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La navigazione marittima

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La navigazione marittima

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In mare verso il “nuovo mondo”

• Nel 1492, la scoperta dell’America a opera di Cristoforo Colombo aveva aperto una nuova era, tanto da essere considerata come un vero e proprio spartiacque fra il Medioevo e l’età moderna. 

• La navigazione transoceanica estese gli orizzonti europei, grazie al progresso nelle costruzioni navali e nelle dimensioni dei natanti, che passarono dalle 50 tonnellate delle piccole «caravelle» di Colombo fino al massimo di 500 tonnellate per qualche «caracca»cinquecentesca. 

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Le dimensioni navali

Caravelle di ColomboCaracca

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I traffici marittimi• L’«arte marinara» migliorò con l’utilizzo di strumenti come 

la bussola, usata in mare aperto per comprendere la direzione; gli astrolabi, impiegati per stabilire la declinazione del sole e conoscere la latitudine; e i portolani, carte nautiche con la descrizione di coste, rotte e distanze commerciali.

• Vi fu un forte incremento dei traffici marittimi fra i diversi paesi, finché nel corso del XIX secolo, con il diffondersi della rivoluzione industriale, in Europa aumentò sempre più la domanda di materie prime, che arrivò a condizionare la produzione degli altri continenti.

• Dal 1818 cominciarono a circolare i piroscafi, cioè le navi a motore.

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Gli armatori

• La crescita delle navi e il bisogno dei rifornimenti di combustibile determinarono il moltiplicarsi delle cifre da investire in ciascun natante, facendo lievitare le spese per servizi accessori lungo le linee marittime. 

• Per questo motivo fu necessaria un’espansione degli investimenti di capitale, nonché una concentrazione delle compagnie navali: si realizzò quindi definitivamente la scissione dell’attività mercantile da quella cantieristica e da quella armatoriale.

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Porti e investimenti statali

• Gli stessi porti non furono più appannaggio dei mercanti, perché la loro costruzione richiedeva ora somme ingenti che soltanto gli Stati potevano stanziare, visto che neppure i capitali delle comunità cittadine si rivelavano sufficienti. 

• I porti diventarono fondamentali per la politica economica e per la politica estera degli Stati, risultando indispensabili per lo sviluppo manifatturiero, richiesti dalla stessa grande industria che non era in grado di costruirli ma che ne aveva assoluta urgenza.

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Il mare come simbolo di unità• La conquista al Regno d’Italia

della parte meridionale della penisola fu realizzata a bordo dei piroscafi della compagnia navale di Genova, fondata da Raffaele Rubattino.

• Sui piroscafi Rubattino viaggiarono i Mille per raggiungere la Sicilia da Quarto di Genova nel maggio 1860 con le navi Lombardo e Piemonte.

Quadro che raffigura lo sbardo dei Mille in Calabria.

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Immagini

Piroscafo Piemonte

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Le navi nel Regno d’Italia

• Negli anni 1860, i piroscafi a vapore del Regno d’Italia costituivano appena il 2% della flotta velica e per circa la metà erano in legno, a ruote anziché a elica e di modesta portata.

• Le navi in ferro risultavano appena 25, della portata totale di 5.900 tonnellate.

• I cantieri nazionali erano poco propensi a riconvertirsi al ferro, perché ben affermati nel settore della vela a scafo in legno, nel quale ricevevano numerose commesse pure dall’estero.

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Cantieristica italiana

• Un’altra ragione era dovuta all’elevato costo del ferro in Italia, dove invece il buon legname come quello di quercia e la stoffa di canapa per le velature si trovavano a basso prezzo.

• L’attività cantieristica era assai sviluppata, sebbene con manifatture di piccole o piccolissime dimensioni: ben 281 erano le imprese di costruzione nel 1868, presso le quali lavoravano quasi 13.000 maestri d’ascia e calafati. I cantieri più noti si trovavano a Venezia, Genova e Castellammare.

