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LA NUOVA INFORMAZIONE CARDIOLOGICA Editor: prof. Paolo Rossi Direttore Responsabile: dott. Eraldo Occhetta ([email protected]) Direttore Scientifico: dott. Gabriele Dell’Era ([email protected]) Progetto grafico e realizzazione: Studio27 Progetto Editoriale, Novara – www.studio27snc.it Periodico di informazione cardiologica – Anno 33° – Settembre 2013 Foglio elettronico 3 a generazione – n°53 [email protected] www.foliacardiologica.it SOMMARIO Imaging in cardiologia 2 Storia di neonati, cardiologi e... marinai: il segno dello Spinnaker (dott. D. Buzzi, S. Beccio, S. Magrassi, R. Cortez, G. G. Taverna, G. Gozzelino) Editoriale 6 L'estensione della longevità dei defibrillatori impiantabili: una soluzione agli elevati costi della terapia con ICD? (dott. Gabriele Dell'Era) Leading article 11 I cardiomiociti derivati da cellule embrionali umane e da cellule staminali pluripotenti mostrano variabilità di frequenza di battito e comportamento esponenziale (dott. Pier Giuseppe Demarchi) Focus on… 16 Medicina del futuro ai tempi della crisi (dott. Gabriele Dell'Era) Medicina e morale 19 Recupero della legge naturale nella relazione medico paziente - VI parte (prof. Paolo Rossi)

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la nuova informazionecardiologica

Editor: prof. Paolo RossiDirettore Responsabile: dott. Eraldo Occhetta ([email protected])Direttore Scientifico: dott. Gabriele Dell’Era ([email protected])Progetto grafico e realizzazione: Studio27 Progetto Editoriale, Novara – www.studio27snc.it

Periodico di informazione cardiologica – Anno 33° – Settembre 2013

Foglio elettronico 3a generazione – n°53

[email protected] www.foliacardiologica.it

SoMMarioImaging in cardiologia 2

Storia di neonati, cardiologi e... marinai: il segno dello Spinnaker (dott. D. Buzzi, S. Beccio, S. Magrassi, R. Cortez, G. G. Taverna, G. Gozzelino)

Editoriale 6

L'estensione della longevità dei defibrillatori impiantabili: una soluzione agli elevati costi della terapia con ICD? (dott. Gabriele Dell'Era)

Leading article 11

I cardiomiociti derivati da cellule embrionali umane e da cellule staminali pluripotenti mostrano variabilità di frequenza di battito e comportamento esponenziale (dott. Pier Giuseppe Demarchi)

Focus on… 16

Medicina del futuro ai tempi della crisi (dott. Gabriele Dell'Era)

Medicina e morale 19

Recupero della legge naturale nella relazione medico paziente - VI parte(prof. Paolo Rossi)

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Storia di neonati, cardiologi e... marinai: il segno dello Spinnaker

dott. D. Buzzi, S. Beccio, S. magrassi, r. CortezS.o.C. Pediatria, ospedale S. Spirito, Casale monferrato (al)

G. G. Taverna S.o.C. Pediatria, ospedale S. Spirito, Casale monferrato (al)

G. Gozzelino SoC Cardiologia-uTiC ospedale Santo Spirito, Casale monferrato (al)

[email protected]

iMaging in cardiologia

un neonato che desatura, soprattutto in un punto nascita di primo livello dove mancano superspe-cialisti pediatrici, con relativa facilità può vedere il cardiologo interpellato come consulente. ed allora “basta” escludere tra freddi sudori una cardiopatia congenita? Sicuramente no. il caso che andiamo a presentare aggiunge una pillola di diagnostica differenziale, in cui il cardio-logo che sempre animato da sacro fuoco non di-mentica mai di studiare le radiografie dei pazienti, può giocare un ruolo da protagonista, soprattutto se manca la diagnosi radiologica.l'ospite di oggi è il pneumomediastino del neonato.

a.l., maschio, nasce a 39+5 settimane di età ge-stazionale presso il nostro centro, da parto eutoci-co e gravidanza fisiologica. il travaglio ed il periodo espulsivo non presentano problematiche di rilievo. l'apgar a 1 e 5 minuti è rispettivamente 10 e 10. il peso alla nascita è pari a 3180 g (50°pct) con lun-ghezza e circonferenza cranica armoniche.a 18 ore di vita compare distress respiratorio lie-ve ma peggiorativo con Spo2 in aria sino a 80%

e tachidispnea di grado moderato (fr 60 atti/minuto). l'emogas capillare non mostra partico-lari alterazioni ad eccezione di una lieve acidosi respiratoria con po2 in ossigeno non compati-bile con cardiopatia cianogena. Gli accertamen-ti ematochimici mostrano un 'innalzamento degli indici di flogosi (PCr 9.2 mg/dl v.n. <0.5) con conta leucocitaria nei limiti. nel sospetto di sepsi viene avviata terapia antibiotica ad ampio spettro e richiesta rX del torace in antero-po-steriore. il referto ufficiosamente riporta solo una diffusa, poco marcata ipodiafania, in accor-do con il lieve distress rilevato alla clinica; ma la lastra non convince per una strana iperdiafania lineare sopracardiaca.mentre il radiologo riflette, visto il riscontro di sof-fio sistolico 1-2/6 al mesocardio ed il persistere di desaturazione viene richiesto anche il parere del cardiologo. l'eCG mostra segni di sovraccarico destro; l'e-cocardiografia conferma un quadro di dilatazione delle sezioni destre, insufficienza tricuspidalica almeno moderata con gradiente vD/aD pari a cir-

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ca 60 mmHg, shunt interatriale prevalentemente destro-sinistro, movimento paradosso e rettili-neizzazione del setto interventricolare, nessuna ostruzione all’efflusso polmonare e Dotto arterio-so chiuso; in sintesi un quadro di ipertensione pol-monare con normale anatomia cardiaca e funzione destra conservata (Figura 1). a seguire, dopo un po’ di suspense il referto uffi-ciale del torace risolve l’inerzia diagnostica: il ri-conoscimento del segno dello Spinnaker (1) spiega l'immagine misteriosa (Figura 2).viene dunque contattato il centro neonatologico di terzo livello per la presa in carico del piccolo a.l., vista la necessità, pur in presenza di paziente sta-bile, di avviare un monitoraggio cardiorespiratorio intensivo.

diScUSSionE

lo penumomediastino del neonato è un'evenienza rara, aneddotica in letteratura o studiata in piccole popolazioni (2,3); a. Hauri-Hohl e colleghi in una delle casistiche neonatologiche più estese ripor-tano un'incidenza pari allo 0.1% di tutti gli accessi neonatali in una terapia intensiva pediatrica pres-so un centro di terzo livello; mancano dati relativi all’incidenza nella popolazione generale.il pneumomediastino si identifica con la presenza di aria interstiziale a livello del mediastino (4).i principali meccanismi che portano allo pneumo-mediastino possono riassumersi in 3 principali (5,6):• mediastinite o processi infettivi batterici contigui,

associati alla presenza di batteri produttori di gas• rottura delle barriere cutanee o mucosali dell'al-

bero tracheobronchiale ovvero dell’esofago• rottura alveolare causata da un gradiente pres-

sorio eccessivo alveolo-interstiziale. Quest'ultimo meccanismo è quello che spiega verosimilmente lo pneumotorace spontaneo (3).

