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La Passione di Cristo di Mel Gibson: riflessioni su un’accesa controversia È sempre imbarazzante quando si manife- sta entusiasmo per una cosa che ci è pia- ciuta e si scopre che a un nostro caro ami- co fa invece schifo, specialmente se si trat- ta di persona da noi stimata e alla cui opi- nione teniamo. Rino Cammilleri VISTO DA MILIONI DI SPETTATORI con incassi da record in tutto il mondo fra febbraio e aprile 2004, definito «il più rilevante e importante fenomeno cine- matografico degli inizi del XXI secolo», 1 il discusso film La Passione di Cri- sto di Mel Gibson è stato offerto al pubblico in DVD lo scorso 31 agosto, vendendo in 12 ore 2.4 milioni di copie solo sulla West Coast. La notizia ha avuto scarsa risonanza sui mass media. Sembra dunque che l’ondata emotiva suscitata dal film sia refluita e che le polemiche si siano spente. Forse ora è possibile riparlarne con più serenità. I discordanti giudizi della critica cinematografica I GIUDIZI DELLA CRITICA sono stati discordi. Movies.com, sito Web statuniten- se di cinematografia, esaminando le recensioni di quindici critici e 272 spetta- tori, attribuisce al film un punteggio di 2.33/5 da parte della critica e 4.24/5 da parte degli spettatori. 2 Fra i critici più favorevoli c’è Sean O’Connell di Fil- mCritic.com, che lo definisce «uno squisito capolavoro spirituale… che so- © 2005 Julio Savi. 1 Uri Klein, «Cross Purposes», Haaretz, 26 marzo 2004. 2 «The Passion of the Christ. Critic reviews», Movies.com, <http://movies.go.com/ movies- dynamic/ movies/movie?id=612693>.

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La Passione di Cristo di Mel Gibson: riflessioni su un’accesa controversia

È sempre imbarazzante quando si manife-sta entusiasmo per una cosa che ci è pia-ciuta e si scopre che a un nostro caro ami-co fa invece schifo, specialmente se si trat-ta di persona da noi stimata e alla cui opi-nione teniamo.

Rino Cammilleri

VISTO DA MILIONI DI SPETTATORI con incassi da record in tutto il mondo fra febbraio e aprile 2004, definito «il più rilevante e importante fenomeno cine-matografico degli inizi del XXI secolo»,1 il discusso film La Passione di Cri-sto di Mel Gibson è stato offerto al pubblico in DVD lo scorso 31 agosto, vendendo in 12 ore 2.4 milioni di copie solo sulla West Coast. La notizia ha avuto scarsa risonanza sui mass media. Sembra dunque che l’ondata emotiva suscitata dal film sia refluita e che le polemiche si siano spente. Forse ora è possibile riparlarne con più serenità.

I discordanti giudizi della critica cinematografica

I GIUDIZI DELLA CRITICA sono stati discordi. Movies.com, sito Web statuniten-se di cinematografia, esaminando le recensioni di quindici critici e 272 spetta-tori, attribuisce al film un punteggio di 2.33/5 da parte della critica e 4.24/5 da parte degli spettatori.2 Fra i critici più favorevoli c’è Sean O’Connell di Fil-mCritic.com, che lo definisce «uno squisito capolavoro spirituale… che so-

© 2005 Julio Savi. 1 Uri Klein, «Cross Purposes», Haaretz, 26 marzo 2004. 2 «The Passion of the Christ. Critic reviews», Movies.com, <http://movies.go.com/ movies-dynamic/ movies/movie?id=612693>.

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pravvivrà alla controversia e stimolerà un costruttivo dialogo per molti anni».3 Il giudizio più severo è di Peter Rainer, presidente della National Society of Film Critics, che lo accusa di essere un miscuglio di «sadomasochismo… ge-lido Sturm und Drang… [e] pestaggio maniaco religioso».4 Molti affermano che con questo film è impossibile essere obiettivi, perché tratta temi «per i quali la gente ha, volontariamente o involontariamente, dato la vita»5 e che il giudizio dipende dalla «posizione di partenza… laica, credente, credente ma di altri culti».6 Pertanto il film potrà commuovere solo «chi profondamente è già cristiano e sa vivere i misteri della passione all’interno dell’ampio mistero di Cristo».7 Ma secondo altri le persone di fede saranno commosse dal film, soltanto perché «esse portano al cinema i loro profondi sentimenti… attingen-do dal proprio cuore… quell’autentica spiritualità che manca nella sua sagra di muscoli e sangue».8

Tutti affermano che il film è molto diverso dai vecchi colossal kitsch americani, come La Tunica o La più grande storia mai raccontata, «gradevo-li… omelie scolastiche domenicali destinate a blandire gli spettatori e non a terrorizzali o a infiammarli».9 Ma secondo alcuni, mentre «i grandi artisti mo-derni, consapevoli del rischio del kitsch e del fascino sado-masochista, si sono per lo più rifugiati nell’austerità e nella stupefatta astrazione oppure in un fer-vido umanismo, come L’ultima tentazione di Cristo… di Scorsese», il film di Gibson «è un nauseante viaggio di morte, una truce, oscura processione di

3 Sean O’ Connell, «The Passion of the Christ», Filmcritic.com, <http://www.filmcritic.com/ misc/ emporium.nsf/0/3bc49bb50910b20388256e44001 ac7ea?OpenDocument>. 4 Peter Rainer, «Passion Ploy. Mel Gibson’s imagining of Jesus’ last hours is a gory blood-bath worthy of a Jacobean revenge tragedy», New York Magazine, 1° marzo 2004. 5 Kenneth Turan, «The Passion of the Christ. A narrow vision and staggering violence make this a film that will separate people rather than bring them together», Los Angeles Times, 24 febbraio 2004. 6 Andrea Chirichelli, «Tanto tuonò che piovve», Mymovies.it, <http://www.Mymovies.it/ dizionario/ recens_ut.asp?Id=12203>. 7 Antonio Spadaro, «“La Passione di Cristo” di Mel Gibson», La Civiltà Cattolica, 15 maggio 2004. 8 Frank Rich, «Mel Gibson Forgives Us for His Sins», New York Times, 7 marzo 2004. 9 A. O. Scott, «Good and Evil Locked in Violent Showdown», New York Times, 25 Febru-ary 2004.

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tradimenti, percosse, sangue e agonie»,10 ben lontano dalla «misura e… inten-sità del Vangelo secondo Matteo di Pasolini», o dalla «sobrietà didascalica del Messia di Rossellini».11 Secondo altri invece «è l’unico film religioso… a parte Il Vangelo secondo Matteo di Pasolini, che sembri dire ciò che realmen-te accadde».12

Quanto alla fotografia, molti considerano il film una bellissima «ideale galleria religiosa»,13 «un portale cinematografico attraverso il quale lo spetta-tore può accedere ad alcune delle più grandi espressioni artistiche della storia della cultura occidentale».14 Gibson parla soprattutto del Caravaggio, la cui opera ammira perché è «“bella… violenta… oscura… spirituale… vera”», bizzarra,15 «“dinamica”» e ha «“uno speciale senso della luce”»,16 ma accenna anche al Mantegna, a Masaccio e Piero della Francesca.17 Di Caravaggio egli ha voluto che il costumista, Maurizio Millenotti, adottasse i colori, marrone, nero e beige e il direttore della fotografia, Caleb Deschanel, riproducesse le luci e le composizioni. Deschanel menziona Géricault, in particolare La zatte-ra della Medusa, Raffaello e Dalí.18 Joseph Phelan, direttore del motore di ri-

10 David Denby, «Nailed, Mel Gibson’s “The Passion of the Christ”», The New Yorker, 1° marzo 2004. 11 Roberto Nepoti, «Questa storia di Cristo è un western alla Leone», La Repubblica, 9 a-prile 2004. 12 Roger Ebert, in «Two thumbs up for “The Passion”», Chicago Sun-Times, 22 febbraio 2004. 13 Enrico Magrelli, «La Passione di Cristo, o meglio, “la passione di Gibson”», Film TV, 11 aprile 2004. 14 Joseph Phelan, «The “Look” of Mel Gibson’s The Passion of the Christ», Artcyclopedia, <http://www.artcyclopedia.com/feature-2004-04.html>. 15 Mel Gibson, in Holly McClure, «A very violent “passion” », New York Daily News, 26 gennaio 2003. 16 Mel Gibson, in Raymond Arroyo, interview with Mel Gibson, Eternal World Television Network (EWTN), «The World Over: Live», 23 gennaio 2004, <http://www.tcrnews2.com/ genarts.html>. 17 Mel Gibson, «Foreword», in Jim Bolton et al., eds., Ken Duncan, Philip Antonello, Pho-tographers, The Passion: Photography from the Movie The Passion of the Christ (Tyndale House, Wheaton, IL, 2004) V. 18 John Bailey e Stephen Pizzello, «A Savior’s Pain [intervista a Caleb Deschanel]», American Cinematographer, marzo 2004.

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cerca di belle arti Artcyclopedia, nota l’influenza della litografia Ecce Homo (1636) di Rembrandt, per «le scene nelle quali Gesù si trova davanti alle folle e… i volti dei sacerdoti ebrei».19 Ma altri fanno riferimenti meno lusinghieri: «le macabre Crocifissioni e Pietà del XV e XVI secolo»,20 gli «artisti del tetro Rinascimento tedesco»,21 la Crocifissione di Isenheim di Grünewald, Bosch, per quanto riguarda le «maschere grottesche – ebree e romane – la cui deva-stazione spirituale è scritta nei denti gialli, nelle facce distorte»,22 le «sangui-nolente rappresentazioni popolari di Gesù che si trovano… negli altarini lun-go le strade messicane»23 e infine «film horror come L’esorcista e Allucina-zione perversa».24

Secondo molti critici la regia di Gibson lascia agli attori «ben pochi momenti durante i quali “recitare”»25 e li usa come «semplici astanti di una storia cupa e sacra, strumenti modesti di un disegno divino, funzioni di una verità rivelata».26 Quanto a Jim Caviezel, che Gibson dice di aver scelto per «“la luce che lo circonda, l’aspetto da ragazzino, l’innocenza necessaria al ruolo”»,27 alcuni affermano che l’attore, «perfetto per la parte»,28 «meritereb-be un Oscar»29 per la sua «recitazione ispirata»,30 il suo «sguardo affascinan-

19 Phelan, «The “Look”», Artcyclopedia, <http://www.artcyclopedia.com/feature-2004-04.html>. 20 David Ansen, «So What’s the Good News? The debate over “The Passion” may be less harsh than the film», Newsweek, 1° marzo 2004. 21 Natalia Aspesi, «Troppo sangue per una tragedia senza Dio e senza resurrezione», La Repubblica, 6 aprile 2004. 22 Maitland McDonagh, «Death Trip», TV Guide, 25 febbraio 2004. 23 Denby, «Nailed», The New Yorker, 1° marzo 2004. 24 Ansen, «So What’s the Good News?», Newsweek, 1° marzo 2004. 25 Chirichelli, «Tanto tuonò», Mymovies.it, <http://www.Mymovies.it/dizionario/recens_ ut.asp?Id=12203>. 26 Magrelli, «La Passione», Film TV, 11 aprile 2004. 27 Mel Gibson, in Holly Mc Clure, «The Passion of the Christ», <http://www.hollymcclure.com/reviews.htm>. 28 Chirichelli, «Tanto tuonò», Mymovies.it, <http://www.Mymovies.it/dizionario/recens_ ut.asp? Id=12203>. 29 Holly McClure, <http://www.hollymcclure.com/reviews.htm>. 30 Lou Lumenick, «The Goriest Story Ever Told», New York Post, 24 febbraio 2004.

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te… [la sua] presenza convincente»31 e il suo «ardente ritratto di Gesù».32 Al-tri invece sostengono che «prima che le ferite lo rendano irriconoscibile, ha l’aspetto di un adorabile Sam Waterson barbuto»,33 che presenta «un perso-naggio bidimensionale che, molto prosaicamente, si immola come mero ber-saglio statico alle botte e agli insulti dei suoi carnefici»34 e che «non incarna Cristo».35 Di Maia Morgenstern, la maggior parte dei critici scrive che recita «magnificamente (e quasi senza parole)»36 e alcuni affermano che ciò che «rimarrà a lungo» del film sarà «il volto della… sua stoica, dolente Maria».37

Le intenzioni dichiarate del regista

GIBSON SPIEGA LUI stesso le ragioni per cui ha deciso di girare il film. Un «“tracollo spirituale”»38 lo ha indotto a rileggere il Vangelo, e in particolare la Passione di Cristo, «la più grande storia d’amore di tutti i tempi».39 Nel sacri-ficio di Cristo, che dimenticando se stesso «per amore degli altri»,40 ha dimo-strato «l’amore più grande che si possa avere»41 e ha toccato «l’apice dell’eroismo», egli ha riscoperto il senso della vita: «fede, speranza, amore e

31 Turan, «The Passion », Los Angeles Times, 24 febbraio 2004. 32 David Sterritt, «Gibson’s “Passion” has little but suffering on its mind», The Christian Science Monitor, 25 febbraio 2004. 33 Rainer, “Passion Ploy,” New York Magazine, 1 March 2004. 34 Chirichelli, «Tanto tuonò», Mymovies.it, <http://www.Mymovies.it/dizionario/recens_ ut.asp? Id=12203>. 35 Magrelli, «La Passione», Film TV, 11 aprile 2004. 36 Scott Foundas, «Sacred Blood. Mel Gibson’s salutary if punishing iconography», Los Angeles Weekly, 27 febbraio – 4 marzo 2004. 37 McDonagh, «Death Trip», TV Guide, 25 febbraio 2004. 38 Diane Sawyer, «Pain and Passion, Mel Gibson Tackles Addiction, Recovery and the Controversies Over His New Film. Mel Gibson is interviewed by Diane Sawyer on ABC News “Primetime”», ABCNews.com, 17 febbraio 2004. 39 Mel Gibson, in «Christ’s Agony as You’ve Never Seen It», Zenit News Agency, 6 marzo 2003. 40 Peggy Noonan, «Face to Face with Mel Gibson», Reader’s Digest (United Kingdom Edi-tion), marzo 2004. 41 Gibson, in «Christ’s Agony», Zenit News Agency, 6 March 2003.

