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Speciale Crociera ANMI - Costa Pacifica 2014 La rievocazione dell’azione di Alessandria costituisce uno degli elementi più significativi della “Crociera ANMI 2014”, e queste brevi note potranno rappresentare un conciso – ma speriamo anche esaustivo – vademecum anche se la m/n Costa Pacifica non farà sosta in quel porto egiziano il cui nome, ancora oggi, tanto rappresenta per la storia della Marina italiana e per l’ “im- maginario colletivo” di quanti ne fanno o ne hanno fatto parte. Le fasi preliminari 14/18 dicembre 1941 Nell’estate del 1941 il c.f. Ernesto Forza, appena destinato al co- mando della X Flottiglia MAS, iniziò a pianificare l’attacco con “S.L.C.” alla base di Alessandria d’Egitto, missione i cui dettagli vennero studiati e messi a punto dal c.c. Junio Valerio Borghese. L’operazione, denominata convenzionalmente “G.A.3” non era nuova per la Regia Marina che, nell’estate del 1940, nel corso di analoghe missioni, aveva già perduto lungo le coste nordafrica- ne i sommergibili avvicinatori Iride e Gondar. La preparazione dell’operazione “G.A.3” teneva quindi in gran conto le esperienze già acquisite. Quale battello avvicinatore fu prescelto il sommergibile Scirè, comandato dal c.c. Borghese, il cui equipaggio poteva vantare una notevole esperienza in simili azioni effettuate in precedenza (al battello è dedicato uno speci- fico articolo a pag. 22 di questo stesso numero speciale); gran- de cura venne destinata alla preparazione degli stessi “maiali”, delle mute, degli apparecchi autorespiratori e di altri elementi dell’attrezzatura quali bussole portatili, orologi subacquei ecc. Gli equipaggi prescelti, infine, rappresentavano il meglio della specialità dei sommozzatori: i tre piloti - in particolare - prove- nivano da tre differenti corpi della Marina Italiana e la singo- lare coincidenza sembrò rappresentare un presagio più che favorevole. Le tre coppie di operatori che, con altrettanti “Siluri a lenta cor- sa”, avrebbero tentato il forzamento della base navale inglese erano composte dal t.v. Luigi Durand De la Penne (ufficiale di Stato Maggiore e capogruppo) col Capo palombaro Emilio Bianchi, dal capitano del Genio Navale Antonio Marceglia col Sottocapo palombaro Spartaco Schergat e dal capitano delle Armi Navali Vincenzo Martellotta col Capo palombaro Mario Marino. A bordo dello Scirè imbarcavano anche due equipag- gi di riserva composti, rispettivamente, dal ten. D.M. Luigi Fel- trinelli col palombaro Luciano Favale e dal ten. medico Giorgio Spaccarelli col Sottocapo palombaro Armando Memoli. Gli aerei del Comando dell’Egeo della Regia Aeronautica e del X Fliegerkorps della Luftwaffe effettuarono, nelle prime due setti- mane del dicembre 1941, numerose ricognizioni su Alessandria; lo stesso com.te Forza, il 9 dicembre, si trasferì dalla Spezia al Pi- reo per coordinare i compiti delle due aeronautiche con la mis- sione dello Scirè. Quest’ultimo battello lasciò La Spezia il 3 di- cembre imbarcando, nottetempo e in tutta segretezza, tre “maia- li” (contraddistinti dai numeri 221, 222 e 223) nei tre cilindri a te- nuta stagna appositamente installati in coperta per il trasporto degli “S.L.C.”. Lo Scirè fece rotta per Lero, ormeggiandosi nella rada di Porto Lago nella giornata del 9, mentre gli operatori giun- sero in aereo sull’isola - via Rodi - tra l’11 e il 12 dicembre. Dopo aver atteso per alcuni giorni i risultati delle ricognizioni ae- ree su Alessandria, lo Scirè prese il mare il 14 dicembre; la navi- gazione verso le coste egiziane procedette non senza difficoltà a causa delle avverse condizioni meteorologiche e fu soltanto nel pomeriggio del 17 che il com.te Forza, sulla base di un preci- so rilievo di un ricognitore italiano, poté segnalare al com.te Bor- ghese. “ (…) Accertata presenza in porto di due navi da batta- glia. Probabile portaerei. Attaccate“. L’avvicinamento Sera del 18 dicembre 1941 Una volta ricevuto il messaggio del com.te Forza, lo Scirè iniziò la navigazione in immersione verso il punto previsto per il rila- scio dei “maiali”, nelle vicinanze dell’imboccatura del porto di Alessandria. Dalle prime ore del 18 dicembre il battello navigò ad una profondità di 60 metri poiché il c.c. Borghese aveva corret- tamente ritenuto che le mine antisommergibili dei campi posti a difesa della base fossero ancorate ad una minore profondità. 43 Marinai d’Italia Agosto/Settembre 2014 42 Marinai d’Italia Agosto/Settembre 2014 N el corso della seconda guerra mondiale, i mezzi d’assal- to - subacquei e di superficie - della Marina Italiana scrissero alcune delle pagine più gloriose e significati- ve dell’intero conflitto. La notevole superiorità, numerica e tecnologica, delle marine al- leate impedì ai “Siluri a lenta corsa”, ai “barchini” esplosivi e ai nuotatori “Gamma” di influenzare le sorti strategiche delle ope- razioni nel Mediterraneo: ciò nondimeno, imprese sin da subito consegnate alla storia - se non alla leggenda - consentirono alla Regia Marina di infliggere notevoli danni alle unità britanniche. La Royal Navy si trovò costretta a fronteggiare imbarazzanti si- tuazioni derivanti tanto dal fatto che basi ritenute inviolabili era- no state teatro di clamorose azioni dei mezzi d’assalto italiani, quanto dalla perdita o dal grave danneggiamento di unità mag- giori della “Mediterranean Fleet” e di navi mercantili, ugualmen- te importanti per lo sforzo bellico inglese nel “Mare Nostrum”. Non è certo questa la sede per tracciare la storia dello sviluppo e dell’impiego operativo dei mezzi d’assalto – subacquei e di su- perficie – della Regia Marina, e i lettori potranno fare riferimen- to alla vasta letteratura sull’argomento, i cui più importanti volu- mi disponibili sono indicati nella bibliografia. Come peraltro è ben noto, fu grazie alla realizzazione della pio- nieristica “mignatta” di Rossetti e Paolucci del 1918, e al succes- sivo sviluppo dell’ “S.L.C.” da parte di Tesei e Toschi dopo la metà degli anni Trenta che – la notte tra il 18 e il 19 dicembre 1941 - i mezzi d’assalto subacquei della Regia Marina colsero il loro successo più importante, con il forzamento del porto di Alessandria d’Egitto e il grave danneggiamento delle navi da battaglia inglesi Queen Elizabeth e Valiant. Trasportati nelle vicinanze dell’imboccatura del porto dal som- mergibile Scirè, tre “maiali” (equipaggi: de La Penne/Bianchi, Marceglia/Schergat e Martellotta/Marino) superarono le ostruzioni portuali e i loro operatori riuscirono ad applicar le cariche esplosive alle carene delle unità assegnate come obiettivo. La notte di Alessandria 18/19 dicembre 1941 I mezzi d’assalto della Regia Marina e l’operazione “G.A.3” di Maurizio Brescia Due immagini prebelliche delle più “illustri” vittime dei mezzi d’assalto italiani della seconda guerra mondiale: dall’alto, le navi da battaglia Valiant (a ottobre del 1931) e Queen Elizabeth (metà degli anni Trenta). Nell’imminenza del conflitto le due unità furono rimodernate, modificando estesamente le sovrastrutture e imbarcando più potenti artiglierie antiaerei (Foto Wright & Logan [Valiant] e Valentine’s Postacrds [Queen Elizabeth] - coll. M. Brescia) In una foto della ricognizione italo-tedesca, il porto di Alessandria d’Egitto qualche tempo prima dell’azion “G.A.3”. Si noti, evidenziata da un circoletto bianco, una nave da battaglia ai lavori su un bacino galleggiante (USMM) Una stupenda immagine delle corazzate Valiant (in primo piano), Queen Elizabeth (al centro) e Barham (sullo sfondo), in navigazione in linea di fila nel Mediterraneo orientale nell’autunno del 1941 (Coll. A. Asta - Trapani) Il forzamento del porto di Alessandria d’Egitto in una vista prospettica che permette di visualizzare il percorso dei tre “maiali” e le posizioni relative delle unità obiettivo dell’attacco (Da: E. Bagnasco e M. Spertini, I mezzi d’assalto della Decima Flottiglia Mas, op. cit. in bibliografia)