attraverso l'interstizio l'aria diffonde lungo le guai-ne perivascolari o peribronchiali sino a formare pneumotorace, pneumopericardio, o estendendosi sino a collo, mediastino, sottocute anche a distan-za: è l'effetto mecklin, individuato dall'omonimo scienziato nel 1937 attraverso studi sull'animale (7,8), e confermato dai moderni dati TC che rile-vano nella maggioranza degli pneumomediastini (9,10) falde di aria peribronchiale e perivascolare.la classificazione distingue nel neonato, in ana-logia a quanto succede nel bambino e nell'adulto

(2,4,11) la forma spontanea (neonato per il resto sano), rispetto a forme secondarie, associate a fattori predispopnenti quali trauma accidenta-le o iatrogeno (ventilazione meccanica), infezioni polmonari, malformazioni polmonari congenite (patologia cistica), problematica tracheale (com-pressioni vascolari, displasia, anelli o membrane), patologia esofagea (acalasia, perforazione). Tale distinzione è importante, come vedremo, ai fini prognostici.la diagnosi nel neonato risulta radiologica nel 98% (12) dei casi; diversi sono i segni radiologici suggestivi di pneumomediastino: continuità del diaframma, segno a v di naclerio (aria che sot-tolinea la confluenza tra il profilo mediastinico inferiore sinistro e la porzione mediale dell'emi-diaframma sinistro), segno della v a livello del-la confluenza delle vene brachiocefaliche (aria a questo livello), segno dell'anello perivascolare (aria che circonda le arterie polmonari), segno dello spinnaker.Quest'ultimo, presente nel paziente che abbiamo presentato, è legato all'aria presente in entrambi gli emitoraci che va a sollevare i lobi timici e ne determina così l'aspetto a vela gonfiata dal vento. Di particolare interesse per il cardiologo è l'asso-ciazione di pneumopericardio, in quanto rilevabile all'rX ma ben identificabile anche ecocardiogra-ficamente per la presenza di spot iperecogeni in rapido movimento tra i foglietti pericardici, asso-ciati ad artefatti a “coda di cometa “ sull'intera figura cardiaca, presenti in diastole ma non in si-stole (13).Come accennato distinguere la forma spontanea dalle forme associate a cause specifiche, polmo-nari o sistemiche è importante nel neonato così come nelle età successive (4,6,12), vista la progno-si quasi invariabilmente favorevole e la gestione conservativa della prima. la concomitanza di altre cause merita attenzione per la maggiore probabili-tà di complicanze anche severe (pnumomediastino o pneumotorace ipertesi con tamponamento car-diaco), per cui può essere necessaria un decom-pressione chiurgica urgente tramite toracotomia o percutanea (14); indipendentemente dall'eziologia specifica con relative specifiche complicazioni la comorbidità sottende una minore riserva funzio-nale d'organo (respiratoria).lo pneumomediastino posteriore (quasi mai spon-taneo) è più insidioso rispetto a quello anteriore per una maggiore predisposizione alla creazione di una criticità emodinamica: il meccanismo più co-

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mune è una riduzione del ritorno venoso sino alla bassa portata, da riduzione del precarico ventrico-lare destro o sinistro (in quest’ultimo caso spes-so concomita edema polmonare da ipertensione polmonare post-capillare). la presenza di seg-mentazioni dell'enfisema mediastinico può avere ripercussioni anche molto localizzate, come ad esempio, una stenosi mitralica, senza compromis-sione del ritorno polmonare (15).

nel nostro caso il piccolo paziente con uno pneu-momediastino anteriore associato a fatto infettivo sistemico (e dunque anche polmonare) ha presen-tato decorso rapidamente favorevole: è stato sup-portato con blanda o2 terapia a flusso libero nelle prime 48 ore e, in corso di terapia antibiotica si è assitito ad una progressiva normalizzazione degli indici di flogosi. l'ipertensione polmonare si è ri-velata transitoria e non ha necessitato di terapia specifica; considerata l'estensione modesta ed esclusivamente anteriore dello pneumomediasti-no, la normalizzazione consensuale alla risoluzio-ne del quadro infettivo, l’aumento delle pressioni nel piccolo circolo più verosimilmente riferibile alla condizione settica. la dimissione è avvenuta in decima giornata di vita ed il controllo rX pre-dimissione ha mostrato una completa risoluzione radiologica.

in conclusione l'insegnamento per il cardiologo è secondo noi duplice :1. State pronti perchè non sapete né il giorno né

l'ora in cui un neonato con pneumomediastino possa giungere alla vostra osservazione e non è detto che non possiate essere proprio voi a di-rimere il dilemma; questo potrebbe essere vero soprattutto nel caso di centri dove sia assente patologia neonatale e di conseguenza sia i ne-onatologi che i radiologi siano meno famigliari con questa patologia: e dunque sempre guarda-re la radiografia del piccolo paziente!

2. in presenza di neonato con pneumomediastino considerare sempre la possibilità di scompen-so ed escludere un iniziale tamponamento car-diaco, soprattutto se lo pneumomediastino è posteriore e non è spontaneo. in caso di segni anche solo dubbi è da incentivare il trasferimen-to protetto urgente in un centro di 3°livello dove poter gestire in maniera adeguata il monitorag-

gio cardiorespiratorio, ed in caso di evoluzione assistere il paziente con ventilazione invasiva e decompressione chirurgica.

Bibliografia

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Figura 1. Parasternale asse corto. Segni indiretti di ipertensione polmonare: rettilineizzazione del setto interventricolare, dilatazione ventricolare destra

(vD: ventricolo destro; vS: ventricolo sinistro).

Figura 2. rX torace aP al letto. lieve ipodiafania diffusa ad entrambi i campi polmonari. l’aria libera in pressione nel mediastino determina un sollevamento bilaterale del timo;

compare così l’immagine descritta come segno dello Spinnaker, la vela di prua gonfiata dal vento.

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L'estensione della longevità dei defibrillatori impiantabili:

una soluzione agli elevati costi della terapia con ICD?