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perdono».42 Ha perciò pensato di girare un film su questo tema, convinto che gli spettatori ne avrebbero, come lui, tratto un grande beneficio.

Gibson ha voluto trattare anche il tema della «battaglia cosmica fra il bene e il male… che si combatte dietro le scene terrene della violenza contro l’innocente Gesù». Secondo lui ciascuno di noi deve «personalizzare questo fatto», perché quella battaglia si svolge anche in «ciascun essere umano… [che] oppone resistenza a Dio e al bene». È la «lotta spirituale»43 che ciascuno di noi deve combattere per fare delle «“scelte”» giuste, come il Cireneo che, decidendo pur di malavoglia di aiutare Gesù, «“trascese l’egoismo e divenne un vero eroe”».44

Il regista ritiene che il cinema sia un’esperienza «“viscerale”»,45 capace di produrre sensazioni forti. Perciò ha pensato che, essendo il senso della Pas-sione strettamente legato alla durezza della prova che Cristo ha dovuto supe-rare per redimere l’umanità, il suo film avrebbe dovuto essere realistico, per-ché lo spettatore potesse rivivere personalmente quella terribile esperienza e in questo modo esserne vivificato. Ha dunque voluto un film «“sconvolgen-te… estremo”», capace di «“trascinare gli spettatori fino ai limiti”», per far vedere «“che una persona può sopportare tutto quello e ancora esprimere a-more e perdono”».46 E per dargli «maggiore autenticità e realismo»47 ha pen-sato di girarlo nelle lingue di quei tempi, l’aramaico e il latino. Le sue fonti sono stati i Vangeli, ai quali ha cercato di «“essere il più fedele possibile”», perché «“le Scritture… sono intoccabili”».48 Ma per 42 Gibson, in Noonan, «Face to Face», Reader’s Digest (UK Edition), March 2004. 43 David Neff, «The Passion of Mel Gibson. Why evangelicals are cheering a movie with profoundly Catholic sensibilities», Christianity Today Magazine, March 2004. 44 Mel Gibson, in «Transcript: Gibson on “The Passion”. A partial transcript from “The O’Reilly Factor”, February 24, 2004 that has been edited for clarity», Fox News, 25 feb-braio 2004. 45 Mel Gibson, in David Neff e Jane Johnson Struck, «“Dude, That Was Graphic.” Mel Gibson talks about The Passion of The Christ», Christianity Today, 23 February 2004. 46 Gibson, in Sawyer, «Pain and Passion», ABCNews.com, 17 febbraio 2004. 47 Gibson, in McClure, «A very violent “passion”», New York Daily News, 26 gennaio 2003. 48 Neff e Johnson Struck, «“Dude, That Was Graphic”», Christianity Today, 23 febbraio 2004.

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riempire alcune lacune narrative si è ispirato anche ad altre due fonti cattoli-che: La dolorosa passione di N.S. Gesù Cristo, che descrive le visioni della mistica stimmatizzata tedesca Anna Catharina Emmerich (1774-1824), e La mistica città di Dio. Storia divina della vergine, Madre di Dio, che descrive le visioni di Maria di Agreda (1602-1665), una suora spagnola vissuta nel Nuo-vo Messico. Gibson non si è proposto di girare «un documentario storico»,49 ma di «“creare un’opera d’arte duratura”»,50 «un’opera contemplativa… nel senso che si è costretti a ricordare… in un modo spirituale, ciò che non può essere descritto, ma solo vissuto».51 Il film dunque presenta la sua «“versione di ciò che è accaduto”» e «“gli aspetti della passione che… [lui voleva] mostra-re”».52 Esso non si rivolge solo ai cristiani, ma a tutti, perché la storia di Gesù è valida per tutti, come lo è stata a suo tempo quella di Gandhi, «“un grande successo, e non solo fra gli indù”».53

Tutto preso dal suo rinnovato sentimento religioso, Gibson si fa ac-compagnare dalla preghiera nel corso del suo lavoro, afferma di aver percepi-to la guida dello Spirito Santo e assistito a eventi portentosi durante la lavora-zione del film, che «ha influenzato o toccato la maggior parte della troupe in modo profondo e personale».54 Spera che il film, «un testamento all’infinito amore di Gesù il Cristo»,55 trasmetta «un grande messaggio di fede, speranza, amore, perdono, un messaggio di grandissimo coraggio e sacrificio… [e] che influenzi la gente nel profondo e la cambi».56

49 Gibson, in Bolton et al., «Foreword», The Passion V. 50 Mel Gibson, in Gabriel Snyder, “Gibson answers critics of ‘Passion’ The movie meant to inspire not offend,” Variety, 13 June 2003. 51 Gibson, in Bolton et al., «Foreword», The Passion V. 52 Gibson, in Sawyer, «Pain and Passion», ABCNews.com, 17 febbraio 2004. 53 Gibson, in «Christ’s Agony», Zenit News Agency, 6 marzo 2003,. 54 Holly McClure, «First-Person: Mel Gibson’s “Passion” for Jesus», BP News (the daily national news service of Southern Baptists), 24 febbraio 2003. 55 Gibson, in Bolton et al., «Foreword», The Passion V. 56 Mel Gibson, in McClure, «First-Person», BP News, 24 febbraio 2003.

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La polemica sul film

POCHI METTONO IN dubbio la sincerità del film, «uno sguardo nel… cuore e nell’… anima»57 del regista. E molti rispondono con «l’introspezione, la comprensione e il ricordo»58 che Gibson si aspettava oppure affermando che «egli – bruto e poeta – fa guardare cose che si preferirebbe non guardare e sentire cose che si preferirebbe non sentire».59 Molti altri però reagiscono con indignate accuse. Le più pesanti sono l’eccessiva violenza e l’antisemitismo. Ma il film è anche accusato di essere storicamente e filologicamente scorretto, di essere decontestualizzato, di non essere fedele ai testi dei Vangeli e di ispi-rarsi anche ad altre fonti inattendibili, di aver presentato in modo incompleto la figura del Cristo, di essere esclusivista, ideologicamente fazioso e mani-cheo, di ostacolare il dialogo interreligioso, di essere uscito in un momento inopportuno e infine di essere eccessivamente commerciale. I pareri di «critici e commentatori normalmente equidistanti e distaccati, molto accreditati», tal-volta dichiaratamente motivati dal giudizio sulle convinzioni personali dell’artista, sono esposti con tale «sentimento… [e] coinvolgimento»60 da da-re l’impressione che il film abbia sortito l’indesiderato effetto di «contrappor-re ebrei e cristiani, liberali e conservatori, laici e credenti».61

L’eccessiva violenza «Uno dei film più crudeli della storia del cinema»62 e «la più cruenta storia mai raccontata»63 lo definiscono due noti critici newyorkesi. Molti esprimono preoccupazione sull’effetto che la violenza del film, classificato Restricted (cioè, vietato ai minori di 18 anni non accompagnati da un genitore o da un

57 Turan, «The Passion», Los Angeles Times, 24 febbraio 2004. 58 Neff, «The Passion», Christianity Today Magazine, marzo 2004. 59 Matt Zoller Seitz, «Red-State Deicide: Crucifixion as bloodbath, Christ as action hero», New York Press, 24 febbraio 2004. 60 Pino Farinotti, Dizionario Farinotti, <http://www.mymovies.it/dizionario/ recensio-ne.asp?Id=34961>. 61 «ADL and Mel Gibson’s “The Passion of the Christ”. Frequently Asked Questions», <http://www.adl.org/interfaith/gibson_qa.asp>. 62 Denby, «Nailed», The New Yorker, 1° marzo 2004. 63 Lumenick, «The Goriest Story», New York Post, 24 febbraio 2004.

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tutore adulto) negli Stati Uniti, può esercitare sui bambini: un «paradossale»64 «tradimento del messaggio originario di amore particolare verso i bambini».65 E molti altri si dicono preoccupati perché tutta quella violenza potrà suscitare negli spettatori una collera che potrebbe poi «riversarsi su coloro che sono co-sì crudelmente presentati per due ore sullo schermo, il popolo ebreo».66 L’eccessiva violenza è «l’unico punto sul quale amici e nemici del film sono d’accordo».67 Ma i giudizi sul significato di quella violenza sono diversi. Alcuni ritengono che essa «finisce per nascondere il senso della Passione e… l’essenziale della persona e del messaggio di Cristo: l’amore portato alla sua perfezione attraverso il dono accettato di se stessi»68 e fa sentire lo spettatore «violentato da un regista deciso a punire gli spettatori per chissà quali pecca-ti».69 Altri definiscono il film un lungo «elenco… [di] volgarità» e affermano che «per chi crede… che l’estetica sia inseparabile dall’etica, è un film esteti-camente ignobile e non religioso nel suo efferato dolorismo»70 oppure «“un esercizio” omoerotico “di scandaloso sadomasochismo” per coloro ai quali “piace vedere un giovanotto denudato e a lungo fustigato”»,71 «un film por-no»72 rivolto «alla comunità sadomasochista dei gay cristiani».73 Altri lo pa- 64 Conferenza episcopale francese, Comitato per l’informazione e la comunicazione, «Dichiarazione», 31 marzo 2004, <http://www.adl.org/Interfaith/gibson_whattheyaresaying.asp>. 65 Antimo Marandola, «I trenta denari di Mel Gibson», Il Punto, aprile 2004. 66 Abraham H. Foxman, «Mel Gibson’s “The Passion of the Christ”: Could It Trigger Anti-Semitism?», Palm Beach Florida, 6 febbraio 2004, <http://www.adl.org/Interfaith/gibson_ trigger.asp>. 67 Peter Steinfels, «Movie Misgivings», New York Times, 28 febbraio 2004. 68 Conférence des évêques de France, «Position du Comité permanent pour l’information et la communication sur le film “La Passion du Christ” de Mel Gibson», 30 marzo 2004, <http://www.cef.fr/catho/actus/communiques/2004/commu20040330_passionduchrist.php>. 69 Ansen, «So What’s the Good News?», Newsweek, 1° marzo 2004. 70 Laura, Luisa e Morando Morandini, Il Morandini. Dizionario dei film 2005 (Zanichelli, Bologna, 2004), s.v. «La Passione di Cristo». 71 Christopher Hitchens, in Rich, «Mel Gibson», New York Times, 7 marzo 2004. 72 Rich, «Mel Gibson », New York Times, 7 marzo 2004. 73 Christopher Hitchens, «I detest this film... with a passion,” mirrornews, 27 febbraio 2004, <http://www.mirror.co.uk/news/allnews/page.cfm?objectid=13993739&method= full&siteid= 50143>.

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ragonano a film d’azione come Rambo, Braveheart e Kill Bill o a film horror, come quelli di «Dario Argento… [con il loro] disprezzo per la sensibilità delle persone normali».74 A chi giustifica la violenza in nome del realismo, molti rispondono che Gibson ha imprudentemente tentato «di rendere sensazionale una storia che lo è già di per sé in misura immensa, anche quando la si ripete con un filo appena di voce»75 e che lo stile e il tono della sua Passione, che rende «letterale un evento che i Vangeli spesso trattano con circospezione e al quale si tende a pensare in astratto» sono «ben lontani da quello che comune-mente si intende per realismo».76 Molti infine accusano Gibson di non aver «fede negli spettatori, pensando che non sentano dolore senza metterglielo sotto il naso».77

Altri invece giustificano la violenza del film, che a loro giudizio non è mai «“gratuita”»,78 in nome della fedeltà alla storia79 oppure dell’importanza dottrinale «del sangue versato per la Redenzione»,80 in nome della potenza del cinema capace di trasformare le parole del Vangelo in potenti immagini di «carne e in sangue, in segni graffianti di amore e di odio»81 oppure del contra-sto fra il dolciastro amore, immaginato dai «moderni ricercatori spirituali “in-clini” alle religioni asiatiche», e il vero amore di Dio, che fa parte di «fonda-menti cristiani dimenticati» e che è «“difficile e pericoloso”… [perché] ri-

74 Leon Wieseltier, «Mel Gibson’s Lethal Weapon», The New Republic, 26 febbraio 2004. 75 Elena Loewenthal, «L’enigma della Passione, Volti e interpretazioni di Gesù, dalla tradi-zione dei Vangeli apocrifi al film di Mel Gibson», La Stampa, 20 marzo 2004. 76 Scott, «Good and Evil», New York Times, 25 February 2004. 77 Peter Travers, «The Passion of the Christ», Rolling Stone, <http://www.rollingstone.com/ reviews/movie/_/id/5949551>. 78 Augustine Di Noia, in «Mel Gibson’s “Passion”: On Review at the Vatican. Exclusive Interview With Father Di Noia of the Doctrinal Congregation», Zenit.org, 8 dicembre 2003. 79 Cfr. Rino Cammilleri, «The Passion of the Christ di Mel Gibson», Antidoti, 15 aprile 2004. 80 Neff, «The Passion», Christianity Today Magazine, marzo 2004. Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica (Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 1992) § 613. 81 Vittorio Messori, «Il film di Gibson The Passion of the Christ. Una passione di violenza e di amore», Il Corriere della sera, 17 febbraio 2004.

