La Notte di Natale

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FRANCO SIMEONE LA NOTTE DI NATALE DICEMBRE 2011

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Il Natale e l'Epifania in uno studio sull'arte paleocristiana. di Franco Simeone

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FRANCO SIMEONE

LA NOTTE DI NATALE

DICEMBRE 2011

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FRANCO SIMEONE

LA NOTTE DI NATALE

DICEMBRE 2011

In copertina :

Mosaico dall’oratorio di Giovanni VII al Vaticano,

ora nella Chiesa di Santa Maria in Cosmedian a

Roma, 705-707 d.C.

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“ Non temete ! Io vi porto una bella notizia, che procurerà u-

na grande gioia a tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è

nato il vostro Salvatore, il Cristo, il Signore. Lo riconoscerete

così: troverete un bambino avvolto in fasce che giace in una

mangiatoia “.

Questo brano torna di particolare attualità ogni anno in

questo periodo natalizio: è l’annunzio che gli angeli portano

ai pastori che custodivano i loro greggi, come si legge nel Van-

gelo di Luca ( 2,8-12).

E’ un momento fondamentale nella storia della salvezza, che

l’arte paleocristiana non poteva ignorare. La documentazione

conservata consente, infatti, di affermare che nelle raffigura-

zioni dei primi secoli si possono distinguere fondamentalmen-

te tre tipi concernenti il ciclo della Natività, che ricorrono con

maggiore frequenza: il primo intende evidenziare il concetto

che con la nascita del Cristo si sono avverate le profezie del

Vecchio Testamento; il secondo vuole rappresentare il

“presepio” propriamente detto; il terzo concerne l’adorazione,

o per meglio dire l’offerta dei doni da parte dei Magi.

C’è da osservare, però, che spesso (soprattutto nei sarcofa-

ghi del IV secolo d.C.) la scena della nascita del Bambino vie-

ne fusa con quella dell’offerta dei doni da parte dei Magi, u-

nendo due momenti successivi della narrazione evangelica

con un processo di sintesi non nuovo nell’arte paleocristiana.

Fin dalle più antiche pitture delle catacombe, poi, si nota che

gli elementi costitutivi di queste rappresentazioni sono ridotti

all’essenziale, prescindendo per lo più da dati paesistici o di

contorno.

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Accanto alla Madonna seduta con il piccolo Gesù sulle gi-

nocchia, il personaggio che per primo fa la sua comparsa (ad

esempio, in un celebre affresco dell’inizio del III secolo d.C.

della catacomba romana di Priscilla) è un profeta che indica

una stella, per manifestare la realizzazione di quanto era stato

vaticinato nel Vecchio Testamento. Altre figure protagoniste

della scena, soprattutto su fronti e coperchi di sarcofaghi, so-

no i pastori, primi spettatori dell’evento, secondo il passo di

Luca citato. In numero di uno o due essi compaiono

nell’abbigliamento proprio della loro attività: tunica corta

cinta in vita, calzature alte, una mantellina sulle spalle e spes-

so il bastone ricurvo in mano. Il loro aspetto è quasi sempre

giovanile e i loro atteggiamenti diversi, ma improntati in mol-

ti casi alla meraviglia o alla contemplazione.

Figura 1 :

Reliquario argenteo del Castello di Bridio (Milano), con i Magi che recano i lo-

ro doni al Bambino, VI secolo d.C., Parigi, Museo del Louvre.

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Elementi caratterizzanti di diverse tra le più antiche raffigurazioni

della Natività sono il bue e l’asino, che compaiono da soli con il Bam-

bino su uno dei lati minori del coperchio a spioventi del maestoso sar-

cofago detto degli Apostoli, conservato a Sant’Ambrogio a Milano. Se

i due miti animali non sono esplicitamente ricordati dai Vangeli, essi

sono invece citati da alcuni “scritti apocrifi “, cioè non canonici, che

erano molto diffusi a livello popolare. Inoltre, ne parlano i profeti, e

specificamente Isaia e Abacuc.

Figura 2 :

Valva sinistra di un dittico in avorio; in alto è una rappresentazione della Nati-

vità. Seconda metà del V secolo d.C., Milano, Tesoro del Duomo.

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Figura 3 :

Valva destra dello stesso dittico di Fig. 2; nella parte superiore sono raffigurati i

Magi che portano i loro doni. Seconda metà del V secolo d.C., Milano, Tesoro

del Duomo.

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Bue e asino ricorrono anche negli avori, dei quali uno degli

esempi più splenditi è il dittico del Duomo di Milano, databile

alla seconda metà del V secolo d. C. ( Figure 2 e 3).

