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CHIESA DI SAN PAOLO DELLA CROCE - FOLLONICA 19 Ottobre FESTA CRISTIANA PER LA COMMEMORAZIONE E VENERAZIONE DI SAN PAOLO DELLA CROCE L’UOMO, IL MISTICO, IL FONDATORE La Passione di Cristo sia sempre nei nostri cuori * * * Ricerca e sintesi sulla vita, la fede e le opere di San Paolo della Croce, mistico ed evangelizzatore, maestro spirituale e fondatore delle Congregazioni dei Passionisti e delle Passioniste. 1

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CHIESA DI SAN PAOLO DELLA CROCE - FOLLONICA

19 Ottobre

FESTA CRISTIANA PER LA COMMEMORAZIONE E VENERAZIONE DI

SAN PAOLO DELLA CROCE L’UOMO, IL MISTICO, IL FONDATORE

“La Passione di Cristo sia sempre nei nostri cuori”

* * * Ricerca e sintesi sulla vita, la fede e le opere di San Paolo della Croce, mistico ed evangelizzatore, maestro spirituale e fondatore delle Congregazioni dei Passionisti e delle Passioniste.

DIOCESI DI MASSA MARITTIMA - PIOMBINO

Anno Pastorale 2019 - 2020

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LA CELEBRAZIONE SOLENNE DELLA FESTA CRISTIANA PER LA COMMEMORAZIONE

E LA VENERAZIONE DI SAN PAOLO DELLA CROCE

Il giorno 19 del mese di Ottobre il Calendario liturgico della Chiesa Cristiana Cattolica celebra la Commemorazione e la Venerazione di San Paolo della Croce, Sacerdote, Mistico, Missionario e fondatore della “Congregazione della Passione di Gesù Cristo e delle Passioniste”. La Festa viene solennemente commemorata con gioia in tutto il mondo cattolico per la testimonianza di vita vissuta dal Santo nella fede e nella meditazione mistica della Passione di Gesù Cristo Salvatore dell’umanità. La Solennità assume uno speciale rilievo celebrativo e spirituale nei Ritiri 1 delle Comunità Passioniste fondate dal Santo e nelle Chiese di tutto il mondo cristiano a lui dedicate. Nella celebrazione della Festa vengono rivissute le esperienze missionarie e mistiche del Santo le cui opere e le appassionate predicazioni convertirono moltissime anime, ottenebrate dal peccato, alla “Luce delle Verità” rivelate dalla divina Scuola, ovvero, dalla Parola di Dio e dalla Sua Chiesa. Per oltre quaranta anni padre Paolo della Croce percorse una gran parte delle Regioni d’Italia e con la Luce della Parola, con gli esempi e con l’aiuto dello Spirito Santo, riuscì a riportare sulla via del Signore innumerevoli popolazioni abbandonate e smarrite, rinnovando la loro spiritualità. Padre Paolo della Croce con il suo carisma spirituale e paterno, fu anche la guida e il sostegno delle anime chiamate a servire Dio nella più alta e più perfetta via dei consigli evangelici. Per quanto padre Paolo della Croce ha realizzato nella sua vita ottenendo “buoni frutti”, la Chiesa lo venera come Santo e lo indica con una mirabile espressione: “cacciatore di anime, araldo del Vangelo e lucerna risplendente”: “Animarum venator, Evangelii praeco et lucerna fulgelis”.

Nel Martirologio Romano del 19 Ottobre 1775, n. 2, c’è scritto:

“San Paolo della Croce, sacerdote, che fin dalla giovinezza rifulse per spirito di penitenza e zelo e, mosso da singolare carità verso Cristo crocifisso contemplato nel volto dei poveri e dei malati, istituì la Congregazione della Passione di Gesù Cristo. Il suo anniversario di morte, avvenuta a Roma, ricorre il giorno precedente a questo”.

18 Ottobre, n. 8, ricorrenza secondaria: “A Roma, anniversario della morte di san Paolo della Croce, sacerdote, la cui memoria si celebra domani”.

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LA FEDE, LA VOCAZIONE E LE OPERE DI SAN PAOLO DELLA CROCE

Una breve premessa: Sarebbe impossibile da parte nostra, descrivere in poco spazio l’enorme contenuto di tutto quello che San Paolo della Croce ha esercitato nella fede, nella spiritualità mistica ed appassionata in Gesù Cristo e di tutto ciò che ha realizzato al servizio del Signore e della sua Chiesa, nell’intero arco della sua vita. Quindi, questa nostra “sintesi di ricerca” si limiterà solamente ad esporre, in modo narrativo e sintetico, gli aspetti fondamentali e gli eventi principali che caratterizzano e mettono in rilievo la sua personalità di “uomo chiamato da Dio”, quali: Il

1 Ritiri: Case di Recolleziòne. Dal latino recǒllēctus = raccolta. ”Case di raccolta”.2

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contesto storico-politico ed ecclesiale in cui ha vissuto; Le origini; La fede e la vocazione missionaria; La spiritualità mistica; Gli eventi e le opere di fondazione delle Congregazioni Passioniste; Le missioni di apostolato nelle popolazioni della Maremma (bisognose delle verità rivelate che donano “senso” all’esistenza). Lo studio per questa “Ricerca” è stato effettuato su alcuni Libri di autori e studiosi, dedicati alla vita consacrata a Dio di Paolo della Croce. Inoltre, la ricerca attinge i riferimenti dai suoi stessi scritti, come il “Diario”, le “Lettere”, la “Regola” e dai documenti che riguardano il suo “Processo di Beatificazione e Canonizzazione”, tutti raccolti in volumi. Il nostro fine, dunque, diviene quello di accentrare e sintetizzare le “questioni più salienti” che mettono padre Paolo della Croce in luce di Santità. Pertanto, riteniamo opportuno, nel giorno della Festa dedicata alla sua commemorazione e venerazione, di trasmettere, in forma semplice e narrativa, questa “sintesi culturale” a tutti i fedeli cristiani che desiderano conoscere la vita, la fede e le opere di San Paolo della Croce.

Il contesto storico/politico europeo del 1700: San Paolo della Croce è vissuto in un periodo storico in cui tutto il mondo occidentale era movimentato da gravi convulsioni politiche e sociali. La causa delle convulsioni era dovuta alle mire egemoniche delle monarchie dominanti che scatenavano le guerre tra le Nazioni. Le potenti monarchie europee, erano quelle dell’Austria, della Francia e della Spagna. La penisola Italiana, in quei tempi, era divisa in otto Stati principali, alcuni Ducati e piccoli Principati, che in qualche modo, erano tutti subalterni a quelle monarchie, per cui, oltre che subire le guerre in casa propria, ne pagavano anche le spese con il loro dissesto economico, le distruzioni del territorio e il pericolo di morte delle popolazioni, specialmente nelle regioni settentrionali. Nel territorio centrale della penisola, il Promontorio dell’Argentario, con le cittadine di Orbetello, Porto Ercole, Porto Santo Stefano e Talamone, costituiva lo “Stato dei Presidi”. Questo comprensorio territoriale, situato tra il Granducato di Toscana e lo Stato Pontificio, apparteneva all’Austria ed era una piazzaforte militare di grande importanza strategica che permetteva agli austriaci (e poi agli spagnoli), di controllare i loro domini al nord e al sud della penisola. Nel percorso della sua vita, Paolo della Croce assistette alle ripercussioni negative di ben quattro guerre tra il 1700 e il 1748, delle quali, in qualche modo ne fu anche coinvolto 2. La guerra (1733-1735) per la successione al trono di Polonia, che sorprese Paolo sul Monte Argentario, si concluse con il passaggio dello “Stato dei Presidi”, dall’Austria (che lo deteneva dal 1714), alla Spagna (che lo unì al Regno di Napoli). Occorre ricordare che le guerre venivano combattute prevalentemente sul suolo italiano e comportavano delle vere tragedie di sofferenza e di morte per i soldati e per le popolazioni civili coinvolte. I territori, su cui avvenivano le battaglie, subivano le distruzioni dei centri abitati, delle campagne e dei raccolti. Pertanto, in quelle sventurate zone si verificava il tracollo del commercio e la mancanza delle derrate alimentari. In sintesi, nelle popolazioni colpite dalla guerra, si instaurava lo spettro della morte, della miseria e della fame, insieme al conseguente influsso negativo sui costumi e sulla pratica religiosa3.

2 Nel 1715 il Papa Clemente XI promulgò un Giubileo straordinario allo scopo di sollecitare preghiere e aiuti per la Repubblica di Venezia che conduceva una guerra contro i Turchi. Preso dal fervore di spirito cristiano, Paolo si arruolò come volontario, rinunciando ad ogni compenso economico, ma non prese mai parte attiva agli scontri. Cfr. A. Lippi., San Paolo della Croce. Mistico ed evangelizzatore. Maestro di Santità per oggi, Edizioni Feeria, Panzano in Chianti (Firenze),2014, 38.3Cfr. G. Della Monica , D. Ros selli , G. Tosi, Fortezze e Torri costiere dell’Argentario, Giglio e Giannutri. Cronaca, storia, aspetti architettonici. Edizioni Laurum, Pitigliano (Gr.), 1996.

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La situazione ecclesiale: Nell’Europa settecentesca si era creata una situazione particolarmente difficile per la Chiesa cattolica, la quale, veniva osteggiata in tutto il continente a causa delle nuove “correnti di pensiero” dei filosofi illuministi (Voltaire, Montesquieu, Kant, ed altri). Questi filosofi inaugurarono “l’epoca dei lumi e della ragione”, la quale dette inizio al “secolarismo laico” delle società europee. Questi pensieri innovativi si diffondevano nelle popolazioni creando un clima di rivendicazioni nei confronti delle monarchie assolute e di sospetto verso la Chiesa che, in qualche modo, collaborava con esse. I filosofi illuministi portarono una ventata di aria fresca sui “vecchi regimi monarchici”, allo scopo di riformarli con i principi del razionalismo, dello scientismo ma soprattutto con l’affermazione fondamentale dei diritti umani. Con questi principi, gli illuministi collocarono “l’uomo e il suo intelletto” al centro del mondo, per cui tutto ciò che riguardava la vita quotidiana sulla terra, doveva essere filtrato dalla sua “ragione critica”, al fine di avere una prova oggettiva di ogni questione in gioco. Quindi, queste forme critiche si rivolgevano anche nei confronti della Chiesa cattolica che, secondo gli illuministi, predicava una dottrina spirituale in cui vi erano contenuti astratti (per es. i dogmi). Questi contenuti, non potevano essere comprovati e riconosciuti dalla ragione razionale ed oggettiva della mente umana, e perciò, si creavano sospetti sulla sacralità della “Rivelazione divina” e di conseguenza sulla vericidità della “dottrina” stessa. Alcuni governi delle monarchie europee, accolsero buona parte di questi pensieri, ritenendoli corrispondenti alle realtà comprensibili nell’era moderna, e pertanto cercavano di centralizzare tutta la vita politica/economica sul potere dello Stato ed eliminare ogni organizzazione (tra cui la Chiesa), che potesse avere diritti indipendenti da esso. Nelle rivendicazioni sociali/legislative degli illuministi, c’erano molte aspirazioni fondamentalmente giuste, come il diritto dell’uomo alla libertà, all’eguaglianza e alla giustizia. Tuttavia, queste rivendicazioni erano portate avanti in modo esagerato, confusionale e molto spesso assurdo nei confronti delle istituzioni ecclesiali, come per esempio, il voler controllare dall’interno la vita stessa della Chiesa sopprimendone l’essenza contemplativa, ritenuta inutile; oppure, il voler fare gli esami (da parte dei funzionari governativi), a tutti coloro che aspiravano alla consacrazione sacerdotale o religiosa, e altre questioni altrettanto demagogiche. Comunque, nonostante gli eccessi negativi che comportavano gravi danni alla Chiesa e allo sviluppo della vita religiosa, l’Illuminismo apportò una rilevante spinta positiva nelle società europee, soprattutto per il riconoscimento dei diritti fondamentali dell’uomo. Infatti, questi diritti verranno proclamati alla fine del secolo, dalla rivoluzione francese del 17894.

Presentazione della vita e dell’apostolato di San Paolo della Croce: La vita di San Paolo della Croce diviene una straordinaria testimonianza evangelica per tutti i cristiani del mondo, perché fu una vita d’intensa attività spirituale interiore ed esteriore, varia nelle opere e nelle missioni, avventurosa nel coraggio e nella predicazione del suo apostolato. Egli prese a soggetto principale della sua predicazione il programma del grande Apostolo delle genti5 da cui ne trae il motto dei Passionisti: “Nos autem praedicamus Christum Crucifixum : Noi predichiamo Cristo Crocifisso”. Paolo della Croce fu un apostolo illuminato ed efficace, per cui, con l’aiuto dello Spirito Santo, riuscì a condurre moltissime anime ad altissima perfezione, inculcando a tutte, come introduzione 4 Cfr. G. Giarrizzo, Illuminismo e religione: l’Italia religiosa alla fine del Settecento, in “Storia dell’Italia religiosa. II. L’etB moderna, a cura di G. De Rosa e T. Gregory” Ed. La Terza, Bari, 1994, 477- 509. 5L’apostolo Paolo di Tarso. Cfr. 1Cor. 1, 23.

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ad ogni grado della scala mistica, la “meditazione” quotidiana della Passione di Gesù Cristo: “Porta che conduce l’anima all’intima unione con Dio e alla più sublime contemplazione”6. Sulla vita del Santo mistico, taumaturgo e missionario, sono stati scritti molti libri da studiosi/autori Passionisti e laici. Sono stati scritti speciali trattati, nelle riviste culturali di tutti i tempi, sui temi legati alla sua spiritualità mistica che racchiude in sé qualcosa di misterioso, di nascosto, ma affascinante. Egli stesso, scrisse moltissime lettere ai suoi amici laici ed ecclesiastici, dove esprimeva apertamente i suoi pensieri, condivideva con loro le esperienze mistiche, gli entusiasmi per gli obbiettivi raggiunti, le delusioni e le amarezze delle contrarietà subite. Dei suoi scritti, ne citiamo alcuni tra i più importanti, come le “Lettere ai figli spirituali”, il “Diario Spirituale”, “Il Passionista (secondo Paolo)” e le “Massime Spirituali”, tutti raccolti in volumi. Paolo della Croce era un uomo di profonda spiritualità interiore ed era animato dal fervente dinamismo di portare avanti la “vocazione” che gli era stata ispirata dal Signore. La sua esistenza è stata piena di eventi vissuti nella fede e nella predicazione mistica della Passione di Gesù Cristo. La sua vocazione di fondatore riuscì a realizzare numerose Congregazioni di Passionisti missionari che con le loro predicazioni nelle popolazioni povere e abbandonate, rinnovarono la loro spiritualità e, con il sostegno dello Spirito divino, ottennero moltissime conversioni.

Biografia di Paolo Danéi: Paolo nacque a Ovada in Piemonte il 3 Gennaio 1694, da Luca Dànei e Anna Maria Massari, i quali essendo ferventi cattolici lo fecero battezzare nella Chiesa della città Il giorno della festa dell’Epifania. La mamma stabilisce subito con il bambino, un rapporto sacro e sacramentale, consacrandolo appena nato a Dio e invocando su di lui il nome di Gesù Cristo, per il quale aveva una devozione particolare. Appena il bambino fu in grado di capire, Anna Maria riversò su di lui la sua visione della vita fondata sulla fede. Da fanciullo Paolo, ricevette la sua prima educazione cristiana da un Sacerdote Carmelitano che teneva una piccola scuola per ragazzi a Cremolino, vicino a Ovada. Paolo mostrò subito un profondo interesse per la spiritualità, per cui, insieme al fratello Giovanni Battista, trascorreva molto tempo in preghiera, partecipava alla Santa Messa e si accostava con frequenza ai Sacramenti. Insieme ai fattori spirituali di fede e di preghiera, operavano in lui anche i fattori sociali di buona comunicabilità e di abilità nel lavoro. Nel 1711 la famiglia si trasferì a Castellazzo Bormida vicino Genova e, proprio in questa città, Paolo ebbe modo di frequentare alcune scuole e nello stesso tempo, essendo il primogenito di ben sedici figli, aiutava il padre Luca nel negozio di mercerie e di tabaccheria, con frequenti spostamenti per il commercio nelle zone del Monferrato. Seguendo il padre da un paese all’altro attraverso difficoltà e pericoli di ogni genere, si sviluppò in Paolo un forte senso pratico e una grande ammirazione per le cose concrete, autentiche e oggettivamente vere. Era pieno di inventive e sapeva districarsi con abilità nel risolvere i problemi che si presentavano spesso nel mondo del lavoro. I suoi ideali spirituali non trascendevano mai nelle fantasie di un mondo immaginario, egli, teneva sempre i piedi per terra. Questo insieme umanitario e spirituale sorretto dall’azione dello Spirito Santo, formarono un carattere comunicativo, socievole e sincero in Paolo Dànei, che qualificheranno strordinariamente la sua personalità nel corso della vita.

6 Cfr. San Paolo della Croce, Lettere ai Passionisti , vol. I, a cura di F. Giorgini (Biografia e altre opere), Edizioni CIPI, Roma, 1998, 582.

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Una conversione autentica e duratura: All’età di diciannove anni, nell’estate del 1713, la vita di Paolo Da nei ebbe la sua svolta fondamentale. Secondo la sua stessa testimonianza, avvenne che “mentre ascoltava un discorso familiare del Parroco nella festa di Santa Maria Maddalena, egli avvertì una profonda commozione interiore e decise di intraprendere una vita spirituale ancora più profonda ed impegnativa e di consacrarsi totalmente al Signore”7. In riguardo a tale avvenimento, nei verbali delle testimonianze dei “Processi di beatificazione e canonizzazione di S. Paolo della Croce”, si legge il prodigioso evento:

“[….] All’udire un discorso familiare del Parroco, sentissi talmente commosso e compunto che risolvette di darsi ad una vita santa e perfetta. Ed in vero, gettandosi ai piedi del predetto parroco, vi volle fare la confessione generale, nella quale il Signore gli concesse tal dolore ed intima contrizione che poco mancò che non si spezzasse il petto con una pietra colla quale percuotevasi”8.

Non ci sono indicazioni di chi fosse il Parroco che tenne quel discorso familiare, ma in riguardo a quell’esperienza vissuta da Paolo, commenta lo scrittore A. Lippi nel suo libro, “possiamo pensare che poteva essersi manifestata come un trauma emotivo, ma ciò che invece conferma che si trattava di una ‘toccata’9 dello Spirito Santo divino, è l’autentica ‘conversione’ che i quel’istante ottenne dal suo cuore accogliente, che poi, è durata per tutta la sua vita. La forza dello Spirito Santo era entrata nell’anima di Paolo e da simili esperienze non si torna più indietro, perché in quella ‘toccata’ avvenne come se lo Spirito Santo avesse marchiato la sua anima con il Sigillo divino, consacrandola per sempre ad operare la Sua volontà. Nasce così, in Paolo, un amore travolgente per il Signore e il Suo Regno. Egli vive nell’amore e nell’immedesimazione in Gesù Cristo, perciò, vige in lui un solo principio d’azione, ovvero, ‘fare la volontà di Dio’, e c’è per lui un solo desiderio, che è quello di ‘stare unito a Dio’. Tutte le altre cose le vive sempre con amore in questi principi. Da questa conversione, il giovane Paolo desidera ardentemente di ‘consacrarsi al servizio del Signore’ e seguire la sua strada come fedele laico”10. Alcuni anni dopo (nel 1718), lo zio don Giovanni Cristoforo, sostenitore e protettore di Paolo, aveva messo in atto il suo progetto di far sposare il nipote (secondo la mentalità delle migliori famiglie di quei tempi), con una giovane donna di famiglia benestante. L’intraprendente zio e le due famiglie interessate erano già in accordo. Ma, quando don Giovanni propose il progetto al nipote, Paolo respinse subito il vantaggioso matrimonio rivelando di aver già preso i voti di castità. In seguito, rinuncia anche alla ricca eredità lasciatogli dal Sacerdote, ma da questa trattenne per sé solo un breviario che gli serviva per le preghiere, lasciando tutto il patrimonio ai fratelli11.