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chiede una vera trasformazione»,82 in nome di uno sforzo «di risensibilizzare il… pubblico alle immagini della sofferenza umana in un’era cinematografi-ca… nella quale esse sono divenute una sorta di lingua franca»83 oppure in relazione alla «durezza dei cuori degli uomini del terzo millennio»,84 che han-no subito «l’atomica… i campi di sterminio… [e la] infamia del terrori-smo».85 Questi critici affermano che la violenza del film «ha un potente effet-to su coloro che la sopportano»,86 che provoca «l’inerzia dei cristiani che si disfano del loro Dio»87 e che dopo aver visto il film molti spettatori si chiede-ranno «Come abbiamo fatto a dimenticare?».88

L’antisemitismo «Il più virulento film antisemitico dai tempi dei film di propaganda nazista della seconda Guerra mondiale»,89 un prodotto della «stessa teologia che ha dato origine all’Olocausto»,90 scrivono alcuni critici. I principali elementi ci-tati per dimostrare l’antisemitismo del film sono l’attribuzione agli ebrei della responsabilità della crocifissione e il riferimento, sia pur solo in aramaico, al sangue di Gesù che deve ricadere sugli ebrei,91 il contrasto tra la presupposta umanità di Ponzio Pilato e la spietata determinazione dei sacerdoti ebrei e del-

82 Kenneth L. Woodward, «Is this the Jesus you had imagined? Mel Gibson’s “Passion”», International Herald Tribune, 26 febbraio 2004. 83 Foundas, “Sacred Blood,” Los Angeles Weekly, 27 February – 4 March 2004. 84 Andrea Piersanti, «Il film di Gibson: The Passion of the Christ. La testa del serpente schiacciata, gli uncini nella carne e il pianto di Dio», Il Foglio, 26 febbraio 2004. 85 Gian Luigi Rondi, «La Passione di Cristo», Il Tempo, 21 marzo 2004. 86 Roger Ebert, «The Passion of the Christ», Chicago Sun Times, 24 febbraio 2004. 87 Sergio Zavoli, «Quel Dio dimenticato sulla croce», Il Resto del Carlino, 11 aprile 2004. 88 Piersanti, «Il film di Gibson», Il Foglio, 26 febbraio 2004. 89 Jami Bernard, «Gore’s the crime of “Passion”», New York Daily News, 23 febbraio 2004. 90 Rabbino Shmuel Herzfeld, vice-presidente della Coalizione americana per i problemi degli ebrei, in Melissa Radler, «Gibson’s “Passion” opens in US», Jerusalem Post, 26 feb-braio 2004. 91 Inizialmente Gibson aveva citato esplicitamente nel film il versetto Matteo XXVII, 25, che fa dire alla folla di ebrei che chiede a Pilato la crocifissione di Gesù: «Il suo sangue ri-cada sopra di noi e sopra i nostri figli». In seguito il regista ha accettato di eliminare la cita-zione per rispetto verso gli ebrei. Ma in realtà non ha rimosso la scena nel quale le parole vengono pronunziate in aramaico, si è limitato a rimuoverne i sottotitoli.

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la folla nel chiedere la morte di Gesù, le descrizioni fisiche dei personaggi e-brei, la figura di Satana che si muove fra la folla di ebrei e i membri del Sine-drio, i bambini ebrei trasformati in demoni.

Già nell’agosto 2003 la Anti-Defamation League, fondata nel 1913 a Chicago per contrastare la diffamazione degli ebrei, esprime il timore che il film possa fomentare l’antisetimitismo, soprattutto in «Europa… Sud Ame-rica e… Medio Oriente, luoghi dove l’antisemitismo già esiste».92 Anche molti cristiani esprimono le stesse preoccupazioni.93 Mustafa Darwish, ex presidente della Commissione egiziana per la censura, sembra dar corpo ai loro timori, affermando che le autorità censorie egiziane «“pensano che il film sia antisemita. E questa è la ragione per cui gli hanno concesso… [il] privilegio”»94 di essere proiettato in un paese islamico, malgrado un’ordinanza dell’università Al Azhar, la suprema autorità spirituale per tutti i musulmani, vieti di rappresentare i profeti nei film.95 Ma un’anziana signo-ra musulmana che ha assistito a un’anteprima al Cairo dice che il film «“di-mostra che in ogni religione ci sono tolleranza e tenerezza… fa vedere alcu-ni ebrei che simpatizzavano con il Cristo, e noi musulmani abbiano un cri-stiano che ha aiutato il profeta Mohammed”».96

Da parte cristiana il portavoce vaticano Joaquín Navarro-Valls, infor-mato che il Rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, ritiene opportuno «“un pronunciamento ufficiale della Chiesa contro il film di Gibson”» ri-sponde: «“È ragionevole pensare che non ci sarà alcuna presa di posizione e di distanza... il film è la trascrizione cinematografica dei Vangeli… Se fosse

92 «Anti-Defamation League and Mel Gibson», <http://www.adl.org/interfaith/gibson_ qa.asp>. 93 La Anti-Defamation League raccoglie alcune di queste dichiarazioni di solidarietà nel sito <http://www.adl.org/Interfaith/gibson_whattheyaresaying.asp>. 94 Charles Levinson, «Arab censors giving “Passion” wide latitude. Gibson film packs Mideast movie houses», San Francisco Chronicle, 1° aprile 2004. 95 I musulmani considerano Gesù Cristo uno dei profeti. 96 Levinson, «Arab censors», San Francisco Chronicle, 1° aprile 2004. Secondo la tradi-zione musulmana, Waraqah ibn-Nawfal, cugino cristiano di Khadíjah, la prima moglie di Muḥammad, aiutò il profeta a interpretare le proprie rivelazioni.

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antisemita il film, lo sarebbero anche i Vangeli”».97 Alcuni cristiani trovano nel film vari elementi a favore degli ebrei. Per esempio: «nel processo sine-drita ben due sono i sacerdoti dissidenti che protestano contro la condan-na».98 «Nel film sono proprio i romani a fare la parte più ottusa e odiosa, laddove sono ebrei tutti quelli che si affliggono per la sorte di Gesù di Naza-reth»,99 come Maria, la Maddalena, gli apostoli e «le donne di Gerusalemme che gridano la loro disperazione».100 «Simone aiuta Gesù a portare la croce, Veronica gli porta una tela per pulirsi il volto».101 «La maggior parte degli ebrei nel film è inorridita da ciò che vedono».102 «All’ostinazione nel chiede-re la crocifissione da parte di Caifa… fa più che abbondante contrappeso il sadismo inaudito dei carnefici romani».103 Il film lascia intendere che i sa-cerdoti ebrei che hanno chiesto la morte di Gesù «erano minacciati dalla sua aggressione contro il loro establishment»104 e che «Cristo fu falsamente in-criminato da un sistema giudiziario corrotto e soffrì soltanto quando la reli-gione e la politica s’incontrarono in un malaugurato incrocio».105 Caifa, che fu grande sacerdote per ben diciotto anni, era un «sadduceo collaborazionista che non rappresentava affatto il popolo ebreo, da cui era anzi detestato» e anche il Talmud «ha parole terribili»106 su di lui. Nessuno sembra aver nota-to che fra le ragioni per cui Pilato non vuole condannare a morte Gesù, c’è anche la superstizione: sua moglie Claudia Procula gli ha fatto intravedere il

97 Joaquín Navarro-Valls, in Orazio Petrosillo, «Il portavoce del Vaticano: Dire che il film è antisemita equivale ad affermare che lo sono anche i Vangeli», Il Messaggero, 11 marzo 2004. 98 Cammilleri, «The Passion», Antidoti, 15 aprile 2004. 99 Cammilleri, «The Passion», Antidoti, 15 aprile 2004. 100 Messori, «Il film di Gibson», Il Corriere della sera, 17 febbraio 2004. 101 Ebert, «The Passion», Chicago Sun-Times, 24 febbraio 2004. 102 Ebert, in «Two thumbs up», Chicago Sun-Times, 22 febbraio 2004. 103 Messori, «Il film di Gibson», Il Corriere della sera, 17 febbraio 2004. 104 Ebert, in «Two thumbs up», Chicago Sun-Times, 22 febbraio 2004. 105 O’ Connell, «The Passion», Filmcritic.com, <http://www.filmcritic.com/misc/ empo-rium.nsf/0/3bc49bb50910b20388256e44001ac7ea?OpenDocument>. 106 Messori, «Il film di Gibson», Il Corriere della sera, 17 febbraio 2004.

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pericolo che macchiandosi del sangue di quell’uomo «santo (sanctus)»107 si possa attirare la collera degli dei.

Molti invece sono convinti che Gibson avrebbe potuto filmare la Pas-sione senza ferire la sensibilità degli ebrei, primo, se avesse seguito le «istru-zioni pastorali cattoliche che spiegano dettagliatamente come i fedeli devono rappresentare sulle scene o discutere la Passione» e che consigliano di essere cauti nel rappresentare «“passi che sembrano mettere in cattiva luce gli ebrei come popolo”»,108 secondo, se avesse incluso «il versetto canonico del Van-gelo secondo Giovanni nel quale Caifa sostiene che è meglio che un uomo so-lo muoia per il popolo perché la nazione sia salvata»,109 facendo così «dimi-nuire le differenze fra Caifa e Pilato»,110 terzo, se avesse mostrato «la scena della cacciata dal tempio» per aiutare «i non “esperti”»111 a capire le ragioni del risentimento degli ebrei contro Gesù.

Le inesattezze storiche e filologiche Se alcuni parlano di inesattezze storiche soprattutto per quanto riguarda l’attribuzione agli ebrei della responsabilità della morte di Gesù, altri fanno notare che anche «la tradizione ebraica riconosce che i… [suoi] leader della Palestina del I secolo parteciparono all’esecuzione di Gesù».112 Jon Meacham, direttore di Newsweek, fa un lungo elenco di piccole inesattezze, che avrebbe-ro contributo a creare l’immagine antisemita del film. Per esempio, è poco ve-rosimile che la Maddalena abbia «chiesto aiuto ai soldati romani mentre Gesù era portato davanti ai sacerdoti per essere interrogato… [come se] gli ebrei

107 Sanctus significa in questo contesto «accetto agli dei, santo, pio… innocente» (Ferruc-cio Calonghi, Dizionario della lingua latina. Volume primo Latino Italiano, 3a ed. [Rosen-berg e Sellier, Torino, 1951], s.v. sanctus 2451). 108 Jon Meacham, «Who Killed Jesus?», Newsweek, 16 febbraio 2004. 109 Steven D. Greydanus, «Beyond Bias: The Passion of the Christ and Anti-Semitism», Decentfilms.com, <http://www.decentfilms.com/commentary/passion_issues.html>. Cfr. Giovanni XVIII, 14. 110 Ebert, «The Passion», Chicago Sun-Times, 24 febbraio 2004. 111 Chirichelli, «Tanto tuonò», Mymovies.it, <http://www.Mymovies.it/dizionario/recens_ ut.asp? Id=12203>. 112 David Klinghoffer, «Study traditions, read texts to understand “The Passion”», Milwau-kee Journal Sentinel, 11 gennaio 2004.

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potessero controllare la situazione», quanto alla «scena di una folla di ebrei che gridano “Crocifiggilo, crocifiggilo” davanti a Pilato… è difficile immagi-nare che l’uomo di Cesare si facesse intimidire da persone che era abituato a trattare duramente», «sembra improbabile che un movimento che minacciava l’intera capitale si fosse così rapidamente e totalmente ridotto a pochi discepo-li, benevoli spettatori, Maria e Maddalena»,113 un particolare che impedisce di pensare che Pilato potesse considerare Gesù pericoloso e quindi avere una ra-gione per volerlo eliminare.

Quanto alle inesattezze filologiche, alcuni evidenziano che l’aramaico del film è «grammaticalmente corretto, ma buffamente pronunciato».114 Altri fanno notare che il latino è «la lingua della Chiesa cattolica tradizionale, ma non la lingua parlata dell’Impero romano ai tempi di Gesù»115 e che «i soldati romani parlavano un dialetto greco».116 Altri invece elogiano l’uso dell’aramaico e del latino, che «evitano l’affettata, sgraziata dizione che af-fligge buona parte dell’epica biblica»,117 danno «ai dialoghi una realtà e una credibilità… che altrimenti non avrebbero avuto»118 e, uniti alla fotografia e alla musica, donano «al film un’atmosfera quasi arcaica, irreale, che ci proiet-ta a duemila anni fa».119

La decontestualizzazione Alcuni critici lamentano che il film non mostra «alcun cenno di analisi critica o di contesto»120 e osservano che, dato che la maggior parte dei cristiani crede «che gli apostoli siano stati sul posto e abbiano semplicemente messo per i-scritto tutto ciò che hanno visto»,121 questa mancanza apre «la porta a

113 Meacham, «Who Killed Jesus?», Newsweek, 16 febbraio 2004. 114 Wieseltier, «Mel Gibson’s», The New Republic, 26 febbraio 2004. 115 Pamela Grace, «Sacred savagery: The Passion of the Christ», Cineaste, 22 giugno 2004. 116 Hitchens, «I detest», mirrornews, 27 February 2004, <http://www.mirror.co.uk/news/ allnews/ page.cfm?objectid=13993739&method=full&siteid=50143>. 117 Scott, «Good and Evil», New York Times, 25 febbraio 2004. 118 Turan, «The Passion», Los Angeles Times, 24 febbraio 2004. 119 Enrique Ochoa, «Anteprima The Passion of Christ», Tempi Moderni, marzo 2004. 120 Meacham, «Who Killed Jesus?», Newsweek, 16 febbraio 2004. 121 Turan, «The Passion», Los Angeles Times, 24 febbraio 2004.

