La poesia come poesia come.pdf · E' la vita stanca. La pigrizia del ... Se vi è un suono è delle...

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La poesia come un accidente… di Giorgio Boratto Edito da Carroggio Editore Via Unità d'Italia 75 16011 Genova Arenzano tel.0109130103 www.carroggioeditore.info (edizione 2004)

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La poesia come un accidente…

diGiorgio Boratto

Edito da Carroggio Editore

Via Unità d'Italia 7516011 Genova Arenzano

tel.0109130103www.carroggioeditore.info

(edizione 2004)

Dedicato ad Anna e Chiara

Per contattarmiGiorgio Boratto Tel. [email protected]

Introduzione

Questo è un piccolo libro fatto da un misto diprosa e poesie; il confine non è evidente, madove c'è il salto, dove ognuno si sente libero dicorrere, c'è la poesia, dove si cammina e siosserva l'intorno costruendo il ponte dell'asino,si fa prosa.Io a dire il vero ho costruito più ponti dell'asinoche ali; ho bisticciato con gentaglia di ognisorta più che sognare ma sempre attento alcuore.Ecco dunque un frappè di parole, alcunescritte molto tempo fa e conservate in un diarioingiallito, altre invece ripescate nella memoriadel computer che in questo caso si è rivelatouna preziosa appendice al pensare.Ora messi insieme questi scritti vari, sorrettida una forma come dicevo attenta allasensibilità poetica, camminano diventandoprosa. Infine si riconosce qualcosa solo perchéè nostro. Allora ecco che la poesia puòcapitarci come un accidente; un accidente chesuccede a tutti.

La poesia come un accidente

Nessuno si sa poeta; eppure quel che si dicetalento, è in forza ad ognuno. Così la penso percultura umanistica, ma poi a scrutare le facce,i movimenti e certe idee, trasalisco e vince losconforto: il mondo si affanna a rincorrerebrutture. E' giusto che si rinnovino sentimenti,si perpetuino rabbia e dolore, si riascoltinorisate e gioia. Ma perché tanta ricchezza vienesperperata? Perché si sceglie un lingotto d'oroad un bacio?Eccolo allora il poeta mancato; eccolo unpotente in elicottero a mirarci dall'alto, lui ilpoveretto a inseguire farfalle variopinte...Chemi racconti un sogno, il riccone, che nonracconti di affari e denari; di ministeri e poteri:vorrei da lui, un sogno fatto nella notte; unsogno fatto mentre dorme ed è inerme, io alloralo riconoscerò. Forse. Ah la poesia, ultima risorsa per non sentirciavviliti; ultimo sguardo per vederci tuttiuomini.

Scrivere l'amore

Scrivere l'amore è l'amore banaleL'amore ha sempre le stesse paroleL'eterna rima con l'eterno cuoreAllora che è di più di dire ti amo e basta E ascoltare il silenzio che viene poi?Il silenzio di un nostro abbraccioMentre ci aggrappiamo l'un l'altroE siamo fuori e dentro l'un l'altroEd è tuttoScrivere l'amore è l'amore unicoL'amore ha gli stessi occhi, le stesse labbraPromesse ardenti e visi chiariAllora che è di più di dire ti amo e bastaE lasciare cadere le nostre difese e i vestiti?Ci tocchiamo nudi e niente ci doniamoSiamo con noi e siamo l'uno con l'altroEd è tutto

Il Senso VeroLe pantofole sotto la sponda del letto fermano imiei passi.E' la vita stanca. La pigrizia del tempo chetrascorre quando si è inerti, quando tutto èvuoto.Non mi muovo, cerco ugualmente le cose nellamia mente, ma è stanca.Vedo cose uguali.I vestiti blu.La strada grigia.Le scarpe nere.La monotonia...Poi vedo correre gli altri indaffarati.Vedo muovere in fretta le cose e non trovo ilsenso.Senz'altro c'è, ma è fuori, è da qualche altraparte, non in questa stanza.Si, ma dov'è il senso?Poi una voce mi chiama. E' Anna, lei si è giàalzata. Anna mi chiama.C'è pronto un caffè. Lascio la stanza dei foschipensieri ed entro in cucina.La luce.La radio.Il profumo e un bacio.Come è vicina la vita. E si dimentica che bastauna carezza...una carezza infinita: il senso vero della vita.

Poeti persi

Certo che è difficile essere poeti guardando laterra malata; guardando l'uomo come uncattivo germe mentre tutto corre a destra.Vince il denaro e chi grida più forte; chi hamodelli estetici e spot più che sostanza.In effetti noi siamo persi o meglio scissi, divisi:viviamo la crisi di vivere proprie idee di sinistrain un mondo sempre più di destra. Viviamo lacontraddizione di comportamenti non sorrettidall'etica sociale. Quale eguaglianza, qualediritto, quale giustizia si vive in un mondo dovela volgarità di nuove ricchezze, sprechi, nuovipadroni e nuovi schiavi, sono gli interpretiprincipali?Allorché poeti e di sinistra, possiamo decretaregià la nostra sconfitta?Per un momento ci solleva il cuore vedere igiovani del Giubileo, certamente non soloitaliani, giovani del mondo intero, rifiutare ilconsumismo, la carriera, le guerre e leseparazioni, ma poi tornati a casa e fuoridall'evento, sembrano continuare laquotidianità dell'imbecille. Ma insomma, chiriempie le strade a ferragosto e muore? Chidecreta il successo di "Striscia la Notizia"? DelMulino Bianco? Della mutanda firmata "Dolcee Gabbana"? Siamo noi scissi tra pensiero eazione, tra risparmio e mercato; noi divisi trasana intimità e "Grande Fratello".Certo che contro il pessimismo della ragionedovrebbe venirci in soccorso l'ottimismo dellavolontà: ma quale mondo vogliamo? Il sogno

persiste e a guardare bene quel marcio humusdi vita è anche vita nuova.Ancora ci sostiene un piccolo pensiero: ancorafiducia all'uomo. Io, anche solo, sono unmondo intero e noi, anche scissi siamo amore.

Ogni morte

Ogni morte crea un buco nel terreno e in noistessiOgni morte è ingiusta per qualcuno o per tuttiMa quale morte ci dimentica?Quale morte ci lascia vivere?Quella che l'esistenza desta?Quella che non conosciamo?Eppure moriamo ogni giorno e piccole morti sperimentiamonel sonno come nel piacere nel dolore come nel salutarci.Moriamo sempre ed ogni istante passato è vivo solo con l'artificio del ricordo.Perciò continuiamo tutti ad esserecontemporanei pur rimpiangendo di essere gli ultimi.E' così che conosciamo la vita, la conosciamo con la morte.

S. Valentino

S. Valentino cosa ricorre e può valere per chi siama?S. Valentino non c'entra e poi di santo cosapuò essere?Il nostro amore è di peccatori e se ricordi unValentino lo rivedi ballerino, seduttore mascherato: il Valentino delloschermo.Ho detto schermo e tu ti schermisci e io non sodar di scherma nè di fioretto.Non è uno scherno, è di più uno schermare, un giocare a nascondino per scoprirci poco allavolta. Ci scopriamo come alla mattina scendendo dalletto senza trucchi, il pigiama arrotolato e seppure la boccaimpastata volerti dare lo stesso un bacio. Sussurrare un buongiorno, pensando cosìtutti i giorni della vita anche senza date dacelebrare, senza soprattutto santi da invitare,che oggi vogliono dire solo cioccolatini, profumie brillanti da regalare. Oggi è solo un giorno di Febbraio insieme a te.

Ancora se questo è un Uomo

Ancora a guardare, ora con gli occhi ditelevisioni e giornali, un altro dramma.Ancora a guardare, con il ricordo delle paroledi chi ha già visto: Primo Levi, se questo è un uomo.Ripetilo ancora, ogni volta.Ricorda come "La mala novella di quanto, adAuschwitz, è bastato animo all'uomo di fareall'uomo."E ancora qui, in Ruanda, a Sarajevo; inSomalia, Etiopia, a Srebrenica: se questo è unuomo. Ogni volta la domanda dove un potere ci dividetra "sommersi e salvati". Ma ancora ci sarà un"Lorenzo" a farci vedere un uomo e a non farcidimenticare d'essere noi stessi uomini.E da voi tedeschi, che vi credevate i piùpotenti, che parlate la musica di Goethe ecantate le parole di Mozart, abbiamo avuto lacapacità di distruggere l'uomo e di do-mandarci: se questo è un uomo.E da voi serbi che credete in una vostra etnia,che pregate il nostro Dio e avete il nostropaesaggio, continuiamo a vedere la capacità diuccidere e ci fate domandare: se questo è unuomo.Ma ancora potremo, in questa "coazione aripetere", trovare l'interrogazione percontinuare a sperare?

Piove

Un susseguirti di gocce ti bagnaUn senso di tristezza t'invadeUn pallore funereo ogni cosa ricopreSe vi è un suono è delle stesse note

La NotteHo visto lontano un volo d'aliHo visto migrare il cielo e diventare buioE' la notte, ora il vento si è calmatoI passi ora sono lentiLe nubi nere ora sono biancheE' la notte, la chiamano i gigli stanchi di luceLa chiamano gli amanti stanchi d'aspettareQualcuno chiama sempre e piange di nienteE' la notte, parli, filosofi insonne,la voce ha toni diversi, respiro di mille pensieriQualcuno ci ride in faccia, la vita

Siamo vecchi

Siamo vecchi noi che abbiamo passato la vita ameravigliarci di tutto e ora non ci meravigliamo più di niente.Siamo vecchi noi che non riusciamo più astupire nessuno, anche perché nessunoguarda più dalla nostra parte.Siamo vecchi da come cerchiamo le comoditàora che tutto diventa scomodo.Siamo vecchi ora che non sopportiamo piùniente o sopportiamo tutto.Siamo vecchi con la nostra insofferenza, con ilgrigiore di una normalità che si spaccia persaggia.Siamo vecchi con il nostro intristirci, con ilpudore crescente di sentimenti e colori. Il rumore ci dà fastidio come la confusione,ma come è triste il silenzio. Noi che siamo vecchi, che fortuna, però,conoscerci. Quanti racconti di sbagli possiamo vantare? Quanta pietà nel suscitarla possiamo donare? Noi che siamo vecchi e ancora viviamo?Ora che le membra stanche e le rughe copronotutto il viso, lo possiamo dire con le parole diYeats - tradotte da Montale: " La decrepitudinedel corpo è saggia: giovani ci siamo amatisenza saperne nulla". Ora l'amore cambia, ora è un sentire profondoe noi che siamo vecchi quanta voglia ancora diprovare; ora se soltanto un'occasione ci vienedata, a rifare tutta la vita che viene lasciata.Ora scoperta l'apparenza del "sempre", il tempoche intuiamo e bramiamo - che con laripetizione pensiamo di possedere- ora ciscopriamo dentro e possiamo vedere.

Atomi

Ma guarda un pò, non vediamo gli atomi,quello che chiamiamo invisibile.E meno male se no vedremmo un caos,vedremmo solo un gran movimento.Non vedremmo più quella sedia o quel tavolo;ma che dico non vedremmo niente.Vedi cosa vuol dire vedere l'invisibile? Vuoldire perdersi il bello.Se vedessimo l'invisibile non distingueremmole cose, non vedremmo i suoi confini.Là ci tocca di andare, nella finitezza di unarcobaleno.Ma toh, guarda bene, guarda più su, in alto,c'è un nucleo solo d'atomo, è quello che ci dàla luce...E' il sole.Ma guarda un pò, non vediamo l'atomo chesiamo noi; scopriamo gli atomi e ci viviamodentro.

GabriellaGabriella, ti chiamai subitoOra sei solo un ricordoIl ricordo di una giornataIl ricordo che annulla i miei pensieriIl ricordo di un profumoIl tuo profumoChe ora voglio respirare con forzaTanto da sentirmi gonfiare il cuoreSentirmi poi così a gridare il tuo nomeGabriella e non sapere il perché

Emigrazioni

Da sempre niente di più che la fame facamminare il mondo.Oggi ancora, sono gli emigranti in cerca dipane.Nessuna ricchezza sposta le anime, sposta lecose: quella sposta merci, sposta i sogni; con quellaci si può pure fermare. Poi gli appetiti ci possono spingere oltre; allora sono le brame, gli egoismi e un cattivosenso dell'immortalità a farci allontanare nel tempo, mantenendoci però fermi in un punto solodella Terra per far gridare: è mia. Oggi eppure, emigrano ancora gli esercitisull'onda delle guerre: entrano in case altruicon un fucile in mano, dopo aver fatto scaricare bombe dai cieli. Questi soldati vengono a portare il loro ordine,quel senso che si chiama democrazia.Restate chiusi a casa, paiono dire i capi deglieserciti in arme, veniamo noi da voi.Si costruiranno nuovi recinti. E tu da che partestai? Dove c'è la sofferenza ci sono i nostrifratelli…così ci avevano insegnato daragazzetti. Dai non fare lo stupido: di qua èmeglio. Quella terra può essere nostra.Allora tenetela tutta quella terra, essa servirà aricoprire la bara.

Due piedi nuovi

Aspettati di volare con i nuovi piedi mercurialiChe anche senza alucce hanno l'alluce diritto, come un indice a segnare il percorso futuro

E brava la mia marciatriceHa già pronto un corteo di protestaOra va fiera per la sua ormaVai Anna, ora con la lotta hai una nuova forma

AnnaHo scritto una canzoneCon soltanto queste parole a raccontare te.Sono parole come ondeChe si seguono felici e parlano di te.Il perché io ti amo non è semplice da dire.Perché io ti sento così forte nelle viscere.Sarà per il solco tra i tuoi seniIl tondo dei tuoi fianchiSarà il disegno della fronteLa grazia della manoMa non c'è da spiegare quel misterioso orditoQuell'armonico destino che mi ha portato a teNon c'è da spiegare l'amoreSono tutto o niente le tue convinzioni e la tuafragilitàCosì come sei io l'ho scoperto dopo ma dasempre eri dentro meGridavo già il tuo nomeQuella sola traccia avevo poi piano seicresciuta come un'anima distinta e sei esplosa tu…Anna, Anna, Anna.

Io sono un Uomo

Io sono bianco, io sono neroIo sono del nord, io sono del sudIo sono arabo, io sono ebreo Io sono musulmano, io sono cristiano Io sono di Belfast e di Dublino,Io sono di Roma e di Berlino Io sono un UomoIo sono quello che ha perso e quello che havintoIo sono quello che piange e quello che rideIo sono vicino e sono lontanoIo sono uno e sono l'altroIo sono un UomoDentro ogni Uomo c'è un nocciolo che tuttiunisce. Scoprilo in te, questa è la sfida, questo è il fineScoprilo in te, per poter dire: io sono io e sonoun Uomo.Per grazia e compassione, per pensiero e gesto,io sono un Uomo.