La riflessione sulla “Passione di Gesù Cristo”: Uno dei direttori spirituali di Paolo, fu il Vescovo di Alessandria Francesco M. Gattinara, il cui insegnamento formativo e spirituale, resero il giovane ancor più forte e determinato nella sua vocazione missionaria. In quel tempo, Paolo viveva la spiritualità immerso nelle preghiere rivolte al Signore, da cui ebbe la Grazia di ricevere, tramite lo

7 Da: I processi di beatificazione e canonizzazione di San Paolo della Croce, a cura di P. Dell’Addolorata, 4 voll. Ed. Postulazione Generale Passionisti, Roma, 1969 – 1979, I vol., 32.8 Ibid., 32.9 “Toccata”: “Chiamata incisiva del Signore”. Cfr. A. Lippi, San Paolo della Croce. Mistico ed evangelizzatore. Maestro di santità per oggi, cit., 35 – 36.10 Ibid., 37.11 Ibid., 50.

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Spirito Santo divino, una particolare ispirazione, quella di fondare una Congregazione che facesse continua memoria della Passione di Gesù Cristo. Confidò l’esperienza al Vescovo e gli richiese di indossare la “tonaca nera della penitenza” avendo intuito una motivazione che nel suo spirito era divenuta primaria:

“Il principal fine di andare vestiti di nero (secondo la particolare ispirazione che Dio m’ha dato) s’è d’essere vestiti a lutto in memoria della passione e morte di Gesù, ed acciò non ci scordiamo mai d’averne con noi una continua dolorosa rimembranza. E pertanto ognuno dei poveri di Gesù procuri d’insinuare a chi potrà la pia meditazione dei tormenti del nostro dolcissimo Gesù”12.

Il Vescovo, pur avendo riconosciuto la genuina ispirazione ricevuta dal suo laico novizio a fondare una nuova Congregazione13, rimandava e non prendeva la decisione di concedere tale richiesta. Ma Paolo non si scoraggiò ed insistette tenacemente con tutta la sua forza, finché passato un certo tempo e, dopo una lunga riflessione, il Vescovo Francesco concesse a Paolo di indossare la tonaca nera della penitenza e di attuare quanto il Signore gli aveva ispirato. Come precisa lo scrittore A. Lippi nel suo libro: “Non era la ministerialità che interessava Paolo, ma l’evangelizzazione e il cammino di santificazione. Non era un servizio clericale che egli proponeva, ma un’opera di trasformazione del corpo di Cristo vivente e sofferente, un’opera di guarigione delle sue piaghe, sia a livello clericale che di laicato”14. L’intento di Paolo era quello di compiere ciò che è scritto nel Vangelo:

“Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma a predicare il Vangelo, non però con un discorso sapiente, perché non venga resa vana la croce di Cristo. La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio” (1Cor 1, 17-18).

Correva l’anno 1720 quando Paolo viene vestito con una tunica nera da eremita dal Vescovo di Alessandria. Scalzo e a capo scoperto, si ritirò in una piccola cella presso la Chiesa dei Santi Carlo e Anna, nel paese di Castellazzo Bormida, dove trascorse 40 giorni per tutto il periodo dell’Avvento e del Santo Natale. Nei primi giorni del ritiro, Paolo è assalito da tristezza e malinconia che lo conducono a riflettere sulla Passione di Gesù. Desidera di “sentire attualmente i suoi spasimi ed essere in croce con Lui”15. “I dolori di Gesù gli appaiono allora come tormenti infusi nell’anima. Allo stesso tempo la Passione gli dà gioia”16. Questo è il tema principale della sua dottrina mistica. Nell’angusto spazio della cella, sostenuto dallo Spirito Santo divino, Paolo compose la prima bozza della futura Regola della nuova Congregazione, nella forma tratta dalle ispirazioni ricevute nelle sue esperienze spirituali/mistiche vissute durante il ritiro. Nel contempo scrisse anche un “Diario”17 dove registrava tutte le sue esperienze. Dopo il periodo d’isolamento in cella, Paolo iniziò a vivere una vita ritirata a cui si aggregò anche il fratello Giovanni Battista, il quale divenne il suo compagno indivisibile per tutta la vita. In seguito, Paolo insieme al fratello e ad alcuni

12San Paolo della Croce, Lettere a mons. Francesco M. A. Gattinara, 220-221, in A. Lippi, ibid., 58.13 Denominata da Paolo in quel tempo: “Poveri di Gesù”. Ibid., 58.14 Ibid., 63.15 San Paolo della Croce, Diario, in A. Lippi, ibid., 64.16 Ibid., 65.17Il “Diario” di Paolo della Croce è considerato oggi un capolavoro della mistica del settecento. Molti spiritualisti hanno studiato accuratamente il documento, mettendone in risalto il valore. Ibid., 65.

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compagni, nel fervore delle loro vocazioni, tentarono di realizzare ciò che avevano in mente, ma, dopo varie peregrinazioni (prima nel comprensorio di Gaeta e poi sul monte Argentario vicino a Grosseto), non riuscirono a formare una comunità unitaria per la fondazione Passionista che si erano prefissati, a causa dei contrasti che avvenivano tra di loro. A questo punto, resosi conto delle irrisolvibili difficoltà, i due fratelli separatisi dai compagni, si recarono a Roma.

L’Ordinazione Sacerdotale: A Roma, Paolo e Giovanni Battista entrarono in contatto con il clero locale e aderirono all’invito del Cardinale Corradini di collaborare alla fondazione del nuovo Ospedale dedicato a San Gallicano che stava costruendo in Trastevere. L’Ospedale era nato dal desiderio del Papa Benedetto XIII e del Cardinale stesso, di alleviare le sofferenze dei moltissimi malati ed emarginati presenti nella capitale del cristianesimo. L’Ospedale fu solennemente inaugurato il giorno 8 Ottobre del 1726, con una processione in cui Giovanni Battista precedeva tutti con la Croce in mano ed era seguito da Paolo insieme a don Emilio Lami 18e dai primi quarantadue malati che erano già stati accolti in una casa. Paolo e Giovanni Battista diventarono così, i primi infermieri del corpo e dello spirito per i malati dell’Ospedale, e proprio in questo luogo di sofferenza, essi fecero esperienza di carità donandosi al servizio dei bisognosi. Passato del tempo, proprio in questo Ospedale, Paolo e il fratello Giovanni Battista furono ordinati Sacerdoti. Occorre però precisare, che non furono loro a chiedere di essere ordinati, ma vi furono indotti dal Cardinale Corradini e don Emilio Lami. Infatti, nella lettera a Don Tuccinardi, Paolo Scriveva: “I superiori vogliono che siamo ordinati con la licenza del Sommo Pontefice di stare nell’istess’abito e vita che siamo”19. L’atteggiamento di Paolo dimostra che lo spirito della Congregazione Passionista che era in lui, non è un carisma prevalentemente clericale, bensì aperto a tutti coloro (laici, sacerdoti e religiosi), che ne vengono chiamati. Comunque di buon grado e convinti della volontà di Dio, i due fratelli accettarono di farsi ordinare sotto il titolo di “canonico di servizio all’Ospedale”, titolo che aveva istituito il Papa stesso nell’atto di fondazione della struttura. Dopo essere stati preparati all’ordinazione con lezioni di teologia e di pastorale ricevettero la tonsura nel Febbraio del 1727, e dopo gli esercizi spirituali ricevettero gli ordini maggiori. Il presbiterato venne loro amministrato dal sommo pontefice Benedetto XIII nella Basilica di San Pietro il 7 Giugno dello stesso anno. Il giorno seguente, festa della SS. Trinità, Paolo e Giovanni Battista celebrarono la loro prima Messa nella Cappella dell’Ospedale di San Gallicano. Dopo questo evento, come scrive A. Lippi nel suo Libro: “Paolo non si era mai trovato così lontano dall’aspirazione che sentiva dentro, ma quell’esperienza non gli fu inutile e non era certamente fuori del piano di Dio che lo riguardava. Proprio attraverso quel passaggio di totale fiducia nel Signore, sarebbe arrivato presto a dare concreto inizio alla prima Comunità della Congregazione”20. Infatti, il ministero sacerdotale divenne parte necessaria nel carisma della futura Congregazione, soprattutto per l’esercizio dei Sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucarestia.

Per assistere all’ordinazione sacerdotale di Paolo e Giovanni Battista, fu inviato dai genitori a Roma, il fratello minore Giuseppe. Dopo la celebrazione, Giuseppe si ammalò e venne assalito da

18 Don Emilio Lami era un sacerdote caritatevole, tutto dedito all’assistenza dei poveri e dei malati. Ibid., 102.19 Lettere di San Paolo della Croce, a cura di P. Amedeo della Madre del Buon Pastore (Casetti), 4 voll., Roma, 1924, I vol.,73.20 A. Lippi, San Paolo della Croce. Mistico ed evangelizzatore. Maestro di santità per oggi, cit., 104.

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tremendi dolori soffrendo atrocemente. Preso dalla disperazione supplicò Paolo di imporgli le mani e pregare con lui. Paolo ebbe l’ispirazione di usare immediatamente la potenza del Sacramento appena ricevuto, e disse al fratello: “abbi fede, il sacerdote ha l’autorità di risuscitare anche i morti”, poi pregò su di lui imponendogli le mani sulla fronte. Giuseppe si addormentò, e il giorno dopo quando si svegliò era completamente guarito21. I due sacerdoti portarono avanti l’attività diaconale al servizio dell’ospedale, ma in seguito a causa di contrasti con gli altri operatori del nosocomio, consigliati dal loro padre spirituale il Cardinale Corradini, decisero di lasciare l’incarico e seguire il loro intento originario.

Sul Monte Argentario nasce la prima Congregazione Passionista: I due Sacerdoti, lasciato il servizio nell’Ospedale romano, si recarono sul Monte Argentario e iniziarono a realizzare la tanto desiderata fondazione comunitaria che poi prenderà il nome di “Congregazione della Passione di Gesù Cristo”. Su questo Monte (dove erano già stati alcuni anni prima nel Romitorio dell’Annunziata, senza però, ottenere alcun risultato), stabilirono la loro sede nel Romitorio diocesano di Sant’Antonio Abate22. In questo piccolo Ritiro, padre Paolo insieme al fratello ed alcuni compagni, incominciarono a vivere la vita Passionista in maniera programmatica e senza interferenze. Era una vita di preghiera e di penitenza che consisteva nell’alzarsi prima dell’alba per la recita delle lodi mattutine e per l’orazione mentale; le ore canoniche e la Santa Messa durante il giorno; lo studio e la preghiera personale (che spesso si svolgevano in luoghi isolati del monte), e il lavoro manuale. Esercitavano l’apostolato evangelico nel giorno di sabato recandosi fra le genti dei paesi ai piedi del Monte (Porto Santo Stefano, Porto Ercole e Orbetello), insegnando la dottrina e dedicandosi alla scuola di preghiera. Confessavano e praticavano la direzione spirituale. Nei primi mesi del 1730 iniziarono a spostarsi oltre l’Argentario per predicare il Vangelo nei centri abitati dell’entroterra maremmana, sia in Toscana che nella parte alta del Lazio. Nelle missioni si aggregarono ai due fratelli altre persone, come Presbiteri, Religiosi e fedeli laici, tutti chiamati alla stessa vocazione di vita comunitaria ascetica, contemplativa e missionaria. Tutti si dedicavano assiduamente alla predicazione della “Passione di Gesù Cristo” nelle popolazioni povere di queste terre povere e tormentate dalla malattia della Malaria. Per molti anni Paolo e i compagni, fecero udire le loro voci nei Paesi della Maremma23, evangelizzando e rinnovando spiritualmente intere popolazioni. Nelle missioni padre Paolo fece su se stesso l’esperienza dell’abbandono a cui erano state sottoposte da sempre quelle popolazioni, perciò, con l’affetto fraterno verso di loro,

21 I processi di beatificazione e canonizzazione di San Paolo della Croce, a cura di P. Gaetano dell’Addolorata, cit., vol. II, 45.22 Il Romitorio di Sant’Antonio Abate era un piccolo casale isolato in mezzo alla macchia sulle pendici del Monte Argentario. In questo casale c’era una Chiesetta con una stanza attigua ad essa e uno stanzone al piano superiore. Quest’ultimo serviva da dormitorio, nel quale vi erano tavole deposte sul pavimento con sopra la paglia su cui dormire in posti separati da tende di tela. La stanza del piano terreno era adibita ai servizi comunitari, mentre la cucina era in una capanna situata all’esterno del casale. Cfr. A. Lippi, ibid., 112.23 La Maremma si estende lungo una profonda fascia costiera del mare Tirreno tra Livorno e Civitavecchia. Lo storico C. Giorgini riporta una relazione sulla vita dei maremmani che era una delle più povere e più pericolose d’Italia per la miseria e la presenza di briganti senza scrupoli. Il loro cibo era di solo pane e la loro bevanda era l’acqua dei fossi e dei fiumi. Dormivano sempre vestiti su tavole di legno su cui ponevano, quando era possibile, sacchi di paglia. Per soddisfare i propri doveri cristiani e aderire alle festività religiose, dovevano recarsi nei luoghi di celebrazione, ovvero, nelle Chiese, percorrendo lunghi tragitti su strade disastrate e pericolose per la loro incolumità. Pochi uomini superavano i cinquant’anni, e molti morivano per le febbri malariche. Cfr. C. Giorgini, La Maremma Toscana del Settecento. Aspetti sociali e religiosi, Eco, San Gabriele (TE), 1968.

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predicava la Passione, Morte e Risurrezione del Signore Gesù Cristo che dona speranza di salvezza all’umanità. In quel clima profumato di fede, di carità, di speranza e, con la presenza attiva dello Spirito Santo, egli, ottenne fra queste umili persone molte conversioni 24. Per tali opere piene di carità, lo studioso E. Zoffoli scrive nel suo libro: “Nelle missioni di padre Paolo della Croce in quei luoghi desolati della Maremma, possiamo intravedere lo spirito di santità, perché egli cominciò dagli ultimi, dai più poveri fra i poveri e per questo fu straordinariamente benedetto dal Signore”25.

Dalle esperienze in quelle terre desolate, padre Paolo della Croce prese lo spunto per quanto poi stabilirà nella futura “Regola” Passionista. Infatti, nel documento del 1741, egli stesso scrive:

“Si mostri agli illustrissimi e reverendissimi vescovi desiderio d’andare alle povere terre più bisognose, anzi l’andare nei luoghi solitari, maremme, isole e altri luoghi che paiono più abbandonati dai ministri apostolici deve essere giudicato dai soggetti della nostra congregazione come particolar loro istituto 26.

La teologia spirituale di Paolo della Croce: Il motto Passionista espresso da padre Paolo della Croce: “Noi predichiamo Cristo Crocifisso” diviene la base della sua “Teologia spirituale” e costituisce anche il “segreto” del suo Apostolato. La predicazione di Paolo e di tutta la Congregazione viene fortemente esortata da un’ardente desiderio di vedere distrutto il regno di Satana e riconquistare le anime a Dio, anche a costo della propria vita. La devozione alla “ Croce”, supremo segno dell’Amore di Dio per l’umanità e l’attaccamento per la salvezza delle anime, sono dunque, le caratteristiche primarie della sua spiritualità mistica. Tutta la Trinità è coinvolta nel mistero della Passione di Gesù Cristo, per cui Paolo della Croce, nelle sue predicazioni, esprime continuamente a tutti l’infinita carità del Padre nella Passione del Figlio e invita a pregare intensamente ed immergersi “nel mare immenso dell’infinita carità di Dio, da cui esce quel gran mare della vita santissima, Passione e morte del nostro Gesù”27. In una lettera inviata nel 1748 a Lucia Burlini, Paolo scrive:

“Vi raccomando di andare spesso, in spirito, a pescare nel mare santissimo delle pene di Gesù Cristo e dei dolori di Maria Santissima. In questo gran mare pescherete le gioie delle sante virtù del dolce Gesù e l’anima vostra resterà sempre più bella e adorna di queste preziose margherite… Questa divina pesca nel mare della Divina Carità, da cui procede questo mare della Passione Santissima di Gesù Cristo, che sono due mari in uno, si fa nel regno interno dello Spirito, in fede purissima e amore ardente”28.

24 I processi di beatificazione e canonizzazione di San Paolo della Croce, a cura di P. Gaetano dell’Addolorata, cit., vol. II, 47.25 E. Zoffoli, S. Paolo della Croce. Storia critica, 3 voll., Passionisti, Roma, 1963 – 1968, vol. II, 393 – 394. L’abbandono delle terre maremmane era uno status permanente da parte delle istituzioni governative che si alternavano. Inoltre, per molti anni, anche l’assistenza spirituale di queste popolazioni era stata trascurata dalle autorità ecclesiastiche. Il clero era numeroso ma privo di cultura e di autentica vocazione. Nel 1731, il Vescovo di Massa Marittima Mons. Ciani, scriveva: “Gli ecclesiastici abbondano, ma non valgono nulla, poiché essendo privi di ogni scienza ed educazione non possono apportare alcun aiuto ed appena sono capaci di celebrare la messa ed è impossibile affidare loro uffici più alti”. Mons. Franci Vescovo di Grosseto, nel 1740 scriveva: “E impossibile trovare sacerdoti capaci che insieme al vescovo militino la buona milizia ed istruiscano il popolo loro affidato con quella diligenza e dottrina che si conviene”. 26 Regulae et Constitutiones Congr. SS.mae Crucis et Passionis D.N.J.C., Editio critica, curante F. Giorgini, Romae, 1958, 94.27 Lettere di S. Paolo della Croce, a cura di P. Amedeo della Madre del Buon Pastore, cit., vol. I, 283.28 Ibid., vol. II, 717.

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Le pene di Gesù e i dolori di Maria, fanno parte della corrente Mistica “affettiva”, già sviluppata particolarmente nel Francescanesimo. Ma, con <<l’immagine della pesca nei due mari (il mare della Divina Carità del Padre e il mare della Passione di Gesù), che però ne formano uno solo>>, Paolo si allinea anche alla corrente della Mistica “apofatica” tauleriana, cioè, del Dio inesprimibile, propria della mistica renana. Questa coincidenza fra le due correnti (affettiva e apofatica), diviene per Paolo della Croce, un approccio alla Trinità, ovvero, spirituale (realizzato per opera dello Spirito Santo), mistico ed esistenziale29.

Gesù Cristo, unica porta d’accesso che conduce al Padre: Gesù Crocifisso è la porta d’ingresso nelle più alte sfere della pura contemplazione della Divinità, non vi è altro accesso. Padre Paolo della Croce esprimeva questo concetto di verità assoluta in una lettera inviata nel 1766 a Marianna Girelli:

“Perdete di vista e cielo e terra e mare e arene ed ogni cosa creata e lasciate che codesta goccia di spirito che Dio vi ha data si perda nella sua origine che è Dio Ottimo Massimo ed ivi, nascosta nella Divinità, lasciate operare l’amore e siate più passiva che attiva. Lei mi intenderà: per fare questo bel volo d’amore bisogna passare per la porta che è Cristo, come lui stesso dice nel Vangelo. E chi passa per questa divina porta se ne sta dove sta lui: lui sta nel seno del Padre….e dove sta lui conduce le sue care pecorelle. State dunque, signora Marianna, in sinu Dei, questo è il vero luogo dell’orazione, senza immagini e figure, ma in pura e nuda fede, con amor puro e netto, senza fango”30.

In questa lettera si riscontra “l’immedesimazione con il Cristo”, il quale conduce i suoi seguaci dove sta Lui, nel seno del Padre, in cui si dimora nell’amore divino con mistica passività. Ed è proprio questo, afferma Paolo, il luogo dell’orazione, ossia, del rapporto con Dio in pura e nuda fede, senza immagini. In tutti gli scritti di padre Paolo, possiamo leggere l’affermazione che Gesù Cristo è l’unica Porta che conduce al Padre. La mistica di Paolo è sempre trinitaria, mai chiusa nel rapporto con una singola Persona della Trinità 31.