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un’emotività religiosa incontrollata… tristezza, o rabbia, o altre emozioni».122 Gibson avrebbe dovuto trovare il modo di dire agli spettatori che «nei tempi biblici la comunità ebraica era occupata contro il suo volere dall’Impero ro-mano e il messaggio di Gesù era pericoloso per entrambi: per i romani, perché era rivoluzionario, per l’establishment dei sacerdoti ebraici, perché predicava un nuovo patto e minacciava lo status quo».123 Avrebbe dovuto anche tener conto dell’opinione di alcuni moderni studiosi dei Vangeli, secondo i quali gli evangelisti avrebbero scritto i loro testi diversi anni dopo la crocifissione di Gesù, in un momento in cui i romani erano molto potenti e quindi avrebbero fatto in modo da «sminuire il ruolo dei romani nella crocifissione»,124 per «at-trarre convertiti e rendere la loro giovane religione… attraente al maggior numero possibile di persone».125

La mancanza di fedeltà ai testi evangelici Diversi critici denunciano molte infedeltà al testo dei Vangeli. Per esempio: Gibson «non fa alcuna menzione della festa [della Pasqua]… fa dire a Ponzio Pilato una frase di sprezzante rimprovero a Caifa, quando questi gli consegna Gesù sanguinante dopo l’interrogatorio… [che] non compare in nessuno dei Vangeli: “Usate sempre punire i prigionieri prima di averli giudicati?”»,126 «l’idea di un processo notturno a Gesù è problematica», «nulla nei vangeli fa supporre che Gesù» sia stato accusato di blasfemia, «Caifa… è raffigurato come un arcigno testimone della fustigazione e della crocifissione»,127 «non c’è segno nelle scritture del fatto che la croce sia caduta addosso a Gesù fa-cendolo cadere di faccia».128 Un critico italiano definisce il film «un vero manifesto di tutte le licenze che può permettersi il cinema».129

122 Lorenzo Albacete, «Facts of life», The New Republic, 5 marzo 2004. 123 Ebert, «The Passion», Chicago Sun-Times, 24 febbraio 2004. 124 Denby, «Nailed», The New Yorker, 1° marzo 2004. 125 Meacham, «Who Killed Jesus?», Newsweek, 16 febbraio 2004. 126 Marco Ottolenghi, «Sul mito del deicidio», Le newsletter di Morasha.it (la porta dell’ebraismo italiano in rete), 4 aprile 2004. Cfr. Giovanni I, 13, II, 23, VI, 4, XI, 55, XII, 1, XIII, 1. 127 Meacham, «Who Killed Jesus?», Newsweek, 16 febbraio 2004. 128 Turan, «The Passion», Los Angeles Times, 24 febbraio 2004. 129 Farinotti, Dizionario, <http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?Id=34961>.

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Altri sostengono che il film mostra i «danni» di «un’interpretazione… letterale dei testi»130 e che ciò facendo dà «agli spettatori un quadro sbagliato di ciò che probabilmente accadde in quelle ore epocali tanto tempo fa», con-fermando «le radici dell’antisemitismo cristiano… [che] si trovano in una let-tura eccessivamente letterale, ossia in una errata lettura, di molti dei testi del Nuovo Testamento»131 e suggeriscono che sarebbe stato meglio adottare «una lettura di tipo allegorico alla pari di quella proposta da molti esegeti cristiani riguardo alla Bibbia ebraica», dato che «l’interpretazione letterale delle parole degli evangelisti… conduce inevitabilmente a contraddizioni inconciliabili fra le diverse narrazioni degli stessi avvenimenti».132 Molti cattolici invece esal-tano «la “cattolicità” radicale del film… nel rifiuto di ogni demitizzazione, nel prendere i vangeli come cronache precise»,133 sostenendo che il film non tra-disce «mai, pur con quella diversa cifra stilistica, la lettera dei Sacri Testi rite-nuti antisemiti solo se male interpretati».134

L’intromissione di altre fonti Le citazioni dai libri della Emmerich, «da lungo tempo accusata di antisemiti-smo»135 «per le sue descrizioni caricaturali degli ebrei»,136 e di Maria di A-greda sono considerate inaccettabili al di fuori degli ambienti cristiani. Altri critici menzionano altre possibili fonti di Gibson: le «quattordici stazioni della Via crucis»,137 gli «apocrifi, con alcuni flash-back e con delle citazioni di Sa-tana riprese da altri capitoli»,138 la «Sindone», il cui «uomo» sembrerebbe a-

130 Luigi Catalani, «La Passione di Cristo», Mymovies.it, <http://www.mymovies.it/ dizio-nario/recensione.asp?Id=12544&ut=2>. 131 Meacham, «Who Killed Jesus?», Newsweek, 16 febbraio 2004. 132 Ottolenghi, «Sul mito», Le newsletter di Morasha.it, 4 aprile 2004. 133 Messori, «Il film di Gibson», Il Corriere della Sera, 17 febbraio 2004. 134 Rondi, «La Passione», Il Tempo, 21 marzo 2004. 135 Lumenick, «The Goriest Story», New York Post, 24 febbraio 2004. 136 Mario De Giglio-Bellemare, «The Passion of the Christ reviewed by Mario De Giglio-Bellemare», The Journal of Religion and Film, 1° aprile 2004. 137 Ebert, «The Passion», Chicago Sun Times, 24 febbraio 2004. 138 Rondi, «La Passione», Il Tempo, 21 marzo 2004. I Vangeli apocrifi sono scritti simili ai vangeli ma esclusi dalle Scritture canoniche.

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ver subito «almeno centoventi colpi»139 e alla cui «immagine visiva» sarebbe-ro «ispirati l’aspetto di Cristo e… perfino la scelta di Jim Caviezel per la par-te»,140 e infine le visioni mistiche della veggente casertana Maria Valtorta (1897-1961), descritte nel Poema dell’uomo-Dio.141 Ovviamente anche queste fonti non sono ben accette al di fuori degli ambienti cristiani.

L’incompletezza del messaggio cristiano Molti affermano che «la scelta di isolare la Passione dalla vita e dalla predica-zione di Cristo da una parte, e di tacere sulla Resurrezione dall’altra, rimpic-ciolisce il messaggio dei Vangeli in maniera assai problematica».142 Secondo costoro il film «mostra scarso interesse alla celebrazione dell’elettrizzante ca-rica di speranza e di redenzione che Gesù Cristo portò nel mondo. Ignora l’eloquenza di Gesù capace di far fermare il cuore, il suo sconvolgente radica-lismo etico e la sua personale radiosità»,143 «favorisce una visione unidimen-sionale di Gesù, riducendo tutta la sua vita e i suoi rivoluzionanti insegnamen-ti alla nozione che egli era semplicemente una persona disposta a subire un’indicibile punizione per i nostri peccati»,144 presenta Gesù come un «losco macho ribelle… un gran figlio di…»,145 che ha con il Padre rapporti «isterici e assolutamente laici… [simili a] quelli di Charlie Manson con Satana»,146 ma soprattutto «non rende mai chiaramente l’idea delle ragioni di tutto quel san-gue, un’inconcludenza che è la più grave pecca artistica di Gibson».147

L’esclusivismo del messaggio Molti sostengono che Gibson presuppone che gli spettatori già conoscano «gli insegnamenti e i personaggi del Nuovo Testamento» e «siano approfonditi nei 139 Cammilleri, «The Passion», Antidoti, 15 aprile 2004. 140 Phelan, «The “Look”», Artcyclopedia, <http://www.artcyclopedia.com/feature-2004-04.html>. 141 Maria Valtorta avrebbe visto «la croce con sopra Cristo… rivoltata per ribadire i chiodi dietro» (Cammilleri, «The Passion», Antidoti, 15 aprile 2004). 142 Francesco Cossiga, «Ho visto un film…», La Stampa, 9 aprile 2004. 143 Denby, «Nailed», The New Yorker, 1° marzo 2004. 144 Turan, «The Passion», Los Angeles Times, 24 febbraio 2004. 145 Sean Burns, «Jesus Christ Superstar», Philadelphia Weekly, 25 febbraio 2004. 146 Umberto Eco, «Giù le mani da mio Figlio!», L’Espresso, 20 aprile 2004. 147 Scott, «Good and Evil», New York Times, 25 February 2004.

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misteri della Bibbia».148 Pertanto «nessun ipotetico spettatore che vada a ve-dere il film privo di qualsiasi nozione sul cristianesimo crederebbe che quella è la storia che dette origine a una delle religioni più innovative nonché a infi-nite opere di eterna bellezza».149 In questo senso La Passione propone «l’identità [religiosa] come differenza assoluta», un’identità ben diversa da quella del Concilio che «tendeva all’occultamento della differenza e alla di-sciplina spirituale come valore universale».150 Così facendo Gibson avrebbe contribuito a ridurre il cinema, che è «la forma d’arte e di spettacolo più aper-ta, più capace di parlare a tutti e a ognuno… a una delle tante, delle troppe mi-sere occasioni di esclusione e di risentimento».151

La faziosità e il manicheismo Il film è accusato di faziosità politica e religiosa. Quanto alla faziosità politi-ca, alcuni scrivono che, «intenzionalmente o no, la polemica presentazione della “Passione” è stata molto simile a una campagna politica»,152 condotta «nel bel mezzo di una cultura di guerra preelettorale nella quale le persone di “fede” demonizzano i cosiddetti “laici”».153 Altri accusano Gibson di assolve-re l’imperialismo romano, «potere buono»154 contrapposto al fanatismo del sinedrio ebraico, per giustificare quello che essi considerano il moderno impe-rialismo americano: «Pilato uguale Bush, ebrei uguale tutti i Saddam del mondo».155 La sua Passione sarebbe dunque «una versione imperiale della storia della passione… [una versione] nella quale gli occupatori imperiali pos-sono continuare a regnare indisturbati e agli occupati si dice di portare la loro

148 McDonagh, «Death Trip», TV Guide, <http://www.tvguide.com/Movies/database/ ShowMovie. asp?MI=44981>. 149 Turan, «The Passion», Los Angeles Times, 24 febbraio 2004. 150 Giuliano Ferrara, «Mel Gibson, il nuovo evangelista», Panorama, 20 febbraio 2004. 151 Roberto Escobar, «Passione per sangue solo», La Domenica del Sole 24 Ore, 18 aprile 2004. 152 Frank Rich, «Mel Gibson’s “Passion”: publicity juggernaut», The New York Times, 19 settembre 2003. 153 Frank Rich, «“Passion” and the U.S. culture war», The New York Times, 5 marzo 2004. 154 Silvia Ronchey, «Il tormento di Pilato, il potere non è mai giusto», La Stampa, 7 aprile 2004. 155 Goffredo Fofi, «Divisi dalla Passione», Il Messaggero, 6 aprile 2004.

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croce con dolente rassegnazione».156 Ma secondo altri il film sarebbe «“un’accusa violenta contro le aberrazioni del potere”»,157 «del quale mette a nudo la fredda e inscalfibile logica della ragion di Stato: il mantenimento dell’ordine per i Romani, la protezione della proprie posizioni di predominan-za intellettuale per i Farisei, la conservazione dei privilegi di una corte lubrica e sfrenata per Erode».158

Quanto alla faziosità religiosa, Gibson, un «cattolico romano pre-Vaticano secondo»,159 che «a rigor di legge canonica [sarebbe] uno scismati-co»,160 è imputato di voler «promuovere la visione religiosa del gruppuscolo cattolico tradizionalista e fanatico in cui è cresciuto»161 «contro il cattolicesi-mo corporativista del Vaticano».162 Il film è accusato inoltre di essere «un manifesto della teologia dell’espiazione… che fa gli interessi della chiesa isti-tuzionale, la quale pretende di aver il potere di perdonare i peccati e di battez-zare le persone in una relazione salvifica con Gesù»163 e di contenere «le più assurde immagini del dolorismo cristiano… un tipo di spiritualità utilizzato nel mondo cristiano per tenere i poveri e gli emarginati al loro posto».164 Qualcuno osserva che la sua «agenda religiosa» cattolica, non ha impedito al film di trovare «approvazioni da molti protestanti evangelici»,165 forse per la

156 De Giglio-Bellemare, «The Passion», The Journal of Religion and Film, 1° aprile 2004. 157 Monica Bellucci, in Gloria Satta, «Passione atroce. A fin di bene», Il Messaggero, 17 febbraio 2004. 158 Stefano Mereghetti, «La Passione di Cristo», Cine Teatro Agorà, 20 marzo 2004, <http://www.cineteatroagora.it/modules.php?name=News&file=article&sid=536>. 159 Neff, «The Passion», Christianity Today Magazine, marzo 2004. 160 Grace, «Sacred savagery», Cineaste, 22 giugno 2004. 161 Mike Davis, «Il Cristo di Mel Gibson. La Passione di un fondamentalista contro tutti i semiti», Il Manifesto, 7 marzo 2004 162 Luca Celada, «Il catechismo crudele del reverendo Gibson», Il Manifesto, 15 febbraio 2004. 163 Grace, «Sacred savagery», Cineaste, 22 giugno 2004. 164 De Giglio-Bellemare, «The Passion», The Journal of Religion and Film, 1° aprile 2004. Dolorismo, una spiritualità caratterizzata dalla rassegnazione al dolore e alla sofferenza. 165 Scott, «Good and Evil», New York Times, 25 February 2004.