Se SaiSe sai ascoltare la terra e l'aria come il rumoredella carne, una palpitazione o un soffio, scopriche tu sei più di uno.Se sai ascoltare il silenzio e ti abbandoni, inregalo, un dono arriva nella luce.Arriva l'altro e niente più ti divide: diventandol'altro diventi te.Se sai ascoltare l'amore, rinunci a dominare etutto ti pervade.La pelle ascolta, la pelle scompare e l'io?Un senso di calma insegna il mistero e faintuire l'arrivo di un altro vivo velato nellamemoria.Ora sei uomo e sei donna; sei tuo padre e tuamadre.Sei tuo figlio; sei ogni cosa che non desideriperché appagato.Sei finalmente libero, ora che sei terra, tu orasei anche l'aria.

Cosa vediamo quando guardiamo un uomo?

Cosa vediamo quando guardiamo un uomo?Se quando guardiamo un uomo, non vediamoun ricco o un povero, un bianco o un nero, manoi vediamo un uomo...Se quando guardiamo un uomo, non vediamoun cattolico, un ebreo o un musulmano, manoi vediamo un uomo...Se quando guardiamo un uomo, noi vediamosemplicemente un uomo, vediamo una poesia,vediamo una via all'umanità...Se quando guardiamo un uomo, noiquell'uomo lo vediamo, lo riconosciamo unpasseggero come noi e lui ci vede uguali, èperché abbiamo davanti un uomo intero.E' perché siamo liberi. E' perché abbiamopreso il sentiero indicato da Yeats: il sentierodi sinistra, quello che ci ha fatto abbandonarela maschera sociale facendoci conservare unostrano pudore che ci fa salutare agli incroci.Ecco è semplicemente questo che vorrei dinuovo: è cambiare il nostro sguardo insiemeall'anno, al secolo e al millennio. E' cambiarel'uomo?

Mia Genova - Centro del Mondo -Per Genova ho un pensiero.Tra le tante cose dette o scritte su Genova puòtrovare spazio una dichiarazione che è poi,metaforicamente, l'espressione d'amore per unluogo dove noi viviamo, abbiamo casa e perquesto identifichiamo con noi. Tutti noi."Ogni luogo è il centro del mondo" ha detto ilSioux Alce Nero; così anche Genova lo è, comelo è ognuno.A Genova per strani giri passa sempre la Storiadel mondo. Sotto le sue case, tanti uominihanno sostato il tempo breve di un sospiro,tanti altri il tempo al passaggio della vita.Sotto le sue persiane tante lingue hannoraccontato di storie incredibili: del Milione; distorie indicibili: di pestilenze e guerre.Sotto i suoi tetti speciali suoni e alte parolehanno disegnando l'anima: Paganini, Verdi,Sbarbaro, Montale ...E che dire poi dei colori epensieri forti? Di Van Dyck, Nietzsche, Mazzini?Quanti natali, poi si son persi nel mondo? Datedimenticate in case, ora vuote o anonime, di chinome ha fatto lode ...E quello stesso mare chela bagna è una strada che porta lontano. E' proprio per questo mare che Genova, purpersa su una sponda, una riva troppo grande,ha centro.Per quei monti a coprire, ad inscatolare, apreservare quella misteriosa natura che è ilmare, Genova ha consapevolezza di se: sà chein questo c'è il Tutto come memoria.Non è un'idea alchemica o metafisica, è un'ideamolecolare, omeopatica: è la sostanza delricordo.

Provate ad immergere una qualunque cosa inmare, questo non la scorderà più. Di più avrà lacapacità di trasportare questo ricordo nei postipiù lontani che lo stesso mare tocca.Così Genova ha coscienza. Così Genova è centrodel mondo: per quei suoi piedi a bagno, perquell'acqua sporca che defluisce a mare, perquel suo vivere in affanno e deliziarsi in unrosso tramonto.Genova è così, per il centro del mondo, in ogniluogo.

Quello che amo in te

No, non rifarti il seno, non gonfiarti le labbra,lascia stare quelle rughe.Alla fine quello che amo di te sono quelle rughein più. Alla fine quello che amo dite sono i tuoi difetti,quello che in fondo è più tuo. Il resto credimi c'è tutto.Sì, sono quei sassi che insieme abbiamoportato e quella strada che insieme abbiamopercorso che mi fanno amare te. E se sul tuo volto traspare malinconia e sulmio un pò di tristezza è perché vorremmoricominciare, rifare il cammino insieme ma,alle nostre membra ormai stanche, ci rimanesolo lo spirito e che vale di più dell'anima? Piùdel presente quando tutto era rivolto in avanti?

Che vale di più di te, di me, di noi che non cilasciamo?Che vale di più del tuo sorriso e deltuo rischiararti nel viso di nostra figlia? Lascia stare quelle ciocche di capelli bianchi,per me che li ho persi, li sento anche miei. Lascia stare...E pensare che ancora io tengo i"musi" e ancora tu ti arrabbi. Lascia stare...

La mia donna

Porta uno straccio bianco per la pace,attaccato alla borsa, "uno straccio di pace"; èfiera e determinata nei suoi convincimenti,almeno quelli ideali: per la pace, per i diritti,per l'eguaglianza. Lei è per le tinte forti e ama icolori dell'arcobaleno. Oggi si sente tanti annidi meno e ha camminato l'intero giorno per lacittà. Ora la vedo venirmi incontro sulla piazzaper "l'ora di silenzio per la pace": è la miadonna e si chiama Anna. Stamattina a dire il vero c'eravamo lasciati conun po' di rabbia; ma non manchiamo di sedercivicini senza parlare. Finita l'ora basterà unsorriso a decretare la pace prima, la paceessenziale, quella con lei: la mia donna.Torneremo a casa tardi stasera, c'è ancoraqualcosa da fare e, con la nostra pace, cosa c'èdi più bello che trasmettere la pace del cuore?L'arte di amare, diviene facile nell'ideale dipace. La mia si chiama Anna.

Festa finita

Sanvalentino è passato e tu sei rimasto conquel pigiama con gli orsetti disegnati che ti haregalato lei. Puoi pure continuare ad ascoltarepaolaechiara, mangiare i cioccolatini chiamatibaci, ma lei non tornerà. Hai dormito con lei solo per due notti e il lettoera diventato piccolo, tu russavi e lei tisopportava. Tu imperterrito con il pigiama,come una divisa, felice preparavi il caffè ognimattina. Ma lei se ne è andata e chissà se la rivedrai.Succede così, non credere più in sanvalentino,dovevi saperlo che la festa dura poco. Ora lo sai. E non rifare lo sbaglio di ridipingereuna tela dai soliti colori. Guardati ora famelico e imbronciato quantopiù vero sei, mentre imprechi alla tuasbadataggine. Spegni la radio e fai una bellacroce sul calendario: ora che sanvalentino èpassato, passa anche la tua mano. Soli e indifesi quanto di più ci amiamo, quantodi più ci scoviamo. Quanto più sappiamo chi siamo. Forse alloraun altro amore, più forte arriverà.

Viaggi

"Il clandestino, il viaggiatore, forse anchel'emigrante ancorché spinto dal bisogno èmosso dall'anelare, dall'andare alla ricercadella madre perduta." Questo diceva Jung nel1912 che sosteneva come la libido, bloccatadal tabù dell'incesto, non trova mai la suameta e così vaga eternamente. Si puòsostenere che la parte oscura del desiderio èlegata all'archetipo della madre. La libertà dell'uomo più grande è quella dimuoversi di girovagare e nessuno dovrebbeimpedirla. Oltretutto nel nostro muoversi, nelnostro anelare c'è la nostra definizione: noisiamo quello cui tendiamo; c'è un'immagineidealizzata che muove il nostro girovagare.I nostri comportamenti sono la mimesi deimiti. Quale mito più grande c'è allora d'Ulisse?Dell'odisseo? Non è forse il viaggio la metaforadella vita? E così noi viaggiatori attraversiamosoprattutto la vita. Allora la nostra clandestinità è di continuaread essere uomini in mezzo a confini assurdi, diregole e leggi innaturali dettate persalvaguardare i privilegi a loro volta illusori. Basta un'idea a muovere noi e muovere ilmondo. Basta poco per non costringerci a rimaneresolo l'anello di congiunzione tra l'uomo e lascimmia. Riusciremo allora ad essere veramente liberi?A diventare uomini?

La prossima guerra

La prossima guerra che ci sarà, sarà uguale aquella che c'è già: sarà uguale all'ultimacombattuta e ancora moriranno innocenti;verranno abbattute case e villaggi.Anche la prossima guerra sarà dichiarata,come oggi, da qualche miliardario o prepotenteche troverà della gente plaudente; ma troveràancora a contestarla qualche "cretino" in più.La prossima guerra avrà dei vincitori e deivinti; ognuno poi onorerà i propri morti: tuttiuguali si dirà. Innocenti, vittime e carnefici, tutti sotto unalapide al sole: americani e talebani; russi ecinesi; israeliani e palestinesi; bianchi, rossi eneri. Avanti così.Ma perché la guerra non è diventata ancoracome l'incesto un tabù? Ancora qualche secolo e mille guerre, poi forsel'uomo si avvederà: lascerà liberi veramente ipropri figli, già liberi ora, di dire no alla guerrache c'è già

Intanto mettiti in cammino

Intanto mettiti in cammino, mettiti a pensare...Ma che cosa significa pensare?Già, che significa? Avere questa possibilità nonci garantisce che ne siamo capaci. Bisognaimparare.Intanto, noi teniamo ciò che riteniamo, non lolasciamo cadere dalla memoria e la memoria èil raccogliersi del pensiero.Intanto teniamo quello cui proviamo interesseche è l'essere tra e dentro le cose e non èl'interessante che ben presto diventa noioso.Intanto mettiti in cammino, mettiti a pensare...Adesso che cammini fai corrispondere il tuofare al tuo essere. Pensare durante il cammino significaimparare. Adesso puoi trovare diverse strade, puoiscegliere quella che vuoi ma se tu ti saiascoltare, non potrai sbagliare: è una sola lastrada giusta per te. E' quella che solo tu sai. Adesso sulla strada su cui tu camminerai, tidiranno diverse cose, che può essere chiamatain tanti modi ed io, se potrà non essereinteressante, la chiamo Consapevolezza.Intanto mettiti in cammino, mettiti a pensare...Siamo noi gli ultimi uomini, siamo noi checamperemo più a lungo...

Date pace

"Non abbiamo niente per cui vivere". Questodicono i terroristi palestinesi. Hanno avuto il padre e la madre uccisi daimilitari israeliani, poi hanno avuto le caseabbattute dai bulldozer; non avranno mai unlavoro, vivono con il sussidio delleorganizzazioni estremiste palestinesi: questisono i terroristi, i giovani che si fanno saltarein aria per uccidere. Cosa si può fare pervincerli? Soprattutto per convincerli a nonmorire uccidendo? Strappare l'odio, la vendettadei loro cuori è difficile ma certo che quello chefa il governo israeliano alimenta l'orrore.Questa è guerra pura. Una guerra cui l'ONU sidimostra impotente a risolvere, come lo è statanel far rispettare le sue risoluzioni perrestituire i territori illegittimamente occupatidai coloni israeliani.Forse, penso che anch'io se fossi nato là inPalestina, vedendo morire genitori, fratelli;vedendomi spogliato di tutto, da un'ingiustiziapiù grande della vita, essendo nato e vissuto inquella guerra, morirei e ucciderei spostando lasperanza in un'altra vita. Riesce qualcuno a vedere in quel gestoestremo, disperato, una voglia infinita di pace?Riuscirà qualcuno a comprendere che laspirale del terrore non si vince con gli eserciti ela paura, con la violenza e le bombe? Riusciràil Nuovo Testamento a superare il Vecchio:occhio per occhio, dente per dente? Date unaragione per vivere: date la pace.

L’Amore e i Santi

Io non credo a San Valentino e il 14 Febbraionon regalerò cioccolatini, né festeggerò per farcontento il mercato. L'amore per me non ha né santi né protettori equel Valentino ricorda più un divo del cinemasciupafemmine che un santo. Ed è giusto così. L'amore sciupa tutto, ci strufuglia, ci perturbae men che meno richiama alla santità. L'amorea volte ci fa dannare, ci lascia indifesi e allafine fa piacere dell'altro più i difetti che i pregi;quest'ultimi sono noiosi e simili in tutti, cirendono amabili. I difetti invece ci rendonounici, ci fanno amanti, originali e anchepotenti; già perché sono i difetti, che in naturasono tentativi per migliorare e perpetuare laspecie, a garantirci l'immortalità.Per questo, l'amore non è del ricco, come delpovero, dell'analfabeta o dell'intellettuale, delbello o del brutto; l'amore è la follia disponibileper tutti.Ma forse, ancora proprio per questi difetti,entra in gioco la santità, intesa come grandesopportazione di vivere tanto vicini; di viverechiamando le rinunce a mille cose, libertà. Sìl'amore, si scopre, è libertà. Libertà di essereciascuno così, come é; non certo santo.

Cerchiamo Dio

Come mai ci sono nel nostro corpo così tantiretaggi, ricordi, segni di un tempo passato? Abbiamo ancora una reminiscenza caudale, imuscoli per muovere le orecchie, i muscolipiliferi (quelli che vediamo quando diciamo diavere la "pelle d'oca"). Portiamo con noitantissime "scorie" che solo Darwin ci puòspiegare e far considerare giustamente. Certo che se Dio ci avesse fatto "ex novo"avrebbe usato ben poca fantasia e, se fatti conuna sua eventuale somiglianza fisica, anchecon spaventevoli limiti. Ma tra tutti questisegnali che ci riconducono agli animali cheeravamo e che continuiamo ad essere, quellipiù manifesti sono i caratteri sessuali: ma èpossibile non avere trovato altro sistema che lacopula animale per farci godere e riprodurre? Così è proprio l'atto sessuale e la forma deigenitali che più ci accomuna alla specieanimale e ci identifica nei mammiferi inparticolare. Anche le mammelle, che pur ci aggradanocome richiamo sessuale, ci fanno sentire la vitaal pari dei nostri simili caudati. Eppure per quello strano gioco degli opposti,proprio nella sessualità nasce la nostratrascendenza, ovvero la capacità di elevarci conun pensiero superiore. Proprio nell'atto più animale possiamo trovareil divino. Ho trovato, per questo, bellissima labattuta fulminante di Zavattini: "Se ghe la figa,Dio al ghè".Nell'elenco degli stimoli e delle sensazionivitali, intese come funzioni fondamentali, lasoddisfazione di quello sessuale è il più antico

e meno evoluto. Ma la trascendenza entraproprio in questo campo facendoci scoprirel'amore; c'è il paradosso di una forza sessuale,vitale, per costruire la relazione del senso edella domanda ultima: chi siamo?Forse ancora niente: da troppo poco tempoabbiamo perso la coda e da ancora menoabbiamo scoperto l'amore. Viviamo ancora il breve tempo di un sempliceorgasmo: lo stesso orgasmo di una idea che ciporta fuori. Viviamo sempre nella ricerca di quel qualcosache ci appaghi al di là del momento. Ecco, cerchiamo Dio.