Sulla valva sinistra ( Figura 2), sotto una tettoia, il Bambino

appare appoggiato sulla paglia di una mangiatoia, con i due

animali che gli stanno accanto e a destra Maria seduta, avvol-

ta nel suo mantello. Da notare in questa seconda scena la pre-

senza di San Giuseppe, anche lui in posizione di riposo, con la

sega nella sinistra, ad indicare la sua attività di falegname. Lo

si ritroverà nelle formelle sempre d’avorio della cattedra del

vescovo Massimiano a Ravenna ( databile in una forchetta

cronologica tra il 546 ed il 556 d.C.) e apparirà come un uomo

di età avanzata, barbato e vestito di tunica e pallio.

In realtà, la figura di San Giuseppe inizia ad apparire

nell’arte paleocristiana piuttosto tardi, solo a partire dalla

prima metà del V secolo d.C. Esempi anteriori sono incerti e

molto discutibili. Egli fu incluso nelle scene di Natività come

ulteriore elemento provvidenziale nel disegno della Redenzio-

ne per completare l’immagine della Sacra Famiglia e per evi-

denziare il suo ruolo di sposo e padre putativo, accentuando-

ne spesso l’umanità e ponendolo in altri casi quasi sempre in

disparte.

L’origine della celebrazione dell’Epifania è da situare in O-

riente. Essa intendeva ricordare in particolare la

“manifestazione” di Cristo sulla terra, connessa con il Battesi-

mo nel Giordano. In Italia e in Africa, però, più di questo epi-

sodio se ne volle commemorare un altro, cioè l’adorazione dei

Magi, che riconobbero, primi tra i “ gentili “ (ossia tra i paga-

ni), il nuovo Re dell’universo. Col tempo finì per prevalere

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proprio il ricordo di quest’ultimo episodio evangelico, cele-

brato il 6 gennaio.

Ai Magi fa preciso riferimento il Vangelo di Matteo (2,1-12),

ma senza specificare quanti fossero ( “ ecco dei Magi arrivare

dall’Oriente a Gerusalemme ”). Il numero di tre si ricavò pro-

babilmente da quello dei doni che essi portavano, anche

nell’arte paleocristiana nella maggior parte dei casi, essi sono

tre, ma in una pittura della catacomba di Domitilla sono

Figura 4 :

La più antica scena dell’offerta dei doni da parte dei Magi in un affresco della “

Cappella greca” nella catacomba di Priscilla a Roma. Prima metà del III secolo

d.C.

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Figura 5 :

I tre Magi che recano i loro doni, in pannello della porta lignea della basilica di

Santa Sabina a Roma. V secolo d.C.

quattro e in altre raffigurazioni due . Fra queste ultime, si può

ricordare il raffinato reliquario di San Nazaro a Milano, rife-

ribile agli ultimi decenni del IV secolo d.C., in cui i personaggi

non hanno il consueto abbigliamento orientale, ma vestono u-

na semplice tunica, che lascia scoperta la spalla, e offrono i

doni al Bambino su vassoi, mentre altre sei persone assistono

alla scena sullo sfondo.

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La scena dell’adorazione dei Magi, che certamente appare

qualche decennio prima di quella del presepio, si incontra

molto frequentemente, specialmente nei sarcofaghi e nei co-

siddetti “oggetti d’uso”. Lo schema tipico è costituito dai tre

personaggi con tunica corta cinta in vita, una sorta di panta-

loni stretti alla caviglia, talora un corto mantello sulle spalle e

un copricapo a punta sulla testa (il cosiddetto “berretto fri-

gio”). Essi avanzano portando i doni al Bambino, in braccio

alla Madonna, che è seduta su un sedile dall’alto schienale,

spesso di vimini. Così è strutturata la scena, ad esempio, nel

reliquiario argenteo del Museo del Louvre di Parigi ( Figura

1), o nel pannello ligneo del portale di Santa Sabina a Roma

( Figura 5), nonché in tanti sarcofaghi del IV secolo d.C.

Figura 6 :

Particolare del coperchio di un sarcofago con i Magi che portano i doni.

Prima metà del IV secolo d.C., Roma, Musei Vaticani, Museo Pio Cristiano.

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In qualche caso uno dei Magi indica una stella, oppure sullo

sfondo si distinguono le teste dei cammelli, che accompagna-

rono i tre sapienti nel loro lungo viaggio. Questi ultimi posso-

no essere protagonisti di altri episodi, sempre legati al ciclo

della Natività: così nel mosaico di Santa Maria Maggiore a

Roma sono raffigurati al cospetto di Erode e il medesimo te-

ma si ripete su un sarcofago di Tolentino.

I motivi sviluppati dal repertorio figurativo paleocristiano,

soprattutto nel mondo occidentale, si ritroveranno nei secoli

successivi, generalmente senza varianti sostanziali. E accanto

agli episodi più noti ne compariranno altre (desunti ancora u-

na volta dai già citati scritti apocrifi), che avevano fatto la loro

prima comparsa nel V Secolo d.C.