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«comune convinzione che il grande mondo laico – compresi i principali mass media – è essenzialmente ostile al cristianesimo».166

Infine alcuni accusano il film di presentare una «valutazione superficia-le» e un’«analisi poco approfondita di un evento semplice e drammaticamente complesso» e quindi di proporre una visione «manichea, tutti i buoni da una parte, tutti i cattivi dall’altra».167

L’ostacolo al dialogo interreligioso Secondo alcuni il film «fomenta il conflitto religioso»,168 «per il modo in cui espone e accentua divergenze di credo che potrebbero passare inosservate».169 In America la Anti-Defamation League e l’American Jewish Committee, fon-dato nel 1906 per combattere l’antisemitismo e ogni forma di bigottismo, af-fermano che il film «potrebbe far arretrare, almeno temporaneamente, il dia-logo e la collaborazione interreligiosa degli ultimi anni».170 In Italia Di Segni chiede alla Chiesa di «“prendere le distanze”»171 dal film e alcuni membri del-la comunità ebraica di Roma si oppongono all’«ipotesi della presenza del Pa-pa in Sinagoga durante il festeggiamento del centenario della costruzione del-la Sinagoga Maggiore di Roma».172 In Israele invece «ha suscitato… qualche curiosità ma ben poco scandalo», perchè «in fin dei conti spetterà ai cristiani decidere cosa vogliono apprendere dal film, e se vogliono leggere le loro Scritture sotto una luce anti-ebraica o meno».173 166 Meacham, «Who Killed Jesus?», Newsweek, 16 febbraio 2004. 167 Chirichelli, «Tanto tuonò», Mymovies.it, <http://www.Mymovies.it/dizionario/recens_ ut.asp? Id=12203>. 168 Frank Rich, «Mel Gibson’s Martyrdom Complex», The New York Times, 3 August 2003. 169 Turan, «The Passion», Los Angeles Times, 24 febbraio 2004. 170 David H. Harris, «The American Jewish Committee Statement on the Mel Gibson Film, The Passion of the Christ», 25 febbraio 2004, <http://www.ajc.org/InTheMedia/ PressRe-leases.asp? did=1086>. Cfr. Anti Defamation League, «ADL Concerned Mel Gibson’s “Passion” Could Fuel Anti-Semitism if Released in Present Form», 11 Agosto 2003, <http://www.adl.org/PresRele/ ASUS_12/4291_12.htm>. 171 Riccardo Di Segni, in Gloria Satta, «Gli ebrei condannano la “Passione” di Gibson», Il Messaggero, 11 marzo 2004. 172 Marandola, «I trenta denari», Il Punto, aprile 2004. 173 «Editorial: The Passions», Jerusalem Post, 27 febbraio 2004.

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Da parte cristiana, alcuni dicono che le polemiche degli ebrei sono in-giustificate sia «“perché sullo schermo non si vedrà nulla che non si sapesse già”»,174 sia perché il film «non è molto diverso nel contenuto o nell’ideologia dalle altre principali versioni cinematografiche moderne di questi eventi»175 e anzi «il film di Gibson dovrebbe essere un punto di par-tenza per un ulteriore avvicinamento di ebrei e cristiani»176 e per «una più profonda comprensione del dramma della salvezza e della grandezza dell’amore e dell’indulgenza di Dio».177

L’inopportunità Molti scrivono che il film è stato prodotto «nel momento storico meno adat-to».178 In tempi come questi, nei quali «i diversi sistemi religiosi sono causa di tremenda violenza e conflitti… un film inteso a ispirare e rafforzare coloro che credono di essere gli esclusivi possessori della verità su Dio non è la cosa migliore per fare del mondo un posto più umano, più vivibile, più pacifi-co».179 Altri affermano specificamente che «in quest’epoca in cui antichi mo-tivi cristiani antisemiti sono stati ampiamente rimessi in circolazione a causa dei conflitti internazionali, i cristiani che vogliano portare in scena la morte di Gesù si assumono una grave responsabilità morale».180 Ma secondo altri «in questo momento storico, dove la nostra cultura occidentale, e la nostra reli-gione, sono taciturne, sconcertate e aggredite, è bene ricordare che anche dalle nostre parti c’è una mistica forte e c’è la fede, se vuoi interessarti a lei».181

174 Bellucci, in Satta, «Passione atroce», Il Messaggero, 17 febbraio 2004. 175 Foundas, «Sacred Blood», Los Angeles Weekly, 27 febbraio-4 marzo 2004. 176 Greg Bonnell, «Canadian Jews split on Passion», Toronto Star, 24 febbraio 2004. 177 Conferenza episcopale degli Stati Uniti, «The Passion», <http://www.usccb.org/movies/ p/ thepassionofthechrist.htm>. 178 Aspesi, «Troppo sangue», La Repubblica, 6 aprile 2004. 179 Turan, «The Passion», Los Angeles Times, 24 febbraio 2004. 180 Mary C. Boys, Philip A. Cunningham, Lawrence E. Frizzell, John T. Pawlikowski, «Dramatizing the Death of Jesus, Issues that Have Surfaced in Media Reports about the Upcoming Film, The Passion», 17 giugno 2003, <http://www.bc.edu/research/cjl/meta-elements/texts/news/dramatizing_ the_death_of_jesus.htm>. 181 Farinotti, Dizionario, <http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?Id=34961>.

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La venalità Alcuni critici attribuiscono al film l’unica intenzione di «guadagnare molto denaro offrendo agli spettatori tanto sangue e tanta violenza da far apparire “Pulp Fiction” un cartone animato per bambini della scuola materna».182 Altri invece affermano che queste accuse provengono da personaggi del mondo ci-nema, che avevano pensato che il film di Gibson sarebbe stato un fiasco e ora sono spaventati, offesi e irritati perché esso ha «prodotto un enorme profitto per Gibson e i suoi compagni di produzione».183 Altri infine elogiano il pro-duttore per aver «messo la sua carriera artistica e la sua fortuna al servizio del-la propria convinzione e della propria fede»184

Le reazioni di Gibson alle critiche

GIBSON HA DETTO CHE, dato il tema, si aspettava delle critiche. Ma afferma che «la cosa è andata oltre»185 le sue previsioni. E Bill O’Reilly, conduttore della rubrica televisiva «The O’Reilly Factor», dice che gli editoriali sul film di Gibson sono «i più perfidi che… abbia mai visto».186. A queste critiche Gibson ha dato alcune risposte. Quanto alla violenza, da un lato il film è molto violento perché è reale: «“siamo troppo abituati ai nostri bei crocifissi appesi alle pareti… sappiamo che Gesù fu fustigato, che portò la croce, che gli sono stati inchiodati le mani e i piedi, ma raramente ci soffermiamo a riflettere su che cosa vuol dire tutto questo”».187 «“Da molti racconti che ho letto,”», afferma inoltre Gibson, «“penso che in realtà sia stato ancora più violento di quanto vedrete nel

182 Eco, «Giù le mani», L’Espresso, 20 aprile 2004. 183 Richard Corliss, “Holy Hypocrisies. Opinion: The media take their moral outrage out of mothballs to attack Mel Gibson’s Jesus movie,” Time, 27 February 2004. 184 Ebert, «The Passion», Chicago Sun-Times, 24 febbraio 2004. 185 Mel Gibson, in Paul Fischer, «Gibson’s Passion», Filmmonthly, 12 febbraio 2004, <http://www.filmmonthly.com/Profiles/Articles/MGibsonPassionChrist/MGibsonPassionChrist.html filmmonthly>. 186 O’Reilly, in «Transcript», Fox News, 25 febbraio 2004, <http://www.foxnews.com/ story/0,2933,112436,00.html>. 187 Gibson, in «Christ’s Agony», Zenit News Agency, 6 marzo 2003, <http://www.zenit.org/ english/visualizza.phtml?sid=32328.zenit>.

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film”».188 Dall’altro quella violenza serve anche per ricordare agli spettatori la natura divina di Gesù, perché nessun essere umano avrebbe potuto sopravvi-vere a una tortura così efferata.189

Quanto all’antisemitismo, Gibson afferma che l’antisemitismo «è un peccato, che “va contro gli insegnamenti”»190 del cristianesimo. Il suo film, spiega, «“è il più neutrale che io potessi fare”», non vuole «“incolpare nessu-no”»,191 «“non vuole offendere, ma ispirare”»,192 il suo «vero messaggio… è il perdono».193 A chi lo accusa di aver rappresentato un Pilato molto positivo, risponde che Pilato, avendo «“condannato a morte un uomo che aveva detto di ritenere innocente”», «“è un mostro”».194

Quanto a coloro che lo accusano di faziosità religiosa, Gibson ammette apertamente: «La mia nuova speranza è che La Passione di Cristo aiuti molte più persone a riconoscere il potere del Suo amore e a permettere che Egli li aiuti a salvare la propria vita».195

Quanto a coloro che dicono che il suo film è esclusivista e costituisce un ostacolo al dialogo interreligioso, risponde di aver voluto «“suscitare una seria riflessione fra gli spettatori delle varie provenienze religiose”».196 E sug-

188 Gibson, in Noonan, «Face to Face», Reader’s Digest (United Kingdom Edition), marzo 2004, <http://www.readersdigest.co.uk/magazine/melg.htm>. 189 Cfr. Mel Gibson, in EWTN (Global Catholic Network), «Second interview with Mel Gibson regarding The Passion of the Christ», 23 gennaio 2004, <http://www.tcrnews2.com/genarts.html>. 190 Sawyer, «Pain and Passion», ABCNews.com, 17 febbraio 2004. 191 Gibson, in «Transcript», Fox News, 25 febbraio 2004, <http://www.foxnews.com/ story/0,2933, 112436,00.html>. 192 Gibson, in «Christ’s Agony», Zenit News Agency, 6 marzo 2003, at <http://www.zenit.org/english/visualizza.phtml?sid=32328>. 193 Gibson, in Andrea Tornielli, La Passione. I Vangeli e il film di Gibson (Edizioni Piem-me, Casale Monferrato, 2004) 96. 194 Gibson, in «Transcript», Fox News, 25 febbraio 2004, <http://www.foxnews.com/ story/0,2933, 112436,00.html>. 195 Gibson, «Foreword», in Bolton et al., The Passion. 196 Gibson, in Snyder, “Gibson answers,” Variety, 13 June 2003.

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gerisce: «“mettiamoci attorno a un tavolo e parliamone… La gente sta facen-do domande su cose che erano restate sepolte per molto tempo”».197

Quanto a coloro che lo accusano di averlo prodotto nel momento sba-gliato, risponde: «“Si stanno compiendo dei genocidi in luoghi dei quali rara-mente ci occupiamo... Il film mostra il rimedio… Fede, speranza, amore e perdono… aver fede… è come allacciarsi la cintura di sicurezza… [aiuta a ] trascendere la follia appellandosi a un potere superiore”».198

Quanto alla venalità, fa notare di aver messo in gioco la propria carriera con un film che era stato rifiutato da molti produttori, tanto che alcuni giorna-listi si sono chiesti se egli avesse deciso di «suicidare la propria carriera».199

Quanto a tutte le altre accuse, Gibson risponde: «“i critici che hanno problemi con me… hanno un problema coi quattro Vangeli”».200

Alcune delle ragioni della polemica

IL FILM DI GIBSON ha avuto un effetto provocatorio non solo perché è estre-mamente violento, ma anche perché, in un momento storico delicato per le religioni, ha toccato temi molto delicati: il significato della vita e della morte di Gesù, come sia potuto accadere che il suo messaggio d’amore e di perdo-no sia stato utilizzato come strumento di guerra e persecuzione, quale in-fluenza hanno i sentimenti religiosi sulla vita delle persone e sulla collettivi-tà, quali sono i limiti della libertà di espressione di un artista in un mondo multiculturale, i limiti del concetto cristiano che l’amore e il perdono basta-no a risolvere i gravi problemi del mondo moderno. Le polemiche suscitate dal film indicano che non è facile esprimersi su questi temi senza ferire la sensibilità di altri, perché i pregiudizi religiosi sono ancora ampiamente pre-senti nella nostra società. Il pregiudizio religioso, ossia la convinzione che chiunque non segua una data religione è in totale, o parziale, errore, è sempre causa di conflitti, perché impedisce la simmetria dei rapporti. Infatti chi ha questo pregiudizio, 197 Gibson, in Sawyer, «Pain and Passion», ABCNews.com, 17 febbraio 2004. 198 Gibson, in Noonan, «Face to Face», Reader’s Digest (United Kingdom Edition), marzo 2004, <http://www.readersdigest.co.uk/magazine/melg.htm>. 199 McClure, «A very violent “passion”», New York Daily News, 26 gennaio 2003. 200 Gibson, in Sawyer, «Pain and Passion», ABCNews.com, 17 febbraio 2004.

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anche se è tollerante nei confronti dell’interlocutore, è comunque convinto di avere qualcosa in più rispetto all’altro, cioè la fede nella «vera» religione. Questo pregiudizio non esclude i laici. Il più tollerante dei laici può essere an-che lui convinto di aver qualcosa in più rispetto ai credenti, cioè la laicità, e può mettere nella propria convinzione tanto fervore da finire nel fanatismo. Sembra che i pregiudizi religiosi siano particolarmente sentiti, perché le que-stioni di fede, qualunque ne sia l’oggetto, sono sempre legate alla sfera emoti-va. E l’emotività accende gli animi. In questo caso la visceralità delle risposte è stata anche stimolata dalle intenzioni del regista, che voleva fare un film vi-scerale. Nella risposta al film di Gibson ciascuno ha guardato quelle immagini partendo dalla propria convinzione personale, talvolta condizionata da passate esperienze di torti inflitti o subiti a causa di particolari interpretazioni della vicenda descritta nel film o in nome del tipo di fede propugnata da Gibson. Sarebbe interessante fare uno studio comparato dei commenti sulla Passione di Cristo e di quelli sull’Ultima tentazione di Cristo di Scorsese, per vedere se i giudizi di coloro che non gradiscono il «Dio-uomo più divino che umano»201 di Gibson, tanto amato invece fra i cristiani, sono simmetrici ai giudizi di co-loro che elogiano «il Cristo umano che deve lottare contro i desideri e i limiti della carne»202 di Scorsese, tanto amato fra i laici e i non cristiani e sgradito invece fra i cristiani.

