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La Nostra Voce Periodico di informazione della Parrocchia “Gesù Buon Pastore” Dicembre 2017 N. 28 Email : [email protected] - Tel.045 547408 www.parrocchiasangiovannilupatoto.it Siamo il popolo “dell’attesa del Signore che verrà”, ma anche il popolo della “presenza di Dio”. Conosciamo in Gesù l’Emmanuele, il Dio-con-noi (Mt 1,23), Colui che prima di tornare in cielo ha detto ai suoi apostoli “Io sono con voi, tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). Noi siamo quelli che possono guardare indietro, non con nostalgia, ma con gioia, perché è vivo Colui che venne fra i suoi. Non ricordiamo un passato e basta, ma viviamo al presente Colui che “Venne fra la sua gente” (Gv 1,11). Caspita: Dio ci considera “dei suoi”: siamo suo popolo, siamo sua eredità, siamo SUOI! Il Natale ci ricorda anzitutto proprio questo: che Dio non è un’idea, non è una morale da seguire (anche se poi diventa pure questo), ma è una persona viva, perché “Il Verbo si è fatto carne” (Gv 1,14). Dice proprio carne, ciccia, umanità, fatica, sudore, gioia, inquietudine: tutte cose che noi viviamo e che Dio ha voluto vivere anche Lui, non per finta, ma sul serio. Il giorno della nascita di Gesù non c’era proprio nulla di mieloso, come una certa cultura dell’effimero oggi ci vuole propinare: quella delle lucette e dei regali, che sono cosa bella se non dimentichiamo il perché di questa festa. In quel primo Natale di 2000 anni fa non c’è stata tanta accoglienza né tanta festa: “i suoi non l’hanno accolto” ci dice l’evangelista (Gv 1,11). E qui è cominciata una modalità nuova, il primo “fuori schema” del nostro Dio incarnato. Solo i poveri, gli esclusi, i “non puri” se ne sono accorti, sono andati a visitarlo e hanno partecipato della gioia degli Angeli. Che meraviglia: anche io, quando sono povero, ferito, affaticato, lontano dalla purezza, posso incontrare il Dio della vita. Sembra quasi essere la via preferita da Dio: “Beati i poveri in Spirito, perché di essi è il Regno dei Cieli”. Un Dio che era, era fin dal principio, ma anche un Dio che è! Come dice Sant’Agostino (Dal «Commento sui salmi» Sal 95, 14. 15; CCL 39, 1351-1353): “Effettivamente c’è una venuta che si verifica già ora, prima di quella, ed è attraverso i suoi annunziatori. Questa venuta ha riempito tutta la terra”. Noi crediamo non solo ad evento passato, ma abbiamo conosciuto l’Emmanuele, il Dio-con Noi. È il veniente, Colui che è già presente qui e ora e che continua a venire. Allora siamo di quelli che vivono in pienezza l’oggi, il momento presente, l’attimo che passa. Perché sappiamo che ieri è consegnato alla Misericordia di Dio, domani alla sua Provvidenza, ma oggi, questo momento è consegnato alla nostra libertà. Siamo di quelli che credono di poter vivere ogni giorno come fosse l’unico e l’ultimo della vita. Che saggezza ci consegna la Chiesa, quando ci ricorda questo ! Come lo ameresti tuo figlio, sapendo che è l’ultima volta che lo vedi? Come lo guarderesti? Cosa gli diresti? Come ti avvicineresti a lui?... E tuo marito, tua moglie, il tuo collega di lavoro…? La fede nel Gesù vivo ci aiuta a cogliere ogni momento, a non vivere da orfani, ma da figli che sanno che il Padre ha cura di loro! A vivere in pienezza ogni istante, con l’Emmanuele, il Dio-con-noi. Ma siamo anche di quelli che attendono e vogliono imparare ad attendere: impariamo ad amare ogni cosa senza però attaccarci a È Natale

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La Nostra VocePeriodico di informazione della Parrocchia

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Siamo il popolo “dell’attesa del Signore che verrà”, ma anche il popolo della “presenza di Dio”. Conosciamo in Gesù l’Emmanuele, il Dio-con-noi (Mt 1,23), Colui che prima di tornare in cielo ha detto ai suoi apostoli “Io sono con voi, tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20).

Noi siamo quelli che possono guardare indietro, non con nostalgia, ma con gioia, perché è vivo Colui che venne fra i suoi. Non ricordiamo un passato e basta, ma viviamo al presente Colui che “Venne fra la sua gente” (Gv 1,11).

Caspita: Dio ci considera “dei suoi”: siamo suo popolo, siamo sua eredità, siamo SUOI!

Il Natale ci ricorda anzitutto proprio questo: che Dio non è un’idea, non è una morale da seguire (anche se poi diventa pure questo), ma è una persona viva, perché “Il Verbo si è fatto carne” (Gv 1,14). Dice proprio carne, ciccia, umanità, fatica, sudore, gioia, inquietudine: tutte cose che noi viviamo e che Dio ha voluto vivere anche Lui, non per finta, ma sul serio.

Il giorno della nascita di Gesù non c’era proprio nulla di mieloso, come una certa cultura dell’effimero oggi ci vuole propinare: quella delle lucette e dei regali, che sono cosa bella se non dimentichiamo il perché di questa festa.

In quel primo Natale di 2000 anni fa non c’è stata tanta accoglienza né tanta festa: “i suoi non l’hanno accolto” ci dice l’evangelista (Gv 1,11). E qui è cominciata una modalità nuova, il primo “fuori schema” del nostro Dio incarnato. Solo i poveri, gli esclusi, i “non puri” se ne sono accorti, sono andati a visitarlo e hanno partecipato della gioia degli Angeli. Che meraviglia: anche io, quando sono povero, ferito, affaticato, lontano dalla purezza, posso incontrare il Dio della vita. Sembra quasi essere la via preferita da Dio: “Beati i poveri in Spirito, perché di essi è il Regno dei Cieli”.

Un Dio che era, era fin dal principio, ma anche un Dio che è! Come dice Sant’Agostino (Dal «Commento sui salmi» Sal 95, 14. 15; CCL 39, 1351-1353): “Effettivamente c’è una venuta che si verifica già ora, prima di quella, ed è attraverso i suoi annunziatori. Questa venuta ha riempito tutta la terra”.

