LA NESTLÉ: COS’È REALMENTE? Introduzione e storia aziendali/Colasante...3 suoi 150 di storia...

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1 LA NESTLÉ: COS’È REALMENTE? A cura di Martina Colasante Rebecca Rossetti A.A: 2015/2016 Introduzione e storia La Nestlé è una delle più grandi multinazionali del settore alimentare, se non la più grande. Ha sede a Vevey, in Svizzera, è stata fondata nel 1866 dal farmacista di origine tedesca Henri Nestlé. L’azienda si definisce “Leader mondiale in Salute e Benessere”, ma siamo sicuri sia davvero così? Tutto ebbe inizio nel 1860 quando Henri Nestlè sviluppò la Farine Lactèe Henri Nestlè (farina lattea), una miscela di latte vaccino, zucchero e farina di grano. Questo alimento era destinato ai neonati che non potevano essere nutriti al seno, e lo scopo era quello di ridurre l’elevato tasso di mortalità di neonati intolleranti al latte materno. La Farine Lactèe Henri Nestlè (farina lattea) salvò la vita di un bambino e fu presto venduta in tutta Europa. Nel 1866 fu quindi fondata ufficialmente la Nestlè che con il tempo è diventata una delle più conosciute multinazionali al mondo. In pochi anni ebbe una grandiosa crescita. Venne costruita una rete di agenti e importatori che, tra il 1870 e il 1880, rese disponibile il suo prodotto in Europa, Australia, Sud America, Egitto, Russia, Messico e Indonesia. Nel 1905, la Nestlé si fuse con la Anglo-Swiss Condensed Milk Company, (azienda con la quale in precedenza si era instaurata una fortissima concorrenza) dando il via ad una vertiginosa crescita che portò questa società a possedere fabbriche negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Germania e in Spagna e aumentando la produzione di prodotti a base di latte condensato. All’inizio della Prima Guerra Mondiale crebbe la richiesta di prodotti caseari e la produzione della Nestlé raddoppiò. Dopo la fine del conflitto il mercato caseario tornò a normalizzarsi e gran parte dei consumatori tornarono a preferire il latte fresco a quello in polvere o a lunga conservazione. Per tutta risposta la Nestlé cambiò la propria linea aziendale ed iniziò ad espandersi nel settore della produzione del famosissimo cioccolato

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LA NESTLÉ: COS’È REALMENTE?

A cura di Martina Colasante

Rebecca Rossetti

A.A: 2015/2016

Introduzione e storia

La Nestlé è una delle più grandi multinazionali del settore alimentare, se non la

più grande. Ha sede a Vevey, in Svizzera, è stata fondata nel 1866 dal

farmacista di origine tedesca Henri Nestlé. L’azienda si definisce “Leader

mondiale in Salute e Benessere”, ma siamo sicuri sia davvero così?

Tutto ebbe inizio nel 1860 quando Henri Nestlè sviluppò la Farine Lactèe Henri

Nestlè (farina lattea), una miscela di latte vaccino, zucchero e farina di grano.

Questo alimento era destinato ai neonati che non potevano essere nutriti al seno,

e lo scopo era quello di ridurre l’elevato tasso di mortalità di neonati intolleranti

al latte materno.

La Farine Lactèe Henri Nestlè (farina lattea)

salvò la vita di un bambino e fu presto venduta in

tutta Europa.

Nel 1866 fu quindi fondata ufficialmente la

Nestlè che con il tempo è diventata una delle più

conosciute multinazionali al mondo. In pochi

anni ebbe una grandiosa crescita. Venne costruita

una rete di agenti e importatori che, tra il 1870 e

il 1880, rese disponibile il suo prodotto in

Europa, Australia, Sud America, Egitto, Russia,

Messico e Indonesia.

Nel 1905, la Nestlé si fuse con la Anglo-Swiss

Condensed Milk Company, (azienda con la quale

in precedenza si era instaurata una fortissima

concorrenza) dando il via ad una vertiginosa

crescita che portò questa società a possedere fabbriche negli Stati Uniti, in Gran

Bretagna, in Germania e in Spagna e aumentando la produzione di prodotti a

base di latte condensato.