L’eccessiva violenza: una spiegazione La violenza del film di Gibson lascia interdetti, anche in un’epoca come la nostra. Ma per coloro che riescono a sopportarla essa può anche mettere in e-videnza il coraggio e la dignità con cui Gesù ha risposto alla crudeltà dei suoi oppositori. Tutta quella brutalità sciorinata sotto i nostri occhi mette in evi-denza la durezza della strada del coraggio e della dignità e poco si sofferma sulla sua grandezza e bellezza. Ma nel contrasto può farla apparire ancora più grande ed attraente. Al di là delle più o meno smodate esternazioni, positive o negative, su questo aspetto del film, non è difficile immaginare che molti spettatori possano essersene sentiti alternativamente disturbati o incoraggiati. 201 De Giglio-Bellemare, «The Passion», The Journal of Religion and Film, 1° aprile 2004. 202 Carol Iannone, «The Last Temptation Reconsidered», First Things 60 (febbraio 1996): 50-4.

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Disturbati , nei momenti in cui si sono resi conto di aver così poco coraggio da preferire le comode strade dell’etica moderna alla rigorosa morale insegna-ta da Gesù e dalla sua vicenda. Incoraggiati, quando hanno intravisto il bene che tutti possono fare, rispondendo con consapevolezza al bisogno di eleva-zione che tutti a volte sentono premere dentro di sé. E se arriveranno a capire che la brutalità mostrata da Gibson nasce dalla lontananza da Dio di coloro che la perpetrano, il contrasto tra quella brutalità e la pace della vicinanza a Dio brevemente intravista nei flashback farà loro desiderare di allontanarsi il più possibile dalla prima e di rifugiarsi nell’abbraccio della seconda. Quanto ai timori che la violenza del film possa suscitare altra violenza, Gibson ha commentato che «malgrado molte persone abbiano detto che il film avrebbe scatenato la violenza, prima negli USA e poi in Europa… non è suc-cesso».203 I suoi oppositori potrebbero sicuramente obiettare che la sua osser-vazione pecca di semplicismo. Di fatto il suo film ha già prodotto molti con-flitti, se non altro fra coloro che lo biasimano e coloro che lo difendono. Ciò che sorprende è che alcune delle reazioni più eccessive siano venute proprio da alcuni di quei laici che maggiormente temevano reazioni fanatiche da parte di coloro che essi chiamano persone «di “fede”».204 A questo proposito un cri-tico americano osserva: «Noi liberali… siamo proprio buffi. Di fronte a un’opera controversa di cultura popolare, quando ci piace, affermiamo che l’artista ha il diritto di creare in un clima di totale libertà, qualunque sentimen-to di oltraggio l’opera possa suscitare fra gli ignorati (cioè, gli altri). Quando non ci piace, parliamo della sua responsabilità verso la sensibilità e i senti-menti della brava gente (cioè noi)».205

L’antisemitismo: un punto molto delicato Una rappresentazione cinematografica realistica della Passione, pur significa-tiva per i cristiani, non può che disturbare gli ebrei. Per loro «è un tuffo nel

203 «Mel Gibson Talks About the DVD and Video Release of The Passion of the Christ in Third Exclusive Interview with EWTN’s Raymond Arroyo», Veritas – Magnificat anima mea Dominum, 27 agosto 2004, at <http://www.veritas.com.hr/observer/interview_ mel_gibson.php.Arroyo27.08.2004>. 204 Rich, «“Passion”», New York Times, 5 marzo 2004. 205 Corliss, «Holy Hypocrisies», Time, 27 February 2004.

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passato»,206 brutti tempi nei quali «i cristiani che vedevano o sentivano sacre rappresentazioni pasquali, specialmente durante la settimana santa prima di Pasqua … usavano violenza contro gli ebrei più vicini … [e] alcuni sovrani cristiani … consigliavano gli ebrei del posto di stare in casa il venerdì santo per proteggerli dalle violenze».207 Se questo ricordo non fosse ancora vivo, nessun ebreo si sentirebbe offeso dalla Passione. Per questo i figli della mo-derna Roma non si sono offesi perché il film illustra l’efferatezza dei legionari romani, di cui essi dovrebbero essere i discendenti. Non sono mai stati perse-guitati per questo, perché si sono convertiti al cristianesimo e quindi «la sto-ria… [li] ha riscattati dall’eterna vergogna», facendoli trionfare, «mentre gli ebrei sono precipitati nel buio. Da questo film si potrebbe concludere che se la sono meritata».208 E non serve dire che a guardarla con occhi non ebrei, la narrazione di Gibson non sembra condannare tutti gli ebrei ed assolvere tutti i romani e che non è facile illustrare la Passione senza mettere in luce, se non altro, l’ottusità di coloro che hanno sottovalutato le potenzialità del nuovo messaggio. Resta sempre il fatto che questo film «potrà dare aiuto e sostegno agli antisemiti di tutto il mondo».209 Il film avrebbe proprio meritato che Gib-son gli allegasse una dichiarazione simile a quella suggerita dal presidente dell’Anti-Defamation League:

Il film che vedrete è un film d’amore, una passione d’amore… Gesù… ha sofferto per tutta l’umanità e… tutta l’umanità porta la responsabili-tà e la colpa delle sue sofferenze… Alcuni vogliono biasimare gli ebrei come hanno fatto nel corso della storia. Non fatelo, perché se lo farete questa passione d’amore si trasformerà in una passione di odio.210

206 Foxman, «Mel Gibson’s», Palm Beach Florida, 6 febbraio 2004. 207 The Christian Scholars Group on Christian-Jewish Relations, “Facts, Faith, and Film-Making: Jesus’ Passion and Its Portrayal. A Study Guide for Viewers and Reviewers,” Jewish-Christian Relations, <http://www.jcrelations.net/en/?id=2169>. 208 Denby, “Nailed,” The New Yorker, 1st March 2004. 209 Paula Fredriksen, «Pain Principle», The New Republic Online, 27 febbraio 2004, <http://www.tnr.com/doc.mhtml?i=express&s=fredriksen022704>. 210 Foxman, «Mel Gibson’s», Palm Beach Florida, 6 febbraio 2004.

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Considerazioni sulle imprecisioni storiche Sembra difficile parlare di correttezza storica per quanto riguarda la vita di Gesù. Secondo gli storici moderni «i Vangeli non sono documenti storici chiari e affidabili»211 e le fonti accettate sono molto scarse. Gli studi critici del Nuovo Testamento non sembrano ancora giunti a conclusioni condivise. Qualcuno ha ipotizzato che i Vangeli siano stati scritti in modo tale da scagio-nare i potenti romani dalla colpa di deicidio e scaricarla invece sugli innocui ebrei. Ma quest’ipotesi laica, che considera i Vangeli un testo di «propaganda religiosa»,212 ignora che quei testi per i cristiani sono sacri e sono stati scritti per tramandare gli insegnamenti di Gesù nella loro purezza e raccontare gli episodi della sua vita necessari a capirne il rango. L’ipotesi che gli evangelisti abbiano avuto secondi, meno nobili, scopi come quello di ingraziarsi i potenti romani incolpando ingiustamente un popolo innocente, contrasta con l’idea cristiana della natura dei vangeli. Del resto le dure persecuzioni subite dai cri-stiani per mano dei romani sembrano indicare che essi hanno affrontato con coraggio i loro persecutori e non si sono dimostrati servili nei loro confronti. In attesa che più circostanziate prove storiche confermino o neghino, del tutto o in parte, la responsabilità degli ebrei, che sembra essere affermata dai Van-geli e dal Talmud babilonese, si possono proporre alcune considerazioni di carattere generale che potrebbero aiutare a vedere in una luce diversa il film di Gibson.

In primo luogo, ammettere che gli antichi ebrei abbiano avuto una parte di responsabilità nella morte di Gesù non significa giustificare l’antisemitismo. Il concetto che i figli sono responsabili delle colpe dei genito-ri non fa parte della rivelazione di Gesù, che nega ogni legittimità alla vendet-ta. I cristiani che hanno perseguitato gli ebrei accusandoli di «deicidio» hanno comunque violato la loro stessa legge. Invece di chiedere ai cristiani di conte-stare i Vangeli, cosa per loro inaccettabile, si può chiedere loro di cercare di capire meglio le vere ragioni dell’antisemitismo e di fare tutto il possibile per sradicarle. In secondo luogo, la storia della vita di Gesù narrata nei Vangeli

211 Wieseltier, «Mel Gibson’s», The New Republic, 26 febbraio 2004. 212 David Remnick, «The Talk of the Town. Groves of Academe. Passions, Past and Pre-sent», The New Yorker, 8 marzo 2004.

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parte da un giudizio a priori: Gesù è il Messia degli ebrei. Leggendo quelle pagine, molti cristiani hanno pensato che il fatto fosse lampante e si sono chiesti come mai gli antichi ebrei non lo abbiano capito. Sarebbe dunque mol-to utile provare a guardare alla vicenda di Gesù con occhi ebrei di quegli anni. Gesù, oltre che testimoniare l’amore universale, proferiva anche affermazioni iconoclastiche, contrastanti con venerande tradizioni, alle quali gli ebrei erano fortemente legati e inoltre non realizzava alla lettera le aspettative messiani-che degli ebrei. Quando Gesù morì, a piangerlo ai suoi piedi c’erano solo le tre pie donne e pochi discepoli. Ci sono voluti oltre due secoli perché il suo messaggio avesse un ampio riconoscimento nei territori dell’Impero romano. E, dopo duemila anni, milioni di ebrei sono ancora certi che Gesù «non è fi-glio-dio, non è un profeta, non è un maestro e soprattutto non è il messia».213 Questi dati di fatto dovrebbero convincere i cristiani che, se si è nati e cresciu-ti al di fuori di un contesto nel quale quel rango sia già diffusamente ricono-sciuto, non è facile credere che Gesù sia il messia. Questa constatazione do-vrebbe indurre ogni cristiano a pensare che forse, al posto di uno di quegli an-tichi ebrei che incontrarono Gesù, neppure lui avrebbe riconosciuto il Messia in quel falegname galileo. E in tal caso avrebbe anche lui pensato, come la maggioranza degli ebrei, che avendo egli ripetutamente violato le leggi della Torà era giusto condannarlo a morte, secondo le prescrizioni della legge.

Considerazioni sulla fedeltà ai Vangeli Anche il problema della fedeltà ai Vangeli è molto complesso. Quanto a co-loro che hanno criticato Gibson perché non è stato fedele ai Vangeli e ha ag-giunto episodi tratti da altre fonti o dalla sua fantasia, molti li hanno contro-battuti in nome della libertà dell’artista e hanno semmai affermato che le li-bertà che Gibson si è prese non hanno giovato al livello artistico e morale della sua opera. Quanto a coloro che lo hanno criticato per la sua lettura ec-cessivamente letterale dei testi, alcuni hanno rilevato che non sembra che i Vangeli siano stati scritti per essere letti alla lettera. Le parti narrative non sono mai identiche neppure nei tre Vangeli sinottici. E l’episodio della Pas-sione non fa eccezione. Ma nessuno ha pensato che come è possibile leggere 213 Gherush92, «Ancora su “The Passion”», L’Unità, 17 aprile 2004. Gerush92 si definisce Comitato contro l’antisemitismo cristiano, laico, islamico, di destra, di sinistra.

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i Vangeli in modo diverso da quello dell’integralismo cattolico di Gibson, altrettanto è possibile fare con il suo film, che ne dovrebbe essere la traspo-sizione cinematografica.

Per uscire dalle «trappole della mentalità “letterale”»,214 sembra oppor-tuno fare alcune considerazioni generali sul significato della Passione di Gesù, al di fuori della contestata teologia cristiana dell’espiazione. Una delle ragioni di tanta difformità di giudizio nella lettura di questo episodio è che non esiste un accordo sul significato della figura di Gesù. Le posizioni più note sono tre. La posizione cattolica: Gesù era il Figlio di Dio venuto sulla terra per redime-re l’umanità dal peccato originale ed era anche il Messia degli ebrei. La posi-zione degli ebrei: Gesù è uno dei tanti sedicenti messia della loro storia. La posizione laica: Gesù è un personaggio storico la cui predicazione ha avuto una notevole influenza sulla storia dell’umanità, ma la sua natura è esclusi-vamente umana. Esistono anche altre due posizioni, meno note in Occidente. La posizione dei musulmani: Gesù era lo Spirito di Dio, un apostolo inviato da Dio per la retta guida dell’umanità, come Abramo, Mosè, Muḥammad e altri personaggi menzionati nella Bibbia e nel Corano. La posizione bahá’í: Gesù era una delle Manifestazioni di Dio, ossia quegli Uomini perfetti, Sue perfette immagini, che Dio invia periodicamente nel mondo per insegnare all’umanità la perfezione personale e collettiva, come Krishna, Abramo, Zo-roastro, Mosè, Buddha, Muḥammad, il Báb, precursore di Bahá’u’lláh, e Ba-há’u’lláh. Alla luce del concetto bahá’í, la Passione di Cristo è il paradigma del trattamento che gli uomini hanno sempre accordato alle Manifestazioni di Dio: «dinieghi… ripudio e… violenta opposizione».215 Le Manifestazioni di Dio sono portatrici di verità iconoclastiche, che turbano l’ordine costituito e quindi suscitano le apprensioni di coloro che, per varie ragioni, sono maldi-sposti al cambiamento. Timorosi del potenziale di destabilizzazione della nuova predicazione, essi perseguitano colui che ne è il portatore e i suoi primi seguaci. Questo comportamento è descritto anche nell’Antico Testamento: Abramo e Mosè sono stati entrambi perseguitati dal loro popolo. I cristiani

214 Denby, «Nailed», The New Yorker, 1° marzo 2004. 215 Bahá’u’lláh, Il Kitáb-i-Íqán. Libro della Certezza, 2a ed. riv. (Casa Editrice Bahá’í, Ro-ma, 1994) 18.