Noi crediamo non solo ad evento passato, ma abbiamo conosciuto l’Emmanuele, il Dio-con Noi. È il veniente, Colui che è già presente qui e ora e che continua a venire. Allora siamo di quelli che vivono in pienezza l’oggi, il momento presente, l’attimo che passa. Perché sappiamo che ieri è consegnato alla Misericordia di Dio, domani alla sua Provvidenza, ma oggi, questo momento è consegnato alla nostra libertà.

Siamo di quelli che credono di poter vivere ogni giorno come fosse l’unico e l’ultimo della vita. Che saggezza ci consegna la Chiesa, quando ci ricorda questo ! Come lo ameresti tuo figlio, sapendo che è l’ultima volta che lo vedi? Come lo guarderesti? Cosa gli diresti? Come ti avvicineresti a lui?... E tuo marito, tua moglie, il tuo collega di lavoro…? La fede nel Gesù vivo ci aiuta a cogliere ogni momento, a non vivere da orfani, ma da figli che sanno che il Padre ha cura di loro! A vivere in pienezza ogni istante, con l’Emmanuele, il Dio-con-noi.Ma siamo anche di quelli che attendono e vogliono imparare ad attendere: impariamo ad amare ogni cosa senza però attaccarci a

È Natale

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nulla; a cercare il Volto del Cristo presente, sapendo che la pienezza della vita non è ancora qui. Impariamo

a credere al Paradiso, perché stiamo con i piedi ben piantati sulla terra, perché il Paradiso è già anticipato, pur nella contraddizione, qui. Eppure, lo attendiamo.

Ascoltiamo ancora Sant’Agostino: “Chi è senza preoccupazione, aspetta tranquillo l’arrivo del suo Signore. Infatti che

sorta di amore per Cristo sarebbe il temere che egli venga? Fratelli, non ci vergogniamo? Lo amiamo e temiamo che egli venga! Ma lo amiamo davvero o amiamo di più i nostri peccati? Ci si impone perentoriamente la scelta. Se vogliamo davvero amare colui che deve venire per punire i peccati, dobbiamo odiare cordialmente tutto il mondo del peccato”.

Così ci apriamo a questo tempo di Avvento e a questo nuovo Natale. Offrendoci al Signore con la nostra piccola fede, piccola come un granellino di senape, ma sufficiente per vivere una pienezza oggi, nell’attesa della pienezza finale, quando lo vedremo faccia a faccia, così come Egli è.

Buon Natale. I vostri sacerdoti

Una canonica aperta per camminare insiemeCome possiamo condividere la fede oggi ? Possono essere molte le occasioni. Con gli adolescenti poi sembra una “mission impossible”! Dallo scorso anno abbiamo provato ad aprire la canonica del Buon Pastore per condividere delle settimane di “Vita Comunitaria”. Adolescenti e giovani che decidono di vivere insieme, nella stessa casa, condividendo le piccole cose di tutti i giorni: la sveglia del mattino, la preparazione dei pasti, lo studio, il gioco e il divertimento, momenti di preghiera e di formazione, serate in compagnia… tutto questo perché i nostri adolescenti hanno bisogno di essere ascoltati, hanno bisogno di spazi in cui possano sentirsi a casa.Almeno una volta al mese la canonica del Buon Pastore, oltre alla segreteria e alle riunioni parrocchiali,

diventa un luogo caldo per condividere un percorso di amicizia, di relazioni e anche di fede. I temi che vengono affrontati sono molti: il viaggio, le scelte, i desideri, il sogno di Dio, le relazioni umane, la sessualità, il rapporto con i genitori, le nostre domande più profonde… in tutto questo la vita comunitaria diventa il regalo più bello perché è solo nella condivisione e nel dialogo sincero che si affrontano le questioni più importanti della vita.Siamo contenti di questa possibilità e vogliamo ringraziare con simpatia e tanta stima i nostri animatori che con impegno accompagnano gli adolescenti nel loro percorso di fede, coltivando un vero rapporto di amicizia. Don Mattia

Convivenza adolescenti

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Il gruppo scout diSan Giovanni Lupatoto

Si ricominciaDopo una breve pausa estiva, abbiamo iniziato il nuovo anno Scout sabato 21 ottobre con la “festa dei passaggi”, occasione nella quale vengono accolti i nuovi entrati nel gruppo e festeggiati, assieme ai genitori, i passaggi dei ragazzi che sono arrivati al momento di rinnovare il loro percorso di crescita.La festa ci ha visti impegnati il sabato pomeriggio in un gioco: divisi in squadre, ai ragazzi è stato affidato il compito di risolvere un “omicidio” in stile Cluedo.Prove da superare, indizi da recuperare, messaggi da decifrare ed una mappa per riuscire a raggiungere le diverse postazioni di gioco.Il tutto si è svolto in diversi punti del paese con l’aiuto di alcuni esercizi commerciali, che si sono resi disponibili partecipando alla consegna degli indizi, e che ringraziamo ancora per la simpatia e cortesia.I ragazzi hanno poi animato la messa serale in parrocchia, e la serata si è conclusa con un pezzo di pizza per tutti, in compagnia dei genitori che, come sempre, si sono prestati a darci una mano nell’organizzazione.Una festa in famiglia insomma, con la grande “famiglia degli scout” nella quale entrano a far parte tutti i ragazzi con la loro “promessa”; famiglia scout aperta a tutti, a tutti i ragazzi che hanno voglia di avventura, aria aperta, che vogliono misurarsi con attività di gioco, pionieristica e fatica convissuta. Famiglia

scout aperta anche agli adulti che hanno voglia di mettersi a disposizione ed in gioco, nel grande gioco dell’educazione scout.

Ti aspettiamo!

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È te che aspettavoLa Caritas, appunti di un impegno nel primo periodo dell’unità pastorale delle nostre parrocchie.

Le giornate che sono sempre più corte, il freddo che ormai si fa sentire, e i primi segnali , specialmente nei centri commerciali, che Santa Lucia e il Natale non tarderanno ad arrivare, ci fanno pensare a quest’ anno 2017, che si avvicina alla fine, ed allora viene naturale pensare ad un bilancio di cosa la Caritas della nostra unità parrocchiale, attraverso i tanti o pochi volontari che si mettono a disposizione (dipende da come si vede la cosa), è riuscita a dare a quelle le persone, e sono tante, che, passando dal centro di ascolto o bussando, hanno chiesto un aiuto.