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Speciale Crociera ANMI - Costa Pacifica 2014

La rievocazione dell’azione di Alessandria costituisce uno deglielementi più significativi della “Crociera ANMI 2014”, e questebrevi note potranno rappresentare un conciso – ma speriamoanche esaustivo – vademecum anche se la m/n Costa Pacificanon farà sosta in quel porto egiziano il cui nome, ancora oggi,tanto rappresenta per la storia della Marina italiana e per l’ “im-maginario colletivo” di quanti ne fanno o ne hanno fatto parte.

Le fasi preliminari14/18 dicembre 1941

Nell’estate del 1941 il c.f. Ernesto Forza, appena destinato al co-mando della X Flottiglia MAS, iniziò a pianificare l’attacco con“S.L.C.” alla base di Alessandria d’Egitto, missione i cui dettaglivennero studiati e messi a punto dal c.c. Junio Valerio Borghese.L’operazione, denominata convenzionalmente “G.A.3” non eranuova per la Regia Marina che, nell’estate del 1940, nel corso dianaloghe missioni, aveva già perduto lungo le coste nordafrica-ne i sommergibili avvicinatori Iride e Gondar.La preparazione dell’operazione “G.A.3” teneva quindi in granconto le esperienze già acquisite. Quale battello avvicinatore fuprescelto il sommergibile Scirè, comandato dal c.c. Borghese, ilcui equipaggio poteva vantare una notevole esperienza in similiazioni effettuate in precedenza (al battello è dedicato uno speci-fico articolo a pag. 22 di questo stesso numero speciale); gran-de cura venne destinata alla preparazione degli stessi “maiali”,delle mute, degli apparecchi autorespiratori e di altri elementidell’attrezzatura quali bussole portatili, orologi subacquei ecc.Gli equipaggi prescelti, infine, rappresentavano il meglio dellaspecialità dei sommozzatori: i tre piloti - in particolare - prove-nivano da tre differenti corpi della Marina Italiana e la singo-lare coincidenza sembrò rappresentare un presagio più chefavorevole. Le tre coppie di operatori che, con altrettanti “Siluri a lenta cor-sa”, avrebbero tentato il forzamento della base navale ingleseerano composte dal t.v. Luigi Durand De la Penne (ufficiale diStato Maggiore e capogruppo) col Capo palombaro EmilioBianchi, dal capitano del Genio Navale Antonio Marceglia col