La morte mistica e la divina natività: Con la dottrina della morte mistica e della divina natività, Paolo della Croce propone ai cristiani una vera immedesimazione con il Cristo e il suo mistero Pasquale, che da forza alla consacrazione battesimale. La dottrina di Paolo segue le orme del grande Apostolo, il quale nella sua epistola ai Romani 6, 1-11, immerge i cristiani nella morte e sepoltura di Gesù per riemergere nella sua Risurrezione. All’insegna di questa radicale espressione: “Forte come la morte è l’amore”, si plasma la mistica di Paolo della croce maestro della vita spirituale. Dunque, la via della morte mistica, percorsa da Paolo della Croce durante tutta la sua esistenza è la ripresentazione del “mistero Pasquale”, centro della spiritualità cristiana. L’Amore è il motore di tutto, e per amore Paolo della Croce è disposto anche a morire, non per un singolo atto eroico, ma in una morte mistica quotidiana, in un continuo svuotare se stesso per fare posto al Crocifisso. La nozione di “morte mistica”, Paolo l’aveva già maturata fin dal tempo del “Diario”, scritto nel ritiro penitenziale di Castellazzo Bormida, anche se a tale espressione preferiva allora “il totale staccamento da tutto il creato”32, e aggiungeva: “anche dalle consolazioni spirituali”. Per 29 Cfr. A. Lippi,San Paolo della Croce. Mistico ed evangelizzatore. Maestra di santità per oggi, cit., 390.30 Lettere di S. paolo della Croce, a cura di P. Amedeo della Madre del Buon Pastore, cit., vol. III, 748.31 Cfr. A. Lippi, ibid., 391.32 Lettere di S. Paolo della Croce, a cura di P. Amedeo della Madre del Buon Pastore, cit., vol. IV, 220.

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quanto riguarda la nozione di “Divina natività”, Paolo la acquisisce dallo studio dei testi del filosofo Taulero, di cui ne parleremo in seguito.

Le prodigiose missioni: Dalla prima lettera a Timoteo, padre Paolo della Croce prende lo spunto iniziale per le sue missioni:

“Nessuno disprezzi la tua giovane età, ma sii esempio ai fedeli nelle parole, nel comportamento, nella carità, nella fede, nella purezza. Fino al mio arrivo, dedicati alla lettura, all’esortazione e all’insegnamento. Non trascurare il dono spirituale che è in te e che ti è stato conferito, per indicazione di profeti, con l’imposizione delle mani da parte del collegio dei presbiteri. Abbi premura di queste cose, dedicati ad esse interamente perché tutti vedano il tuo progresso. Vigila su te stesso e sul tuo insegnamento e sii perseverante: così facendo salverai te stesso e coloro che ti ascoltano” (1Tm 4, 12-16).

Nella prima missione predicata da Paolo della Croce nella città di Talamone, con l’azione dello Spirito Santo, avvenne la conversione di una giovane signora di Orbetello che in quel posto aveva una tenuta agricola. Si trattava di donna Agnese Grazi, figlia del capitano della guarnigione militare della città. Tra Paolo e Agnese nacque una vera amicizia spirituale e per questo puro sentimento, Paolo scrisse ben centosessantacinque lettere ad Agnese, perché fu per lui e per i compagni missionari una vera sorella nella fede in Dio. I rapporti di fraternità con i laici fanno comprendere la natura del suo carattere sociale e comunicativo, ma anche del suo carisma di solitudine. Infatti, egli voleva evitare a tutti i costi la ricaduta, o più precisamente, il riassorbimento della vita religiosa nella logica del mondo, perché tale fenomeno veniva da lui osservato nei religiosi che frequentemente incontrava. Pertanto, quando il rapporto con i laici era veramente nella fede in Dio e nello Spirito, Paolo della Croce si apriva volentieri alle relazioni. La Congregazione Passionista nasce, dunque, nello stretto rapporto spirituale fra religiosi e laici, in un vero sentimento di fraternità33.

I primi compagni della Comunità: Tra i primi compagni che arrivarono all’Argentario nel 1730, ci fu anche il fratello Antonio Dànei. Antonio aveva fatto un corso di studi religiosi ed era pieno di fervore, tanto che riempì Paolo di ulteriore entusiasmo. Antonio era di carattere allegro ma instabile, tuttavia fu in seguito un buon predicatore nelle missioni. Nello stesso anno entrò nella comunità il Sacerdote Angelo Di Stefano dei Cavalieri Gerosolimitani, il quale aveva scritto un libro sul tema della pietà. Arrivarono anche alcuni aspiranti da Sessa Aurunca. Venne così formata una fervente comunità composta da quattro Sacerdoti, due Chierici e un fratello laico. Il disagio di abitare tutti in quella piccola casa era notevole, nonostante ciò, la gioia e l’entusiasmo erano grandi. Questa piccola congregazione si fece conoscere da tutti per l’affabilità e la predicazione, tanto che ebbe anche la stima e l’apprezzamento del nuovo Vescovo di Sovana Mons. Cristoforo Palmieri, il quale conferì ai fratelli Dànei la facoltà di confessare e concesse l’autorizzazione al gruppo di predicare in tutta la Diocesi. Nel documento di concessione, il Vescovo loda la loro “dottrina, la soavità di comportamento e l’integrità di vita”34.

33 Cfr. A. Lippi, San Paolo della Croce Mistico ed evangelizzatore. Maestro di Santità per oggi, cit., 124.34 Lettera conservata nell’Archivio generale dei Passionisti; SS. Giovanni e Paolo, Roma.

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Padre Paolo e i suoi fratelli, dopo l’arrivo degli altri compagni, incominciarono a sentire la necessità di ambienti più spaziosi per ospitare decentemente tutti. In un primo tempo pensarono di ingrandire il casale di Sant’Antonio in cui dimoravano con grande disagio, ma poi, vista l’impossibilità di fare questo ampliamento per problemi strutturali, Paolo ebbe un’illuminazione chiara e scelse un altro luogo nella tenuta di sant’Antonino, su cui costruire il primo nuovo Ritiro della Congregazione. Era un luogo, sulla pendice alta del Monte Argentario, di eccezionale bellezza naturale e di assoluto silenzio, dal quale si poteva ammirare il panorama della laguna e della città di Orbetello. La costruzione ebbe inizio nel 1733 dopo varie peripezie burocratiche risolte da Paolo con tenacia e mirabile pazienza. Durante i primi lavori di costruzione, vicino al cantiere venne miracolosamente scoperta da Giovanni Battista una sorgente d’acqua pura35, la quale fu permanentemente indispensabile alla vita della comunità nel nuovo Ritiro. Per questo prodigioso evento, la comunità intera ne rese grazie al Signore. Dopo poco, i lavori furono sospesi a causa della guerra di successione polacca in cui si fronteggiavano la Francia, la Spagna e la Savoia contro l’Austria e la Russia (1733-35). Lo “Stato dei Presidi” venne messo sotto assedio dall’esercito spagnolo che aveva conquistato la parte alta del Monte (che ancora oggi viene chiamato “Campo di Spagna”), dalla quale bombardava le fortezze sottostanti degli austriaci fino alla loro capitolazione avvenuta nel Giugno 1735. In questo ambiente di guerra Paolo sospese la costruzione del convento e per la necessità impellente cominciò subito ad assistere spiritualmente e materialmente tutte le anime coinvolte nella tragedia. Si prodigò a fare apostolato nelle popolazioni e fra i soldati dei due eserciti nemici, a Orbetello e Porto Ercole. Fu, per primo, il generale degli austriaci a chiedergli di assistere le sue truppe assediate. Poi, un giorno, mentre padre Paolo era di ritorno da una missione predicata a Santa Fiora (Monte Amiata), venne fermato dai soldati assedianti e fu portato davanti al generale spagnolo De Las Minas. Questi era un fervente cattolico e capì subito di trovarsi di fronte ad un santo, lo scelse come confessore e lo pregò di assistere anche i suoi soldati. Padre Paolo passava da un campo all’altro confessando gli ufficiali e i soldati, tanto che ne ebbero tutti stima di lui. Si servì di quell’influenza per salvare la vita di molte persone pregando ed ottenendo dai generali belligeranti di non bombardare la città di Orbetello e di evitare la distruzione dei campi coltivati e dei vigneti. Orbetello conservò a lungo la riconoscenza per tali intercessioni. Quando nel Luglio del 1735 il generale spagnolo entrò trionfalmente in Orbetello, padre Paolo si era già recato in missione all’isola d’Elba. La sua dinamicità era inarrestabile, e fu in questa campagna missionaria che Paolo conobbe il giovane Francesco Antonio della famiglia dei Principi Appiani (già Signori di Piombino), e Tommaso Fossi che proveniva da una devota famiglia elbana. Questi due uomini insigni, entrarono nella Congregazione e divennero suoi compagni missionari. Alla fine dell’anno la comunità dell’Argentario accolse un’altro uomo di autentica fede, Don Fulgenzio Pastorelli di Pereta, che padre Paolo guidava spiritualmente da molti anni. Come Giovanni Battista, anche Don Fulgenzio accolse in sé il carisma di Paolo e lo fece proprio per tutta la vita. Perciò anche lui fu in grado di trasmettere agli altri la prodigiosa fecondità ricevuta36.

35 La sorgente, ancora oggi, viene chiamata “La fonte di padre Giovanbattista”.36 Cfr. A. Lippi, San Paolo della Croce . Mistico ed evangelizzatore. Maestro di Santità per oggi, cit., 122 – 129.

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Le missioni di Paolo della Croce nel Principato di Piombino e nelle isole d’Elba e Capraia: Già nel 1733 gli abitanti di Piombino, avevano potuto apprezzare la prodigiosa eloquenza di Paolo della Croce nelle sue predicazioni, e perciò chiesero insistentemente al Vescovo della Diocesi, di udirlo ancora. Infatti, per soddisfare il loro desiderio, mons. Eusebio Ciani propose al Passionista di predicare nelle Chiese della città, il “quaresimale”. Padre Paolo accettò, e svolse ardentemente il suo apostolato attingendo le sue parole dalle piaghe del Cristo Salvatore (la Passione). Saliva sul pulpito tutto infiammato di amore divino che trasmetteva al popolo fedele che lo ascoltava con forte emozione. Ma questo non gli bastava, e perciò volle anche spiegare la dottrina cristiana ai ragazzi che si preparavano alla prima comunione.

Nello stesso anno, padre Paolo della Croce predicò un corso di esercizi spirituali alle Monache francescane del Monastero di Santa Chiara della città. Il frutto della predicazione fu veramente prodigioso per tutte le Monache, ma in particolare per la giovane suor Cherubina Bresciani (considerata concordemente in quell’ambito piuttosto “tiepida e frivola”). Dopo la predicazione del Passionista Paolo, la suora cambiò totalmente il suo atteggiamento caratteriale e iniziò a vivere con mirabile impegno la sua vocazione religiosa. Padre Paolo divenuto direttore spirituale delle monache, scrisse tra il 1733 e il 1761 quarantasei lettere nelle quali per mezzo di suor Cherubina comunicava la sua direzione spirituale alle Monache del Monastero, le quali si erano date ad una fervorosa vita di preghiera mistica. Suor Cherubina, sopravvissuta alla scomparsa del padre Passionista, lasciò una commossa e riconoscente testimonianza della spiritualità ricevuta da Paolo della croce.

Come già abbiamo accennato, in quel tempo padre Paolo conobbe in missione all’isola d’Elba il giovane Francesco Antonio Appiani (della famiglia Appiani, già Principi di Piombino). Paolo, iniziò a dirigere il giovane quando aveva diciotto anni. Francesco sentendosi “chiamato” dallo Spirito divino e sotto la guida prodigiosa del Passionista, all’età di ventiquattro anni, superando le forti opposizioni della sua famiglia, entrò nella Congregazione dei Passionisti.

Dunque, dal teatro di guerra della successione polacca (1733-35) che coinvolse lo “Stato dei Presidi” sul Monte Argentario, il “milite” di Gesù Cristo padre Paolo della Croce, aveva portato il suo apostolato sui terreni più tranquilli e pacifici del principato di Piombino e delle isole d’Elba e Capraia. Il Vescovo Ciani, che lo aveva invitato per predicare le missioni nelle isole, annunziò il suo arrivo con una pastorale alle popolazioni e al Clero delle due isole. Il Vescovo presentò padre Paolo e i suoi Passionisti come un dono fatto alla terra dalla misericordia del Signore, raccomandando ai Sacerdoti di seguire gli esercizi spirituali sotto la guida del Passionista. Per tre mesi di intenso lavoro, Paolo della Croce svolse la sua opera nelle due isole sostenendo fatiche incredibili che furono ricompensate da abbondanti frutti e da straordinari prodigi.

Un prodigioso intervento di padre Paolo della Croce che destò scalpore tra gli abitanti dell’isola, avvenne nel paese di Rio nell’Elba: “Si trattava di una donna che veniva crudelmente maltrattata dal marito. La causa di tale crudeltà era dovuta all’odio mortale di una sua vicina che la calunniava presso di lui, sul tema più delicato per l’onore di una donna. Questa signora, presa dalla disperazione, si gettò in lacrime ai piedi di padre Paolo che si trovava nel paese in missione. Il

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Passionista resosi conto della situazione, fece chiamare la calunniatrice e le parlò così bene, che la malintenzionata sembrava decisa a ritrattarsi. Approfittando di una così buona disposizione, Paolo fece venire subito il marito e, lui presente si rivolse alla calunniatrice dicendole: <<Ecco il momento di fare la riparazione, su, confessa che ciò hai detto a quest’uomo sul conto della moglie non è vero>>, ma la miserabile, dominata dall’orgoglio, sentì tanta difficoltà che non seppe vincersi e maliziosamente ribadì: <<E vero, tutto vero ciò che ho detto>>. Allora Paolo ispirato dal Signore, le disse: <<Ebbene, se voi insistete nell’accusa, venite in Chiesa con me, là confermerete davanti al SS. Sacramento>>. Andati insieme in Chiesa, là davanti al Tabernacolo, in presenza di un altro Sacerdote, sotto gli stessi occhi della vittima e del marito, la donna con esecrabile spergiuro, sostenne le sue calunnie. Ma in punizione della sua audace empietà, fu invasa dal demonio il quale la sollevò in alto mentre dalla sua bocca spumante usciva una lingua schifosa. I presenti a questa scena spaventosa rimasero terrorizzati, ma padre Paolo messosi in preghiera, continuava gli esorcismi. Dopo qualche istante, il maligno spirito lasciò cadere a terra la miserabile come morta. Padre Paolo presa dal Tabernacolo la Sacra Pisside, l’avvicinò alla testa della donna e la virtù del divino Sacramento la fece tornare in sé e, con il cuore lacerato dal rimorso, ella, ritrattò tutte le sue calunnie e chiese perdono”. ( Vita di San Paolo della Croce, ed. 1821, pp. 191-192)

Le amarezze delle contrarietà: Nell’Ottobre del 1735 furono ripresi i lavori della costruzione del convento sotto la direzione di padre Antonio, mentre Paolo e Giovanni Battista , dietro consiglio del generale De Las Minas, si recarono a Napoli per chiedere l’autorizzazione definitiva dell’opera in corso e un aiuto economico al nuovo signore dello “Stato dei Presìdi”: Carlo III di Borbone sovrano di Napoli e del “Regno delle Due Sicilie”. Il sovrano accolse benevolmente i due fratelli Danèi, concesse l’autorizzazione richiesta e diede loro anche una somma di denaro in elemosina. Tutto sembrava procedere bene, quando all’improvviso arrivò da Roma una contrarietà ufficiale sulla costruzione,da parte del Cardinale Altieri,37 il quale insospettito dalle opposizioni della maggior parte del Clero locale del piccolo Stato dei Presìdi, sollevò molte difficoltà in riguardo al nuovo convento. Le autorità ecclesiastiche del Monte Argentario sostenevano che Paolo aveva costruito il convento senza autorizzazione, perché si trovava sopra un territorio appartenente alla prioria di Orbetello, e pertanto era incorso nella scomunica. Tuttavia, sembra che il Cardinale volesse chiedere l’assoluzione della scomunica “ad cautelam”, ma Paolo rifiutò questa accomodante offerta e fece rifare misurazioni più precise sul territorio, dalle quali emerse chiaramente che la costruzione era tutta sul terreno appartenente al Sovrano dello Stato dei Presidi. Paolo dovette recarsi a Roma dal Cardinale Altieri per difendere l’opera avversata da ogni parte. Il Cardinale dopo aver accertato la legalità dell’opera in corso, fece comunque a Paolo una forte obiezione che riguardava la “povertà”, poiché egli sosteneva che con una Regola così stretta (sostenuta dai propri mezzi), la comunità non sarebbe stata in grado di mantenere decentemente il convento e la Chiesa. Il Cardinale non andava di persona (se ne guardava bene), a visitare la sua

37 Il Cardinale Altieri, Abate delle Tre Fontane, proveniva da una famiglia nobile imparentata con il Pontefice Clemente X, per cui, era stato destinato fin da piccolo alla carriera ecclesiastica. Era il tipico prelato “mondano” del settecento di scarsa levatura intellettuale. Questa categoria di prelati al vertice della carriera, erano sempre preoccupati di perdere il loro potere e se ne guardavano bene dal coinvolgersi nella lotta per la trasformazione della Chiesa che i “santi” portavano avanti. Questi prelati, divenivano perciò, dei veri burocrati adatti a mantenere i propri poteri. Tuttavia, occorre precisare, che in quei tempi, c’erano anche molti Cardinali e Vescovi veramente degni del loro ufficio. Questi autentici servi di Dio, aprivano alle innovazioni necessarie per far progredire la Chiesa. Cfr. A. Lippi, ibid., 131 – 132.

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piccola Diocesi maremmana per rendersi conto della situazione, ma presumeva di governarla da lontano. A Orbetello c’era il suo vicario generale Mons. Moretti, il quale svolgeva tutto ciò che il Cardinale gli comandava. Il Vicario fece a Paolo alcune proposte economiche in riguardo alla questione, ma capì subito che padre Paolo non sarebbe mai stato disposto a introdurre nella regola la possibilità di avere rendite fisse per i conventi. Tuttavia, per appianare la controversia in difesa di Paolo, il Vicario Moretti, persona intelligente e concreta, riferì al Cardinale che la locale famiglia Grazi (benestante e devota), si impegnava a provvedere per vent’anni a tutto il necessario per la Chiesa. Il Mons. Moretti, ben certo della genuinità evangelica della Congregazione, colse l’occasione di mettere in rilievo la Regola dei Passionisti, scrivendo al Cardinale Altieri queste testuali parole: “Essi vogliono professare di essere poveri e di non possedere cosa alcuna di certo e questo, in senso mio, è il maggior distintivo che possa avere questa congregazione”38.

Padre Paolo della Croce, nell’esperienza con il Cardinale Altieri, si era trovato di fronte ad un caso di autorità priva di paternità. Egli, fece conoscenza di una realtà che in ambito ecclesiale, si manifesta quando una istituzione perde il contatto con la propria ragione d’essere e diviene fine a se stessa, ossia, alle proprie ambizioni personali. Questa ingiustificabile realtà provocava a padre paolo, una sofferenza insopportabile che lo portava ad augurarsi la morte. Infatti, nelle “Lettere ai laici” scrive:

“Oh se Dio mi ispirasse ad abbandonare questo Ritiro, quanto lo farei volentieri, chi sa! Aspetto volentieri la morte per dare un po di tributo alla Divina Giustizia. Il giorno dell’Assunta vorrei la carità delle orazioni di molti per impetrare la grazia di fare la Divina Volontà e apparecchiarmi alla mia prossima morte….Di me….parli come di un impiccato”39.

I lavori del nuovo Convento e della Chiesa furono terminati, ma il Cardinale Altieri voleva che la Chiesa dedicata alla “Presentazione di Maria sul Monte Argentario” fosse “la più decorosa e decente che ci sia in queste vicinanze”40 e divenisse soltanto un oratorio privato. Il fatto era in netta contraddizione in quanto le cappelle dei romitori di Sant’Antonio e dell’Annunziata, più piccole e meno accoglienti, erano oratori aperti al pubblico. La disposizione del Cardinale trovava la contrarietà di Paolo e di tutti i fratelli della congregazione e per questo, il porporato indispettito, non voleva dare l’autorizzazione al Vicario Moretti di benedire la Chiesa.

Nel mese di Luglio del 1737, padre Paolo della Croce decide di trasferire tutta la comunità nel nuovo Convento, ma non essendo stata benedetta la Chiesa, i religiosi si recavano ogni giorno nella cappella del vecchio Romitorio che avevano appena lasciato per celebrare l’Eucarestia. Nonostante le preghiere di padre Paolo e del Vicario Moretti rivolte al Signore, il Cardinale Altieri rimaneva irremovibile. Ci volle l’intervento degli amici romani di Paolo, ovvero, del Cardinale Corradini e di Mons. Crescenzi, i quali si rivolsero direttamente al Papa Clemente XII per risolvere la situazione. Il santo Padre dichiarò la Chiesa della Presentazione sul Monte Argentario “oratorio pubblico” e firmò l’attestato.