Partendo dai volontari, pensiamo alle circa cinquanta persone che, a seconda delle possibilità, regalano con entusiasmo parte del proprio tempo libero, alle tante attività che la Caritas dell’ Unità Pastorale porta avanti in vari settori, dall’accoglienza al centro di ascolto, dove sono stati almeno trecento i momenti di contatto con famiglie o persone nell’ arco di questo 2017, al mercatino guardaroba, gestito con armonia e competenza, alla distribuzione degli alimenti due volte al mese, ai silenziosi che portano la borsa degli alimenti a casa di chi è in difficoltà.

Attraverso la Caritas nelle nostre parrocchie, due volte al mese, sia con il sostegno del Banco Alimentare, sia con la generosità di molti privati, vengono distribuiti aiuti alimentari a circa 80 / 90 nuclei famigliari composti

da una o più persone. Viene dato un aiuto economico a chi ha bisogno di visite mediche specialistiche, a chi è in difficoltà con il pagamento delle utenze domestiche rischiando il distacco della luce o del gas.

Non mancano le incombenze “burocratiche” che, seppur necessarie, impegnano varie persone, incombenze che ci vengono chieste dal Banco Alimentare, che ha anche la missione di far arrivare il sostegno e l’aiuto a tutti quelli che realmente ne hanno bisogno, e per tutto questo fa molto affidamento sulle Caritas Parrocchiali e su tutti i gruppi di volontariato impegnati.

Non ci dimentichiamo di tutte le altre realtà, iniziative e persone che spesso ci sorprendono per l’entusiasmo messo in campo. Partendo dai nostri sacerdoti, le suore e proseguendo con il Gruppo Giovani, i volontari del doposcuola pomeridiano, le insegnanti del Catechismo, le iniziative come “Famiglia adotta famiglia”, “Zucchero, latte, biscotti e un sorriso”. Un momento importante di accoglienza e incontro, di allegria e vicinanza con tutti e di apertura a realtà diverse, sarà giovedì 21 dicembre 2017 dalle 15 nel salone sotto la chiesa del Buon Pastore, con distribuzione di giocattoli, musica, festa e altro. A tutta la comunità piace ricordare le parole di Gesù “Cosi gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi”. (Matteo 20,16).

Caritas

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Un percorso di cambiamento che porta al centro la persona con disabilitàSono ormai sette anni che la Fondazione Più di un Sogno è presente nella comunità di San Giovanni Lupatoto, dove ha trovato persone e organizzazioni con valori e approcci simili e che, fin da subito, hanno condiviso la missione di creare relazioni centrate sulla qualità di vita della persona con disabilità.

Oggi, con Più di un Sogno si fa riferimento ad un insieme di organizzazioni che sostengono più di cento famiglie e persone con disabilità intellettiva e sindrome di Down della provincia di Verona. La Fondazione mantiene la supervisione scientifica, si occupa di ricerca e coordina le attività riabilitative e socio-sanitarie: a Zevio e Verona si recano i bambini i più piccoli per gli interventi di sostegno psicologico, logopedia e neurospicomotricità. Alla Cooperativa Sociale Vale un Sogno, con sede a San Giovanni Lupatoto, sono demandati i servizi di educazione all’autonomia e di formazione per l’inserimento lavorativo.

Da due anni sono stati affittati quattro appartamenti nel Borgo Garofoli, sito dietro il Municipio, dove più di cinquanta giovani con disabilità imparano abilità di autonomia e vita indipendente. Quattro di loro, Matteo, Andrea, Riccardo e Michel, stanno già sperimentando la loro vita indipendente grazie ad una casa e ad un lavoro presso aziende del territorio veronese.

La Cooperativa, inoltre, svolge un’attività di impresa sociale, presso un magazzino in via Garibaldi,

realizzando prodotti di abbigliamento e accessoristica a marchio Valemour, oltre a distribuire prodotti biologici, grazie ai percorsi occupazionali di tipo inclusivo realizzati presso la Fattoria Margherita.

Nelle sue attività Più di un Sogno è supportata da numerosi volontari, molti dei quali sono di San Giovanni Lupatoto: i giovani che si occupano del tempo libero, i volontari del progetto Più di un Viaggio che si occupano dei trasporti, fino al gruppo impegnato nelle attività di raccolta fondi come il progetto Poffy che vede più di quaranta donne impegnate nella realizzazione di questo pelouche o come la campagna Confezioniamo Sogni che vede più di cinquanta volontari confezionare i pacchi di Natale presso i principali centri commerciali del territorio.

Grazie a questa comunità accogliente è possibile sviluppare contesti idonei ad una vita ricca e appagante per la persona con disabilità che può raggiungere la piena inclusione sociale.

L’augurio è di poter continuare ad incontrare persone straordinarie come tutte quelle che già sono vicine alla Fondazione - famiglie, volontari, cittadini, imprenditori, amministratori pubblici – al fine di proseguire insieme in questo percorso di cambiamento che porta al centro la persona con disabilità.

Benedetta Merola

Più di un Sogno

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Una convivenza tra famiglie è l’idea strampalata che è venuta ad alcuni giovani per provare a vivere l’ordinario in modo straordinario. Cosa vuol dire? In realtà dopo una settimana insieme ancora non lo sappiamo. Ma partiamo dall’inizio.Con altre cinque famiglie provenienti da diverse zone della nostra provincia, abbiamo provato a vivere nella stessa casa con l’intento di trascorrere insieme la quotidianità, ponendo il Signore al centro delle nostre vite. Volevamo provare a vedere se, con l’aiuto reciproco, ci riusciva di rendere viva la presenza di Gesù nella vita di tutti i giorni, ed è per questo che non volevamo fare un campo famiglie ma un’esperienza più quotidiana.Ci siamo dati come obiettivo quello di fare una semplice preghiera alla mattina (a gruppetti, in base all’orario di partenza) per poi concludere la giornata lavorativa con i vespri alle 19.30. Inoltre volevamo organizzarci in modo da partecipare a una messa infrasettimanale oltre a quella conclusiva della domenica. Piccoli e semplici appuntamenti quotidiani che potessero essere alla portata di tutti, ma che in realtà si sono rivelati incredibilmente complessi da portare a termine.L’esperienza è iniziata la sera di lunedì 23 ottobre e si è conclusa domenica 29 con la messa delle 10.30 nella chiesa del Buon Pastore. Tre delle sei famiglie coinvolte hanno figli, per cui ci siamo ritrovati in una casa piena di vita e di giochi, che ci hanno portato fin da subito in una dimensione di famiglia molto diversa da quella cui eravamo abituati. La giornata tipo, se così si può definire, iniziava con varie sveglie, a seconda degli orari di partenza: chi andava al lavoro, chi prima doveva portare la moglie in stazione e chi doveva accompagnare il bimbo all’asilo. La mattina, quindi, riuscivamo a vederci anche solo per un breve saluto e, nella frenesia della preparazione, si riusciva talvolta a scambiare due parole iniziando la giornata con un buon augurio.Il rientro dal lavoro variava dalle 18 alle 20. Ad inizio settimana ci siamo divisi i giorni per preparare la cena, così chi era di turno cercava di rientrare un po’ prima per iniziare a preparare. Ovviamente poi ci si dava una mano per fare in modo che attorno alle 20 ci fosse pronto in tavola. La sera, poi, si stava insieme condividendo racconti delle nostre vite con momenti anche forti, che ci hanno fatto scoprire le fragilità gli