Sottocapo palombaro Spartaco Schergat e dal capitano delleArmi Navali Vincenzo Martellotta col Capo palombaro MarioMarino. A bordo dello Scirè imbarcavano anche due equipag-gi di riserva composti, rispettivamente, dal ten. D.M. Luigi Fel-trinelli col palombaro Luciano Favale e dal ten. medico GiorgioSpaccarelli col Sottocapo palombaro Armando Memoli.Gli aerei del Comando dell’Egeo della Regia Aeronautica e del XFliegerkorps della Luftwaffe effettuarono, nelle prime due setti-mane del dicembre 1941, numerose ricognizioni su Alessandria;lo stesso com.te Forza, il 9 dicembre, si trasferì dalla Spezia al Pi-reo per coordinare i compiti delle due aeronautiche con la mis-sione dello Scirè. Quest’ultimo battello lasciò La Spezia il 3 di-cembre imbarcando, nottetempo e in tutta segretezza, tre “maia-li” (contraddistinti dai numeri 221, 222 e 223) nei tre cilindri a te-nuta stagna appositamente installati in coperta per il trasportodegli “S.L.C.”. Lo Scirè fece rotta per Lero, ormeggiandosi nellarada di Porto Lago nella giornata del 9, mentre gli operatori giun-sero in aereo sull’isola - via Rodi - tra l’11 e il 12 dicembre.Dopo aver atteso per alcuni giorni i risultati delle ricognizioni ae-ree su Alessandria, lo Scirè prese il mare il 14 dicembre; la navi-gazione verso le coste egiziane procedette non senza difficoltàa causa delle avverse condizioni meteorologiche e fu soltantonel pomeriggio del 17 che il com.te Forza, sulla base di un preci-so rilievo di un ricognitore italiano, poté segnalare al com.te Bor-ghese. “ (…) Accertata presenza in porto di due navi da batta-glia. Probabile portaerei. Attaccate“.

L’avvicinamentoSera del 18 dicembre 1941

Una volta ricevuto il messaggio del com.te Forza, lo Scirè iniziòla navigazione in immersione verso il punto previsto per il rila-scio dei “maiali”, nelle vicinanze dell’imboccatura del porto diAlessandria. Dalle prime ore del 18 dicembre il battello navigò aduna profondità di 60 metri poiché il c.c. Borghese aveva corret-tamente ritenuto che le mine antisommergibili dei campi posti adifesa della base fossero ancorate ad una minore profondità.

43Marinai d’Italia Agosto/Settembre 201442 Marinai d’Italia Agosto/Settembre 2014

N el corso della seconda guerra mondiale, i mezzi d’assal-to - subacquei e di superficie - della Marina Italianascrissero alcune delle pagine più gloriose e significati-

ve dell’intero conflitto. La notevole superiorità, numerica e tecnologica, delle marine al-leate impedì ai “Siluri a lenta corsa”, ai “barchini” esplosivi e ainuotatori “Gamma” di influenzare le sorti strategiche delle ope-razioni nel Mediterraneo: ciò nondimeno, imprese sin da subitoconsegnate alla storia - se non alla leggenda - consentirono allaRegia Marina di infliggere notevoli danni alle unità britanniche.La Royal Navy si trovò costretta a fronteggiare imbarazzanti si-tuazioni derivanti tanto dal fatto che basi ritenute inviolabili era-no state teatro di clamorose azioni dei mezzi d’assalto italiani,quanto dalla perdita o dal grave danneggiamento di unità mag-giori della “Mediterranean Fleet” e di navi mercantili, ugualmen-te importanti per lo sforzo bellico inglese nel “Mare Nostrum”.

Non è certo questa la sede per tracciare la storia dello sviluppoe dell’impiego operativo dei mezzi d’assalto – subacquei e di su-perficie – della Regia Marina, e i lettori potranno fare riferimen-to alla vasta letteratura sull’argomento, i cui più importanti volu-mi disponibili sono indicati nella bibliografia. Come peraltro è ben noto, fu grazie alla realizzazione della pio-nieristica “mignatta” di Rossetti e Paolucci del 1918, e al succes-sivo sviluppo dell’ “S.L.C.” da parte di Tesei e Toschi dopo lametà degli anni Trenta che – la notte tra il 18 e il 19 dicembre1941 - i mezzi d’assalto subacquei della Regia Marina colsero illoro successo più importante, con il forzamento del porto diAlessandria d’Egitto e il grave danneggiamento delle navi dabattaglia inglesi Queen Elizabeth e Valiant. Trasportati nelle vicinanze dell’imboccatura del porto dal som-mergibile Scirè, tre “maiali” (equipaggi: de La Penne/Bianchi,Marceglia/Schergat e Martellotta/Marino) superarono leostruzioni portuali e i loro operatori riuscirono ad applicar lecariche esplosive alle carene delle unità assegnate comeobiettivo.

La notte di Alessandria18/19 dicembre 1941

I mezzi d’assalto della Regia Marinae l’operazione “G.A.3”

di Maurizio Brescia

Due immagini prebelliche delle più “illustri” vittime dei mezzi d’assaltoitaliani della seconda guerra mondiale: dall’alto, le navi da battagliaValiant (a ottobre del 1931) e Queen Elizabeth (metà degli anni Trenta).Nell’imminenza del conflitto le due unità furono rimodernate, modificandoestesamente le sovrastrutture e imbarcando più potenti artiglierie antiaerei

(Foto Wright & Logan [Valiant] e Valentine’s Postacrds[Queen Elizabeth] - coll. M. Brescia)

In una foto della ricognizione italo-tedesca,il porto di Alessandria d’Egitto

qualche tempo prima dell’azion “G.A.3”.Si noti, evidenziata da un circoletto bianco,

una nave da battaglia ai lavorisu un bacino galleggiante

(USMM)

Una stupenda immagine delle corazzate Valiant (in primo piano),Queen Elizabeth (al centro) e Barham (sullo sfondo), in navigazionein linea di fila nel Mediterraneo orientale nell’autunno del 1941

(Coll. A. Asta - Trapani)

Il forzamento del porto di Alessandria d’Egittoin una vista prospettica che permette di visualizzare il percorsodei tre “maiali” e le posizioni relative delle unità obiettivo dell’attacco