Quando

Quando mi volteròE tu sarai troppo lontano perché ti vedaQuando salirò in altoTroppo in alto per guardare giùQuando ti chiamerò E tu sarai troppo distante perché tu mi sentaAllora mi adagerò sulle ali del sonnoE ti sognerò

Mille anni dopo

Ci sono paesi dell'Africa e del mondo in cuinon si riesce a comprendere le diseguaglianze,non si conosce ne la ricchezza ne la povertà: sivive come se tutta l'umanità fosse raccolta inquel luogo; chi vi nasce non conosce o hamodo di sapere di altri mondi. Chi nasce là scoprendoci ci guarda con occhiingenui, spontanei e non chiede altro che unsorriso ed è quello che lui ci dà: quellosguardo, quello scambio, può contenere milleanni di storia e fa comprendere a noi, che pareli abbiamo da soli attraversati, quanto pocovalgano, quanto poco ci hanno dato, quantopoco abbiamo compreso e vissuto. Quegli sguardi, che si trovano in certe partiisolate del mondo, sono sovente di bambini;sono di bambini nuovi. Il mondo inizia ogni volta con un bambino;allora viene da pensare: quanti bambiniabbiamo corrotto o abbiamo perso e lasciato inquesti mille anni? Un po come l'ambiente della Terra di cui siparla oggi: malato, offeso, sfruttato, umiliato...Ecco ora in cielo appare una grande nuvolamarrone, ma non porta acqua: porta tutte lenostre colpe nell'aria e fa piangere tutti ibambini del mondo. Ma l'unica ricchezza è ancora oggi un bambinoe l'unico peccato è sempre insegnarli a viverecome noi. Oggi mille anni dopo.Ma ogni bambino porta con sè la speranza, nediventa carne e spirito; ogni bambino poi non èuna tabula rasa, porta con lui un pò del nostrodestino e anche non volendo insegnargli tutti inostri peccati, lui proverà a farli.

Oggi mille anni dopo.Ma siamo noi, diventati vecchi, a nonriconoscerli, a non sentirci bambini nuovisebbene ancora sotto lo stesso sole e la stessapioggia. Oggi mille anni dopo.

L'Anima come Ometto

Da quando il selvaggio ha dato senso allanatura vivente che si muove gli ha postodentro un piccolo animale. L'animale dentro l'animale, l'ometto dentrol'uomo: l'anima.L'anima come ometto e Dio come uomo. L'anima così diventa il carattere, diventa quelloche è più nostro e vero. Da quel momento lasomiglianza tra l'anima e l'uomo è così strettache vi sono anime grasse e anime magre comei corpi. L'anima così ci costringe a portaresempre in avanti la conoscenza e laconsapevolezza. L'anima non invecchia o meglio pur seguendoil corpo e sentendo la stanchezza, ci spinge aportare a compimento quello che di noi rimaneinespresso: ci spinge ad essere quello chesiamo. Quest'anima si dice ci sopravvive e quandomoriamo abbandona il nostro corpotrasferendosi chissà dove: all'inferno, inpurgatorio o in paradiso? Non si sa ma certol'anima continua a vivere e seppur con noi haavuto un inizio, pare non abbia fine. Ma forse in verità, l'anima non inizia con noi, ciè trasmessa dagli innumerevoli antenati che cihanno preceduto; c'è stata solo prestata: è latestimonianza di un pensiero che decide chene sarà della terra e dell'esistenza. Facciamolavivere quest'anima, vogliamogli bene aquest'ometto, la parte più preziosa di noi cheparlerà anche quando il nostro corpo non cisarà più. Ascoltiamolo già ora questo omettoche parla con noi dicendoci quello che è giustofare, ci aiuta a non sbagliare.

Dimenticavo di dire che alla fine solo il bene sitramanda; la parte cattiva è del momento, è ilcontingente, la smania, l'ignoranza, è nonsentire il proprio ometto.

19 Luglio 2001 a Genova

Genova, strade deserte come a ferragostoeppure le sirene delle "volanti" suonanoininterrottamente: sono le forze di "teatro" dellascena dei cosiddetti grandi. Il latte a lunga c'è il pane anche, caffè ebiscotti pure...aspettiamo chiusi in casa chefinisca la buriana. Con tanto can- can se nonsuccede nulla ce da rimanerci male. Stanno arrivando tutti: le tute bianche, idoppiopetti blu, i portaborse e gli ordinatori, gliimbianchini, i cantanti, i musicisti, i parlatorie il nonno di Giovanni ride e dice che potràdire: "io c'ero". Giovanni no, lui è partito per la campagna,quella a ridosso la città: sono due fasce con due ulivi, si fa l'orto e sisentono gli uccelli. Alla faccia della New Age, della Globalizzazione,degli Oroscopi, di Nostradamus e dei G8;Giovanni ha lì il suo mondo. Ma non dicevamodi non pensare al nostro orticello? Vola alto Giovanni con i suoi pensieri:per lui, quella grossa pietra che spunta dallaterra è la crosta del mondo; c'era, c'è e ci saràancora per chissà quanto. Un maledetto pensiero buddista lo ha preso... Se la terra gira tutto deve passare di qua.

Aziz, il poeta

No, non è di qui; lo si diceva subito vedendolo,aveva lo sguardo allucinato e perso forse èmalato si aggiungeva poi, invece era sanissimo:era Aziz, il poeta.Un quaderno sotto la camicia era la cosa a luipiù cara: c'erano le sue poesie. Una me l'hailetta e diceva: «Ti hanno rubato le braccia e gliocchi; ti hanno rubato il tamburo e tagliato letasche e nel buio per incanto hai cominciato acantare». Parlavi del tuo paese lontano e chi ticonosceva era felice di scambiare alcuneparole. Le sue erano arabe, giusto non di qui!Un caffè con lui era un rito, non era la"tazzulilla" di Napoli ne l'espresso daconsumare e via, era un caffè lento condito dasorrisi e sguardi profondi. Era Aziz, lanostalgia, il profugo fuggito ai fondamentalisti.Era Aziz, poeta di poesia dell'altro mondo,poeta di suoni ora che le parole sono straniere:suoni che ricercano la cadenza in una mischiadi pensieri. I cavalieri arabi sono lontani comela sua casa. Roma, Genova, Torino sono luoghidi un cammino ininterotto, storie nomadi dopol'Islam. Lo stesso passaggio tra le tribù inluoghi deserti, storie nomadi prima dell'Islam.Ciao Aziz se fuggirò anch'io sarò come te.Clandestino, nomade porterò un quadernobianco su cui scriverò i nomi delle persone cheincontrerò, dei tanti luoghi, delle tante tribù;Intanto ho scritto il tuo nome: da te sonoarrivato con la tua fatica e la tua poesia. GrazieAziz.

Genoma e vita

Abbiamo scoperto, dopo un lungo viaggio nellaconoscenza più intima della materia, ilgenoma. Con questa nuova conquista si speradi sconfiggere le malattie che ci affliggono dasempre; ma mai sarà la vecchiaia l'unicamalattia. Sempre nuove malattie ci colpiranno:il genoma porta con sé l'anomalia. Anche sesvelati i meccanismi delle malattie, io pensoche, tutta la materia organica, tutto il mondovivente, segua un percorso con cui ciò che siconsidera malattia, sia la prova per erroredell'avanzamento biologico. Ancora di più laconoscenza del genoma ci riconferma, se cen'era bisogno, la nostra evoluzione da altrespecie. Così anche moscerini, vermi e insettiinsegnano a comprendere il nostro codicegenetico.Abbiamo codificato i geni e le loro funzioni unoper volta ma noi viviamo perché questifunzionano insieme. Noi siamo una unità. Ilnostro corpo è un libro con tre miliardi dilettere e che nessuno è mai riuscito acodificare. Per scrivere "casa" io uso tre letterema il significato, io lo trasmetto con un sensopiù ampio. Con il genoma io ho dei geni comeuna "c", una "a" e una "s", ma senza saperescrivere e interpretare "casa". Rimane perciòtutto il mistero della vita davanti a noi. Restalo spirito, la trascendenza che dal mito in poidescrive le nostre azioni e fa vivere la materia.Mai sarà la vecchiaia l'unica malattia.

Camminiamo

Camminiamo insieme, io allungo il passo. Non vuoi vedere le mie spalle, mi dici quandoparli.Io rallento. Tu avanzi. Eppure è bello camminare a fianco, tenersi peril braccio,tu devi accelerare. A me basta solo cadenzare il ritmo.

Non ci deve essere sforzo nella passeggiata. Sono io solo ansioso di arrivare in un luogo chenon conosco. Ogni volta sento l'imprevedibilità. Così mi ritrovo davanti. Ma stai tranquilla mi giro per vederti di fronte. Vederti intera che avanzi. Forse, so che voglio:solo vederti venirmi incontro.

Non trovo più la poesia

Non trovo più la poesia,l'avevo scritta tempo fa.Qualcosa ricordo di quello scritto,ricordo una strofa, qualche riga. Parlava di te.

Quella frase che ricordoora sembra ingenua…Due occhi tra il mare e il cielo.Un capo d'oro coperto da un velo…Parlava di te.

Avevo vent'anni e tanti desideri.Come batteva forte il cuore,come mi emozionavo al tuo apparire.Qualunque cosa guardavoParlava di te.

Sono passati tanti anni.Sono passati dolori e virtù.Ci siamo poi presi e lasciati quante volte?Tante, e di poesie ne ho trovate altre.Parlano ancora di te.

Il dolore più grande

Chi ha attraversato il dolore più grande, piùcrudele e tragico che lascia un vuoto enorme,scopre che qualcosa in noi ritorna. Ritorna la memoria struggente di un bacio, diuna parola; ritorna chi si è perso in sogno,ritorna a parlarci e come per magia quel vuotosi riempie. Chi si è perso lo si rivede sereno, tranquillo; siè pensato di perderlo davvero? No. Con chiabbiamo condiviso i pensieri più intimi, fatto lescoperte più innocenti, non ci separiamo: queltutto che ci unisce rimane sempre dentro dinoi. E poi non siamo forse fatti di polvere di stelle?Non è forse vero che ci attraversano milioni dineutrini, di particelle di luce venute dalontano? Quel posto così lontano da misurarloin anni luce? Sì, si misura la distanza con il fattore tempo,ma questo come per incanto è solo il presentee quando si dice che quello che vediamo ora èl'effetto di cose avvenute milioni d'anni fa,come facciamo a pensare che qualcosa è finito?Si vede ancora, si vedrà sempre, e anche senon abbiamo più gli stessi occhi, ecco cheanche quell'atroce sofferenza si placa.

Gesù il nuovo Dio

Gesù può essere considerato il figlio di Dio, diun Dio nuovo, non per i miracoli o per la suamorte in croce ma, semplicemente, per le sueparabole, la sua vita e le sue affermazionisconvolgenti, inimmaginabili e incredibili per lagente del suo tempo. Egli ci parla di un Dio cheama tutti; un Dio che non uccide, non hascelto un popolo ma tutti gli uomini: Gesù ciparla di un Dio nuovo, il Dio dell'umanità.Questo detto da un ebreo è sconvolgente edegli, Gesù, non sarà più ebreo, appunto; ma gliebrei con Cristo saranno anche cristiani comenon lo possono che essere tutti gli uomini dellaterra.Gesù scardina i pregiudizi; rinnega i genitori ela sua cultura, gli insegnamenti canonici e leparole dette fino allora: egli sarà il figlio di unDio fatto uomo. Con Gesù nasceva uncomunismo cristiano e primitivo come lo eranoaltre sette giudaiche. Questo comunismocristiano viveva in un paese come la Galileadove il confortevole e il lusso non avevanocasa: la semplicità, l'essenziale accompagnavauna quotidianità misera. L'ebionismo, ladottrina della salvezza dei poveri insegnavacome ci sia una giustizia anche temporale chepremia e bilancia piaceri e sofferenze. Laparabola del ricco è chiara: l'inferno è deiricchi, con ciò Gesù divenne il rimedio alla vitavolgare e il "sursum corda" che consolò eallietò la brigata che lo seguì.Questo nuovo Dio continua ancora oggi adindicarci la strada per la salvezza ma ne siamosempre più lontani.

Perché sono di sinistra?

Perché sono di Sinistra? Perché voglio cosediverse da quelli di Destra? Certo cheraccontarlo ad un giovane d'oggi, può appariredifficile, ma è opportuno. Perchè sono diSinistra? Perché ho memoria di una anticamiseria? Perché aspiro ad un mondo migliore?Potrei dire le stesse cose che dice un'altro diDestra; ma poi, forse, tutto passa per la storiapersonale, per la propria cultura, intelligenzaed esperienza.A dirlo oggi ad un giovane è dura, ma èimportante: perché sono di Sinistra? Potreidirgli molte cose, raccontargli la storiadell'ultima metà secolo: la mia. Sono nato pocotempo dopo il più spaventoso scoppio dellaseconda guerra mondiale: la Bomba Atomica;un enorme fungo di fumo che ha scosso perdecenni il mondo. Poi la Guerra Fredda. Lebattaglie per la democrazia, i licenziati perchèdi Sinistra o assunti con il placet dellaparrocchia. Le battaglie per applicare laCostituzione che ha garantito, pur con tantidifetti la libertà in Italia e che reca in calce - èbene ricordarlo sempre- la firma di un grandecomunista italiano: Umberto Terracini. Poi gliideali di un partito socialista operaio e contro ipadroni che poi prese i soldi da tutti. Ancora aSinistra a vedere la politica che scompiglia gliuomini, li divide per interessi di bottega omagari anche per le idee. Ma poi... Perchè diSinistra? Per l'uguaglianza, la giustizia, lalibertà e la solidarietà. Perchè di Sinistra? Peressere diversi? Poteva esserlo un dì, ora nonpiù: il conformismo attraversa tutti; vestitiuguali, con gli stessi desideri di un benessere

borghese a volte ottuso: un conto in banca,una strada pulita, un lavoro sicuro e poi? Poisono di Sinistra e continuo ad esserlononostante sia risalito dalla palude ideologica;nonostante che la Destra, per un giocospeculare, rivoglia quella Sinistra.Io sono di Sinistra oggi proprio per unainterrogazione profonda sull'essere; per lariscoperta di criticare con il presente, ilpassato senza rinnegarlo. Io sono di Sinistraperchè sono riuscito a uccidere il padre(metaforicamente) e anche se si è spinti acercarne un altro mi sono accorto che nessunopuò dare lo stesso affidamento; questocostringe ad affrontare la realtà senzabenedizioni e chi si presenta come tale e vuoleabbracciarmi è meglio rinnegarlo.Per questo sò di essere cambiatoprofondamente e se la mia fede rousseauniananell'Uomo, invecchiando diventa pessimistica,rimpiangendo una gioventù seppur settaria,ottimistica, sento però subito le sicurezze diallora, come un grosso limite per proseguire.Ma mi fanno paura le certezze degli altri, degliavversari, di certi politici, financo quelle delPapa.Ecco perché sono di Sinistra oggi, perché nonho verità rivelate né certezze da trasmettere, hosolo amore per una umanità sporca, assassinae a volte corrotta ma che per questo sento fattadi uguali: nessuno può arrogarsi diritti dicasta, di razza, di cultura né- per la terra, l'ariae il mare- di proprietà.Ecco perchè sono di Sinistra; perché, comedovrebbe al cristiano, mi indigna al pari dellagrande miseria, il lusso sfrenato. Ancora tantecose avrei da dire, perchè molte sono sempre lecose da fare, per questo i miei sognicontinuano come la speranza di vivere l'Utopia.