uni degli altri. Infine, si andava a dormire: magari un po’ più stanchi, ma con un’energia nuova che ricaricava nel sonno le batterie di tutti.Il sabato, visto che nessuno di noi lavorava, siamo andati a Milano a conoscere una realtà di famiglie che condivide il quotidiano tutti i giorni, vivendo in una splendida struttura datagli in uso dal comune. Il loro intento è quello di aiutarsi nella vita, ma non solo: negli anni la loro comunità è diventata un punto di riferimento per tutto il quartiere, e i loro ambienti sono frequentati da diverse tipologie di persone. Ogni famiglia accoglie anche qualche ragazzo bisognoso e la fiducia tra loro è totale. Abbiamo respirato un’aria di forte fraternità che ha messo in discussione alcune nostre certezze, per esempio su come viviamo il rapporto con i soldi o con le cose che possediamo. La sera, una volta rientrati, la voglia di parlare era molta e abbiamo cenato confrontando le nostre idee e i nostri pensieri.La domenica infine, dopo aver pulito la casa, abbiamo concluso l’esperienza con la messa delle 10.30 nella chiesa del Buon Pastore. Ci siamo accorti che i “buoni propositi” iniziali, soprattutto quelli rivolti a una preghiera regolare, sono andati spesso in fumo: gli impegni quotidiani e la complessità legata ad ogni nucleo familiare rendevano molto difficile incastrare tutto. Siamo riusciti a fare un paio di volte i vespri la sera prima di cena, mentre l’unica messa alla quale abbiamo partecipato è stata quella della domenica. Abbiamo però sperimentato una forma diversa di fraternità, difficile da descrivere ma molto intensa e penetrante. Durante questa settimana c’era la famiglia ma c’erano anche le famiglie. L’attenzione all’altro, ai bisogni e alle difficoltà di chi ha condiviso la nostra vita in quei giorni, ci ha portati fuori dal piccolo mondo che costruiamo dentro le mura di casa. Abbiamo fatto esercizio di uscire da noi stessi e quei problemi della vita quotidiana, che talvolta ci sembrano insormontabili, condividendoli sono divenuti affrontabili. Per concludere posso dire che personalmente, sebbene la settimana trascorsa insieme sia stata faticosa, quello che ho ricevuto in cambio lo porterò nel cuore per molto tempo. Michele Pontelli

Condividere l’ordinario in modo straordinario

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Per vivere meglio la liturgiaDomenica 19 novembre, dopo la S. Messa delle 10.30, si è svolta in chiesa l’assemblea parrocchiale indetta dai parroci Don Mauro e don Daniele per illustrare alla comunità gli sviluppi della vicenda cappellina.Come si ricorderà, a settembre era stata data una prima informazione ed era stata esposta in chiesa la prima bozza di progetto per la sistemazione della cappellina in cui viene celebrata la S. Messa feriale nel periodo invernale.Dopo questa prima fase, com’era naturale attendersi, la notizia ha suscitato grande interesse nella comunità e ai parroci sono pervenute numerose osservazioni, sia favorevoli, sia critiche alle quali i sacerdoti, dopo aver consultato le progettiste Ing. Elena Mainente e Arch. Paola Franco, hanno deciso di dare pubblicamente risposte e chiarimenti e di esporre il nuovo progetto scaturito da queste riflessioni, fatte anche con il coinvolgimento del Consiglio per gli Affari Economici, competente per diritto.Don Daniele ha premesso che attualmente la distribuzione logistica degli spazi della parrocchia per rispondere alle finalità liturgiche (S. Messe e altre

funzioni), caritative, e di formazione (catechesi) non è ottimale perché esse convivono (e a volte si ostacolano reciprocamente) negli spazi sottostanti la chiesa, dove

Nuovo progettodella cappellina

Cappellina sul lato sinistro

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coesistono cappellina, locali della Caritas, aule di catechismo, nonché sala giochi e altri spazi comuni.In un contesto ideale, invece, gli spazi liturgici, caritativi e formativi dovrebbero essere separati e autonomi. Quindi con il trasferimento della cappellina all’interno della chiesa si realizza solo il promo tassello dell’opera di riordino complessivo, che successivamente dovrà prevedere la riorganizzazione, e possibilmente la separazione, degli spazi caritativi da quelli formativi.All’osservazione critica che metteva in discussione la necessità di aumentare il numero di aule per il catechismo, vista la costante diminuzione del numero di bambini, Don Mauro ha replicato che il contesto sociale in cui si svolge oggi la catechesi, considerando che l’estrema vivacità manifestata dai bambini e ragazzi di oggi rende impossibile operare con gruppi di 30 o più unità, come accadeva normalmente 40 – 50 anni fa (epoca in cui fu costruita la chiesa), rende indispensabile l’utilizzo di un maggior numero di aule, nonostante il decremento dei bambini in cifra assoluta.All’altra principale osservazione critica, mossa al primo progetto, circa l’alterazione della simmetria degli spazi edificati interni, che veniva operata per la collocazione della cappellina a sinistra, guardando l’altare, mentre rimanevano tal quali gli spazi sopraelevati sul lato destro, Don Daniele ha replicato spiegando che il secondo progetto recepisce in pieno questa osservazione, prevedendo una distribuzione assolutamente simmetrica dei nuovi spazi e inoltre

la realizzazione di un sobrio contesto absidale dietro l’altare, per conferire maggiore solennità allo spazio liturgico per eccellenza della chiesa.Infine i sacerdoti hanno confermato che i disegni del nuovo progetto saranno esposti in apposita bacheca in fondo alla chiesa per un congruo periodo di tempo, per renderli visibili a tutti e hanno ribadito che rimangono disponibili all’ascolto di ulteriori osservazioni da parte dei parrocchiani, prevedendo eventualmente una nuova assemblea, in data da stabilirsi, per dar conto degli sviluppi dell’iter progettuale.