(Da: E. Bagnasco e M. Spertini, I mezzi d’assalto della Decima Flottiglia Mas,op. cit. in bibliografia)

I l programma navale del 1912 portò alla co-struzione delle cinque “Queen Elizabeth”,

probabilmente la classe di navi da battagliabritanniche più famosa e conosciuta anche peril servizio lungamente prestato non soltantodurante la Grande Guerra, ma anche nel con-flitto 1939-1945. Le “Queen Elizabeth” stabili-rono una serie di primati per l’epoca della lorocostruzione: furono le prime navi da battagliaal mondo armate con pezzi da 381mm (suquattro torri binate) e, per quanto riguarda laRoyal Navy, le prime con caldaie esclusiva-mente alimentate a nafta e in grado di raggiun-gere velocità nell’ordine dei 24 nodi. Il canno-ne da 381 mm, in varie versioni costan-temente aggiornate nel tempo, prestòininterrottamente servizio con laRoyal Navy per circa quarantacinqueanni: introdotto proprio con l’entratain squadra delle “Queen Elizabeth”,scomparve solamente con la radiazio-ne della Vanguard, l’ultima nave dabattaglia inglese, avvenuta nel 1960.La Queen Elizabeth, costruita dall’Ar-senale di Portsmouth, entrò in servi-zio il 22 dicembre 1914 e, nella primametà del 1915, partecipò alle opera-zioni navali nei Dardanelli, venendoimpegnata in diversi bombardamenticontro i forti turchi durante gli sbarchialleati nella zona di Gallipoli (strettodei Dardanelli).Non fu presente alla battaglia delloJutland, essendo all’epoca sottopostaad un ciclo di lavori, e – dalla secondametà del 1916 sino alla fine del con-flitto - fu nave ammiraglia dell’Amm.Beatty, quando quest’ultimo sostituìJellicoe al comando della Grand Fleet.Tra il 1924 e il 1930, la Queen Elizabeth e le al-tre unità della classe (Valiant, Malaya,Barham e Warspite) vennero sottoposte ad unciclo di lavori di ammodernamento. Tra il 1937 e il 1941 la Queen Elizabeth fu rico-struita in maniera ancora più radicale, con unprogetto del tutto simile a quello che, tra il1937 e il 1939, aveva già interessato la Valiant.In particolare, l’apparato motore fu sostituitoe le sovrastrutture razionalizzate secondo lelinee direttive che avevano già ispirato la rico-struzione della Warspite (1934/1937). A diffe-renza di quest’ultima, l’armamento seconda-rio da 152 mm venne sbarcato e furono instal-lati dieci complessi binati antiaerei da 114mm,del tipo presente a bordo delle portaerei clas-se “Illustrious”.Nel maggio 1941 la Queen Elizabeth fu aggre-gata alla “Forza H” di Gibilterra e, per tuttol’anno, operò con la Mediterranean Fleet del-l’Amm. Cunningham, di cui divenne nave am-

miraglia. Gravemente danneggiata il 19 di-cembre 1941 dall’esplosione della carica del“maiale” di De la Penne e Bianchi, restò in ba-cino ad Alessandria sino a giugno dell’annosuccessivo; trasferta poi nell’Arsenale diNorfolk (USA) rientrò in servizio a giugno del1943. Dal 1944 venne aggregata alla EasternFleet della Royal Navy, operando sino alla finedel conflitto contro le forze giapponesi nelMar di Giava e nell’Oceano Indiano.La Queen Elizabeth rientrò in patria alla finedel conflitto e, dopo pochi anni trascorsi nellaFlotta della Riserva, fu venduta per la demoli-zione nel luglio del 1948.

Per la Valiant valgono le medesime considera-zioni di carattere generale fatte per la gemel-la Queen Elizabeth, con la quale costituiva,nel 1941, la coppia di navi da battaglia più ef-ficienti della classe in conseguenza della radi-cale ricostruzione cui erano state sottopostesul finire degli anni Trenta.La Valiant entrò in servizio il 13 gennaio 1916e, il 31 maggio successivo, prese parte alla

battaglia dello Jutland, nel corso della qualeimpegnò in combattimento gli incrociatori dabattaglia germanici Seydlitz e Derfflinger. Nelperiodo tra le due guerre operò a più ripresecon la Home Fleet e con la MediterraneanFleet, e fu sottoposta a due cicli di lavori tra il1929 e il 1930 e tra il 1937 e il 1939.Dall’agosto 1940 fece costantemente partedelle forze navali britanniche del Mediterra-neo e, nel marzo 1941, insieme alla Warspite ealla Barham partecipò allo scontro notturno diCapo Matapan. Fu proprio il radar della Va-liant a stabilire il primo contatto con l’incrocia-tore italiano Pola immobilizzato per aerosilu-

ramento, dando così avvio, per la Re-gia Marina, alla più tragica azione na-vale della seconda guerra mondiale.La Valiant partecipò alle operazioninavali nelle acque di Creta del maggio1941, e il 19 dicembre dello stesso an-no fu danneggiata ad Alessandriadall’esplosione della carica dell’“S.L.C.” pilotato da Marceglia eSchergat.Alcuni mesi dopo la Valiant era nuova-mente operativa, questa volta nell’O-ceano Indiano; nel 1943 rientrò in Me-diterraneo e - aggregata alla “Forza H”- partecipò alle operazioni di sbarco inSicilia e a Salerno. Nel 1944 operò inEstremo oriente con la “Eastern Fleet”della Royal Navy; l’8 agosto 1944, aTrincomalee (Ceylon), ebbe due elichedanneggiate (poi successivamenterimosse) dal cedimento strutturale delbacino galleggiante in cui si trovavaimmessa. Pertanto, nel febbraio 1945,senza attendere la fine del conflitto laRoyal Navy decise di passare la Va-

liant in riserva, essendo ormai l’unità logora enon più completamente efficiente.Dopo tre anni di inattività trascorsi nell’arse-nale di Devonport, la Valiant venne infine ven-duta per la demolizione nel marzo del 1948.

