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La nostra cappella MONASTERO COTTOLENGHINO IL CARMELO 3

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La nostra cappella

M O N A S T E R O C O T T O L E N G H I N O I L C A R M E L O

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Come

© testi del Monastero cottolenghino IL CARMELO

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ScriccioloEdizioni

...fiori raccolti nel giardino del Carmelo cottolenghino

collana Flos Carmeli

Scricciolo.Povera, piccola cosa,come uno spicciolo. Piccola, ma gioiosa

cip, cip, tin, tin sono note di speranza; è la musica di un canto

che il cuore carezza. E il poco rende tanto.

Terzo della collana “Flos Carmeli”, questo quaderno contiene spunti per osservare e meditare sugli elementi presenti nella no-stra cappella.

Restare-dimorare alla presenza di Dio, nel raccoglimento e nel-l’adorazione silenziosa. Stare presso il Tabernacolo, come fiori recisi, come lampade che ardono nel cuore della Chiesa e della Piccola Casa, per i fratelli e per il mondo, offrendo preghiere e suppliche: questa è la nostra vocazione specifica.

Gli elementi che qui di seguito vengono presentati, aiutano, nel loro linguaggio, a realizzarla.

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Flos CarmeliCollana

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ChiSiamo

Suore di Vita contemplativa dell’Istituto religioso fondato da San G. B. Cottolengo e distinto in due "Famiglie": Suore di Vi-ta Contemplativa e Suore di Vita Apostolica, approvato dalla Santa Sede come Congregazione di diritto pontificio il 20/6/1959. San Giuseppe Benedetto Cottolengo fondò l’opera da lui deno-minata Piccola Casa della Divina Provvidenza che, dopo la sua morte, è popolarmente detta “Cottolengo”. Come le donne del Vangelo che seguivano e servivano il Signo-re, poniamo a fondamento della nostra vita umana e spirituale Dio e la sua gloria, e viviamo con gioia e gratitudine la totale appartenenza a Lui, felici di essere « serve dei poveri», sicure di ritrovare nella lode a Dio e nella carità verso i fratelli la pie-na realizzazione come persone e come donne. Viviamo serenamente abbandonate in Dio, alla sua Divina Prov-videnza, e dalla nostra vita scaturiscono: umiltà, gioia, semplici-

tà, servizio vicendevole, costante gratitudine: Deo gratias sempre!Con la celebrazione della Liturgia delle Ore ci uniamo alla grande Pre-ghiera di Gesù, Mediatore unico, per offrire al Padre la Lode perfetta a nome di tutti e per ogni necessità.

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La vita al Carmelo cottolenghino…

è vita di contemplazione e di preghiera.

È un ripercorrere nella meditazione quotidiana del Vangelo, il cammino segnato da Gesù per i suoi discepoli. È un confondersi, quasi un esistere senza essere notati, tra i personaggi biblici; è un partecipare alla scena evangelica come dietro le quinte. È rivive-re le emozioni e gli atteggiamenti più spontanei dei personaggi che circondano Gesù, in modo particolare nel momento più diffi-cile e vero della Passione. È un essere loro, tra di loro, imitare i loro gesti.

La stessa contemplazione diviene allora quasi una specie di ricor-do, o meglio la sensazione di compiere, nella propria vita spiritua-le, un cammino già compiuto dietro a Cristo, decifrato stranamen-te dalla narrazione evangelica.

È così che il percorso attuale dello spirito verso Gerusalemme e il Calvario, si sovrappone, confondendosi, col percorso storico del Cristo e dei personaggi intorno a Lui. Si ha la sensazione di percorrere, oggi nella vita, un cammino già fatto una volta, che già sappiamo dove tende e dove sbocca. Avviene come se le pie donne del Vangelo, come se Maria, la Madre di Gesù, Maria di Cleofa, Maria di Magdala e Giovanni, fossimo noi, in una presen-za vera, ma sfumata nella scena che ripete i loro gesti.