Confessionali sul lato destro

Chi desidera dare il proprio contributo per i lavori straordinari della parrocchia Gesù Buon Pastore mediante una erogazione liberale (detraibile fiscalmente per le aziende), può effettuare un bonifico sul conto corrente:IBAN IT 95 X 02008 59770 0000 4101 0914Intestato a Parrocchia Gesù Buon Pastore – San Giovanni Lupatoto, presso Unicredit Banca di San Giovanni Lupatoto, mettendo come causale:“Erogazione liberale per contributo ai lavori straordinari della parrocchia”

Grazie

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Quand’è che un aereo, una nave, una persona, lancia un S.O.S.? Quando sta per precipitare, quando sta per affondare, quando è in pericolo mortale.

Ecco, pensate che anche Punto Malawi Onlus sia in una di queste situazioni, perciò lancia il suo S.O.S.

L’Associazione nacque nel 1986 e i suoi fondatori erano 25 persone con una età media di 40 anni. Oggi i soci sono rimasti in 12 (come gli apostoli) con una età media di 75 anni.

Cosa ci dispiacerebbe enormemente? Che in mancanza di nuovi soci più giovani l’associazione dovesse chiudere i battenti e cessare le sue attività.

Cosa invece auspichiamo con tutte le nostre forze ? Che nuovi soci giovani entrino nell’associazione per portare nuova linfa, nuove idee, nuova vitalità.

Perché chiediamo questo? Perché, il nostro impegno di allora di aiutare i nostri missionari e le loro genti bisognose di tutto a rimanere nei loro paesi, è ancora più necessario e urgente oggi che stiamo assistendo ad un esodo migratorio eccezionale.

Tutti i nostri sforzi sono sempre stati impostati in questi termini: dare assistenza e aiuti a tutti, in particolare ai giovani e alle giovani, per educarli a migliorare la loro salute e la loro conoscenza seguendo così il carisma di Santa Maddalena di Canossa, fondatrice dell’ordine Canossiano, al quale ha aderito la “ nostra” Suor Giovanna.Vorrei qui citare alcune considerazioni di don Ottavio Todeschini, già direttore del Centro Diocesano Missionario: “Il mondo ha bisogno di testimoni, di ventate di silenzio, della fiamma della missione, della sapienza del Vangelo. Nel mondo c’è tanta stoltezza, tanta indifferenza e si pronunciano tante chiacchere

che ci impediscono l’ascolto del grido di chi soffre. Ma c’è, in modo inconfondibile, la presenza di Dio che suscita ovunque i suoi profeti.”

“Il mondo ha bisogno dei testimoni di Cristo, l’unica vera speranza. Tutti coloro che sentono di avere un cuore missionario, in terra di missione o qui, sono chiamati a un grande compito: riscoprire la forza e la grandezza del mandato missionario che Gesù ha dato a tutti i suoi discepoli: Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura”.

E ancora qualche scritto di Suor Giovanna Tosi, che dal 1983 è in terra di missione in Africa.

Anno 2000 scuola superiore Bakhita School di Balaka:“Le Canossiane hanno sempre avuto la passione per l’educazione, per la promozione integrale della persona. Così se in Europa per vari motivi le scuole cattoliche, e pure quelle canossiane, chiudono i battenti e ricercano altre vie per la promozione della persona, in Africa, in questo momento storico, è di vitale importanza promuovere l’educazione tra i giovani” …. “ed è per questo che noi Canossiane, in Africa da quasi 30 anni a servizio della promozione dell’educazione delle ragazze e dei giovani, ci siamo ripromesse, all’inizio del nuovo millennio, di creare una nuova scuola che possa formare e cambiare la società attraverso la crescita delle ragazze”

Augurandovi Buon Natale e un felice anno nuovo, rinnovo l’invito a tutte le persone sensibili e disponibili a far parte della nostra Associazione. Chi volesse ulteriori informazioni può chiamare il numero 045 546664. Da parte mia sarò ben contento di incontrarvi la domenica dopo la messa delle ore 10,30 al Buon Pastore.

Adriano Apostoli

S.O.S. da Punto Malawi Onlus

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Il consiglio pastorale parrocchiale ha ufficialmente iniziato il suo mandato il 24 ottobre 2017. Ha una conformazione nuova: esiste un unico consiglio per le due comunità cristiane del Buon Pastore e del Battista.

In tutto quattordici persone delle comunità più i sacerdoti, il diacono e la superiora della comunità delle suore. La scelta di unificare questo organo importante corrisponde al cammino di collaborazione intrapreso da anni per la pastorale giovanile ed ora anche sul livello parrocchiale in tutte le sue parti.

Al giorno d’oggi una comunità cristiana non si può pensare più come un’isola che si autosostiene, come una comunità che si pensa unica nel territorio che abita. Se prima si diceva “ogni parrocchia ha il suo campanile” oggi, tenendo pur conto della corrispondenza alla realtà di questa affermazione, siamo chiamati a riconoscere che il campanile non è una torre che definisce esclusivamente l’identità di una comunità ma anzi la mette in relazione con le altre.

Il primo consiglio pastorale che abbiamo vissuto ha voluto proprio essere un’iniziale presa di coscienza di questo passaggio da maturare. E’ stato chiesto ai componenti del consiglio di dividersi secondo l’appartenenza comunitaria e attraverso il disegno di una casa raccontare la storia e le caratteristiche della

propria comunità: quali sono le cose belle, quali i passaggi significativi nella storia delle due comunità, quali specificità da donarsi a vicenda.

Il racconto, nella semplicità, ha svelato alcune cose importanti: due comunità diverse per storia, una più antica e una più giovane; un’identità più definita e strutturata e un’altra che vive la sua giovane età nel desiderio di coinvolgere.

Due comunità che hanno da donarsi reciprocamente esperienze e storia, che hanno camminato nella fede e che hanno maturato consapevolezze diverse nella modalità di mettersi al servizio del Vangelo.

Infine abbiamo provato a riconoscere quali sono le proposte in cui sperimentiamo già l’unità delle due comunità che camminano insieme e abbiamo individuato soprattutto nelle proposte di questi anni dei tentativi riusciti e che continuano (incontri adolescenti e giovani, la formazione delle catechiste, le comunità famigliari di evangelizzazione, la caritas, i dieci comandamenti...).