38 E. Zoffoli, S. Paolo della Croce. Storia critica, vol. I, cit., 468.39 San Paolo della Croce, Lettere ai laici, a cura di M. Anselmi, 2 voll., Cipi, Roma, 2002, 1335 – 1336.40 Lettere di San Paolo della Croce, a cura d P. Amedeo della Madre del Buon Pastore, vol. I, cit., 370.

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La benedizione della Chiesa della Presentazione di Maria: La solenne benedizione della “Chiesa della Presentazione di Maria sul Monte Argentario”e del Convento, avvenne il 14 Settembre del 1737, festa dell’Esaltazione della Santa Croce, dalla quale prende il titolo la nuova Congregazione. Il Vicario Moretti celebrò l’Eucarestia, Paolo fece una profonda predicazione. Tutti gli amici erano presenti e particolarmente commossa era la famiglia Grazi. In una Lettera a suor Cherubina Bresciani del Monastero delle francescane di Piombino, Paolo della croce descrive così l’avvenuta celebrazione:

“Dopo pochi travagli, uscì un breve apostolico e ai 14 Settembre, giorno dell’Esaltazione della Santa Croce, festa della nostra minima nascente congregazione, si fece il solenne ingresso e santa benedizione della Chiesa e del Ritiro. Io ebbi la sorte di andare avanti con la Croce inalberata e la fune al collo e mi seguitarono otto compagni, cioè cinque sacerdoti con me e quattro laici… Ora insorgeranno le principali difficoltà, perché fra breve devo andare a Roma e mettermi ai piedi del Sommo Pontefice per l’approvazione delle Regole e quel che mi spaventa si è che niente sono preparato”41.

Nel giorno della benedizione della Chiesa e l’inaugurazione del Ritiro, il Generale C. Blom e il tesoriere regio Vizzani, a nome di Carlo III re di Napoli, donarono alla comunità un appezzamento di terra per essere coltivato a orto e piante boschive. In questo giorno, anche il Cardinale Altieri che pur essendo stato scavalcato da Paolo per ottenere direttamente dal Papa ciò che desiderava, non soltanto cessò di essere irritato, ma ne fu anche felice, tanto che da allora “cominciò a far maggiore stima e ad avere in maggiore considerazione i servi di Dio”42.

Nei primi mesi del 1738, padre Paolo della Croce ottenne, anche, l’indulto apostolico per predicare le missioni in tutta la penisola italiana e venne insignito della dignità e delle facoltà proprie dei “Predicatori Apostolici”. Dunque, in un decennio di sacerdozio egli aveva acquistato una notevole rinomanza e aveva anche realizzato una “paternità”43. Paolo aveva sviluppato moltissime missioni e predicazioni (una ottantina), fatte prevalentemente in Toscana, nell’alto Lazio e in Umbria. Egli si era fatto conoscere e stimare da molti Vescovi della Curia romana. Aveva predicato corsi di esercizi Spirituali in molti Monasteri e dirigeva spiritualmente moltissime persone, con le quali aveva stabilito anche un rapporto di amicizia e, con i quali spesso, sfogava il suo cuore amareggiato. Fra queste persone c’erano Sacerdoti, Religiosi e laici come Agnese Grazi e la cognata Giovanna Venturi di Orbetelloi; suor Cherubina Bresciani del Monastero delle francescane di Piombino; Francesco Antonio della nobile famiglia degli Appiani e Tommaso Fossi appartenente ad una delle più conosciute famiglie dell’Isola d’Elba.

La “Regola” della Congregazione Passionista: L’idea della Congregazione aveva raggiunto una chiarificazione più matura nella mente di padre Paolo rispetto a quella in origine, soprattutto per quanto riguarda il suo punto centrale, ossia, quello della Passione di Gesù Cristo come motivo ispiratore di tutta la vita e dell’apostolato dei religiosi. Infatti, nell’ispirazione avuta da Paolo nel suo ritiro del 1720 (nella Chiesa di Castellazzo Bormida), dove scrisse la prima bozza della Regola,

41 Ibid., 455.42 G. Cioni, Storia delle fondazioni, pubblicata in Bollettino, 1923, 242.43 Era conosciuto dovunque come “padre Paolo della Croce”.

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non si parlava di questo “voto speciale”, che invece, nelle Regole rinnovate del 1736 viene chiaramente esplicitato. Il segno distintivo da portare sul petto, che Paolo chiama “Santissimo”, insignito originariamente del solo nome di Gesù, si arricchisce col ricordo esplicito della “Passione”44. Alcune penitenze più gravi, come l’andare sempre scalzi e senza cappello, vengono anch’esse attenuate.

Dopo la morte di Papa Clemente II avvenuta il 6 Febbraio 1740, il conclave per l’elezione del successore durò sei mesi e fu eletto il Cardinale Lambertini Vescovo di Bologna che prese il nome di Benedetto XIV. Il Cardinale era stato un pastore molto zelante, laborioso, sincero e semplice, ma anche colto e arguto. Anche dopo essere salito alla Cattedra di Pietro, passeggiava per le strade di Roma come un prete qualunque e conversava volentieri con il popolo. Era totalmente contrario al nepotismo, ossia, alla distribuzione di incarichi di privilegio (ben remunerati), ai propri familiari e parenti (come avveniva spesso in quei tempi), ed era anche convinto che la decadenza della Chiesa era dovuta soprattutto all’abbassamento del livello spirituale. Il Papa, dunque, affermava apertamente che la Chiesa aveva più bisogno di “Santi” che di diplomatici che le assicurassero l’appoggio dei potenti della terra45. Questo Papa, onesto verso Dio e aperto al Suo Spirito, seppe riconoscere fin dall’inizio la genuina santità di Paolo della Croce e fu il primo a dare la conferma ufficiale della Chiesa al suo carisma. Sembra che proprio in quel tempo il Papa abbia pronunciato una frase che è rimasta celebre nella storia della Congregazione dei Passionisti: “Questa religione della Passione di Gesù Cristo doveva essere la prima a essere istituita ed è uscita per ultima”46.

La “Regola” della Congregazione Passionista venne approvata dal Papa Benedetto XIV il 13 Maggio 1741. Era il primo riconoscimento ufficiale dato da Sua Santità per tutta la Chiesa universale. Davanti a questo riconoscimento, grande fu la gioia di Paolo e di tutta la Comunità del Monte Argentario. Paolo aveva ottenuto anche il permesso di conservare l’Eucarestia nella Chiesa della Presentazione e pertanto, nella festa del Corpus Domini, celebrò la solenne riposizione dell’Eucarestia nel Tabernacolo cantando il Te Deum di ringraziamento. Paolo era soddisfatto del riconoscimento pontificio ma non voleva assolutamente appropriarsi di quella realtà che non riteneva sua, ma soltanto del Signore. Esprimendosi in questa consapevolezza scrive alla madre:

“Il Sommo Bene Iddio ha aperto il seno alle sue altissime misericordie con fare che siano state approvate dal Sommo Pontefice le Regole e Costituzioni della nostra Congregazione. Di tutto ciò bisogna ringraziarne Dio e parlarne con grande umiltà, perché noi non abbiamo che fare in quest’opera essendo tutta di Dio”47.

Dopo l’approvazione pontificia la piccola Congregazione ebbe un notevole incremento. Evidentemente l’approvazione dava a Paolo una certa sicurezza, perché rappresentava il sigillo della paternità spirituale che lo faceva sentire protetto. Infatti, nell’Autunno dello stesso anno,

44 A.M. Artola, La presenza della Passione di Gesù nella struttura e nell’apostolato della congregazione passionista, Passionisti, Roma, 1980, 9. 45Cfr. V.E. Giuntella, Roma del Settecento, Cappelli, Bologna, 1971, 322 – 323, in A. Lippi, Paolo della Croce. Mistico ed evangelizzatore. Maestro di santità per oggi, cit., 148.46 I processi di beatificazione e canonizzazione di S. Paolo della Croce, a cura di P. Gaetano dell’Addolorata, cit., 67.47 Lettere di San Paolo della Croce, a cura di P. Amedeo della Madre del Buon Pastore, vol. I, cit., 92.

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egli venne chiamato dal Principe di Sangro capitano generale dello Stato dei Presidi, a predicare nelle truppe militari di stanza a Porto Longone (oggi Porto Azzurro), Orbetello, Porto Ercole e Piombino. Padre Paolo si mise subito a predicare per i militari, ma non gli fu possibile concludere il suo apostolato perché si ammalò gravemente fino a rischiare la perdita della vita. Negli anni seguenti, dopo aver superato la malattia, ripresa la sua vitalità dinamica e sostenuto dallo Spirito Santo, si recò a predicare nei Paesi dell’alto Lazio che facevano parte dello Stato Pontificio: Vetralla, Oriolo Romano, Tuscania, Civitavecchia, Montalto, Monterosi, Blera, Sutri. Anche in questi luoghi, padre Paolo svolse il suo apostolato con mirabile successo, assistito dallo Spirito divino raccolse molte conversioni rinnovando la spiritualità di quelle genti.

Alla fine del 1742, entrarono nella Congregazione dei Passionisti, il laico Giacomo Gianiel 48 (di nazionalità svizzera), e padre Marcaurelio Pastorelli (di Nizza), già appartenete all’Ordine dei Dottrinari49. Poco dopo, entrarono anche altri fratelli che provenivano dall’alto Lazio e da Alessandria in Piemonte, tanto che le celle del Ritiro della Presentazione furono tutte piene.

Nel 1743 padre Paolo iniziò una missione a Chiavari, città appartenente alla Repubblica di Genova. Ma questa sua missione venne interrotta per ordine del Senato della Repubblica. La causa della negazione era dovuta al reclamo dei Preti locali che vedevano la missione Passionista come una concorrenza alla loro attività50.

Passati alcuni anni, padre Paolo volle dare alla Congregazione un’organizzazione più stabile e giuridica. Perciò, nel Marzo del 1747 convocò il primo “Capitolo generale”51 che si svolse nel Ritiro della “Presentazione di Maria sul Monte Argentario”. In questo primo capitolo, Paolo ebbe due consultori come prescrivevano le regole, i quali, contrariamente alla sua volontà, lo confermarono “primo Superiore generale” (carica che ha ricoperto per tutta la vita), ed inoltre furono eletti i Superiori locali delle altre Congregazioni e il Maestro dei novizi. Nel primo capitolo furono emanati anche dei decreti che disciplinavano la vita nei ritiri e definivano i tempi di durata (sei anni), degli studi filosofici e teologici dei giovani novizi. Padre Paolo si interessava degli studi dei giovani, del loro progresso spirituale e ammirava il loro entusiasmo. Per dare più forza alla Congregazione, nel 1750 Paolo fece celebrare il primo “Capitolo provinciale” in cui vennero nominati i Superiori generali nelle nuove Comunità di Tuscania e di Ceccano, che ancora non l’avevano. Padre Paolo della Croce era instancabile nei suoi molteplici impegni ed era sempre coerente nel suo austero modo vivere, per cui la noncuranza delle fatiche lo portarono a prolungati periodi di infermità per varie patologie.

La professione dei voti e il “Segno della Passione”: La prima idea positiva che compare al centro della spiritualità di Paolo, fin da quando era giovane, è il nome di Gesù al centro del “Segno” del quale si vede fregiato, sotto la “croce bianca”. Segue la “veste nera” con la quale si doveva vestire

48 Passionista dichiarato venerabile. Cfr. B.N. Bordo, Giatgen Gianiel, Passionisti, Roma, 1988.49Padre M. Pastorelli era un’insegnante. Egli, fu una delle colonne della Congregazione dei Passionisti. Cfr. A. Lippi, San Paolo della Croce. Mistico ed evangelizzatore. Maestra di santità per oggi, cit., 155.50 Cfr. G.M. di sant’Ignazio Martire, Annali della Congregazione della SS. Croce e Passione di N. S. G. C., con annotazioni di P.G. Dell’Addolorata, Passionisti, Roma, 1967, 119.51 Negli anni a venire, padre Paolo, convocherà altri due Capitoli nei quali perfeziona le norme della “Regulae”.

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a significato di “perpetuo lutto” per la Passione e morte di Gesù Cristo52. Nelle “Lettera ai Passionisti” Paolo descrive la mistica prodigiosa visione:

“In questo tempo mi vidi in spirito vestito di nero sino a terra, con una croce bianca in petto e sotto la croce il nome SS. Di Gesù in lettere bianche”53.

Nel Giugno del 1741, dopo un cammino di esercizi spirituali, i primi sei Passionisti, emisero la loro professione di fede religiosa (ufficialmente riconosciuta dalla Chiesa), e due “novizi”54 iniziarono il loro percorso missionario. I Passionisti si fregiarono per la prima volta del caratteristico “Segno della Passione”. L’emblema era costituito da un “cuore” sormontato da una “Croce”. All’interno del cuore c’èra la scritta “Jesu Xpi Passio”55 e sotto di essa erano rappresentati “tre chiodi”. Questo emblema è sempre stato lo stesso nei tempi ed è tutt’ora è presente sulle vesti nere dei Passionisti. Il “segno della Passione” cucito sulla stoffa all’altezza del cuore umano, emana qualcosa di misteriosamente attraente. L’emblema è presente in tutte le Chiese e nei Conventi della Congregazione. Lo studioso Passionista A. Lippi, descrive mirabilmente il messaggio teologico dell’emblema: “Il cuore è il simbolo dell’amore che costituisce l’essenza stessa di Dio e della vita che Lui dona alla creatura rendendola capace di amare. La Croce ricorda la rivelazione di quell’amore nella Passione di Gesù. I chiodi significano il legame indissolubile dell’obbedienza del Figlio di Dio al Padre, obbedienza a cui partecipa il suo corpo che è la Chiesa”56.

L’espansione delle Congregazioni Passioniste: Padre Paolo aveva sempre in memoria la prospettiva di fondare altre Congregazioni Passioniste fuori del Monte Argentario. Infatti, come abbiamo già scritto, molti anni prima, nel tempo in cui predicava all’isola d’Elba (1733-35), egli si era occupato di fondare una Congregazione sull’Isola. Tuttavia, pur tenendo conto che la principessa Eleonora Buoncompagni del Principato di Piombino e il Vescovo della Diocesi di Massa Marittima- Populonia Mons. Eusebio Ciani erano favorevoli alla fondazione, il progetto si perse nel nulla57. Nel 1740, su richiesta di padre Paolo, ci riprovò a fondare una Congregazione nell’isola d’Elba, il Passionista Francesco Antonio Appiani, ma in questo contesto si opposero gli Agostiniani, ed inoltre vi furono anche altre difficoltà burocratiche, per cui tutto venne di nuovo abbandonato con gran rammarico da parte di padre Paolo, tanto che scrisse in una lettera a don Policarpo Cerruti nel 1741 “che contro quel povero Ritiro si era armato tutto l’inferno”58. Ma tutto questo, non scoraggiò il Passionista, il quale proseguì inarrestabile nella strada dei suoi intenti.

La fondazione di Vetralla: Il canonico di Vetralla Don Biagio Pieri aveva conosciuto Paolo a Orbetello in occasione di una sua predicazione. Il canonico era confessore e sostenitore del 52 Paolo della Croce fu uno dei mistici che più ebbe chiaro il valore positivo della Passione, come massima espressione dell’amore di Dio. Cfr. https://it.cathopedia.org/wiki/Teologia_spirituale_di_San-Paolo_della_Croce53 Cfr. San Paolo della Croce, Lettere ai Passionisti, a cura di F. Giorgini, cit., 583.54 Uno dei novizi era Giuseppino di Santa Maria, siciliano di Augusta. Nel 1768, il passionista morirà con la stima di santo. Cfr. A. Lippi, San Paolo della Croce. Mistico ed evangelizzatore. Maestro di Santità per oggi, cit., 150. 55 La scritta è costituita da una parola ebraica, una greca e una latina, richiama il mistero centrale della vita della Chiesa, al quale essa riconduce, salvando dalla morte ogni popolo ed ogni cultura. In Gesù Cristo e nella sua Croce si legano e si conciliano il passato e il futuro, le radici e il tronco con i rami, i fiori, le foglie e i frutti dell’albero della Vita. Ibid., 150 – 151. 56 Ibid., 151.57 Non ci sono indicazioni sui motivi per cui la prospettiva della fondazione nell’isola d’Elba si è dissolta nel nulla.58 Cfr. Lettere di San Paolo della Croce, a cura di P. Amedeo della Madre del Buon Pastore, vol. II, cit., 276.

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Monastero delle Carmelitane di Vetralla in cui vivevano alcune monache veramente devote al Signore. Fra queste, c’era suor Colomba Leonardi59, che avendo sentito parlare del carisma mistico di Paolo, esortò fortemente Don Biagio e il Vescovo di Viterbo, affinché lo invitassero a predicare a Vetralla. Paolo venne invitato e si recò nella città a predicare la missione al popolo nell’Aprile del 1742, seguita poi, da un corso di esercizi spirituali alle monache Carmelitane. La missione ebbe un gran successo, tanto che, tutta la popolazione di Vetralla entusiasta della predicazione Passionista di Paolo, si offrì per fondare un Convento della Congregazione presso il Santuario di Sant’Angelo sul Monte Fogliano. Un mese dopo, il consiglio comunale approvò il progetto di fondazione e anche il Vescovo Mons. Alessandro Abbati dette il suo consenso. Ma anche qui saltò fuori una forte opposizione da parte dell’ordine dei Mendicanti dei frati Cappuccini, la quale provocò la risposta negativa della Congregazione del Buon Governo, il cui benestare era necessario per realizzare il progetto. Ma Paolo della Croce non si arrese, incoraggiato dal popolo, dalle autorità locali e aiutato dagli amici porporati di Roma, riuscì ad avere un’udienza dal Papa Benedetto XIV, e con il suo intervento ottenne il superamento del veto della Congregazione del Buon Governo alla fondazione Passionista. Allo stesso tempo, il Cardinale Albani invitò Paolo a predicare nel suo feudo di Soriano del Cimino e di fondare una comunità presso il Santuario di Sant’Eutizio situato vicino al paese. Dopo alcuni anni e tanta fatica, questi progetti furono concretizzati e nel mese di Marzo del 1744, un gruppo di nove religiosi partirono a piedi dal Monte Argentario insieme a padre Paolo. Cinque di loro erano diretti a Sant’Angelo, quattro a Sant’Eutizio60.

Il Romitorio di Sant’Angelo era costituito da una piccola Chiesetta (Santuario) e da alcune stanze attigue che servivano per i servizi. I religiosi Passionisti appena arrivati si adattarono e incominciarono subito a lavorare per ampliare il romitorio e trasformarlo in Convento. Dopo tre anni di lavoro, nel 1747 il Convento, appena finito, accolse il Superiore padre Giovanni Battista61 e il primo nucleo di studenti con il loro insegnante padre Marcantonio Pastorelli.

Il Santuario di Sant’Eutizio stava molto a cuore al Cardinale Annibale Albani (Camerlengo di Santa Romana Chiesa e fratello del Cardinale Alessandro Albani), che già a suo tempo aveva fatto costruire un piccolo Convento affiancato alla Chiesa, ma la comunità religiosa alla quale era stato affidato si era poi dispersa. La Congregazione dei Passionisti era arrivata, dunque, al momento giusto per ricoprire il vuoto. I due fratelli Cardinali ottennero subito i consensi dal Vescovo della Diocesi di Orte e Civita Castellana da cui dipendeva il paese, dal Governatore di Soriano e dal Sommo Pontefice. In questo caso, come mette in evidenza lo scrittore A. Lippi nel suo libro: “Si vede l’enorme differenza che esiste fra l’attuazione di un progetto del popolo e un progetto dei

59 Suor Colomba Leonardi (nativa di Lucca), apparteneva alla famiglia Leonardi, che nel cinquecento aveva dato alla Chiesa San Giovanni Leonardi, fondatore di una Congregazione religiosa e grande riformatore. Cfr. A. Lippi, San Paolo della Croce. Mistico ed evangelizzatore. Maestro di santità per oggi, cit., 156.60 I Romitori di Sant’Angelo e di Sant’Eutizio sono ubicati su un gruppo di montagne denominati Monti Cimini. Sono montagne coperte di boschi, poste a nord di Roma, vicino alla città di Viterbo. Il piccolo Santuario di Sant’Angelo, (dedicato all’arcangelo Michele), con l’annesso Convento è situato sul monte Fogliano a seicento metri di altitudine ed è del tutto isolato dal paese di Vetralla. Anche Sant’Eutizio è un piccolo Santuario (dedicato al martire), con l’annesso Convento è situato sul monte Cimino, posto a cinque chilometri dal paese di Soriano. Ibid., 157.61 Padre Giovanni Battista nel Romitorio di Sant’Angelo passò tutto il resto della sua vita e vi morì nel 1765. Dal 1746 al 1769, anche il fondatore padre Paolo della Croce fu residente a Sant’Angelo di Vetralla. Egli amò questo luogo come una seconda patria ed espresse il desiderio di esservi sepolto. Ibid., 157.