All’inizio della Prima Guerra Mondiale crebbe la richiesta di prodotti

caseari e la produzione della Nestlé raddoppiò.

Dopo la fine del conflitto il mercato caseario tornò a normalizzarsi e gran parte

dei consumatori tornarono a preferire il latte fresco a quello in polvere o a lunga

conservazione. Per tutta risposta la Nestlé cambiò la propria linea aziendale ed

iniziò ad espandersi nel settore della produzione del famosissimo cioccolato

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che tutt’oggi rimane la seconda attività più importante dell’azienda Nel 1929

avvenne la seconda grande fusione, con l’azienda di Daniel Peter, inventore nel

1882 del cioccolato al latte, e di Alexandre Cailler e Charles Amédée Kohler.

Tuttora in termini di profitti la produzione di cioccolato è la seconda attività

più importante.

Nei primi anni '30 il governo Brasiliano decise di rivolgersi alla Nestlé per

affrontare l’eccedenza di caffè, ma l’avvento della Seconda guerra mondiale

portò un calo repentino dei profitti dell’azienda (dai 20 milioni di dollari del

1938 ai 6 milioni del 1939). Per sopperire a queste perdite furono realizzate

nuove fabbriche in molti paesi in via di sviluppo, ad

esempio in America Latina. Nel 1938 iniziò la produzione

dell’ormai famosissimo Nescafé e la sua precoce

distribuzione negli Stati Uniti fu fondamentale per la

diffusione di questo prodotto: nel 1942, quando l'esercito

americano iniziò ad intervenire in tutto il mondo, nella

“Razione K” di ogni soldato entrò a far parte questo

prodotto così facile da preparare. Negli anni del

dopoguerra diventò la base della colazione di milioni di

persone, soprattutto grazie alla pubblicità. Oggi il Nescafé

è uno dei prodotti maggiormente conosciuti ed utilizzati

nel mondo.

Ma il boom economico per la società arrivò con la fine

del secondo conflitto mondiale. Negli anni seguirono

altre importanti acquisizioni, a partire da quella nel 1947

del gruppo Maggi (azienda produttrice di condimenti e

zuppe).

Crosse & Blackwell (1950), Glaces Gervais (1960),

Findus (1963), Libby's (1971) e Stouffer's (1973).

Nel 1974, con lo scopo di diversificare l’attività, fu

realizzato un accordo di condivisione dei profitti con

L'Oréal, di cui Nestlè divenne il principale azionista, e

portò la società ad espandersi ancora di più al di fuori del settore alimentare,

espansione che continuò con l’acquisizione degli Alcon Laboratories.

Nel 1984 venne acquisito un gigante dell'industria alimentare statunitense, la

Carnation.

Negli anni successivi avvennero nuove importanti acquisizioni: Sanpellegrino

(1997), Spillers Petfoods (1998), Ralston Purina (2002), dalla cui unione è nata

Nestlé Purina PetCare Dreyer's (2002) e Chef America (2002). Nel 2005,

alcune accuse portarono la Nestlé a ritirare dalla produzione alcuni tipi di latte

in polvere. La società però seppe riprendersi a tal punto che oggi festeggia i

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suoi 150 di storia come una delle più importanti multinazionali che oggi

conosciamo. A distanza di anni la sua sede è ancora in Svizzera a Vevey, dove

tutto ha avuto inizio. Ad oggi la Nestlé ha un impero alimentare di 8000 marchi,

è presente in oltre 86 Paesi, con ben 333.000 dipendenti ed una vendita

quotidiana di oltre 1 miliardo di prodotti.

Le accuse

Alla base di questo impero ci sono tuttavia problematiche inerenti ad alcune

accuse mosse alla multinazionale.

Speculazioni sulla commercializzazione dell’acqua.

