ma anche e soprattutto per il

modo in cui i competitor emergenti hanno interpretato la loro strategia

competitiva.

A questo proposito appare emblematico, oltre che ovvio, il caso della

concorrenza esercitata dalle aziende cinesi con particolare riferimento a

quelle del settore tessile-abbigliamento.

La Cina, con una quota di mercato che si aggira attorno al 30% del totale

mondiale, risulta essere il primo Paese esportatore del mondo mentre, in

parallelo, non figura fra i primi 10 Paesi clienti dell’Italia per il settore

tessile-abbigliamento.

Ad oggi i settori produttivi italiani in grado di meglio penetrare il mercato

cinese sono quelli dei macchinari e degli impianti con circa il 16,7% del

totale nostro export verso quel Paese (tabella 1.1).

In un certo senso, questo fatto aumenta paradossalmente i rischi di crescita

della competitività del prodotto cinese nel settore moda, rispetto alle

aziende italiane conto terziste; ne deriva infatti una crescente capacità di

accesso dei competitor asiatici alle tecnologie produttive più evolute.

Tabella 1.1 La presenza italiana in Cina per settori produttivi (quote percentuali del totale export italiano verso la Cina per settori – anno 2005)

Fonte: Osservatorio Asia

È opinione diffusa, com’è naturale che sia per un Paese che annovera 1,3

miliardi di abitanti, che la Cina possa rappresentare, in prospettiva, un

8 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

mercato appetibile per chiunque. Finora tuttavia ne abbiamo vissute

soltanto le valenze competitive di segno negativo e tali valenze, sembrano

destinate a permanere almeno nel medio periodo. Ciò perché, oltre agli

oggettivi vantaggi legati ad un costo dei fattori produttivi nettamente

inferiore al nostro (in primo luogo ad una manodopera molto conveniente),

permangono molteplici anomalie anche nei rapporti commerciali:

− il cambio (il regime fisso con il remimbi/yuan è sottovalutato rispetto al

dollaro, che a sua volta è sottovalutato rispetto all'euro; qualora il

cambio fosse più equilibrato, i prodotti cinesi costerebbero il 30%, forse

anche il 50% in più; sarebbero ancora competitivi rispetto a quelli

europei, ma questi ultimi risulterebbero meno distanti);

− gli aiuti all'export che le aziende cinesi ricevono e che incidono in modo

marcato sul giro d'affari e che le avvantaggiano slealmente;

− il sistema bancario, fortemente controllato dallo Stato, che sostiene

artificiosamente aziende altrimenti in difficoltà economico-finanziaria e

che quindi sarebbero di fatto meno competitive, se non addirittura

destinate a scomparire;

− il fisco, dato che il regime fiscale si attesta su livelli molto bassi (la

pressione fiscale si aggira attorno al 20%. ).

Tali anomalie danno vita, complessivamente, ad una sorta di concorrenza

sleale da parte dei produttori cinesi, che si traduce in una vera e propria

attività di dumping economico a cui è estremamente difficile rispondere

attraverso gli strumenti competitivi normalmente disponibili.

Secondo i dati forniti dalla Commissione Europea, tra il gennaio ed il luglio

del 2005 l’entrata in Europa di alcuni prodotti tessili provenienti dalla Cina è

aumentata del 543%.

Nel corso del 2005 l’Unione Europea ha venduto alla Cina l’equivalente di

514 Milioni di Euro in prodotti tessili, mentre la seconda ha esportato in

Europa vestiti per un valore di 16 miliardi di euro.

Di fronte a questo quadro gli strumenti di politica internazionale e l’azione

comunitaria sono di fondamentale importanza, anche se, purtroppo, i tempi

della politica sono necessariamente lunghi e risultano inefficaci

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nell’immediato, a tutelare tutte quelle aziende che, da queste pratiche,

vengono poste a rischio di sopravvivenza.

In generale, gli strumenti politici di difesa sembrano essere:

− parità di regole:

o recupero di condizioni di competizione confrontabili

o reciprocità di trattamento fra Paesi

− autenticità di prodotto:

o tracciabilità dei prodotti

− tutela del prodotto:

o difesa della proprietà intellettuale

o applicazione norme anticontraffazione.

Ad oggi, comunque, i fattori competitivi messi in campo dai produttori cinesi

appaiono un vincolo con cui le imprese italiane (nello specifico quelle

pratesi), dovranno continuare a confrontarsi a lungo.

Di fronte ad essi (ed anche a causa delle proprie debolezze strutturali) si

restringono in modo sensibile le opzioni strategiche possibili e quelle

operative idonee ad implementarle: l’individuazione delle stesse

rappresenta quindi la principale sfida per la ricerca di mercato applicata alla

piccola impresa e su di essa concentreremo sia la nostra disamina delle

Grandi Superfici Specializzate che, soprattutto, i nostri sforzi interpretativi.

10 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

2 IL SETTORE TESSILE-ABBIGLIAMENTO IN ITALIA

Quello del tessile-abbigliamento è un settore fortemente radicato nel

territorio nazionale, soprattutto nel centro-nord Italia. Questa

considerazione è confermata dall’ampia diffusione dei distretti afferenti a

tale settore, come risulta dalla frequente comparsa di superfici di colore

arancio nella mappa riportata in figura 2.1.

Figura 2.1 I distretti manifatturieri in Italia (anno 2005)

Fonte: Istituto Promozione Industriale (IPI)

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Si caratterizza come un settore molto frammentato che si sviluppa

attraverso una lunga serie di relazioni di filiera che dalla filatura giungono al

capo di abbigliamento finito e destinato all’acquirente finale.

L’Italia si configura come un paese leader nel settore per diverse ragioni sia

quantitative che qualitative:

- produce circa ¼ del totale della Comunità Europea (dati Euratex con

riferimento all’anno 2005);

- vanta una lunga tradizione produttiva, una forte specializzazione e alte

competenze, maturate nel tempo grazie al progressivo consolidamento

delle attività produttive e delle competenze nei diversi distretti del

settore.

Tabella 2.1 I distretti tessili in Italia (anno 2006)

Distretto Province Settore Imprese

Prato2 PO/FI/PT Tess. Abb. 7.300 Vicenza VI Tess. Abb. 2.081 Asse del Sempione VA Tess. Coton. 3.900 Bergamo BG Tess. Abb. 1.642 Como CO Tess. Serico 2.110 Schio-Thiene-Valdagno VI Tessile 759 Treviso TV Tess. Abb. 1.664 Biella BI Tessile 1.100 Brescia BS Tess. Abb. 1.780 Carpi MO Tess. Abb. 2.000 S.Giuseppe Vesuv. NA Tess. Abb. 3.000 Montebelluna TV Abb. Sport. 428 Castel Goffredo MN Calze 280 Empoli FI Abb. 521 Lecco LC Tessile 162 Grumello del Monte BG/BS Bottoni 150 Valle del Liri FR Abb. 194

Fonte: Sistema Moda Italia su dati Euratex

Il principale motivo di vantaggio competitivo del prodotto italiano è

rappresentato dalla costante ricerca di originalità, supportata da un costante

2 La Deliberazione del Consiglio Regionale della Toscana, del 21 febbraio 2000, n. 69, ha individuato, fra gli altri, la diffusione territoriale del distretto tessile, per amministrazioni comunali, dell’abbigliamento e della maglieria di Prato. Come si evince dall’elenco di seguito riportato, il distretto pratese assume carattere interprovinciale, coinvolgendo anche comuni del territorio fiorentino e pistoiese. In particolare rientrano in tale distretto i seguenti comuni: Agliana (PT), Calenzano (FI), Campi Bisenzio (FI), Cantagallo, Carmignano, Montale (PT), Montemurlo, Poggio a Caiano, Prato, Quarrata (PT), Vaiano, Vernio,

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rinnovamento dell’offerta. Tutto ciò risulta alimentato anche dall’interazione

fra diverse componenti del sistema, che collega in rete quei soggetti che

lavorano le materie prime con i distributori finali, passando per gli artefici

del design e i produttori meccanotessili. Sono queste relazioni di filiera che

hanno costituito finora motivo di vantaggio competitivo e, in virtù della loro

concentrazione in determinate aree geografiche, lo scheletro e l’anima

dell’economia dei distretti.

L’emergenza di nuovi competitor internazionali, le strategie di risposta da

questi sollecitate nei più importanti attori nazionali del settore, centrate

anche sulla delocalizzazione di fasi produttive, da una parte permettono di

ricercare nuove modalità di vantaggio competitivo, da un’altra tendono a

svuotare di contenuto il tradizionale distretto, rendendo necessaria una sua

rivisitazione e nuove modalità di rilancio. Ciò soprattutto colpendo, fino a

metterne a rischio la possibilità di sopravvivenza, quegli attori di distretto

intermedi al processo di lavorazione, ovvero i conto terzisti.

La tabella 2.1 illustra la distribuzione dei distretti tessili in Italia. Prato da

solo concentra un quarto delle aziende dei distretti italiani del comparto.

Si stima che in Italia, la filiera del settore Tessile-Abbigliamento sia

composta da poco meno di 70.000 aziende (tabella 2.2). Il 90% di esse

conta meno di 15 addetti, rientrando per questo nella categoria delle micro

e piccole imprese.

Tabella 2.2 I “numeri” del tessile-abbigliamento in Italia, distinguendo fra totale e imprese con meno di due milioni di fatturato (anno 2005)

di cui, imprese con meno di 2 Mln di Euro di fatturato Parametri Valori assoluti

Valori assoluti % su totale Numero imprese 67.457 64.199 95,2% Numero addetti 543.124 336.110 61,9% Milioni fatturato 42.551 19.200 45,1% Fatturato per addetto (.000) € 78.3 € 57,1 -27,1%* * indica lo scostamento del dato delle imprese piccole dalla media generale

Fonte: Sistema Moda Italia su dati Istat

Secondo i dati forniti dal Sistema Moda Italia, il restante 10% è formato da

aziende proprietarie di marchi importanti e presenti ovunque nel mondo

13 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

grazie alla capacità di innovare, di scegliere la qualità giusta nei materiali, di

fissare prezzi e fornire servizi in linea con le aspettative dei mercati.

Tuttavia anche le imprese di dimensioni inferiori riescono talvolta ad essere

leader in particolari nicchie o, comunque, a raggiungere un alto grado di

specializzazione in singole fasi del processo.

Nello specifico, nel 2005, il distretto di Prato, annoverava più di 7.000

imprese, occupava oltre 40.000 addetti e generava un fatturato complessivo

di poco inferiore ai 5 Mld di Euro, di cui più della metà destinato ai mercati

esteri (tabella 2.3). Tuttavia come risulta sempre evidenziato in tabella 2.3,

al termine del 2005 il distretto continuava a manifestare ancora forti segni

di sofferenza, registrando un ulteriore diminuzione del fatturato, rispetto

all’anno precedente del -3,6%, a causa soprattutto di un ulteriore

contrazione dell’export (-6,8%). In media ogni azienda, sempre alla stessa

epoca, generava 650.000 euro di fatturato annuo con 6 dipendenti.

Tabella 2.3 I “numeri” del distretto tessile-abbigliamento pratese (anno 2005)

Settore Fatturato in

Milioni di Euro % Export su totale

Numero imprese

Numero addetti

Var. % fatturato 2005/04

Var. % export

2005/04 Tessile -Abbigliamento

4.748 54% 7.300 42.000 -3,6% -6,8%

Fonte: Il sole 24 Ore su dati Unione Industriali Prato

I dati congiunturali degli ultimi anni hanno messo in evidenza la scarsa

competitività del sistema pratese, dovuta in parte a questioni valutarie, in

buona parte a ragioni strutturali della piccola impresa e in parte anche ad

una progressiva perdita di efficienza: si stima (dati Sole 24 Ore) che nel

2005 la capacità produttiva delle aziende del distretto pratese risultava

sfruttata in media per appena il 68% del potenziale. Tale dato appare

abbastanza in linea con quello calcolato annualmente dall’Osservatorio

Regionale Toscano sull’Artigianato, dove tuttavia per le imprese artigiane

manifatturiere a livello regionale il grado medio di sfruttamento della

capacità produttiva scenderebbe ben al di sotto della soglia del 60%. Il dato

peggiore dell’artigianato confermerebbe le forti ripercussioni della lunga

fase recessiva subite dalle componenti imprenditoriali più piccole e

14 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

soprattutto da quelle dove è maggiormente presente la lavorazione conto

terzi.

Tuttavia il primo semestre 2006 sembra rimandare segnali positivi su

questo fronte, dal momento che, sull’onda di una certa ripresa, si stima che

lo sfruttamento del potenziale produttivo stia tornando su livelli ben più

elevati e orientativamente prossimi all’80% (dati Sole 24 Ore, maggio

2006).

Le imprese di piccola dimensione si caratterizzano per una bassa capacità di

generare valore aggiunto e ciò in dipendenza di quelle debolezze strutturali

sul piano delle funzioni maggiormente capaci di fare la “differenza”

(innovazione di prodotto, marketing ecc.) e ciò è testimoniato anche dal

dato sulla produttività per singolo addetto, intendendo questa calcolata in

termini di fatturato medio per unità di lavoro. La produttività per addetto

nelle imprese più piccole risulterebbe mediamente inferiore al dato

generale, di circa il 30%.

La posizione di leadership del prodotto italiano è stata messa in discussione

dalla lunga fase recessiva che ha colpito i settori della moda in misura molto

più accentuata e profonda di tutti gli altri settori manifatturieri. Soprattutto

ha colpito gli operatori più piccoli, ovvero quelli che, nell’intera catena del

valore si posizionano in fasi a monte ed intermedie, svolgendo funzioni di

subfornitura di materiali (filati, tessuti ecc.), semilavorati e prodotti finiti

(maglieria, abbigliamento ecc.).

Tale fenomeno è stato particolarmente forte nel territorio toscano e nei suoi

distretti della moda. A tal fine si fa presente che la subfornitura svolge un

ruolo di primo piano nelle attività delle imprese artigiane, dove il fatturato

generato attraverso rapporti di conto terzismo nei confronti di committenti

industriali raggiunge, per quanto riguarda i comparti della moda, il livello

del 75% del totale. Al fine di apprezzare il processo di indebolimento che si

è verificato nelle relazioni di filiera all’interno dei distretti della moda, ci

sembrano emblematiche le ripetute analisi effettuate semestralmente

dall’Osservatorio Regionale Toscano sull’Artigianato dal 2000 ad oggi.

Il grafico di figura 2.2 illustra l’andamento del fatturato in termini di

variazioni percentuali annue rispetto all’anno precedente, dal 2000 al 2005.

15 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

Come si può vedere, la perdita di fatturato abbraccia un periodo molto

lungo e su valori molto negativi. Tuttavia, nel panorama dell’intero

artigianato regionale, la moda è quella che registra di gran lunga il livello di

perdite più marcato e rappresenta il motore principale della perdita di

fatturato di tutto il comparto manifatturiero.

Figura 2.2 Andamento del fatturato nei settori dell’artigianato toscano dal 2000 al 2005 (variazioni percentuali)

-15

-10

-5

0

5

2000 2001 2002 2003 2004 2005

ManifatturieroEdiliziaServiziMedia artigianatoModa

Fonte: nostre elaborazioni su dati Osservatorio Regionale Toscano sull’Artigianato

A nostro avviso, l’andamento illustrato nella figura 2.2 è stato sospinto da

molteplici concause di diversa natura:

A. mutamenti qualitativi profondi del mercato:

- il mutamento dei sistemi valoriali di consumo innescato da fenomeni

internazionali straordinari. I fatti del 2001 hanno inciso sui sentimenti

e valori profondi delle persone determinando da una parte un più

marcato bisogno di sicurezza e da un’altra la prioritaria necessità di

rivedere la scala di valori, anteponendo autenticità di rapporti, alta

significatività delle cose, il sé e il proprio intimo benessere a temi e

cose di valenza più voluttuaria e superflua. Nell’area del superfluo o

dell’ingiustificato si sono inizialmente collocati anche i prodotti della

moda, mentre ha ripreso impulso l’investimento nella casa, intesa sia

come bene rifugio ma anche come contenitore di affetti. Nella prima

16 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

fase del ciclo, quindi, ciò ha ad esempio determinato una brusca

divaricazione degli andamenti di fatturato fra le attività edili e quelle

manifatturiere (soprattutto della moda).

B. Ragioni di congiuntura internazionale:

- l’instabilità internazionale ha inizialmente compresso l’andamento

dell’economia;

- un euro forte ha in buona parte penalizzato la competitività di prezzo

del made in Italy.

C. Ragioni strutturali. I due precedenti ordini di motivazioni giustificano da

una parte spostamenti marcati di domanda da un settore ad un altro o

contrazioni complessive. Tuttavia li giustificano nel breve andare, poiché

dopo un primo contraccolpo e dopo l’avvenuta ripresa dell’economia

internazionale, sarebbe lecito aspettarsi una progressiva ripresa anche

delle attività produttive nostrane. Ciò, come si vede anche dal grafico di

figura 2.2 non è avvenuto, almeno per le componenti artigiane. Questo

non può che dipendere da ragioni strutturali, in qualche modo già

descritte nei punti precedenti e così riassumibili:

- la concentrazione del sistema produttivo su settori maturi,

caratterizzati da basse barriere all’ingresso, facilmente aggredibili da

produttori di Paesi emergenti. Fra tali settori si collocano a pieno

titolo (e gli andamenti decisamente negativi lo dimostrano) quelli del

tessile-abbigliamento.

- Una struttura d’impresa piccola, schiacciata su funzioni tecnico-

produttive e carente rispetto a quelle a più alto valore aggiunto e

capaci di consentire una più efficace penetrazione del mercato

La figura 2.3 evidenzia come i settori della moda, individuati dalla

cerchiatura più accentuata, si caratterizzino per il prevalere da molti anni di

imprese con fatturato sempre in diminuzione. Ciò significa che in questi

settori, la capacità di resistenza delle imprese si è progressivamente

fiaccata.

Colpendo così duramente la parte tecnico-produttiva della filiera, la lunga

crisi si è tradotta in una forte crisi dell’economia distrettuale e in un marcato

indebolimento di tutta la struttura produttiva dei territori: le crisi delle

17 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

attività produttive più radicate ha trainato con sé anche le altre attività dei

distretti, in un processo di progressivo impoverimento dei luoghi.