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potenti. A Soriano tutto fu facile e veloce, mentre per le altre opere di fondazione fu molto difficile, faticoso ed estenuante, per cui ci vollero molti anni prima di vederle realizzate”62.

La fondazione di Ceccano: Il paese di Ceccano (nella Ciociaria laziale), al tempo di padre Paolo della Croce, contava circa tremila abitanti ed aveva una sola Parrocchia. La gente del paese sentiva la necessità di un aiuto spirituale, perciò, gli amministratori del Comune (denominato “il consiglio dei trenta”), venendo a sapere dell’esistenza dei Passionisti, all’unanimità chiesero al Vescovo di Ferentino Mons. Fabrizio Borgia, l’autorizzazione di cedere la Badia di Santa Maria di Corniano63alla nuova Congregazione dei Passionisti. La richiesta venne inoltrata nel Giugno del 1747 e il Vescovo fu favorevole alla concessione della badia alla Congregazione e richiese a sua volta di avere subito alcuni missionari Passionisti per predicare nelle Chiese della Diocesi. Si recarono in missione a Ceccano i padri Tommaso Struzzieri e Antonio Dànei. Essi, iniziarono le predicazioni in alcune Parrocchie, si occuparono delle trattative per la fondazione e poco tempo dopo celebrarono solennemente l’ingresso dei Passionisti nella Chiesa di Santa Maria di Corniano. Padre Paolo (che in periodo si era ammalato ed era infermo), si trovava nel Romitorio di Sant’Eutizio e nel mese di Gennaio del 1748 , ripresosi dalla malattia, si incamminò per Ceccano con un’altro Sacerdote, quattro studenti e due fratelli. Questo viaggio, come afferma lo scrittore E. Zoffoli nel suo libro, fu un vero e proprio pellegrinaggio: “essi si fermavano a recitare la liturgia delle ore nei luoghi in cui si trovavano, destando la curiosità e l’ammirazione delle popolazioni”64. Il gruppo di missionari arrivato a Ceccano fu accolto con gioia dal Vescovo e dal popolo che lo aspettavano come una benedizione. La processione verso la Badia venne fatta in mezzo alla neve e Padre Paolo appena giunto alla Chiesa, fu preso da grande tristezza quando vide le pessime e inabitabili condizioni in cui la casetta dei religiosi si trovava, tanto che stava per interrompere la celebrazione e riportare indietro il gruppo dei missionari. Il Vescovo intervenne subito giustificando che aveva dovuto agire in fretta per evitare l’opposizione dei frati Mendicanti e che al più presto si sarebbe provveduto alla costruzione di una abitazione decente. Allora padre Paolo superò l’attacco di tristezza e, durante la Santa Messa pianse di commozione meravigliando tutti.

Dopo la fondazione di Ceccano, anche Terracina, Paliano, Falvaterra e Vico, tutti paesi del Lazio meridionale, chiesero di avere una Congregazione di Passionisti. Questo entusiasmo per i predicatori Passionisti, mise in allarme le Comunità Religiose già esistenti nelle zone in questione e le indusse a muovere opposizione alla nuova Congregazione. Le Comunità religiose scatenarono una campagna denigratoria contro i Passionisti che fece nascere una controversia giuridica. La controversia ebbe svolgimento presso gli organismi della Santa Sede in Roma65 e durò alcuni anni. Le narrazioni di queste vicende sono state scritte dallo studioso E. Zoffoli nel suo libro: “San Paolo della Croce. Storia critica”, in cui occupano centinaia di pagine. Pertanto, in questa “ricerca” ci limiteremo ad accennare alcuni motivi del contrasto per comprenderne gli aspetti principali. I primi religiosi che fecero opposizione contro i Passionisti furono i Francescani riformati di San Francesco a Ripa, che avevano presso Ceccano i Conventi di Pofi e Vallecorsa. All’inizio del 1748 i 62 Ibid., 158.63 La Badia di Santa Maria di Corniano si trova a pochi chilometri dal paese di Ceccano. In passato era stata sede di un Monastero Benedettino che dipendeva dalla vicina Abbazia di Montecassino. Ibid., 203.64 E. Zoffoli, S. Paolo della Croce. Storia critica, vol. I, cit., 703.65“La Camera Apostolica” era l’ufficio legale Pontificio che giudicava le controversie tra gli istituti della Chiesa cattolica.

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francescani riformati di Roma presentarono al Papa Benedetto XIV, un memoriale contro la fondazione di Ceccano, nel quale sostenevano che il progetto dei Passionisti era una inutile copia delle loro missioni66 già esistenti in quei luoghi che anche loro chiamavano Ritiri. A difesa dei Passionisti si mosse il Vescovo Mons. Borgia che in qualche modo riuscì a mitigare la questione.

Al memoriale dei Francescani riformati si aggiunse un altro memoriale dei frati Cappuccini di Alatri. I Cappuccini, spaventati dalle progettate fondazioni Passioniste di Vico e Paliano, nel documento, accusarono i “missionari della Passione di Gesù Cristo” di essersi appropriati di una parte di bosco, con la complicità del Comune di Vetralla, a discapito della popolazione che ne era rimasta amareggiata. L’accusa risultò una calunnia infondata che padre Paolo dimostrò facilmente. Tuttavia, i Cappuccini promossero una lega di tutti i frati67 della provincia di Marittima e Campagna. “Tutti all’armi contro il povero piccolo gregge di questi nostri agnelletti in Cristo” scriveva Paolo in una lettera a padre Fulgenzio Pastorelli68. Nel mese di Luglio del 1748, la Camera Apostolica emise un decreto che comunicava la sospensione di tutte le costruzioni dei conventi Passionisti in corso e la demolizione di quelli già costruiti. Il decreto fu presentato ai responsabili civili di Paliano e affisso sulle porte delle Chiese. Il decreto prevedeva anche la Sanzione di mille ducati d’oro, da pagare alla Santa Sede, qualora non fosse attuato entro sei giorni. Padre Paolo amareggiato da tale pesantezza, ordinò ai passionisti di lasciare Ceccano e di ritornare nel Romitorio di Sant’Angelo di Vetralla, ma il popolo non volle assolutamente lasciarli partire. Non abbiamo indicazioni più dettagliate su come la questione andò a finire, rimane però il fatto che i Passionisti rimasero a Ceccano e svilupparono le loro missioni. Da parte nostra, occorre però capire la natura e le motivazioni per le quali avvenivano quelle contrapposizioni fra le Comunità religiose.

Alcuni Ordini religiosi, soprattutto dei Mendicanti, si salvaguardavano con i decreti che alcuni Papi nel 1500, avevano emesso per limitare l’eccessivo numero di Conventi nei paesi di campagna. Questi decreti venivano applicati anche nei secoli successivi. Nel 1700, la diffusione dei principi illuministi in Europa aveva creato tensioni e sospetti nelle popolazioni nei confronti dei religiosi. Per attenuare le tensioni, questi decreti venivano applicati con esagerata rigidità, perché il numero dei religiosi si era particolarmente incrementato per motivazioni non vocazionali, bensì di altra natura. Infatti, moltissime vocazioni erano discutibili, la spiritualità di varie comunità era scadente e troppi religiosi apparivano palesemente come oziosi sfruttatori della società. Proprio questi ultimi, sentendosi forti del potere conquistato, si avvalevano dei decreti, per respingere gli altri religiosi che, per la loro pura vocazione, il carisma e il rigore della disciplina, erano una forza viva per la Chiesa e la popolazione69. In sintesi, ciò che accadeva ai Passionisti di padre Paolo era dovuto al fatto che le Comunità stabilite, appiattite e decadenti, perseguitavano a salvaguardia dei 66Al tempo di padre Paolo della Croce, le missioni dei Francescani riformati venivano guidate e portate avanti da un grande predicatore: il frate Leonardo da Porto Maurizio (poi,riconosciuto come Santo dalla Chiesa). Frate Leonardo aveva predicato oltre trecento missioni ed aveva un metodo semplice ed efficace. Egli dava molta importanza alla preparazione spirituale dei predicatori, nella solitudine dei luoghi che anche lui chiamava Ritiri. Dunque, sotto vari aspetti era simile a padre Paolo, con cui si incontrò personalmente alcune volte. Cfr. A. Lippi, Paolo della Croce. Mistico ed evangelizzatore. Maestro di santità per oggi, cit., 207 – 208.67 I Francescani della provincia erano: frati minori osservanti, frati riformati e frati Agostiniani scalzi.68 San Paolo della Croce, Lettere ai Passionisti, a cura di F. Giorgini, cit., 280 – 281.69 Cfr. A. Lippi, San Paolo della Croce. Mistico ed evangelizzatore. Maestro di Santità per oggi, cit., 209 – 210.

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loro interessi, le nascenti Comunità carismatiche e vive. Padre Paolo della Croce parlava spesso di una necessaria riforma della Chiesa, riferendosi anzitutto alla qualità del Clero e dei Religiosi. Infatti, in quei tempi, l’assenza di una riforma necessaria per la Chiesa, dette apertura all’espansione del fenomeno dell’ateismo e dell’anticlericalismo. Nel 1733 nasceva a Firenze la prima loggia massonica d’Italia di assoluta tendenza anticlericale. Nel 1751 venne pubblicata in Francia l’Enciclopedia di Diderot e Dalambert, la quale attraeva l’attenzione della gente sulla cultura umanistica e scientifica dell’uomo. Mentre le autorità ecclesiastiche venivano impegnate dai religiosi per discutere in lunghi processi sui privilegi acquisiti, una parte della società mondiale più attenta alle reali necessità delle popolazioni povere, si allontanava dalla Chiesa cattolica e formava movimenti laici ben organizzati. Questi movimenti potevano così vantarsi pubblicamente di operare a beneficio dei poveri meglio di tanti religiosi che, invece, perdevano il tempo a discutere nei processi per conservare i loro privilegi 70. Le sofferenze di padre Paolo della Croce per quelle questioni di contrasto erano grandi. Tuttavia, nonostante le persecuzioni, egli portava avanti con fermezza i suoi intenti, consapevole che l’opera che Dio gli aveva dato da compiere era ormai stabilita, per cui allo sconforto iniziale, prevaleva poi la fiducia e l’ottimismo. Si rinnovava in Paolo anche l’entusiasmo, quando osservava il gran numero dei Passionisti pieni di fervore che si era formato e li vedeva uniti e compatti nella volontà di superare gli ostacoli.

Correva “L’Anno Santo” del 1750, in cui il Papa Benedetto XIV fece tutto il possibile affinché l’importante evento divenisse un’occasione di nuova crescita nella fede per il mondo cristiano. Il Santo Padre promosse in particolare le Missioni popolari e il Sacramento di Riconciliazione. Il Cardinale Guadagni, Vicario del Papa per la Diocesi di Roma, volle che i Passionisti predicassero nella Chiesa di San Giovanni dei Fiorentini, situata nel centro della Città. Nella celebrazione padre Paolo della Croce ebbe l’onore di essere ascoltato dai Cardinali e dallo stesso Sommo Pontefice. Poco dopo, egli, si rimise in cammino e predicò una missione a Camerino nelle Marche e inviò alcuni Passionisti a predicare a Belforte del Chienti, a Sarnano e a San Ginesio, Paesi della stessa Diocesi. Nella missione a Camerino, avvenne la conversione del contrabbandiere Orazio Rebecchini (divenuto famoso in quelle zone per la sua spregiudicatezza), che, subito dopo aver ricevuto il dono della fede, ottenuto mediante la predicazione di padre Paolo e l’azione dello Spirito divino, partecipò con i suoi dodici compagni a tutta la missione. Dopo il prodigioso risultato, padre Paolo si interessò affinché il contrabbandiere potesse godere di un indulto dallo Stato Pontificio, e alla fine lo ottenne. Il Rebecchini ne fu riconoscente e si ritirò ad una vita penitente. Morì nel 1765 e, in quell’occasione padre Paolo inviò una lettera di partecipazione alla vedova scrivendogli queste parole: “Dio benedetto m’ha fatto cooperare tanto per la salute della lui anima quanto per fargli ottenere la libertà di tornare a casa sua”71. Nell’estate di quell’anno padre Paolo predicò nei paesi dei Monti Cimini: a San Martini al Cimino, a Canepina e a Vallerano. In Dicembre predicò gli esercizi pubblici a Orbetello. Nel 1751, su richiesta dei Vescovi, le indulgenze dell’Anno Santo, vennero estese a tutto il mondo. Padre Paolo e i suoi instancabili Passionisti predicarono a Ferentino, Supino, Patrica, Vetralla, Giuliano di Roma, Prassedi, Valmontone e Tarquinia.

70 Ibid., 211.71 Lettere di San Paolo della Croce, a cura di P. Amedeo della Madre del Buon Pastore, vol. III, cit., 736.

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Le fondazioni di Falvaterra e Terracina: Il contrasto con gli Ordini dei Mendicanti venne risolto e pertanto padre Paolo riprese il discorso delle Fondazioni già richieste lasciate in sospeso. A Ceccano, ricevuta la risposta favorevole da Roma, ripresero i lavori di costruzione del Convento con grande soddisfazione di padre Paolo e di Mons. Borgia. Nel frattempo, dopo una missione predicata dai padri Tommaso Struzzieri e Antonio Dànei nel Paese di Falvaterra, la popolazione e il Vescovo Mons. Lorenzo Tartagni, offrirono il Santuario di San Sosio martire ai Passionisti per fondarvi la Congregazione. Nel 1751, dopo uno scontro72 con un benefattore locale che voleva costruire la sua villa vicino al Convento, risoltosi poi con la rinuncia del benefattore al progetto e la riappacificazione, Padre Paolo prese possesso del Ritiro di San Sosio e vi lasciò dodici religiosi sotto la guida di padre Struzzieri.

L’anno seguente anche il nuovo Convento di Terracina, che il Vescovo Mons. Oldo aveva fatto costruire in breve tempo, potè accogliere una Comunità Passionista di undici religiosi con a capo padre Antonio Dànei e il diacono Giammaria Cioni come padre spirituale della Comunità.

Bisogna dire che questi Casali che fungevano da Conventi erano stati costruiti con poche disponibilità economiche, quindi, le strutture erano rustiche e senza rifiniture. Pertanto, quando vi andarono ad abitare i Passionisti, erano ancora in condizioni grezze, vale a dire, che alcuni lavori erano rimasti incompiuti, l’acqua e l’umidità erano dappertutto. Possiamo, quindi, immaginare che in tali condizioni la vita dei religiosi era veramente dura e disastrata. A Terracina, la Chiesa era senza pavimento e dalle mura dietro il coro fuoriusciva acqua da ogni parte. I corridoi del Convento erano senza infissi, per cui il vento e il freddo entravano da tutte le parti. Mancavano le coperte per proteggersi dal freddo e il camino non era stato terminato, pertanto, non fu possibile accendervi il fuoco e riscaldare l’ambiente per un lungo tempo. C’era una grande sofferenza nei Ritiri dovuta al freddo e alle altre situazioni di disagio, tuttavia, le Comunità Passioniste sopportavano in silenzio tutto questo e si davano da fare per sopperire alle gravi mancanze. Insomma, possiamo dire che in quei Conventi le Congregazioni di padre Paolo, non vivevano certamente nel lusso73.

La fondazione di Paliano: Nel mese di Aprile del 1755, morì il Passionista padre Fulgenzio Pastorelli, aveva soltanto quarantacinque anni. Era stato compagno di padre Paolo fin dalla fondazione del Romitorio di Sant’Antonio abate sul Monte Argentario. Padre Fulgenzio era diventato amico e confidente spirituale di Paolo, collaboratore in vari compiti, soprattutto nella formazione spirituale dei giovani. Enorme era la stima e l’affetto che padre Paolo aveva per lui, per cui alla sua scomparsa ne soffrì profondamente. Nel Novembre dello stesso anno, avvenne l’apertura solenne del Ritiro di Santa Maria di Pugliano presso Paliano. La celebrazione fu presenziata a nome di padre Paolo della Croce, da padre Tommaso Struzzieri. La fondazione di questo Ritiro era stata voluta dal Sacerdote di Paliano don Isidoro Calzelli e dal Vescovo di Palestrina il Card. Gentili. Don Isidoro aveva iniziato ben cinque anni prima a procurare il denaro

72 Lo scontro avvenne perché il benefattore sig. Amati imponeva la costruzione della sua villa in vista del Convento. Se tale progetto veniva portato avanti, padre Paolo affermò che avrebbe abbandonato il Ritiro, perché secondo il suo pensiero, i Conventi dovevano essere situati in luoghi solitari affinché i religiosi pensassero solo a Dio. Il progetto fu abbandonato. Cfr. A. Lippi, San Paolo della Croce. Mistico ed evangelizzatore. Maestro di santità per oggi, cit., 217. 73 Ibid., 218 – 219.

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necessario per i lavori di sistemazione del Romitorio che si trovava in pessime condizioni e seguiva lui stesso la ristrutturazione del casale. Nel Piccolo Convento presero dimora dodici religiosi Passionisti che con fervore iniziarono le missioni di predicazione.

Anche in questo Ritiro ci furono delle malevoli maldicenze sull’operato dei Passionisti da parte di alcuni personaggi locali. Questi presentarono al nuovo Vescovo card. Spinelli (appena insediato, dopo la morte del Vescovo Gentili), un pessimo contenuto sulla qualità dei Passionisti. Subito il Vescovo chiamò a rispondere sulla questione, don Isidoro e i padri Passionisti Struzzieri e Pastorelli. Dopo la loro accurata esposizione dei fatti, il Vescovo capì perfettamente la malignità dei delatori e la falsità delle loro accuse, per cui la questione venne risolta nel bene e nella verità.

Negli anni successivi (1757-58), sostenuto dallo Spirito divino nel il suo infaticabile dinamismo, padre Paolo predicò in moltissimi Paesi come: Ischia di Castro, Tarquinia, Valentano, Tuscania, Montalto di Castro, Blera, Civitella Cesi, Bagnoregio, Orbetello, Monte Romano, Vetralla, Sutri, Barbarano e Ronciglione. Anche in questi anni non mancarono le lamentele e le falsità nei confronti di alcune fondazioni Passioniste. Come già era successo, si accusarono ancora i Passionisti di operare senza avere un’adeguata preparazione culturale. Negli accurati esami sulle qualità culturali, ordinati dal Vescovo, i Passionisti risultarono, invece, preparatissimi74.

L’ospizio del Crocifisso di Roma: Nel 1765, Padre Paolo fece cercare da padre Gianmaria Cioni un casale in Roma, adatta a divenire un Convento per i religiosi di passaggio per la città. Padre Cioni, si indirizzò verso una casa che apparteneva alla Compagnia di Gesù, di cui il procuratore generale fu ben lieto di cederla alla nuova Congregazione. La casa era chiamata “l’ospizio del Crocifisso”, situata in Roma, vicino alla Cattedrale di San Giovanni. Il Papa Clemente XIII, dette il suo assenso e il Convento venne inaugurato nel Gennaio del 1767. Il piccolo casale venne subito ampliato con i proventi di famiglie nobili devote, per cui, diventò un grande Ritiro Passionista in Roma75.

La fondazione delle Monache Passioniste: La monaca Maria Crocifissa Costantini del Monastero Benedettino di Santa Lucia di Tarquinia, conobbe padre Paolo della Croce durante un corso di esercizi spirituali nel 1739. La giovane monaca Maria Crocifissa, particolarmente portata alla fede mistica, ebbe chiare illuminazioni attraverso le quali comprese di lasciare in futuro il Monastero per cooperare con padre Paolo alla fondazione di un nuovo Monastero femminile della Passione di Gesù Cristo. Passarono molti anni prima che quella illuminazione si avverasse. Nel 1754 il fratello di Maria, Domenico Costantini e la moglie Lucia, benestanti e devoti alla Passione del Signore, decisero di destinare i beni della famiglia alla costruzione del Monastero delle Passioniste. Si interessava dei lavori anche suor Maria che presa dall’impazienza per il lento andamento sollecitava con insistenza il fratello76. Passarono ancora molti anni prima che il progetto arrivasse a conclusione. Giunto in prossimità della fondazione, padre Paolo che aveva da molti anni un rapporto di scambio di pensieri spirituali di alta mistica con suor Maria Crocifissa ed era convinto 74 Ibid., 223.75 Ibid., 245.76 Padre Paolo, accortosi dell’impazienza di suor Maria per la lentezza con cui veniva costruito il Convento, gli scrisse per raccomandargli di essere paziente e di “aspettare in silenzio che Dio apra le vie ed essere uguale e contenta del Suo Beneplacido”. Cfr. Lettere di San Paolo della Croce, a cura di P. Amedeo della Madre del Buon Pastore, vol. II, cit., 318.