Il cammino che il cristiano compie oggi sulle orme di Cristo è un cammino fatto insieme, tanto più qui al Carmelo dove il cammi-

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nare insieme oggi alla sequela di Gesù diviene imitazione del cammino concreto, fatto insieme, dei discepoli accanto a lui nel-la Passione e nel contempo imitazione dello stesso gesto d’Amo-re di Lui.

Qui, cammino reale e cammino simbolico, spirituale, si confon-dono, si intrecciano in sfumature diverse. L’uno diviene l’imma-gine concreta dell’altro.

Mentre dunque siamo ancora sulla strada del nostro cammino simbolico e non vediamo che la notte davanti a noi, dobbiamo guardare al cammino reale del Cristo e dei discepoli, un cammi-no già percorso nella contemplazione, al fine di crescere nella fe-de e nella certezza che, come quel cammino concreto sfociò nel-la resurrezione, così il nostro attuale cammino spirituale, alla se-quela del medesimo Cristo, sfocerà nella Vita eterna. La notte che avanza non è la notte dell’angoscia e della morte, bensì quel-la della Pasqua, questa certezza si radica nel nostro ricordo, per-ché stranamente abbiamo già percorso, nella contemplazione, questo cammino.

Queste parole vogliono essere l’espressione di una comunità contemplativa che narra la certezza di camminare insieme nella fede dietro al Cristo e sostiene ogni persona nelle sue trepidazio-ni e difficoltà.

L A C A P P E L L A

La Cappella

“A differenza di una cattedrale che manifesta la stabilità e il potere della Chiesa, una chiesa di Monastero offre un messaggio di semplicità e di vita interiore. Non ci sono elementi superflui, ci si trova ridotti all’essenziale, si realizza un adeguamento quasi totale fra lo scopo fissato e i mezzi per raggiungerlo...

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Lo scopo è creare uno spazio nel quale possiamo avvicinarci a Dio, nel quale possiamo capire che cosa significa amare Dio.

Per conoscere Dio il primo passo da fare è di essere attenti a noi come creature fatte ad immagi-ne e somiglianza di Dio e dunque lasciare perdere tutto ciò che attira la nostra mente fuori di noi stessi, tutto ciò che può distrarci o disperderci” (Jacques Brierè)

Lo spazio liturgico è oggi destinato ad assumere un aspetto sempre più sobrio ed essenziale che ci avvicina all’originaria tradizione cristiana. (Vita in Cristo, 10/12/1998)

Per questo motivo la nostra cappella ha solo gli elementi essenziali all’azione litur-gica: altare, ambone, sede.

“Nella maggior parte delle nostre chiese, per note ragioni storiche, l’elemento centrale-dominan-te sullo stesso altare, è stato, per circa quattro secoli, il tabernacolo eucaristico. L’adeguamento li-turgico delle chiese esistenti, mirante a esaltare il primato della celebrazione eucaristica e quindi la centralità dell’altare, deve riconoscere anche la funzione specifica della riserva eucaristica” (CEI AC n. 20)

Il Tabernacolo non si dovrebbe trovare nell’aula liturgica, ma venire collocato in una cap-pellina a parte. [Luogo architettonico veramente importante, normalmente distinto dalla navata del-la Chiesa, adatto all’adorazione (Progettazione Nuove Chiese n. 13)].

Per noi è stata fatta eccezione, sia a motivo degli spazi disponibili, sia perché, essendo nostro specifico la Laus Perennis e l’adorazione, l’Eucarestia richiede una particolare attenzione.

Gli elementi sono disposti in modo che altare, ambone e sede rivelino una digni-tà maggiore (infatti sono tre elementi costruiti in pietra, quindi con materiale soli-do e duraturo). Per lo stesso motivo, durante la Liturgia delle Ore le luci illumina-no l’altare, mentre il Tabernacolo rimane illuminato durante la meditazione perso-nale.

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Colore: il colore della cappella è chiaro, luminoso e caldo per favorire un cli-ma di serenità e di raccoglimento, come pure i vetri opalescenti che filtrano la lu-ce, mantenendo la tonalità del colore e impedendo che le numerose finestre creino motivi di distrazione.