Ora, il prossimo incontro, lo vivremo a dicembre con i consigli pastorali di Pozzo e Raldon incontrando il vicario della pastorale don Alessandro Bonetti che ci accompagnerà i questo percorso verso l’unità pastorale. Don Daniele

Un consiglio pastorale per le due comunità

Consiglio PastoraleParrocchiale

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Perché piangi? Chi cerchi?Un viaggio alla scoperta di un Dio che è stato vero uomo, oltre che alla scoperta di luoghi completamente intrisi della vita di Gesù. Siamo partiti dalle nostre vite, ognuno dalle proprie situazioni, certamente diverse l’una dall’altra, ma con un’amicizia in comune che ci ha fatto vivere al meglio la nostra fraternità. Abbiamo raggiunto il deserto del Negev. Nell’antica città di Mamshit abbiamo fatto i conti con i nostri desideri, di fronte ad un cielo che man mano accendeva una stella. Il pellegrinaggio è cominciato con la promessa di un deserto… fiorito!Ancora nel deserto, presso Ein Avdat, l’elemento chiave era la sete, ma poi siamo stati allietati dalla vista mozzafiato di una sorgente che ha messo a tacere ogni arsura. A Nazaret, che significa “germoglio”, abbiamo sentito parlare di un Dio che si innamora di Maria. Da qui tutto ha inizio, qui nasce anche l’amore di Giuseppe per Maria. Giuseppe: uomo lavoratore che sceglie con amore di fidarsi perché si realizzi il sogno di Dio. Abbiamo percorso le vie di Sefforis che ci hanno fatto gustare la contaminazione di Gesù con la vita. Lui che ha lavorato con Giuseppe come falegname era attratto anche da altri mestieri e infatti ci invita ad essere sale e lievito. Nelle sue parabole descrive cosa fa un seminatore e l’unico mestiere di cui non ha mai parlato è proprio il falegname.Gesù che si colloca in una famiglia con le proprie ferite, il proprio passato, ma che mira ad essere una persona libera, che delude le aspettative degli altri, una persona risoluta, infatti non resta a Nazaret, va a Cafarnao, dove si fa conoscere e si mette in gioco. È la volta di Magdala e delle sue folle, dove viene guarito chi rimane in ricerca: l’emorroissa. Abbiamo alloggiato dai frati vicino alla chiesa intitolata al primato di Pietro, dove abbiamo rivissuto la sua chiamata sul lago di Tiberiade e la pesca miracolosa, in seguito la moltiplicazione dei pani a Tabga.

Siamo finiti a guardare e attraversare le nostre ferite sul monte Tabor, luogo della Trasfigurazione.Poi ci siamo spostati a Gerusalemme, luogo di confusione, di incontri con la diversità, un’altra cultura… un mondo apparentemente difficile da vivere. Questa fatica è stata illuminata dalla consapevolezza che Gesù ha scelto proprio questa cultura, questa città per morire e per risorgere. Guardando alla nostra vita, questa esperienza ci insegna che Gesù entra, muore e risorge, proprio in quegli aspetti della nostra persona che fatichiamo ad accettare.Gerusalemme: luogo di passione, morte e risurrezione. La mistica Grotta del Padre Nostro, dove abbiamo ascoltato con parole nuove il significato della preghiera dei figli. Il Dominus Flevit, in cui Gesù si commuove e piange su Gerusalemme. Il Cenacolo, il Gallicantu dove è stato rinnegato da Pietro ed è stato imprigionato. Il Getsemani dove si respira l’angoscia di un figlio che comunque si abbandona totalmente alle mani di suo padre. Infine il Santo Sepolcro di cui abbiamo visto il Calvario, dove è stata innalzata la croce. Ogni giorno è stato arricchito da momenti di intimità con il Signore attraverso la sua Parola.Potrebbe sembrare strano, eppure, per l’enorme numero di pellegrini in coda, non siamo riusciti ad entrare nella grotta di Betlemme e neppure nel Santo Sepolcro… delusione o occasione?Decisamente occasione! Questo pellegrinaggio ci ha fatto sperimentare il dono della Risurrezione: il Signore non si trova in quei luoghi. Gesù si fa incontrare nelle strade della nostra quotidianità. Questa è la nostra Galilea. La vera scoperta è la tomba vuota. «Maria di Magdala andò ad annunciare ai discepoli: “Ho visto il Signore!”» (Gv 20,18). Anche noi ci siamo sentiti chiamare per nome e abbiamo accolto il desiderio di non trattenerLo per noi ma di annunciarLo. Donatella e don Mattia

Pellegrinaggio in Terra Santa

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Aiutiamoli sul postoAnche se nel territorio della nostra parrocchia gli effetti dell’imponente ondata immigratoria non si fanno sentire con la stessa intensità che si registra nelle grandi aree metropolitane, non possiamo mettere la testa sotto la sabbia e far finta che il problema non esista.Abbiamo il dovere di interrogarci sul tema e chiederci se stiamo facendo la cosa giusta e se la stanno facendo coloro che ci governano.Come cattolici credo che il faro a cui dovremmo ispirarci è il veronese San Daniele Comboni, autentico gigante dell’evangelizzazione e della promozione umana dell’Africa, che sintetizzava mirabilmente il suo pensiero con la frase “ Salvare l’Africa con l’Africa” .Anche oggi nella stessa Africa non mancano voci che sono in piena sintonia con il pensiero di San Daniele Comboni. Facciamo solo due esempi:“Non fatevi ingannare dall’illusione di lasciare i vostri Paesi alla ricerca di impieghi inesistenti in Europa e in America”. È l’appello lanciato da mons. Nicolas Djomo, vescovo di Tshumbe e presidente della Conferenza episcopale della Repubblica Democratica del Congo (come riferisce il sito della Radio Vaticana il 25 agosto 2015) che ha proseguito dicendo: “Utilizzate i vostri talenti e le altre risorse a vostra disposizione per rinnovare e trasformare il nostro continente, per la promozione della giustizia, della pace e della riconciliazione durature in Africa .Voi siete il tesoro dell’Africa. La Chiesa conta su di voi, il vostro continente ha bisogno di voi”. Padre Célestin Ikomba, Segretario Generale della Commissione Episcopale della Costa d’Avorio per gli emigranti ha detto: “Vogliamo che i nostri giovani capiscano che l’Eldorado non è l’Europa, l’Eldorado può essere qui” (11.4.2017 – La nuova bussola quotidiana)Quindi questo vuol dire che a tutti i livelli si dovrebbero sostenere con adeguati finanziamenti i missionari che operano in Africa e che gestiscono direttamente scuole, ospedali e piccole realtà produttive utili ad impiegare i giovani sul posto ed evitare lo sradicamento dell’emigrazione verso l’Europa, che spesso si traduce in tragedia nelle acque del Mediterraneo.Anche i governi occidentali dovrebbero abbandonare la strada dei finanziamenti erogati esclusivamente ai governi africani, notoriamente inefficienti e corrotti in misura da