DATI TECNICIDislocamento: 36.000 t a pieno caricoDimensioni: lunghezza f.t. 195 m,larghezza 31,7 m, pescaggio 9,7 mApp. motore: 8 caldaie tipo “Ammiragliato”,82.000hp – velocità 24 nodiCombustibile: 3.800 t di nafta – autonomia:5.000 miglia a 18 nodiArmamento (1941): 8 cannoni da 381/42 (4 xII), 20 da 114/45 (10 x II), 32 mitragliere da 40mm (4 x VIII) e ca. 20 mitragliere da 20 mmProtezione: 330 mm al galleggiamento,152mm alla batteria, 127mm ai ponti corazzatiEquipaggio: ca. 950 uomini

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Ciò rese necessaria una difficile navigazione stimata subacqueadella durata di 16 ore ma, come si legge nella relazione del co-mandante dello Scirè, “. . . controllando continuamente gli ele-menti del moto in base all’andamento dei fondali, alle ore 18.40 ilbattello si trova nel punto stabilito, a miglia 3 per 356° dal fanaledel molo di ponente del porto commerciale di Alessandria, infondale di metri 15. . . “.Alle 20.47, con il battello in affioramento, si diede avvio alle ope-razioni per la messa a mare e il rilascio dei tre “maiali” che, inpochi minuti, dopo essere stati estratti dai cilindri a tenuta sta-gna in cui erano sistemati, si allontanarono dallo Scirè dirigen-dosi verso l’imboccatura del porto di Alessandria.Recuperati non senza qualche difficoltà i quattro operatori di ri-serva, che avevano coadiuvato i tre equipaggi nelle delicate fa-si dell’approntamento dei mezzi, lo Scirè fece rotta verso Nord.La navigazione si svolse in immersione sino al tardo pomeriggiodel 19 dicembre e il battello rientrò a Lero il 21; dopo aver sosta-to brevemente a Porto Lago, riprese la rotta verso l’Italia giun-gendo alla Spezia il 29 dicembre 1941.

In precedenza, nella tarda serata del 20 dicembre, il messaggio diSupermarina “Ricognizione fotografica fa ritenere colpite due na-vi da battaglia” aveva suscitato grande entusiasmo tra l’equipag-gio del sommergibile che – in una missione di 29 giorni, di cui 22trascorsi in mare – aveva percorso più di 3.500 miglia eseguendoi compiti assegnati in maniera perfetta. L’avvicinamento dei tre“maiali” all’imboccatura del porto si svolse con calma e regola-rità, in ciò favoriti dalle ottime condizioni del mare e dall’assenzadi vento. Aggirati senza problemi le ostruzioni fisse e gli sbarra-menti di torpedini galleggianti posti a difesa degli accessi esternidel porto, si doveva ora superare l’ultimo ostacolo, costituito dal-la rete che chiudeva l’accesso vero e proprio all’interno della ba-se. Poco dopo la mezzanotte, però, la fortuna aiutò i mezzi italianiperché una sezione mobile della rete venne abbassata per per-mettere l’ingresso in porto di alcuni cacciatorpediniere. Pronta-mente portatisi nella scia delle siluranti britanniche, i “maiali” ita-liani penetrarono con facilità all’interno della base e - sebbene se-parati dalla confusione della manovra e dalle turbolenze delle sciedelle unità inglesi - iniziarono a dirigersi verso i propri obiettivi.

I primi prototipi dei “Siluri alenta corsa” (o “a lunga cor-

sa”, sulla base di documenti re-centemente esaminati) - ben pre-sto noti con l’appellativo non uf-ficiale di “maiali” - vennero rea-lizzati nel 1935 dall’Officina Silu-ri di San Bartolomeo, presso l’Ar-senale della Spezia, su un’ideadei capitani del genio Navale Te-seo Tesei ed Elios Toschi. Sul fini-re del 1939, la Regia Marina di-sponeva di undici semoventi,compresi i primi due prototipi,assemblati con parti di siluro emateriali di recupero; nel 1940vennero realizzati otto “maiali”della serie “100” seguiti, a parti-re dal 1941, da ulteriori mezzidella serie “200” dalle caratteri-stiche migliorate. Nel comples-so, vennero costruiti circa 50“S.L.C.”, di cui undici vennero im-piegati in missioni operative.I “maiali” erano costruiti utiliz-zando le parti anteriori e poste-riori di siluri da 533mm; la pro-pulsione era assicurata da un

motore elettrico azionante un’eli-ca singola dalla potenza di 1,6 hpe, all’interno della sezione cen-trale, trovavano sistemazione lecasse di assetto e le batterie elet-triche. L’equipaggio, compostoda due persone, utilizzava il mez-zo viaggiando “a cavalcioni” del-lo stesso e il pilota era protetto dauna scudatura idrodinamica.Il profilo di una missione “stan-dard” prevedeva - una volta ab-bandonato il sommergibile avvi-cinatore - la navigazione in im-mersione verso l’obiettivo con al-cune risalite “a quota occhiali”per verificare la rotta e la posizio-ne. Nelle vicinanze dell’unità da

attaccare l’equipaggio portavanuovamente il “maiale” in im-mersione e, dopo aver provvedu-to a fissare un cavo d’acciaio allealette di rollio, dava inizio alleoperazioni di sospensione al ca-vo della carica che, in tal modo,veniva a trovarsi al di sotto dellachiglia dell’unità nemica. Unavolta completata la procedura,l’equipaggio provvedeva alla di-struzione del mezzo, delle mutee degli autorespiratori, dovendotuttavia fronteggiare, nel con-tempo, l’eventualità pressochécerta della cattura e della prigio-nia. Solamente le operazionicontro Gibilterra, utilizzanti co-me base la cisterna Olterra inter-nata nel porto di Algeciras, ren-devano possibile il rientro deglioperatori e il loro “riutilizzo” inmissioni successive.