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Costruzione di navi in ferro

• La costruzione di navi in ferro nella penisola iniziò a Genova nel 1854, con alcuni natanti commissionati dallo Stato e destinati all’escavazione dei porti, ma progredì con lentezza.

• Dopo l’unità nazionale si dovette ricorrere ai cantieri stranieri, specialmente a quelli inglesi, dove venivano acquistate navi sia nuove che di seconda mano, sostituite dagli armatori esteri

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Le convenzioni marittime

• Con particolare urgenza il governo dovette affrontare la questione del collegamento tra i porti del Regno mediante un sistema di navi a vapore, visto che mancavano le ferrovie e il cabotaggio lungo le coste rappresentava per il momento l’unico potenziale servizio di trasporto nazionale. 

• Le linee di navigazione vennero affidate a tre grandi compagnie nell’aprile 1862: 

• Rubattino di Genova: Sardegna, Toscana, Marsiglia e Tunisi; • Accossato Peirano e Donovaro: Genova‐Livorno‐Roma‐Napoli, 

la settimanale Napoli‐Ancona che faceva scalo in tutti i principali centri del meridione, la bisettimanale Genova‐Palermo; 

• Florio, per la linea Palermo‐Livorno‐Genova e la circumsiciliana fino a Tunisi .

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Marina a vapore e cabotaggio

• Nel 1862 vennero varati in Italia 215 vascelli tutti in legno, mentre la marina a vapore rimaneva limitata ai viaggi tra i porti della penisola, arrivando al massimo fino a Marsiglia o Tunisi. 

• Sulle rotte domestiche, d’altra parte, il cabotaggio veniva esercitato anche dai mercantili inglesi e tedeschi, e nell’Adriatico il predominio era del Lloyd austriaco di Trieste.

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Carbone e grano

• A causa dell’incompiuta opera di modernizzazione economica e tecnica, la marina italiana entrò in crisi pochi anni dopo l’unificazione. 

• Con il perfezionamento dei motori a vapore, cui vennero applicate macchine a duplice e triplice espansione che permisero minori consumi e maggiore velocità, si accrebbe gradualmente il ruolo dei piroscafi.

• Il ritardo tecnologico fece perdere competitività ai mercantili nazionali: divennero appannaggio delle marine estere i due principali tipi di carico trasportati in precedenza dalla marina italiana: il carbone per il Mediterraneo e i grani russi per i porti del Mare del Nord.

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Leggi e codici

• Il governo italiano non esercitò inizialmente un’adeguata opera di promozione della flotta commerciale, ma si dedicò a uniformare la legislazione e soprattutto a garantire i servizi postali e passeggeri. 

• Nel 1861 vennero estesi alle nuove province le leggi e i regolamenti che reggevano la marina piemontese e l’anno successivo si unificò il sistema di stazzatura delle navi; nel giugno 1865 venne emanato il Codice della marina mercantile.

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Cultura navale

• Furono stipulati trattati di navigazione con gli Stati dove i mercantili italiani avrebbero potuto approdare, e dal 1868 cominciò a uscire la “Rivista Marittima”, a testimonianza di una crescita dell’interesse “culturale” per le navi.

• Le vicende navali si legarono al nuovo Stato unitario, con lo sviluppo della siderurgia, le relazioni commerciali, le conquiste coloniali, l’emigrazione.

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Navigazione e colonialismo

• Alla navigazione di linea fu legata la prima espansione coloniale italiana, la baia di Assab sul Mar Rosso, il cui acquisto venne concluso nel novembre 1869, quando fu aperto il canale di Suez, dalla compagnia Rubattino. 

• In vista dell’imminente apertura del canale, infatti, la Rubattino aveva iniziato una linea quindicinale di piroscafi da Genova all’Egitto, con un tempo di percorrenza di 9 giorni. 

• Rubattino intendeva prolungare il tragitto delle sue navi fino all’India, paese che dominava il commercio europeo d’oltremare, e aveva bisogno di un punto per il rifornimento del carbone. 