Figura 2.3 I settori artigiani toscani per prevalenza di imprese con fatturato in diminuzione nel periodo 2000-2005

Fonte: nostre elaborazioni su dati Osservatorio Regionale Toscano sull’Artigianato

Procedendo con analoga elaborazione sui dati di tutto il comparto artigiano

per province si può vedere infatti come la sofferenza, avviata in primo luogo

fra le aziende artigiane della moda, si sia ripercossa in uno stato di lunga e

profonda sofferenza di tutto l’artigianato provinciale. In questo processo non

è un caso che le province più in difficoltà siano risultate proprio quelle in cui

18 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

la produzione artigianale della moda è più radicata: Prato e Pistoia (figura

2.4).

Figura 2.4 L’artigianato nelle province toscane per prevalenza di imprese con fatturato in diminuzione nel periodo 2000-2005

Fonte: nostre elaborazioni su dati Osservatorio Regionale Toscano sull’Artigianato

Nel protrarsi dello stato di sofferenza si è quindi determinato fra le aziende

un processo selettivo accompagnato da processi di delocalizzazione

produttiva attuati dagli attori più rilevanti. Questi processi hanno

inevitabilmente determinato dei “buchi” nel tradizionale concetto di distretto

industriale, il quale è pertanto chiamato a ripensarsi radicalmente. Infatti le

relazioni di filiera hanno ormai carattere internazionale e non

necessariamente trovano più corrispondenza con una visione locale-

territoriale dei processi produttivi. Alla piccola impresa di distretto,

19 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

specializzata in fasi circoscritte del processo produttivo, si pone quindi

l’ardua sfida di ripensare il proprio ruolo all’interno della catena del valore

complessiva in un contesto internazionale.

Figura 2.5 La catena del valore nel tessile pratese

Fonte: Il sole 24 Ore su dati Unione Industriali Prato

Ritornando alle peculiarità del distretto tessile pratese, si evidenzia come

esso si caratterizzi non solo per un numero elevato di micro e piccole

imprese e, quindi, per una concentrazione delle debolezze proprie dei

sistemi di piccola impresa, ma anche per il fatto di risultare frammentato in

una serie molto numerosa di imprese specializzate nell’esecuzione di piccole

parti dell’intero processo di produzione (a tal fine si rimanda allo schema di

figura 2.5 sulla produzione del tessuto in lana). Ciò ha indubbiamente

determinato nel tempo l’accumulazione all’interno del distretto di un

importante livello di competenze tecnico-produttive ed è stato fra i motivi

del successo del modello pratese. Tuttavia, al tempo stesso, tale modello,

concentrando eccessivamente ogni singola azienda all’interno di una

porzione estremamente limitata della catena del valore complessiva, ha

fatto sì che la singola realtà produttiva non incorporasse soltanto le

debolezze strutturali proprie della micro o piccola impresa, ma anche un

20 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

eccessiva situazione di dipendenza dagli operatori a monte e a valle del

processo. Inoltre, tale modo di funzionare rende inevitabile la realizzazione

dell’intero processo mediante tanti passaggi intermedi, ognuno dei quali può

determinare allungamenti dei tempi, accumulo di scorte intermedie e

quindi, complessivamente, inefficienze.

Ripensare il proprio ruolo all’interno della catena del valore complessiva in

un contesto internazionale è pertanto passaggio irrinunciabile per la piccola

impresa e il sistema di piccole imprese pratesi e ciò nonostante emergano

recentemente segnali di sensibile miglioramento del quadro economico: il

2006 sembra caratterizzarsi per una nuova fase di ripresa, almeno per

quanto si può desumere dall’andamento degli ordini a livello nazionale.

Tuttavia tali segnali toccano le produzioni regionali soltanto marginalmente:

come dimostrerebbe la tabella 2.4, almeno nel primo trimestre dell’anno, si

registra soltanto una variazione positiva degli ordini e precisamente nel

settore calzaturiero, (calzature), mentre le variazioni continuerebbero a

rimanere negative per gli altri comparti della moda.

Tabella 2.4 Andamento della produzione per settori produttivi regionali (variazioni percentuali primo trimestre 2006 rispetto allo stesso periodo del 2005)

Settore Variazione Calzature +1,7% Oreficeria ed altri -0,2% Tessile - abbigliamento -0,5% Pelle - cuoio -2,3%

Fonte: dati Confindustria e Unioncamere

Il settore, pur con le sue criticità, presenta ancora un’alta vocazione

all’esportazione, tanto che il fatturato generato con i mercati esteri supera il

60% del totale e rappresenta per questo un tassello importante della

bilancia dei pagamenti nazionale.

Per quanto riguarda le aree geografiche di sbocco si fa presente che l’export

settoriale italiano risulta concentrato su pochi mercati, dal momento che i

primi 6 paesi di destinazione generano da soli oltre il 50% del fatturato

totale. Il peso principale lo hanno i Paesi classici europei (Francia, Spagna,

Germania e Regno Unito) e resta importante la quota assorbita dagli USA.

21 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

Inoltre sono mercati importanti anche alcune realtà emergenti (Russia,

Hong Kong).

Cresce la quota di fatturato corrispondente a prodotti realizzati in Paesi

esteri e a questo riguardo risulta particolarmente squilibrato il rapporto nei

confronti della Cina: questa si configura sempre più (visti anche i rispettivi

saggi di crescita sul mercato) come primo fornitore del tessile acquistato in

Italia ma, dall’altra parte, non rientra nella graduatoria dei primi 10 Paesi

Clienti. La tabella 2.5 riassume i principali 10 paesi clienti e 10 paesi

fornitori.

Tabella 2.5 I principali 10 paesi clienti e 10 paesi fornitori per il prodotto italiano di settore

Fonte: Sistema Moda Italia su dati Istat

In definitiva, quindi, si pone un problema complessivo di strategia per la

piccola impresa pratese, in funzione di una rinnovata e più efficace capacità

di competere negli scenari internazionali. In quest’ottica il mercato delle

Grandi Superfici Specializzate rappresenta soltanto uno dei contesti in cui

andare a ricercare un migliore posizionamento, ma secondo logiche che

potrebbero risultare valide anche per altri tipi di mercato. Pertanto le

indicazioni che provengono dalle GSS finiscono per avere una valenza

generale e risultare teoricamente utili per la definizione di qualsiasi strategia

a venire.

22 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

3 IL MERCATO DELLA GRANDE DISTRIBUZIONE

ORGANIZZATA O MODERNA

Il mercato della Grande Distribuzione Organizzata ha subito importanti

mutamenti negli ultimi anni, in virtù sia di pressioni competitive esercitate

dai concorrenti che progressivamente vi si sono inseriti, che dei

cambiamenti negli orientamenti, nei comportamenti di consumo e nelle

aspettative della clientela. Tali mutamenti sono stati così profondi che oggi

possono considerarsi non reversibili almeno nel breve termine e sono stati

tali da accentuare la complessità del mercato in direzione di:

- una progressiva crescita dimensionale degli attori distributivi,

- l’accentuarsi dei processi di internazionalizzazione commerciale e

produttiva,

- il moltiplicarsi e l’innovazione dei format distributivi,

- l’innovazione del servizio al cliente,

- la velocità di ridefinizione della proposta di prodotto.

In questo capitolo, pertanto, entreremo maggiormente nel cuore della

ricerca, partendo dall’individuazione di quei fenomeni che hanno guidato

l’evoluzione del mercato fino ad oggi.

Prima di procedere si evidenzia tuttavia che la Grande Distribuzione

Organizzata può essere intesa come sinonimo di Distribuzione Moderna3. In

generale quando si parla di Distribuzione Moderna, che per definizione si

distingue quindi da quella tradizionale, si fa riferimento a punti vendita di

dimensioni variabili a seconda della specifica tipologia commerciale,

organizzati secondo criteri evoluti (self service, codice a barre ecc.) e che si

replicano nel territorio sulla base di comuni standard espositivi, di

assortimento e di insegna4.

3 È emblematica a tal fine la mission editoriale di una delle principali riviste settimanale di settore che nel nome si associa al concetto di grande distribuzione organizzata (GDO Week) e che si rivolge a tutti coloro che operano nel commercio moderno. 4 La Grande Distribuzione Organizzata ricomprende al suo interno due mondi distinti: quello della Grande Distribuzione (G.D.) e quello della Distribuzione Organizzata (D.O.). Quando si parla di Grande Distribuzione (G.D.), l'insegna di riferimento è un soggetto unico (es.

23 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

Ciò considerato, la Grande Distribuzione Organizzata in senso lato o

Distribuzione Moderna, aggrega al suo interno le seguenti tipologie di

operatori:

A. Grande Distribuzione Organizzata generalista in cui peso rilevante è

svolto dall’offerta alimentare (a matrice “alimentare):

− Ipermercati (con una superficie superiore ai 4.500 mq.);

− Superstore mini-iper (con un superficie di vendita che sta fra i 2.500

e i 4.499 mq.);

− Supermercati (con una superficie di vendita che sta fra i 400 e i 2.499

mq.);

− Libero servizio (con una superficie di vendita compresa fra i 200 e i

399 mq.), altrimenti detto “superette”;

− Discount.

B. Grande Distribuzione Organizzata più o meno specializzata che non

tratta l’offerta alimentare:

− Grandi Superfici Specializzate non alimentari (da superfici più

contenute ai megastore)

− Grandi magazzini.

3.1 L’evoluzione dello scenario competitivo all’interno del

mercato della Grande Distribuzione Organizzata

Dagli anni sessanta ad oggi il mercato della Grande Distribuzione

Organizzata ha subito profondi mutamenti.

Fino alla fine degli anni sessanta tale mercato, in riferimento all’ambito

nazionale italiano, si caratterizzava per la presenza di pochi attori (figura

3.1), rappresentati, oltre che da Grandi Magazzini, da insegne quali Standa,

Esselunga, Pam, H&M); quando si parla di Distribuzione Organizzata, l'insegna identifica un insieme di soggetti che fanno capo alla stessa struttura (es. Despar, Conad). Nel linguaggio corrente si finisce per perdere tale distinzione e si parla genericamente di Grande Distribuzione Organizzata, quando si fa riferimento a soggetti, anche di diversa natura, che operano su una pluralità di superfici di dimensioni variabili, purché sotto un’insegna comune, un’immagine ben precisa, anch’essa comune. In quest’accezione, quindi, grande distribuzione organizzata finisce per essere pienamente assimilabile al concetto di Distribuzione Moderna.

24 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

Upin, Coin e La Rinascente. Tali casi animano quelli che possono

considerarsi gli albori della Distribuzione Moderna. In particolare tale fase

competitiva si caratterizza per il consolidamento della formula dei Grandi

Magazzini popolari (vedremo poi in dettaglio i casi Rinascente ed Upim

attraverso le rispettive schede) e si affacciano le prime insegne di

supermarket.

Figura 3.1 I competitor nel mercato della Distribuzione Moderna italiana: fino a tutti gli anni sessanta

Fonte: Federdistribuzione – 2006

Gli anni settanta si caratterizzano per una crescente diversificazione della

formula e l’aumento della concorrenza (figura 3.2). Il mercato evolve e, a

fronte di una maggiore segmentazione, dà vita ai primi punti vendita

specializzati. Alcune marche-insegna iniziano a replicare i loro modelli in

diverse città, creando le prime catene anche nel dettaglio di dimensione

medio-piccola.

25 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

Figura 3.2 I competitor nel mercato della Distribuzione Moderna italiana: gli anni settanta

Fonte: Federdistribuzione – 2006

Figura 3.3 I competitor nel mercato della Distribuzione Moderna italiana: gli anni ottanta/novanta

Fonte: Federdistribuzione – 2006

26 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

Negli anni ottanta e novanta iniziano ad affermarsi i cosiddetti Category

Killer, cioè quei competitor che si concentrano esclusivamente su un

mercato e ne divengono inevitabilmente leader, in virtù della dimensione,

dell’ampiezza di assortimento, del posizionamento di prezzo, ecc. (figura

3.3).

Il termine “iper-specializzazione”, oltre che nella componente di significato

legata alla superficie dei negozi (veri e propri “iper” rispetto alle categorie

merceologiche trattate), esprime in effetti la stessa percezione del Cliente,

portato a considerare i diversi soggetti come Numeri 1 di quel comparto.

Figura 3.4 I competitor nel mercato della Distribuzione Moderna italiana: gli anni duemila

Fonte: Federdistribuzione – 2006

Gli anni 2000 si caratterizzano infine per un’affermazione del fenomeno

dell’internazionalizzazione delle insegne e la maturità definitiva del mercato.

27 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

Tutto ciò in forza delle logiche del mercato globale. Le insegne che si

affermano sono a prevalente proprietà straniera o comunque con un’ingente

quota di partecipazioni estere nelle insegne nazionali. Si verifica inoltre uno

spostamento sempre più massiccio verso le forme di commercio moderno a

scapito di quello tradizionale, con un incremento continuo, urbanisticamente

parlando, di luoghi e strutture “artificiali” nei confronti di quelli “naturali”

(figura 3.4).

Se da una parte il mercato della Distribuzione Moderna si è caratterizzato

per una crescita progressiva dei competitor, anche di provenienza estera,

da un’altra si è assistito ad una sua progressiva maturazione e conseguente

rallentamento dei saggi di crescita. La tabella 3.1 mostra come la crescita

dei consumi non alimentari abbia subito una grande frenata dagli anni

novanta in qua.

Tabella 3.1 Trend generale della domanda negli ultimi decenni

Periodi Consumi non alimentari

1960-70 +9,1% 1970-80 +4,6% 1980-90 +3,4% 1990-99 +2,0% 2000-04 +1,3%

2005 +0,2% Fonte: Federdistribuzione su dati Iri-Infoscan – 2006

La tabella 3.1 si riferisce peraltro ai consumi non alimentari in genere, di cui

il tessile-abbigliamento ne rappresenta soltanto un quota, seppure molto

rilevante. In sintesi la quota della domanda non alimentare destinata

all’abbigliamento si dimostra nel tempo piuttosto stabile e oscillante fra il 9

e il 10% del totale (tabella 3.2).

Ciò significa sostanzialmente che il mercato adesso non è soggetto a

importanti processi espansivi e le opportunità possono essere colte solo in

virtù della capacità delle aziende di ricrearsi propri motivi di vantaggio

competitivo che possano sollecitare spostamenti di domanda verso il loro

prodotto.

28 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

Tabella 3.2 Quota del reddito destinata all’abbigliamento

Anni Spesa abbigliamento

1951 8,9% 1971 9,0% 1991 10,5% 2001 10,2% 2006 9,6%

Fonte: Federdistribuzione su dati Iri-Infoscan – 2006

29 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

4 LE GRANDI SUPERFICI SPECIALIZZATE DEL

SETTORE MODA

Questo capitolo è dedicato ad un approfondimento specifico di quella parte

della Grande Distribuzione Organizzata o modern retail (Distribuzione

Moderna), specializzata nel settore tessile-abbigliamento. In linea di

principio riteniamo sostanzialmente inclusi in questa tipologia distributiva

due format specifici: quello delle Grandi Superfici Specializzate in senso

stretto e quello dei Grandi Magazzini.

Per Grande Superficie Specializzata si intende un retailer con punti vendita

di dimensioni medio-grandi (oltre 800 mq e fino ad un massimo di 3000 mq

– nel caso di H&M esistono superfici anche di ampiezza minore, fino al limite

minimo di 300 mq), che presenta un assortimento di prodotti focalizzato su

una determinata area merceologica (elettronica di consumo) o di situazione

d’uso (abbigliamento in senso lato). I Grandi Magazzini presentano una

dimensione analoga a quella delle GSS (tendenzialmente più grande), ma

con una vocazione generalista e che nella maggior parte dei casi (eccetto

quindi alcuni operatori prestigiosi, vedi Harrod’s, Marks & Spencer ecc.)

esclude l’alimentare.

Nelle versioni più moderne, la grande superficie specializzata della moda

tende ad improntarsi al modello fashion store e che si manifesta nel pensare

la superficie di vendita come uno spazio progettato in modo molto accurato

e pensato per rendere piacevole l’incontro della clientela con la moda. Nei

mercati europei della moda, il processo di modernizzazione dei punti vendita

si esprime oggi in direzione di modelli altamente strutturati e sviluppati

attraverso superfici di vendita sempre più ampie. Pertanto altra tendenza di

tali superfici, giustificata dalla più elevata resa commerciale in termini di

fatturato per metro quadrato che la formula consente, è quella di dirigersi

verso i megastore, ovvero superfici di grande impatto presso la clientela e

di grande dimensione.

Le Grandi Superfici Specializzate si propongono come i nuovi category killer

del settore tessile-abbigliamento: se osserviamo l’andamento delle quote di

30 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

mercato a seconda del canale di distribuzione al dettaglio (figura 4.1) si può

osservare come i più penalizzati siano i piccoli operatori del dettaglio

tradizionale, seguiti tuttavia anche dai grandi operatori de-specializzati

(Grandi Magazzini), solitamente accomunati da una collocazione di centro

città.

Viceversa i fatturati tendono a migrare soprattutto verso le GSS, la cui

quota di mercato nell’arco di dieci anni è quasi raddoppiata, oltre che verso

le grandi superfici generaliste (ipermercati e supermercati), in cui peso

importante è assunto dall’offerta alimentare e verso le nuove forme di

offerta (outlet, e-commerce, ecc.).

Figura 4.1 Andamento quote per canale distributivo negli ultimi anni

Fonte: nostre elaborazioni su dati Iri-Infoscan - 2006

Della distribuzione tradizionale sopravvivono soprattutto le boutique in

franchising come, ad esempio Max & Co, che annovera 240 negozi in Italia e

138 negozi nel resto del Mondo. Quello dei franchisor affermati può in effetti

rappresentare un altro mercato di sbocco importante, soprattutto in virtù

del fatto che lascerebbe spazi di redditività notevolmente superiori, per un

31 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

produttore, rispetto a quelli ad egli garantibili da parte delle Grandi

Superfici. Tale margine di redditività deriva da quel price premium che il

cliente fidelizzato riconosce alla marca del franchisor in virtù della sua

storia, reputazione, stile, immagine che si è guadagnata. In altre parole il

cliente riconosce la marca come “firma”).

In pratica, i franchisor più prestigiosi presenterebbero dei plus importanti

per il produttore potenziale fornitore, grazie alla centralizzazione logistica,

che evita le complicatezze e inefficienze derivanti dalla frammentazione

delle consegne, un buon dimensionamento in termini di volumi degli ordini,

la possibilità di stabilire un rapporto continuativo su base fiduciaria e, il

tutto, rispetto ad un buon posizionamento, come fascia di mercato, capace

di consentire buoni margini di redditività.