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potrebbero obiettare che nessuna Manifestazione di Dio ha subito sofferenze fisiche così atroci come quelle di Gesù. Ma probabilmente essi tendono a so-pravvalutare il significato dell’aspetto fisico delle sofferenze di Gesù e a sot-tovalutare l’importanza dell’aspetto morale e spirituale. Coloro che percosse-ro, fustigarono e crocifissero Gesù, coloro che invocarono la sua morte, colo-ro che semplicemente rimasero sordi alle sue parole erano afflitti da imperfe-zioni spirituali come «l’indifferenza verso Dio, la falsità, la crudeltà e la sleal-tà», che sono una forma di tormento più sottile rispetto a «punizioni… prigio-nia… percosse… esilio».216 La visione di quegli esseri umani ciechi e sperduti ha fatto soffrire Gesù molto più del suo supplizio fisico, proprio perché egli li amava di un amore divino e sapeva bene quali sarebbero state le conseguenze del loro ripudio: ingiustizia, distruzione e morte. Questo tipo di sofferenza è stata condivisa da tutte le Manifestazioni di Dio. Conoscere questo aspetto della loro vita serve a constatare la piccolezza dell’uomo, la grandezza dell’amore delle Manifestazioni e la difficoltà di capire il loro messaggio in-novatore. Scoprire nella Passione questo significato paradigmatico aiuterebbe tutti a vedere il film di Gibson con occhi completamente diversi.

Considerazioni sull’incompletezza del messaggio cristiano Molti hanno detto che questo film non trasmette fedelmente il messaggio cri-stiano. Eppure se si prova a leggerlo cercando di cogliere lo spirito degli even-ti narrati, i sedici flashback non sono immagini «frustrantemente fuggevo-li»217e «criptiche»,218 che solo per gli iniziati si trasformano in «echi sublimi-nali di vecchie storie familiari»,219 ma «le parti più originali del film»,220 «“piccoli luoghi di pausa dove si può sfuggire la violenza e trovare lirismo e

216 ‘Abdu’l-Bahá, Le Lezioni di San Giovanni d’Acri (Comitato bahá’í di traduzione e pub-blicazione, Roma, 1961) 325. 217 Robert Wilonsky, «God Awful. Mel Gibson’s passionate about getting into heaven», Dallas Observer, 26 febbraio 2004. 218 Rich, «“Passion”», New York Times, 5 marzo 2004. 219 Burns, «Jesus Christ Superstar», Philadelphia Weekly, 25 febbraio 2004. 220 Chirichelli, «Tanto tuonò», Mymovies.it, <http://www.Mymovies.it/dizionario/recens_ ut.asp? Id=12203>.

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bellezza”».221 Integrati dalle parole pronunciate da Gesù nel corso della Pas-sione, essi bastano a ricordare gli aspetti più importanti della sua predicazio-ne. Il messaggio essenziale è che l’uomo non è stato creato e poi abbandonato a se stesso, ad affrontare i difficili dilemmi della vita. Un Dio-Padre amorevo-le lo assiste, mostrandogli in una forma a lui comprensibile «la via, la verità e la vita».222 Gli insegna a vivere sulla terra ordinando il proprio essere a una dimensione superiore dell’esistenza, in questo caso «il Regno di Dio», nella quale imperano l’amore,223 il perdono224 e lo spirito di servizio,225 e a mante-nersi fedele, a qualsiasi costo, a quella scelta liberamente compiuta.226 Lo av-verte che quell’insegnamento rinnova «tutte le cose».227 Lo ammonisce che la realizzazione di questo rinnovamento comporterà sacrifici e sofferenze228 e gli indica il proprio esempio di abbandono totale alla volontà divina, esplicitata nei Suoi comandamenti, come supremo modello d’amore da seguire. Gli fa intravedere un futuro di speranza. Il Padre gli parlerà ancora, in una dimen-sione sempre più ampia e più vicina alla verità.229 Quanto ai flashback che mostrano Gesù fra i discepoli, soprattutto il sesto e l’undicesimo flashback, completamente muti, trasmettono intensamente, proprio nella loro sobrietà, l’avvolgente calore di quell’amicizia e di quell’amore.230 E quell’amicizia e quell’amore appaiono ancora più grandi, perché – a parte la figura di Maria, che mostra di essere consapevole del significato degli eventi – anche i perso-naggi positivi, cioè, i membri dissenzienti del sinedrio, il Cireneo, gli apostoli,

221 Gibson in Noonan, «Face to Face», Reader’s Digest (United Kingdom Edition), marzo 2004, <http://www.readersdigest.co.uk/magazine/melg.htm>. 222 Giovanni XIV, 6, CEI, Mel Gibson, The Passion of the Christ, cap. 13, 1h:32m:51s (quattordicesimo flashback). 223 Gibson, Passion, cap. 12, 1h:25m:49s (nono flashback) e cap. 13, 1h:31m:10s (dodice-simo flashback). 224 Gibson, Passion, cap. 8, 1h:03m:4s (quinto flashback). 225 Gibson, Passion, cap. 7, 59m:39s (quarto flashback). 226 Gibson, Passion, cap. 12, 1h:27n:14s (decimo flashback ) e cap. 13, 1h:31m:10s (dodicesimo flashback). 227 Cfr. Apocalisse XXI, 5, Gibson, Passion, cap. 11, 1h, 15m, 10s. 228 Gibson, Passion, cap. 7, 59m:37s (quarto flashback). 229 Gibson, Passion, cap. 7, 59m:37s (quarto flashback). 230 Gibson, Passion, cap. 9, 1h:08m:19s e cap. 13, 01h:30m:16s.

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la Maddalena, la Veronica e Claudia Procura, sono ignari spettatori degli e-venti, diversi dagli altri solo per la loro compassione o, al massimo, per il loro attaccamento al loro Maestro, e quindi immeritevoli di tanto amore. Infine non sembra proprio che la dimensione cristiana del perdono sia assente dal film. Le parole di perdono pronunciate da Cristo sulla croce sono ancor più convincenti, perché dette alla fine di tanta violenza. È indubbio che se quei flashback fossero stati più numerosi il film sarebbe stato meno crudo. Ma questa non era l’intenzione del regista.

Molte scene sono accompagnate da quelle «grottesche e sardoniche… apparizioni»231 del demonio, che alcuni critici considerano fra le parti migliori del film e altri «allucinazioni… evase da un film di David Lynch».232 A parte le dichiarate intenzioni del regista nel registrare questa presenza, e al di fuori di ogni attribuzione di realtà ontologica al demonio, è anche possibile ricono-scere in quella conturbante figura l’emblema della nostra natura materiale. Es-sa ci lega alla dimensione terrena dell’esistenza che il messaggio di Gesù, come quello di tutte le religioni, ci sprona a subordinare alla dimensione tra-scendente che merita invece tutto il nostro amore. Il demonio dunque è un a-spetto della vita umana, di cui è bene essere consapevoli, per essere tanto de-terminati nella lotta necessaria per vincere la sua presa, quanto il Gesù raffi-gurato nel film lo è nello schiacciare la testa della piccola serpe che striscia verso di lui mentre prega nell’orto di Getsemani. La vicenda di Gesù, che ac-cetta il proprio destino come ogni fragile essere umano, ci insegna che tutti possono vincere quella battaglia.

Quanto al poco peso dato dal regista al tema della resurrezione, questo semmai è d’aiuto a tutti coloro che, non appartenendo all’agape cristiana, non leggono alla lettera le parole dei Vangeli. La speranza di chi ama Gesù, anche al di fuori delle fila del cristianesimo, non nasce dalla fede nella resurrezione di un corpo riemerso dalla morte fisica, per ubicarsi in un’ignota dimensione temporo-spaziale dell’universo, ma dal riconoscimento dei trionfi spirituali che la fede nell’insegnamento di Gesù ha accordato e accorda a tutti coloro

231 Chirichelli, «Tanto tuonò», Mymovies.it, <http://www.Mymovies.it/dizionario/recens_ ut.asp? Id=12203>. 232 Wilonsky, «God Awful», Dallas Observer, 26 febbraio 2004.

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che, noti o ignoti, lo hanno messo e lo mettono in pratica con sincerità di in-tenti. Per coloro che non sono cristiani, quaranta giorni dopo la crocifissione di Gesù, non è risorto un corpo, ma un vivificante messaggio religioso, per brevissimo tempo morto e sepolto nel sepolcro degli umanissimi timori di quello sparuto gruppo di fedeli che erano rimasti a piangere il divino Maestro ai piedi della croce.

Un’ultima considerazione va fatta sulle critiche mosse alla figura di Gesù che emerge dal film di Gibson. Un critico osserva che «il personaggio del falegname nazzareno si porta dietro un bagaglio di aspettative e preconcet-ti più di ogni altro personaggio dell’azione scenica occidentale» e che specifi-camente «il Gesù della Passione di Cristo di Mel Gibson è... una vittima divi-na che rispecchia le ansietà dei nostri tempi oppure quelle del regista».233 Le stesse considerazioni valgono anche per le grandi opere d’arte di pittura e di scultura del passato che, pur raffigurando Gesù con grande amore e devozio-ne, ne danno un’immagine che inevitabilmente rispecchia i limiti dell’artista e dei suoi tempi e quindi non rendono giustizia a un personaggio che rappresen-ta la divinità sulla terra. Forse il film di Gibson ci offre l’occasione di riflette-re sui rischi di «rappresentare in forma umana, in un dipinto, in una scultura o sulle scene, la persona di una delle Manifestazioni di Dio»234 di cui alcune re-ligioni, come l’Islam e la Fede Bahá’í, sono perfettamente consapevoli.

Considerazioni sulla faziosità e sull’esclusivismo Quanto alla faziosità politica, sembra veramente una forzatura pensare che Gibson abbia voluto istituire un confronto fra l’impero romano e i suoi legio-nari e l’impero americano e i suoi soldati. Nessuno vorrebbe che il proprio popolo assomigliasse a quei brutali legionari, che non sembrano certo «beni-gni occupatori stranieri»,235 o a quel procuratore superstizioso e vile, che non sembra proprio «un’anima sensibile dal cuore gentile».236 La contrapposizione

233 Sian Gibby, «Ecce Homo? The new celluloid Jesus doesn’t seem real», Slate, 26 feb-braio 2004, <http://slate.msn.com/id/2096185/>. 234 A nome della Casa Universale di Giustizia, a un credente, 9 marzo 1977, in L’arte. Compilazione della Casa Universale di Giustizia (Casa Editrice Bahá’í, Roma, 1999) 30). 235 De Giglio-Bellemare, «The Passion», The Journal of Religion and Film, 1° aprile 2004. 236 Bernard, «Gore’s the crime», New York Daily News, 23 febbraio 2004.

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fra bene e male non sembra fra i buoni romani e i cattivi ebrei, ma fra la buo-na novella portata da Gesù e la cecità della natura umana che non riesce a comprenderla. Attribuire al film altre, più sottili, intenzioni politiche signifi-cherebbe accusare l’artista di prestarsi alla perpetuazione di passati orribili abusi del nobile messaggio di Cristo, una colpa spirituale così grave da creare un sentimento di orrore più profondo di quello suscitato dalla visione delle violenze inflitte al corpo di Gesù cui si è esposti dal film. Quanto alla faziosità religiosa, il tema è delicatissimo. Da un lato, sem-bra difficile pretendere che un’anima convinta della nobiltà del proprio ideale (e il messaggio dei Vangeli è sicuramente nobile) rinunci a presentarlo agli altri nella forma che a lui sembra la più attraente. Dall’altro, però, era preve-dibile che il film sarebbe stato «visto da un numero maggiore di persone di tutte quelle che hanno visto tutte le sacre rappresentazioni pasquali dal Medio Evo fino ad oggi»237 e che queste persone non sarebbero state tutte cristiane. Ma Gibson li ha ignorati e ha escluso dal film immagini e parole che avrebbe-ro potuto renderlo più comprensibile anche ai non cristiani. Il suo film ha si-curamente avuto «un successo di dimensioni epiche»238 ma il suo atteggia-mento esclusivista ne ha delimitato il valore all’ambito dell’ecumene cristia-na. Per molte persone la ricchezza del messaggio di Cristo resta inesplorata.

Considerazioni sul dialogo interreligioso Davanti alle critiche di ostacolo al dialogo interreligioso, Gibson ha detto che questo film insegna l’amore, e amore significa «“che si deve amare tutti… perché se si amassero solo coloro che ci vogliono bene che amore sareb-be?”».239 Ma non ha pensato che se in passato ogni cultura era libera di parla-re al proprio interno un linguaggio «esclusivista» senza timore di suscitare ec-cessivi conflitti, perché le sue parole risuonavano in un mondo perlopiù mo-noculturale, oggi non è più così. La crescente tendenza a usare linguaggi poli-ticamente corretti denota un crescente desiderio di rispettare la sensibilità al-

237 «ADL and Mel Gibson», <http://www.adl.org/interfaith/gibson_qa.asp>. 238 Klein, «Cross purposes», Haaretz, 26 marzo 2004. 239 Gibson in Fischer, «Gibson’s Passion», Filmmonthly, 12 febbraio 2004, <http://www.filmmonthly.com/Profiles/Articles/MGibsonPassionChrist/MGibsonPassionChrist.htm>.