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della sua santità, la esortava a prepararsi all’ingresso nel nuovo Monastero, scrivendogli queste raccomandazioni:

“Tale apparecchio deve consistere principalmente nella sua umiltà e disprezzo di se stessa, colla verace cognizione del suo niente. Questa porta seco l’esercizio di tutte le virtù, la regina delle quali è la santa carità e unione con Dio, con vera attrazione e distacco da ogni cosa creata e un totale abbandono nel divino Beneplacido. Sia vera abitatrice nell’interno del suo spirito e stia ben chiusa in questo sacro deserto, essendo questa sacra solitudine ricca di ogni bene. In questa divina solitudine, colle porte ben chiuse a ogni creatura, tutta vestita di Gesù Cristo, si lasci perdere e abissare nell’immensa Divinità e ivi, in sacro silenzio di fede e di santo amore, contempli il Sommo Bene e si lasci incenerire nel fuoco della divina carità. Non perda mai questa santa solitudine ovunque si trovi e qualunque opera faccia”77.

Nel Maggio del 1771, padre Paolo e la collaboratrice suor Maria Costantini, concretizzarono e dettero vita al progetto di “fondazione delle Monache Passioniste” nel nuovo Monastero di Tarquinia. Questa prima comunità femminile mistica e contemplativa doveva sostenere, con la preghiera e la penitenza, la predicazione dei Passionisti missionari, ed inoltre doveva comunicare a tutte le donne di fede la memoria della Passione di Gesù Cristo negli esercizi spirituali. Le monache Passioniste dovevano dedicare particolare cura all’insegnamento della dottrina cristiana alle donne e della meditazione alle bambine, nel loro percorso di formazione per il Sacramento della Confermazione. Suor Maria Crocifissa fu la vera pietra angolare del nuovo convento delle monache Passioniste. Le sue beate virtù vennero riconosciute dalla Chiesa il 17 Novembre del 1982.

La Casa Generalizia di Roma: Il Papa Clemente XIII si era consumato nella difesa della Chiesa e in particolare aveva difeso la Compagnia di Gesù contro gli attacchi dei monarchi Borboni. Egli morì improvvisamente il 3 Febbraio del 1769. Venne eletto nel conclave il successore, che prese il nome di Papa Clemente XIV. Padre Paolo andò a Roma per fare visita al nuovo Papa a presentargli gli ossequi della Congregazione. Il santo Padre appena seppe che Paolo era in città, gli mandò subito un carrozza per portarlo al Quirinale e riceverlo in udienza. Il Prelato aveva già avuto una normale amicizia con Paolo, ma appena eletto Papa sentiva il bisogno di intensificarla. Durante l’incontro, Paolo consegnò al pontefice un memoriale che chiedeva una nuova solenne approvazione della Congregazione, poi sul finire dell’udienza, il Papa chiese al Passionista di predicare una missione nella Chiesa di Santa Maria in Trastevere. Erano alcuni anni che Paolo non predicava più missioni a causa della sua salute divenuta molto critica, ma per obbedienza accettò. Appena cominciata la predicazione, egli fu preso da forte febbre e da vomito, tanto che non stava in piedi, poi si riprese e volle essere sorretto e trasportato sul palco. Una volta là sul pulpito, stando in piedi, ritrovò il vigore di un tempo, lasciando tutti meravigliati. Il Passionista padre Cioni che era presente, ricorda che: “ Paolo impressionava soprattutto per la grande libertà con cui <<riprendeva li vizi e li disordini massime de’ nobili>>78ed esplicitava apertamente i mali che affliggevano la Chiesa. L’ultima sera, la calca della folla fu tale che persino la piazza antistante la Basilica era gremita di gente. Paolo stesso, facendo riferimento a quella missione, scrisse in una lettera inviata a P.G.B.

77 Ibid., 321 – 322.78 Giovanni Maria di sant’Ignazio Martire. Annali della congregazione della SS. Croce e Passione di N. S. G. C. Passionisti, Roma, 1967, 250.

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Gorresio, che: “sempre vi è stato gran concorso di popolo di ogni ceto, canonici, prelati, nobiltà e popolo minuto di ogni sorta, preti, frati in quantità; e pure questo povero vecchio fradicio, ignorante, è stato sentito volentieri e gradito con frutto: Benedictus Deus” 79.

Il Papa Clemente XIV, che si informava ogni sera della missione, ne rimase soddisfatto e dispose di dare ai Passionisti di padre Paolo una sede più grande a Roma. Si trattava del Convento e della Chiesa di sant’Andrea al Quirinale, situati di fronte alla sua residenza abituale. Ma ci furono dei contrasti insorti ad opera dei Lazzaristi i quali pretendevano venisse data a loro la Chiesa al Quirinale. La questione venne appianata (con il benestare del Papa e dei Cardinali), invertendo le concessioni alle due Congregazioni, per cui, ai Passionisti di padre Paolo vennero concessi la casa e la Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo al Celio. A padre Paolo, piacque l’assegnazione, in quanto gli permetteva di tenere i suoi Passionisti lontano dalla corte Pontificia, di custodire la solitudine e di dedicarsi ai poveri contadini che coltivavano orti e campi in quella zona, allora periferica80.

PAOLO DELLA CROCE UN “UOMO DI DIO”

Il dono della fede: Come abbiamo accennato nell’introduzione iniziale, la madre di Paolo Anna Maria, aveva stabilito con lui un rapporto sacro e sacramentale, consacrandolo appena nato a Dio e invocando su di lui il nome di Gesù Cristo, per il quale essa aveva una devozione particolare. Appena Paolo fu in grado di capire, la madre riversò su di lui la sua visione della vita fondata sulla fede. Anna Maria diventa così il tramite di una vocazione divina che sarà accolta pienamente da Paolo e dal fratello Giovanni Battista. La vita cristiana di Paolo si manifesta subito in età giovanile, in cui, amava leggere con vivo interesse le Sacre Scritture e, in modo particolare studiava e rifletteva sulla “Passione di Gesù Cristo”, dalla quale era profondamente attratto. Si manifesta anche nelle assidue partecipazioni alle celebrazioni in Chiesa e nel passare insieme al fratello lunghe ore di preghiera nella propria casa. L’insieme di queste attività di fede svilupparono alcune preziose caratteristiche nella personalità di Paolo, le quali formeranno la sua spiritualità. Le più importanti di queste è “il primato di Dio”, ovvero, la passione per il Signore e per tutto ciò che può avvicinare a Lui, e la riflessione sulla Passione del Figlio Gesù Cristo, che dona agli uomini la speranza di salvezza. Accanto ai fattori spirituali, entrarono in lui anche i fattori sociali del lavoro, dell’abilità, della comunicativa e della praticità, le quali si aggiunsero alla sua personalità. Queste molteplici caratteristiche lo qualificarono per tutta la sua vita, ma, in modo speciale nelle realizzazioni delle Fondazione Passioniste, nelle missioni, nell’apostolato e nella dirigenza dei fedeli cristiani come padre spirituale.

Le doti di concretezza e correttezza: Le esperienze di lavoro nel commercio, svolto insieme al padre, svilupparono in Paolo il senso pratico della vita, la fantasia, l’inventiva e l’amore per le cose concrete, autentiche, vere. Molti anni dopo, nelle Congregazioni dei Passionisti da lui fondate, esigeva rigorosamente che si mantenesse la parola data e si stabilissero, mediante normative, le condizioni per la regolare vita religiosa. Padre Paolo fu sempre un buon amministratore delle

79 Lettere di S. Paolo della Croce, a cura di P. Amedeo della Madre del Buon Pastore, cit., vol. III, 709.80 Cfr. A. Lippi, Paolo della Croce, Mistico ed evangelista. Maestro di santità per oggi, cit., 258 - 259.

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Fondazioni. Evitava di fare debiti, ossia, non andava mai oltre le proprie disponibilità economiche, perché avrebbero messo a repentaglio le Congregazioni appena nate. Si era reso conto che nelle mani delle Diocesi e degli Istituti religiosi, c’erano enormi quantità di ricchezze, per cui capiva che questo “status” era uno dei maggiori scandali che coinvolgeva la Chiesa nella società di allora. Infatti, con l’avvento dei pensieri illuministi, la società era divenuta più sensibile e più attenta alla questione della miseria che imperversava nelle popolazioni, in netto contrasto con l’opulenza in cui prosperavano le gerarchie ecclesiali e, pertanto si erano create delle pericolose tensioni. In sintesi, la Chiesa e la sua gerarchia, venivano sospettati di essersi arricchiti a spese delle popolazioni, con il consenso delle monarchie governanti. Questo fu uno dei motivi per cui padre Paolo aveva sempre proibito alle Congregazioni Passioniste di possedere beni e rendite stabili. Comunque, in determinate occasioni, egli seppe valutare ed accogliere oneste donazioni che venivano elargite alle Congregazioni da parte delle popolazioni devote, perché erano derivate da stima e buona fama nei confronti dei missionari Passionisti.

Senza aver fatto particolari studi umanistici, padre Paolo era divenuto un buon diplomatico. Egli seppe trattare con saggezza e pazienza le questioni che riguardavano il suo carisma di fondatore, ma quando fu necessario, seppe risolvere con autorevole fermezza gli innumerevoli problemi che sorgevano alla nascita delle nuove Congregazioni. Questi problemi di contrasti ed opposizioni, come abbiamo visto, provenivano soprattutto dalle istituzioni di una Chiesa stanca, statica e piena di compromessi, come era quella del Settecento. In questo contesto difficile e spesso ostile, padre Paolo ha combattuto le sue battaglie. Non si fece mai servo dei potenti, tuttavia, ricorse al loro aiuto solo in estremo bisogno, al fine unico di mandare avanti ciò che il Signore gli aveva ispirato, e fu particolarmente riconoscente verso coloro che lo aiutarono a costo del proprio personale sacrificio.

Il carattere socievole, semplice e comunicativo: Nelle esperienze delle missioni, padre Paolo della Croce aveva sviluppato un modus comunicativo semplice e sincero. La sua eloquenza era molto apprezzata e questo dato di fatto viene ampiamente dimostrato dalla sua corrispondenza con la quale manteneva moltissime relazioni81. Padre Paolo veniva ricercato continuamente da un gran numero di persone. Il suo linguaggio era chiaro, essenziale, privo di inutili vezzeggiativi letterari che tanto erano di moda in quei tempi. Forte della sua cultura, non aveva bisogno di sotterfugi, ne tantomeno di menzogne. Andava sempre diritto allo scopo, che era sempre quello di favorire il cammino delle anime nella strada di Dio. In una confidenza con padre Domenico Ferreri, padre Paolo scrive:

“Hanno tirato più volte a farmi perdere quella poca semplicità e candidezza che ho portato fin dal ventre di mia madre, ma per grazia di Dio non gli è riuscito. Mi è costato, e quanto! Il mantenermi nella mia semplicità e nella mira di piacere unicamente a Dio in tutto e per tutto”82.

81 Padre Paolo scrisse decine di migliaia di lettere. Cfr. Lettere di San paolo della Croce, a cura di P. Amedeo della Madre del Buon Pastore, vol. II, cit., 209. 82 I processi di beatificazione e canonizzazione di S. Paolo della Croce, a cura di P. Gaetano dell’Addolorata, vol. IV, cit., 58.

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Il carisma dell’autorevolezza: Molte persone che avevano conosciuto padre Paolo, affermavano che in certi momenti della sua vita, egli venisse preso da uno spirito simile a quello degli antichi Profeti biblici. Queste persone, scrive lo studioso A. Lippi nel suo libro, avevano centrato in pieno la similitudine, perché in alcune situazioni particolarmente delicate, egli si comportava proprio come quegli antichi uomini chiamati al servizio di Dio, mostrando di non avere nessun timore di mettere a rischio se stesso e la Congregazione, pur di dire ciò che gli era stato ispirato dal Signore. A dimostrazione della sua autorevolezza, vi furono molti episodi nella sua vita, come quello in cui si discuteva la “controversia” con i Francescani Mendicanti, nella quale padre Paolo affrontò con fermezza il Cardinale Albani che lo contrariava. Rivolgendosi al Cardinale, si lamentò con tono duro e schietto del suo comportamento e, alla fine rimarcò l’alterco con queste parole: “Intanto sappia vostra Eminenza che Iddio eleggerà uno in vece sua!” e poi concluse: “Ho detto ciò che Iddio mi ha ispirato e se non fossi stato mosso da Dio non gliel’avrei detto” 83. Egli dava una chiara impressione di avere la necessità di sfogare le sue amarezze interiori e i suoi lamenti, per cui non aveva nessun ritegno nel farlo. “Era talmente forte che non aveva nessun timore di apparire debole”84, sottolinea testualmente il Passionista Lippi.

In una lettera alla monaca di clausura Colomba Gandolfi, padre Paolo scrive:

“Lei mi dice che parli in verità e semplicità il mio sentimento; ed io rispondo che, grazie alla misericordia di Dio, non ho mai detta bugia né parlato con doppiezza, ma in verità e semplicità. Vedo che lei ha scritto con gran passione interiore: stia sopra di sé, si umili a Dio e continui i suoi esercizi, pianga i suoi difetti e li bruci nel fuoco della divina carità e avverta a non lasciarsi perturbare e inquietare, perché il demonio fa la sua pesca nell’acqua turbata”85.

Il carattere contemplativo ed emotivo: Nell’esperienze giovanili di vita nel lavoro, Paolo aveva sviluppato preziose doti di inventiva, agilità mentale e facoltà decisionale. Egli era sempre attivo negli spostamenti e nell’affrontare i rischi e pericoli. Tuttavia tutto questo non gli impedì di sviluppare anche un carattere contemplativo e amante della solitudine, che riteneva fondamentali per coltivare la spiritualità mistica trascendentale. il carisma di Paolo è chiaramente un carisma di contemplazione e di preghiera, ma anche di azione e di servizio. In riguardo al suo carisma contemplativo alcuni studiosi affermano che “le sue lettere si leggono con interesse e gioia spirituale. Attraverso di esse, Paolo si rivela nel suo status contemplativo ed emotivo, in cui vi si sente palpitare la sua anima”86.

Il suo carattere emotivo, si manifestava nella facilità di commuoversi e di piangere. Moltissimi testimoni parlano delle sue lacrime versate durante la celebrazioni Eucaristiche nelle festività solenni. Si commuoveva anche durante le predicazioni, nello svolgimento degli esercizi spirituali e negli incontri personali. Era facile alle commozione ed era anche tenerissimo negli affetti. Padre Paolo aveva una tenerezza paterna verso i giovani della congregazione. Viene raccontato che, quando i missionari tornavano stanchi in Convento, egli, abbracciava questi giovani stringendoli al

83 Ibid., 66. 84 Cfr. A. Lippi, San paolo della croce. Mistico ed evangelizzatore. Maestro di santità per oggi, cit., 304. 85 Lettere di San Paolo della Croce, ibid., 487. 86 Cfr. A. Lippi, San Paolo della Croce. Mistico ed evangelizzatore. Maestro di Santità per oggi, cit., 309.

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petto e piangeva. Aveva una speciale tenerezza per i fratelli laici della Congregazione per cui voleva che fossero trattati in tutto come i Sacerdoti87.

Il carisma di fondazione e di paternità spirituale: In giovane età, Paolo sentì l’ispirazione di formare una Comunità di compagni con i quali vivere una vita di uguaglianza e di fraternità. Questa ispirazione di cui Paolo era il portatore, ebbe uno sviluppò nei suoi confronti, per cui gli venne riconosciuta la “paternità spirituale”, sia nelle Comunità, che nelle popolazioni esterne. Occorre precisare che tutte le fondazioni dei nuovi movimenti spirituali nella Chiesa, avvengono tramite lo Spirito Santo divino e, pertanto, sono un dono di Dio. Il dono non è finalizzato in “primis” alla crescita spirituale della persona che lo riceve, bensì piuttosto alla crescita del Corpo di Gesù Cristo che è la Chiesa. Nella persona che porta tale dono, implica un grande impegno e un pressante senso di responsabilità, e non un privilegio di cui vantarsi. Padre Paolo è sempre stato consapevole di questo fatto soprannaturale e lo ha precisato molte volte: “La Congregazione è tutta opera di Dio”88. In riguardo al dono carismatico di Paolo, molte persone che vissero in comunità con lui, pur avendo buone intenzioni, non si riconobbero nel suo carisma e, comunque, divennero buoni sacerdoti e Religiosi che portarono avanti il proprio progetto di impegno evangelico. Il primo a riconoscersi nel carisma di Paolo fu il fratello Giovanni Battista e in seguito anche padre Fulgenzio. Soltanto dopo molti anni, un gruppo consistente di Passionisti si affiancarono riconoscendosi nel carisma di Padre Paolo. Questi passionisti confermarono tale carisma e si sentirono chiamati personalmente a vivere quel dono di Dio e portarlo avanti nella Chiesa. Dunque, queste persone si inserirono nel suo carisma ed entrarono in quella parte viva del mistero che è la Chiesa stessa89. Per questo, Paolo della Croce divenne per tutti “padre nello Spirito”.

Il carisma delle guarigioni: Il maggior numero degli eventi straordinari operati da padre Paolo, è costituito dalle prodigiose guarigioni. Egli esercitò tale carisma fin da quando era giovane. Sembra che lui stesso ne parlasse come di un carisma che nel passare del tempo andava a diminuire, e temeva che la causa dipendesse dal suo variabile umore che a volte diveniva aggressivo. Sconfortato per la opprimente questione diceva: “Dov’è andato quel tempo in cui con un segno di croce feci alzare dal letto una intera corsia di ospedale piena di infermi?” 90. Ma, nella realtà dei fatti, nell’arco della sua intera vita, ci sono decine di testimonianze sulle prodigiose guarigioni operate da lui 91. Noi ci limiteremo a ricordarne alcune:

“Questa sera l’aspetto alla missione” disse padre Paolo accomiatandosi dal governatore di Marciana nell’Isola d’Elba, malato di gotta. “Dio volesse”, rispose il governatore. Di fatto, Dio lo volle. Il governatore era guarito92.

87 Idid., 310.88 Lettere di San Paolo della Croce, a cura di Amedeo della Madre del Buon Pastore, vol. III, cit., 566.89 Cfr. Costituzione dogmatica Lumen Gentium, cap. 1.90 I processi di beatificazione e canonizzazione di S. Paolo della Croce, a cura di P. Gaetano dell’Addolorata, vol. I, cit., 672.91 Con l’azione dello Spirito Santo divino.92 Deposizione extra processuale di P. Anselmi, in E. Zoffoli, S. Paolo della Croce. Storia critica, vol. II, cit., 1614 – 1616.

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“Il Sacerdote Giuseppe Suscioli racconta di aver assistito all’unzione fatta da padre Paolo con l’olio della lampada dell’Eucarestia sopra una cancrena. Mentre l’unzione procedeva, si vedeva rimarginare la piaga e riformarsi la nuova pelle. Finita l’unzione il malato lasciò il letto del tutto ristabilito”93.

“La fede di padre Paolo era integrale. Il comando di guarire i malati è affermato nel Vangelo, per cui egli affermava che non era possibile che il Signore non mantenesse la sua parola data, per giunta, in forma di comando a chi crede in Lui. Con la forza di questa fede, padre Paolo comandava anche agli animali e alle forze della natura e questi gli obbedivano. La sua benedizione allontanava i parassiti dalle coltivazioni, ovvero, otteneva raccolti straordinari. Si ricorda inoltre, che una volta mentre padre Paolo stava predicando in una piazza di Orbetello piena di gente,due Bufale impazzite si avventarono minacciose verso la folla e la gente presa dal panico gridava per la paura. Ma padre Paolo si contrappose agli animali con il Crocifisso in mano ed impose alle bestie di andarsene e queste obbedirono”94.