Altri esempi di franchisor interessanti e di valore sono costituiti da marche

come Benetton, Guess, Motivi, Max Mara, Celio (figura 4.2). Si tratta di un

ventaglio di esempi che ricalcano, ciascuno con le proprie particolarità, il

modello citato di Max & Co.

Figura 4.2 Marche come “firme”: esempi di franchisor potenzialmente interessanti per un produttore italiano

Anche le GSS, nonostante il loro successo, devono fare i conti con un

mercato europeo maturo, condizionato, soprattutto in Italia, da perdita di

potere d’acquisto del consumatore. Perdita che lo costringe, almeno rispetto

32 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

ai consumi voluttuari, ad acquistare con grande oculatezza e attenzione al

prezzo.

Il carattere di maturità del mercato si esprime, come dicevamo, in modo

molto accentuato in quello italiano, dove l’evoluzione dei consumi delle

famiglie italiane è da diversi anni debole e al di sotto delle medie europee. I

dati Istat evidenziano come, dal 2001, la crescita in termini reali dei

consumi sia sempre oscillata intorno all’ 1% e nel 2005 si è verificata, in

termini reali, una contrazione del mercato (tabella 4.1).

Tabella 4.1 Andamento del fatturato di vendita al dettaglio del settore tessile-abbigliamento in Italia (variazioni percentuali nominali e reali anno 2005 rispetto al 2004)

Valore corrente Valore reale Inflazione prezzi

+1,1% -0,4% +1,5% Fonte: Federdistribuzione su dati Iri-Infoscan - 2006

La debolezza della domanda interna trova una sua spiegazione naturale

nella situazione economica che da molti anni sta attraversando il Paese, e di

cui si è già data evidenza nei capitoli introduttivi. La lunga crisi ha lasciato

un segno profondo nei comportamenti dei consumatori, che hanno dovuto

confrontarsi con una sempre minore disponibilità di risorse e con un potere

d’acquisto in costante diminuzione. Inoltre la domanda appare destinata a

rimanere ancora debole.

In questo scenario, i nuovi modelli di modernizzazione del settore implicano,

come si è già avuto modo di argomentare, la necessità di rapporti più stretti

tra produttore, distributore e consumatore, di un’alta capacità di cogliere i

segnali seppur deboli, che il consumatore invierà sui suoi orientamenti, di

un’adeguata tecnologia della comunicazione e di una diversa organizzazione

del ciclo produttivo, al fine sia di una migliore capacità e maggiore rapidità

di proposta, che di un livello più elevato di efficienza e quindi di un migliore

rapporto qualità/prezzo.

È pertanto in questa direzione che dovrebbe orientarsi la maggior parte dei

nuovi investimenti anche delle aziende di produzione. Infatti la massima

integrazione dei diversi anelli della supply chain è ormai un must quasi

33 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

imprescindibile, anche perché, in uno scenario molto agguerrito,

contribuisce alla creazione di efficienza e, conseguentemente, di valore da

riversare sul mercato. D’altra parte, essendo di fronte ad un mercato

maturo, con un alta densità di concorrenza, i margini di sviluppo dipendono

solo dalla possibilità di recuperare efficienza sul piano dei costi di

produzione e di sottrarre quote di mercato ad altri competitor.

Tabella 4.2 La mappa della Distribuzione Moderna in Toscana

Tipo di esercizio Numero p.v. % su totale

Ipermercati (>8.000 mq.) 6 0,5

Ipermercati (4.500/7.999 mq.) 8 0,7

Superstore mini-iper (2.500/4.499 mq.) 28 2,6

Supermercati (400/2.499 mq.) 346 31,5

Libero servizio (200/399 mq.) 399 36,3

Discount 166 15,1 Grande Distribuzione Organizzata a matrice “alimentare”

953 86,8

Grandi Superfici Specializzate non alimentari 106 9,7

Grandi magazzini 39 3,6 Grande Distribuzione Organizzata a matrice non alimentare

145 13,2

TOTALE GDO 1.098 100 Fonte: nostre elaborazioni su su dati Iri-Infoscan - 2006

Figura 4.3 Il peso delle tipologie di esercizio della Distribuzione Moderna in Toscana (valori assoluti e percentuali)

Fonte: nostre elaborazioni su su dati Iri-Infoscan - 2006

34 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

La tabella 4.2 e il grafico contenuto in figura 4.3 riassumono il numero di

punti vendita presenti in Toscana e riconducibili alle diverse tipologie di

operatori della Distribuzione Moderna.

Ad oggi quelle di nostro interesse, ovvero le Grandi Superfici Specializzate,

rappresentano una quota tutto sommato contenuta del totale (quasi il

10%), a cui si potrebbe aggiungere il 3,5% di grandi magazzini. Le

percentuali, pur non essendo irrilevanti, assumono proporzioni contenute se

si pensa che all’abbigliamento è destinata soltanto una quota di tutto il

13,2% riconducibile alle due tipologie di esercizi. Le due tipologie, che

riguardano complessivamente 145 superfici di vendita in Toscana, sono

infatti destinate anche ad altri prodotti come elettronica di consumo,

arredamento, bricolage, ecc.

All’interno delle Grandi Superfici Specializzate della moda, le macro-

tipologie di prodotto più importanti come fatturato generato sono costituite

dall’abbigliamento per la donna e poi per il bambino. Come si vede dal

grafico di figura 4.4, le due tipologie assieme considerate generano il 70%

del fatturato.

Figura 4.4 Incidenza media delle diverse macro-tipologie di abbigliamento sul fatturato delle Grandi Superfici Specializzate in abbigliamento (valori percentuali)

Fonte: nostre elaborazioni su su dati Iri-Infoscan - 2006

35 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

Il grafico di figura 4.5 riepiloga la frequenza con cui le superfici di vendita

delle GSS tendono a localizzarsi nei tre tipi di insediamenti individuati:

centro cittadino, area urbana, centri commerciali. Come si può vedere la

preferenza muove verso i grandi centri commerciali e si tratta di una

tendenza in crescita, come testimoniano le frecce riportante nel grafico.

Viceversa per questo tipo di operatori i centri cittadini sembrano possedere

un tendenziale minore appeal. A nostro avviso ciò appare dovuto al fatto

che le infrastrutture, i servizi offerti dei Centri Commerciali e anche il tipo di

frequentazione che vi si realizza, sono più adatti alle esigenze delle Grandi

Superfici Specializzate.

Figura 4.5 Frequenza delle diverse tipologie di insediamento delle Grandi Superfici Specializzate (valori percentuali)

Fonte: nostre elaborazioni su su dati Iri-Infoscan - 2006

4.1 Il panorama delle principali insegne italiane ed estere

delle Grandi Superfici Specializzate del settore moda

Il presente paragrafo si basa su una mappatura effettuata attraverso

pubblicazioni di settore e ricerche su internet, finalizzata ad individuare le

principali insegne delle Grandi Superfici Specializzate italiane ed estere del

settore d’interesse. Attraverso questa mappatura si sono elaborate tutte le

informazioni utili ad un efficace inquadramento di ciascuna insegna. Al fine

36 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

di una più semplice e chiara esposizione, forniremo, per ciascuna delle

insegne individuate una scheda illustrativa di sintesi.

Riepilogando, le principali insegne da noi individuate sono:

- il gruppo Coin, che annovera l’insegna omonima (Coin), oltre a Oviesse,

Bimbus ecc.. L’insegna Coin si sviluppa attraverso una duplicità di format

ovvero sia secondo il format del Grande Magazzino, che di quello della

Grande Superficie Specializzata; invece Oviesse si presenta ovunque

sulla base del format della Grande Superficie Specializzata.

- Il gruppo La Rinascente Auchan, che aggrega sia l’insegna omonima (La

Rinascente) che Upim. Entrambe le insegne si basano esclusivamente

sulla base del format del Grande Magazzino.

- Il gruppo Bernardi, titolare dell’insegna omonima e che si sviluppa sulla

base del format della Grande Superficie Specializzata.

- il gruppo Inditex, che detiene l’insegna Zara, nonché Massimo Dutti,

Stradivarius, Kiddy’s Class, Pull & Bear, Oysho, Bershka, Zara Home.

Tutte le insegne del gruppo si basano esclusivamente sul format della

Grande Superficie Specializzata.

- Sorelle Ramonda, titolare dell’insegna omonima, che si presenta sul

mercato sulla base del format della Grande Superficie Specializzata;

- il Groupe Auchan, titolare dell’insegna Kiabi, sviluppata attraverso il

format della Grande Superficie Specializzata;

- Hennes & Mauritz, titolare dell’insegna H & M, diffusa attraverso il format

della Grande Superficie Specializzata;

- Piazza Italia spa, titolare dell’insegna omonima, sviluppata attraverso il

format del Fashion Store e della Grande Superficie Specializzata.

Il grafico contenuto nella figura 4.6 sintetizza le stime di fatturato realizzato

nel 2005, dalle principali insegne delle Grandi Superfici Specializzate. Zara

rappresenta di gran lunga il principale competitor nel settore moda, seguito

a grande distanza dalle altre insegne. L’ultima nella graduatoria per

fatturato prodotto è Piazza Italia. La prima insegna è di proprietà spagnola,

mentre l’ultima è nazionale. Il risultato delle diverse insegne non dipende

soltanto da una più ampia diffusione territoriale, ma anche e soprattutto

dalla produttività di ogni punto vendita. A titolo indicativo, si evidenzia

37 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

come Zara risulti, con 3.800 Milioni di Euro, primo nella graduatoria

complessiva, con un volume di fatturato di 15 volte superiore a quello del

competitor ultimo in graduatoria. Ciò dipende anche dal fatto che un punto

vendita Zara genera un fatturato medio annuo di 5,07 milioni di euro.

Viceversa, per un punto vendita di Piazza Italia si stima un fatturato medio

annuo di 2,8 milioni di euro.

Figura 4.6 Fatturato al pubblico realizzato dalle principali insegne delle GSS e stima del corrispondente fatturato a livello di produttori (nostre elaborazioni, valori assoluti anno 2005)

In sintesi si può dire che nelle strategie dei competitor delle GSS, le leve

che garantiscono maggiore efficienza e maggiore produttività sono quelle la

dimensione complessiva anche conseguente ad un processo di crescente

internazionalizzazione dei propri punti vendita, insieme ad un maggior

controllo su tutta la filiera di produzione. Inoltre le leve che garantiscono il

maggiore successo di mercato variano anche a seconda della fascia di

mercato in cui si colloca il singolo operatore.

In generale si può dire che le fondamentali leve di successo sono:

38 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

- il frequente rinnovamento delle collezioni, in modo da avere sempre

proposte attuali in linea con i gusti di mercato (collezioni continue),

soprattutto di fascia di età giovanile;

- la possibilità di intercettare molteplici segmenti di mercato, utilizzando a

tal fine anche una pluralità di marchi di collezione, ognuna relativa ad

uno specifico target e tutte presenti nell’assortimento di ogni negozio.

Così presso molteplici operatori diviene possibile ritrovare un marchio

per l’offerta basic, ovvero rivolta ad un cliente meno differenziato e più

di massa, con un prezzo basso, uno per la linea classica, caratterizzata

spesso da una maggiore ampiezza per referenze, uno per la linea per i

bambini, uno per la collezione “casual”, rivolta ad un pubblico giovane e

dal prezzo più accessibile, un marchio per a collezione più sofisticata e

con un livello di prezzo più elevato, per un pubblico di fascia più estesa

(che può andare dai 25 ai 45 anni) e così via, fino al marchio della

proposta moda ovvero rispondente alle tendenze più attuali del mercato.

In alcuni casi si inseriscono anche collezioni con un’immagine moda

molto più elevata e finalizzate ad alimentare l’immagine complessiva

dell’insegna. Ciò accade ad esempio per H&M dove esistono delle

collezioni a tiratura limitata, firmate da prestigiosi stilisti. In molti casi,

l’approccio di marketing differenziato è così spinto da associare ad ogni

segmento una specifica insegna di negozio (vedasi i casi di Inditex che

agisce con le insegne Zara, Massimo Dutti ecc.).

- La competitività sul piano del prezzo, la quale è realizzata attraverso un

controllo capillare dei costi di produzione in tutta la catena del valore, la

minimizzazione dei passaggi intermedi e la compressione dei margini di

guadagno consapevoli del fatto che l’utile complessivo lo si realizza

attraverso i ben più alti volumi di vendita che una politica di basso

prezzo alimenta.

- La crescente integrazione verticale lungo l’intera filiera produttiva.

I primi tre punti stanno alla base di quel fenomeno definito di

“democratizzazione” della moda, caratterizzato dal superamento del

concetto di prodotto economico senza immagine ad un prodotto economico

con un’immagine “alla moda”.

39 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

Provando a stimare il valore del mercato delle Grandi Superfici Specializzate

della moda dal punto di vista dei produttori che le riforniscono, si può dire

che orientativamente tale mercato dovrebbe ammontare a complessivi € 4,5

miliardi di euro. Si tratta quindi, per i sistemi di produzione della moda, di

un mercato molto consistente, sebbene, come vedremo, fondato su logiche

operative molto selettive.

La tabella 4.3 sintetizza il profilo informativo dell’insegna Coin. È un’azienda

di proprietà italiana, attiva sul mercato da diversi decenni, condotta dai

fratelli Piergiorgio e Vittorio Coin. Accanto allo standard di negozio base, ha

sperimentato diverse altre formule (Lei di Coin, Coin Casa, Bimbus, ecc.).

Annovera un ricco portafoglio di marchi di fantasia (prodotti in esclusiva per

l’Azienda). Ha effettuato un tentativo di espansione sul mercato tedesco ma

senza incontrare successo.

Tabella 4.3 Profilo sintetico dell’insegna “Coin”

Azienda Gruppo Coin (Mestre – Ve)

Insegne Coin (e Oviesse, Bimbus, …)

Format Grandi Magazzini, GSS Settori merceologici e tipologici

Abbigliamento, Tavola, Casa, Cura Persona, Accessori

Numero p.v. 80

In Italia 80

All’Estero -

Fatturato totale orientativo 1.058 Mln di euro Fatturato medio per punto vendita

13,2 Mln di euro

Uffici operativi New Delhi, Hong Kong

Fascia di mercato Medio-alta

La tabella 4.4 sintetizza il profilo dell’altra insegna del gruppo Coin, ovvero

Oviesse. È un’insegna, ovviamente di proprietà nazionale, votata a

presidiare una fascia di mercato più “popolare” rispetto a quella di

riferimento del marchio Coin.

40 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

Tabella 4.4 Profilo sintetico dell’insegna “Oviesse”

Azienda Gruppo Coin (Mestre-Ve)

Insegne Oviesse (e Coin, Bimbus, …)

Format GSS Settori merceologici e tipologici

Abbigliamento, Cura Persona, Accessori ecc.

Numero p.v. 220

In Italia 220

All’Estero -

Fatturato totale orientativo 700 Mln di Euro Fatturato medio per punto vendita

3,2 Mln di euro

Fascia di mercato Medio-bassa

La tabella 4.5 è relativa al profilo dell’insegna La Rinascente, di proprietà

franco-italiana, e afferente al gruppo La Rinascente-Auchan. La Rinascente

vanta il primato storico di aver dato vita al primo grande magazzino d’Italia,

per iniziativa della famiglia Bocconi, già nel 1865, sulla scia del prototipo

francese del 1852 (Le Bon Marchi).

Tabella 4.5 Profilo sintetico dell’insegna “La Rinascente”

Azienda Gruppo Rinascente Auchan

Insegne La Rinascente (e Upim)

Format Grandi Magazzini Settori merceologici e tipologici

Abbigliamento, Tavola, Casa, Cura Persona, Accessori

Numero p.v. 19

In Italia 19

All’Estero -

Fatturato totale orientativo 340 Mln di Euro Fatturato medio per punto vendita

17,9 Mln di euro

Fascia di mercato Medio-alta

La Rinascente fu successivamente acquistata dalla famiglia Borletti nel 1917

e battezzata con il suo attuale nome da Gabriele D’Annunzio, alla fine della

41 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

Prima Guerra Mondiale. Dopo un periodo di gestione ad opera del gruppo

Fiat (Ifil), è passato oggi ad un pool che comprende Investitori Associati,

Pirelli Real Estate, Deutsche Bank e gli stessi Borletti. I piani aziendali di

sviluppo prevedono di affiancare altre 20 grandi città alle 16 attuali e di

ristrutturare alcune delle location storiche.

La tabella 4.6 contiene il profilo dell’altra insegna del gruppo La Rinascente

– Auchan, ovvero Upim. Anche in questo caso la proprietà è franco-italiana.

Questo marchio discende dall’acronimo della denominazione “Unico Prezzo

Italia Milano”. Upim sta a La Rinascente un po’ come Oviesse sta a Coin:

anche in questo caso tale insegna è chiamata a presidiare una fascia di

mercato più popolare di quella più prestigiosa.

Anche con tale formula, l’impostazione commerciale dei punti vendita segue

una rigida divisione per categorie di prodotto (Upimuomo, Upimdonna,

Upimblukids, Upimcasa, ecc.). Del numero totale di negozi oggi aperti, oltre

200 risultano essere in franchising.

Tabella 4.6 Profilo sintetico dell’insegna “Upim”

Azienda Gruppo Rinascente Auchan

Insegne Upim (e La Rinascente)

Format Grandi Magazzini Settori merceologici e tipologici

Abbigliamento, Tavola, Casa, Cura Persona, Accessori

Numero p.v. 350

In Italia 350

All’Estero -

Fatturato totale orientativo 600 Mln di Euro Fatturato medio per punto vendita

1,7 Mln di euro

Fascia di mercato Medio-bassa con immagine di prodotto “cheap”

La tabella 4.7 contiene il profilo dell’insegna Bernardi. Si tratta di un’azienda

di proprietà nazionale.

42 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

Tabella 4.7 Profilo sintetico dell’insegna “Bernardi”

Azienda Gruppo Bernardi

Insegne Bernardi

Format GSS

Settori merceologici Abbigliamento

Numero p.v. 154

In Italia 151

All’Estero 3

Fatturato totale 420 Mln di Euro Fatturato medio per punto vendita

2,7 Mln di Euro

Fascia di mercato Medio-bassa

La tabella 4.8 si riferisce al profilo dell’insegna Zara, la quale si caratterizza

per una strategia aziendale di particolare evidenza, sulla base della filosofia

“moda non firmata a prezzi convenienti”. Nelle parentesi sono riportati i dati

aggregati di tutte le insegne del gruppo Inditex. Il modello commerciale di

Inditex è caratterizzato, rispetto a quelli dei maggiori concorrenti

internazionali, da un elevato grado di integrazione verticale in cui si portano

a compimento tutte le fasi del processo della moda:

1. disegno (funzione svolta da circa 200 stilisti interni che operano a livello

centrale),

2. realizzazione (circa la metà del fabbisogno di tessuti è soddisfatto da

un’azienda di proprietà – Comditel - e gran parte dei fabbisogni residui

da altre aziende di proprietà o che operano in esclusiva),

3. logistica,

4. distribuzione in negozi propri.