Il “Siluro a lenta corsa” (S.L.C.) Le navi da battaglia inglesi: HMS Queen Elizabeth e HMS ValiantA sinistra, un S.L.C.della serie “100” fotografatonella “base operativa”della X Flottiglia MASa Bocca di Serchio, nel 1940:da prora, sono visibili il golfareper la sospensione della caricaesplosiva, i posti di pilotaggiodei due operatori, l’elica e gliimpennaggi direzionali poppieri.I primi due prototipi erano dotatidi due eliche coassialicontrorotanti, poi sostituteda un’unica elicadi maggiori dimensioni,più silenziosa ed adattaalla navigazione a lento moto

(Coll. E. Bagnasco)

Sotto, disegno tecnicodi un S.L.C. della serie “200”ricavato dall’esemplareconservato al Museo StoricoNavale di Venezia

(g.c. Gruppo di Cultura Navale- Bologna)

DATI TECNICI (SERIE 200)Peso totale: 1.400 kg Lunghezza fuori tutto: 7,30 mDiametro del corpo cilindrico: 533 mmAltezza e larghezza massimadella sagoma (operatori esclusi):ca. m 1.30 x 0,90Peso carica esplosiva: 230 kg(alcuni mezzi realizzati dopo il 1941vennero dotati di testa esplosiva doppiaper un peso complessivo di ca. 250 kg)Autonomia: 15 migliaVelocità: di crociera 2,3 nodi; max. 4,5 nodi

Foto sopra, Ottobre 1941: la Queen Elizabethin uscita da Alessandria. L’unità era pitturata

con questa colorazione mimetica quandofu gravemente danneggiata – insieme alla

Valiant – dall’attacco degli SLC italiani nellanotte sul 18 dicembre 1941

(Coll. A. Asta - Trapani)

Foto sotto, la nave da battaglia Valiantnell’estate del 1943, nelle settimane precedenti

lo sbarco alleato in Sicilia(Coll. M. Brescia)

Speciale Crociera ANMI - Costa Pacifica 2014

apprensione già da una decina di minuti a causa dell’esplosio-ne che aveva danneggiato la Valiant.Va ricordato che l’ordine di operazioni prevedeva anche il rien-tro in Italia degli operatori che fossero riusciti a sfuggire allacattura: il sommergibile Zaffiro, infatti, tra la mezzanotte e le tredel 24 dicembre e dei due giorni successivi, si sarebbe tratte-nuto in emersione una quindicina di miglia a settentrione deldelta del Nilo per l’eventuale recupero dei partecipanti al for-zamento di Alessandria.Marceglia e Schergat, in effetti, ebbero non poche probabilità disfuggire alla cattura: una volta distrutto il “maiale” ed occultatele mute subacquee, uscirono dalla zona portuale spacciandosiper marinai francesi delle navi della Marine Nationale internatead Alessandria. Riuscirono addirittura a raggiungere Rosettama, disponendo solo di sterline inglesi che non avevano circola-zione in Egitto (fatto sconosciuto ai nostri servizi segreti), furonofermati ed arrestati da una pattuglia della polizia costiera egizia-na e condotti in un campo di prigionia.

L’attacco alla cisterna SagonaOre 05.47 del 19 dicembre 1941

Alla coppia di operatori Martellotta / Marino era stato assegna-to come obiettivo una portaerei che - sulla base delle ricognizio-ni fotografiche - si trovava in porto insieme alla Valiant e allaQueen Elizabeth. In realtà, la portaerei (si trattava della Illu-strious) aveva preso il mare pochi giorni prima del 19 dicembre,diretta nell’Oceano Indiano.Venne quindi deciso che Martellotta e Marino avrebbero attac-cato una tra le numerose petroliere cariche presenti ad Alessan-dria e, una volta superate le ultime ostruzioni insieme agli altri“maiali”, i due operatori si diressero verso lo specchio acqueoprospiciente la banchina petroli.A questo punto, però, Martellotta individuò una grossa unità mi-litare ormeggiata tra la Valiant e l’estremità del molo del porto

carboni: avendola identificata per una nave da battaglia, mano-vrò per attaccarla, ma, mentre erano già avviate le procedureper il posizionamento della carica, si rese conto che si trattavasolamente di un incrociatore leggero.A malincuore, ottemperando agli ordini iniziali, Martellotta e Ma-rino diressero allora il proprio “maiale” verso la zona di ormeg-gio delle petroliere e, scelta tra di esse quella di maggiori dimen-sioni, iniziarono una nuova manovra di attacco.Si trattava della petroliera norvegese Sagona, da 11.000 t.p.l. egli operatori incontrarono inizialmente qualche difficoltà ad im-mergersi al di sotto dello scafo dato che l’unità era carica e conla chiglia molto vicina al fondale. Lavorando con perizia e san-gue freddo, Martellotta e Marino riuscirono a collegare le duealette di rollio con una cima, al centro della quale fissarono lacarica esplosiva.