EdiTorialE

dott. Gabriele Dell'eraSoC Cardiologia-uTiC ospedale Santo Spirito, Casale monferrato (al)

uno dei nodi cruciali della gestione sanitaria è come fornire il meglio delle cure a tutti i cittadini che ne abbiano bisogno, con risorse limitate. il problema è stato man mano superato rendendo accessibili ad un costo più basso le terapie e le prestazioni sani-tarie, oppure incrementando la spesa destinata al settore sanitario; la seconda strada, tuttavia, risul-ta sempre più difficile da percorrere nel contesto dell'attuale crisi economica globale e dell'invec-chiamento della popolazione. la cardiologia e l'e-lettrostimolazione in particolare non sono immuni a queste tendenze: la rivoluzione portata dagli studi maDiT(1) e SCD-HefT (2) e le conseguenti racco-mandazioni delle principali società internazionali (3,4,5) hanno portato alla moltiplicazione delle indi-cazioni ad impianto di defibrillatore (spesso in pro-filassi primaria della morte cardiaca improvvisa ed in pazienti giovani) e a terapia di resincronizzazione cardiaca. al tempo stesso, il miglioramento delle terapie farmacologiche e dello stile di vita hanno consentito di prolungare la vita media dei pazienti con cardiomiopatia dilatativa o cardiopatia struttu-rale. Dunque, oltre all'incrementato numero di pro-cedure di primo impianto di iCD/CrT, ci troviamo da anni a confrontarci con la sostituzione di dispositivi giunti a fine servizio in pazienti con una aspettativa di vita ancora considerevole (6).Da tempo è noto che ogni procedura correlata alla sostituzione/revisione di un sistema di elettrostimo-

lazione cardiaca comporta dei costi in termini di com-plicanze, mortalità e morbilità. Poole et al (7), nell'a-nalisi dei dati del registro americano rePlaCe (1744 pazienti divisi in due gruppi, uno destinato alla sosti-tuzione del generatore e l'altro ad upgrade del siste-ma con aggiunta di un nuovo elettrodo transvenoso o col passaggio ad un dispositivo in grado di erogare terapie aggiuntive) evidenziavano come anche la sola sostituzione del generatore possa determinare com-plicanze correlate al dispositivo (malfunzione, sposi-zionamento) o al paziente (instabilità emodinamica, ematoma della tasca, reospedalizzazione, infezione, ecc), con un tasso di complicanze maggiori dell'1,9% e minori dell'3,5% a 6 mesi. Sohail et al (8) nel 2011 hanno dimostrato come l'infezione di un dispositivo impiantabile possa determinare un incremento so-stanziale della mortalità nel ricovero indice e nel lun-go termine ed un incremento dei costi legato essen-zialmente alla degenza in reparti di terapia intensiva. inoltre, con i dispositivi convenzionali si osserva una netta discrepanza tra l'aspettativa di vita del pazien-te con cardiomiopatia (mediamente di circa 10 anni dopo la procedura di impianto di un iCD) e la vita utile del dispositivo, che con i generatori di vecchia gene-razione si attestava tra i 4 ed i 4,7 anni; vale a dire che ogni paziente può andare incontro a una o due procedure di sostituzione elettiva nell'arco della vita, escludendo peraltro le procedure correlate a even-tuali malfunzioni o a modificazioni dello stato clinico.

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Con queste premesse, appare evidente che l'esten-sione della vita media dei dispositivi sia auspicabi-le e permetta di ridurre, nel lungo termine, i costi: rendendo un migliore servizio al paziente, con meno necessità di reospedalizzazione e con un minor tasso di complicanze, e consentendo di contenere la spesa per i ricoveri, le procedure ed i costi di acquisto del nuovo generatore, mantenendo questa terapia salva-vita alla portata di tutti i pazienti che ne possano be-neficiare. né bisogna pensare che la preoccupazione della longevità del dispositivo riguardi solo i medici: intervistati da Wild et al nel 2004 (9), più del 90% di 156 pazienti in procinto di ricevere un pace-maker o iCD, messi di fronte alla scelta tra un dispositivo più piccolo grazie ad una batteria ridotta di dimensioni ed uno più grande ma più longevo, sceglievano sen-za esitazione il secondo, apparentemente incuranti dell'impatto "estetico" dell'impianto.

la ricerca dell'estensione della durata del generato-re ha comportato per l'industria non pochi problemi in termini di riprogettazione delle batterie e degli al-goritmi di risparmio energetico: la messa a punto di accumulatori a litio biossido di manganese ed il con-giunto impiego di circuiteria a basso consumo (fino al 30% in meno delle precedenti generazioni grazie alla riduzione dei componenti, all'impiego di basse tensioni di alimentazione ed agli algoritmi che con-sentono il risparmio di shock non necessari) ha tut-tavia attualmente consentito il sostanziale raddoppio

della vita utile di un iCD/CrT, portando la durata a 8-10 anni (10).

SiaMo dUnqUE arrivaTi alla SolUzionE dEl problEMa?È di recente pubblicazione una interessante analisi condotta da Boriani et al (11): è stato creato un mo-dello di popolazione con indicazione a iCD o a CrT-D e sono state formulate ipotesi relative al costo com-plessivo della terapia considerando la vita media del paziente, il numero di procedure di sostituzione in base alla durata di batteria stimata per dispositivi di “vecchia” e “nuova” generazione ed i costi relativi alle ospedalizzazioni programmate (per le procedu-re di impianto e sostituzione) ed alle eventuali com-plicanze. Ciò che è emerso è che sostanzialmente a guidare la spesa della terapia è il costo dell'iCD, che si fa tanto più importante quanto più numerose sono le procedure di sostituzione; dunque, anche a fronte di un eventuale prezzo di acquisto iniziale più alto per un dispositivo di nuova generazione (in re-altà i prezzi attuali sono sostanzialmente allineati), il costo giornaliero della terapia, tenuto conto di una durata ipotetica del singolo generatore aumentata, si ridurrebbe del 29-34%, a seconda dello scenario clinico considerato ed a seconda della presenza o assenza della stimolazione CrT (tabella 1-2-3-4, fi-gura 1, riprodotte da Boriani et al, europace 2013).

Tabella 1. risparmio con un dispositivo a longevità estesa (9 anni) versus longevità standard (5 anni) in pazienti con indicazione a iCD per rischio di morte cardiaca improvvisa e funzione ventricolare sinistra conservata.

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Tabella 2. risparmio con un dispositivo a longevità estesa (9 anni) versus longevità standard (5 anni) in pazienti con indicazione a iCD per rischio di morte cardiaca improvvisa in cardiomiopatia ischemica/non ischemica

con depressione della funzione sistolica ventricolare sinistra.

Tabella 3. risparmio con un dispositivo a longevità estesa (7 anni) versus longevità standard (5 anni) in pazienti con indicazione a iCD biventricolare (depressione della funzione ventricolare sinistra, classe nYHa ii e QrS allargato).

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Tabella 4. risparmio con con un dispositivo a longevità estesa (7 anni) versus longevità standard (4 anni) in pazienti con indicazione a iCD biventricolare (depressione della funzione ventricolare sinistra,

classe nYHa iii e QrS allargato).

Figura 1. Costo giornaliero (a sinistra) ed annuale in funzione della longevità del dispositivo espressa in anni. all'aumentare della longevità, si riducono i costi in tutti i sottogruppi considerati

(a: iCD per la prevenzione della morte improvvisa in pazienti a fe conservata; B: iCD per la prevenzione della morte improvvisa ed fe depressa; C: CrT-D per scompenso nYHa ii,

fe ridotta e QrS largo; D: CrT-D per scompenso nYHa iii, fe ridotta e QrS largo).