La multinazionale svizzera è il numero uno

mondiale nel mercato dell’acqua in bottiglia e,

per procurarsi la materia prima, compra nel

mondo delle

concessioni di prelievo

e delle sorgenti

privatizzate quantità

enormi di acqua. Le

conseguenze per le regioni circostanti vengono

dichiarate catastrofiche, gli equilibri ecologici vengono

Principali Marchi

Acque minerali e Bevande

Claudia, Giara, Giulia, Levissima, Limpia, Lora Recoaro, Panna, Pejo, Perrier, Pra Castello, San Bernardo, San Pellegrino, Sandalia, Tione, Ulmeta, Vera, Acqua Brillante Recoaro, Batik, Beltè, Chinò, Gingerino Recoaro, Mirage, Nestea, One-o-one, San Pellegrino

Dolci, cereali e cioccolata

Le ore liete, Cheerios, Chocapic, Fibre 1, Fitness, Kix, Trio, Kit Kat, Lion, Motta, Alemagna, Baci, Cioccoblocco, Galak, Perugina, Smarties, After Eight, Fruit Joy, The Willy Wonka Candy Company

Gelati Motta Gelati, Antica Gelateria del Corso, Peters, La Cremeria

Caffè, cacao e bevande solubili

Cacao Perugina, Nescafè, Malto Kneipp, Orzoro, Nesquik, Nespresso

Prodotti freschi, surgelati, cibi pronti

Vismara, Mare fresco, Surgela, La Valle degli Orti, Buitoni, Condipasta, Condiriso, Berni, La Valle degli Orti, Sveltesse, Maggi

Latticini e yogurt

Formaggi Mio, Fruttolo, Lc1

Alimenti per animali

Friskies, Purina, Gourmet, Beneful, Pro Plan, Mon Petit

Latte in polvere Guigoz, Mio, Nidina, Nestum

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fortemente compromessi. Ciò che viene messo in causa è la manomissione di

un bene comune pagando diritti di licenza quasi ridicoli e guadagnando poi

milioni e milioni. Oltre questo la Nestlé, esattamente come i suoi concorrenti

quali Danone, Pepsi e Coca Cola, conduce una campagna pubblicitaria che

porta il consumatore a pensare all’acqua in bottiglia come un prodotto

nettamente superiore all’acqua di, rubinetto. Nel giugno 2003 è stata depositata

una denuncia contro Poland Spring, un marchio di Nestlé Waters (North

America): questo è accusato di ingannare i consumatori pubblicizzando l’acqua

come proveniente da sorgenti protette e pure al centro delle foreste del Maine,

quando in realtà le sorgenti sono artificiali e di cui almeno una si trova lungo

un parcheggio della strada principale. Siamo davvero sicuri che la qualità delle

acque imbottigliate sia maggiore di quella del rubinetto?

Nel 2015 ci sono stati dei problemi con gli ambientalisti: The Story of Stuff

Project, Courage Campaign Institute e Center for Biological Diversity hanno

intentato una causa contro l’US Forest Service. A quanto pare la Nestlé avrebbe

continuato a imbottigliare milioni di dollari di acqua dalla San Bernardino

National Forest, in una zona al confine con la riserva di indiani Morongo,

nonostante avesse un permesso scaduto 27 anni prima. In particolare le tre

associazioni si riferiscono alla chiusura di un acquedotto (lungo 4 miglia) che

estrae l’acqua dallo Strawberry Creek, nella San Bernardino National Forest,

per imbottigliarla ad Ontario, in California.

La licenza è scaduta nel 1988 ma il sistema di tubazioni rimane attivo e

trasporta circa 257.500 litri di acqua al giorno fuori

dalla San Bernardino National Forest. I californiani

per far fronte ad una siccità senza precedenti stanno

riducendo il consumo di acqua e vorrebbero che la

Nestlè facesse la sua parte; invece la multinazionale

continua a produrre acqua minerale con il marchio

Pure Life per rivenderla in tutto il Nord America. La

popolazione ha cercato, con una petizione, di fermare questo scempio che sta

recando degli ingenti danni alla fauna e alla flora autoctona. D’altra parte la

Nestlé sostiene che il suo permesso è valido e che utilizza meno dell’1% della

fornitura totale di acqua della California per le sue operazioni di

imbottigliamento.