Mimose

Io quest'anno per l'8 Marzo gli auguri li faccioalle donne che scendono in piazza, a quelle cheprotestano con le bandiere della pace…Sonoqueste donne che ho nel cuore. Queste donne, le vedo aumentare sempre dipiù, gradiscono la mimosa, ma poi sono capacidi darti uno schiaffo; sono critiche, esigenti eun pò massimaliste nel giudicare, o sei biancoo sei nero: non hanno mezze misure. Queste donne sono capaci di grandi slanci, digrandi passioni da tingere di mille colori, ilgrigio di tanti uomini. Queste donne che trovi a manifestare nonlasciano il marito tra frittate e piatti un giornosolo perché è l'otto Marzo; pretendono tutti igiorni una parità che mette a dura prova tantiuomini persi nell'età di un tempo dove "eracosì". Ora non lo è più; grazie donne di non lasciarcimai tranquilli. A voi un ramo di mimosa per ungiorno può bastare, per noi è tutto un'altracosa.

Amore e Follia

Come facciamo a sapere se siamo più vicini albruto o al saggio? Basterebbe vedere se siamomossi più dal potere o dall'amore. Se agiamomossi dal vantaggio personale, per salvarci oavere un proprio piacere, soddisfare undesiderio personale, allora c'entra il potere. Se seguiamo l'amore ci diventa naturalesentirci in armonia: si dona con gioia il tempo,si ci scambia i sogni, si ci divide il pane e poitoccarsi, stringersi, è la conquista giornalierapiù forte. A vedere da fuori gli innamorati liriconosci subito: appaiono folli. Eppure seseguiamo l'amore diventiamo anche saggipoiché ci conciliamo con ciò che ci succede. Lasaggezza è l'unione dell'amore e dellanecessità, dove i sentimenti sono liberi diriversarsi nel nostro destino. Ma noi oggi siamopersi molto spesso in labirinti dove le stradesembrano tutte uguali, già conosciute, perquesto nessuno sà più di essere un bruto o unsaggio. Oggi il male pare una necessità el'amore un incontro fortuito; ma non è così eper fortuna qualche folle ci dà la saggezzadicendo no al potere.

Natura morta

Guardo l'opera d'arte di una "natura morta",potrebbe essere quella di uno dei grandi pittoridel passato; potrebbe essere un frammento diun quadro famoso del Caravaggio o di Morandie mi domando: quella mela gialla e rossa, cosìvera e viva non è forse la mela che vediamoancora su una tavola d'oggi? Allora dove èapprodata l'arte? Che cosa comunica oggi? Ogginon abbiamo bisogno certo di incantarci per icolori ricreati di una natura o per il ritratto diun potente della chiesa o dello stato; nonabbiamo necessità del racconto pittorico digesta o avvenimenti a ricordo, quasi ex voto, perabbienti: l'arte certo continua a raccontaresempre di noi in generale, d'altronde lacondanna a parlare sempre e in ogni caso di noiè inevitabile. Ma oggi ci raccontiamo constravaganze, raggiri di immagini e parole, segni,suoni, luci che fatichiamo a comprendere; l'arteè diventata concettuale, richiede l'impegno, losforzo di un pensiero nuovo, come un passaggioper comprendere come siamo oggi, comeviviamo. Così l'arte racconta la verità magradell'uomo, di un desiderio sul suo essere efallimento; aspirazioni e cadute viaggianoinsieme: l'incanto dell'arte allora rimane comesperanza a risollevarci oggi come quella anticamela, della "natura morta", ancora davanti a noiviva.

Memoria

E ce ne vorrà di memoria, per tutti; ce ne vorràtanta per il mondo intero.Commemorate pure i morti uguali, quelli di ierinel nome di patrie o religioni diverse, perchédomani saranno nuovi. Un cimitero accoglierà tutti, perché il passatomuore sempre insieme alla memoria; ma inverità, ognuno conserva i suoi ricordi e anchese si afferma che dimentica presto, nondimentica i suoi personali.Il cervello, come una spugna checontinuamente assorbe emozioni, con una reteinfinita di sinapsi, non dimentica. Non sidimentica in verità niente, non si dimentica ilpassato. Ognuno dimentica i ricordi collettivi, quellicondivisi, dimentica i torti e i morti; dimentical'uomo un male patito insieme, un dolorecollettivo, d'altronde mal comune mezzogaudio. Per questo tornano gli eroi e i dittatori, imascalzoni e i furbi; tornano le guerre e i campi di concentramento.Ricordi del passato, ricordi che sono il presenteremoto diventano memoria, dovrebbero...Perquesto ce ne vorrà di memoria per noi tutti; cene vorrà per dimenticare quest'oggi.

Lettere

Il cervello mi ribolle. Le parole fuoriesconospontanee; le lascio scorrere, come un fiumehanno un loro letto, e se dopo ci sarà anche unsolo lettore, sarò io a farne lettere…Così scrivo, così racconto con le parole, i fattidella vita: lettere messe insieme come unaspirale di DNA. Si, le parole sono mitocondri che cialimentano, ci fanno riconoscere la madre: la lingua.Con questa lingua riusciamo a sentire il divino,costruiamo la realtà e insieme la poesia.Così la poesia ci salva l'anima e la vita. Si, le parole che emozionano, che parlano,sono la nostra salvezza.Ma questo dialogo continuo che è lo scrivere,non pensiate che lo sì fa per essere pubblicatoe poi letto da chissà chi; si fa per parlarcidentro, per spiegare a se stessi, cosa vediamo.

Seconda classe

Mi sono accorto di essere di "seconda classe". Anche se ho i soldi per la prima io vadonaturalmente in seconda. Ho pensato da subito che la mia fosse unascelta democratica. D'altronde come si potrebbe soddisfare quel dipiù che si paga in prima? Si chiama comfort, poltrone più comode, sedilipiù larghi che paiono anche più puliti. Per chi vuole lo scarto, questo è il minimo. Ma io anche per questo resto per la seconda:per chi la frequenta, per onorare gli avi e mestesso; io resto per la seconda classe su questotreno…Così io viaggio in "seconda" anche nella vita. Forse è perché sono stato educato a nonostentare e scialacquare, a guardare al sodo eall'essenza. Già, mio padre era povero ed all'antica, così sipensava che la vera ricchezza è il vivere perproprio conto, vivendo con l'altro senza darnepeso. Su questo modesto apparire sta il mio vivere;perciò, con questa cultura, continuo il viaggiocon voi, in seconda anche nella vita…

Voglia d'odio

Hai voglia di dire che c'è troppo odio, e no,semmai c'è mancanza d'amore, di carità; se cifosse odio, da qualche altra parte ci sarebbeamore e insieme anche la forza per risollevareil mondo. Invece c'è crisi morale, indifferenza, c'èincongruenza tra il dire e il fare; così quando sifa, tutto diventa sproporzionato. Si fanno cose grandi e brutte come la guerra; siricorre al terrore per decretare la ragione equesta si dà a chi vince come se ci fosse unconto da saldare. Vuoi vedere chi è più forte? Chi la dura e lavince? Prova a chiedergli di quanti denari ècomposto il valore dell'odio e ti accorgerai chenon ha moneta pari a quella dell'amore. Infine ci si accorge che l'aspirazioneincondizionata al bene supremo, sia esso lasicurezza, la patria, la pace, la libertà o altro apiacere è una forza che sempre "al bene anelae sempre il male crea".Non ci rimane che la follia del cristianesimo, lateologia del paradossale che fa mortalel'immortale, crocefigge l'onnipotente, dàsapienza agli ignoranti, fa forti i deboli...Amachi lo odia, ama i nemici. Questa è la verarivoluzione e per diffonderla non servono armi,non servono le sparate di missili e bombe;basterebbe interrogare la coscienza. Si, ma questa oggi dov'è?

Quelle Sere

Io mi ricordo bene le sere in strada a Genova.Quelle sere non ci sono più.Quelle sere per giocare, correre e divertirsi instrada, non ci sono più.Le auto in posteggio hanno preso il posto dellaporta dove si tirava la palla.Non si sente più chiamare Gino dalla nonnaalla finestra.Quelle sere in strada a Genova c'erano i vecchia raccontare; qualcuno era triste ma i più, poiridevano.La televisione non c'era in quelle sere aGenova, come nei giorni... Genova è cambiata.Io mi ricordo bene il mare alla sera di fronte aGenova.Quel mare non c'è più.Quel mare continuava a parlare, rumoreggiava.Il mare rispondeva sempre alle domande. Quelmare brontolava.Il mare come d'inchiostro aveva penninibianchi che lasciavano scie luccicanti.Quelle sere di fronte al mare non c'era ilriflesso di neon gialli e arancio; posteggiavanonavi e grandi barche.Sui moli non c'erano, come ora, le piccolebarche e le tante gomme... Genova è cambiata.Genova ha cambiato anche le pietre dovepestavo noci e pistacci.Genova ha acceso nuove luci come lampare afare chiaro agli spettri.Ombre passano veloci. Anche gli odori sonodiversi: bolle il cous- cous e un kebab si portavia nella stagnola.Angoli d'Africa, angoli di mondo, seppur osticaGenova ha imbevuto.

Ma le pietre non sono mai nuove; sono senzatempo e degli uomini sanno tutto.A Genova ne hanno da raccontare quelle pietree quelle sere per loro sono ancora lì.Quelle sere che mi ricordo bene.Quelle sere in strada a Genova che non ci sonopiù.

Si cambia

Ma poi si cambia? Eccome si cambia. Proprioper diventare quello che si è, ossia si potrebbee si dovrebbe essere, si cambia. Si cambia conle batoste della vita, con le "facciate", lesconfitte, le delusioni. Si cambia per amore,per dolore; si cambia perché si deve. Poi noi non siamo, quasi sempre, quello chepensiamo di essere o meglio quello checerchiamo di presentare agli altri. Noi siamoun caos e insieme - con un curiosoanagramma- un caso. Sì, ci capita di accaderecome la pioggia, il vento, la neve o la tempesta;ci capita di accadere come il risultato di altrecose, spesso di cose esterne. Ma tutto dipendeda tutto: tutte le cose sono collegate e girano,si muovono e noi ci comportiamo come era "giàstato fatto"; ma basta poi anche un solo piccolocambiamento, un solo nuovo piccolo fatto etutto cambia...Dipende anche da noi. Ma non c'è niente di magico, niente diimpossibile. C'è una persona con cui nonridete mai? Ebbene iniziate a ridere con lei. C'èun gesto che non avete mai fatto? Comprarsiad esempio un bel mazzo di rose? Regalarsi unconcerto o un posto a teatro? Fatelo. Non ètutto automatico, ma certi atti innestano unpensiero diverso, a volte si scatena unareazione a catena che ci dà una scossa; ci diceche si può, si può cambiare. Poi, con lapersona che amiamo e, molto spessoriservandogli la parte peggiore di noi, pensiamodi non mentirle, diciamole quello che proviamodavvero, diciamole: ti amo. Cambiamo davvero,noi e insieme gli altri. Già perché quandocambiamo noi, cambiamo il mondo.

Pietre di Genova

Prendiamo un qualunque metro quadro diterreno posto al centro di una città, da lìandando in profondità, potremo scrivere lastoria. Natura ed elemento umanogiungerebbero a sintesi: pietra, terra,manufatto e sua funzione diventano parti delpaesaggio e della cultura. Come raccontato nel libro "Prateria", di Heatleast Moon, potremo riempire questo spazio dinomi, di racconti, di suoni, di idee; potremopenetrare il tempo, la fissità e l'inganno del suotrascorrere. Nel contemplare quel metro quadro di territoriodi pietra, di strada, di città, di regione, dipaese, di mondo, di universo, di cosmo,verremo rapiti da un scaramantico rito: puòritornarci il nulla? La pietra è il simbolo più antico dell'umanità;se parlassero le pietre ci racconterebbero dellaforza e della vacuità della natura; ciracconterebbero di noi più di ogni cosa. Quellepietre fisse con accenni di usura sono le nostrepietre scolpite dal tempo e dalla volontà. Ora queste pietre da guardare, da scoprire;queste pietre che continuano a raccontare, cisono anche a Genova: sono i moli interrati delPorto antico. Queste pietre mi hanno suggerito questeparole e indotto questa riflessione:imperturbabili, anche nel solo spazio di unmetro, pressate l'una all'altra, fuse da unacalce diventata ora più forte dell'acqua e delfuoco, hanno resistito agli spergiuri e allebestemmie. Tante ne hanno sentito questepietre; ma resistono e se vorremo citestimonieranno anche come pietre tombali.

Pronte sempre all'uso del nostro tempo, lepietre non si cancellano. Queste pietre di Genova sono rimaste lì, adosservare il mare a sentire gli uomini, e seppurdanno peso, fisicità, a quello che facciamo, nonconsiderano di noi quello che bramiamosoltanto e resta vuoto. Queste pietre arginanotutto ma non il tempo.

Cane e Gatto

Il cane che accompagna il mendicanteconfonde con lui la stessa espressione,partecipa alla stessa sua miseria, alla stessaumana condizione; ecco questo è il suoprivilegio, la sua elevazione, seguire sempre ilsuo padrone.Così abbiamo il cane ricco e il cane fortunato,il cane triste, avvilito o giocatore; abbiamoanche il cane grasso, magro o riflessivo comechi lo tiene, come chi lo ama. Così abbiamo il cane più umano dell'uomo finoa raggiungere, per una misteriosa osmosi, adavere lo stesso muso, pardon faccia. Maperdonatemi se a volte preferisco chi dei duerimane con dignità su quattro zampe. Queste considerazioni le faccio incontrandotutti i giorni cani, io che ho solo un gatto. Lodico perché il mio gatto non mi somiglia, anzisono io a volte ad aspirare ad essere un gatto ene scruto i comportamenti ma è inutile lui èsuperiore (ad essere gatto). Lui respinge i miei condizionamenti, luirispetta solo i suoi orari e dopo avere mangiato(guai a non dargliene...ti ringhia pure) si gira,si allunga e senza salutare si allontana. Solo a sera se lo vuole ti concede diaccarezzarlo e lui beato risponde sottotono conun ron...ron...ron... ma non è niente di umano;che il gatto, non come il cane, sia divino? Cheil nostro avvenire non sia poi di camminare aquattro zampe?