47Marinai d’Italia Agosto/Settembre 201446 Marinai d’Italia Agosto/Settembre 2014

L’attacco alla ValiantOre 06.15 del 19 dicembre 1941

Il bersaglio assegnato all’equipaggio De la Penne / Bianchi era lanave da battaglia Valiant, ormeggiata di prora alla gemella QueenElizabeth, nello specchio acqueo interno del porto di Alessandriaprospiciente la banchina petroli.Superata la rete parasiluri posta a protezione dell’unità, pocodopo le 02.00 del 19 dicembre gli operatori immersero il “maia-le”, portandosi al di sotto dello scafo della Valiant, ma il mezzosubacqueo urtò contro la carena col motore avviato, sbalzandoi due membri dell’equipaggio e allontanandosi dalla nave stessa. De la Penne riuscì a risalire in superficie, verificando di trovarsi incorrispondenza delle torri prodiere dell’unità inglese, ma consta-tando al tempo stesso che Bianchi non si trovava più nelle vici-nanze. Fu quindi costretto a reimmergersi e, raggiunto il “maiale”,che nel frattempo si era fermato sul fondo, iniziò faticosamente atrascinarlo al di sotto dello scafo della corazzata britannica. A costo di una dolorosa fatica e costretto a orientarsi al buio, do-po quaranta lunghi minuti De la Penne riuscì a posizionare il“maiale” al di sotto dello scafo della Valiant. Attivate le spolettedella carica esplosiva ed occultato l’ “S.L.C.” sotto il fango del fon-dale, De la Penne risalì in superficie ma - individuato dal persona-le di guardia e fatto segno da alcune scariche di mitragliatore – sirifugiò sulla boa dell’ormeggio di prora trovandovi Bianchi. Que-st’ultimo, svenuto al momento dell’urto del “maiale” contro loscafo, si era ripreso ma, stremato, non aveva potuto far altro cheraggiungere faticosamente la boa.Verso le 03.30 i due operatori vennero recuperati da un moto-scafo della vigilanza portuale e, fatti prigionieri, furono condotti aterra dove subirono un primo interrogatorio. Essendosi rifiutati difornire informazioni sulla propria missione, De la Penne e Bianchivennero riportati a bordo e rinchiusi in una cala tra le due torriprodiere. Quando mancavano pochi minuti all’esplosione De laPenne chiese di parlare con il comandante della Valiant, perinformarlo che - entro pochi minuti - la carica sarebbe esplosama, essendosi nuovamente rifiutato di rivelare dove quest’ultimaera stata collocata, fu ricondotto nella cala.Alle 06.15 avvenne l’esplosione che danneggiò gravemente l’u-nità: come vedremo, i danni furono molto estesi e la Valiant do-vette restare ai lavori sin verso la metà del 1942.Dopo l’esplosione, De la Penne riuscì ad abbandonare il localeove era stato confinato e, raggiunta la poppa dell’unità, ebbe lasoddisfazione di assistere all’esplosione che danneggiò in manie-ra altrettanto grave la Queen Elizabeth. Insieme a Bianchi, restò inprigionia sino all’armistizio, quando poté far ritorno in Italia.

L’attacco alla Queen ElizabethOre 06.25 del 19 dicembre 1941

Il “maiale” pilotato da Marceglia e Schergat, navigando in affio-ramento, si avvicinò alla nave da battaglia Queen Elizabeth im-mergendosi, attorno alle 03.00, in prossimità del bersaglio (la na-ve era ormeggiata di poppa alla Valiant, su un fondale di 13 me-tri e più vicina a terra).L’attacco di Marceglia e Schergat fu sicuramente il meglio ese-guito tra quelli condotti dai tre “maiali”: una volta giunti in immer-sione al di sotto dell’unità nemica, con rapidità e senza destare ilminimo sospetto tra le sentinelle a bordo, i due operatori collega-rono con una cima le alette di rollio, appendendo al centro la ca-rica esplosiva.Alle 03.25, con tempi “da manuale”, l’operazione era ultimata ei due uomini iniziarono la manovra di allontanamento; il “maia-le” risalì in superficie con una certa velocità e il ribollio causa-to dalla manovra venne notato da bordo. Un riflettore, dalla pop-pa della Queen Elizabeth, illuminò per lunghi secondi lo spec-chio d’acqua dove stavano emergendo Marceglia e Schergatche, quindi, furono costretti a reimmergersi, riuscendo – tutta-via - a raggiungere la terraferma alle 04.30 dopo aver provvedu-to ad attivare le cariche per l’autodistruzione del loro mezzo.Alle 06.25 una sorda esplosione scosse l’unità britannica provo-cando una vasta falla che causò l’allagamento di tre locali cal-daie. L’amm. Cunningham, che si trovava a bordo, ricorda nellesue memorie che fu sbalzato a mezz’aria, per un metro e mezzo,insieme ad altri ufficiali, mentre era in stato di comprensibile

Il c.c. Junio Valerio Borghese,comandante del sommergibileavvicinatore Scirè nel corso dell’impresadi Alessandria.Borghese poteva vantare una notevoleesperienza in questo tipo di operazioni,avendo già comandato lo Scirèin tre precedenti azioni controil naviglio inglese nella basedi Gibilterra

(Coll. E. Bagnasco)

I tre equipaggi che, nellanotte tra il 18e il 19 dicembre 1941,si resero protagonistidell’attacco alle unitàinglesi nel portodi Alessandria.Dall’alto in bassoe da sinistra a destra:S.L.C n. 221:t.v. Luigi DurandDe la Penne (ufficialedi Stato Maggioree capogruppo)e Capo palombaro EmilioBianchi. (Bersaglio: naveda battaglia Valiant)S.L.C. n. 222:capitano del GenioNavale Antonio Marcegliae Sottocapo palombaroSpartaco Schergat. (Bersaglio: naveda battagliaQueen Elizabeth)S.L.C. n. 223: capitanodelle Armi NavaliVincenzo Martellottae Capo palombaroMario Marino. (Bersaglio:petroliera Sagona –danneggiato anche ilcacciatorpediniere Jervis)