Lo stesso problema si sta verificando anche in Pakistan dove sono stati scavati

pozzi per estrarre l’acqua che poi viene imbottigliata e venduta, privando però

la popolazione autoctona di questo bene comune. D’altro canto la Nestlé si

difende dichiarando di aver costruito degli impianti di filtraggio che offrono

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acqua potabile a 10.000 persone (anche se non è possibile visitarli). Questa

storia è stata raccontata da un regista svizzero, Urs Schnell e dal giornalista Res

Gehriger, nel documentario "Bottled Life", premiato nel 2013 a Berlino. Nel

film si contesta (in particolare con riferimento agli Stati Uniti) la vantata eco

sostenibilità della Nestlé, per quanto riguarda l'estrazione ed il commercio di

acqua. Il regista afferma che ogni anno la società pompa milioni e milioni di

metri cubi d'acqua, in diversi Stati, per poi trasportarla con delle cisterne in tre

cittadine del Maine, dove viene imbottigliata. Eppure, fuori dalla riserva degli

indiani Morongo, gli abitanti si lamentano della cattiva qualità dell’acqua

corrente e del fatto che più volte, nel corso della giornata, viene a mancare. Per

non parlare del fatto che il giornalista ha visitato le zone dove è stato installato

il depuratore in Pakistan e si è reso conto che tutt’ora non funziona bene e che

la scarsità dell’acqua si fa ancora sentire. Fatto sta che secondo uno studio

dell’United Nations Comitee on Economic, Social and Cultural Rights, oggi in

Pakistan il 44% della popolazione non ha ancora accesso ad acqua potabile e

sicura; si arriva ad una percentuale del 76.5%, nella popolazione delle aree

rurali. Stando ad i dati che vengono aggiornati grazie a degli studi in continua

attività, ogni anno in Pakistan muoiono più di 200.000 bambini a causa della

dissenteria e l’accesso alle proprie falde sotterranee è la sola possibilità per le

persone per avere acqua sicura.

Latte in polvere

Nel corso degli anni la Nestlé è stata oggetto di molte critiche e polemiche; è

anche stata messa a punto una campagna di

boicottaggio dell’azienda, soprattutto per la

pubblicità irresponsabile del latte in polvere.

Unicef e OMS hanno redatto il Codice Internazionale

che si applica ai sostituti del latte materno. Nel

preambolo del Codice si recita “Inappropriate

pratiche nutritive portano alla malnutrizione

infantile, alla malattia e alla mortalità in tutti i Paesi,

e pratiche improprie nel marketing di sostituti del

latte materno possono contribuire a questi gravi

problemi di salute pubblica.” Inoltre le etichette dei

prodotti devono portare tutte le indicazioni necessarie per l’uso appropriato e

soprattutto non deve esserci nessuna forma di promozione al pubblico: nessuna

pubblicità nei punti vendita e nessuna distribuzione di campioni gratuiti. In

alcun modo devono essere elargiti alle madri o alle strutture sanitarie doni di

articoli o utensili che possano promuovere l'uso di sostituti del latte materno o

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di allattamento tramite biberon. Non deve esserci nessun incentivo finanziario

o materiale offerto al personale medico. Sono state scoperte centinaia di

infrazioni al Codice da parte della Nestlé e fondamentalmente quello che

l’azienda fa è spingere donne in gravidanza, giovani madri e lavoratori nel

settore sanitario ad acquistare i suoi prodotti e a rinunciare al latte materno. Lo

fa in diversi modi, per esempio dando campioni gratuiti alle strutture sanitarie.

Le conseguenze più gravi si sono avute nelle regioni più povere e

sottosviluppate. L’Unicef sostiene che nelle società povere i neonati allattati

artificialmente sono esposti alla morte 25 volte di più rispetto a quelli allattati

al seno. Le ragioni sono varie: il primo motivo è quello della denutrizione,

perché le famiglie non possono attenersi alle dosi consigliate per motivi

economici; il secondo è la mancanza di igiene: l’acqua con cui il latte è

preparato è la maggior parte delle volte malsana ed è impossibile sterilizzare

tutto nella maniera più opportuna. Le infezioni intestinali portano a diarree

mortali: secondo l’Unicef, un milione e mezzo di bambini muoiono perché non

allattati al seno.