8 Marzo, Festa della Donna

8 Marzo, festa della Donna, ma gli augurifacciamoli agli uomini. Perché? Perché cos’è ilmondo degli uomini senza lo sguardo delladonna? E che cos’è il lavoro, quella insistita azione cheva oltre il sogno e misura il tempo perannientarlo, se non la costruzione della donnaideale? E che cos’è la fatica dell’uomo, se finisce lanecessità, se non per incantare, cercare,aspettare la donna? E poi dice il Vangelosecondo Filippo, che in verità Dio non creò ladonna ma separò Adamo della parte migliore ecosì nacque la morte; se la donna entra dinuovo in lui e se egli la riprende in sé stesso,non esisterà più la morte.Così come la conchiglia animata da sognifantastici, costringe le nuvole a nutrire spirali,così la mente degli uomini si alza, vola edisegna donne, donne e donne per non morire.8 Marzo, festa della Donna. Auguri uomini!

Ci rincontreremo

Lo so, è una bellissima idea, ma è certo che ioti rincontrerò. No, non può finire con la vita l’amore per lepersone più care. No, non ci credo che non ti vedrò più. Lo so ritorneremo. Chiamalo karma, chiamalo paradiso, inferno oquello che vuoi, ma è certo che non ciperderemo.Chiamalo karma, lì puoi saldare i conti semprein sospeso. Chiamalo paradiso, lì puoi riscuotere per isacrifici e per la devozione verso l’ignotagiustizia.Chiamalo inferno, lì puoi avere il castigocrudele per un male che è soprattuttoignoranza: non sapere di te. Lo so, c’è una paga per il delitto, c’è unarestituzione per il furto, c’è e ci deve essere unseguito all’amore. E’ questione di tempo; il tempo di far svanire lacarne e le ossa, il tempo di un calendario, diun’epoca, di una moda, ma ci rincontreremo. Non saranno gli stessi occhi, le stesse mani;non saranno i nostri corpi avuti, le nostre frasiin codice dette che ci faranno riconoscere. Saremo noi amati amanti a crescere. Saremo noi, in tutti, a continuare l’amore.Qualcosa vive in noi che non è nostro: è quelloche dà senso alla vita e alla morte.E' quello che dà il senso all’amore.

Che la pace ritorni

Buone notizie, che la pace ritorni: ritorni incielo e ritorni in terra.La miseria di una terra senza uomini seguealla distruzione, al degrado di un paesaggiofatto ancora da uomini; altri uomini, uominidiversi e divisi, eppure uniti e uguali neldestino, nei sentimenti, comuni figli della terraa cui hanno dato un artificioso nome: Serbia,Croazia, Slovenia, Kosovo e Yugoslavia cherichiamava la speranza…Ma che cos'è la terra, ora, dove l'uomo èscappato? Quel paesaggio che ha omonimia con"passaggio", con attraversamento vitale, eracultura: quella cultura che ha mutuato il nomeda "coltura" e quale migliore sintesi c'è in uncampo coltivato?Avverrà e deve avvenire che l'uomo ritorni.Ritorni a mettere ordine alla terra, ripiani lebuche delle bombe e semini in pace. Deve avvenire che si ricostruiscano le case eSabo, ciabattino kosovaro, torni a risuolare lescarpe; era il più bravo dicono, e le scarpeerano di tutti. La miseria più grande, con la guerra, è unaterra senza uomini.

Fosse vero

Fosse vero che tu giovane ricapitoli la storiaFosse vero che tu sposti la storia un po’ più inlàFosse vero che, io vecchio, riesca guardandotia commuovermi pensando com’ero ed ora seituMa non è la stessa storia?Eppure Charlot e Ridolini; Totò o Keaton tu liridi come io li ridevoEppure Guccini o Celentano; Bob Dylan oJagger io li canto come tu li saiMa non è un testimone che io ti lascioNon ho niente, a pensarci, da lasciarti se nonuna vita vissuta o una cultura da riinventare.E se è vero che tu sei figlio, non chiamarmipadre, prendi pure i miei stracci e buttali.Cerca nudo di vivere per te.Fosse vero che tu giovane sei smarrito.Fosse vero che sei a disagio e rivendichi un tuodiritto.Fosse vero che ribelle, sogni di cambiare ilmondo.Eppure un tempo noi ci abbiamo provato ed ènei miei racconti e tu li ascolti.Eppure il tuo tempo è ora e non sei più acapire quale filosofia vale se non puoi cantare elavorareFosse vero che tu ci riprovi…

Genova

GenovaCittà di tanti carruggiSopra una madonnaSotto una baldracca.Città di mille barcheDi tanti voltiDi una pietà sola.GenovaCittà di molti palazziEterni contrastiIl nuovo si erge sul vecchioCittà di infiniti stili Ti sento miaDi ognuno sei sua.

AcquaLa nostra conoscenza è un piccolo secchiod'acqua preso al mare.Noi di quel mare conosciamo poco, eppuredentro c'è tutto il mare: c'è la memoria, la suasostanza. Con quella poca acqua il mare lopuoi pensare.Sulla terra l'acqua non è divisa, l'acqua èsempre unita; i mari sono tutti collegati con ifiumi, con i ghiacciai. Così come una stradaininterrotta, attraverso l'acqua si giunge atutto. Io ho poca acqua al mio sapere maquell'acqua è tutto il sapere.Il mio è un pensiero d'acqua, un pensierovaporoso che sale ad una nuvola; che nonsiano anche le nuvole i nostri pensieri? Chesiano anche i nostri pensieri tutti uniti? Si, sisono quelli pronti anch'essi a ritornare. Si, sistanno per arrivare attraverso lucenti gocced'acqua: è la pioggia che tutto bagna, investe,inzuppa e poi scorrendo si porta via un pòd'umori, di atomi e poesia per ricongiungerli almare e lasciarci solo la nostalgia. Nostalgia diun sapere che non svela la vita. Non svela ilmare.La nostra coscienza è d'acqua? La si puòmisurare in litri e questa diventa ragione; la sipuò disegnare facendo un contenitore; la sipuò colorare, disperdere e cambiare masempre e ogni volta ritorna al mare.

A volte poi l'acqua ci travolge, ci rende piccoli eimpotenti. L'acqua diventa tempesta,maremoto, uragano, noi ne siamo sommersi equel nucleo per noi vitale diventa morte.L'acqua ci inonda, l'acqua limacciosa diventalo sconosciuto, allora noi abbiamo paura. Maancora attraverso l'acqua, ancora, facciamoconoscenza d'essere piccoli e di non possederemezzi fisici per contrastare la natura che è ditutti ed è d'acqua.

Tempo e Ricordi

Ricordo una primavera degli anni '50, la linguaappoggiata al parapetto del poggiolo friggeva:era la strana sensazione che provavo nelsentire assorbire la saliva dalla pietra arsa.Intanto guardavo in alto le evoluzioni di unostormo di rondini. Ricordo insieme: un corno,un campanaccio, un campanellino, un motoreansimante e lo scalpitio di zoccoli; erano lospazzino, un carretto, un gatto, un camionDodge e un cavallo; erano i rumori cheprovenivano dalla strada. Poi le voci né pianené forti ma cantilenanti per il saluto e l'ultimanotizia tramandata non si sa se dalla radio.Ricordo le palle di carta, come bocce sferiche ecompatte che mi reggevano mentre misporgevo dal poggiolo. Contavo il tempo di unosputo ad arrivare in strada. Il conteggiopersonale era fatto con numeri a caso: i miei 5anni scusavano il non conoscere la sequenza1- 2- 3- 4- 5; così era 3- 5- 4- 1- 2.Ricordo la strada, un altro mondo; le trottole eil giro d'Italia fatto con il gessetto e le "grette" (itappi di latta delle bottigliette di birra,aranciata o chinotto) e poi la "guerra". La"guerra" era con quelli della strada vicina.Quelli erano gli "altri" erano quelli di via Paglia.Guai a invadere il loro territorio; cosìmonopattini, biciclette, carrettini avevano tuttiuno stop: oltre non si doveva andare.Pomeriggi interi in strada, fino a sera dove ilfischio di mio papà Attilio, interrompeva ilgioco.Ora a pensarci non rimpiango nulla di queitempi. C'era la miseria dignitosa ma piena dirinunce. I cappotti ritinti e rivoltati, i vestitiricuciti come le calze rammendate; la scatola

del cucito, come la Singer, di terza o quartamano, erano sempre a mezzo. Un ditale, lapalla di legno, un rocchetto di filo o ungomitolo di lana riempivano i giochi con lafantasia, come le giornate di mamme e nonne.E poi quella cucina con il pentolone semprepieno d'acqua, sul fuoco a bollire; e la stufa alcentro ogni anno nuova con una pitturatad'argento. Nei giorni più freddi, la stufadiventava rossa, pareva fondersi anch'essa alcalore di un carbone diventato bianco. Eral'orgoglio di mio papà, far diventare la stufarossa; diventava trasparente e i piedi, le manianch'esse rosse di "geloni", facevano male. Oranon rimpiango nulla di quei tempi; forsenessuno. Si era da poco usciti dalla guerra eognuno aveva contato un morto, aveva avutouna perdita e molti giravano ancora con unafascia nera, con il segno del lutto.Ancora oggi se ci ripenso, il ricordo è in biancoe nero come il cinema di quegli anni. Nonriesco a pensare a colori, non riesco aricordarmi grande allegria. Risate e scherzi sì,me li ricordo: erano le prese in giro per ledifficoltà o per le "bambinate". Si ricordoquando Tino se l'era fatta addosso; non potevaabbandonare il gioco in strada per correre incasa e così perdeva la cacca dai pantalonicorti. La pipì era più facile farla, ogni angolo dimuro era conteso ai cani. Che risate, il giornoche la perse mentre saltava al "pampano", fu lapiù divertente, raccolse la pietra e vi depositòqualcos'altro...Anni passati veloci, in anni dal crescere piano;che strano rapporto del tempo. A volte il temposembrava immobile, come nelle giornate di unpomeriggio di sole quando un fascio di luceforte, filtrato dalla persiana, attraversa lastanza buia e nell'immobilità totale vedevodanzare un pulviscolo bianco: fili, strane

forme. Quante cose nell'aria che altrimenti nonvediamo, galleggiano e respiriamo. Lì o là, iltempo è fermo. Pareva tutto in attesa di unevento forte, di qualcosa che si sà devearrivare: una festa o una morte, una gioia o undolore. Così anche ora, noi siamo sospesi,aspettiamo. Oggi il tempo è uguale nellamisura: anni, giorni come i mesi. C'è uncambio nelle velocità; insieme agli anni velociora c'è il crescere in fretta, ma non è uncrescere umano; di esperienze e di sapere, maun riempire di cose, di notizie, di paure, diambizioni, di possesso. Non quando e comeavrò, ma quanto voglio è la misura dell'essere.Visto e comprato. Visto e preso. Tutto e subito,si dice.Non rimpiango nulla neanche di questi anni.Riprovo a salire su quel poggiolo, appoggiandola lingua sul piano, un sapore acre enessun'altra sensazione, se non di gusto, micolpisce; giro gli occhi in alto, nessunarondine: non è ancora primavera. Che stagioneè? Una voce senza inflessioni proviene dallastanza dietro di me: "L'omicidio della madre edel figlio minore è stato fatto dalla primogenitaErika con il coinvolgimento del fidanzatinoOmar". E' il televisore. La guerra, la guerra nonè finita? Mi volto e vedo Chiara e subito mirincuoro: una donna bella, alta, forte einnamorata. E' mia figlia che mi vuole dare unbacio prima di uscire. Prima di andare allaguerra? Che armi gli ho dato per combatterla?Non lo so, ma una cosa gli ho dato però: il miotempo. Quel tempo che ora ricordo, gliel'hoscritto; gliel'ho raccontato. Lei, Chiara, hacapito e non servono le parole e nient'altro: leisa quanto gli basta. Questo è tutto.to e subito, si dice.Non rimpiango nulla neanche di questi anni.Riprovo a salire su quel poggiolo, appoggiando

la lingua sul piano, un sapore acre enessun'altra sensazione, se non di gusto, micolpisce; giro gli occhi in alto, nessunarondine: non è ancora primavera. Che stagioneè? Una voce senza inflessioni proviene dallastanza dietro di me: "L'omicidio della madre edel figlio minore è stato fatto dalla primogenitaErika con il coinvolgimento del fidanzatinoOmar". E' il televisore. La guerra, la guerra nonè finita? Mi volto e vedo Chiara e subito mirincuoro: una donna bella, alta, forte einnamorata. E' mia figlia che mi vuole dare unbacio prima di uscire. Prima di andare allaguerra? Che armi gli ho dato per combatterla?Non lo so, ma una cosa gli ho dato però: il miotempo. Quel tempo che ora ricordo, gliel'hoscritto; gliel'ho raccontato. Lei, Chiara, hacapito e non servono le parole e nient'altro: leisa quanto gli basta. Questo è tutto.

I sogni non mentono

L'impresa di conoscere se stessi è conoscere laverità che normalmente ci neghiamo,complichiamo, continuando a dire bugie primadi tutto a noi.Ma i sogni no; i sogni ci riportano alla realtàpiù vera: i sogni non mentono.C'è un sogno ricorrente che penso in moltiabbiamo fatto: è quello di essere coinvolti inuna strage, in una carneficina e seppurearmati, la pistola non spara e anche semuoiono tutti noi sopravviviamo. Un incubo;una angoscia tremenda ci attanaglia. Cosavorrà dire questo sogno? Molti penseranno aduna cattiva digestione, a qualcosa rimastosullo stomaco, a qualcosa di fisico; invece lo sipuò interpretare, con la cultura psicoanalitica,diversamente: chi fa questo sogno non vuoleabbandonare il proprio io. Il sogno ci rivela chenon riusciamo a farci uccidere. Intorno a noitutti erano morti, non erano più le persone cheavevamo conosciuto. Solo noi resistiamo: nonuccidiamo e non vogliamo farci uccidere.Quella morte avrebbe significato il nuovo: unanuova vita e invece resistiamo; non vogliamolasciare la nostra posizione esistenziale. Ilsogno quindi ci costringe a patire, ci richiamaad una morte che temiamo e che invecesarebbe necessaria per rinascere, percambiare.Allora la potenza del sogno e della nostra veraessenza, ci richiama a cambiare facendomorire quello che pensiamo sia nostro. Il sognoche ho raccontato è di tanti, perché siamo intanti prigionieri, lo siamo di moltiattaccamenti; lo siamo delle cose più stupide eperfino delle cose che più ci fanno soffrire. Mala nostra parte più vera, la coscienza, ci parla e

ci vuole vivi: per questo c'è bisogno chemoriamo; c'è bisogno che rinunciamo a tutti gliaspetti che non sono necessari alla nostracrescita, alla nostra vita. Il sogno è poitraumatico perché ci deve svegliare dall'ipnosidelle nostre identificazioni, dal nostro falso io.Se riusciremo a morire nel sogno e in questafalsa vita, allora ci conosceremo e sarà unagrande scoperta.