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Dunque, allo stato attuale apparirebbe consi-gliabile scegliere un dispositivo di nuova gene-razione a longevità estesa. in sintesi, tale scelta consente:una riduzione del numero di procedure interven-tistiche e conseguenti complicanzeuna riduzione della spesa, e quindila garanzia di poter mantenere l'offerta delle cure ottimali per tutta la popolazione.

esiste un rovescio della medaglia? Potenzial-mente potrebbe essere costituito dall'impos-sibilità ad aggiornare il dispositivo a eventuali sostanziali migliorie tecnologiche (attualmente la sostituzione del generatore per scarica della batteria fa compiere un “salto” generazionale al sistema di defibrillazione, si pensi per esempio ai sistemi di monitoraggio remoto ed autodiagnosti-ca implementati nei modelli più recenti) e da una “sopravvivenza” del generatore superiore a quel-la degli elettrocateteri (ricordando i recenti casi di “failure” degli elettrodi da defibrillazione, con po-tenziale medesima necessità di revisione dell'im-pianto). a nostro giudizio, però, tali elementi non sono sufficienti a mettere in ombra l'importanza della durata estesa, che va perseguita con tutti i mezzi disponibili: quelli forniti dall'industria (i nuovi dispositivi) e quelli a disposizione di qua-lunque clinico coscienzioso, ovvero l'accurata programmazione del dispositivo e gli opportuni intervalli di follow-up per evitare inutili sprechi di batteria.

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I cardiomiociti derivati da cellule embrionali umane e da cellule staminali pluripotenti

mostrano variabilità di frequenza di battito e comportamento esponenziale

lEading arTiclE

dott. Pier Giuseppe Demarchi Direttore SoC Cardiologia-uTiC ospedale Santo Spirito, Casale monferrato (al)

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È prassi comune trattare una grande varietà di si-tuazioni patologiche e degenerative che portano a una disfunzione del tessuto specializzato di condu-zione cardiaco con l'impianto di stimolatori cardiaci elettronici.

una alternativa teorica alla stimolazione elettrica potrebbe essere l’innesto a livello miocardico di cel-lule dotate di automatismo e di capacità conduttiva, capaci di integrarsi con le fibre muscolari native e di sopperire alla scarsa capacità di rigenerazione dei cardiomiociti, realizzando una sorta di pacemaker biologico.

le metodiche di generazione e sviluppo di cardio-miociti umani sono state messe a punto nell’ul-timo decennio da alcuni ricercatori (1,2,3,4). Tre sono state le metodiche finora impiegate: la pri-ma prevede la transfezione virale di cellule ma-ture, ovvero l'inserimento mediante un vettore virale generato “ad hoc” di sequenze specifiche di Dna all'interno del genoma di una cellula diffe-renziata, per ottenere l'espressione dei geni cor-relati all'attività di generazione dell'impulso; la seconda è la differenziazione “guidata” in cellule pace-maker di cellule embrionali o pluripotenti; la terza è una combinazione di queste due me-todiche, inserendo apposite sequenze geniche in

cellule mesenchimali germinali umane.Di notevole interesse è il fatto che per queste cellule è stata dimostrata una attività spontanea di gene-razione di correnti di membrana (in particolare di correnti di tipo if) e una risposta di accelerazione e rallentamento della attività automatica agli agenti autonomici e ai farmaci, con caratteristiche simili alle cellule del sistema di eccito-conduzione cardia-co (1,2).

Gli autori sono riusciti a ottenere in laboratorio sia cardiomiociti derivati da cellule staminali di embrio-ne umano (heSC-Cms) generate da cloni H9.2, sia cardiomiociti derivati da cellule staminali pluripo-tenti (iPSC-Cms) generate da cellule differenzia-te umane (30000 cheratinociti isolati da 10 capelli) transfettati da lentivirus vettori.Hanno quindi testato l’ipotesi che le cellule pace-maker heSC-Cms e iPSC-Cms così generate pos-sano avere proprietà di oscillazione dei potenziali di membrana con generazione di impulsi simili al nodo senoatriale umano denervato, mantenendo in particolare proprietà similari di variabilità r-r.

le aree contrattili dei corpi embrioidi ottenuti in vi-tro sono state accuratamente sezionate con un mi-crobisturi e traferite su un microelettrodo rivestito di fibronectina per le misurazioni.

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Sono stati misurati in questo modo elettrogram-mi extracellulari in condizioni stabili rimuovendo i cardiomiociti dall’incubatrice per 10 min. nei giorni 1-4-7-11-15 dalla loro generazione.Per ogni punto di misurazione della attività elettri-ca sono stati registrati 10 elettrogrammi consecu-tivi valutando tempo di attivazione, ampiezza degli spikes, intervallo di attivazione e di ripolarizzazione, durata degli intervalli interbattito.le fluttuazioni nel tempo battito-battito sono state ef-fettuate utilizzando i parametri di potenza utilizzati abi-tualmente (5), rappresentandole visivamente su un gra-fico di Poincaré (6) ed effettuando analisi di fluttuazione e di ricostruzione vettoriale temporo-spaziale (7,8).

riSUlTaTi

Come evidenziato dalla figura 1 gli elettrogrammi così ottenuti mostravano efficaci spikes di attivazio-ne con ampie onde di ripolarizzazione per entrambi i gruppi di cellule.

la figura 1G mostra che la frequenza media di firing (40-60 bpm) era simile per i cardiomiociti heSC e iPSC ed è rimasta stabile nei 15 giorni di osservazione, analoghi risultati sono stati ottenuti osservando l'ampiezza dei segnali e la durata del tempo di depolarizzazione.

Figura 1. attività elettrica spontanea dei cloni cellulari heSC-Cm e iPSC-Cm (B, C, e, f, registrazione dei potenziali spontanei su due scale temporali differenti;

G: frequenza di scarica spontanea, simile nei due gruppi e stabile nel tempo; H: stabilità della frequenza durante una registrazione della durata di 8 ore).

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Figura 2. risposta dei due cloni cellulari a isoproterenolo crescente seguito da metoprololo (pannello a, aumento statisticamente significativo della frequenza con isoproterenolo,

decremento con aggiunta di metoprololo) ed a carbamilcolina seguita da atropina (decremento in frequenza, seguito da incremento all'aggiunta di atropina).

i test effettuati mettendo le cellule a contatto con isoproterenolo, metoprololo, Carbamilcoli-na e atropina hanno dimostrato che la risposta ai neurotrasmettitori nel senso di accelerazio-

ne o decelerazione della frequenza dei segnali è identica nei due gruppi di cellule e comparabile con quella del nodo senoatriale del cuore umano (figura 2).

la variabilità degli intervalli battito-battito valuta-ta mediante analisi spettrale sia nel dominio del tempo che della potenza ha dimostrato proprietà similari per i due gruppi di cellule analizzate, in particolare è stato rilevato che il 90% della potenza spettrale era localizato nelle bande di frequenza ul-tra-low e very-low.