Ancora non del tutto chiarita, è la storia di alcuni organismi geneticamente

modificati all’interno di cibi per bambini prodotti dalla multinazionale. È

nell’Agosto del 2004 infatti che un test effettuato dalla Greenpeace portò alla

luce la presenza di OGM in una confezione di Nesquik. D’altra parte però c’è

la decisione presa dalla società stessa di rinunciare ad organismi modificati

geneticamente all’interno dei sui prodotti. Si pensa però che sia stata una

decisione presa con fini prettamente commerciali.

Deforestazione

Il 17 marzo 2010

Greenpeace accusa

pubblicamente la

Nestlé di utilizzare

olio di palma

prodotto in

piantagioni ricavate

da aree deforestate

in Indonesia e di favorire la distruzione anche degli

habitat naturali degli orango tango che vivono in quei

territori. Pubblica un video di protesta molto efficace

verso il kit kat, il prodotto più tirato in ballo nella

campagna “Have a break” (link del video:

https://www.youtube.com/watch?v=1BCA8dQfGi0).

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La Nestlé ha cercato di boicottare questa campagna, chiedendo anche a

Greenpeace di rimuovere il video, che però è continuato a circolare, soprattutto

attraverso i social media.

Ad oggi però la multinazionale svizzera ha annunciato che non userà più

prodotti che provengono dalla distruzione delle foreste del Sud Est Asiatico e

che minacciano gli oranghi. Si è inoltre impegnata ad identificare ed escludere

fornitori che gestiscono piantagioni ad alto rischio di deforestazione, come per

esempio Sinar Mas, il più noto produttore di olio di palma e carta

dell’Indonesia.

Schiavismo e manodopera minorile

Nel 2005 la Nestlé è stata accusata

dall’International Labor Rights Fund e

dalla Global Exchange per l’uso di

manodopera ridotta in schiavitù.

L’azienda è sospettata di sfruttamento

del lavoro minorile: bambini ridotti in

schiavitù, nelle piantagioni di cacao in

Costa d'Avorio, da cui proviene la

materia prima, impiegata per la fabbricazione dei suoi prodotti a base di

cioccolato. La multinazionale ha risposto dicendo che il lavoro minorile non

trova nessuno spazio nella catena di

approvvigionamento del cacao per la

Nestlé e in nessuna altra filiera del

Gruppo, coerentemente con i loro

Principi Aziendali e con il Codice a

cui devono adeguarsi tutti i fornitori.

Ad ogni modo la questione è ancora da chiarire.

Al contrario, la Nestlé ha ammesso lo sfruttamento dei lavoratori in Thailandia,

avvertendo i consumatori sul fatto che stavano comprando prodotti contaminati

dai peggiori abusi sul lavoro. Le indagini sono state condotte dalla stessa

azienda e hanno rilevato presenza di lavoratori schiavi nell’industria ittica,

collegata alla realizzazione del prodotto alimentare per gatti Fancy Feast.

Secondo Freedom Fund, una ONG impegnata nel bloccare il traffico di esseri

umani in Thailandia, la collaborazione della multinazionale è stata di vitale

importante e questo potrebbe essere un esempio anche per altre aziende.

Noodles Maggi in India

Nel marzo del 2014 la commissione alimentare dell’Uttar Pradesh, lo stato più

popoloso dell’India, ha deciso di fare controlli a sorpresa su alimenti venduti

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nei supermercati. Tra gli alimenti valutati erano presenti dei noodles venduti

dalla Nestlé col marchio Maggi. Nel 2014 in India erano state consumate

400mila tonnellate di noodles Maggi, e il marchio era considerato uno dei più

affidabili dai consumatori.

Nestlé aveva ricavato dalla vendita di questi

prodotti circa 400 milioni di dollari, un

quarto delle entrate totali ottenute in India. I

risultati delle analisi hanno messo in

evidenza che in questi noodles era presente

il glutammato monosodico (MSG), un

amminoacido ritenuto pericoloso, senza

però prove scientifiche definitive. In India i

prodotti che contengono questa sostanza vanno venduti con l’avvertenza che

potrebbero essere nocivi per i bambini sotto i 12 mesi. Da successive analisi,

emerse anche che nei Maggi era presente un’altissima concentrazione di

piombo: 17,2 parti per milione, sette volte la concentrazione consentita e mille

volte la concentrazione che Nestlé dichiarava. A questo punto, nonostante

l’azienda continuasse a dichiarare che questi noodles sono innocui, fu costretta

a ritirarli dal commercio. Ad oggi però non è ancora chiaro se avessero ragione

i laboratori indiani che hanno analizzato il prodotto o la Nestlé.