“Una volta, padre Paolo richiamò un allevatore che stava domando le sue bestie a suon di bestemmie. Questi, sentendo l’ammonizione, si indispettì malamente e imbracciò il fucile puntandolo contro di lui in tono minaccioso. Padre Paolo visto ciò, alzò con le mani il Crocifisso e gli disse: <<Giacchè tu non vuoi rispettare questo Cristo, lo rispetteranno i tuoi Buoi>>. A queste parole i Buoi piegarono le gambe in atto di genuflessione. L’allevatore, allibito, seguì l’esempio delle sue bestie e chiese perdono”95.

“Sono diversi i fenomeni miracolosi che avvenivano nelle sue missioni. Di questi avvenimenti, ne parlava lui stesso, ma non li considerava legati alla sua persona. Il più conosciuto di questi prodigiosi fatti, fu quello del Crocifisso della Chiesa di Piegaro vicino a Perugia, che trasudò sudore e sangue. Per accertare tale fenomeno venne istituito un processo canonico”96.

Nella vita di padre Paolo ci furono anche gli straordinari doni delle “visioni” in cui egli stesso, in particolari momenti, ne fu direttamente coinvolto. Paolo venne coinvolto anche in alcune visioni di altri mistici che con lui scambiavano confidenze in riguardo, come Rosa Calabresi e il Passionista padre Gianmaria Cioni. Comunque, egli diffidava delle visioni e, nei suoi scritti, esortava i suoi compagni a diffidare di tali esperienze97.

Molto più importanti per padre Paolo, furono le visioni intellettuali che egli ebbe in tutto il corso della sua vita. Di queste visioni ne parlava lui stesso, considerandole fondamento del suo carisma e di quello della Congregazione. Queste visioni, inoltre, gli davano una sicura certezza sulle scelte che doveva fare e gli servivano da guida per le attività intraprese98.

93 I processi di beatificazione e canonizzazione di S. Paolo della Croce, ibid., vol. III, 38.94 Ibid., vol. IV, 219.95 Ibid., vol. I, 516.96 E. Zoffoli, S. Paolo della Croce. Storia critica, vol. II, cit., 1646 – 1673.97 Tuttavia, commenta il Passionista Lippi nel suo libro, oggi possiamo notare che sono proprio le “visioni” che hanno contribuito a formare la sua “leggenda”, specialmente quelle trasmesse attraverso le immagini della sua persona raccolta in atteggiamenti mistici, sia nelle pitture che nelle sculture. Il Signore si serve di tutto e di tutti per i suoi fini.98 Cfr. A. Lippi, Paolo della Croce. Mistico ed evangelizzatore. Maestro di santità per oggi, cit., 333 – 334.

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I Maestri mistici di Paolo della Croce: Nel settecento, come abbiamo già accennato, si espandeva nelle nazioni europee il fondamento illuminista del “razionalismo e dello scientismo”. Tale pensiero, sviluppò nelle società una contagiosa forma di scetticismo psicologico nei confronti del sacro e della pratica religiosa. Questo fenomeno dissacratore ha il suo più noto rappresentante nel filosofo francese Voltaire (nato nello stesso anno di Paolo). Tuttavia, in quel periodo, ci fu anche una crescente passione dei cristiani per la “spiritualità mistica”. Questa passione, sfociò in alcuni gruppi religiosi radicali che dettero il via a proteste e tumulti, attirando l’attenzione delle popolazioni, delle monarchie, dei governi e della Chiesa cattolica. Si trattava delle diatribe suscitate dai movimenti cristiano-radicali del Giansenismo99 e del Quietismo100. Queste discussioni critiche, malgrado i loro aspetti negativi nei confronti della Chiesa, fecero emergere un fattore importante e positivo, ovvero, la passione di moltissimi credenti per il rigorismo morale e per le vie mistiche del cammino verso Dio. In Italia, come abbiamo visto, queste esigenze positive venivano portate avanti dai Passionisti di padre Paolo, in modo pacifico e con l’approvazione della Chiesa.

Come abbiamo già accennato, la disciplina del rigore morale e la spiritualità mistica si svilupparono in Paolo dopo la conversione. Egli, infatti, divorava con interesse i libri spirituali di San Francesco di Sales. Lo dimostrano alcune testimonianze nei processi di beatificazione e canonizzazione che lo riguardano, e le citazioni contenute nelle sue lettere. Da Francesco di Sales, Paolo apprese la dottrina del “sacro silenzio d’amore che è un parlare tanto grande alle orecchie dello sposo divino”101, come pure la dottrina dell’amore “compassivo” che va a Dio attraverso la via unica del Cristo Crocifisso.

Paolo conobbe gli scritti di Santa Teresa d’Avila di cui ne venne fortemente attratto. Infatti, il nome della Santa è l’unico che appare nel “Diario” scritto da Paolo nel ritiro di Castellazzo Bormida. Fin da fanciullo era rimasto colpito da una forte espressione di Teresa: “O patire o morire”, e attraverso i suoi scritti apprese i criteri di discernimento dell’orazione, ma soprattutto condivise con Teresa, la grande stima del valore per la vita di preghiera. Paolo comprese anche, che era necessario essere coscienti dei pericoli che si incontrano nelle vie di Dio, ma quando si vedono i buoni frutti, bisogna accogliere i doni delle orazioni, che non sono un bene privato, ma bensì fanno crescere tutta la Chiesa102.

Un’altro padre spirituale di cui Paolo leggeva i suoi libri con particolare interesse, era il mistico San Giovanni della Croce, che egli chiamava con devozione e gratitudine “il santo dottore mistico”. Negli scritti di Giovanni della Croce, Paolo scoprì la spiritualità della Passione applicata alle vie della contemplazione di Dio, e ne condivideva i contenuti. Infatti, egli conferma che si incontra veramente Dio quando si rinuncia a tutte le soddisfazioni, anche alle più spirituali. Gesù crocifisso è il testimone perfetto dell’adorazione pura e della contemplazione di Dio solo. Con gli scritti di Giovanni, Paolo approfondisce il discernimento dei cammini spirituali e riflette sulla diffidenza 99 I Giansenisti, predicavano una dottrina morale e teologica condannata dalla Chiesa per la sua eccessiva rigidezza e per la sua opposizione alla morale ufficiale dei Gesuiti.100 I Quietisti, predicavano una dottrina spirituale in cui ritenevano che nel rapporto religioso, la contemplazione mistica e la predisposizione dell’anima, erano assolutamente preminenti sugli atti di culto esteriori. Dottrina che venne condannata dalla Chiesa cattolica. 101 Lettere di S. Paolo della croce, a cura di P. Amedeo della Madre del Buon Pastore, vol. I, cit., 462.102 Cfr. A. Lippi, Paolo della Croce. Mistico ed evangelizzatore. Maestro di santità per oggi, cit., 336.

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verso la ricerca di doni straordinari, come le visioni, i miracoli e locuzioni. Inoltre, scopre sempre più le peculiari caratteristiche degli alti gradi di orazione103. Questa dottrina mistica sempre più approfondita, padre Paolo la trasmette e ne scambia le esperienze con i suoi compagni.

In una lettera inviata a don G.A. Lucattini, Paolo scrive: “Il segno che l’anima deve cessare dai discorsi interiori si ha quando essa gusta di starsene a solo a solo nel seno amoroso del Signore, con attenzione amorosa, con una dolce vista di fede, con un silenzio sacro di amore”104. In un’altra lettera inviata ad Agnese Grazi, afferma: “Nel sommo grado della salita verso Dio si trova il purissimo patire senza conforto né dal cielo né dalla terra”105. In un’altra ancora, scritta a L. Burlini “Per mezzo del vostro patire si purifica l’imperfetto che non conoscete e l’anima diviene come un cristallo in cui si riverbera la luce del Sole Divino e resterete tutta in Dio trasformata per amore” 106. Sempre ad Agnese, in altra occasione, scrive: “Se ne stia alla presenza di Dio, con una pura e semplice attenzione amorosa a quell’immenso Bene, in un sacro silenzio d’amore, riposando con questo santo silenzio tutto il suo spirito nel seno amoroso dell’Eterno Dio”107.

Nel 1748, padre Paolo della Croce iniziò a leggere il libro, pubblicato in latino, delle opere del domenicano Giovanni Taulero (Teologo tedesco vissuto nel 1300, che faceva parte del gruppo dei teologi mistici della scuola renana). Taulero era uno studioso e autore molto discusso in quell’epoca. Infatti, il domenicano venne coinvolto, sia pur indirettamente, sulla teoria della “giustificazione per la sola fede” di Martin Lutero, fautore della riforma protestante. Per questo, coinvolgimento da parte del riformatore, Taulero venne sospettato e, quindi, duramente avversato dal celebre controversista cattolico Giovanni Eck, e subito dopo, censurato dai Gesuiti e dai Cappuccini. In seguito venne anche accusato di favorire il Quietismo. Tuttavia, in quel periodo di anni segnati da stravolgimenti religiosi, da censure e scomuniche, molti insigni teologi e la maggior parte del Clero cattolico, sostennero Giovanni Taulero e lo difesero validamente dai sospetti e dalle accuse.

Dagli scritti del padre Domenicano, padre Paolo, attinge soprattutto la dottrina che riguarda il “fondo dell’anima”, dottrina che egli aveva iniziato ad apprendere molti anni prima dal suo maestro Eckhart. Con Taulero, Paolo sviluppa ulteriormente in sé tale dottrina: “Entrando nel proprio fondo, l’anima ha la percezione di Dio nella forma più pura che si possa avere. Ivi risuona la sua testimonianza quando ogni altra voce tace. E necessario che tutte le facoltà cessino di operare perché si possa ascoltare Dio in questo fondo anche se è vero che le azioni delle facoltà ricevano forza da esso. Questa percezione la si può avere, forse, solo per qualche istante, ma quando la si ha, è come se si vivesse già nell’eternità. Nel fondo dell’anima abita Dio con la sua luce increata”108. Padre Paolo nelle lettere inviate agli amici, chiama il fondo “Suprema parte dello spirito”; “Santuario dell’anima”; “Apice della mente”, e afferma che “ad esso non possono

103 Ibid., 336 – 337.104 Lettere di S. Paolo della Croce, ibid., vol. II, 818.105 Ibid., vol. I, 153.106 Ibid., vol. II, 270.107 Ibid., vol. I, 103.108 Cfr. G. Taulero, Opere, cit. spec., 354 – 355. (Il volume di G. Taulero è custodito nel Ritiro Passionista di sant’Angelo di Vetralla), in A. Lippi, Paolo della Croce. Mistico ed evangelizzatore. Maestro di Santità per oggi, op. cit., 338.

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accostarsi gli angeli cattivi e neppure quelli buoni, ma l’anima è sola col suo Dio”109. Oltre la dottrina che riguarda il fondo dell’anima, Paolo della Croce apprende da Taulero, gli insegnamenti che riguardano le introversioni (Ker) e l’istinto profondo dell’anima (Gemüte) verso Dio. Per il mistico domenicano, l’introversione è un esercizio che consente di rientrare in se stessi, nel fondo della propria anima, alla presenza e in adorazione di Dio. Ogni volta che si compie questa operazione si attua una nuova nascita del Verbo dell’anima. In riguardo all’istinto profondo dell’anima verso Dio, Padre Paolo in una lettera a Marianna Girelli, espone il tema in modo semplice, ma espressivo: “Farò una parabola, giacché anche il nostro Divin Maestro parlava in parabole. Io, per esempio, mi trovo alla spiaggia del mare, tengo una goccia d’acqua pendente dal dito di mia mano, parlo a questa goccia: Oh, povera, piccola goccia, dove vorresti esser? Sentite la risposta: al mare, al mare! Dice essa. Ed io che fo? Scuoto il dito e lascio cadere quella povera piccola goccia nel mare. Or domando io: c’è questa goccia nel mare, è vero? Certamente vi è, ma trovala, se ti dà l’animo. E abissata in quel gran mare suo centro”110.

Lo studio dei testi di Giovanni Taulero produceva in padre Paolo una straordinaria armonia, perché si sentiva in perfetta sintonia con l’autore e soprattutto condivideva con lui, la dottrina che trattava l’unione dell’anima con Dio, sperimentandola in se stesso. Sembra, però, che questo legame mistico con il Domenicano e la sua dottrina, non ebbe grande afflusso partecipativo nelle Congregazioni, per il fatto che non era facilmente accessibile a tutti111.

Il trattato sulla morte mistica: Nelle sue lettere, padre Paolo diceva di aver inviato ad alcune persone un “trattato sulla morte mistica”. Tra queste persone vi erano suor Angela Cencelli, del Monastero di Vetralla e il maestro Passionista Pietro Vico112. Questo piccolo trattato scomparve completamente fino al 1976, in cui ne fu scoperta una copia nel Monastero delle Monache Passioniste di Bilbao in Spagna. Negli anni seguenti ne furono scoperte altre due copie nei Monasteri di Mamers in Francia e di Lucca in Italia. Il trattato è intitolato: “ Morte mistica ovvero olocausto del puro spirito di un’anima religiosa”. Dagli studi che sono stati fatti sul trattato, sembra che la sua stesura sia stata eseguita da un collaboratore redazionale di padre Paolo, che secondo alcuni studiosi, era il Passionista Gianmaria Cioni. Secondo gli stessi studiosi, il trattato è stato composto negli anni 1760/61, ed è costituito da diciassette paragrafi divisi in due parti: la prima parte (par. 1-10), contiene la dottrina generale sulla morte mistica; la seconda parte (par. 11-17), applica tale dottrina alla pratica dei singoli consigli evangelici nella vita religiosa113. Lo studioso Lippi sottolinea il fatto che, pur non essendo stata confermata la paternità del manoscritto a padre Paolo, ci sono alcuni elementi che fanno ritenere che lui ne sia comunque l’autore. Uno di questi, sta nel riscontro che proprio lui lo raccomandava e lo consegnava a persone di preghiera, assumendosi la responsabilità. Un altro elemento è l’attestato delle

109 Lettere di S. Paolo della Croce, a cura di P. Amedeo della Madre del Buon Pastore vol. IV, 338. 110 Ibid., vol. III, 748.111 Cfr. A. Lippi, Paolo della Croce, Mistico ed evangelizzatore. Maestro di santità per oggi, cit., 340.112 C . Brovetto, Introduzione alla spiritualità di S. paolo della Croce. Morte mistica e divina natività, San Gabriele (TE), 1955, 24 – 25, in A. Lippi, ibid., 340.113 M. Bialas, La Passione di Gesù in S. Paolo della Croce, Eco, San Gabriele (TE), 1982, 133, in A. Lippi, ibid., 341.

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monache del Monastero di Vetralla (alle quali per prime fu inviato), che lo ritenevano di padre Paolo. Tuttavia, questo manoscritto, per alcuni aspetti114, rimane tutt’ora avvolto nel mistero.

Senza alcun dubbio, il manoscritto è un’opera particolarmente interessante per la mistica cristiana, perché in esso, vengono trattati temi spirituali molto complessi. Tuttavia, non vogliamo inserire il suo contenuto nella nostra ricerca, perché riteniamo non sia il luogo ideale dove riportarli testualmente e, soprattutto perché “padre Paolo consigliava di usare con prudenza gli insegnamenti contenuti nel trattato, di non fermarsi troppo su tutte le singole cose, ma ricavarne, piuttosto, volta per volta, gli insegnamenti utili, ed infine raccomandava anche di non dare il manoscritto ai principianti”115, ovvero, ai cristiani che hanno iniziato il cammino di fede e non hanno ancora raggiunto una profonda maturità spirituale necessaria per esercitare le esperienze mistiche.

IL TESTAMENTO SPIRITUALE DI PADRE PAOLO

Padre Paolo celebrò l’Eucarestia per l’ultima volta nel giorno di festa del Corpus Domini il 15 Giugno 1775, nella cappella che era stata adibita accanto alla sua cella. Era sofferente in tutto il corpo, per cui diceva: “Non ho in tutto il corpo quattro dita di spazio libero dal dolore” 116. Recitava sempre ed interamente il Santo Rosario. Per diverso tempo, prima di morire, rimase totalmente paralizzato per cui aveva bisogno di essere aiutato in tutto. In Agosto, il dottor Giuliani, primario dell’Ospedale di San Giovanni, che lo curava, gli consigliò di ricevere gli ultimi Sacramenti. Dopo aver recitato il Credo, Paolo espresse i suoi ultimi pensieri, un vero “testamento spirituale” che fu messo per iscritto da due religiosi:

“Prima di ogni altra cosa, raccomando premurosamente l’osservanza di quel santissimo ricordo dato da Gesù ai suoi discepoli: in hoc cognoscent omnes quod discipuli mei estis si dilectionem habueritis ad invicem. Ecco, fratelli miei direttissimi, quello che io desidero con tutto l’affetto del mio povero cuore sì da voi che vi troviate qui presenti come da tutti gli altri che già presentemente portano questo abito di penitenza e di lutto in memoria della Passione e morte dell’amabilissimo nostro Divin Redentore e parimenti da tutti quelli i quali saranno dalla Divina Misericordia nei tempi futuri chiamati a questo piccolo gregge di Gesù Cristo. Di poi raccomando, specialmente a quelli che saranno in ufficio di superiori, che sempre più fiorisca nella congregazione lo spirito dell’orazione, lo spirito della solitudine e lo spirito della povertà: e state sicuri che se si manterranno queste tre cose, la congregazione fulgebit sicut sol in conspectu Dei et gentium”117.

114 Uno dei più vistosi aspetti (commenta il Passionista Lippi nel suo libro), sia la differenza di contenuto fra il “trattato” e i passi delle “lettere” di direzione spirituale, nelle quali padre Paolo tratta gli analoghi argomenti. Tale differenza consiste che nel “trattato” non si parla mai di “natività spirituale”. Tuttavia non toglie che per proprio conto padre Paolo congiunga normalmente la “morte mistica” con la “divina natività”, secondo il paradigma battesimale presente nell’epistola paolina ai Romani 6, 1-11. Ibid., 341. 115 Ibid., 342. 116 I processi di beatificazione e canonizzazione di S. Paolo della Croce, a cura di P. Gaetano dell’Addolorata, vol. IV, cit., 320.117 Ibid., vol. III, 491.

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Per padre Paolo il comandamento della Carità in primis e poi la solitudine, la povertà e l’orazione, erano le caratteristiche fondamentali per la sua Congregazione. Così pure era il filiale sentimento verso la Chiesa, per la quale i Passionisti dovevano pregare intensamente ogni giorno e alla quale dovevano servire con tutte le proprie forze.

IL RITORNO AL PADRE CELESTE

In Ottobre, i suoi compagni erano tutti presenti al capezzale. C’era padre Giammaria Cioni (che lo aveva confessato e segnato con l’estrema unzione), il Vescovo Passionista Struzzieri ed altre persone laiche a lui care. A seguito dei suoi desideri, Paolo fu coperto con l’abito della Passione, gli fu messa una corda al collo e gli fu detto che moriva in cinire et cilicio. Fu letta la Passione del Signore secondo Giovanni tanto cara a Paolo, che ormai giunto alla fine, mostrò di gradire particolarmente. Poco prima che spirasse, Mons. Struzzieri gli sussurrò: “Padre Paolo, si ricordi in paradiso della povera Congregazione per la quale ha tanto faticato e di noi tutti suoi poveri figli”. Paolo fece un cenno affermativo con particolare benevolenza, dopodiché chiuse gli occhi e spirò. Era il giorno 18 Ottobre 1775118.

Il 25 Aprile 1880, i resti mortali del Santo furono traslati nella nuova splendida Cappella eretta in suo onore, nella Basilica dei Santi Giovanni e Paolo in Roma.