noi inimmaginabile, perché ciò si traduce in uno spreco di risorse senza alcun beneficio per le popolazioni locali. Bisogna invece finanziare, molto più di quanto non si sia fatto finora, chi opera direttamente in Africa senza la mediazione delle strutture governative locali (tranne, ovviamente, per gli inevitabili adempimenti burocratici di autorizzazioni e permessi vari).L’incremento di efficacia degli aiuti è esponenziale, perché con la stessa cifra che si spende per assistere (poco e male) in Italia una persona che sbarca dopo un viaggio a dir poco avventuroso (i famosi 32€ al giorno), un missionario in Africa riesce a sostenere vita e sviluppo di ben 53 persone, in base ai dati forniti dalla nostra Suor Giovanna Tosi, di cui si parla in un altro articolo di questo giornale.Evidentemente l’aiuto erogato attraverso le strutture governative locali non è totalmente eliminabile, ma andrebbe accompagnato da misure serie di controllo su due versanti:-Impegno dei governi locali, beneficiari di cospicui aiuti per il loro sviluppo, a riaccogliere sul proprio territorio i migranti a cui non viene riconosciuto in Europa lo status di rifugiato politico;-Accettazione di rigorosi controlli da parte europea sul percorso e l’effettivo arrivo a destinazione degli aiuti erogati.Per fortuna qualcosa sembra muoversi nel verso giusto.Per esempio, dal 2016 la Gran Bretagna ha adottato un sistema informatico avanzato che permette il monitoraggio di ogni merce viaggiante su camion o treno dalla dogana di entrata alla destinazione finale. Il sistema è garantito da sigilli elettronici apposti ai container dagli agenti della dogana di entrata dopo l’ispezione e il pagamento delle tasse doganali. Questi sigilli elettronici, grazie al GPS, sono collegati ad un network di stazioni raccolta dati basate a Nairobi (Kenya), Kampala (Uganda) e Kigali (Ruanda) che hanno il compito di sorvegliare l’intero tragitto delle merci. Ogni tentativo di rompere il sigillo elettronico fa scattare un allarme informatico permettendo il rapido intervento delle forze dell’ordine dei paesi interessati. Roberto Pesce

Problema immigrazione

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“La vergogna e il coraggio”Una storia come tante

Cercavo di dirtelo mamma, dovevo trovare il coraggio …

Da bambino, spesso, ero piuttosto solo con i miei pensieri. Ricordo che ti arrabbiavi con me quando non mi applicavo nei compiti, quando non stavo fermo e disturbavo, quando non volevo mettere in ordine le mie cose … Allora mi sentivo “cattivo” e avrei voluto il tuo abbraccio, mamma, ed anche quello del mio papà: li desideravo tanto!Ero triste perché mi sentivo in colpa per tutto il vostro “correre con affanno” e pensavo di esserne quasi la causa, anche dei vostri litigi! I momenti belli con voi, sereni e rilassati, valevano, per me, più di qualsiasi strabiliante gioco!

Cercavo di dirtelo mamma, dovevo trovare il coraggio …

Ricordo la festa di fine anno scolastico: gli amici portarono le birre, poi le compagne di scuola che stavano male … e non solo loro … Non è stata quella una festa, mamma … è stata una “sconfitta” per tutti ! Non riesco proprio a dimenticarlo!

E negli anni che passavano … i compagni che facevano gli spacconi: dicevano che i grandi non dovevano sapere ! Qualcuno, pure arrabbiato con i suoi familiari, agiva senza comprendere cosa stesse combinando … fidandosi di estranei, chiamati “amici” e, peggio ancora, faceva l’ignoranza e l’incoscienza degli adulti che pensavano i figli fossero soddisfatti di quella libertà loro concessa. … Eppure, quante situazioni pesanti vissute così, disperatamente soli, se pur in gruppo, senza raccontare nulla di nulla a casa ... e, se qualcosa chiedevano, si mentiva, con un profondo malessere che iniziava a prendere radici profonde. Cercavo di dirtelo mamma, dovevo trovare il coraggio …

Veder soffrire gli amici più cari per una bevuta, vederli stare così male … vederli derisi dagli altri … non era libertà questa, non era divertimento all’insegna della giovinezza: erano serate che facevano … salire il cuore in gola e restava un solco indelebile, uno strazio nel profondo dell’anima e una domanda … rivolta alla Vita, senza avere alcuna risposta!

A.C.A.T.

L’A.C.A.T. è una ONLUS che riunisce club territoriali nei quali le persone coinvolte in problemi legati all’abuso dell’alcol trovano svariate forme di azioni di sostegno e di auto-aiuto per affrontarli nei vari ambiti in cui essi si presentano: famiglia, lavoro, ambiente sociale, scuola ecc.L’A.C.A.T. opera anche a S. Giovanni Lupatoto e vuole presentarci qualche testimonianza dei suoi associati. Ringraziamo la Sig.ra Cecilia Zenari che ha raccolto le testimonianze. (per informazioni www.acatvrsud.it)

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A diciassette anni ero già partito per andare lontano. Ero indeciso, ho ricevuto da voi il consenso e così è stato. Ma quale libertà ? Ho dovuto fare scelte difficili che prima “pretendevo” di fare da solo; ho dovuto soffocare il mio disagio, a causa di scelte contro me stesso, contro un bene che sentivo urlare forte dentro di me, pensando che tutti facessero così, pensando che i genitori stessi stavano approvando la mia “libertà di crescere”. Imparare a vivere? Vivere così? Era vita questa?Poi, una notte, l’ambulanza, la morte del mio migliore amico … le sofferenze impreviste, la disperazione. La violenza subita ... i problemi con la giustizia … No, non era questo ciò che desideravo! Ho fatto della mia vita un rottame …