In Italia

Il 22 novembre del 2005 partì un’inchiesta contro Nestlé Italia e la Tetrapak,

che sfociò nel sequestro di 30 milioni di litri di latte per bambini in tutto il

territorio nazionale. Le analisi confermarono che ITX, un componente chimico

usato per gli inchiostri nella fabbricazione di imballaggi Tetrapak, aveva

contaminato il latte per bambini contenuto negli involucri. Le confezioni erano

quelle con scadenza maggio-settembre 2016. I genitori di due bambine si

rivolsero al Codacons per la tutela dei loro diritti e per chiedere al giudice il

risarcimento del danno. La Nestlé è stata condannata penalmente nel 2009 e

costretta a risarcire i consumatori.

Come si difende la società?

Reduce da queste numerose accuse, la Nestlé sta cercando di dirigere la propria

produzione verso uno sviluppo sostenibile nel rispetto del Pianeta in cui

viviamo e dei suoi abitanti. Per fare questo la società, attraverso una serie di

procedure volte a rispettare l'ambiente e a garantire la sicurezza delle persone,

vuole sottolineare la forte correlazione che esiste tra le tematiche ambientali e

quelle inerenti alle condizioni in cui si svolge l'attività lavorativa. Secondo

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questo nuovo piano d’azione si tiene conto che la protezione dell’ambiente, la

crescita economica a lungo termine ed il progresso sociale sono non solo punti

compatibili ma dipendenti tra loro. Ecco perché la società si è impegnata per

ridurre i consumi:

Consumo di acqua - 44%;

consumo di energia elettrica - 32%;

emissioni di sostanze dannose per l'ozono - 99%;

emissioni di sostanze che contribuiscono all'effetto serra - 22%;

rifiuti smaltiti - 49%.

Proprio perché era stata accusata di consumare l’acqua più del dovuto e di

sottrarla alle popolazioni che ne avrebbero dovuto usufruire, sta applicando

delle misure molto rigide per il contenimento dei consumi. A questo si

aggiunge un miglioramento al processo di depurazione delle acque reflue dato

che alcune accuse riguardavano proprio la cattiva manutenzione (in alcuni casi

addirittura l’inesistenza) di depuratori che la società aveva detto di aver

costruito ma che non permetteva di visitare. Inoltre riducendo le emissioni di

CO2 e di SO2 equivalenti, la società ha contribuito alla minimizzazione

dell'effetto serra e di quello acidificante sull'atmosfera cercando di contribuire

alla diminuzione del buco dell’ozono. Al tempo stesso sta cercando di smaltire

al meglio i rifiuti riciclandoli per quanto possibile, per cercare di diminuire

l’impatto ambientale che comunque è associato a qualsiasi attività produttiva.

Per un mondo migliore

Nonostante la multinazionale

Nestlè stia cercando di porre

rimedio ai propri errori, questo

non basta. Al mondo sono

molte le aziende che

dovrebbero cercare di tutelare

il Pianeta in cui viviamo senza

pensare solamente a

guadagnare e a produrre.

Infatti oggi come oggi la nostra

è una società del consumo:

“usa e getta” è la parola d’ordine. Proviamo solo a pensare a quanti piatti di

plastica, lamette o tanto altro ancora gettiamo nella spazzatura ogni giorno. E

questo è ciò che fa un singolo cittadino, immaginiamo i rifiuti che un grande

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processo produttivo può portare con sé. Una scatola di cereali prodotta genera

forse più rifiuti di quelli che un bambino africano possa produrre in un anno.

La Terra su cui viviamo è di tutti e tutti dovrebbero poter usufruire dei

beni che essa mette a nostra disposizione in egual misura, ma purtroppo non è

così. Sono pochi ad avere il potere e quindi pochi a potersi permettere di

consumare e addirittura sprecare l’acqua quando fanno la doccia.

