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LA MONTAGNA DEI RAGAZZI CONOSCERE LA MONTAGNA ATTRAVERSO LA GRANDE GUERRA ESCURSIONI E ITINERARI DI SCOPERTA LUNGO I SENTIERI DELLA GRANDE GUERRA NELLE VALLI DI FIEMME E FASSA

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LA MONTAGNA DEI RAGAZZICONOSCERE LA MONTAGNA ATTRAVERSO LA GRANDE GUERRA

Escursioni E itinErari di scopErta

LUNGO I SENTIERI DELLA GRANDE GUERRA

NELLE VALLI DI FIEMME E FASSA

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Progetto: Accademia della Montagna del Trentino Testi: Francesca Dagostin, Roberto Daprà, Maria PiccolinCredits fotografici: Archivio Comune Ziano di Fiemme [CZF], Archivio De Bernardin-Wachtler, Archivio Museo Storico Italiano della Guerra [MGR], Archivio Soprintendenza per i Beni Culturali [SBC], Associazione “Sul fronte dei ricordi” [AFR], Azienda di Promozione Turistica della Valle di Fiemme - Alberto Campanile, Collezione Walter Zorzi [CWZ], Collezione Carlo Zorzi [CZ], Istituto Culturale Ladino di Vigo di Fassa [ICL], Maria Piccolin [MP], Giuseppe Zanon.Illustrazioni: Federica PeriottoProgetto Grafico: EgonStampa: Grafiche Stile – Rovereto

ISBN: 978-88-96215-75-3

Accademia della Montagna del TrentinoVia Romagnosi, 538122 Trentotel. 0461 493175 mail: [email protected]

© 2014, Egondi Emanuela Zandonai Editore s.r.l.via del Garda 32, Rovereto (TN)tel. 39 0464 484500fax 39 0464 484528

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Imparare a conoscere il territorio in cui si vive è una tappa decisiva nel percorso di cresci-ta di ogni persona che risulterà tanto più coinvolgente e appassionante se l’esplorazione avrà inizio fin da giovani, quando è più facile ricordare i luoghi e immaginare le vicende che li han-no segnati. Per questo anche una piccola pubblicazione può diventare un’opportunità formati-va, aggiungendo un’autentica esperienza culturale al piacere di una camminata all’aria aperta. Questa collana, realizzata per iniziativa della Fondazione Accademia della Montagna del Trentino in collaborazione con il Museo Storico Italiano della Guerra, non è tuttavia solamente un contributo per accendere la curiosità dei ragazzi verso un passato che ha segnato radicalmente la vita dei loro bisnonni. In questi giorni in cui l’assurdità della guerra continua a insanguinare l’umanità, una visita diretta ai luoghi dove si combatté la Grande Guerra può diventare il discorso più efficace per promuo-vere un mondo liberato dalla violenza.

Annibale SalsaPresidente del Comitato Scientificodell’Accademia della Montagna del Trentino

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Reticolati sotto il Castellazzo [MGR 111/34]

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LA PRIMA GUERRA MONDIALE E IL TRENTINO

La Prima guerra mondiale scoppiò cento anni fa. Iniziò nel 1914 e si concluse nel 1918. Coinvolse la Francia, la Gran Bretagna, la Russia, la Germania, l’Austria-Ungheria, l’Italia, la Turchia, gli Stati Uniti, il Giappone e tanti altri, oltre a paesi che allora erano co-lonie di stati europei come l’India, il Sudafri-ca, l’Australia e il Senegal.

Venne chiamata “Grande Guerra” perché pri-ma non ce n’era mai stata una così terribile. Vennero mobilitati milioni di soldati, furono inventate nuove armi come i gas asfissianti e usati moderni mezzi di trasporto come l’aereo. Morirono più di 9 milioni di soldati e moltissimi civili, la vita di milioni di donne e bambini cambiò radicalmente.

All’epoca il Trentino faceva parte dell’Impero austro-ungarico e confinava con il Regno d’Italia. Nel 1914 più di 55.000 trentini vennero richiamati alle armi e inviati in Galizia, una regione che oggi si trova tra la Polonia e l’Ucraina. Lì combatterono contro l’esercito russo; moltissimi vennero fatti prigionieri, più di 11.500 morirono.

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Nel maggio 1915 l’Italia dichiarò guerra all’Austria-Ungheria e il Trentino si tra-sformò in un campo di battaglia: si scavaro-no centinaia di chilometri di trincee, i paesi furono bombardati, donne, vecchi e bambini dovettero abbandonare le loro case. Per la prima volta i soldati dovettero combattere anche in alta montagna tra le nevi e i ghiacci.

Circa 700 trentini, chiamati “irredentisti”, si arruolarono volontari nell’esercito italiano con l’obiettivo di unire il Trentino all’Italia. Alcuni di questi - Cesare Battisti, Fabio Filzi e Damiano Chiesa - furono catturati dagli au-striaci, processati e condannati a morte per tradimento.