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Piroscafi per le Indie

• In caso contrario, infatti, le navi italiane avrebbero dovuto fare scalo nel porto inglese di Aden o in quello che i Francesi stavano realizzando a Obock.

• Il primo piroscafo di linea, denominato Africa, giunse ad Assab il 9 marzo 1870, proseguendo poi per Bombay e avviando un collegamento periodico tra Italia e India.

• Nel luglio 1872 vennero stipulate importanti convenzioni per nuove linee di navigazione: con la società Rubattino per il prolungamento in India della linea per Alessandria; con la compagnia Peninsular & Oriental per portare a Brindisi la Valigia delle Indie.

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Colonie italiane

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La Colonia Eritrea

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Nuove convenzioni marittime

• Nel giugno 1877 fu approvato un nuovo sistema di concessioni, che limitò le linee litoranee, non più utili per la presenza di ferrovie, e migliorò i rimanenti servizi, come quelli fra terraferma e isole di arcipelaghi. 

• Furono anche istituite nuove linee internazionali da Genova a Singapore, da Palermo e Venezia a Smirne e Salonicco. I servizi furono tutti affidati alle societàFlorio (che aveva incorporato la Trinacria) e Rubattino, le quali nel luglio 1881 si fusero costituendo la Navigazione generale italiana, con l’appoggio del governo che vedeva di buon occhio la formazione di una grande compagnia.

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Navigazione generale

• La Navigazione generale ebbe inizialmente 83 piroscafi, 43 provenienti dalla Florio e 40 dalla Rubattino, ma ne acquistò subito altri 6, divenendo la seconda compagnia del Mediterraneo e ingrandendosi ulteriormente negli anni successivi con l’inglobamento di compagnie minori che cessavano il servizio.

• Lo Stato garantì alla nuova società forti sussidi per l’esercizio delle linee navali e la stessa mantenne per quasi 30 anni il monopolio dei principali servizi concessi, istituendo comunque anche linee non sovvenzionate per l’India, la Cina, l’Oceania e soprattutto per le due Americhe, a sostegno della crescente emigrazione.

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Il naviglio italiano

• Il naviglio italiano, dopo aver raggiunto la massima espansione di 1.078.000 tonnellate con 11.045 navi nel 1876, discese nel 1881 a 989.000 tonnellate con 7.815 unità, e non solo per gli effetti della depressione economica che colpiva l’Europa.

• La rapidità con cui procedeva l’incremento delle marine straniere, aiutate dai rispettivi governi per l’affermarsi in tutto il continente di una nuova ondata protezionistica, rese indispensabile un intervento statale.

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La tariffa doganale

• Con la tariffa doganale si volevano incentivare le costruzioni e i servizi di navi nazionali, concedendo anticipazioni senza interessi per l’acquisto di piroscafi e premi di navigazione legati alla percorrenza e alla capacità dei mercantili.

• Questo nell’intento di assicurare in certo modo al capitale investito in imprese di navigazione, se non un minimo d’interesse, almeno un contributo sul quale l’armatore potesse contare con sicurezza.

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I risultati della protezione

• La legge non ottenne quanto auspicato per la produzione navale: nel decennio successivo, tra le navi a vapore in ferro superiori a 500 tonnellate soltanto 11 furono costruite nei cantieri nazionali, mentre 107 vennero acquistate all’estero anche usate, tanto che la marina mercantile italiana fu detta «marina di rigattieri».

• Si compravano cioè dei grandi «ferrivecchi» inglesi, sfruttandoli poi fino all’estremo, dato che si era coperti dalle sovvenzioni statali poco attente alla qualità dei servizi.

• Migliore fu l’esito per quanto riguardava l’incremento dei piroscafi rispetto ai velieri: dei primi entrarono in esercizio complessivamente circa 220.000 tonnellate, dei secondi appena 3.600 tonnellate. 