Mani

A pensarci, la natura non ci ha fornito dicorna, denti da cani, unghie d'aquila,proboscidi o artigli ma solo mani.Con queste mani traduciamo il sapere, la vita; perciò con questeritroviamo il senso di essere u-mani.Quali meraviglie di città, palazzi, sculture,quadri, scritti e macchine per ogni usoavremmo se non c'erano le mani? Pareincredibile che quasi tutto sia passato tra unpollice e l'indice con il supporto del medio;pare stupefacente che con l'aggiuntadell'anulare e mignolo si potesse narrare inogni senso l'avventura umana.Con le mani facciamo tutto, con la loro posturae mimando segni, anche parliamo.Con le mani indichiamo, picchiamo, cistringiamo, ci tocchiamo; con le mani ciaccarezziamo, invochiamo, preghiamo.Nella nostra mano qualcuno scorge il destino,il futuro; di sicuro c'è tutto il passato: c'è lastoria di una zampa e di un artiglio che si è poiarticolata in cinque dita dalla fantasticamobilità capace di sorprendere perfino la vista.Vedi i prestidigitatori. Quale attributo, prolungamento ocomplemento del cervello può esserci di più diuna mano? La mano è il segno, il simbolo dell'umano.Basta una sua impronta a testimoniarci: é ilnostro manufatto che ci ha fatto umani. E' poistraordinario che l'impronta di un dito segnalil'unicità di una persona e non è una caso che ilfuturo, attraverso la denominazione "digitale"ovvero alla portata di dito, si disegni ancoracon la mano o meglio con una sua parte;

giacché pare esistere una rinuncia. Pare, èproprio vero, che ci sottraiamo all'intero: aquell'unicità che è ancora la mano.

Antimateria

Capita spesso che siano i fisici a metterci incontatto con lo spirito. La fisica nasce come losforzo di scoprire la costituzione reale dellecose e per questo è in comunanza con i misticie i filosofi della scuola di Mileto. Se poientriamo nella fisica subatomica, allora lospirito è di per sè la materia prima. Qualeconcezione abbiamo dell'atomo, che nessunoha mai visto fisicamente, se non facendo unaoperazione spirituale? Abbiamo dato forma aduna astrazione disegnando un frammento diuniverso: un pianeta - nucleo con i satelliti -elettroni. Una conferma di come l'infinitamentepiccolo assomiglia all'infinitamente grande.La notizia di questi giorni della produzione diantimateria, pur essendo un profano, mi hamolto colpito. Già tempo fa, quando ungenovese, M. Macrì e un olandese, W. Oelertriuscirono a rendere "osservabile"l'antimateria, era il 1995, la ritenni una cosasensazionale. Si era riusciti con unacceleratore molto grande (di diversichilometri) a fare scontrare delle particelleatomiche (infinitamente piccole) e quindiconoscere le loro proprietà, comportamenti esintomi. Allora l'antimateria esiste, pensai; pensai, maallora esiste il nulla? Per me era una scopertasconvolgente, la più importante del XX secolodopo il principio di relatività di Einstein. C'eranella scoperta anche la riconferma della stessasimmetria misteriosa che accompagna tutte lecose, e ha generato il concetto di bello anchenella materia subatomica: ecco allora ad ogniparticella accompagnarsi una anti-particella.Ecco allora ritornare il "Panta rei" di Eraclito

che considerava il continuo scorrere delle cose,la loro trasformazione, una unità dei contrari.Nel frattempo abbiamo diviso la materia dallospirito, l'anima dal corpo e ci siamo persi neldualismo del pensiero occidentale. Con lascoperta dell'antimateria abbiamo riscopertol'unità e per me anche un non-luogo, ma nonun nulla, un posto dove le cose non sono mastanno per diventare; il luogo del silenzio, illuogo dove prende forma il pensiero...Un postodi passaggio, di sospensione, di silenzio manon di vuoto...forse il centro dell'anima.

Il tuo bel culo

Non parlerò di bei tramonti o paesaggiincantati.Non descriverò luoghi finti o fatati.Ma canterò di cose reali di cui sono sicuroParlerò di te solo e del tuo bel culo.

Tondo mappamondo attraversato da un solcoprofondoSolco rigoglioso d'amore è il tuo bel culoDa cui sono attirato e guardo ammirato.Cadere vorrei in quella piega oscura e protettada due scudi tondi.

Perdermi vorrei senza paura, là mi sentireisicuroMi sentirei bene dentro il tuo bel culo.Smettere di guardarlo non si può e lariflessione è d'obbligo: non c'è evoluzione per una figura eretta chenon sia il tuo bel culo dalla linea perfetta.

Giovinezza

Ho sentito dire che la giovinezza terminaall'improvviso, come un sogno. Occorre in quelmomento essere forti poiché tutto divieneremoto. Si ci accorge di parlare del tempotrascorso, di risistemare gli oggetti mossi, diricordare uno sguardo e sentire un lamento.Ecco, è allora che ti accorgi come la giovinezzasia passata in un momento e la vecchiezza chesegue non finirà tanto facilmente; è iniziata unabattaglia che ha già il vincitore e per questo oratutta la vita mente.Lo so, ormai ho i miei anni però posso dire dinon sapere quando è finita la mia giovinezza.Sarà per questo che mi sento sempre giovane emi dico che l'anima non invecchia. Mi sento avolte come un bambino, ho sempre il bisognodi carezze. Sono gli estremi della vita e nellafoto appena scattata c'è una buffa smorfia,questa sola è stata immortalata. Poi rivedo lefoto della mia infanzia, le foto di una giornatadi giochi nel parco: ecco ancora rivedo lasmorfia; rivedo il broncio per un giocattolosottratto...E' lo stesso broncio, lo stessosentimento. Che la giovinezza sia arrivata e siascomparsa nello stesso momento? Quello checi frega è che si cambia aspetto, non si ciriconosce più nel fisico; ora si sentono gliacciacchi. Non ci piacciamo più; però non èche una volta mi piacessi. Sognavo i divi delloschermo e con quelli in testa camminavo per lastrada e meno male che non incontravospecchi. Ma non bisogna disperare. Mai. C'è statoinsegnato, a noi cattolici, che si risorge conl'anima e il corpo; e quale corpo può rivestirein modo giusto l'anima che abbiamo? Statene

certi è un corpo giovane, come l'animaappunto. Possiamo collocarla nei 20 anni o giùdi lì. Che bellezza. Eppure sarà un'altrafregatura: che ne faremo del corpo senza ildiritto di invecchiare ancora? Che vita saràsenza il permesso di sciupare un corpo pergoderne sapori e fatti? Coraggio, allora ci saràla vecchiezza da ricordare. Un paradosso percapire che l'anima è senza tempo.

La mia gatta RosyVoglio parlare della mia gatta, si chiama Rosyed è tricolore. Rosy mi ha fatto credere quantoi gatti, e gli animali in genere, sappianoprovare sentimenti e siano intelligenti.Vedo spesso Rosy stare immobile per ore afissare un punto della parete bianca di casa eniente sembra distoglierla; così assorta pensoche stia facendo pensieri profondi e forse inquel silenzioso meditare, mi dico se sia anchesaggia. Mentre tutto intorno a Rosy si muove,fa rumore, solo dopo un po' volge sonnecchiosalo sguardo verso di me; in quell'occhiata c'ètutto: c'è l'intesa mista ad uno strano emisterioso sapere di uno scambio unico,irripetibile tra me e il gatto. Siamo due animaliche si sopportano, dopo un incontro fortuito euna decisione unilaterale si scambiano untempo indefinito... Grazie Rosy che mi permetti di accarezzarti,rammentandomi il dono divino di aver sotto lamia mano, in piccolo, la grazia e la ferocia dellatigre e del leopardo. Forse sto esagerando, lamia Rosy, è in verità timida, paurosa e un po'ciccia. Quando c'è qualche visita si nasconde edi fronte alle incursioni di altri gatti in giardinoscappa, anzi corre da me per una sorta di aiutoe difesa. Il suo interesse maggiore pareriservarlo al cibo, in particolare al pollo allospiedo ed al rognone; ma nei momenti chedecide lei, Rosy, sa essere affettuosa e insiemeal pelo e qualche unghiata ti regala un ron-ronche è una canzone d'amore.

Scusate, cazzo

Scusate, cazzo, lo avevo scordato: mi eroproposto di non dire più parolacce, masgorgano fiere a rimarcare la rabbia. Escono, merda, a dire le cose. Cazzo, merda,porca eva, figlio di puttana, vaffanculo:letteratura fragile per riempire vuoti;mancanza di pseudonimi? Un altro fraseggio? Scusate, cazzo, guardavo la TV ed è apparsol'uomo ridens con la sua scorta. Quale altracosa avevo in mente? Quale altre poesie potevopronunciare? Pasolini aiutami tu, avrei dovutofare un salto nel mio dialetto - purtroppo loparlo poco- lì di sicuro avrei rimarcato ilpassaggio e insieme avrei cambiato paesaggio ela TV, roba sua, non mi avrebbe scalfito più ditanto.A me non serve un "Passaparola"... Inizia conla lettera "L": non sono un concorrenteinterrogato da Jerry Scotti, il pentolone similculturale della TV è un maledetto sottofondosonoro. Cazzo, poveri cervelli spugna, io il mio lostrizzo per liberarlo un pò. Addio sinapsi,ricordi e appuntamenti, rimango solo io e milascio andare. Merda, così fornisco un pò di materiale a chine ha voglia e memoria di raccoglierlo:diventerà un amico, forse un compagno diviaggio, adesso per un breve tratto di via.

Attilio e la storia

Attilio lo aveva sempre pensato fino a quelmomento: tenersi lontano dalla Storia, evitarla,tenere un basso profilo. La Storia per lui natonel 1914 aveva significato il fascismo, infattia10 anni era "figlio della Lupa" e poi la Storiaera la guerra del '15 / '18 che seppure vintaaveva portato ancora di più miseria eabbandono da parte dei suoi genitori dei loroluoghi di nascita: un veneto dove imperaval'ignoranza e la pellagra. Dove gli veniva dettoche si scriveva la Storia, lui cambiavaquaderno, penna, strada. Un piccolo grano disaggezza personale. Non occorrevano moltistudi per comprendere il mondo, come eradiviso e come funzionava: da una parte i ricchicon i loro privilegi, le loro proprietà, interessi;dall'altra, la sua, i poveri con i doveri, lerinunce e le umiliazioni. Due mondi che laStoria accomunava nel nome di bandiere,patrie e onori. Poi magari anche vittorie, lesconfitte no, quelle erano sempre e solo deipoveri. Con le guerre a qualcuno capitava dipassare dalla parte dei poveri, i più tanti, main fondo poco cambiava. Quella era la Storia,quella che iniziava dagli Egizi con il Faraone eattraverso Greci, Romani, Barbari, Papi e Recon le rispettive corti, arrivava con guerre,punizioni, vendette ad oggi...Per Attilio forseera meglio non farsi trovare. Insomma, lui laStoria non la voleva scrivere, ma quellamattina del Giugno 1944 la Storia se lo venivaa prendere: fu caricato dopo un rastrellamentodella fabbrica dove lavorava, in un vagoneferroviario per bestiame e spedito, meglio diredeportato, ovvero in trasferimento coatto inGermania, prima a Mauthausen e poi in

Austria. Attilio aveva 30 anni, una mogliegiovane di 26 anni e si sentiva tranquillomalgrado la guerra: era stato riformato per ungrave difetto alla vista e nella fabbricaservivano tutti; con lui c'erano anche ragazzi di16 e 17 anni, ragazzi cresciuti in fretta, conquella fretta che si chiama sempre Storia e cheha sempre più l'aspetto di un rosario i cuigrani sono guerre, morti, eventi tragici,catastrofi e invece del pateravegloria,commemorazioni. La deportazione segnò la suavita: un'esperienza drammatica, sconvolgenteche gli fece capire come se non ti interessi dipolitica, la politica si interessa a te. Ritornò edivenne un socialista di Nenni. Socialismo perfare la Storia e non subirla. Socialismo percostruire una nuova umanità...Una futuraumanità, come canta l'Internazionale.Internazionale, bella parola, in Italia c'era unasquadra di calcio che si chiama così cheancora oggi è per tutti anche solo Inter e cosìoltre che socialista divenne anche interista.Nenni gli piaceva ma gli diede più delusioni esofferenze che piaceri, come l'Inter. Vi furonoscissioni, per un certo periodo non seppe sestare con Saragat o con Nenni. Nenni oSaragat: Nenni. Coppi o Bartali: Coppi. Inter oMilan: Inter. Bruneri o Cannella? Quante voltegli era stato chiesto di scegliere? Osemplicemente di schierarsi? Era una Storiache cambiava? C'era dopo 20 anni di fascismola democrazia, un sistema parlamentare cherappresentava la volontà dei cittadini italiani.C'erano tanti partiti; c'era la possibilità anchedi scegliere: DC- PRI- PLI- PSI- PCI. PSDI,erano i partiti che avevano fatto la CostituzioneRepubblicana, il nuovo ordinamentodemocratico. C'era una legge fondante l'Italianuova e democratica, ora restava da fare idemocratici. Dopo il 1948 c'era da scegliere

soprattutto tra DC e PCI, PSI; poi era comescegliere tra USA e URSS - tra America eRussia. Dopo diversi travagli del PSI, dal 1961,c'era da scegliere tra tutti e il PCI. Si scelsesempre la DC e quando questa sparì con il PSInegli scandali scoppiati nel 1992, cambiòtutto, anche il PCI. Ma Attilio, non c'era giàpiù: morì nel 1981 a 67 anni, un infarto locolse mentre saliva le scale di casa. Era uscitolo stesso giorno dall'ospedale dove era statoricoverato circa una settimana prima peraccertamenti, analisi. Era sabato sera e dopoaver riscosso una vincita al Lotto, dopo unabicchierata con gli amici del solito bar, morìimprovvisamente. La Storia poteva ancora faresenza di lui; la Storia d'altronde era sempre unpò più in là e quando lo chiamava era sempreper delle brutte notizie. Questa della sua mortenon era storia infatti quando morì neppure sene accorse; era solo una data di un giornoqualunque, il 27 Gennaio 1981, un giorno disola cronaca nera: " Trovato morto da unavicina di casa sulla rampa di scale pressol'abitazione, il sig. Attilio B." Si pensò subito aduna aggressione, ma l'autopsia diagnosticòinfarto. I soldi della vincita che in un primotempo avevano fatto temere il fatto delittuoso,gli furono trovati infilati nella calze del piededestro. Un accorgimento che Attilio usavaspesso quando tornava a casa con delle sommedi denaro consistenti: il giorno del pagamentodella pensione o come in quel caso, una vincitaal Lotto. Ma non illudiamoci, non crediate cheAttilio non abbia fatto la Storia. Non pensiateche Attilio non la cercasse e per questo nonfosse sua e per questo la subisse solo. LaStoria Attilio la fece più del Re e di Mussolini,la fece più del PSI di Nenni e della DC. Attiliola Storia forse senz'altro, si sa, cercò dispingerla o raddrizzarla in una direzione, come

il PCI. Attilio la Storia la scrisse, la scrisse conla sua vita, con le sue scelte o non scelte fatteinsieme ad altri, la fece anche quando solo perun momento decise di pregare o bestemmiareDio, di sposarsi o anche di giocare al Lotto. Lafece la Storia Attilio, la fece facendo con miamamma, me; lasciando in un suo figlio, unpiccolo testimone, un piccolo ricordo, un sensodella vita che non è più suo ma nostro, di tutti.Qui in questo giorno che, seppure pensatouguale a tanti altri, è un giorno di Storia. LaStoria di tutti.