È forse il fatto di possedere il pressoché pieno controllo di tutte le fasi di

processo, cosa che le consente di agire sull’ottimizzazione dell’intera catena

del valore, il motivo di principale successo di questa insegna e che la rende

difficilmente imitabile. Soprattutto per i suoi effetti sull’elevata velocità

attraverso cui Zara colloca le sue collezioni sul mercato. Queste vengono

prodotte in quantità tutto sommato contenute, che alimentano la percezione

nel cliente che possano sparire nell’arco di due settimane e che, in

43 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

conseguenza di essa, contribuiscono a sollecitare l’acquisto d’impulso nel

frequentatore delle superfici di vendita di Zara.

Dispone di una struttura flessibile e di un forte orientamento al Cliente in

tutte le sue aree di attività. Il nucleo di questa organizzazione è il negozio,

uno spazio progettato in modo molto accurato e pensato per rendere

piacevole l’incontro della Clientela con la moda. È nel negozio che si

ottengono le informazioni necessarie per modulare l’offerta secondo le

richieste della clientela.

Tabella 4.8 Profilo sintetico dell’insegna “Zara”

Azienda Grupo Inditex

Insegne

Zara (e altri 7 marchi di distribuzione: Massimo Dutti, Stradivarius, Kiddy’s Class, Pull & Bear, Oysho, Bershka, Zara Home)

Format GSS

Settori merceologici Abbigliamento, Accessori, Calzature

Numero p.v. 750 (totale gruppo 2.404)

In Italia 28 (totale 53)

All’Estero 722 (totale 2.351)

Fatturato totale 3.800 Mln di Euro (totale 5.700)

Fatturato medio per punto vendita

5,07 Mln di Euro (2,4 Mln di Euro)

Fascia di mercato

Media gamma con proposte differenziate per uomo, donna, bambino, linee sportive, basic eeleganti. Il marchio commerciale della collezione coincide col marchio dell’insegna

La chiave di successo di questo modello è la capacità di adattare l’offerta ai

desideri della clientela nel minor tempo possibile. Inditex reputa il tempo

come fattore principale da prendere in considerazione, ancor prima dei costi

di produzione. L’integrazione verticale consente scadenze più ravvicinate e

grande flessibilità, riducendo al minimo l’inventario e, di conseguenza, il

44 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

“rischio moda”. Il periodo che va dall’approvvigionamento delle materie

prime alla consegna dei prodotti finiti nei punti vendita è di circa due

settimane; meno del 20% delle collezioni è realizzata fra i tre e i sei mesi

prima dell’inizio della stagione; circa la metà è realizzata all’inizio della

stagione e la restante parte a stagione avviata, sulla base della risposta del

mercato.

Da quanto è emerso nei nostri incontri con le aziende del territorio, Zara ci

risulta un caso che, pur riferendosi ad un’ampia fascia di mercato con una

filosofia di prezzi contenuti, ha frequentazioni anche con aziende del

territorio pratese, almeno per ciò che attiene la fornitura di tessuti destinati

alla realizzazione delle collezioni di maggior prestigio. Ciò anche perché il

prodotto italiano rappresenta un importante punto di forza per l’inserimento

di Zara nel mercato nazionale.

Nella filosofia Zara, il punto vendita non rappresenta la fase finale del

processo, bensì quella del suo nuovo inizio. Esso funziona prima di tutto da

terminale di raccolta delle informazioni del mercato che ritornano allo staff

dei disegnatori, trasmettendo così informazioni-chiave sulle tendenze

manifestate dalla Clientela.

Il negozio riceve un’attenzione prioritaria nella sua progettazione, sia

interna sia esterna: le vetrine svolgono un ruolo di fondamentale

importanza, non limitandosi a presentare soltanto l’assortimento in vendita

più significando, ma costituendo la vera e propria pubblicità aziendale,

giocata nelle principali vie commerciali del mondo. D’altra parte e ciò

rappresenta ormai una costante nel mondo dell’abbigliamento, il punto

vendita rappresenta il vero motore di un rapporto di fedeltà col cliente,

piuttosto che l’immagine del brand. Fatto questo che pone i produttori un

po’ fuori dai giochi, poiché a loro è preclusa o limitata la possibilità di

utilizzare la leva del negozio per affermare la propria marca.

In quanto alla progettazione interna, essa risponde all’obiettivo di creare

uno spazio diafano in cui gli articoli diventino i protagonisti, eliminando ogni

tipo di barriera tra i capi e la Clientela.

45 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

La strategia principale di sviluppo delle marche commerciali di Inditex è

l’apertura di negozi a gestione propria, cioè gestiti da una società di cui

Inditex possiede la totalità o la maggioranza del capitale sociale.

Nel 2005, il 90% dei negozi era a gestione propria ed ha rappresentato il

90% del volume di affari del gruppo.

Tabella 4.9 Profilo sintetico dell’insegna “Sorelle Ramonda”

Azienda Sorelle Ramonda

Insegne Sorelle Ramonda

Format GSS

Settori merceologici Abbigliamento ed Accessori

Numero p.v. 32

In Italia 29

All’Estero 3

Fatturato totale 260 Mln di Euro Fatturato medio per punto vendita

8,1 Mln di Euro

Fascia di mercato Alta

La tabella 4.9 contiene il profilo sintetico del caso Sorelle Ramonda. Questo

rappresenta a nostro avviso uno dei più interessanti soprattutto per la

logica per cui è nato e si è sviluppato. Infatti esso nasce dall’esperienza di

un produttore che ha deciso di rendersi protagonista della distribuzione

commerciale al dettaglio del proprio prodotto, attivandosi a tal fine per

l’apertura di una serie di superfici di vendita a marchio proprio e

conseguentemente di proprietà italiana.

Tale evoluzione ha reso necessario operare per l’opportuna integrazione

dell’assortimento. Per questo Sorelle Ramonda è divenuta insegna di

riferimento, accreditandosi presso la Clientela anche attraverso l’ospitalità

concessa ad altre marche nazionali ed internazionali sia nell’abbigliamento

che negli accessori.

In sostanza, la presenza nei negozi di corner dedicati a Zegna, Corneliani,

Hilton, Woolrich, Valentino, Trussardi, Liu Jo, Guess, Levi’s, Adidas, Lacoste,

Moncler, Samsonite, ecc. ha contribuito a qualificare anche l’offerta di

46 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

provenienza diretta dell’azienda ed a certificarne il livello, spontaneamente

percepito in linea con quello dei “vicini di scaffale”.

In pratica, oltre a completare al meglio la gamma d’offerta ed a garantire

così un’ampia opportunità di scelta per il Cliente, l’apertura dei propri spazi

ad altri attori importanti è servita per conferire forza al marchio interno e

consentirgli di vivere, da pari a pari, accanto a quelli che risultano

generalmente leader dei segmenti di mercato in cui operano.

Tabella 4.10 Profilo sintetico dell’insegna “Kiabi”

Azienda Groupe Auchan

Insegne Kiabi

Format GSS

Settori merceologici Abbigliamento

Numero p.v. 143

In Italia 5

All’Estero 138

Fatturato totale 460 Mln di Euro Fatturato medio per punto vendita

3,2 Mln di Euro

Fascia di mercato Medio-bassa

La tabella 4.10 contiene il profilo sintetico dell’insegna Kiabi appartenente al

gruppo francese Auchan.

Kiabi è un’insegna che non ha ancora avuto grande sviluppo in Italia,

all’interno della quale si cerca di compensare un’offerta di qualità medio-

bassa (prezzi discount) con alcune componenti di servizio anche meramente

“coreografiche” (ad esempio: commesse che presidiano l’area vendita con

metro da sarto, ago e filo per rassicurare i Clienti su tutte le “aggiustature”

che potranno seguire all’acquisto).

La tabella 4.11 si riferisce al caso H & M, di proprietà svedese, che, con una

propria politica peculiare, può essere probabilmente considerato come la

prima vera alternativa a Zara nell’ambito dello stesso mercato (moda a

prezzi bassi). La relativa limitatezza del fatturato per punto vendita dipende

47 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

dall’alta variabilità dimensionale delle proprie superfici di vendita: esse

variano infatti dai 300 ai 3.000 mq.

Tabella 4.10 Profilo sintetico dell’insegna “H & M”

Azienda Hennes & Mauritz

Insegne H & M (un solo marchio insegna)

Format GSS

Settori merceologici Abbigliamento, Accessori

Numero p.v. 1.220

In Italia 4

All’Estero 1.116

Fatturato totale 780 Mln di Euro Fatturato medio per punto vendita

0,64 Mln di Euro

Fascia di mercato

Media gamma con un assortimento vario e rivolta ad un target di mercato molto ampio, prevalentemente donna, con più linee: casual, intimo, sportivo, basic,classico (più ampia per referenze) e moda (più limitata come referenze), cui si aggiunge anche la linea di cosmetici. Esistono Limited Collections firmate da prestigiosi stilisti. In totale fanno 16 marchi commerciali

H & M rappresenta un mercato ai limiti dell’impossibile per volumi espressi e

competitività di prezzo. L’obiettivo del prezzo è perseguito mediante un

controllo accurato dei costi lungo tutta la catena del valore, dagli

approvvigionamenti delle materie prime, fino ai costi di gestione della rete

vendita, minimizzando il numero degli intermediari (tanto che ciò che è

destinato alla vendita in un Paese viene preferibilmente realizzato in quello

stesso Paese) e sulla base di una costante ricerca delle migliori condizioni di

fornitura. Diversamente da altre aziende adotta una sola insegna attraverso

cui intercetta tutti i suoi segmenti di interesse.

Pur senza escludere mai nulla a priori, sembrerebbe, come per Kiabi, il

classico caso che presenta situazioni rispetto alle quali è meglio mantenere

un atteggiamento disincantato, puntando poi preferibilmente altrove ( “. la

natura di prodotti e servizi determina quali possono essere i Clienti e, cosa

48 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

altrettanto importante, quali non possono esserlo”, tratto da. Gerald A.

Michaelson, “Sun Tzu: strategie per il Marketing”).

I propri punti vendita sono posizionati sia nei centri commerciali che nei

centri storici cittadini. Investe continuamente somme ingenti sia nello

sviluppo della rete vendita, che nell’ammodernamento delle strutture più

vecchie, che nel rinnovamento dello stile interno dei negozi.

È un’insegna aperta anche all’adozione di soluzioni di vendita innovative e

complementari rispetto a quelle dei negozi, come la vendita sulla base di un

catalogo per corrispondenza e l’e-commerce.

La filosofia dell’insegna è basata sul principio di “moda e qualità al miglior

prezzo” e sul rispetto di principi etici quali quelli ambientali, ovvero fondati

su un corretto utilizzo delle risorse ambientali e quelli sociali, ovvero

riferentesi a condizioni di lavoro sicure e adeguatamente remunerate. A tal

fine investe moltissimo nel controllo qualità con un’attenzione rivolta sia al

tessuto che alle finiture e alle cuciture.

Il controllo qualità viene svolto mediante propri uffici produzione dislocati in

tutti i propri snodi produttivi del mondo (la maggior parte in Europa e in

Asia e uno in Africa) e che assumono un ruolo importante anche nella

gestione degli ordini.

La produzione è esternalizzata e annovera un parco estremamente

numeroso di produttori (circa 700) localizzato in parte in Europa e in parte

in Asia.

La progettazione è interna e centralizzata e svolta nella sede di Stoccolma

(circa 100 stilisti e 50 modellisti).

Da un’indagine commissionata dalla stessa azienda Hennes & Mauritz e

svolta a Milano nel 2005, emerge, rispetto ad un campione casuale di 3500

persone per vario motivo localizzate nell’area (in particolare in piazza

Duomo a Milano nel giorno di Pasqua), la capacità dell’insegna di attrarre

una quota considerevole di persone del territorio (oltre il 25% degli

intervistati dichiara di essere Clienti H & M e, fra questi, è altissima – 75%

circa - la percentuale di coloro che visitano il punto vendita dell’insegna

almeno una volta al mese e i restanti tre quarti almeno una volta ogni tre

mesi).

49 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

I motivi di successo dell’insegna presso la clientela sono da ravvisarsi in:

− la convenienza dei prezzi (circa il 50% degli intervistati)

− l’assortimento dei prodotti (per quasi un terzo degli intervistati)

− l’essere alla moda o l’aspetto trendy (per circa un quinto degli

intervistati).

Solo una minoranza fa riferimento alla competenza del personale e

all’ambiente del negozio.

Riguardo alle azioni pubblicitarie di maggiore efficacia presso il pubblico

finale, è proprio il negozio collocato nel centro urbano che costituisce la

soluzione in grado di garantire la migliore conoscenza dell’insegna. Infatti il

67,3% degli intervistati dichiara di essere venuto a conoscenza dello store

grazie alla sua ubicazione nel territorio cittadino e quasi tutto il restante ne

è venuto a conoscenza per modalità indiretta, ma comunque dipendente

dalla prima, ovvero per il passaparola (29,6% degli intervistati). La

pubblicità vera e propria garantisce ritorni, almeno per quanto riguarda

questa insegna (che si basa, lo si ricorda, su una strategia di “moda a buon

prezzo”) tutto sommato limitati, dal momento che solo il 3,1% degli

intervistati si dichiara raggiunto da qualche iniziativa pubblicitaria

dell’azienda. Ovviamente ciò non deve condurre ad una semplicistica

svalutazione di specifiche forme di marketing, poiché esse vanno in realtà

concepite come parti di un ampio sistema, ognuna delle quali concorre ad

affermare il brand.

Lo scontrino medio del negozio H & M di Milano si aggira, secondo le

elaborazioni da noi effettuate sui dati forniti dall’intervista citata, intorno ai

40 euro (il 58,3% dei Clienti dichiara di spendere per i suoi acquisti presso

Hennes & Mauritz un importo medio compreso tra 26 e 50 euro, il 30,8%

non oltre i 25 Euro, il 9,4% tra 51 e 100 euro e l’1,5% oltre 100 Euro).

Riguardo all’assortimento dei prodotti venduti si può dire che il peso delle

diverse tipologie, per frequenza della tipologia negli acquisti delle persone

(non si stima per valore della spessa nella tipologia), è:

− T-shirt 31% dei Clienti interpellati

− accessori quasi 20%

− pantaloni 19%

50 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

− maglieria 9%

− intimo 6%

− gonne 6%

− camicie 5%

− polo 1,5%

− scarpe 1,5%

− giacche/completi 1%

− altri articoli di vario genere 1%.

Tabella 4.11 Profilo sintetico dell’insegna “Piazza Italia”

Azienda Piazza Italia Spa

Insegne Piazza Italia (Fashion, Store, Megastore)

Format Fashion Store e GSS

Settori merceologici Abbigliamento, Accessori

Numero p.v. 89

In Italia 89

All’Estero -

Fatturato totale 250 Mln di Euro Fatturato medio per punto vendita

2,8 Mln di Euro

Fascia di mercato Medio-bassa

Infine la tabella 4.11 contiene il profilo dell’insegna Piazza Italia, gruppo di

proprietà italiana collocato nella fascia bassa del mercato e che si sviluppa

attraverso i format del fashion store e della Grande Superficie Specializzata.

4.2 Sintesi degli orientamenti comuni degli attori delle Grandi

Superfici Specializzate

Volendo effettuare una sintesi degli orientamenti su cui i principali attori

delle Grandi Superfici Specializzate fondano le loro strategie competitive, si

può dire che essi concernono:

51 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

• la massima possibile integrazione della “supply chain”. Questa può

avvenire sia attraverso processi di integrazione delle fasi a monte (il

distributore è anche produttore: Zara, Bernardi …) che attraverso

rapporti di partnership sempre più stringenti (anche con vincolo di

esclusiva), coordinate anche in forza di una crescente integrazione delle

piattaforme informatiche, e un controllo di qualità stringente nelle fasi

intermedie, al fine di “produrre bene la prima volta”;

• l’accorciamento dei tempi di approvvigionamento

• la diminuzione degli stock di magazzino

• la tempestività nella proposta dei nuovi trend

• Realizzazione di punti vendita come luoghi in cui dialogare con la

clientela, tramite l’articolazione delle collezioni, i tempi di proposta,

l’impatto visivo

• l’organizzazione di acquisti e vendite per categoria merceologica

• la volontà di rendere la moda accessibile a tutti (Fashion at best price –

democratizzazione della moda)

• la necessità di garantire massimo equilibrio tra qualità e prezzo

• l’adozione della leva promozionale oltre il limite dei consueti “saldi”.

Da questi orientamenti scaturisce anche un’evoluzione del concetto di

prodotto, da intendersi concepito come giusto mix di qualità-prezzo-stile.

Ovviamente si tratta di orientamenti che non sono recepiti integralmente da

tutti gli operatori individuati. Ad esempio il concetto di moda accessibile ai

prezzi migliori non può improntare la filosofia di coloro che si collocano nelle

fasce di mercato medio-alte.

Tuttavia, sono orientamenti che ricorrono con elevata frequenza nelle

strategie competitive delle Grandi Superfici Specializzate.

A partire dal prossimo capitolo entreremo pertanto nel merito delle

implicazioni strategiche ed operative con cui un produttore o un insieme di

essi devono confrontarsi, qualora fossero interessati ad inserirsi o a meglio

penetrare il mercato della fornitura alle Grandi Superfici Specializzate.

52 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

5 L’EVOLUZIONE RECENTE DEL MERCATO: LA

RIVOLUZIONE DEL CALENDARIO E LE

IMPLICAZIONI NEI RAPPORTI DI FORNITURA

Il consumatore, complice anche una sua crescente capacità di comprendere

il valore del prodotto e le tante sollecitazioni che ne determinano una

continua evoluzione dei gusti, è divenuto nel tempo sempre più esigente ed

imprevedibile.