… sto cercando di dirtelo mamma, desidero trovare il coraggio …

Oggi, mi sono alzato, oramai deciso a parlarti. Spero anche papà mi ascolti, perché di lui sento tanto il bisogno … dei suoi sorrisi, come li ricordo quando ero piccino, luminosi e grandi … “tutta la sua faccia” riempivano !!! Ed anche il mio cuore! Ricordo i suoi abbracci delicati e forti che ora tanto mi mancano!Ho bisogno del tuo perdono! Papà raccontami … raccontami ancora una storia!Non vorrei chiedere più nulla, ma vi prego, aiutatemi ancora, passo per passo, senza alcuna mia pretesa. Comprendetemi, incoraggiatemi, suggeritemi ancora!Ho trovato il coraggio di parlare, ora dovrò trovare il coraggio di continuare a vivere con dignità, per trascorrere i miei giorni non solo in compagnia di amici veri, ma anche con voi genitori, con i nonni, con le persone care che di me hanno ancora tanto bisogno. Tutto questo mi era sfuggito di mano, perché pensavo solo al mio … personale, “meritato” divertimento.Mi farò aiutare, se così dev’essere. Mi farò “accompagnare” da voi e da esperti … perché questa dipendenza mi sta rubando e strappando la vita. Imparerò a vivere con sobrietà, ma vi prego, cari genitori, trovate anche voi il coraggio della determinazione e non abbiate vergogna di dire ai nostri parenti (e amici migliori) quello che, in questi anni, a noi, purtroppo, è successo.Parlate delle scelte che ho fatto nella libertà concessami, senza trovare il tempo di un dialogo, timorosi voi di “disturbarmi” quando io vi sfuggivo, preoccupati di ricevere da me dissensi loquaci, angustiati dei miei toni arroganti, esitanti, ahimé, di contrariarmi sulle mie imprevedibili scelte dissennate.Mi hanno detto che la vergogna serve per imparare, che è un campanello d’allarme per avvertirci di rifiutare ciò che tanto male può procurarci.Vergognarsi della verità non deve aver senso! Non può essere!Vergognarsi sì, della disonestà, dell’egoismo, dei soprusi, dell’indifferenza, dell’orgoglio e della strafottenza. E’

giusto vergognarsi anche di mentire ! Questa vergogna mi sta bene, sì, è necessario esista per farci scuotere e prendere coscienza.Il coraggio di esprimerci favorisce il confrontarci con gli altri, aiutandoci reciprocamente. Gli altri, d’altronde, possono spesso incontrare gli stessi problemi e disagi che capitano a noi.Mamma, dillo a papà che ho ancora tanto bisogno di lui e non vergognatevi di me!Troviamo, per favore, il coraggio di sentirci parte di una società capace di affrontare le difficoltà con impegno e comprensione. Una società che non fugge, ma affronta.

Il coraggio ci aiuterà a stare bene anche nelle fatiche quotidiane: una bella emozione che porta a condividere in salita, con l’accettazione e l’umiltà di essere molto simili tra noi e parte di un TUTTO, da vivere, concretamente, adesso!

Riflessioni di …. Una mamma dell’ A.C.A.T. Verona Sud - Ottobre 2017

I segreti del successo

Quando mi sonosvegliato questa mattinami sono chiesto: qualisono alcuni segreti peravere successo nella vita ?La risposta era proprio lìnella mia stanza !Il soffitto diceva:punta in alto !La finestra diceva: guardafuori il mondo !L’orologio diceva: ogniminuto è prezioso.Lo specchio diceva: riflettiprima di agire.La porta diceva: spingi,lavora per realizzare i tuoi progetti.Il tappeto diceva:non dimenticare,inginocchiati e prega !

(Anonimo)

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Comunione e Liberazione

A scuola … di comunitàLe persone appartenenti al movimento di Comunione e Liberazione di San Giovanni Lupatoto seguono il percorso di formazione permanente del movimento, chiamato “Scuola di comunità”. Di che si tratta? In realtà è un percorso di approfondimento dell’incontro fatto, da pochi giorni o da moltissimi anni, con la realtà di Comunione e Liberazione. Con quale metodo? Siamo invitati a un lavoro personale quotidiano di lettura e meditazione di un testo di don Giussani, fondatore del movimento, o di don Carron, suo successore, che descrive l’avvenimento della fede cristiana nell’esperienza dell’autore.E’ una scuola, e quindi innanzitutto occorre la volontà di imparare e, in secondo luogo, sono richieste la serietà e la sincerità di paragonare la propria esperienza con quanto letto e meditato. Settimanalmente c’è poi un incontro comunitario in un locale della parrocchia del Buon Pastore per comunicare e testimoniare il frutto del proprio lavoro. E’ una scuola, ma non ci sono livelli o passaggi, è come se fossimo sempre tutti all’inizio e l’ultimo arrivato può testimoniare una verità di esperienza di cambiamento da cui tutti possono imparare. Questo è molto importante perché non si tratta di imparare

dei concetti, ma di prendere sempre maggiore consapevolezza di come lo Spirito di Cristo è presente e opera nella materialità della propria vita. L’incontro è aperto a chiunque desideri coinvolgersi in questo lavoro.L’unico scopo di Comunione e Liberazione è testimoniare come l’avvenimento cristiano sia la risposta più vera alle esigenze umane, ed è per questo che la persona educata alla fede si trova spinta a una responsabilità, a un impegno civile in ogni campo: nella cultura, nella scuola, nel lavoro, nella cura della famiglia, nella condivisione del bisogno, portando il proprio contributo, per esempio, alla San Vincenzo, al Gruppo Missionario, al Banco Alimentare, all’AVSI (Associazione Volontari Servizio Internazionale) …Dal 2009 i gruppi di Scuola di comunità in Italia hanno la possibilità di attuare un collegamento in diretta audio-video con l’incontro mensile tenuto da don Julián Carrón. In questo modo si offre, a quanti lo desiderano, uno strumento in più per imparare il metodo della Scuola di comunità. Per gli amici di San Giovanni Lupatoto il collegamento avviene nelle sale del don Calabria a San Zeno in Monte. Fiorenza Farina

Per pubblicizzare la propria attività su questo periodico o per informazioni telefonare negli orari di segreteria

(tutti i giorni feriali dalle 09.30 alle11.30 - lunedì e mercoledì anche il pomeriggio dalle 16.00 alle 18.00) al numero 045547408.