I danni subiti dalle navi da battaglia Valiant e Queen Elizabetha seguito dell’attacco degli S.L.C. nel porto di Alessandria

(Da: R.A. Burt, Brish Battleships 1919-1945, op. cit. in bibliografia)

L’ammiraglio Andrew Browne Cunningham, comandante in capodella Mediterranean Fleet della Royal Navy all’epoca dell’azionedei mezzi d’assalto italiani del 19 dicembre 1941 contro il portodi Alessandria d’Egitto, in un’immagine scattata durante una visitaa bordo dell’incrociatore australiano Hobart, nell’autunno del 1940

(Coll. A. Asta - Trapani)

48 Marinai d’Italia Agosto/Settembre 2014

Alle 02.25 il lavoro venne completato: affondato il “maiale” e atti-vate le cariche per la sua autodistruzione, i due operatori raggiun-sero il molo del porto carboni e, toltesi le tute, cercarono di usci-re dal porto per entrare in città. Furono subito fermati ad un postodi controllo della polizia portuale egiziana e, riconosciuti quali ita-liani, vennero consegnati alle autorità militari inglesi; al pari deglialtri equipaggi, sarebbero stati trattenuti in prigionia sino ai mesisuccessivi all’armistizio tra l’Italia e gli Alleati.Alle 05.47 la carica esplose, danneggiando gravemente la Sago-na nella zona poppiera; alcuni danni (che resero necessario unmese di lavori) furono subiti anche dal cacciatorpediniere Jer-vis, ormeggiato di controbordo alla cisterna norvegese.

nnn

Nell’ultimo trimestre del1941 la Royal Navy attraver-

sò la crisi peggiore di tutta laguerra. Nel breve volgere diuna novantina di giorni, difatti,la Marina britannica dovette su-bire la perdita o il grave dan-neggiamento di numeroseunità maggiori, che si aggiun-gevano alle altre affondate dagennaio a settembre (un incro-ciatore pesante, cinque leggerie l’incrociatore da battagliaHood, affondato dalla nave dabattaglia tedesca Bismarck, nelcanale di Danimarca, il 24 mag-gio). Il 27 settembre 1941, inol-tre, la nave da battaglia Nelsonera stata attaccata e gravemen-te danneggiata, a Sud Ovestdella Sardegna da aerosilurantiitaliani del 36° Stormo, e i lavo-ri di riparazione richiesero piùdi sei mesi. Il 13 e il 25 novem-bre, due sommergibili tedeschi

affondarono nel mediterraneola portaerei Ark Royal e la naveda battaglia Barham, mentre il19 e il 24 – rispettivamente nel-l’Atlantico e nell’Oceano India-no – erano andati perduti gli in-crociatori Dunedin e Sydney(quest’ultimo in forza alla Mari-na australiana).Il 10 dicembre, al largo dellecoste malesi, aerei nipponiciaffondarono la moderna naveda battaglia Prince of Wales el’incrociatore da battaglia Re-

pulse: questa grave perdita av-veniva tre giorni dopo l’attaccogiapponese a Pearl Harbor, nelcorso del quale erano stateaffondate le corazzate america-ne Arizona e Oklahoma e gra-vemente danneggiate numero-se altre unità. Il 14 dicembre unaltro sommergibile tedesco si-lurò, al largo di Alessandria,l’incrociatore Galatea. Quattrogiorni dopo, la “Forza K” diMalta incappò in uno sbarra-mento minato italiano a Nord-

Est di Tripoli, subendo la perdi-ta dell’incrociatore Neptune e ildanneggiamento degli incro-ciatori Aurora e Penelope.In questa situazione già grave,il colpo vibrato dai mezzi d’as-salto italiani il 19 dicembre del1941 contro la base di Alessan-dria, con la messa fuori com-battimento delle corazzate Va-liant e Queen Elizabeth, ridus-se ulteriormente il potenzialenavale britannico, sanzionandoun lungo periodo di suprema-zia dell’Asse nel MediterraneoOrientale.

Bibliografia

- E. Bagnasco, M. Spertini, I mezzi d’assalto della X Flottiglia MAS1940-1945, Albertelli, Parma, 1991, (rist. 1993, 1997 e 2005)

- M. Brescia, Mussolini’s Navy, Barnsley, Seaforth Publishing, 2012- M. Brescia, E. Carta, C. Gatti, Il Tigullio un Golfo di Eroi (Catalogo

della Mostra “Mare Nostrum” 2002), Rapallo, Busco Edizioni, 2002- R.A. Burt, British Battleships 1919-1945, Barnsley,

Seaforth Publishing, 2012- C. De Risio, I mezzi d’assalto (Vol. XIV della serie “La Marina Italiana

nella Seconda guerra mondiale), Roma, USMM, 1972 (1ª ed. 1964)- V. Spigai, Cento uomini contri due flotte, Milano, Hoepli, 1955- A. Turrini, O.O. Miozzi, M.M. Minuto, Sommergibii e mezzi d’assalto

subacquei italiani (2 voll.), Roma, USMM, 2010

Autunno 1941 - La Royal Navy in difficoltà

20 dicembre 1941,l’ammiraglio Sir AndrewBrowne Cunninghamalla cerimoniadell’alzabandierasulla Queen Elizabeth.La fotografia venne scattataper la stampa allo scopodi mascherare chela nave ammiragliaera adagiata sul fondo

(Paul Kemp,Underwater warriors,1966)

Il 13 novembre 1941, un solo giornodopo il suo ingresso in Mediterraneo,l’U-81 (al comando dell’Oblt. Guggenberger)silurò a Est di Gibilterra la portaereibritannica Ark Royal: a discapito di ognisforzo, alle 06.13 del giorno successivol’acqua entrata dalla falla nel corsodella notte causò il rovesciamentodella nave che affondò in pochi minuti

(IWM)