Gli autori concludono che non solo cardiomiociti derivati da 2 differenti sorgenti cellulari umane (he-SC-Cms e iPSC-Cms) presentano attività oscillato-rie dei potenziali di membrana con caratteristiche simili alle cellule pacemaker, ma che per la prima volta è stato dimostrato che questi gruppi cellulari presentano proprietà di variabilità battito battito con comportamenti evidenziati con l’analisi spettrale si-mili a quelli osservati nelle cellule del nodo seno-a-triale umano.in sintesi: 1. la frequenza media dei battiti trigger è rimasta

stabile nei 15 giorni di osservazione per entrambi i gruppi celllari osservati.

2. i gruppi cellulari heSC-Cms e iPSC-Cms hanno presentato variabilità intrinseca degli intervalli di oscillazione nel tempo e simili alle cellule segna-passi umane.

3. entrambi i gruppi cellulari hanno presentato analoghe risposte ad agenti farmacologici quali atropina, metoprololo, isoproterenolo e carba-milcolina con variazioni in frequenza comparabili a quelle osservate nelle cellule isolate del nodo seno atriale umano.

Secondo il loro parere le cellule heSC-Cms e iPSC-Cms così generate mantengono un com-portamento che va oltre alla semplice capacità di generare impulsi spontanei casuali (addirittura in alcuni casi è stato osservata la progressione delle cellule verso un pattern organizzato degli impul-si con potenziali elettrici simili al QrS degli eCG dell’uomo) e che le rende idonee ad essere utiliz-zate come pacemaker biologico, contrariamente ai cardiomiociti del cuore adulto che hanno perso tali capacità.

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coMMEnTo

il nodo seno-atriale è la principale sede fisiologica di generazione dell’impulso cardiaco e, come per tutte le cellule specializzate del sistema di conduzione cardia-co, una varietà di situazioni patologiche che portano a una sua disfunzione sono trattate comunemente con l'impianto degli stimolatori cardiaci elettronici. nonostante i pacemaker artificiali siano disponibili dagli anni 50 del secolo scorso ed abbiano raggiun-to una evoluzione tecnologica più che soddisfacente, presentano ancora limiti importanti, tra cui la ne-cessità di reimpianto dei generatori e dei cateteri, il rischio di infezioni, l'interferenza con altri dispositivi elettronici e non ultimo la mancanza di integrazione con i sistemi di controllo autonomico dell'organismo.il muscolo cardiaco è carente di cellule pluripotenti e i cardiomiociti hanno scarse possibilità di ripro-dursi dopo il periodo neonatale, pertanto, a fronte di processi degenerativi o patologici, ha scarse possi-bilità di rigenerarsi.in via teorica l’impianto a livello della muscolatura cardiaca di gruppi cellulari compatibili immunolo-gicamente con quelli dell'organismo, in grado di in-tegrarsi funzionalmente con le fibre muscolari na-tive, dotati di capacità automatica e di conduzione, con adeguata risposta agli stimoli neuro ormonali in grado di adeguarsi alle svariate situazioni emodi-namiche del nostro organismo, potrebbe essere una promettente ed elegante strategia terapeutica alter-nativa, in grado di superare i limiti dei dispositivi elet-tronici attualmente in uso, realizzando di fatto quello che potrebbe definirsi un Pacemaker Biologico.numerosi tentativi di generare gruppi cellulari im-piantabili dotati di capacità pacemaker sono stati coronati da successo, sia mediante trasferimento di geni di cellule pacemaker nei cardiomiociti (9), sia con impianto su tessuti muscolari cardiaci di cellule pacemaker esogene (10) oppure mediante impianti combinati di geni e cellule su cardiomiociti (1). in modelli sperimentali animali un trapianto di gruppi di cardiomiociti inglobanti cellule del nodo del seno è già stato realizzato, osservando in segui-to l’accoppiamento funzionale di eccito-conduzione tra le cellule allogeniche del donatore e le cellule dei ricevente. (11,12,13).occorre sottolineare che, a fronte della dimostrata fattibilità tecnica del trapianto di cellule pacemaker, sono sorte notevoli implicazioni di carattere etico tuttora fonti di accesi dibattiti, soprattutto legate all’utilizzo delle cellule embrionarie umane. l'utilizzo di cardiomiociti generati da cellule stami-nali pluripotenti derivate da cellule umane soma-

tiche quali i cheratinociti (iPSC-Cms) da una parte risolverebbe molti degli interrogativi etici che sono stati avanzati e dall’altra supererebbe del tutto il problema della immunocompatibilità. l’interesse del lavoro di mandel e coll. è legato soprattutto al fatto che per la prima volta è sta-to dimostrato che gruppi cellulari di cardiomiociti mantenuti in coltura, generati non solo da cellule embrionarie umane ma anche da cellule ben dif-ferenziate (cheratinociti) possono assumere le proprietà oscillatorie di membrana proprie delle cellule pacemaker cardiache, acquisendo inoltre caratteristiche di variabilità nel tempo dei segnali (per quanto riguarda l’analisi spettrale e della po-tenza) simili a quelle del nodo del seno umano, ca-ratteristiche che si sono rivelate stabili se non altro per i primi 15 giorni dalla generazione delle colture e con tendenza (perlomeno in alcuni gruppi cellu-lari) alla progressione nel tempo verso una attività strutturalmente organizzata. in sostanza il lavoro di mandel rappresenta una tappa importante nel segnare la strada per la rea-lizzazione di gruppi cellulari candidati a fungere da Pacemaker Biologico.i dati presentati circa la corrispondenza tra le capa-cità dinamiche di queste cellule e le cellule pace-maker umane sono convincenti.Come tutti possono immaginare numerose sono le questioni che rimangono aperte, sia di ordine eti-co sia di ordine pratico, in particolare riguardo le conoscenze sull'outcome a medio e lungo termine di cellule di questo tipo una volta che si arrivi alla reale possibilità di impianti su organismi viventi, come pure sulla capacità di modulare la loro attività e adattarla alle esigenze del ricevente.letture di questo tipo devono far riflettere noi ope-ratori, abituati ad utilizzare dispositivi elettronici resi affidabili da più di mezzo secolo di progressi tecnologici, e farci pensare che altre prospettive te-rapeutiche stanno per divenire realtà per cui dovre-mo forse un giorno lasciare i percorsi a noi consueti per percorrere altre strade che portano a destina-zioni dai confini ancora vaghi e a traguardi che al momento stentiamo ancora ad immaginare a pieno, anche se decisamente promettenti.

Da Human embryonic and induced Pluripotent Stem Cell–Derived Cardiomyocytes exhibit Beat

rate variability and Power-law Behavior, Mandel Y, Weissman A, Schick R, et al,

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medicina del futuro ai tempi della crisi

focUS on...