LA GLORIFICAZIONE

Dopo la morte di padre paolo della Croce, molte persone raccontarono di aver ricevuto prodigiose guarigioni per la sua intercessione. Le sue immagini vennero diffuse dappertutto, e si incominciarono a raccogliere testimonianze della sua vita. Nel 1777, fu istituito a Roma il tribunale per l’ascolto dei testimoni in vista di una futura canonizzazione. Vennero cercati i suoi scritti e venne affidato a padre Vincenzo Strambi (primo biografo della Congregazione), il compito di comporre la sua biografia. Il Sacerdote Passionista compose la biografia in un volume di 584 pagine, scrivendo sempre in ginocchio nella cella che Paolo aveva abitato per venticinque anni nel Ritiro di Sant’Angelo di Vetralla. Nel 1786, la biografia venne pubblicata e accolta dal pubblico con successo, affetto e ammirazione. Furono tenuti altri processi, a Tarquinia, a Gaeta, ad Alessandria, a Vetralla e a Orbetello, ossia, nei luoghi in cui Paolo aveva passato periodi importanti della sua vita. Dopo molti anni, l’eroicità delle virtù di padre Paolo, venne riconosciuta dal Papa Pio VII nel 1821. La sua beatificazione fu celebrata solennemente dal Papa Pio IX nella Basilica di San Pietro in Roma nel 1853, con grande concorso di popolo. La cerimonia solenne della canonizzazione di padre Paolo e di altri ventiquattro beati, venne celebrata anch’essa da Papa Pio IX e fu particolarmente sentita da tutti, perché si svolse nel diciottesimo centenario del martirio dei Santi Pietro e Paolo, il 29 Giugno 1867. L’urna del Santo venne deposta nella cappella situata a destra all’interno della Basilica dei Santi Giovanni e Paolo nella città eterna119.

***

CONCLUSIONI

118 Cfr. A. Lippi., Paolo della Croce. Mistico ed evangelizzatore. Maestro di santità per oggi, op. cit., 292 – 294.119 Ibid., 295 – 296.

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Il messaggio teologico di Paolo della Croce: In quell’epoca che fu caratterizzata dall’espandersi della marea illuminista e secolarizzante, il mistico ed evangelizzatore Paolo della Croce non scelse la via della polemica e della controversia, ma privilegiò la via dell’autenticità del rapporto con Dio e con i fratelli. I cristiani sono il sale della terra, ma tale condimento, deve mantenere sempre il suo sapore ricco e vivo, altrimenti se diviene sciapito, perde il suo valore. Tale concetto è presente nella mente di Paolo della Croce, il quale percepisce chiaramente che il Sacramento di Salvezza è la Chiesa, Corpo vivo di Cristo, ma tale può essere solo se è “Santa”. Per questo egli si consacra all’evangelizzazione dei cristiani, sacerdoti, religiosi e religiose, laici impegnati, gli incerti ed anche I lontani. Padre Paolo della Croce, pur avendo vissuto sulla sua pelle i mali che affliggevano la Chiesa di allora, non si perde in critiche e in giudizi, ma non esclude di riconoscerli e denunciarli profeticamente, soprattutto per quelli maggiori come le “falsità” e le “ipocrisie”, proponendosi di “riportare il cristianesimo nella cristianità”120, ovvero, di riportare la persona cristiana a purificarsi e verificarsi continuamente per testimoniare la sua vita in Gesù Cristo. Il pensiero di Paolo della Croce assume la sua validità anche nel mondo contemporaneo, più di quanto si possa immaginare. La sua biografia lo dimostra attraverso i fatti e gli insegnamenti che riecheggiano nella nostra società come se fossero attuali.

Il senso di appartenenza alla Santa Madre Chiesa: Al centro della fede di padre Paolo e della sua predicazione non c’èra una teoria o una morale, ma una Persona, la sua Parola e il suo Mistero. Insieme agli altri Santi, ha operato affinché la vita dei cristiani fosse sempre più incentrata nella Persona di Gesù Cristo. La Chiesa ha recepito questa sua opera e tutt’ora ne trae beneficio. Padre Paolo della Croce si inserisce fra gli uomini santi che hanno testimoniato il senso di appartenenza alla Chiesa cattolica e valorizzato la sua “unità”. Egli, ha sempre espresso amore per i Sommi Pontefici che ha conosciuto personalmente e con i quali ha avuto veri rapporti di stima e di amicizia, e ha sempre nominato la Chiesa come Madre. Dunque, il senso di appartenenza alla Madre Chiesa è fondamentale per la sua spiritualità e per quella delle Congregazioni da lui fondate.

La comunione nello Spirito: Fin da giovane Paolo della Croce ebbe rapporti intensi con i suoi direttori spirituali e con altre persone con le quali condivideva la ricerca di Dio e il cammino spirituale. In tal modo, si era creata una vera rete di fede e di preghiera. Questi rapporti caratterizzano la vita di tutti i Santi nella Chiesa, ma, non sono solo rapporti dettati da esigenze naturali di amicizia, sono invece, qualcosa di molto più importante. Infatti, le persone che entrano in rapporto spirituale fra loro si percepiscono come un sacramento vivente l’una per l’altra, un sacramento di Dio Amore. Lo Spirito divino realizza nei Santi la preghiera che Gesù elevò al Padre nell’ultima cena e per la quale offrì la sua vita: “[…]; perché tutti siano una sola cosa. Come tu Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv. 17, 20-21). Non si diventa una cosa sola cercando di costruire equilibri con sforzi umani alla maniera del mondo, ma per mezzo della vita dello Spirito che viene trasmesso fra gli uni e gli altri. E questo il punto di arrivo di tutta la tensione vitale ed escatologica della creazione121.

120 Espressione concettuale diffusa dal filosofo Kierkegaard. Ibid., 437.121 H.U. von Balthasar, Figura e opera, Piemme, Casale Monferrato, 1991, 145ss., in A. Lippi, Paolo della croce. Mistico ed evangelizzatore. Maestro di santità per oggi, cit., 163.

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Contemplazione e Servizio: Il carisma di padre Paolo della Croce era certamente un dono di Dio che si sviluppa nella contemplazione e nella preghiera, ma anche nell’azione e nel servizio. Egli, dunque, era una persona che aveva una forte dimensione contemplativa (eremitica), che si esprimeva in alcuni periodi, in una forte dimensione di annuncio e di servizio. Ancora oggi, San Paolo della Croce esprime il suo messaggio al popolo di Dio del nostro tempo, ricordando a tutti che per essere fedeli al suo carisma è necessario mantenere vive queste dimensioni, perché sono “il frutto buono della fede in Gesù Cristo” e, quindi, fanno parte del bagaglio culturale/religioso che deve avere in sé ogni cristiano, sia laico, che religioso o sacerdote. Dunque,ogni persona di fede cristiana deve saper contemperare nella propria vita: contemplazione e azione, preghiera e servizio. Pertanto, ai cristiani che vivono un debole equilibrio fra preghiera e azione, in cui, ambedue sono di scarsa incidenza, Padre Paolo della Croce comunica in primis la dimensione reale e mistica della preghiera, poi effettua una scuola di ascolto di Dio e della Sua Parola, di unione con Dio e senso della Sua presenza. Paolo insegna a fare un cammino verso Dio, soprattutto attraverso lo sviluppo dell’interiorità, che si ottiene con la pratica della “meditazione”. La meditazione quotidiana serve ancora oggi, ad interiorizzare la Parola di Dio, per formarsi delle convinzioni stabili, capaci di resistere alla cultura materialistica mondana che distrae e allontana dai fondamenti della fede. “Insegnare ai popoli a fare orazione” è un programma fondamentale per l’apostolato di padre Paolo della Croce e della Congregazione Passionista e, che propone come mezzo essenziale, a tutti i sacerdoti, ai religiosi e ai laici che si sentono chiamati ad un particolare impegno di vita e di apostolato122.

Il mare della Passione di Cristo: La comprensione che Paolo della Croce ha del rapporto fra le Persone della Trinità, è basata sugli insegnamenti dei passi evangelici che tiene sempre presenti nel suo pensiero: “Dio nessuno lo ha mai visto: proprio il Figlio Unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato” (Gv 1, 18), e lo fa conoscere al mondo, perché “Egli è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura; [….]” (Col 1,15). Gesù è la Sua icona vivente, è l’irradiazione della Sua gloria, l’impronta della Sua sostanza (Cfr. Eb 1,5). Egli, è anche la Porta per accedere al Padre (Cfr. Gv 10,7), la Via (Cfr. Gv 14,6). Nessuno conosce Dio nel suo mistero profondo, Gesù lo fa conoscere a tutti gli uomini, facendo sapere che Lui è Amore (Cfr. 1Gv 4,12). “In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati” (1Gv 4,10). Non c’è amore più grande del dono della la vita per i propri amici ( Cfr. Gv 15,13). Gesù donando la vita, ci ha amato e ci ha insegnato che cos’è l’Amore, cosa è Dio. Però, non c’è vero amore senza ‘kenosi’: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso jn forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di Croce” (Fil 2. 5-8). Così, dunque, dovranno fare i suoi discepoli per conformarsi a Lui. Tutta la Trinità è coinvolta nella Passione di Gesù Cristo. Paolo della Croce esprime questa Verità invitando tutti i cristiani ad immergersi “nel mare immenso dell’infinita carità di Dio, da cui esce quel gran mare della vita santissima, Passione e morte del nostro Gesù” 123

122 Ibid., 345 – 346.123 Lettere di S. Paolo della Croce, a cura di P. Amedeo della Madre del Buon Pastore, cit., I vol., 283.

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. Ecco, dunque, come la predicazione della Passione di Cristo, diviene per padre Paolo della Croce, il mezzo più efficace del suo apostolato. La contemplazione e la predicazione trovano il loro punto focale nella Passione del “Figlio”. Egli stesso nei suoi scritti, afferma che nel cammino della vita, la grazia della preghiera e l’esperienza dell’azione apostolica lo avevano convinto che, il mezzo più efficace per la santificazione dei cristiani e la conversione delle persone lontane, è proprio quello di fare memoria della Passione di Gesù Cristo e dell’Amore per cui si è donato.

L’incisivo “Annuncio della Croce” e l’invito alla “meditazione”: La richiesta di “spiritualità religiosa” nelle popolazioni della Maremma Toscana e laziale di quell’epoca, era forte, e per questa necessità impellente furono evangelizzate da padre Paolo quelle terre desolate, paese per paese. La risposta del Passionista a quella richiesta, non consisteva fondamentalmente nel fornire servizi religiosi, bensì nel trasformare la religiosità fin dalle radici per mezzo dell’annuncio della “Croce”. Dunque, a Paolo della Croce non interessava un’opera di conservazione, quanto invece, un’attività di una nuova e più profonda evangelizzazione. Per questo, possiamo percepire che lui non aveva una concezione “statica e conservatrice” della Chiesa, bensì “dinamica e progressiva”, in sintonia con i versetti evangelici Paolini: “Bisogna infatti che Cristo regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi” (1Cor. 15, 25), e “Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto” (Rom. 8, 22). Padre Paolo della Croce, si inseriva in modo pedagogico nella religiosità popolare e la fermentava da dentro per mezzo dell’Annuncio della Croce e l’invito alla meditazione124.

La buona qualità degli evangelizzatori: Padre Paolo mostrava particolare attenzione nelle relazioni con le persone che lo ascoltavano. Egli, manifestava sempre un puro sentimento cristiano, sia nel modo di parlare che nell’agire, sia nelle forme che nei contenuti evangelici da trattare. Egli voleva che anche i suoi fratelli Passionisti manifestassero gli stessi sentimenti puri, essenziali per avere un vero rapporto cristiano fondato sull’amore e sul rispetto nei contatti con le persone. Al fine di ricordare a tutti i Passionisti i loro doveri vocazionali, aveva scritto nelle Regole un vademecum normativo d’azione: “1) Essere in profumo di Gesù Cristo in ogni luogo; 2) Insegnare a meditare; 3) Apostolato di contatto personale; 4) Accoglienza degli esercitanti in ritiro; 5) Predicazione degli esercizi spirituali fuori ritiro; 6) ‘Esercizi spirituali’ nei paesi vicini al ritiro nei giorni festivi; Missioni popolari”. Tutto, per i Passionisti della Congregazione era ben curato, perché a padre Paolo non interessava il numero elevato dei membri, bensì la buona qualità e l’autenticità degli stessi125.

Gli insegnamenti nelle missioni: Nella “Regola” delle Congregazione vi era impresso la norma fondamentale: “Insegnare ai popoli a fare orazione”, ovvero, insegnare alle persone a pregare intensamente e costantemente con tutta la propria anima. Questo è il mezzo essenziale che Paolo della Croce proponeva ai Passionisti che andavano in missione. Le missioni, come abbiamo visto, venivano richieste dai Vescovi delle Diocesi in cui i Passionisti dovevano operare, e duravano due settimane. Quando vi era necessità, venivano prolungate nel tempo, soprattutto per dare a tutte le persone partecipanti, la possibilità di ricevere il Sacramento della Riconciliazione. Per facilitare l’ascolto della Parola di Dio alle popolazioni (maggiormente impegnate nei lavori agricoli dal

124 A. Lippi, Paolo della Croce. Mistico ed evangelizzatore. Maestro di santità per oggi, Ibid., 435 – 436.125 F. Giorgini, Storia della Congregazione della Passione di Gesù Cristo, cit., 425 – 448.

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mattino alla sera), le riunioni venivano effettuate al mattino prima del lavoro nei campi e alla sera dopo la cena. Al mattino venivano fatte le Catechesi di base, alla sera venivano eseguite le “prediche di massima”126, le quali avevano la tendenza a provocare un cambiamento di vita nelle persone in ascolto. Le prediche serali erano seguite da una profonda meditazione sulla Passione di Gesù Cristo, che Paolo congiungeva con mirabile eloquenza, all’argomento della predica stessa. Con la memoria della Passione, padre Paolo portava il cristiano a un rapporto personale con Dio attraverso la persona del Cristo, e nello stesso tempo, portava l’ascoltatore a vivere un rapporto di gratitudine e di amore con Lui e con i suoi simili. Durante la giornata, padre Paolo si dedicava alle confessioni, visitava i malati e, pregava per loro. Completava la sua opera di missionario riuscendo molto spesso ad appianare i duri contrasti che si creavano tra le persone facendole benevolmente riconciliare. Le missione divenivano, dunque, le “Feste della Parola di Dio” e intorno ad esse doveva concentrarsi il massimo sforzo dei missionari e la massima attenzione delle popolazioni127.

L’espansione delle Congregazioni Passioniste nel mondo: Le Congregazione Passioniste di padre Paolo della Croce si sono diffuse in più di sessanta Nazioni di tutti i Continenti. Vari istituti maschili e femminili e movimenti laici ispirati al carisma della “Passione di Cristo”, si sono affiancati alle sue Congregazioni. Ovunque nel mondo, le Congregazioni Passioniste con la loro assidua operatività missionaria in mezzo alle genti, malgrado miriadi e variegati ostacoli, difficoltà e pericoli, hanno sempre ottenuto, con il sostegno dello SS., dalle “persone” che ascoltano “buoni frutti”.

In conclusione, possiamo certamente affermare che con la presenza delle Congregazioni Passioniste nel mondo, si sono formate delle vere “scuole di santità” che hanno generato una moltitudine di uomini di grande impegno in tutte le attività della Chiesa cattolica, soprattutto nelle attività della “preghiera”, della “meditazione spirituale” e della “catechesi”. Inoltre, queste “Scuole” hanno avuto una straordinaria “impronta” per la formazione dei “direttori spirituali” e degli “evangelizzatori”, ed infine oggi, con l’approfondimento e lo sviluppo della “teologia della Croce”, anche in campo teologico128.

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Ricerca e sintesi di Roberto Martelli, membro della comunità parrocchiale di San Leopoldo

Follonica 15 Aprile 2020

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126 Le “prediche di massima” puntavano molto sulle emozioni, che sono impressioni o turbamenti vivi ed intensi nelle persone. Cfr. A. Lippi, Paolo della croce. Mistico ed evangelizzatore. Maestro di santità per oggi, cit., 352.127 Ibid., 352 – 353.128 Ibid., 353.

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“Noi preghiamo la Passione di Cristo”

Padre Paolo della Croce

BIBLIOGRAFIA

FONTI:

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I processi di beatificazione e canonizzazione di S. Paolo della Croce, a cura di P. Gaetano dell’Addolorata, 4 voll., Ed. Postulazione Generale dei PP. Passionisti, Roma, 1969 – 1979.

Lettere di San Paolo della Croce, a cura di P. Amedeo della madre del Buon Pastore (Casetti), 4 voll., Passionisti, Roma, 1977.

San Paolo della Croce, Lettere ai Passionisti, a cura di F. Giorgini, Cipi, Roma, 1998.

San Paolo della Croce, Lettere ai laici, a cura di M. Anselmi, 2 voll., Cipi, Roma, 2002.

Giovanni Maria di Sant’Ignazio Martire, Annali della Congregazione della SS. Croce e Passione di N.S.G.C., Passionisti, Roma, 1967.

Storia dell’Italia religiosa. II. L’etB moderna, a cura di G. De Rosa e T. Gregory, Ed. La Terza, Bari, 1994.

Bollettino della Congregazione della SS. Croce e Passione di N.S.G.C.,Passionisti, Roma, 1923.

LIBRI:

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Della Monica G., Rosselli D., Tosi G., Fortezze e torri costiere dell’Argentario, Giglio e Giannutri. Cronaca, storia, aspetti architettonici, Ed. Laurum, Pitigliano (Gr), 1996.

Giorgini C., La Maremma Toscana del Settecento. Aspetti sociali e religiosi, Eco , San Gabriele (TE), 1968.

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Giorgini F., Storia della Congregazione della passione di Gesù Cristo, Stauros, Pescara, 1981, vol. I: L’epoca del Fondatore (1720-1775).

Lippi A., Paolo della croce. Mistico ed evangelizzatore. Maestro di santità per oggi, Edizioni Feeria, Comunità di San Leonino, Panzano in Chianti (Firenze), 2014.

Zoffoli E., S. Paolo della Croce. Storia Critica, 3 voll., Passionisti, Roma, 1963 – 1968.

Collegamenti esterni:

https://it.cathopedia.org/wiki/San_Paolo_della_Croce - sito dedicato a San Paolo della Croce.

http://www.passiochristi.org/ - sito ufficiale della Congregazione dei Passionisti.

INDICE

La celebrazione solenne della Festa cristiana per la Commemorazione e Venerazione

di San Paolo della Croce pag. 2

La fede, la vocazione e le opere del Passionista Paolo della Croce “ 2

Una breve premessa “ 2

Il contesto storico/politico europeo del 1700 “ 3

La situazione ecclesiale “ 3

Presentazione della vita e dell’apostolato di Paolo della Croce “ 4

Biografia di Paolo Dànei “ 5

Una conversione autentica e duratura “ 6

La riflessione sulla “Passione di Gesù Cristo” “ 6

L’Ordinazione Sacerdotale “ 8

Sul Monte Argentario nasce la prima Congregazione Passionista “ 9

La teologia spirituale di Paolo della Croce “ 10

Gesù Cristo unica porta d’accesso che conduce al Padre “ 11

La morte mistica e la divina natività “ 11

Le prodigiose missioni “ 12

I primi compagni della Comunità “ 12

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Le missioni di Paolo della Croce nel Principato di Piombino e nelle isole d’Elba e Capraia “ 14

Le amarezze della contrarietà “ 15

La benedizione della Chiesa della presentazione di Maria sul Monte Argentario “ 17

La “Regola” della Congregazione Passionista “ 18

La professione dei voti e il “Segno della Passione” “ 20

L’espansione delle Congregazioni Passioniste “ 20

La fondazione di Vetralla “ 21

La fondazione di Ceccano “ 22

Le fondazioni di Falvaterra e Terracina pag. 25

La fondazione di Paliano “ 25

L’Ospizio del Crocifisso di Roma “ 26

La fondazione delle Monache Passioniste “ 26

La Casa Generalizia di Roma “ 27

Paolo della Croce un “uomo di Dio” “ 28

Il dono di Dio “ 28

Le doti di concretezza e correttezza “ 29

Il carattere socievole, semplice e comunicativo “ 29

Il carisma dell’autorevolezza “ 30

Il carattere contemplativo ed emotivo “ 30

Il carisma di fondazione e di paternità spirituale “ 31

Il carisma delle guarigioni “ 31

I Maestri mistici di Paolo della Croce “ 33

Il trattato sulla morte mistica “ 35

Il testamento spirituale di padre Paolo “ 36

Il ritorno al Padre celeste “ 37

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La glorificazione “ 37

CONCLUSIONI: I messaggi teologici di Paolo della Croce “ 38

Il senso di appartenenza alla Santa Madre Chiesa “ 38

Contemplazione e servizio “ 39

Il mare della Passione di Cristo “ 39

L’incisivo “annuncio della Croce e l’invito alla meditazione” “ 40

La buona qualità degli evangelizzatori “ 40

Gli insegnamenti nelle missioni “ 41

L’espansione Passionista nel mondo “ 41

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