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trui. Questa volontà si rispecchia per esempio nel messaggio dell’Assemblea interreligiosa tenuta nella Città del Vaticano del 24-29 ottobre 1999, nel quale i partecipanti si impegnano a «promuovere la riconciliazione laddove le dolo-rose esperienze del passato hanno generato divisione e odio e non permettere che il passato si interponga nel cammino verso l’apprezzamento reciproco e l’amore».240 Il rispetto di questo criterio da parte dei seguaci di tutte le reli-gioni darà un importante contributo al reciproco avvicinamento delle varie fe-di. Il presidente dell’Anti-Defamation League ha già fatto sapere a Gibson di essere convinto che il regista «imparerà a capire che cosa ferisce [gli ebrei]. E quando lo avrà fatto… la sua sarà una voce di simpatia e di comprensione».241

Considerazioni sull’inopportunità Gibson intende promuovere il cristianesimo, in particolare il cattolicesimo, e più specificamente una forma di cattolicesimo integralista. È un suo diritto. Ma in questo momento in cui le religioni del mondo sembrano seriamente im-pegnate nel promuovere il loro dialogo, mentre le tensioni culturali e religiose restano sempre altissime, il tema che ha scelto per ottenere il suo scopo è insi-dioso. Gli evangelisti sono chiari nell’affermare, a torto o a ragione, che gli ebrei hanno condannato il loro Messia. È pressoché impossibile illustrare la Passione di Cristo senza menzionare questo tema e quindi senza rischiare di mettere in cattiva luce gli ebrei, non solo davanti alle frange antisemite ancora presenti fra le fila dei cristiani, ma anche nel mondo islamico, che considera Gesù uno dei suoi profeti e che ha sempre condannato gli ebrei per non avere riconosciuto il suo rango profetico. Il fatto che precedenti film che trattavano lo stesso tema non abbiano suscitato simili considerazioni non dipende solo dalla loro diversa impostazione, ma anche dalle mutate condizioni del mondo e dal cambiamento della mentalità. In primo luogo, il mondo occidentale è andato molto avanti nel suo processo di laicizzazione. Se un tempo le persone che non conoscevano i fondamenti del cristianesimo erano poche, oggi sem-bra che tali persone siano molto più numerose. È in questo tipo di occidente che il film di Gibson ha potuto essere accusato di faziosità religiosa. In secon- 240 «II Messaggio dell’Assemblea Interreligiosa», L’Osservatore Romano, 30 Ottobre 1999. 241 Foxman, «Mel Gibson’s», Palm Beach Florida, 6 febbraio 2004.

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do luogo, sembra che siano sempre più numerosi coloro che nella scala dei valori morali mettono ai primi posti la pace e di conseguenza stanno molto attenti ai comportamenti che possano metterla in pericolo. Questa è la menta-lità che fa porre oggi l’interrogativo puramente etico se sia giusto promuovere un proprio messaggio spirituale, per quanto nobile possa essere, quando così facendo si rischia di mettere in pericolo la pace altrui.

Problemi con i Vangeli? Quanto all’idea di Gibson che coloro che criticano il suo film «“hanno pro-blemi coi quattro Vangeli”»,242 oppure «intendono perseguitarlo»,243 Gibson potrebbe sbagliarsi. La maggior parte di quelle persone non sembra avere problemi con i Vangeli o con lui, ma con la «“dichiarazione” di verità esterio-re e programmatica»244 fatta dal suo film, ossia con le tradizionali letture lette-rali del Vangelo che i cristiani in varia misura ancora propongono e dalle qua-li sembra che pochi, cristiani e non cristiani, riescano comunque a distaccarsi. In particolare, i critici di Gibson contestano tre aspetti della sua religiosità. Primo, la teologia della soddisfazione espiatoria. Secondo, il dolorismo, con la sua filosofia del perdono che, validissima a livello personale, nei rapporti sociali potrebbe sancire la perpetuazione di antichi conflitti, se non è accom-pagnata da un costante e concreto impegno di risolvere le ingiustizie che ne sono la causa. Terzo, l’esclusivismo. Gibson ha usato un mezzo di comunica-zione di massa potente come il cinema, che «si rivolge a molti popoli e culture ed… è estremamente importante nel trasmettere idee, nel modellare le opinio-ni e nell’influenzare il comportamento»,245 per parlare un linguaggio total-mente comprensibile solo all’interno della propria religione. E per di più ha prodotto un film che «è impossibile vedere… senza provare una reazione vi-scerale».246 È ovvio che gli spettatori abbiano reagito visceralmente: con entu-siasmo, coloro che si sentono compresi in questo grande messaggio esclusivo,

242 Gibson, in Sawyer, «Pain and Passion», ABCNews.com, 17 febbraio 2004. 243 Rich, “‘Passion’,” New York Times, 5 marzo 2004. 244 Escobar, «Passione», La Domenica del Sole 24 Ore, 18 aprile 2004. 245 «Cinema and Literacy of the Eyes, Ears, and Heart», World Order 35.2 (2003-04): 2. 246 Wilonsky, «God Awful», Dallas Observer, 26 febbraio 2004.

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con frustrazione, talvolta con irritazione, coloro che ne sono inevitabilmente esclusi.

La bellezza del momento storico presente è che i seguaci delle religioni hanno incominciato a cercare il modo di evitare i linguaggi esclusivisti, che possono mettere le religioni l’una contro l’altra, quasi fossero nazioni armate l’una contro l’altra. Ma ci sono ancora molti passi avanti da fare. Nel pieno della passione nazionalistica europea, un grande politico italiano, Giuseppe Mazzini (1805-1872) ha formulato un pionieristico ragionamento: «La Patria non è un territorio; il territorio non ne è che la base. La Patria è l’idea che sor-ge su quello; è il pensiero d’amore, il senso di comunione che stringe in uno tutti i figli di quel territorio»,247 pertanto «chi ama la propria patria, ama tutte le patrie». Oggi l’importanza di questo ragionamento è diventata evidente per chi vuole costruire un nuovo ordine mondiale dove tutti i popoli possano vive-re ugualmente protetti da una stessa Carta dei Diritti umani. Le religioni po-trebbero benissimo ragionare nello stesso modo. La religione non è solo una forma alla quale attenerci nella nostra vita quotidiana, una forma che ci lega a tutti coloro che ad essa si attengono. La religione è anche l’amore che ci indu-ce a farlo. E quest’amore è identico, indipendentemente dalla forma che ne è oggetto. Pertanto «chi ama la propria religione ama tutte le religioni». Un at-teggiamento di questo genere segnerebbe un grande passo avanti nell’avvicinamento delle religioni.

Alcune considerazioni conclusive

La polemica sul film dimostra che è difficile distogliere l’attenzione da inve-terati pregiudizi, che hanno già fatto abbastanza danno, e da interminabili dia-tribe, che non hanno mai condotto a nulla, e affermare le verità nelle quali crediamo con un linguaggio che tenga conto della multiculturalità del mondo. Ha dimostrato che i significati più profondi della vicenda di Gesù narrata nei Vangeli sono ancora secondari per molte persone, legate ad antiche interpre-tazioni o distratte da interessi diversi reputati superiori. Sotto questo aspetto non sorprende che la figura di Pilato, «laico e tollerante»,248 abbia tanto colpi-

247 Giuseppe Mazzini, I diritti dell’uomo (Londra, 1860), cap. V. 248 Ronchey, «Il tormento», La Stampa, 7 aprile 2004.

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to molti critici. «Le sue angosciose esitazioni e i suoi interrogativi filosofici, come “Che cos’è la verità”, ne fanno il personaggio più moderno del film», scrive il critico cinematografico israeliano Uri Klein. E di fatto egli sembra personificare coloro che, oggi come allora, preferiscono dare alla parola «ve-rità» un significato pragmatico, relativo alla vita di tutti i giorni, che amano descrivere con tono «scettico, canzonatorio, triviale».249 Ma ciò facendo ri-nunciano come Pilato a prendere parte, nel bene o nel male, alla «storia che prende forma sotto i… [loro] occhi».250 Queste persone ragionano ancora co-me Voltaire, il quale «prendendo a misura le mancanze e le malefatte del Pa-pa, capo della religione cattolica romana, e gli intrighi e le dispute dei capi spirituali della cristianità, discusse e cavillò» su Gesù e, avendo aprioristica-mente rinunciato a un esame razionale e spassionato delle sue parole, «non riuscì ad afferrare il vero significato delle sacre Scritture».251

L’enormità del dolore, fisico o morale, patito da Gesù descritta da Gib-son può anche evocare il ricordo della «teologia della soddisfazione espiato-ria», legato alla teologia della Emmerich, secondo la quale «Cristo con la sua volontaria sofferenza rende soddisfazione a Dio, il cui onore è stato violato dai peccati dell’umanità»252 e del dolorismo cattolico e di «quanto di sadoma-sochistico la religione cristiana si porti dietro da secoli».253 Può perfino ricor-dare «i milioni di persone, vittime di crociate, inquisizioni, conquiste colonia-li, tratte degli schiavi, terrorismi politici e genocidi, che sono state torturate e uccise nel nome di Cristo».254 Ma, vista con occhi liberi da ogni preconcetto, essa soprattutto pone un indelebile suggello di autenticità sull’insegnamento di Cristo, da lui stesso sintetizzato, quando al dotto fariseo che gli chiedeva quale fosse «il maggior comandamento della legge», rispose:

249 Corliss, «Holy Hypocrisies», Time, 27 febbraio 2004. 250 Klein, «Cross purposes», Haaretz, 26 marzo 2004. 251 ‘Abdu’l-Bahá, Il Segreto della Civiltà Divina (Casa Editrice Bahá’í, Roma, 1988) 50. 252 De Giglio-Bellemare, «The Passion», The Journal of Religion and Film, 1° aprile 2004. 253 Bruno Borsetti, «La passione di Gibson. Anche il sadomaso dovrebbe avere una sua co-erenza interna», Cinemind. Filosofie dello sguardo, 16 aprile 2004, <http://cinemind. splin-der.com/archive/2004-04>. 254 Jim Hoberman, “Flogged to Death. Muscular action, cosmetic wonders: Mel gives the Christ story a fantasy-epic makeover,” The Village Voice, 25 February 2004.

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Ama il Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore, e con tutta l’anima tua, e con tutta la mente tua (cfr. Deuteronomio VI, 5). Quest’è il primo, e il gran comandamento. E il secondo, simile ad esso, è: Ama il tuo pros-simo come te stesso (cfr. Levitico XIX, 18). Da questi due comanda-menti dipendono tutta la legge, ed i profeti.255

Purtroppo Gibson non include nel suo film un’altra importante frase di Gesù: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri (greco εν αλλήλοις, latino ad invicem)».256 Questa frase sottolinea l’importanza della reciprocità dell’amore se si vuole meritare il nome di «di-scepoli di Cristo». Sembra dunque di capire che il comandamento divino non chieda soltanto di amare gli altri, ma anche di creare le condizioni della reci-procità, le condizioni perché anche gli altri possano rispondere al nostro amo-re, ossia la «completa spiritualità».257 Pertanto essere suoi discepoli significa «personificare ogni possibile eccellenza».258 Oggi, dopo duemila anni, quando ogni barriera geografica tra i popoli e le culture è caduta e le antiche religioni incominciano a capire che devono imparare a convivere pacificamente nel mondo, queste parole che sottolineano la priorità della reciprocità e dell’unità nell’amore rispetto a qualsiasi altra considerazione assumono una dimensione planetaria. Sotto questo aspetto il messaggio cristiano mantiene una grande attualità, perché contiene in sé le premesse per ispirare nei suoi seguaci la vo-lontà di uscire dalla «morsa di quei dogmi e di quelle pretese di accesso privi-legiato alla verità che hanno prodotto alcuni dei più aspri conflitti che abbiano diviso gli abitanti della terra»259 e in questo modo di contribuire al progresso spirituale del mondo al di là di ogni interesse puramente confessionale.

255 Matteo XXII, 35-40, CEI. 256 Giovanni XIII, 35, CEI, The Greek New Testament, 3a ed. (United Bible Societies, Lon-dra, 1975), Nova Vulgata Bibliorum Sacrorum Editio, Evangelium secundum Ioannem. Le locuzioni εν αλλήλοις e ad invicem sono usate in greco e in latino rispettivamente per indi-care la reciprocità. 257 ‘Abdu’l-Bahá, Il Segreto 56. 258 ‘Abdu’l-Bahá, Antologia (Casa Editrice Bahá’í, Roma, 1987) 37. 259 La Casa Universale di Giustizia, Ai capi religiosi del mondo (Casa Editrice Bahá’í, Roma, 2002) 9.

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È questo, nonostante tutto, il tema centrale del film. Esso mostra le sof-ferenze di Gesù, mentre la vita continua a registrare le sofferenze patite dalle molte altre vittime innocenti, che soffrono a causa delle disobbedienza umana al «maggior comandamento della legge» che lui è venuto a ricordare e con-fermare. L’orrore della brutalità che ci viene mostrata non vorrebbe, non do-vrebbe, farci cavillare su questioni storiche, politiche, teologiche o dottrinarie del tutto secondarie. Vorrebbe, dovrebbe solo risvegliare i credenti di tutte le fedi alla responsabilità di utilizzare la forza del messaggio di unità e d’amore, annunciato da tutte le religioni del mondo, per lo scopo prioritario di promuo-vere il progresso spirituale dell’umanità, al di là degli specifici interessi delle varie confessioni religiose, e così di contribuire a porre fine alle molte inique brutalità, che sono il risultato della nostra comune persistente ignoranza di quell’antico, eterno comandamento di Dio.