Il pavimento della chiesa riservata ai “laici”, che sporge sul parquet del coro, dove ci raduniamo noi, vuole indicare la nostra partecipazione alle vicende delle persone che ci visitano e che in qualche modo entrano nella nostra vita di preghiera.

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L ’A L T A R E

L'Altare

L’altare, sul quale si rende presente nei segni sacramentali il sacrificio della croce, è anche la mensa del Signore, alla quale il popolo di Dio è chiamato a partecipare ... l’altare è il centro dell’azione di grazie che si compie con l’Eucarestia ... sia collocato in modo da costituire real-mente il centro verso il quale spontaneamente converga l’attenzione di tutta l’assemblea” (Rito della Messa 259-262)

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Il nostro centro dell’aula liturgica ha forma cubica in basso (cm. 80x80); la mensa è di poco più grande.

Il cubo rappresenta il mondo, dai quattro punti cardinali allo zenit e al nadir. Il sacrificio di Cri-sto viene celebrato in tutto il mondo e per tutto il mondo.

L’altare è Cristo: “Egli è altare, vittima e sacrificio” (cfr. Eb. 4,14 e 13,10) per questo è ogget-to di venerazione, è baciato, incensato, ci si china davanti. L’altare in pietra ricorda la dimen-sione sacrificale dell’Eucarestia, richiama il sacrificio di Isacco, l’ara sacrificale dei culti anti-chi.

La mensa: più grande sopra e il copri-altare ricordano la dimensione conviviale: la cena del Signore, il banchetto dell’Eucarestia.

Tovaglie: usiamo diverse tovaglie relative ai tempi liturgici per porre in risalto la caratteristica di quel dato tempo. Ad esempio: in quaresima è maggiormente sottolineato l’aspetto sacrifica-le, l’altare avrà perciò una tovaglia molto semplice che lascerà scoperti i quattro angoli. Il tem-po pasquale invece sarà messo in evidenza anche con una tovaglia più ampia.

Copri altare: Sarà bianco. Il colore liturgico è già segnato dalle vesti del presbitero; inoltre l’attenzione primazia va rivolta all’altare che è Cristo, non alla tovaglia che ci sta sopra.

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L ’A M B O N E

L'Ambone

“L’importanza della Parola di Dio esige che vi sia nella chiesa un luogo adatto nel quale essa venga annunciata e verso il quale durante la liturgia della Parola spontaneamente si rivolga l’attenzione dei fedeli.

Conviene che sia un ambone fisso e non un semplice leggio mobile. L’ambone deve essere disposto in modo tale che i ministri possano comodamente essere visti e ascoltati dai fedeli.

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Dall’ambone si proclamano le letture, il salmo responsoriale e il preconio pasquale”. (Rito del-la messa 272)

“L’ambone tenuta presente la sua struttura, venga sobriamente ornato in modo stabile o in de-terminate occasioni, specialmente nei giorni solenni”. (Ordinamento delle letture della Messa 33)

L’ambone è il luogo dove fiorisce la Parola.

E’ l’unico elemento che i documenti dicono poter essere ornato di fiori e ne suggeriscono l’uso. Simboleggia il giardino della risurrezione da cui è partito l’annuncio del vangelo. Giardi-no al quale, nel tempo pasquale, si accostano anche i segni dell’acqua lustrale e del Cero pa-squale: richiami al Battesimo e al Cristo risorto.

L’ambone è costituito di tre elementi; è in pietra, come l’altare per sottolinearne la grande di-gnità. La mensa del pane e quella della Parola sono ugualmente importanti nella celebrazio-ne.

Il luogo in cui l’ambone è collocato non è casuale; fa da cerniera tra l’altare e l’assemblea; ed è in linea d’aria, più prossimo ai fedeli dell’altare. Le due colonne, predisposte per il Cero pa-squale e per i fiori, costituiscono un insieme armonico a lato dell’ambone vero e proprio.

Questo si può inclinare verso l’assemblea per presentare a l’Evangeliario, essendo la parte superiore in legno movibile per permettere l’ostensione.

Le finestrelle

Le otto finestrelle ricavate nella parete di fondo sono in stretta relazione con l’iconografia del-l’ambone.