Fra gli esperti del mercato si sono affermati dei “must” che impongono agli

operatori commerciali di assecondare, sempre con maggiore tempismo e

corrispondenza, le istanze della clientela potenziale, all’insegna di alcuni

principi chiave, come quello di disporre di prodotti che corrispondano ai

bisogni di target di persone sempre più specifici e ciò come mezzo di

crescente possibilità di espressione della libertà individuale. Tutto questo

richiede una continua disponibilità a pensare e ripensare propri mondi dalla

prospettiva della loro continua trasformazione.

Il cambiamento continuo non è un aspetto del passato ma continuerà a

caratterizzare anche il prossimo futuro. Ad esempio, in prospettiva si

affermerà sempre più forte il principio della responsabilità verso ciò che è

altro o bene comune: fra la distribuzione commerciale si avvia oggi una

tensione a cercare di anticipare questo tema con nuove proposte coerenti

(si veda il caso H&M). In quest’ottica dovrebbe mutare anche il rapporto col

cliente, il quale dovrebbe essere sempre meno “cliente” e sempre più

“persona” o cittadino che vive e fa parte di un territorio e, tramite esso, di

“emozioni condivise”. Peraltro questo tipo di cambiamenti dovrebbe portare

con sé importantissime opportunità per il piccolo produttore locale, in

quanto espressione di una cultura materiale radicata in un territorio e esso

stesso “bene” comune ed elemento importante di un sistema di “emozioni

condivise”.

In quest’ottica si colloca anche il diffuso bisogno di autenticità che conduce

a rivalutare positivamente ciò che è frutto del radicamento in un

53 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

determinato territorio produttivo e a cui, per questo bisogno crescente, si

riconosce un plus-valore di “unicità”.

L’affermarsi di queste logiche ha esercitato sulla distribuzione commerciale

e, a monte, sui produttori, una pressione progressivamente crescente che si

è tradotta nella necessità di operare competitivamente per un ricambio della

proposta sempre più rapido. Tali fenomeni hanno riguardato il mercato dei

beni di consumo in generale e, quindi, non solo quello della Grande

Distribuzione Organizzata. Questa, piuttosto, si è dimostrata maggiormente

reattiva della distribuzione tradizionale nel recepire i cambiamenti. In ogni

caso, tali cambiamenti hanno imposto una diversa strategia, all’insegna

della ricerca d’innovazione continua di prodotto in una logica di crescente

compressione dei tempi di inserimento delle proposte sul mercato.

Inoltre, la crescente capacità di apprezzare il valore del prodotto da parte

del consumatore, almeno di quello che la promozione e la pubblicità ha reso

per lui maggiormente familiare e per questo comprensibile, si è tradotta

anche in una crescente capacità di valutare il rapporto qualità/prezzo. Ciò

ha fatto sì che oggi il potenziale cliente si attende il massimo valore a parità

di prezzo (Value for money).

In un mercato difficile e “rapido” come quello degli anni che stiamo vivendo,

in funzione del ruolo molto più attivo assunto dal Consumatore e dalle

diverse associazioni che lo rappresentano, adattabilità e trasparenza sono

diventati valori importanti (si pensi anche al fenomeno del Numero Verde

aziendale). In altre parole: meno furbizia e più efficienza. Per questo è

difficile che oggi possano risultare vincenti gli atteggiamenti speculativi che

potevano caratterizzare i rapporti di una volta. Per dirla in gergo sportivo di

squadra, in base ai nuovi modelli organizzativi: “Si vince e si perde tutti

insieme”. È in questa logica di processo che possono trovare maggiore

spazio anche reti di piccole imprese che assieme possano andare a

sviluppare, in modo coordinato ed efficiente, una parte sempre più ampia

del complessivo processo di produzione, intendendo inclusa in esso anche la

fase a valle di distribuzione commerciale al dettaglio.

Rapidità di cambiamento di proposta” si traducono oggi, nel mondo

dell’abbigliamento, nell’immissione continua sul mercato di “minicollezioni”,

54 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

la cui realizzazione viene coniugata con la costante ricerca del miglior

compromesso tra qualità e prezzo.

Agire per minicollezioni di breve durata non solo permette di differenziarsi,

ma di ricreare continuamente le opportunità di mercato: infatti, se da una

parte variare continuamente le collezioni comporta maggiori costi

progettuali e di processo produttivo, da un’altra la rapida varietà induce il

potenziale consumatore a tornare ad acquistare più spesso, determinando

un aumento dei volumi complessivi di vendita. In questo modo si arriva a

realizzare quella “varietà” che motiva il consumatore ad acquistare più

spesso. Ovviamente varietà non vuol dire necessariamente proposte fra loro

diverse in tutto e per tutto: un’efficace gestione della varietà implica anche

la definizione di basi comuni standardizzate e fatte di componenti del

prodotto che possono essere sviluppate in modo identico per più modelli, in

modo da ripristinare, intorno alla realizzazione di queste componenti,

logiche da “grandi serie”. Ci si riferisce in particolare a elementi meno

identificabili da parte del cliente e relativi a cuciture, fodere, bottoni ecc., la

cui standardizzazione viene inevitabilmente definita a partire dalla fase di

progettazione di ogni modello e di ogni collezione.

L’agire per collezioni di breve durata dà vita a quella che viene chiamata la

“rivoluzione del calendario”, la quale si dipana attraverso i seguenti punti:

• Lo schema classico delle collezioni pensate 18 mesi prima non funziona

più;

• parola d’ordine è innovazione continua su sollecitazione dei Clienti

(collezioni continue), con una durata del ciclo dei prodotti che tende ad

avvicinarsi alle tre settimane (e che arriva a due nel caso Zara). La

proposta al mercato si compone di collezioni-base (basic), cui

successivamente si affiancano prodotti inseriti in vendita a stagione

iniziata, sulla base delle tendenze rilevate direttamente nel mercato

(flash).

• Innovazione rappresenta per il produttore motivo di differenziazione e

quindi strumento di difesa dalla concorrenza non solo interna ma anche

dei paesi emergenti

55 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

• Sul piano dei processi, l’innovazione non va intesa tanto come

riproposizione della logica del pronto moda, ma deve viceversa puntare

al restringimento dei tempi tra la progettazione della collezione e

l'approdo in vetrina.

• Occorre adottare una mentalità “Time Based” e ciò richiede un grande

sforzo di riorganizzazione e che implica il dotarsi anche di competenze

elevate in fatto di progettazione.

• Ciò considerato l’innovazione nei processi potrebbe essere declinata

anche attraverso processi di aggregazione fra molteplici componenti

della filiera.

Tali imperativi sono tanto più forti quanto più ci si orienta verso le Grandi

Superfici Specializzate posizionate nella fascia media del mercato dove gli

spazi per differenziarsi sono forse ancora più angusti.

Figura 5.1 Sintesi dei principali motori dell’evoluzione del mercato

Rispetto all’ipotesi di procedere per reti di imprese, l’obiettivo di garantire

l’efficienza assume i tratti di una sfida difficile da superare: in questo caso

essa implica, per le imprese della rete, organizzare tutta la parte di catena

sviluppata, garantendo, in ogni suo snodo, standard di qualità adeguati,

56 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

efficienza e rispetto di tempi brevissimi. Tutto ciò soprattutto se la rete

vuole andare a collocarsi in rapporti di fornitura con operatori delle GSS. La

figura 5.1 sintetizza in estrema sintesi la dinamica finora descritta.

5.1 Le implicazioni di processo nei rapporti di fornitura fra

produttore e venditore

Sul piano dei processi, questi fenomeni implicano un radicale cambiamento

di mentalità operativa, in direzione di una “Time Based” dove conta capire

molto velocemente ciò che si può vendere, realizzarlo e farlo arrivare nei

negozi prima della concorrenza. Ciò è necessario poiché soprattutto rispetto

al mercato della Grande Distribuzione Organizzata, l’obsolescenza di

determinate proposte risulta quanto mai rapida.

La mentalità del Time Based si esprime in tre fasi o declinazioni

fondamentali:

− “Time To Market”, che si traduce nella progressiva riduzione del “tempo

di progettazione”

− “Time To Order”, che si esprime nella riduzione dei tempi di evasione

degli ordini

− “Time To React”, che si esprime nella capacità di modificare rapidamente

la propria proposta di prodotto di fronte a variazioni di comportamento

della domanda. Ciò rappresenta un aspetto chiave nel passaggio ad una

programmazione della produzione sempre più “trainata” dalla domanda.

Mentre il primo e il terzo aspetto implicano per le aziende di produzione la

necessità di potenziare il proprio reparto di progettazione, rendendolo anche

efficiente, il secondo richiede una crescente razionalizzazione dei processi

produttivi, di immagazzinamento e gestione logistica tale da minimizzare i

tempi operativi.

È inevitabile che attraverso le strategie dei principali competitor basate sul

continuo ricambio delle collezioni si modifichino aspettative e

comportamenti della domanda: se da una parte ciò crea sempre nuove

motivazioni nel potenziale cliente a visitare più spesso il punto vendita,

57 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

dall’altra egli si è abituato a ricevere proposte di collezioni sempre

aggiornate. In questo scenario, non entrare nella logica time based

potrebbe significare non solo l’impossibilità di sfruttare le opportunità che

potrebbero scaturire da un ritorno più frequente della domanda, ma anche il

giungere a formulare le prime proposte della stagione in ritardo, nel

momento in cui altri hanno già soddisfatto le attese del mercato.

L’evoluzione dei processi nelle direzioni viste, non si esaurisce all’interno

delle singole aziende o operatori coinvolti, ma anche nelle loro reciproche

relazioni rispetto sia ai flussi fisici che delle informazioni. Ovviamente

interruzioni o inefficienze nei flussi sia fisici che informativi lungo tutta la

filiera diverrebbero causa di allungamento dei tempi necessari per passare

dalla materia prima al prodotto finito e ciò risulterebbe inaccettabile rispetto

alle necessità di rapida mutevolezza e variabilità sempre più accentuate e

sulle cui basi competono gli operatori della Grande Distribuzione

Organizzata.

Figura 5.2 Implicazioni di processo della mentalità “time based”

Pertanto, rispetto alle implicazioni di flusso informativo nelle relazioni fra

produttori e operatori al dettaglio, quanto sopra implica:

58 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

- Analisi continua dell’andamento del sell-out ovvero delle vendite, come

informazione vitale per la formulazione di previsioni di breve periodo

valide e attivare a tal fine un

- JIT (Just in Time), MRP (Manufacturing Resources Planning o in

particolare Material Requirement Planning), QR (Quick Reponse);

- il tutto mediante condivisione informazioni con Fornitori e Clienti finali

con piattaforme EDI (Electronic Data Interchange).

Invece rispetto alle implicazioni di flusso fisico delle merci occorre la

massima razionalizzazione dei processi di produzione e di gestione della

logistica (figura 5.2).

Prendendo ad esempio il gruppo Bernardi, dalle informazioni raccolte su di

esso emerge chiaramente quanto l’azienda sia impegnata sul piano della

ricerca della massima efficienza operativa possibile, agendo in primo luogo

sull'alta informatizzazione della propria struttura organizzativa e distributiva

e sull’integrazione informatica di quella dei partner produttivi. L’obiettivo è

quello di giungere al pieno controllo dell’intero ciclo produttivo e distributivo

con l'ausilio di sistemi informativi su rete, ovvero indispensabilmente basati

sulla piena collaborazione di tutti i fornitori. In questo modo, dall'acquisto

dei tessuti, passando per le linee di produzione e fino all’immissione dei capi

pronti nei punti di vendita, si può aspirare ad offrire più qualità, più moda,

più prezzo, rinnovando continuamente l'offerta al Cliente.

La tendenza è che, attraverso la gestione sempre più razionale delle

informazioni, considerando il punto vendita come il momento di avvio dei

flussi, si arrivi ad una programmazione della produzione il più possibile

trainata dalla domanda, sulla base dei dati che in tempo reale pervengono

dai negozi.

In sintesi, forniamo una spiegazione del significato delle diverse sigle di

processo informativo:

− EDI (Electronic Data Interchange) sta ad indicare la scelta, ormai fatta

da molte aziende che hanno rapporti commerciali abbastanza stretti, di

ricorrere ad una Intranet che permetta il trasferimento su rete delle

informazioni contabili (ordini, fatture, forme di pagamento ecc.) o

relative agli aspetti logistici della merce (cataloghi, controllo in tempo

59 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

reale della fase di consegna ecc.), sotto forma di documenti elettronici

strutturati e standardizzati, di agevole e sicura gestione, sia in invio che

in ricezione e utilizzando sistemi di codifica elettronica dei prodotti e di

lettura dei codici, come la codifica a barre. In questo modo si possono

sviluppare procedure che rendono integrati i processi interaziendali e in

particolare quelli dell’industria e della distribuzione, capaci di ridurre le

inefficienze nella trasmissione dei dati e, quindi, di operare in modo

molto più rapido, preciso e meno costoso. È come se i processi fra più

aziende (compresi quelli fra distribuzione e produzione industriale)

funzionassero come flussi continui capaci anche di fornire, a tutti gli

snodi della rete, le informazioni di ritorno sulle vendite e necessarie per

lo svolgimento dei processi decisionali. Il sistema EDI Costituisce quindi

la piattaforma logica degli altri processi informativi per

l’implementazione sia della logica time to market, che di quelle time to

order e time to react e che si esprimono in:

− JIT (Just in Time) ovvero sistema di produzione unitaria del lotto, con

fasi in stretta sequenza e tempi di consegna pressoché immediati, o nel

− MRP, da intendersi in due accezioni, di cui la prima più specifica e

relativa ai sistemi per la pianificazione dei processi di fornitura dei

materiali (Material Requirement Planning) e la seconda più ampia e

relativa ai sistemi per la pianificazione dell’intero processo di lavorazione

(Manufacturing Resources Planning);

− QR (Quick Reponse) come evoluzione del Just in Time nel senso di una

logica di produzione sempre più trainata dalla domanda e non viceversa,

con l’obiettivo di minimizzare le giacenze di prodotto finito destinate a

garantire un’adeguata copertura della domanda futura e che per questo

hanno una più elevata attitudine a tradursi in invenduti. In questo caso

l’integrazione lungo tutta la filiera raggiunge la sua massima espressione

sia in termini di pluri-direzionalità dei flussi informativi e di conseguente

integrazione dei sistemi informativi, che di massima collaborazione fra gli

attori coinvolti. Sul piano fisico si rende necessario ridurre al minimo i

flussi intermedi e la flessibilità viene raggiunta mediante l’articolazione

della filiera per unità in grado di realizzare quantità ridotte ma complete

60 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

di prodotto. In questo modo si riducono sia i tempi di passaggio di

materie prime, prodotti intermedi ecc. che le conseguenti scorte

intermedie di materiali e semilavorati.

La pianificazione dei processi di lavorazione e produzione discendono dai

processi di previsione di vendite, dai quali si originano i piani degli acquisti,

formulati con un respiro di medio-lungo termine e con continui assestamenti

di breve periodo.

Per un produttore, poter erogare servizi di fornitura secondo logiche just in

time, se non anche Quick Reponse, essendo quindi in grado di rispondere ai

continui bisogni di cambiamento, può essere ancora considerato elemento

differenziante e motivo di vantaggio competitivo della propria

organizzazione rispetto a buona parte delle altre. Ovviamente, quando

l’innovazione sottostante all’adozione di nuove logiche di servizio viene

sviluppata attraverso network fra imprese (che possono essere fra loro

collegate per complementarità di “filiera” o di prodotto), le logiche Just in

Time o Quick Reponse dovrebbero esprimersi a livello di network

complessivo, ma ciò comporterebbe ben più elevati livelli di complessità.

61 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

6 INDICAZIONI DI STRATEGIA PER UN PRODUTTORE

INTERESSATO ALLE GRANDI SUPERFICI

SPECIALIZZATE

Da quanto emerso soprattutto nell’ultimo paragrafo è evidente che il

rapportarsi con un mercato quale quello delle Grandi Superfici Specializzate

per un piccolo produttore della filiera tessile-abbigliamento presenta elevati

livelli di complessità per molteplici ragioni:

1. la convenienza di prezzo come principale criterio di preferenza dei

fornitori;

2. la massima efficienza tramite un modo di operare perfettamente

coerente con quella che abbiamo chiamato la mentalità time-based;

3. il livello del servizio, che sposta ben più avanti il ragionamento

sull’efficienza. Il servizio è da intendersi in primo luogo dipendente dalla

necessità che ha l’operatore delle GSS di non frammentare

eccessivamente i rapporti di fornitura. Per questo, all’interno della filiera

produttiva, si rende strategicamente indispensabile operare per la

massima integrazione possibile dell’offerta, cercando di garantire al

potenziale cliente una gamma di servizio potenzialmente interessante.

Efficienza e mentalità time-based quindi traslano di scala, estendendosi

dal singolo terzista di fase, all’intera parte di filiera coinvolta nel servizio.

4. Le criticità della “rete”. Agire attraverso logiche di rete comporta

sovraccaricarsi sia di quelle criticità proprie di ogni organizzazione

partecipante che quelle di complessità ben più elevata e che derivano

dall’agire coordinato, mediante la dotazione di una comune leadership, di

comuni procedure ecc.

5. I fattori differenzianti del servizio. Il servizio efficiente rappresenta in un

certo senso lo standard minimo da realizzare e che l’operatore della GSS

si attende normalmente da qualsiasi suo fornitore. A tali concetti un

produttore è chiamato ad adeguarsi ma non è su quello che lui esercita

la sua distintività e la sua capacità di acquisire maggiore appeal agli

occhi di un potenziale cliente. Può rendersi opportuno “differenziarsi”,

62 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

ma ciò può implicare la capacità del fornitore di sviluppare collezioni di

prodotto distintive in esclusiva. Per riuscire in questo occorre che

l’aspirante fornitore incorpori al proprio interno anche funzioni ad elevato

valore aggiunto quali quella di “ufficio stile”. Si precisa che tali capacità

organizzative non sono reputate utili e apprezzabili da parte della

generalità delle Grandi Superfici Specializzate, dal momento che le

principali insegne vantano poderosi uffici di progettazione tali da

renderle completamente autonome su questo fronte.

Tuttavia l’eventuale introduzione di queste funzioni andrebbe a rendere

inevitabilmente più complessa la questione organizzativa, specie rispetto

a micro e piccole imprese e loro raggruppamenti.

A questo proposito, dalle interviste effettuate presso una serie di

operatori delle Grandi Superfici Specializzate emerge che le principali

caratteristiche che essi considerano essenziali per un fornitore risultano

mediamente, in ordine decrescente d’importanza:

- la convenienza del prezzo

- la qualità ed esclusività del prodotto.

- la tempestività del servizio.