UTilizzo dEi dEfibrillaTori ESpianTaTi E riSTErilizzaTi: Uno STUdio di coorTE

Contesto. i defibrillatori impiantabili (iCD) che vengono espiantati per upgrading, infezioni o per decesso del paziente hanno spesso un residuo di batteria utile.Obiettivo. Dimostrare che gli iCD espiantati posso-no essere risterilizzati e riutilizzati.Metodi. Studio di coorte retrospettivo. espianto dell’iCD multicentrico e reimpianto dell'iCD mo-nocentrico.arruolati pazienti indigenti in india con indicazione in classe i ad iCD e non in grado di per-mettersi tale dispositivo.Misure. la durata del dispositivo dopo il reimpian-to, le complicanze correlate al dispositivo, il nume-ro di terapie appropriate, le caratteristiche cliniche e la mortalità dei pazienti. Risultati. 81 pazienti consecutivi (età media 52,6 anni, 66 pazienti di sesso maschile) hanno ricevuto 106 dispositivi espiantati. ventidue pazienti hanno ricevuto un secondo dispositivo e 3 pazienti hanno ricevuto un terzo dispositivo per necessità di so-stituzione del device in eri. il tempo medio per la sostituzione dell’iCD è stato di 1287,4 giorni. i dati di follow-up erano disponibili per 75 su 81 pazienti (92,6%). il follow-up medio della durata dei dispo-sitivi è stato di 824,9 giorni. non si sono verificate complicanze infettive, si è verificato 1 caso di di-slocazione dell’elettrocatetere ed 1 caso di frattura dell’elettrocatetere con necessità di un secondo intervento chirurgico. 64 su 106 dispositivi (60,4%) in 44 su 81 pazienti(54,3%) hanno registrato delle

terapie appropriate (shock e stimolazione antita-chicardica) . Si sono verificati 9 decessi su 81 pa-zienti (11,1%) ed il tempo medio tra l'impianto e la morte è stato di 771,3 giorni.Limiti. Si tratta di uno studio retrospettivo di un singolo centro con un modesto numero di pazien-ti e di dispositivi. il follow-up dei dati manca in 6 pazienti. non è stato ottenuto alcun dato riguardo l’origine dei dispositivi: se prelevato postmortem o antemortem e se l’indicazione all’espianto sia do-vuta ad infezioni o upgrading. non erano disponibi-li i dati completi sull’esatto voltaggio della batteria al momento del reimpianto, sulla frazione di eie-zione ventricolare sinistra e sul numero di shock inappropriati. inoltre non è stato possibile indivi-duare un gruppo di controllo. Conclusioni. Gli iCD espiantati con piu’di 3 anni di vita stimata di batteria residua possono essere riutilizzati dopo una adeguata sterilizzazione. Que-sti dispositivi funzionano correttamente ed hanno erogato delle terapie salvavita, senza un aumento del rischio di complicanze. Questi dati preliminari meritano ulteriori convalide e, se confermati, po-trebbero avere importanti implicazioni sociali ed economiche.

Pavri B, lokhandwala Y, Kulkarni Gv, et al, reuse of explanted, resterilized implantable Cardiover-ter-Defibrillators: a Cohort Study. ann intern med 2012;157:542-548.

a cura di Gabriele Dell'era

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la crESciTa dEl coSTo pEr Singolo caSo, riSpETTo all’aUMEnTo dElla prEvalEnza di MalaTTia, è rESponSabilE

dEll'aUMEnTo dElla SpESa SaniTaria dEgli STaTi UniTi

alcuni precedenti studi hanno supposto che la cau-sa dell’aumento della spesa sanitaria per molte malattie sia da ascrivere ad un aumento della co-siddetta prevalenza di trattamento, ovvero il nu-mero di persone che ricevono un trattamento per una data malattia, rispetto che ad un aumento dei costi per singolo caso. Questo studio dimostra inve-ce conclusioni esattamente opposte. vengono esa-minati la prevalenza di trattamento, la prevalenza clinica (cioè il numero di persone con una determi-nata malattia) ed il costo per singolo caso (trattato o non trattato) in tutte le condizioni mediche tra il 1996 e il 2006. in questo periodo di tempo, tre quarti dell'aumento della spesa sanitaria reale pro capite è attribuibile alla crescita dei costi per singolo caso,

mentre circa un quarto della crescita di tale spe-sa è attribuibile alla prevalenza di trattamento. Da questa ricerca è emerso pertanto che la maggior parte degli effetti della prevalenza di trattamento sono dovuti ad un aumento della quota di coloro che possono essere trattati, rispetto che ad un aumen-to della prevalenza clinica della malattia stessa. Si conclude pertanto che gli sforzi per ridurre la spesa sanitaria dovrebbero concentrarsi maggiormente sul frenare i costi per singolo caso.

roehrig CS, rousseau Dm. The growth in cost per case explains far more of uS health spending increa-ses than rising disease prevalence. Health aff (millwo-od). 2011 Sep;30(9):1657-63.

il TraTTaMEnTo oTTiMalE di paziEnTi SopravviSSUTi ad arrESTo cardiaco ExTraoSpEdaliEro

l’interesse nelle cure della fase post-rianima-toria è aumentato con lo sviluppo di modalità di trattamento che possono avere effetti sui tassi di sopravvivenza a lungo termine sebbene quando iniziati dopo una sistematica ischemia / riperfu-sione insulto-associata all’arresto cardiaco. la lieve ipotermia terapeutica è diventata la base per il miglioramento di una più favorevole sopravviven-za neurologica dopo l’arresto cardiaco. la terapia di riperfusione, in particolare la PCi precoce, sta diventando un complemento importante per l’ipo-termia terapeutica. individuare quali di questi pa-zienti post-arresti cardiaco avevano un vaso occlu-so o instabilità coronarica è difficile perché questi eventi non sono predetti da sintomi o da analisi

elettrocardiografiche standard. l’aumentata espe-rienza clinica suggerisce che le vittime di arresto cardiaco resuscitato senza un evidente eziologia non cardiaca devono essere sottoposti ad angio-grafia coronarica e, ove indicato, ad un interven-to coronarico percutaneo. Se in coma, dovrebbero ricevere una concomitante ipotermia terapeutica. Tale approccio può raddoppiare i tassi di soprav-vivenza a lungo termine tra coloro che sono stati rianimati con successo da un arresto cardiaco al di fuori dell’ospedale.

Kern KB, optimal Treatment of Patients Surviving out-of-Hospital Cardiac arrest, J am Coll Cardiol intv 2012;5:597–605.