Sono: otto come le beatitudini, sintesi di tutto il Vangelo; otto come l’ottavo giorno, giorno del Signore ed anche figura del giorno escatologico, dell’ultima venuta di Cristo.

Dall’ambone “parte” l’annuncio del Vangelo: è con il dono della Parola che possiamo giunge-re al giorno escatologico ed introdotti nel giorno senza tramonto.

Le tre finestrelle più luminose possono avere un riferimento trinitario, ma più esplicitamente si rifanno ai tre giorni trascorsi dal Figlio dell’uomo nel cuore della terra prima della Risurrezio-ne.

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L A S E D E

La Sede

“La sede deve mostrare il compito che il sacerdote ha di guidare la preghiera perciò la struttura più adatta è quella rivolta al popolo..si eviti ogni forma di trono” (Rito della Messa 271)

La sede è volutamente spoglia, sebbene dignitosa e dà l’idea di stabilità. Anzi-ché richiamare un trono o una cattedra d’insegnamento (come è proprio del vesco-vo), presenta la linea di una sedia comune per richiamare la dimensione di servizio

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nel quotidiano. La sede della nostra cappella non è posta in presbiterio, sia per mo-tivi di funzionalità (il soffitto è molto basso) sia perché si è inteso privilegiare l’aspet-to del presbitero, egli pure in ascolto della Parola in mezzo al popolo di Dio, come fratello e padre, anziché come maestro.

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I L T A B E R N A C O L O

Il Tabernacolocustodia eucaristica

“Si raccomanda vivamente che il luogo in cui si conserva la SS. Eucaristia sia situato in una cappella adatta alla preghiera privata e all’adorazione dei fedeli”. (Rito della Messa 276)

“Il Tabernacolo deve essere unico, l’altare non può ospitarlo. Collocato a muro, su colonna, su mensola. Possibilmente in una cappellina a parte”. (Da l’Adeguamento delle chiese secon-do la riforma liturgica)

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“Luogo architettonico veramente importante, normalmente distinto dalla navata della Chiesa, adatto all’adorazione”. (Progettazione Nuove Chiese n. 13)

Il nostro tabernacolo, o meglio la custodia eucaristica, è in bronzo, quindi di materiale prege-vole come pure la croce sospesa sull’altare.

Costituisce un elemento un po’ a sé, infatti la rientranza della parete gli assegna un luogo pro-prio. Elementi propri della custodia eucaristica in cappella sono la lampada e la pianta verde.

“Dinanzi al tabernacolo arda in continuità una lampada particolare, per indicare e onorare la presenza di Cristo”. (Comunione fuori della Messa e culto Eucaristico 11)

La scelta di non mettere fiori al tabernacolo non è dettata da alcuna norma vincolante; infatti per le feste eucaristiche anche il tabernacolo sarà ornato di fiori.

La pianta verde è:

• Un elemento stabile che crea continuità e non distrazione nel susseguirsi dei giorni

• L’uso del colore verde in ambito liturgico nasce a Bisanzio come stemperamento del bian-co, colore della festa e della solennità.

Il verde può quindi significare la festa nel quotidiano, come lo è il pane eucaristico per noi.

La pianta simboleggia la vita che cresce e si sviluppa con la forza data da Cristo e significa tutta la creazione che loda e ringrazia il suo Creatore.

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L A L A M PA D A D E L S A N T I S S I M O

La Lampada del Santissimo

Il riverbero rosso che palpita attraverso i fori parla della presenza viva di Cristo che vivifica il quotidiano con le sue luci e le sue ombre. Così la fede. Fede e vita quotidiana che poggiano sulla roccia: il basamento della lampada.

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L E L A M PA D E

Le Lampade

“I candelieri in segno di venerazione e di celebrazione gioiosa siano collocati o sopra o accanto al-l’altare. Non impediscano ai fedeli di vedere comodamente ciò che viene collocato sull’altare”. (Rito della messa 262)

Le luci dell’altare sono sette: numero ricco di simboli.

Il numero sette indica pienezza: per questo motivo durante l’Eucarestia accen-diamo tutte le lampade.