Non dobbiamo dimenticare che ci sono persone che non hanno nemmeno

la possibilità di bere un bicchiere d’acqua al giorno mentre altri possono

addirittura comprare casse di sei bottiglie da un litro e mezzo al supermercato.

Questa discrepanza è possibile perché società come la Nestlé prendono acqua

da pozzi in Paesi sottosviluppati (abbiamo visto l’esempio del Pakistan) o

addirittura da terre dove si cerca di usare con parsimonia l’acqua perché si sta

attraversando un periodo di grande siccità, per poterla vendere in bottigliette di

plastica a persone che a casa hanno acqua che esce dal rubinetto della cucina a

sufficienza.

I valori in cui crediamo sono totalmente sbagliati: dovremmo prendere più a

cuore la nostra vita e quindi in primis il posto in cui viviamo visto che lo stiamo

distruggendo con le nostre mani. In questa corsa al raggiungimento del profitto

più alto in alcuni casi si rischia di danneggiare gravemente la natura: un

esempio potrebbero essere gli OGM ritenuti dai sostenitori dell’ingegneria

genetica validi sostituti dei pesticidi (che possono inquinare le acque). D’altro

canto per alcuni il loro utilizzo potrebbe avere gravi ripercussioni sul terreno in

cui vengono usati, in particolare per la fauna che non va a danneggiare il

raccolto. Non si può pensare solo al denaro e quindi a produrre sempre di più

per poter vivere meglio perché, come si è visto analizzando il caso della Nestlé,

dietro a questi grandi colossi del mercato mondiale ci sono ingiustizie, e

soprattutto c’è il più completo disinteresse nei confronti del consumatore, della

sua salute e del mondo in cui noi tutti viviamo. Quindi tutte le grandi società

dovrebbero prendere provvedimenti cercando di ridurre i rifiuti prodotti e

l’impatto ambientale al limite del possibile, dato che, inseguendo profitti più

alti rischiano di non pensare alle conseguenze che a lungo termine potranno

ripercuotersi su tutti noi.

Conclusioni

Immaginiamo una persona qualsiasi in una giornata qualsiasi. Suona la sveglia

e l’unico desiderio è un caffè. Nessuna fatica: il Nescafé è pronto in un baleno.

E ce n’è per tutti i gusti: cappuccino, mocaccino o ginseng. Non vi piace il

caffè? Nessun problema, c’è Orzoro oppure si può sempre mettere del Nesquik

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nel latte. La nostra “persona qualsiasi” esce e va al lavoro, passa davanti al

distributore automatico e compra una bottiglietta d’acqua Altissima, Purissima,

Levissima e perché no, anche un kit kat, magari per fronteggiare un attacco di

fame più tardi. È l’ora del pranzo, le proposte sono varie, ma la nostra “persona

qualsiasi” sceglie una lasagna pronta Buitoni: facile e veloce, basta solo

riscaldarla. Dunque la Nestlé può soddisfare i bisogni di qualsiasi persona in

qualsiasi giornata. Ma siamo sicuri che tutto questo sia la soluzione migliore

per noi?

La Nestlé si sta impegnando per migliorare la sua politica, introducendo nuovi

Codici e nuove regolamentazioni, è interessata nel rendere elevati gli standard

qualitativi, ma non bisogna dimenticare quello che ha provocato e che

comunque continua a provocare: danni ambientali, danni ai consumatori, danni

ai lavoratori. La Nestlé è una delle 10 big, cioè le multinazionali che controllano

il settore alimentare, e basta pensare che queste nel 2013 hanno immesso

nell'atmosfera 263,7 milioni di tonnellate di gas e se fossero una nazione del

mondo sarebbero al venticinquesimo posto nella classifica dei paesi più

inquinanti.

LA SCELTA È SOLO NOSTRA!

Sitografia

http://web.peacelink.it/boycott/nestle/dossier.htm

http://www.alepalma67.com/acqua.htm

http://www.greenme.it/approfondire/come-e-andata-a-finire/19134-

sfruttamento-laboratori-nestle-thailandia

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http://www.repubblica.it/2009/03/sezioni/cronaca/nestle-inchiostro/nestle-

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https://en.wikipedia.org/wiki/Nestl%C3%A9

https://www.flickr.com/photos/nestle/collections/72157640622590714/

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