Al termine della guerra, scomparvero gli im-peri russo, tedesco, austro-ungarico e turco e nacquero nuovi Stati. Il Trentino divenne parte dell’Italia, uscita vincitrice dal conflitto.

Marmolada. Baracche travolte da una valanga [MGR 116/140]

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All’alba del conflitto con il Re-gno d’Italia le valli di Fiemme e Fassa erano difese da un siste-ma di fortificazioni, ormai su-perato, costituito dai forti Buso e Dossaccio a Paneveggio e dal forte Moena a Someda.Allo scoppio della guerra l’area era pressoché sguarnita di trup-pe e la difesa era affidata alle catene montuose approntate con trinceramenti e reticolati. I comandi austro-ungarici pre-starono particolare attenzione a questo settore poiché lo sfon-damento avrebbe garantito agli italiani un accesso diretto alla valle dell’Adige. I primi attacchi italiani si concentrarono su passo Selle in val San Pellegrino ma i combattimenti più cruenti furono quelli per la conquista della Marmolada e di punta Serauta (3065 m).

LA GRANDE GUERRA NELLE VALLI DI FIEMME E FASSA

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Trincea austro-ungarica sul Costabella [MGR 114/134]

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Dopo l’offensiva austriaca del maggio 1916 (la cosiddetta Strafexpedition), che aveva interessato il territorio tra lo Zugna e gli Altipiani di Folgaria e Lavarone, il comando italiano ordinò una serie di at-tacchi volti a impegnare le forze nemiche sul Lagorai nella prospettiva di uno sfondamento.

Nel 1916 si registrarono sanguinose battaglie nella zona di Cima Bocche (2.745 m) e sul Costabella (2.759 m); in valle di Fiemme gli scontri si concentrarono sui monti Cauriol (2.494 m) e Cardinal (2.481 m). Gli attacchi contro queste cime, difese tenacemente dagli austriaci, risultarono particolarmente difficili e richiesero azioni ardite da parte degli italiani.

Nel corso dell’inverno del 1916-17 il freddo, la neve e le valanghe provocarono un elevato numero di vittime; i soldati furono costretti a vivere in condizioni estreme e organizzarono un sistema di gallerie scavate nella neve. Nel 1917 iniziò una guerra di mine per la conquista del Colbricon.

Nell’autunno 1917, con la disfatta di Caporetto, gli italiani furono costretti ad abbandonare il fronte dolomitico e ad attestarsi sulla linea del Piave. Il 3 novembre 1918 venne firmato l’armistizio di Villa Giusti; con la fine della guerra le valli di Fiemme e Fassa passarono al Regno d’Italia.

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LA POPOLAZIONE CIVILE TRA GUERRA E DOPOGUERRA

Nel maggio 1915, con l’entrata in guerra dell’Italia, la popolazione civile venne evacuata dalle zone prossime alla linea del fronte. Oltre 100.000 profughi trentini furono deportati in Austria o in Italia; molti di questi finirono nei campi di raccolta, costituiti da spogli baraccamenti ricordati come “le città di legno”.

Penia e Moena vennero temporaneamente evacuati e in breve la popolazione poté tornare nelle proprie case. I paesi delle valli di Fiemme e Fassa furono occupati dai militari. La necessità di rifornire costantemente i soldati comportò la requisizione di beni e bestiame. Donne, an-ziani e bambini dovettero sopportare una lunga e logorante convivenza con i militari: edifici pubblici e privati vennero requisiti e adibiti a magazzini o alloggiamenti per le truppe. I continui rincari e i divieti sui commerci spinsero i civili alla miseria. A sostegno della popolazione intervenne la Comunità Ge-nerale di Fiemme che favorì l’approvvigionamento alimentare acquistando prodotti all’ingrosso che poi venivano distribuiti ai Comuni a prezzo agevolato.

Il 4 novembre 1918 cessarono le ostilità, i soldati italiani entrarono nelle valli e nei paesi pren-dendo possesso degli alloggi e delle sedi prima occupate dagli austriaci. A guerra finita la popolazione civile dovette fare i conti con gli ingenti danni causati dai combattimenti e da anni di permanenza di migliaia di soldati.

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Ziano di Fiemme. Ragazzi impiegati dall’esercito austro-ungarico nel taglio e nella raccolta del legname [CZF]

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Pergine

Tenna Levico TermeNovaledo

Marter

Roncegno

Telve Pieve Tesino

Villa Agnedo

Bieno

Ivano-fracena

Strigno

Passo Manghen

Castello Tesino

Ospedaletto

BorgoValsugana

Caldonazzo

Lago diCaldonazzo

Fiume Brenta

Ivano-fracena

Itinerario 3

Itinerario 4

Itinerario 2

Itinerario 1

Val Sàdole nei pressi del rifugio Cauriòl [APT Valle di Fiemme, Alberto Campanile]