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Le luci rappresentano Cristo, luce del mondo, come anche le sette lampade del-l’Apocalisse (Ap. 1,9 1,12/ 1,20/ 4,5).

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L A G R A T A

La Grata

Lineare, sobrio è segno di separazione ma lascia passare la luce: simboleggia un abbraccio che parte dall’alto e degrada verso il centro dove la liturgia ci unisce nel-la celebrazione del mistero. Come un canneto tale è la nostra vita che presenta la fragilità della canna, ma è insieme testimone del mistero.

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L A C R O C E

La Croce

“Vi sia sopra l’altare o accanto ad esso una croce ben visibile allo sguardo dell’assemblea”. (Rito della messa 270)

La croce che è arredo dell’altare, deve esservi posta accanto o sopra; entrambe le possibilità sono realizzabili in quanto la nostra croce può essere anche astile.

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Durante l’elevazione dell’Ostia la croce appesa pone i tre simboli del sacrificio di Cristo: altare, croce e ostia, uno vicino all’altro, in linea verticale. La nostra è una croce greca, rappresenta il Cristo immolato e risorto.

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L A V I A C R U C I S

La Via Crucis

Realizzata con formelle in bronzo è disposta in forma di croce ad indicare il mi-stero della nostra salvezza. Tutta la sofferenza che ogni persona umana porta su di sé è parte dell’unica Croce, la Croce di Cristo, mistero di morte e di gloria. La via crucis è collocata dove sono le sorelle ammalate che più intensamente vivono que-sto mistero.

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L ’ I C O N A M A R I A N A

L'Icona mariana

I documenti usano più volentieri il termine immagine che non statua. Infatti nel culto cristiano la rappresentazione figurativa è chiamata a partecipare in qualche modo alla dimensione sim-bolica propria della celebrazione liturgica, per cui è certamente più consona a tale scopo la raffigurazione a due dimensioni che non quella tridimensionale che imita la materialità della persona.

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“La contemplazione delle sante icone, unita alla meditazione della parola di Dio e al canto de-gli inni liturgici …” (CCC 1162)

L’icona è appesa al pilastro che separa le due file di banchi occupati dalle sorelle ; Maria è là in mezzo alle sue figlie e sorelle alle quali indica e dona il Figlio suo Gesù, sulle quali stende la sua protezione. Perfetto modello di orante, Madre e Maestra nostra.

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I L C O N F E S S I O N A L E

Il Confessionale

E’ stato pensato sia come luogo della celebrazione del sacramento della Ricon-ciliazione, sia come cappellina del crocifisso.

Il grande crocifisso ligneo di pregio artistico, i vetri translucidi di colore rosso sangue creano, in un ambiente di così piccole dimensioni, un forte richiamo alla passione di Cristo, al suo sangue con il quale Egli ha lavato i nostri peccati.

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I L Q U A D R O D I S A N G . B . C O T T O L E N G O

Il Quadro di San G. B. Cottolengo

Nel luogo dell’antica cappella una lapide con il quadro del Cottolengo ricorda dove egli celebrava l’Eucarestia quando veniva al Monastero per intrattenersi con le sue figlie “carmelite”.

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L A S T A T I O

La Statio

E’ il corridoio adiacente alla cappella dove le sorelle si radunano insieme prima della preghiera. Veglia su di loro la Madonna del Carmelo, statua lignea antica donata al Monastero da una signorina, Giovannina, ispirata da Maria stessa all’ac-quisto. Sulle pareti sono appesi quadri di reliquie, custodite in apposite teche, santi e martiri testimoni della fede, che ci hanno preceduti nel terreno pellegrinaggio.

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“Se non chiediamo l’aiuto a Dio prima di cominciare la lode liturgica, non potremo pregare be-ne: se non ci raccogliamo prima di dir l’Ufficio, se lasciamo distrarre la mente e poi cominciamo, credendo che il fervore ci sorgerà da se stesso nel cuore, ci illudiamo molto. Dobbiamo dunque in primo luogo prepararci con preghiera fervente: per questo ci riuniamo alla così detta Statio o stazio-ne, prima di entrare in chiesa”. (C. Marmion)

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