• Allo stesso tempo terminava la costruzione di navi in legno, con gli ultimi 15 bastimenti a vela fabbricati dal 1890 al 1904 per il lungo corso

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Il primo Novecento

• Nel complesso, sul lungo periodo il protezionismo marittimo diede buoni frutti: i mercantili a vapore erano 176 nel 1881 per un tonnellaggio complessivo di 93.000 tonnellate. Nel 1914 il loro numero era arrivato a 949, raggiungendo le 933.000 tonnellate. 

• Nel primo Novecento la modernizzazione navale dell’Italia era giunta a compimento e i suoi battelli risultavano ormai in linea con i parametri dei maggiori Stati europei.

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I porti

• I porti richiesero azioni assai dispendiose per la crescita delle dimensioni navali e per le caratteristiche fisiche della penisola, priva di adeguate insenature naturali. 

• All’indomani dell’unità ben 298 porti punteggiavano le coste, soprattutto quelle tirreniche, con funzione di approdo per il cabotaggio e per le attività dei pescherecci. In numero ridotto risultavano invece i porti principali, quelli cioè che attiravano la navigazione internazionale.

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Genova, Venezia, Brindisi

• Il porto principale era quello di Genova, dove furono realizzate diverse opere di ammodernamento e la movimentazione di merci passò da 1.300.000 tonnellate nel 1882 a 4.100.000 nel 1889.

• Subito dopo l’unificazione vennero inoltre migliorati i porti di Venezia, e soprattutto di Brindisi, attracco della Valigia delle Indie.

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Le risorse per i porti

• Nell’età giolittiana gli stanziamenti per i porti, resi indispensabili dal decollo industriale, aumentarono in misura rilevante, e si registrò un trend ascensionale che portò oltre il milione di tonnellate le merci sbarcate e imbarcate a Genova, Venezia, Napoli, Savona e Livorno. 

• Le risorse vennero tuttavia distribuite a pioggia verso una miriade di scali, non solo marittimi ma anche lacuali

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Emigrazione

• Nel Novecento, i cantieri italiani hanno costruito molti transatlantici, noti internazionale per la tecnica, la qualità di costruzione e il comfort di viaggio. 

• La costruzione era dovuta sia alla riconversione dei tradizionali cantieri sia al grange flusso di emigrazione che dall’Italia raggiungeva le Americhe alla ricerca di lavoro scappando dalla miseria.

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Transatlantici

• Le navi attraverso gli oceani sono state chiamate transatlantici per il fatto che viaggiavano in gran parte attraverso l’Atlantico. Le rotte tipiche dei transatlantici si svolgevano fra l’Europa e l’America, e da tutti i maggiori porti europei vi erano servizi regolari per gli USA o per alcuni paesi sudamericani come l’Argentina. 

• Il transatlantico (che era in passato una nave a vapore) restò l’unico mezzo di trasporto diretto fra il Vecchio ed il Nuovo Continente, sino all'allestimento delle rotte aeree intercontinentali.

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Immagini

1872

Transatlantico Michelangelo 1965-75

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I porti nel Novecento• L’aumento delle dimensioni navali fece cambiare le attrezzature portuali: si modificò la tecnica di costruzione per ricevere navi giganti, inoltre furono necessari più ampi spazi, per esempio per creare depositi di combustibili (soprattutto carbone), impianti di drenaggio e magazzini. 

• Si ebbe pure una crescente specializzazione per merce, che ridusse il numero dei porti, i quali vennero potenziati a più riprese tra metà Ottocento e fine Novecento, con un’incessante corsa all’espansione delle aree utilizzate.

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Navi da crociera

• A metà degli anni 1980 la flotta mercantile italiana rappresentava l’1,5% del tonnellaggio mondiale, mostrando tuttavia un’attitudine alla qualificazione in alcuni settori: per esempio le imbarcazioni off‐shore per ricerche di idrocarburi di origine sottomarina, il naviglio per il trasporto di gas liquefatto e prodotti chimici, i traghetti per passeggeri e soprattutto le navi da crociera.

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