Efficacia E SicUrEzza dEi nUovi anTicoagUlanTi nElla fibrillazionE aTrialE: Una rEviEw SiSTEMaTica Ed Una METanaliSi dElla lETTEraTUra

Contesto. iSono stati proposti dei nuovi anticoa-gulati (noaCs) come alternativa agli antagonisti della vitamina K per la prevenzione dello stroke e dell’embolismo sistemico in pazienti affetti da fi-brillazione atriale. i noaCs si sono dimostrati non

inferiori rispetto agli antagonisti della vitamina K, ma non chiaramente superiori e soprattutto non è ancora chiarita la mortalità vascolare.Metodi e Risultati. abbiamo eseguito una meta-a-nalisi dei trials di fase 2 e fase 3, randomizzati e

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controllati, che hanno comparato i noaCs con gli antagonisti della vitamina K nei pazienti con fibril-lazione atriale. Sono stati ricercati (dalla prima set-timana di Giugno 2012, senza restrizioni di lingua) i database meDline e emBaSe, supplementati da abstract books e dal sito www.clinicaltrials.gov.Due revisori hanno effettuato una revisione indipen-dente dell’articolo ed unavalutazione della qualità dello studio. Sono stati raccolti i dati sulla mortalità generale e cardiovascolare, su ictus o embolia si-stemica, ictus ischemico, sanguinamenti maggiori ed intracranici e su infarti miocardici. noaCs sono stati raggruppati per eseguire un confronto con gli antagonisti della vitamina K, il calcolo dei rischi re-lativi (rr) e gli intervalli di confidenza associati al 95% (iC). abbiamo incluso 12 studi (3 con sommi-nistrazione di dabigatran, 4 con rivaroxaban, 2 con apixaban e 3 con edoxaban) arruolando un totale di 54 875 pazienti. noaCs ha ridotto significativamente la mortalità totale (5,61% vs 6,02%, rischio relativo,

0,89, 95% Ci, 0,83-0,96), la mortalità cardiovasco-lare (3,45% vs 3,65%, rischio relativo, 0,89, 95% Ci, 0,82-0,98) e lo stroke/ embolia sistemica (2,40% vs 3,13%, rischio relativo, 0,77, 95% Ci, 0,70-0,86). Si è evidenziato un trend di riduzione nei sanguinamenti maggiori (rr, 0,86, 95% Ci, 0,72-1,02), con una si-gnificativa riduzione delle emorragie intracraniche (rr, 0.46, 95% Ci, 0,39-0,56). non si sono eviden-ziate differenze nell’incidenza di infarto miocardico.Conclusioni. noaCs sono associati ad un beneficio clinico globale rispetto agli antagonisti della vitami-na K. ulteriori ricerche sono necessarie per confer-mare questi risultati al di fuori del contesto di studi clinici randomizzati.

Dentali f, riva n, Crowther m, et al, efficacy and Safety of the novel oral anticoagulants in atrial fibrillation: a Systematic review and meta-analysis of the literatu-re. Circulation 2012;oct 15.

oUTcoMES a lUngo TErMinE nElla cardioMiopaTia ipErTrofica caUSaTa da MUTazioni nEl gEnE dElla Troponina T cardiaca

Contesto. la cardiomiopatia ipertrofica (HCm) cau-sata da mutazioni nel gene della troponina T car-diaca (TnnT2) è stata associata ad un alto rischio di morte cardiaca improvvisa (SCD) e lieve ipertro-fia ventricolare sinistra (lvH). Tuttavia, i precedenti studi sono limitati dalle piccole dimensioni del cam-pione e dai pochi dati relativi ai parenti.Metodi e Risultati. 552 probandi HCm sono stati sottoposti a screening per mutazioni della TnnT2. i parenti di primo grado sono stati invitati per una valutazione clinica e genetica. 92 individui (20 pro-bandi e 72 parenti) sono risultati portatori di muta-zioni della TnnT2 (51 (55%) di sesso maschile, 30 ± 17 anni). un eCG ed un ecocardiogramma era-no disponibili rispettivamente in 87 (95%) ed in 88 (96%) soggetti. l’eCG era normale in 13 (68%) bam-bini (<16 anni) ed in 13 (19%) adulti. l’ecocardio-gramma era normale in 18 (90%) bambini ed in 16 (24%) adulti; 7 (10%) adulti avevano sia un eCG che un eco normali. 13 (65%) delle 20 famiglie avevano una storia famigliare di morte cardiaca improvvisa. il follow-up era disponibile per 75 pazienti (media 9,9 ± 5,2 anni); 2 / 16 adulti e 2 / 18 bambini con eco-

cardiogramma normale hanno sviluppato una iper-trofia ventricolare sinistra (lvH). 23 soggetti (22%) hanno impiantato un iCD (20 in profilassi primaria). un bambino e tre adulti sono morti di morte car-diaca improvvisa e 2 adulti sono stati rianimati da un episodio di fibrillazione ventricolare. un paziente ha avuto una scarica appropriata dell'iCD. il tasso di morte per cause cardiovascolari, di trapianto e di scarica dell'iCD è stato dell'1,6% (0.016 persone / anno, iC 0,83-2,79%) e di SCD del 0,93% (0,0093 persona / anno; Ci 0,37-1,92%). Conclusioni. lvH è rara nei bambini con mutazione della TnnT2. lvH è più frequente negli adulti e la maggior parte ha un eCG anormale. a dispetto delle storie familiari avverse, il tasso di morte per cause cardiovascolari durante il follow-up è risultato simi-le a quello riportato nelle popolazioni di riferimento di grandi dimensioni.

Pasquale f, Syrris P, Kaski JP, et al, long-Term outcomes in Hypertrophic Cardiomyopathy Cau-sed by mutations in the Cardiac Troponin T Gene, Circ Cardiovasc Genet 2011;Dec 5.

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Recupero della legge naturale nella relazione medico paziente1

vi parte

MEdicina e MoralE

3.4. viE vErSo Una riconciliazionE

76. Per rendere tutto il suo senso e tutta la sua forza alla nozione di legge naturale come fonda-mento di un’etica universale, bisogna rivolgere uno sguardo di sapienza, di ordine propriamen-te metafisico, capace di abbracciare simultanea-mente Dio, il cosmo e la persona umana per ri-conciliarli nell’unità analogica dell’essere, grazie all’idea di creazione come partecipazione.77. È anzitutto essenziale sviluppare un’idea non concorrenziale dell’articolazione tra la causalità divina e la libera attività del soggetto umano. il soggetto umano realizza se stesso inserendosi liberamente nell’azione provvidenziale di Dio, e non opponendosi ad essa. Deve scoprire con la ragione e poi assumere e condurre liberamente a realizzazione i dinamismi profondi che ne defi-niscono la natura. infatti la natura umana si de-finisce con tutto un insieme di dinamismi, di ten-denze, di orientamenti all’interno dei quali nasce la libertà. infatti la libertà suppone che la volontà umana sia «messa sotto tensione» dal desiderio naturale del bene e del fine ultimo. il libero ar-bitrio si esercita allora nella scelta degli oggetti finiti che consentono di raggiungere tale fine. nel

rapporto con questi beni, i quali esercitano un’at-trattiva che non è determinante, la persona con-serva la padronanza della propria scelta a motivo della sua apertura innata al Bene assoluto. la libertà non è dunque un assoluto auto-creatore di se stesso, ma una proprietà eminente di ogni soggetto umano.78. una filosofia della natura che prenda atto del-la profondità intelligibile del mondo sensibile e, soprattutto, una metafisica della creazione con-sentono poi di superare la tentazione dualista e gnostica di abbandonare la natura all’insignifi-canza morale. Da tale punto di vista, bisogna su-perare lo sguardo riduttivo che la cultura tecnica dominante conduce a rivolgere sulla natura, per riscoprire il messaggio morale di cui essa è por-tatrice come opera del Logos.79. Tuttavia la riabilitazione della natura e del-la corporeità in etica non può equivalere a un qualunque «fisicismo». infatti alcune presenta-zioni moderne della legge naturale hanno gra-vemente negato la necessaria integrazione del-le inclinazioni naturali nell’unità della persona. Trascurando di considerare l’unità della persona