L’ordine d’importanza dei tre fattori tende a mutare a seconda della

fascia di mercato in cui è posizionato l’operatore: tanto più essa è alta

quanto più il fattore prezzo scala nella graduatoria, per lasciare il primo

posto alla tempestività del servizio e alla qualità ed esclusività del

prodotto. Ciò considerato riteniamo che rispetto ad alcune insegne, la

capacità di sviluppare proposte originali che potrebbero andare a

supportare logiche di esclusività di prodotto, potrebbe costituire un

importante motivo d’interesse.

Di fronte agli operatori delle GSS, per la mancanza di capacità distintive,

il potenziale fornitore rischierebbe di doversi confrontare solo sul piano

del prezzo (principale variabile di riferimento) e dell’efficienza

(tempestività del servizio). Il confronto solo su questi soli due aspetti

potrebbe risultare alla lunga difficile da sostenere in condizioni di

adeguata economicità.

63 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

In ogni caso dalle stesse interviste emerge che esistono comunque spazi

per fornitori italiani e ciò vale laddove gli operatori delle GSS presentano

una o più di queste caratteristiche:

- sono insegne italiane (tutte le insegne italiane intervistate segnalano

possedere numerosi fornitori nazionali)

- ritengono la qualità ed esclusività del prodotto uno dei più importanti

criteri di scelta del fornitore

- ritengono, anche per questioni di rapidità di inserimento del prodotto

sul mercato, che produrre in loco sia importante per l’accesso al

mercato italiano.

Dalle interviste effettuate presso alcuni piccoli produttori tessili pratesi e dal

focus group effettuato con testimoni privilegiati del mondo delle categorie

artigiane, del mondo produttivo e della ricerca scientifica, siamo giunti alla

conclusione che, se da una parte l’opzione di agire attraverso reti di imprese

appare utile se non indispensabile, se da un’altra la complessità di cui al

punto 1 dei precedenti elenchi numerati appare tutto sommato ben gestibile

da parte di ogni singola azienda, da un’altra ancora le complessità di cui ai

punti da 2 a 5 appaiono di ben più arduo governo. In particolare le

complessità di cui ai punti 4 e 5 presentano livelli di criticità assai

differenziati a seconda della possibilità o meno di individuare nella rete una

leadership di processo ben posizionata a valle dell’intero processo

produttivo, ovvero riferibile ad un produttore di capi di abbigliamento finali

e che disponga di buone capacità di innovazione e sviluppo prodotto.

6.1 Un passo indietro: il modello di successo del made in Italy

Il discorso fatto sulle ragioni distintive di un potenziale fornitore delle Grandi

Superfici Specializzate riconduce spontaneamente il nostro pensiero a quello

che è stato il modello di successo del made in Italy e che discende dalla

migliore combinazione dei seguenti fattori:

64 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

- creatività o originalità, con la conseguente reputazione che la stessa ha

garantito ai nostri stilisti ed agli articoli da loro proposti su tutti i mercati

del mondo;

- autenticità conferita dall’importanza che nel tempo ha assunto il “made

in Italy”, e consolidata in virtu di una continua attività di ricerca e

sviluppo, la quale ha definito anche una sorta di primato sul piano dello

stile e dell’innovazione ovvero della:

- esclusività.

Schema 6.1 Il modello di successo del made in Italy nel mercato della moda

Dall’efficace combinazione di questi tre fattori scaturisce la capacità di

affermare la propria identità di produttore, sulla cui base costruire i propri

motivi di vantaggio competitivo. Ovviamente ad essi si aggiunge come

imprescindibile ed obbligatoria la ricerca dell’eccellenza rispetto agli altri tre

fattori evidenziati nello schema 6.1, da ritenersi di base e comuni a tutti i

competitor, ovvero quelli di:

− giusto rapporto qualità/prezzo

− alta efficienza

65 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

− adeguata tecnologia.

È su questo modello che noi andiamo a costruire i nostri parametri di

riferimento per valutare e verificare la presenza e l’importanza di tali fattori

nella proposta e nei processi di ogni organizzazione produttiva nazionale

interessata a misurarsi col mercato.

Il modello di successo descritto appare a nostro avviso di valido riferimento

anche per l’approccio del mercato delle Grandi Superfici Specializzate. In

questo caso occorre tuttavia considerare che per esse, quello del buon

prezzo rappresenta un vincolo costante e molto impegnativo. Pertanto la

declinazione del modello rispetto a tale mercato non può avvenire per larga

scala ma con riferimento a specifiche nicchie, in parte individuate rispetto

ad una tipologia di operatore di fascia più elevata di mercato (del livello di

Sorelle Ramonda per intendersi) oppure con riferimento a specifiche

collezioni di più alto livello nell’assortimento di un operatore di più larga

fascia di mercato. In un certo senso il piccolo produttore risulta chiamato ad

individuare nicchie in cui specializzarsi e che appaiono ritrovabili anche nel

mercato di riferimento della presente ricerca.

6.2 La declinazione del modello di successo nella piccola

impresa del settore tessile-abbigliamento

Lo schema 6.1 riassume tutti e sei i fattori di successo che devono guidare

la strategia competitiva di un’impresa di produzione. Fra questi, quelli

cerchiati in rosso sono tuttavia quelli che hanno una maggiore attitudine a

differenziare il produttore dalla concorrenza e a poter veder riconosciuto,

per questo, al proprio prodotto, da parte del mercato, un maggior valore.

Tradurre il modello di cui allo schema 6.1 è cosa tutt’altro che facile nella

micro e piccola impresa. Infatti i fattori maggiormente “differenzianti” sono

solitamente assenti o presenti in modo scarso nelle piccole aziende. Ciò si

verifica soprattutto in quelle conto terziste, ovvero in quelle situazioni in cui

è predominante il “saper fare” bene un prodotto, ma nelle quali spesso il

66 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

fattore creativo passa in secondo piano, essendo questo prerogativa del

committente (schema 6.2).

Schema 6.2 Le tipiche leve competitive delle aziende conto terziste

Si tratta in ogni caso di fattori scarsi all’interno delle aziende di dimensione

più piccola, dove solitamente, sul piano della struttura organizzativa,

assumono peso predominante le figure tecniche di produzione, seguite, in

proporzione molto ridotta, dal personale amministrativo e commerciale. In

questi casi spesso non si verifica la presenza di un vero e proprio ufficio stile

che, attraverso la ricerca di una specifica identità di prodotto, possa

condurre l’impresa ad aspirare a raggiungere una certa riconoscibilità sul

mercato per originalità, autenticità, se non anche esclusività.

Queste aziende finiscono per doversi basare esclusivamente su una

strategia competitiva giocata tutta sul piano del prezzo più basso, salvo quei

casi capaci ancora di fare la differenza in virtù di una lavorazione eccellente

67 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

per i materiali impiegati e la cura dei procedimenti di lavorazione adottati,

ovvero che preservano un’evidente “esclusività” di lavorazione. Quelle che

viceversa si trovano a competere solo sulla leva del prezzo finiscono per

ritrovarsi esposte ai rischi di una concorrenza emergente, che, come si è

visto in introduzione del presente lavoro, gode su questo piano di molteplici

motivi di vantaggio.

Schema 6.3 Le opzioni strategiche possibili per le aziende italiane

Occorre allora operare per la massima differenziazione possibile, ricercando

l’ “unicità” (basata, come si è precedentemente affermato, sulla ricerca

dell’originalità, dell’autenticità e dell’esclusività), rafforzandosi a tal fine sul

piano strategico, organizzativo e commerciale. Questo va a costituire

l’assioma prettamente “strategico” delle nostre indicazioni per la piccola

impresa interessata ad un efficace posizionamento nel mercato delle Grandi

Superfici Specializzate. Tuttavia si tratta di un assioma difficilmente

realizzabile stante le note caratteristiche di debolezza strutturale della

piccola impresa di produzione e descritte nei primi capitoli di questo lavoro.

Tale assioma va quindi integrato di uno complementare volto a definire le

strade per cui la strategia suggerita diventi praticabile. In questo senso, una

delle poche prassi possibili appare quella dell’unione fra aziende. Ciò va ad

68 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

individuare il secondo assioma complementare al precedente e che potrebbe

definirsi “organizzativo”: mediante questa soluzione potrebbero rendersi

disponibili, per le piccole aziende, competenze e meccanismi altrimenti

inaccessibili.

In sintesi le nostre imprese si trovano a muovere attraverso un range

estremamente ristretto di opzioni e così riassumibili:

- quella dell’iper-specializzazione (con obiettivi di leadership in

piccolissime nicchie di mercato), la quale va a precisare ulteriormente il

nostro primo assioma competitivo, ovvero quello che avevamo definito

“strategico”;

- quella dell’alleanza/aggregazione/integrazione (in un contesto di network

con altre imprese) e che specifica ulteriormente il secondo assioma

competitivo e definito “organizzativo”.

Si può dire infatti che soltanto una piccola minoranza di imprese presenta

dimensioni aziendali tali da consentire un corretto esercizio dell’attività di

ricerca e sviluppo, unica strada probabilmente in grado di condurre ad un

vantaggio competitivo. Per tutte le altre, in assenza di esercizio delle opzioni

precedentemente indicate (leadership in mercati troppo piccoli per essere

aggredibili o rete che integra più imprese), la prospettiva rimane quella di

una forte compressione sui prezzi che pregiudica la redditività e nel lungo

andare la stessa sopravvivenza.

Le opzioni dell’iper-specializzazione e delle alleanze sono valide anche

rispetto al mercato delle Grandi Superfici Specializzate, da intendersi un

segmento importante del mercato della moda, al cui interno è possibile

ritrovare delle nicchie potenzialmente interessanti per le nostre aziende di

produzione.

In sintesi si potrebbe dire che il modello strategico orientato alla creazione

di un vantaggio competitivo nel mercato della moda, per un’azienda italiana

in generale e pratese in particolare, potrebbe basarsi su un mix di opzioni

così composto:

- la ricerca di una propria originalità di prodotto, pur nel rispetto dei vincoli

di qualità realizzativa, di efficienza produttiva e di giusto rapporto

qualità/prezzo

69 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

- rispetto ad una specifica nicchia di mercato

- anche mediante percorsi di alleanze strategiche con altre imprese.

Si tratta purtroppo di un mix non facilmente realizzabile poiché le

caratteristiche di fondo del nostro sistema hanno ripercussioni marcate sulla

“capacità d’agire” delle imprese in conseguenza di:

• una bassa capitalizzazione e tendenza all’autofinanziamento;

• una difficoltà a gestire i processi di accumulo di risorse e competenze;

• un’incapacità di controllo dei mercati in cui si opera;

• un’impossibilità di crescita per acquisizioni;

• un’incertezza nell’affrontare alti investimenti e ritorni a lungo termine;

• una difficoltà a gestire i rapporti con imprese medio-grandi per basso

potere contrattuale e scarsa capacità di garantire standard elevati nel

rapporto qualità-prezzo;

• rischio di essere assorbiti o acquisiti.

A questi elementi di criticità strutturali si aggiunge la caratteristica peculiare

del distretto pratese di essere composto da imprese piccole specializzate in

fasi molto circoscritte dell’intero processo produttivo. Esso quindi si

caratterizza per una numerosità elevata di passaggi intermedi di materiali e

semilavorati. Tale aspetto rende altamente problematica la possibilità di

adottare principi operativi quale quello del QR (Quick Reponse). Tale

principio infatti si basa sulla possibilità di una cella produttiva di svolgere un

ciclo completo di produzione, riducendo così i passaggi “esterni” fra fasi e

minimizzando gli stock intermedi di materiali e semilavorati.

6.3 Quali criteri per le alleanze finalizzate al mercato delle

Grandi Superfici Specializzate

Dal focus group condotto in merito a quali possibili alleanze per produttori

del settore tessile-abbigliamento locali rispetto al mercato delle Grandi

Superfici Specializzate sono emerse sostanzialmente le seguenti

avvertenze:

70 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

A. il tipo di produttori da integrare – aggregare produttori già organizzati

per la produzione di prodotti finiti e che sono fra loro “complementari”

per gamma di prodotto. In altre parole se la proposta è orientata

all’abbigliamento donna l’integrazione potrebbe vertere sulle diverse

tipologie di capi e accessori destinati ad uno specifico sotto-target

dell’universo donna. Questo tipo di integrazione consentirebbe di non

doversi fare carico di problemi complessi di processo poiché ogni

partner, per quanto riguarda il prodotto di propria competenza, sarebbe

già organizzativamente “pronto”. Viceversa avviare oggi un’integrazione

di imprese in relazione di filiera comporterebbe la complessità accessoria

di strutturare ex novo i processi di lavorazione e le reciproche forniture e

di doverli condurre ad adeguati livelli di efficienza e funzionalità, in modo

tale da puntare comunque a logiche JIT (Just in Time) se non anche QR

(Quick Reponse). Procedendo per questa via, l’approccio al mercato

diventerebbe molto più difficoltoso.

Viceversa integrandosi a valle, attraverso imprese specializzate nella

realizzazione di prodotti finiti, diventerebbe possibile, almeno in via

teorica, per il gruppo di aziende, di dotarsi di un comune ufficio stile

capace di conferire identità e coordinamento alla proposta complessiva,

oltre che di un comune ufficio commerciale. Inoltre, operare sulle

complementarità di prodotto fra aziende potrebbe consentire una

migliore declinazione dell’offerta, rendendo più completa la gamma e per

questo maggiore appeal e valore. Questo tipo di azione renderebbe

possibili per il raggruppamento anche altre opzioni strategiche, quale

quella di agire per la strutturazione di propri punti vendita con una

comune insegna.

B. La numerosità dei partner - La crescente numerosità dei partner

comporta indubbiamente elementi di complessità supplementari. In fase

di nascita, un raggruppamento di imprese e organizzazioni presenta

dinamiche, problematiche e implicazioni analoghe a quelle di un

nascente gruppo di persone, sebbene tali dinamiche, problematiche e

implicazioni siano ovviamente traslate di scala. Un gruppo si forma e si

consolida sempre attorno ad un numero limitato di componenti, in modo

71 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

tale che, attraverso tale limitatezza, sia possibile mantenere continuità di

partecipazione, maggiore coesione fra componenti e condivisione di un

progetto. Aspetti che viceversa tendono a perdersi nelle aggregazioni

che superano certe soglie (vedi oltre 7 componenti). Qualcosa di analogo

si verifica anche fra imprese e organizzazioni. Orientativamente si può

dire che un raggruppamento potrebbe avviarsi attorno a 2-3 componenti

aziendali.

C. Coerenza e affinità dei partner - I partner dovrebbero risultare fra loro

coerenti per comunanza di target di clientela o fascia di mercato, livello

qualitativo del prodotto e, non ultimo, per capacità di interazione,

ritenendo questa dipendente dal fatto di possedere strutture aziendali

dimensionalmente e organizzativamente simili, con una percezione simile

delle rispettive problematiche e dall’adozione di procedure e prassi non

troppo differenziate.

L’affinità attiene invece al sentimento di reciproca stima e fiducia fra gli

imprenditori che dovrebbero allearsi. Fatto apparentemente ovvio ma da

non sottovalutare. A tal fine è consigliabile quindi un’alleanza fra aziende

che vantino una esperienza di collaborazione reciproca piuttosto lunga,

mediante la quale si sia maturata una base comune fatta di linguaggi,

modalità di coordinamento, processi decisionali, criteri di scelta ecc.

D. La leadership del raggruppamento - Il raggruppamento deve essere

gestito come un’impresa di imprese e in tal senso deve poter

autonomamente definire una strategia unitaria nel mercato cui intende

rivolgersi e prendere le decisioni operative idonee ad implementarla. In

linea di principio la leadership può essere individuata all’interno dei

partner del gruppo. La scelta della leadership dovrebbe corrispondere a

logiche di autorevolezza del soggetto e tale scelta dovrebbe riguardare le

specifiche competenze nello sviluppo del prodotto e/o nella gestione dei

rapporti commerciali. Insomma colui che possiede le competenze a

maggior valore aggiunto per il raggruppamento dovrebbe essere il

soggetto che ne assume la direzione.

72 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

6.4 Le valutazioni da effettuare a supporto della decisione di

inserirsi nel mercato delle Grandi Superfici Specializzate

La decisione strategica di un’azienda di inserirsi nel mercato delle Grandi

Superfici Specializzate e la conseguente scelta organizzativa discende da un

complesso processo auto-valutativo che si incentra sui seguenti capisaldi:

1. Definire con chiarezza “Chi siamo” e “Chi potremmo essere”. A tal fine è

opportuno analizzare:

− il proprio assetto attuale,

− il livello di autonomia,

− la complementarietà ad eventuali partner,

− la propensione a partecipare ad associazioni di imprese

2. Valutare le proprie specificità e capacità produttive stabilendo “Cosa

facciamo” e “Cosa potremmo fare”. A tal fine è opportuno considerare:

− il mercato obiettivo (merceologia e territorio)

− il prototipo del Cliente da servire (volumi vs. redditività),

− la possibilità di concentrare le proprie capacità su un prodotto/una

categoria/una famiglia merceologica

3. Accertare il proprio livello di conoscenza e competenza sul mercato

specifico ovvero chiedersi “Cosa sappiamo” e “Cosa dovremmo/

potremmo sapere”. A tal fine diviene utile anche confrontarsi con

esperienze analoghe di altri produttori con caratteristiche simili alle

proprie.

4. Definire le implicazioni operative che potrebbero scaturire dalla scelta di

un nuovo mercato rispetto alle proprie condizioni di operatività abituali,

rispondendo quindi a temi quali “Come ci muoviamo” e “Come

dovremmo muoverci”. A tal fine è opportuno confrontare:

− l’approccio adottato sino ad oggi

con

− quello che riteniamo più in linea con le attuali esigenze del mercato.

Al fine di confrontare l’approccio attuale con quello prospetticamente più

appropriato, rispetto al mercato obiettivo, dovrebbe essere effettuata

una valutazione del prodotto dell’azienda, delle sue condizioni di prezzo e

73 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

posizionamento, delle azioni promozionali svolte e dell’organizzazione

commerciale.

Attraverso questo processo cognitivo si dovrebbe giungere alla definizione

della decisione strategica in termini di:

- scelta del mercato in cui andare a muoversi (in questo caso rispetto al

mercato delle Grandi Superfici Specializzate)

- definizione degli assetti di struttura organizzativa coerentemente

necessari

- definizione delle modalità di implementazione, le quali aprono

conseguentemente la fase operativa, argomento del seguente capitolo.