Fare Arte, Fare anima

Hillman ha parlato di psicoanalisi come un"fare anima" io aggiungerei al "fare anima"anche l'arte.L'arte è la più produttiva dei poteri tradizionali,infatti risiede nella materia e l'aspetto finale diun lavoro si rivela strumento di meraviglia efascino contenendo in sè anche il significato.Di più, per l'uso delle mani, dà senso allacategoria umani: l'opera delle mani è unafisicità che fa penetrare il tempo nel corpo eriesce a dare un senso profondo all'essere.Fare arte è fare anima. La creatività non è chepescare da una comune risorsa psichica. Nullapuò essere "visto" se non già esistente. Così infondo non facciamo che derubarci idee. Non c'èniente di eroico nell'arte, non esiste il genio.Questa visione romantica ci deruba di unacapacità che è di ognuno. Ognuno hadisponibile la creatività poiché immagina sestesso ed egli è l'unico ad immaginarsi.Vediamo con occhi diversi una stessa cosa cheè un particolare del nostro tutto."Cambiano i tempi e così il nostro orecchio".Così Tacito indicava la percezione del sentire,la diversità del racconto pur nella immutabilesostanza della storia. L'arte è un continuocomunicare sé stessi; comunicare il bello,l'emozione, il sentimento. Comunicare unprofondo bisogno degli altri con la ricerca diquello che universalmente ci unisce. L'artesintetizza l'originalità del vedere e sentire diognuno di noi. Quando creiamo, riduciamo,scomponiamo, rifacciamo. Il nostro "opus" è"fare anima" Alla fine rendiamo cosciente unaforma inconscia. Mettiamo il vestito ad unpensiero.

Con l'arte noi conosciamo, esploriamo, per cuil'artista apprende e ricrea ciò che gli è dato. Lasua azione è un coniugare lavoro e amore: unlavoro che non distrugge e un amore che nonpossiede. Un'azione che insegna a contemplaree a non mutare.Le immagini del pensare, le figure del sentireche ci dà l'arte sono alla fine nostre; sono unrecupero d'essenza nell'assenza di altreragioni.L'arte ci rivela gli dei nascosti nelle cose piùsemplici del quotidiano. "Beati quegli occhi cheda una fisica delle cose, traggono unametafisica della realtà". Per questo ci sonodelle forme primitive come quelle della ciotola,della coppetta, che sono giunte a noi attraversomigliaia di anni, immutate nella formasemplice, che nella loro naturale disposizionesono specchio della terra e forse dell'universo.Sta qui il mistero; sta nelle cose semplici comela ciotola che si porta alla bocca e ne divieneun essenziale complemento: dischiude lelabbra e accompagna il sorso. E se contenessel'alito di Dio? Il bello e l'essenziale è quello cherimane, è quello che dà continuità alla vita eall'universo. Prendiamo le Piramidi, figuregeometriche semplici, eppure ci parlanoall'anima nei millenni. Con loro abbiamoassimilato dentro di noi anche l'Egizio e la suaconvenzione del segno.Perciò si è arrivati all'"espressionismo" e al"surrealismo"; perciò siamo pronti ad altreavventure... Non è con la prossimità al realeche si determina il valore, ma con la prossimitàall'anima dell'artista.L'arte che cos'è in sostanza se non lacomunicazione della trascendenza umana? Ilsaper vedere, con la bellezza intrinseca, lanatura e anche il destino che la supera? Sapervedere, con l'orrore e la violenza che vivono

nella natura anche la possibilità di assumerlaconsapevolmente? E' la nostra capacità dipercepirle che ci fà rendere concrete le cose, lerende visibili.Quello che c'era, c'è già e ci può essere;dipende da noi, da me, da ognuno. Insieme."La natura è il "tutto in una volta". La vita èuna sola nelle forme più varie. Il nostro farearte ci costringe a riflettere sullo splendore esulla miseria di una stirpe mortale: ci èconcesso di generare, perciò moriamo e lenostre opere non ci appartengono.Così i capolavori dell'arte non sono più dei loroautori ma diventano di tutti quelli che liinteriorizzano. Diventano parti della verità;giacché non siamo noi a creare la verità,riflettendo, pensando o ragionando ma laincontriamo come qualcosa che ci trascende lacui premessa nasce dall'esperienza che l'uomofa entrando dentro di sé.

Sembra

Sembra che un nuovo mondo si apra a noi.Abbiamo nuovi occhi per vedere lontano,nuove leve per muoverci sempre più in fretta;riusciamo a volare e farci sentire in ogni luogo.Abbiamo più tempo per noi e meno fatica persoddisfare le faccende quotidiane. Resta peròtuttora immutata per noi la capacità di gioia edolore. Nessuna conquista ha modificatoquesti sensi. Continuiamo a portarci dietro unantico fardello: è qualcosa che ci porta aricapitolare la storia , a vedere e vivere sempreun medesimo racconto. Così continuiamo astupirci e gioire, singhiozzare e maledire perquello che ci succede. Così, se pure è vero chesiamo eredi di Platone, di Leonardo e diEinstein, siamo sempre sciocchi e continuiamoa riconoscere le cose intelligenti perchéfacciamo cose stupide. Rimaniamo prodotto della terra. Lo spazioesterno è dentro di noi quanto le sue leggi.Siamo diventati della terra gli occhi, lasapienza. Noi non riusciamo a pensare e viverecose che non sono già conosciute dalla nostrabiologia. Ma, se questo «tutto» che è già in noi eci pervade, come giungiamo a noi, singoliinterpreti di una vita sola? C’è in noi unacapacità di percepirci e percepire che fin dalpensiero primitivo, espresso nel mito e neisogni, ci apre all’inconscio e costruisce lacultura e la storia per un senso dell’Uomo.Con l’Uomo nasce il regno dello Spirito. LoSpirito dimostra nuove capacità: modifica ilcorpo, riesce a scrivere nei nostri geni nuovidivieti e nuove libertà. L’uomo scopre lacapacità di scelte libere; può trasmettere i

pensieri, può immaginare soluzioni diverse.Esce dalla selezione naturale per entrare in unnuovo ordine : quello della cultura. L’uomo ha nel suo essere aspetti contingentiposti tra il necessario e l’impossibile: è specieanimale e quindi materia, forma e corpo, ed èintermediario fra divino ed eterno in quantoindividuo e pensante l’idea di Dio. PercepiamoDio e con ciò sappiamo poiché nessunadivinità è diversa dal proprio sé.Il nostro dovere di vivere è nel vivere lacoscienza di un unico e potente insieme: latestimonianza di Dio. Forse solo così il nostrosuccessore non dovrà ricominciare tuttodaccapo . Chi verrà dopo conoscerà un po’ dipiù sull’amore.A volte basta un pensiero per scoprire Dio, perscoprire riflettere il mondo.

A volte basta un pensiero per attraversare lavita e renderla «altra». La vita che percepisce,impara l’armonia, il potere dell’aria e dei raggisolari sui fiori, sulle piante, animali e su di noi;cose che restano immutate, seguono la vitaimpassibile eppure ne sono artefici. Lo avevanocompreso gli uomini arcaici e ancora non ce nestacchiamo. Abbiamo avuto consapevolezza econoscenza di questo bisogno e con questa losappiamo rendere in pensiero. A volte basta unpensiero per incontrare Dio, per andare nelladirezione dovuta. Tornare a se stessi, alla fredda luce dellacoscienza, svela la nudità del mondo che sidilata fino alle stelle. La nostra capacitàintellettuale ha compiuto imprese giganteschema nel frattempo è crollata la nostra dimoraspirituale. Bisogna allora seguire la viadell’acqua che va sempre all’ingiù; si entranella profondità del mare per raccogliere unapreziosa perla che è la nostra essenza. L’acquarappresenta l’inconscio, per questo il Pesce

diviene simbolo del Salvatore. L’acqua è ilnostro spirito divenuto inconscio. L’acqua è lafluidità del corpo, è il sangue che scorre.L’incontro con se stessi è infatti una esperienzache può essere sgradevole, alle quali si fuggeproiettando tutto ciò che è negativo, sul mondoche ci circonda. Ma affrontare l’Ombra esopportarne la conoscenza è un conto che deveessere saldato: è ammettere che ci sono per noicose insolubili e che noi soli non riusciamo arisolvere.Quando si è fatto tutto quello che si potevafare per andare in questa direzione, nonrimane altro che quello che si potrebbe fareancora se si sapesse.Ma quanto sappiamo? Ben poco: Ecco perchésiamo «perduti in noi stessi» e se una coscienzapotesse vedere questo «se stesso» vedrebbe ilmondo. Ecco perché dobbiamo sapere chisiamo. Ci pare di essere padroni di noi stessi,di essere soggetti, ma appena varchiamo laporta dell’Ombra ci accorgiamo di essereoggetti. Nulla ci delude di più della scopertadella nostra insufficienza. Imparare aconviverci è forse il segreto della vita.Ogni uomo è un mare di persone diverse:ereditate, imitate, subite, assimilate, confuse,spesso nemiche fra loro, per buona parteinconsce. Tuttavia un uomo ci colpisce con lasua individualità e sappiamo invece che è uncaos. «Costantemente mutevoli e frastagliatil’uno e l’altro, sempre più si conferma lasomiglianza fra l’uomo e il mare, il gioco delleonde.Cosa fanno quegli uomini e donne assorti aguardare il mare? Seduti di fronte al mare conl’occhio fisso al frantumio delle ondate, allosvariare di colori, ai riflessi di luce, a leggere ilformarsi di geroglifici tra schiume e onde. Ilmare ci penetra e nella sua vastità ci assorbe.

L’uomo attraverso il mutamento e la varietà disembianze che rivestono la vita, si domandòquale era la sua funzione così credette didistinguere un al di qua e un aldilà. Meditòsulle sue origini e sulle circostanze che ciportarono a gettare l’ultima maschera. Lestesse ali delle farfalle e degli uccelli sono stateattribuite a dei, angeli e demoni. Sono unelemento simbolico a testimonianza che iprodigi, meglio di noi, li videro gli antichi. Chisa credere nel mito entra nell’infinito, imparal’invisibile, vede aprire la porta di unarivelazione che ci dice che il divenire èillusorio. E’ immutabile: il fuoco che anima eillumina non si estingue.

CONTEMPORANEI

Siamo contemporanei noi che viviamo inquesto lasso di tempo. Siamo contemporanei noi che veniamotrascinati, nostro malgrado, verso quello chenon si può sopportare.Siamo contemporanei noi che anche per unsolo istante insieme creiamo il temposemplicemente pensandolo. Non ci conosciamoeppure sappiamo qualcosa dell'altro(contemporaneo) come si potrebbe saperequalcosa di chi non lo è più. Ma lacontemporaneità la si avverte nella vitapubblica, nel sentire le medesime cose e nelvolerne altre; nel raccontarci, mischiarci,leggendo il giornale o guardando la tv. Ma io sono contemporaneo a chi? Quanti mortivivono in noi e quanti vivi vogliamo morti?Pensieri intimi, nascosti e ribelli, sono solonostri? No, sono contemporanei...Che massa di pensieri, che valanga spiritualeci sommerge e non la avvertiamo; noi chesiamo contemporanei solo perché cispecchiamo, ci guardiamo, ci spiamorimanendo l'un l'altro contemporanei nel gioco.Si, è un gioco che fa succedere il caso: il casoche vuole una ragione e ci conferma il principiodi fondamento. Così il battito d'ala di unafarfalla in India genera un ciclone in Floridamentre il terremoto a Taiwan o le frane inIrpinia generano uno stupido pensiero acontemporanei qui, sentiti tali o solo sottovista. Così noi contemporanei ci scambiamoauguri di Buon Anno

DUEMILA

Millenovecentonovantanove…Duemila.Di colpo i nostri cuori sono diventati vecchi.E' la sincope di un tempo che ha perso i nostriocchi. Teniamoci per mano, abbiamo un testimone daconsegnare per chi viene adesso.E' la fiducia in noi che parte da un essere due:io e te, che semplicemente si chiama e sichiamerà amore.

Riflessione sulle radici

Radici. Dobbiamo sempre fare i conti con leradici; soprattutto quando non ci sono.Quando ci sono, ti condizionano, ti aiutano, tifanno stare fermo e bene; qualche volta male,spesso peggio.Le radici, non sono più un luogo, sono unacondizione mentale. Quale luogo può esserciper uno nato in città? Una strada? Un'insegnaluminosa? Un portone con un negozio? Profilidi case alte e basse? Così abbiamo altre radiciculturali: le radici di una lingua, di un palato,le radici semplici di un volto amato. Abbiamoradici ideologiche, radici che ancoranoall'egoismo, al potere. Abbiamo perso le radicivere, del sentire comune, e non ci rimane cheun luogo che siamo noi. Ognuno. Una volta c'era un terreno; c'era una terra cheodorava, mio padre girava scalzo e la terra -quella vera che raccoglie l'humus che è nera osabbia - che è di tanti colori e cambia, latoccava ogni giorno.Oggi non c'è più contatto con la terra, abbiamoi marciapiedi e le strade d'asfalto: nontocchiamo più la terra e anche gli odori sisomigliano ad ogni città: sono smog, benzinabruciata...Poi nelle nostre calde case dalle molteplicicomodità si ci accorge di omologarci sempre dipiù specchiandoci in televisori, armadi, divaniriprodotti come uno spot tante volte daconfonderci.La nostra città allora pare essere vissuta daicosiddetti homeless, dai barboni che in cercad'anfratti, scorgono dal basso un paesaggio a

noi inconsueto, sconosciuto. E' come se unricordo primordiale sia sempre presente e leradici di una povertà comune ci reclamamentre noi siamo sicuri di essere "chi ce l'hafatta": protagonisti della storia e partenza ora,sì noi, di nuove radici...Le radici del nuovobenessere. Basterebbe tornare indietro di solodue generazioni per tutti e scoprirci uguali:poveri e contadini. Basterebbe tornare indietroanche di più per scoprirci tutti parenti:scoprire origini comuni. Ma questa è storia. Macos'è poi la Storia? Cos'è la cronaca diavvenimenti tristi che aggiungono dolore adolore e poi qualche rara gioia a rischiarare lacoscienza in continuo affanno? E' la vita sidice.La storia e la memoria sono il nostro sapere e ilnostro essere; sono anche le radici. La nostramemoria, il sapere delle nostre originifamigliari, il più delle volte, si ferma a tregenerazioni antecedenti: chissà chi era ilnonno del papà di nostro papà? Lo sa chidetiene titoli nobiliari o grosse fortuneeconomiche: per il resto solo oscure vite dimiseria e patimenti, vita nei campi e mortiprecoci: pellagra, scabbia, tubercolosi e poiguerre e ancora guerre, interrompono raccontilineari, uguali e simili. Ma qui non passa ildiscorso di sola identità, di appartenenza, mail nostro compito, quali testimoni del tempo, discoprire il nesso tra passato e futuro.La nostra storia è nell'esperienza degliavvenimenti irripetibili e individuali. La nostracostruzione è nella riscrittura degliaccadimenti attraverso la memoria e ilracconto. E' questo senso letterale che dàcorpo all'anima e alla memoria. E' la parola checi definisce; con essa entriamo in un tempodella "cultura", che è il tempo della nostramalattia. E' il tempo della parola ed è una

parola dire tutto ciò. Quanta storia c'è neltramandarla, nel cercarla… Infatti come è statopossibile arrivare a distinguere il soggettodall'attributo e il verbo dal nome?La nostra realtà diventa una misteriosa sintesitra nome e forma. In ciò scorgiamo il bene e ilmale, il bello e il brutto; così definire o esseredefiniti può essere il nostro destino.Il riflesso tra storia individuale e storiacollettiva è della stessa stoffa, dello stessoelemento narrante, le stesse parole, le stessedrammatiche vicende: guerre e pace.Ecco la storia può essere uno dei modi in cuil'anima medita e riflette la vita; la storiadiventa psicologia, incontro tra il "nostro" e il"di tutti". Le radici allora diventanosemplicemente la storia: sono le radici delracconto; le radici sentite di parole, di beneacquisito nel tempo.