Prof. Paolo rossi

1CommissioneTeologicaInternazionale,Allaricercadiun’eticauniversale:nuovosguardosullaleggenaturale

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umana, esse assolutizzano le inclinazioni natu-rali delle diverse «parti» della natura umana, accostandole senza gerarchizzarle e tralascian-do di integrarle nell’unità del progetto globale del soggetto. ora, spiega Giovanni Paolo ii, «le inclinazioni naturali non acquistano una qualità morale, se non in quanto si rapportano alla per-sona umana e alla sua realizzazione autentica»2. oggi dunque bisogna tenere presenti insieme due verità. Da una parte, il soggetto umano non è una unione o una giustapposizione di inclina-zioni naturali diverse e autonome, ma un tutto sostanziale e personale chiamato a risponde-re all’amore di Dio e ad unificarsi mediante un orientamento riconosciuto verso un fine ultimo, che gerarchizza i beni parziali manifestati dalle diverse tendenze naturali. Tale unificazione delle tendenze naturali in funzione dei fini superiori dello spirito, cioè tale umanizzazione dei dina-mismi inscritti nella natura umana, non costitu-isce affatto una violenza che sarebbe loro fatta. al contrario, è la realizzazione di una promes-sa già inscritta in essi3. ad esempio, l’alto valo-re spirituale che si manifesta nel dono di sé nel reciproco amore degli sposi è già inscritto nel-la natura stessa del corpo sessuato, che trova in questa realizzazione spirituale la sua ultima ragione di essere. D’altra parte, in questo tutto organico, ogni parte conserva un significato pro-prio e irriducibile, di cui la ragione deve tener conto nell’elaborazione del progetto globale del-la persona. la dottrina della legge morale natu-rale deve dunque affermare il ruolo centrale del-la ragione nell’attuazione di un progetto di vita propriamente umano, e insieme la consistenza

e il significato proprio dei dinamismi naturali pre-razionali4.80. il significato morale dei dinamismi naturali pre-razionali appare in piena luce nell’insegna-mento sui peccati contro natura. Certamente, ogni peccato è contro natura in quanto si oppone alla retta ragione e ostacola lo sviluppo autenti-co della persona umana. Tuttavia alcuni compor-tamenti sono giudicati in modo speciale peccati contro natura nella misura in cui contraddicono più direttamente il senso oggettivo dei dinamismi naturali che la persona deve assumere nell’unità della sua vita morale5. Così il suicidio deliberato e voluto va contro l’inclinazione naturale a con-servare e a far fruttificare la propria esistenza. Così alcune pratiche sessuali si oppongono diret-tamente alle finalità inscritte nel corpo sessua-to dell’uomo. Perciò contraddicono anche i valori interpersonali che devono promuovere una vita sessuale responsabile e pienamente umana.81. il rischio di assolutizzare la natura, ridotta a pura componente fisica o biologica, e di trascu-rare la propria vocazione intrinseca ad essere integrato in un progetto spirituale minaccia oggi alcune tendenze radicali del movimento ecologi-co. lo sfruttamento irresponsabile della natura da parte degli agenti umani che cercano soltanto il profitto economico e i pericoli che essa fa pesa-re sulla biosfera interpellano giustamente le co-scienze. Tuttavia, l’«ecologia profonda (deep eco-logy)» costituisce una reazione eccessiva. essa sostiene una supposta uguaglianza delle specie viventi, senza più riconoscere alcun ruolo parti-colare all’essere umano, e ciò, paradossalmente, indebolisce la responsabilità dell’uomo nei con-

2GiovanniPaoloII,EnciclicaVeritatissplendor,n.50.3Ildoverediumanizzarelanaturanell’uomoèinseparabiledaldoverediumanizzarelanaturaesterna.Questogiustifical’immensosforzocompiutodagliuominiperemanciparsidallecoercizionidellanaturafisicanellamisuraincuiesseostacolanolosviluppodeivaloripropriamenteumani.Lalottacontrolemalattie,laprevenzionedeifenomeninaturaliostili,ilmiglioramentodellecondizionidivitasonodiperséoperecheattestanolagrandezzadell’uomochiamatoariempirelaterraeasottometterla(cfrGn1,28).CfrConcilioVaticanoII,CostituzionepastoraleGaudiumetspes,n.57.4Reagendoalpericolodelfisicismoeinsistendogiustamentesulruolodecisivodellaragionenellaelaborazionedellaleggenaturale,alcuneteoriecontemporaneedellaleggenaturaletrascurano,anzirifiutano,ilsignificatomoraledeidinamisminaturalipre-razionali.Laleggenaturalesarebbedetta«naturale»soltantoinriferimentoallaragione,chedefinirebbeiltuttodellanaturadell’uomo.Obbedireallaleggenaturalesiridurrebbedunqueadagireinmodoragionevole,cioèadapplicareall’insiemedeicomportamentiunidealeunivocodirazionalitàgeneratodallasolaragionepratica.Ciòsignificaidentificareatortolarazionalitàdellaleggenaturaleconlasolarazionalitàdellaragioneumanasenzatenercontodellarazionalitàimmanenteallanatura.5CfrTommasod’Aquino,s.,Summatheologiae,IIa-IIae,q.154,a.11.Lavalutazionemoraledeipeccaticontronaturadevetenercontononsoltantodellalorogravitàoggettivamaanchedelledisposizionisoggettive,spessoattenuanti,dicolorochelicommettono.

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fronti della biosfera di cui fa parte. in modo ancor più radicale, alcuni sono giunti a considerare l’es-sere umano come un virus distruttore che insidie-rebbe l’integrità della natura, e gli rifiutano ogni significato e ogni valore nella biosfera. Si giunge allora a una sorta di totalitarismo che esclude l’e-sistenza umana nella sua specificità e condanna il legittimo progresso umano.82. non ci può essere una risposta adeguata agli interrogativi complessi dell’ecologia, se non nel quadro di una comprensione più profonda della legge naturale, che dia valore al legame tra la persona umana, la società, la cultura e l’equili-brio della sfera bio-fisica nella quale si incarna la persona umana. un’ecologia integrale deve

promuovere ciò che è specificamente umano, va-lorizzando insieme il mondo della natura nella sua integrità fisica e biologica. infatti, anche se l’uomo, come essere morale che cerca la verità e i beni ultimi, trascende il proprio ambiente im-mediato, lo fa accettando la missione speciale di vegliare sul mondo naturale e di vivere in armonia con esso, di difendere i valori vitali senza i quali non possono mantenersi né la vita umana né la biosfera di questo pianeta (Gn 2,15).Tale ecologia integrale interpella ogni esse-re umano e ogni comunità in vista di una nuova responsabilità. essa è inseparabile da un orien-tamento globale rispettoso delle esigenze della legge naturale.

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