74 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

7 INDICAZIONI OPERATIVE PER L’ACCESSO AL

MERCATO DELLE GRANDI SUPERFICI

SPECIALIZZATE

Il presente capitolo va ad integrare il ragionamento sulla strategia più

appropriata sviluppato nel precedente. Questo contiene quelle indicazioni

operative e le buone prassi da adottare per agire in modo efficace nel

mercato delle Grandi Superfici Specializzate, una volta che si sono definiti

gli obiettivi strategici da perseguire e le strade di implementazione. In

particolare le nostre indicazioni operative riguardano il tipo di contatto verso

cui attivarsi, il modo in cui attivarsi e il kit di comunicazione/proposta di cui

dotarsi.

7.1 L’interlocutore di riferimento: l’Ufficio Acquisti

Sul piano commerciale, la figura di riferimento per un aspirante fornitore

delle GSS è in generale rappresentata dall’Ufficio Acquisti oggi identificato

come “category manager”. Il category manager rappresenta la forma

evoluta del vecchio buyer, ed è così definito in quanto:

− esperto della famiglia merceologica (categoria) sottoposta alla sua

competenza di acquisto

− “responsabile” dei risultati-obiettivo che la stessa categoria è chiamata

a generare, sia isolatamente considerata che in termini di contributo al

target complessivo dell’Azienda (fatturato, rotazioni, marginalità,

competitività, livello di servizio). Tale responsabilità manageriale rende il

category manager particolarmente selettivo e per questo egli giudica in

definitiva il prodotto solo per i risultati quantitativi che gli permette di

conseguire.

Le motivazioni che guidano la scelta del category manager sono in genere

legate a bisogni che possono essenzialmente riassumersi:

75 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

− nel completamento della gamma, sia per tipologia di prodotto ma anche

e soprattutto per segmento di mercato;

− nella copertura di una fascia prezzo sguarnita;

− nella necessità di proporre novità o di reagire ad iniziative della

concorrenza;

− nell’esigenza di costruire temi o attività promozionali.

Per sviluppare i suoi programmi di acquisto tiene conto dei seguenti fattori:

- l’ampiezza di assortimento dell’insegna

- gli spazi disponibili

- il mix di offerta della concorrenza

- il tipo di obiettivi assegnatigli (ad esempio: necessità di vendere prodotti

di valore superiore per incrementare l’importo medio dello scontrino o di

comprare a costi più bassi per recuperare marginalità, o ….. ecc. ecc.).

Al fine di valutare la bontà di un potenziale fornitore effettua un’analisi

comparativa rispetto ai seguenti parametri in ordine di priorità che varia a

seconda del tipo di operatore delle GSS:

• costi (si ricorda che mediamente, nelle interviste effettuate, tale fattore

rappresenta il principale criterio di scelta dei fornitori),

• qualità, originalità, esclusività, ecc. (fattore che nei risultati delle nostre

interviste si posiziona al secondo posto fra i principali criteri di scelta dei

fornitori).

• tempi di consegna (il concetto di tempo di consegna è molto variabile da

operatore a operatore. In alcuni casi si continua ad operare secondo

logiche di formazione dell’assortimento piuttosto classiche e l’intervallo

di tempo che trascorre fra l’ordine e la data di consegna del prodotto

finito è nell’ordine dei mesi, fino a 3-4 mesi. Viceversa quelli che

rappresentano i principali casi di successo, come Zara e H&M, tale

intervallo si riduce a poche settimane).

La complessità delle variabili che entrano in gioco in un processo di acquisto

si presenta piuttosto rilevante. L’abilità del potenziale Fornitore deve

risiedere anche nel riuscire a semplificare l’operatività del Cliente.

Questa è un’opportunità da non trascurare soprattutto in relazione ai

distributori che lavorano sul mercato italiano, e in cui l’obiettivo della

76 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

semplificazione della loro operatività può essere realizzato anche in forza di

un rapporto costruito su basi dirette, “personalizzato” e con possibilità di

rapido raccordo. In questa maniera si potrebbe ridurre il gravame del nostro

interlocutore di riferimento per tutte quelle incombenze e incognite che

normalmente affronta quando effettua un’attività di import.

Per raggiungere l’obiettivo di semplificare l’attività del category manager al

fine di favorire la nostra candidatura, occorre necessariamente “mettersi nei

suoi panni”, pensando cioè a come struttura un dossier sul potenziale

fornitore e che lo guida nell’esame delle principali questioni da chiarire fino

alla scelta del fornitore.

In questo modo occorre organizzare la nostra proposta, fatta non solo di

una selezione di prodotti, ma anche di relative informazioni, sia riguardo al

prodotto, che all’azienda, che alle condizioni operative di fornitura che si

andrebbero a realizzare.

Tabella 7.1 Le domande e le fasi del processo valutativo e decisionale sul fornitore da parte del category manager delle GSS

Fase o argomento Tipo di quesiti

− Da chi proviene? − Per quale tipologia/segmento? − In quali quantità? − Con quali ritmi di consegna? Domanda commerciale − A quale prezzo? − Con quale funzione/scopo? − Tipo fabbricazione? − Costo/Marginalità? − Minimi industriali? − Minimi logistici? Analisi Prodotto − Confezione? − Marca? − Trasporto? − Dogane? − Ricevimento? − Identificazione? Vincoli logistici − Controllo qualità? − Rischi fine serie? − Concorrenza? − Stabilità? − Mentalità? − Specializzazione? Vincoli geografici − Intermediari? − Altro? − CCDQC: − Chi sono? − Che cosa fabbricano? − Dove sono insediati? Vincoli Fornitori − Qual è la loro storia? − Come si presentano? − Obiettivi? − Prezzi? − Condizioni FOB, CIF,

CAF? − Costi stazionamento? Analisi finanziaria

− Assicurazione? − Valuta? Scelta e decisioni − Scelta di Fornitore e fonte di approvvigionamento

Definizione di una politica

− Fornitore partner (strategico) − Fornitore semplice − Fornitore occasionale (tattico)

77 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

La tabella 7.1 sintetizza le domanda che il category manager si pone

rispetto ad una determinata proposta, fino a giungere alla decisione finale.

Un produttore che voglia aspirare ad instaurare un rapporto positivo col

category manager dovrebbe in primo luogo provare a fornire le risposte ad

ogni domanda e “apparecchiare”, sulla base di esse, la propria proposta

complessiva.

Quando la trattativa intavolata col category manager ha esito positivo e si

può procedere all’avvio di un rapporto di fornitura, sul piano contrattuale si

procede generalmente alla firma di un accordo con listino allegato. In alcuni

casi si evita tale soluzione, per preferirne una basata sul trattare di volta in

volta le forniture di singole linee o partite, fino ad arrivare al caso limite

rappresentato da ordini occasionali con prezzo definito ad hoc per

l’occasione.

Una volta avviato il rapporto diviene fondamentale il tipo di integrazione

informativa realizzata fra fornitore e operatore delle GSS, specie quando il

rapporto si forma sulla base di un accordo di fondo e quindi non ha

carattere occasionale. Dalle interviste effettuate emerge che nei casi degli

operatori nazionali, di dimensione più contenuta, i flussi informativi e dei

documenti vengono gestiti attraverso modalità miste elettronico-cartacee.

Tuttavia anche molti di questi si stanno muovendo e forse ci stanno

arrivando, verso forme di interazione esclusivamente elettroniche, sulla

base di piattaforme integrate fornitore-distributore. Questi due fatti

impongono al potenziale fornitore di dotarsi di una piattaforma informativa

integrabile con quella del cliente.

7.2 Come proporsi: il “Necessaire”

Quando l’iniziativa del contatto avviene a cura del produttore e quindi in

mancanza di una proposta commerciale diretta da parte di un operatore

delle GSS, si suggerisce di proporsi con l’obiettivo di andare a sviluppare

modelli o linee a marchio di proprietà del partner della GSS.

78 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

Dalle interviste effettuate a operatori delle GSS emerge che la modalità

preferenziale attraverso cui un fornitore dovrebbe proporsi, viene

prevalentemente consigliato di prendere un appuntamento col category

manager per la presentazione del campionario corredato di relativo listino.

L’invio preventivo di materiale informativo è una modalità generalmente

non consigliata.

A supporto della presentazione diretta al category manager e comunque

indispensabilmente quando si procede ad un primo contatto indiretto, è

opportuno che un produttore predisponga un proprio kit di presentazione.

Il kit di presentazione dovrebbe strutturarsi sulla base dei seguenti

elementi:

- Una Scheda presentazione Azienda (storia, persone, marchi, capacità,

aree di business, fatturato, export, punti di forza, certificazioni)

- La presentazione di una Gamma articoli con campionatura

- Un Listino aggiornato con valori nominali (riferimenti base)

- Indicazione tempi di consegna standard

- Condizioni di sconto base

- Condizioni di sconto particolari/eccezionali

- Termini di pagamento

- Possibilità di collegamento Intranet (flusso dati-documenti).

79 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

8 IPOTESI ALTERNATIVE ALLE GRANDI SUPERFICI

SPECIALIZZATE

Il mercato delle Grandi Superfici Specializzate impone alla piccola impresa

di produzione, almeno secondo la lettura che ne abbiamo fatta, un grosso

sforzo di innovazione strategica, capace di incidere sulle proprie condizioni

di efficienza operativa, di servizio e di competitività di prezzo, ma anche su

quella che è la capacità dell’azienda di effettuare innovazione di prodotto.

Il tipo di sforzo ipotizzato è quello che una piccola impresa deve comunque

affrontare nel suo eventuale desiderio di affermarsi sul mercato con una

propria immagine aziendale. Ecco che affrontare il tipo di percorso da noi

descritto nei due capitoli precedenti può avere ulteriore senso se collocato in

un’ottica più ampia di affermazione dell’identità aziendale o pluriaziendale

qualora si proceda per raggruppamenti di imprese. A questo proposito

occorre considerare che le traiettorie evolutive del settore dimostrano come

il successo competitivo derivi sempre di più da due fenomeni

complementari: quello di una progressiva una crescita dimensionale degli

attori (crescita che può essere realizzata anche attraverso strutture a rete);

quello di una crescente integrazione verticale, lungo la filiera, a monte (per

la distribuzione) e a valle (per la produzione).

Al fine di affermare una propria immagine possono allora essere presi in

considerazione altri percorsi o modelli diversi da quelli delle Grandi Superfici

Specializzate e che, come si è detto, presuppongono uno sforzo simile (la

maggiore complessità di tali modelli deriva dall’incorporare ulteriori

competenze attinenti alla fase distributiva al dettaglio).

Sul piano distributivo ciò che appare premiare è la possibilità di sviluppare

catene di vendita, in virtù di una maggiore diffusione di punti vendita nel

territorio, di una maggiore efficienza nella gestione degli assortimenti, di

una più diffusa visibilità e di una maggiore resa sul piano dell’immagine

aziendale. Esse si collocano in una posizione intermedia fra il negozio

specializzato classico, caratterizzato da una superficie limitata e un rapporto

personalizzato col cliente e le grandi superfici. Rispetto al primo presenta, in

80 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

virtù della sua replicazione sul territorio secondo layout di vendita,

assortimenti e politiche di servizio omogenee, una maggiore capacità di

affermazione della marca; rispetto alle seconde una diversa logica di

personalizzazione del rapporto col cliente.

Modelli interessanti si ritrovano anche all’interno dei casi delle GSS da noi

individuati. Ad esempio ci sembra emblematico quello di Sorelle Ramonda,

ovvero di un produttore che ha optato per affermare il proprio marchio sul

mercato rendendosi protagonista dei processi di distribuzione al dettaglio e

integrando, in funzione dell’affermazione di un’immagine di marca, la

propria produzione con quella di altri marchi di prestigio. Si tratta di

un’opzione che può essere condotta anche in forma di test, con l’obiettivo di

accorciare la distanza dal mercato finale e trovare immediatamente uno

sbocco diretto, mediante, ad esempio la formula dell’outlet.

Originariamente, per outlet si intendeva un complesso di attività

commerciali dedicate alla vendita promozionale di capi, articoli ed accessori

fashion legati alle grandi firme (“griffes a prezzi scontati”). Oggi la

definizione risulta piuttosto superata e l’insegna sta spesso ad indicare

luoghi in cui il produttore decide di provvedere direttamente anche alla

distribuzione dei capi realizzati. Tuttavia, nell’immaginario del Cliente outlet

resta comunque sinonimo di occasione e, più in generale, di essenzialità e

convenienza (in rapporto alla qualità offerta). Pertanto adottare la formula

dell’outlet diffuso potrebbe risultare alla fine contraddittorio (mancando

sostanzialmente il termine di paragone per valutare la convenienza

dell’offerta).

Nel nostro ragionamento ciò che è importante non è tanto l’adozione o

meno del concetto di outlet, ma l’operare per l’affermazione del marchio

industriale utilizzando la leva della diffusione dei punti vendita al dettaglio.

L’accorciamento della filiera, come opportunità alternativa, presenta

ovviamente dei pro e dei contro:

− controllo diretto del rapporto con il Cliente finale (pro);

− recupero di marginalità (pro);

− costi di struttura (contro);

81 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

− necessità di apprendimento di un mestiere diverso (aspetto di valenza

variabile a seconda del caso aziendale). È chiaro che certi modelli

impongono al produttore l’acquisizione di competenze nuove finora

proprie del dettagliante: dovrà apprendere a definire l’assortimento in

vendita e a gestire gli aspetti di marketing. Tuttavia, ricordando quanto

affermavamo intorno al caso Zara, entrare in certe tematiche

significherebbe avere anche l’opportunità di tradurre il punto vendita

auto-gestito come il punto d’inizio del processo (e non terminale) avendo

così l’opportunità di disporre di un osservatorio importante per

comprendere gusti e tendenze e poter così orientare più efficacemente la

progettazione (pro/contro)

− Operare per l’affermazione del brand industriale attraverso

un’integrazione a valle di punti vendita a marchio proprio impone

comunque dei costi pubblicitari aggiuntivi (contro).

Rispetto a tale opzione, di cui in ogni caso è indispensabile una valutazione

di fattibilità, può essere valutata la possibilità di creare spazi vendita di

proprietà, per accorciare la filiera, comuni ad una “rete” di produttori e che

pertanto assumono caratteristiche di spazi di vendita plurimarca. In

prospettiva tale formula potrebbe evolvere ulteriormente anche coniugando

variabilmente negozi di proprietà con la formula del franchising.

A questo proposito si evidenzia come il franchising sia in realtà una formula

di raccordo fra il piccolo dettaglio specializzato di impronta tradizionale e le

logiche della distribuzione moderna, basate sulla replicazione diffusa nel

territorio di una formula di vendita identica, sotto un’unica insegna. Infatti

esso si realizza facendo in modo che artefice della vendita resti il singolo e

piccolo dettagliante, sulla base tuttavia di una formula di vendita progettata

da altri (il produttore) e che si avvale di una comune insegna, del solito

assortimento, di un comune metodo di comunicazione. In questo modo,

replicando nel proprio territorio un modello simile, ogni dettagliante

contribuisce a realizzare una crescente e sempre più diffusa fedeltà

all’insegna, consentendo al titolare della stessa una minimizzazione dei

propri investimenti diretti nei punti vendita. Tuttavia è stato verificato che la

formula del franchising, almeno rispetto agli operatori delle GSS, si rivela di

82 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

minore efficacia di una centrata su un controllo diretto e stringente di punti

vendita di proprietà: in questi ultimi è più facile realizzare condizioni di

maggiore omogeneità di immagine e di servizio rispetto a quelli di proprietà

di franchisee.

La soluzione più adatta per piccole imprese o loro reti, orientate a realizzare

processi di integrazione a valle al fine di avere un controllo più diretto e

autonomo del proprio mercato finale, potrebbe essere quella di una formula

mista fra punti vendita di proprietà e altri implementati col sistema del

franchising, con questo da utilizzare soprattutto in quelle fasi iniziali in cui si

voglia realizzare una più rapida penetrazione del mercato, seguita

successivamente da un consolidamento dello stesso mediante una crescente

diffusione dei punti vendita di proprietà.

Un modo per giungere a realizzare reti di negozi a marchio proprio è quello

attuato con gradualità da Patrizia Pepe, avviato sulla base di quelle che

potremmo chiamare le show room “operative”.

Tabella 8.1 Dati di sintesi del caso Patrizia Pepe

Ragione sociale Località Fatturato Incremento medio

(ultimi 3 anni) Utile medio

(ultimi 3 anni)

Tessilform S.p.A. Cavalle 70 Mln +23% 7%

Patrizia Pepe nasce negli anni ’90 mediante l’evoluzione di una piccola

azienda di produzione di capi di abbigliamento. Essa fonda il suo successo

su una formula piuttosto semplice e per questo ancor più interessante. Ingrediente di base è un modello di distribuzione piuttosto innovativo,

fondato su una serie di show room “operative” collocate in modo equilibrato

sul territorio, orientate a servire negozi al dettaglio plurimarca. In altre

parole è come se le show room funzionassero in modo simile a qualsiasi

altro canale distributivo all’ingrosso.

A fianco delle show room si inseriscono successivamente dei negozi

monomarca (in totale 13) e l’apertura di corner in negozi multi-marca

(decine) in diversi paesi (Italia, Belgio, Cina, Francia, Stati Uniti, Regno

Unito, Giappone, Russia, Turchia, ecc.).

83 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

In modo simile a quella che è una caratteristica delle Grandi Superfici

Specializzate, viene deciso di porre la massima enfasi sul prodotto,

ricercando costantemente di perfezionare i livelli di qualità e stile e di

investire poco in pubblicità, affidandosi, come leva promozionale, alla

presenza più capillare possibile nei luoghi di vendita al dettaglio.

La creazione di catene di negozi di proprietà, anche giungendoci mediante il

passaggio delle show room operative, si fonda sulla logica di uno o più

produttori che si confrontano con l’obiettivo di diventare leader dei processi

distributivi. Si tratta di un tipo di evoluzione che trova conforto anche in

quelli che sono stati gli spostamenti a livello globale nel settore, nel quale si

è assistito a distributori o produttori che hanno modificato la loro strategia

andandosi a misurare nel mondo a loro complementare, ovvero quella della

produzione per i primi e della distribuzione per i secondi. Tutto questo

sapendo che in ogni caso è nella commercializzazione del prodotto che si

realizza il maggior contributo alla generazione del valore di marca.