Le radici diventano confuse, sono altro dellastoria, sono altro da noi.La storia collettiva è una cultura che cisoverchia. L'uomo sociale e l'uomo interiore simescolano e ritorna ogni volta il dubbio sullalibertà e sulla tenuta morale dello spirito. Cosìsi "mischia" il "tempo profano" della storiacollettiva" e il "tempo sacro" della nostra storiaindividuale. Il nostro è un tempo sacro dettato dal mito edagli dei: è questo sentire che si fa esperienzae ci forma l'anima. Questo tempo e questa storia dovrebbeinsegnare; dovrebbe aiutarci a vedere nellapenombra per ritornare a cogliere il vero sensodel peccato che è quello di invecchiare e moriresenza sapere di noi, senza acquisireconsapevolezza.E' forse per questo peccato allora che con unaoscura "coazione a ripetere" continuiamo a fare

guerre, a tramandarci la miseria e questastoria. Continuiamo le radici, le radici delvivere oggi: oggi in città, oggi fermi pur conmolti mezzi per muoverci. A pensarci però, le nostre radici cittadinenascono dalla paura. Molto del nostro malenasce forse dall’avere messo radici in un soloposto. Il nomadismo è in fondo nelle nostreorigini e con sé oltre che la necessità aveva lasaggezza. Andare è nella nostra memoria piùantica. Tutte le tribù primitive avevano nelmovimento la loro cultura. L’insediamentodelle tribù era fatto per essere abbandonato inqualsiasi momento, non c’era l’impronta del«per sempre». L’uso della pietra era riservatoagli dei, ai totem: diventavano segni di unpaesaggio che sempre più aveva sinonimia conpassaggio; oggi pare che lavoriamo perl’eternità.Se tralasciassimo la cultura del "per sempre" eanche le fatue radici che abbiamo costruitooggi, inizieremmo a pensare il provvisorio inuna dimensione nuova e più vicina alla natura;chissà se non ci vedremmo alloradiversamente?La verità è movimento, muoversi e cercarerende significante il percorso: con esso avvienel’incontro e lo scontro. Con ciò costruiamol’umanità. Guardiamoci e vediamoci tutti unpo’ nomadi, in fondo il viaggio è la felicemetafora della vita.A pensarci poi, le radici le abbiamo in testa, giànel cervello, nei pensieri. Noi non nasciamo"tabula rasa", alcune sinapsi, ci sono già: cisono date dalla storia, da un'emozione vissutachissà quando e da chi dei nostri antenati. Oraquelli rivivono in noi e rivivranno dopo. Questesono le radici nascoste che determinano inmolti casi le nostre conoscenze, forse ildestino? Chissà, alla fine le scelte le facciamo

noi tra diverse cose. Noi non siamo mai unapersona sola. Ogni uomo è molte personediverse: ereditate, imitate, subite, assimilate,confuse, spesso nemiche fra loro, per buonaparte inconsce. Tuttavia un uomo colpisce conla sua individualità e sappiamo invece che èun caos. Così l'uomo assomiglia sempre più al mare ealle sue onde, nell'essere costantementemutevoli e frastagliati nel gioco delle onde...L'uomo è come il mare. Ecco la vera radice è ilmare.

Trionfo d'amore

Ti voglio boccare, manare e piedare, tu che mifai innamorare.Io ti voglio bacciare, sellare e vellare; Ti voglio poi vollare con tutte le doppie che cisono nelle coppieIo ti voglio ammare solo per affare…affare tuttocon te

Naturalmente amore

L'amore come la vita segue un percorsonaturale: dipende da particolari strani, deltutto imprevedibili e irripetibili. All'inizio tuttosembra seguire una traiettoria già conosciuta;si prevede un percorso di scambi reciproci, diinteressi, tutto verso la crescita e la felicità. Sipensa con l'amore di appartenerci e ci diciamo,sei mio o mia. Ma poi nessuno è in grado diprevederne il corso: indietro non si torna mai egli sbagli, gli incidenti del tempo come lepassioni e la gioia, segnano la storia. Allora sipiomba nel caos, sì ci sente persi se l'amorefinisce; se quell'amore finisce, se quelparticolare sentimento cessa. E' così perchédoveva. Se sapessimo in anticipo come sarà laPrimavera, se sapessimo come sarà l'Estate eforse senz'altro lo immaginiamo, perderemmol'incanto e lo stato di grazia. Invece no, poichénon capiamo, e non riusciamo ancora aconoscere il mistero di questa straordinariaenergia primaverile che fa sbocciare i fiori erinascere la natura, noi continuiamo l'amore econ lui la trascendenza. Per questo che anchenoi al pari delle piante, rifioriamo e ci troviamoimmersi in una manifestazione cosmica cuitutto ci sfugge. E non siamo più competenti diniente nessuno; non siamo né professori, néscienziati, ma quali studiosi o esperti…Siamosemplicemente degli idioti naturali e di fronteal mistero dell'amore e della natura cisorprendiamo. Così l'altro è giustamente unmistero e quello che amiamo non ciappartiene. Tu non sei mia ed io tuo, noi siamoinsieme due piccole luci che si illuminano il

volto; due luci che non si possono afferrare.Non esiste l'amore esclusivo. Per questo siamosempre pronti a ripartire; sempre pronti adamare.

Siamo piccoliE' una grande mente, un vero intellettuale, sipotrebbe dire anche un uomo importante; èpure un uomo d'affari, uomo di governo e digrande caratura morale…ma poi, come sidiventa piccoli, come li si scopre deboli,incapaci e ridicoli di fronte ai fenomeni piùsemplici della vita. Pare dimenticatal'esperienza e quel fare con l'uso delle mani;pare scordata la realtà della debolezza. Così che piccoli ci sì scopre di fronte ad un maldi pancia.Ora il grand'uomo rovista anche nel portafogli,tra tante carte di credito e biglietti, comepulirsi. Poi il telefonino squilla, gli cadono gliocchiali, nel raccoglierli pure la camicias'imbratta. "Povero me", potrebbe scappargli dibocca, ma tace. Fra mezz'ora deve ricevere unapplauso. Forse battono le mani a chi voglionopiccoli e lui scopre di esserlo già. Qua chiusoin un piccolo cesso senza aria e senza carta;lui ha la penna, quella degli autografi: la cartano. Pronto? Dove sei? Già, ora si domandadove sei per prima cosa. Dove è? Come èdovrebbe dire: accucciato, schiacciato,sporco…e piccolo. Ecco com'è: piccolo. Piccolocome lo sono a volte gli uomini.

Tre parole

Non ho mai visto tanti attacchi alla Libertà daquando c'è al governo un raggruppamento chesi definisce "casa delle libertà". Loro.Non ho mai assistito a tanti attacchi allaGiustizia da quando hanno coniato il termine"giusto processo". Loro.Non ho mai considerato tanti attacchiall'Uguaglianza tra i cittadini da quando,sempre in nome di giustizia e libertà, ho vistofare per governare condoni di ogni genere.Loro.Ma queste tre parole forti: Libertà, Giustizia,Uguaglianza, sono sempre state nostre. Ora fauna certa impressione sentirle in bocca adaltri, in mezzo alla miseria culturale deimodelli che ci circondano.Ora altri ribaltano le parole, ne coniano dinuove, poi aggiungono parole a parole, a voltepiù per confondere che per chiarire. Ora altriusano la parola Libertà per fuggire alleresponsabilità, reclamano Giustizia per nonavere processi e l'Uguaglianza diventa per certiuna catena per negare i diritti per tutti…Ecco il linguaggio della politica che ha bisognodi argomentare, di spiegare, di analizzare perpoi arrivare a sintesi, viene stravolto, vienerettificato e svuotato di significato. Ma ecco allora ancora: Libertà, Giustizia eUguaglianza; ecco ancora queste tre parole adare senso e peso alla nostra vita.Non abbiamo bisogno di altro per costruire unprogramma, una legge e il futuro; bastanoqueste tre parole: Libertà, Giustizia,Uguaglianza. Bastano se sappiamo renderlevere. Nostre.

ComparseOgni regime, ogni potere ha i suoi cantori, lasua corte di bei signori. Tutti fan da scenario, sono la quinta dellatragedia storica; sono la parte pubblica chesvolge la funzione di invitati, di comparse pergirare la scena del copione. Di loro si sapràtutto, vestiti, amanti, piccoli vizi e qualchevirtù a compensare la nullità dell'esistenza.Secondo la moda ognuno sfoggia la presenza diuna invidiabile "linea" con l'aria di "esserearrivato", di aver fatto un buon colpo; nienteche susciti uno sforzo intellettuale. Le frasi piùcomuni sono: "Come ti trovo bene"; "Guardaquella come si è sciupata"; "Sei ingrassato";"Hai visto? E' arrivato?". Un vezzo di questoambiente è coltivare personaggi e caratteri chesono dati poi al pubblico. Perciò descriversi fraloro con garbo e talento e qualvolta inserendopiccole maldicenze, vuol dire coltivare lafrivolezza e la mondanità...Intanto come passatempo si consumano riti ecerimonie come una festa di beneficenza per laricerca sul cancro. Per farsi vedere, ecco unabuona occasione ed eccoli riuniti nellacomparsata in tv. Macché bravi? Sapete cosahanno versato? Il rimborso spese dellapartecipazione alla festa, ossia si sono pagati lapubblicità.

Ai tuoi vent'anni

Quante volte te lo sarai domandato? Questivent'anni sono ingrati per tutto quello chesenti, vuoi, provi e non puoi; ti accorgi di nonfarcela e che ti manca sempre qualcosa.Anch'io ricordo alla tua età sentivo e volevo lestesse cose; non c'era ragione, c'era unaenergia che avanzava, spingeva avanti, versogli altri, verso la vita.E' come un passaggio obbligato, una provadella vita che si ripete sempre. Poi scopriraiche tutto ha un nome; questa energia che si faforte e ci chiama è l'amore. E' questo checerchi, è questo in fondo che vuoi e allora…Allora l'amore arriverà. Ti sta già cercando,allora non dovrai dimostrare niente, che seimeglio o sei altro: l'amore arriverà e senza chetu lo cerchi ti troverà. Tu proverai allora laforza e l'energia che pensavi di non possedere.Ci saranno parole, sogni, sorrisi; ci sarannorabbie, porte sbattute, pianti: sarà una lottacon tutto e tutti e tu ti sentirai speciale. Saraiconfuso e proverai sensazioni mai sentite.Conserva questa mancanza, adesso, non faredell'attesa un vuoto: riempila di te. L'amore losai arriverà e solo allora ti conoscerà.Conoscerà te e non ti sentirai perso. Vedrai unaltro essere che come te vuole conoscerel'intimità; il posto dove nascondi i tuoipensieri, il posto più bello, segno della tuaunicità. Capirai che è lo stesso che tucostruisci con la solitudine, segno della nostraindividualità. L'amore così quando arriverà noncoprirà un vuoto ma donerà una presenza: iltuo essere.

Conclusione

Concludo questo piccolo libro, che raccogliescritti tra i più vari, sperando di avereinnescato un circolo virtuoso di parole che resepubbliche non sono più nostre vostre o loro madi tutti quelli a cui ha risuonato qualcosa; hariconosciuto un’emozione, un rifiuto oun’arrabbiatura.Allora auguri e se trovate una pagina biancascriveteci voi qualcosa…E’ senz’altro una poesia.Un accidente di poesia.

INDICE

La poesia come un accidente… pag.Introduzione…………………………….5 La poesia come un accidente….…….6Il senso vero……………………………..7Poeti Persi………………………………..9Scrivere l'amore………………..…..….11 Ogni morte……………………………..12S. Valentino…………………………….13Ancora se questo è un Uomo…..…..14Piove……………………………………..15La Notte………………………………….16Siamo vecchi….………………………..17Atomi…………..………………………..19Due piedi nuovi……………………….20Gabriella…………………………….….21Emigrazioni…………..………….…….22Anna……………………………………..24Io sono un uomo……………………...25Se sai…………………………………….26Cosa vediamo quando guardiamo...27Mia Genova centro del mondo……..29Quello che amo in te………………….31La mia donna…………………………..33Festa finita……………………………..34Viaggi …………………………………...36La prossima guerra…………………..38Date pace……………………………….41L'amore e i santi……………….………43Cerchiamo Dio……………….………..45Quando………………………..……..…48Mille anni dopo………………………..49L'anima come Ometto………………..5119Luglio a Genova..………………….53Aziz il poeta…………………………….55Genoma e vita..………………………..57Camminiamo…………………………..59Non trovo più la poesia……………..60

Il dolore più grande………………….61Gesù il nuovo Dio……………………63Perché di sinistra…………………….65Mimose…………………………….……69Amore e follia…………………….……70Natura morta.………………….……..73Memoria……………………….……….74Lettere…………………………….…….76Seconda classe……………….……….77Voglia d'odio……………………….….79Quelle sere…………………….………81Si cambia……………………….……..83Pietre di Genova………………….…..85Cane e Gatto…………………….…….87Festa della donna…………………….89Ci rincontreremo…………….………..90Che la pace ritorni…………………...92Fosse vero……………………………...94Genova………………………………….96Acqua……………………………….…..97Ricordi e Tempo………………………99I sogni non mentono……………….105Mani…………………………………...107Antimateria…………………………..109Il tuo bel culo……………………..…112Giovinezza…………………………….113La mia gatta Rosy…………………..115Scusate, cazzo……………………….117Attilio e la storia…………………….119Fare Arte, Fare Anima……………..125Sembra………………………………..129Contemporanei………………………135Duemila……………………………….136Riflessione sulle radici…………….137Trionfo d‘amore..……………………140Naturalmente amore……………….145Siamo piccoli…………………………147Tre parole…………………………….149Comparse…………………………….151Ai tuoi vent’anni…………………….153