84 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

9 SINTESI CONCLUSIVA

Il mercato delle Grandi Superfici Specializzato risulta di non facile accesso

per le piccole imprese di produzione pratesi e ciò in conseguenza delle

caratteristiche strutturali di queste ultime che le penalizzano rispetto alle

prassi seguite da certi operatori della distribuzione:

- non solo la piccola dimensione, ma anche la concentrazione di ogni

singolo attore produttivo in fasi ristrette dell’intero processo di

produzione, tanto da rendere inevitabile la realizzazione dell’intero

processo mediante una molteplicità di passaggi intermedi fra altrettante

aziende e che possono essere motivo sia di minore efficienza, di perdite

di tempo, di accumuli di stock intermedi;

- la logica “artigianale” spesso contrastante con quella industriale votata

alla ricerca della massima efficienza in tutti i punti del processo e alla

massima efficacia anche mediante la piena valorizzazione e quindi

razionalizzazione dei flussi informativi lungo tutta la filiera produttiva e

distributiva;

- una bassa competitività di prezzo, di fronte cioè a quello che resta il

principale criterio di scelta degli operatori delle GSS, complicata anche

dalla progressiva perdita di produttività registrata negli ultimi anni;

- l’indisponibilità di funzioni avanzate sulla cui base giocarsi proprie logiche

di differenziazione del servizio e basate sull’originalità ed esclusività del

prodotto, insieme alla sua qualità.

Le implicazioni di strategia e di processo che il mercato delle Grandi

Superfici Specializzate pone alla piccola impresa hanno valenza così

paradigmatica da ritenerle utile riferimento anche per definire la strategia

d’accesso ad eventuali altri mercati. Per questo, inevitabilmente, il nostro

lavoro si chiude con l’evidenziazione anche di soluzioni di mercato

alternative alle GSS.

Per Grande Superficie Specializzata si intende un retailer con punti vendita

di dimensioni medio-grandi, che presenta un assortimento di prodotti

focalizzato su una determinata area merceologica (elettronica di consumo) o

85 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

di situazione d’uso (abbigliamento in senso lato) a cui, sul piano della simile

logica di mercato (criteri oprativi, tipologia di cliente, immagine presso il

pubblico, insegna ecc.), può affiancarsi la tipologia più tradizionale dei

Grandi Magazzini (diversamente dalle GSS, i GGMM hanno una vocazione

meno specializzata.)

Le Grandi Superfici Specializzate costituiscono una tipologia di attore

importante nel panorama della complessiva Grande Distribuzione

Organizzata, che nel tempo ha eroso quote di mercato importanti a scapito

delle formule di negozio tradizionali, anche grazie ad un incremento

continuo dei centri commerciali.

In questi ultimi anni questa tipologia di attore si è andata caratterizzando

per la crescente affermazione del fenomeno dell’internazionalizzazione delle

insegne e per una progressiva maturità. Le insegne che si affermano anche

sul mercato italiano sono a prevalente proprietà straniera o comunque con

un’ingente quota di partecipazioni estere nelle insegne nazionali.

Nonostante il successo registrato, oggi quello delle GSS in Europa

rappresenta comunque un mercato maturo, dove non esistono più grandi

margini di crescita, a causa anche e soprattutto della perdita di potere

d’acquisto subita dal consumatore. Per questo la competizione che lo

caratterizza è particolarmente serrata ed essa si ripercuote direttamente nei

rapporti di fornitura.

I principali operatori europei, presenti sul mercato nazionale, da noi

individuate sono:

- il gruppo Coin, che annovera l’insegna omonima (Coin), oltre a Oviesse,

Bimbus ecc.;

- il gruppo La Rinascente Auchan, che aggrega sia l’insegna omonima (La

Rinascente) che Upim;

- il gruppo Bernardi, titolare dell’insegna omonima;

- il gruppo Zara, che detiene l’insegna omonima (Zara), nonché Massimo

Dutti, Stradivarius, Kiddy’s Class, Pull & Bear, Oysho, Bershka, Zara

Home;

- Sorelle Ramonda, titolare dell’insegna omonima;

- il Groupe Auchan, titolare dell’insegna Kiabi;

86 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

- Hennes & Mauritz, titolare dell’insegna H & M;

- Piazza Italia spa, titolare dell’insegna omonima.

Le fondamentali leve di successo delle GSS sono:

- il frequente rinnovamento delle collezioni, in modo da avere sempre

proposte attuali in linea con i gusti di mercato;

- la possibilità di intercettare molteplici segmenti di mercato, utilizzando a

tal fine anche una pluralità di marchi di collezione (linea basic, linea

classica, linea per i bambini, collezione “casual”, la proposta moda fino

alle edizioni limitate);

- la competitività sul piano del prezzo, realizzata attraverso un controllo

capillare dei costi di produzione in tutta la catena del valore, la

minimizzazione dei passaggi intermedi e la compressione dei margini di

guadagno;

- la crescente integrazione verticale lungo l’intera filiera produttiva,

tramite cui ridurre i passaggi interni e conseguentemente i rischi di

errore e di giacenze intermedie, abbreviare i tempi di produzione,

cercando di programmare una produzione sempre più trainata dalla

domanda, minimizzando le scorte di prodotto e conseguentemente

riducendo gli immobilizzi finanziari e il rischio moda.

Queste leve sono dettate anche dai cambiamenti che si sono verificati sul

piano dei comportamenti d’acquisto:

- il consumatore è progressivamente divenuto più esigente ed

imprevedibile e da cui sono scaturite le crescenti necessità di:

o effettuare un ricambio sempre più rapido della proposta (il prodotto)

o innovazione continua e compressione dei tempi d’inserimento delle

proposte nel mercato (i processi)

- il consumatore si è rivelato sempre più attento al rapporto

qualità/prezzo, complice anche una sua più elevata capacità di

apprezzare il valore del prodotto, almeno per quanto riguarda quello che

la promozione e la pubblicità gli hanno reso più familiare e comprensibil

e da cui scaturisce la necessità di:

o definire standard qualitativi ad hoc.

87 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

Il negozio è il luogo in cui trovano espressione le leve su cui le GSS fondano

il loro successo e attraverso cui raccolgono le principali informazioni alla

base delle scelte strategiche:

- esso si caratterizza sempre più per uno spazio progettato in modo molto

accurato e pensato per rendere piacevole l’incontro della clientela con la

moda;

- è nel negozio che si ottengono le informazioni necessarie per modulare

l’offerta secondo le richieste della clientela e secondo tempi di risposta

sempre più brevi;

- le vetrine e il grado di impatto del negozio costituiscono la vera e propria

pubblicità aziendale, giocata nelle principali vie commerciali del mondo;

- il negozio è il motore della fidelizzazione del cliente al marchio-insegna;

- quella che consente di massimizzare i risultati per ritorni informativi,

cura dell’assortimento, dell’immagine e del servizio al cliente è la formula

dei negozi di proprietà invece che in franchising.

Il ruolo strategico dei punti vendita diffusi nel territorio pone i produttori,

senza una propria rete distributiva al dettaglio, un po’ fuori dai giochi,

riducendosi per loro le opportunità di affermazione della propria marca. Ciò

rappresenta una prima importante conclusione per le scelte strategiche a

venire che un produttore potrebbe sviluppare.

Quanto sopra ha pesanti implicazioni per i rapporti di fornitura:

• lo schema classico delle collezioni pensate 18 mesi prima non funziona

più e il concetto di innovazione continua si trasferisce anche a monte nei

confronti dei fonritori;

• innovazione può rappresentare, in prospettiva, per il produttore motivo

di differenziazione e quindi strumento di difesa dalla concorrenza non

solo interna ma anche dei paesi emergenti;

• sul piano dei processi, l’innovazione va intesa come obiettivo di

restringimento dei tempi tra la progettazione della collezione e l'approdo

in vetrina, mediante una mentalità “Time Based”, per la quale conta

capire molto velocemente ciò che si può vendere, realizzarlo e farlo

arrivare nei negozi prima della concorrenza;

88 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

• la tendenza è che, attraverso la gestione sempre più razionale delle

informazioni, considerando il punto vendita come il momento di avvio dei

flussi, si arrivi ad una programmazione della produzione il più possibile

trainata dalla domanda, sulla base dei dati che in tempo reale

pervengono dai negozi. Si afferma il principio della Quick Reponse (QT)

improntato all’obiettivo di una produzione sempre più trainata dalla

domanda e non viceversa, con l’obiettivo di minimizzare le giacenze di

prodotto finito destinate a garantire un’adeguata copertura della

domanda futura e che per questo hanno una più elevata attitudine a

tradursi in invenduti. L’integrazione lungo tutto la filiera raggiunge la sua

massima espressione sia in termini di pluri-direzionalità dei flussi

informativi e di conseguente integrazione dei sistemi informativi, che di

massima collaborazione fra gli attori coinvolti. Sul piano fisico si riducono

al minimo i flussi intermedi e la flessibilità viene raggiunta mediante

l’articolazione della filiera per unità in grado di realizzare quantità ridotte

ma complete di prodotto. In questo modo si riducono sia i tempi di

passaggio di materie prime, prodotti intermedi ecc. che le conseguenti

scorte intermedie di materiali e semilavorati.

• Tutto ciò richiede un grande sforzo di riorganizzazione e che implica il

dotarsi anche di competenze elevate in fatto di progettazione;

• tali competenze potrebbero essere acquisite, a livello di produzione,

anche attraverso processi di aggregazione fra molteplici componenti

della filiera.

La condivisione delle informazioni, da quelle di ritorno dai punti vendita sulle

risposte in atto da parte del cliente, che di quelle inerenti la

programmazione degli ordini e la loro esecuzione, diviene tema di

fondamentale importanza che si sviluppa attraverso piattaforme informative

sempre più integrate e automatizzate fra produttore e distributore.

Per un produttore, quindi, operare con le Grandi Superfici Specializzate

impone il superamento di complesse criticità:

1. la convenienza di prezzo come principale criterio di preferenza dei

fornitori;

89 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

2. la massima efficienza tramite un modo di operare perfettamente

coerente con quella che abbiamo chiamato la mentalità time-based;

3. il livello del servizio, al cui interno si colloca anche la necessità che ha

l’operatore delle GSS di non frammentare eccessivamente i rapporti di

fornitura. Ecco che, all’interno della filiera produttiva, occorre operare

per la massima integrazione possibile, cercando di garantire al potenziale

cliente una gamma di servizio il più interessante possibile.

4. Le criticità della “rete”. L’integrazione della filiera sposta i termini di

riferimento per valutare l’efficienza e implementare logiche time-based.

Queste vanno a riferirsi all’intera parte di filiera coinvolta nel servizio.

5. I fattori differenzianti del servizio. Accreditarsi come produttore può

rendere indispensabile differenziarsi. Tuttavia la differenza a livello di

produzione non sembra giocarsi più solo in termini di efficienza, poiché

questa rappresenta requisito minimo indispensabile che ogni fornitore

deve garantire alle Grandi Superfici Specializzate; “differenziarsi” può

implicare la capacità del fornitore di sviluppare collezioni di prodotto

distintive in esclusiva e per riuscire in questo potrebbe voler dire

disporre di adeguate competenze progettuali, di complessa gestione nel

caso di micro e piccole imprese e loro raggruppamenti.

Sul piano delle opzioni strategiche, un piccolo produttore appare costretto a

ricercare la massima specializzazione in piccole nicchie di mercato, dove

esprimere una propria originalità di prodotto e qualità realizzativa, per

risultare apprezzabili da insegne di più alta fascia oppure corrispondere a

collezioni limitate e di alto livello all’interno delle insegne di più ampia fascia

di mercato.

Inoltre, date le caratteristiche organizzative delle imprese di produzione del

territorio e la ristrettezza della loro specializzazione produttiva, può essere

inevitabile procedere per alleanze strategiche con altri produttori

complementari.

Agire per raggruppamenti di imprese con riferimento alle Grandi Superfici

Specializzate impone a nostro avviso il rispetto di alcuni criteri

fondamentali. È consigliabile:

90 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

• integrare produttori a valle del processo, agendo sulle complementarità

di prodotto, piuttosto che andare a strutturare raggruppamenti

nell’ambito di relazioni di filiera dalla funzionalità ancora non sviluppata;

• realizzare raggruppamenti iniziali poco numerosi (2-3 partner)

• ricercare fra i partner coerenza (per comune fascia di mercato, livello

qualitativo del prodotto, dimensioni e criticità organizzative) e affinità

(condizione di reciproca stima fra imprenditori frutto di un rapporto di

collaborazione collaudato e attraverso il quale si sono potuti

sperimentare anche modalità di coordinamento dei processi comuni)

• una leadership del gruppo da individuarsi in quel partner industriale che

possieda maggiori competenze distintive e orientativamente relative

all’innovazione di prodotto e alla commercializzazione.

Un’azione imprenditoriale orientata ad inserirsi nel mercato delle Grandi

Superfici Specializzate deve fondarsi sui seguenti criteri operativi:

- avere ben chiaro a chi rivolgersi – la figura di riferimento è il “Category

Manager”, esperto e responsabile dei risultati-obiettivo della famiglia

merceologica di sua competenza.

- sapere come rivolgersi, tenendo conto delle motivazioni che guidano

l’azione del category manager, a loro volta subordinate a specifiche

esigenze di completamento della gamma, di copertura di una fascia

prezzo sguarnita, novità, di reazione ad iniziative della concorrenza, temi

su cui incentrare le iniziative promozionali;

- tenere presenti i fattori che il category manager adotta per la scelta,

ovvero l’ampiezza di assortimento dell’insegna, gli spazi disponibili, il

mix di offerta della concorrenza, il tipo di obiettivi assegnatigli

- essere sicuri di garantire gli aspetti basilari del servizio in termini di costi

competitivi, tempi di consegna, qualità, originalità, esclusività, ecc.

L’obiettivo di fondo da perseguire col category manager è quello di agire in

modo da semplificare la sua operatività.

Le implicazioni strategiche e organizzative che un produttore, che voglia

efficacemente proporsi al mondo delle Grandi Superfici Specializzate, deve

affrontare, costituiscono valida premessa anche per altre opzioni di

mercato. Prima su tutte quella di procedere per una propria rete di vendita

91 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

al dettaglio, magari condivisa con altre piccole aziende di produzione. La

creazione di catene di vendita, in virtù della maggiore diffusione di punti

vendita nel territorio che esse comportano, consentono una maggiore

efficienza nella gestione degli assortimenti, una più diffusa visibilità, una

maggiore resa sul piano dell’immagine aziendale.

L’accorciamento della filiera andandosi ad inserire nella distribuzione al

dettaglio presenta ovviamente pro e contro:

− controllo diretto del rapporto con il Cliente finale,

− recupero di marginalità,

− costi di struttura,

− necessità di apprendimento di competenze proprie del dettagliante (ciò

comporta in parte un onere aggiuntivo ma anche l’opportunità di

tradurre il punto vendita auto-gestito come il punto d’inizio del processo,

come osservatorio importante del mercato e poter essere per questo più

efficaci in fase di progettazione),

− Operare per l’affermazione del brand industriale attraverso

un’integrazione a valle di punti vendita a marchio proprio impone

comunque dei costi pubblicitari aggiuntivi.

Tale opzione di mercato potrebbe essere realizzata anche attraverso una

formula mista di punti vendita di proprietà e altri in franchising e potrebbe

essere raggiunta per gradi, ad esempio passando per uno stadio iniziale

fondato su un migliore presidio diretto dell’ingrosso, attraverso una serie di

show room operative, sulla base del modello adottato da Patrizia Pepe.

92 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

APPENDICE

A.1. Struttura del questionario d’indagine utilizzato presso gli

operatori delle Grandi Superfici Specializzate di

abbigliamento, inerenti il rapporto Fornitore-Distributore

1) Quali sono, a livello generale, le principali caratteristiche che

un’Azienda come la Vostra considera essenziali per un Fornitore?

(fornire ordine di priorità)

� convenienza del prezzo

� qualità ed esclusività del prodotto

� tempestività del servizio

2) All’interno del Vostro parco, sono ancora presenti Fornitori nazionali con

tali caratteristiche e che continuino a produrre in Italia?

a) sì, numerosi

b) sì, ma non molti

c) no

3) Quali sono le modalità di base attraverso le quali un aspirante Fornitore

deve presentare la sua proposta di collaborazione alla Vostra Azienda?

a) appuntamento per presentazione campionario/listino

b) invio materiale informativo

c) altra strada (quale)

4) Esistono settori o categorie merceologiche rivolte alla massa dei

Consumatori o ad una nicchia di Clienti più selezionati verso i quali

potreste suggerire di orientarsi per produzioni che abbiano una certa

facilità a convertirsi all’una o all’altra tipologia di articolo? (Se dovessi

suggerire liberamente ad un produttore italiano di ri-orientare il suo

business, gli indicherei ….)

_________________________________________________________

_________________________________________________________

93 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

5) Quali sono i “tempi medi di risposta” ovvero gli intervalli che trascorrono

fra ordine e data di consegna della merce? (indicare le quantità)

a) Mesi _______________

b) Settimane ___________

c) giorni ______________

6) Come viene gestito il rapporto con il Fornitore sul piano contrattuale

(durata dell’accordo, vincoli reciproci, premi, quantità, etc.)?

a) firma di un accordo con listino allegato

b) trattative periodiche per singole linee/partite/collezioni

c) invio di un ordine occasionale con prezzo ad hoc per l’occasione

7) In termini di flusso delle informazioni e dei documenti, operate soltanto

tramite collegamenti di rete o seguite anche sistemi più tradizionali?

a) solo rapporti con Fornitori informaticamente integrati

b) rapporti “misti” elettronico-cartacei

c) rapporti prevalentemente tradizionali (no integrazione)

94 Daniele Calamandrei e Gianni Lembo

A.2. Schema degli argomenti di riferimento per le interviste

alle aziende di produzione del territorio pratese

1) Valore assoluto e trend fatturato 2005 vs. 2004 / primi 5 mesi 2006 vs.

primi 5 mesi 2005

2) Numero di Clienti consolidato e loro tipologia

3) Distribuzione geografica dei Clienti (Estero/Italia; Nord/Centro/Sud)

4) Numero di addetti (operai/impiegati/funzionari) e livello di competenza

5) Mix d’offerta (gamma di prodotti)

6) Natura ed impostazione del rapporto con il Fornitore (livello di

partnership - integrazione)

7) Grado e tipo di integrazione eventuale (sistemi informativi /

organizzazione logistica)

8) Valenza di standard del modello organizzativo in questione

9) Esistenza di altri modelli all’interno del Distretto

10) Eventuale appartenenza ad una rete di produttori

11) Attitudine a sviluppare strategie di rete con altre imprese di produzione