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Pergine

Tenna Levico TermeNovaledo

Marter

Roncegno

Telve Pieve Tesino

Villa Agnedo

Bieno

Ivano-fracena

Strigno

Passo Manghen

Castello Tesino

Ospedaletto

BorgoValsugana

Caldonazzo

Lago diCaldonazzo

Fiume Brenta

Ivano-fracena

Itinerario 3

Itinerario 4

Itinerario 2

Itinerario 1

Itinerario 1

Itinerario 2

Itinerario 3

Itinerario 4

Cavalese

Obereggen

Pampeago

Forte Dossaccio

San Martino di Castrozza

Passo San Pellegrino

Val San Nicolò

Ziano

Cauriol

Latemar

Colifon

Tesero

Bellamonte

Predazzo

Moena

Vigo di Fassa

Pozza di Fassa

Marter

ITIneRARI

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COME PREPARARSI AD UN’ESCURSIONE IN MONTAGNAOltre ad offrire un paesaggio e una natura incontaminati, i monti delle valli di Fiemme e Fassa permettono di ripercorrere alcuni dei luoghi dove venne combattuta la Grande Guerra. Come tutte le gite, anche un’escursione in montagna va organizzata.

ecco alcuni suggerimenti: - indossa un abbigliamento pratico e delle calzature adatte (scarponcini)- scegli un itinerario adatto alle tue capacità e al tuo allenamento - assicurati che le previsioni del tempo siano buone- studia l’itinerario prima di partire, porta con te la cartina e mantieni il cammino

sui sentieri segnalati - in generale non ti addentrare in grotte o gallerie; dove è consentito l’ingresso,

fatti accompagnare da un adulto e ricordati di portare una torcia elettrica- non disturbare gli animali: limitati ad osservarli- rispetta l’ambiente: riporta a casa i tuoi rifiuti!

Cosa non deve mancare nel tuo zaino: - una buona quantità di acqua- qualcosa da mangiare durante la giornata- un cappellino e gli occhiali per ripararti dal sole - una maglia e uno spolverino per la pioggia: in montagna il tempo può cambiare

molto velocemente- la crema protettiva per evitare scottature - una cartina della zona.

Nota: nelle schede degli itinerari, il tempo di percorrenza comprende il percorso di andata e ritorno ma non le soste e le visite ai luoghi di interesse.

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1° ITINERARIOIL MONTE CAURIòL

L’itinerario ci porta nel cuore del Lagorai, una catena montuosa che si estende da passo Rolle alla Panarotta e alla valle dei Mocheni. Le sue cime rappresentavano per l’esercito austro-ungarico una posi-zione di grande valore strategico e, per questo motivo, furono interessate dalla costruzione di trincee, gallerie in roccia e postazioni d’artiglieria.

L’itinerario comincia dal rifugio Cauriòl, a quota 1.600 m; il rifugio è raggiungibile in auto partendo da Ziano. Prima di iniziare la nostra escursione, suggeriamo di fare un salto all’interno del rifugio: qui è espo-sta un’interessante collezione di cimeli e materiali provenienti dai circostanti monti Cauriòl, Cardinàl, Busa Alta, Can-zenàgol, Litegósa e Copolà. La maggior parte dei reperti è stata raccolta da Aldo Zorzi e dalla sua famiglia, che per anni ha gestito il rifugio. La collezione si è arric-

Partenza: rifugio Cauriòl (1.600 m)Arrivo: monte Cauriòl (2.494 m)Dislivello: 894 mTempo di percorrenza: 5 ore e mezza Difficoltà: escursionistico, impegnativo

T. Avisio

Cima Busa Alta2.513 m

Cima di Litegosa2.548 m

Cadinon2.322 mRif. Cauriòl

1.600 m

M.ga Sadole

Bivio

Cauriol2.494 m

Selletta Carteri2.343 m

Cauriol Piccolo2.396 m

P.so Sadole2.066 m

Cardinal2.481 m

Panchià

Ziano di Fiemme

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chita nel tempo anche grazie ad alcune do-nazioni degli abitanti di Ziano e della valle di Fiemme.Usciti dal rifugio si percorre la strada ster-rata fino ad arrivare ad una conca erbosa fiancheggiata, sulla sinistra, dal rio Sàdole. Al bivio si prosegue verso destra per un sen-tiero tortuoso - segnavia n. 320 - che risale il fianco della montagna fino ad un’ulteriore biforcazione dalla quale partono i sentieri per la “via austriaca” e per la “via italiana”: la prima attraversa quello che un tempo era il fronte austriaco, la seconda quello italiano. Noi proseguiamo lungo la “via italiana” e in un’ora e mezza arriviamo a passo Sàdole (2.066 m). Dopo una breve sosta riprendiamo il percorso risalendo il versante meridionale del Piccolo Cauriòl fino alla selletta Carteri (2.343 m) raggiungibile in circa un’ora grazie ad un ripido sentiero a zig zag. Da qui in 30 minuti, fra camminamenti di guerra e scuri roccioni, arriviamo alla cima del Cauriòl (2.494 m). La visuale che si apre ai nostri occhi è grandiosa e, oltre che sulle vicine cime del Lagorai, spazia ad ovest dalle Dolomiti di Brenta alla Presanella e al gruppo Ortles-Cevedale, a nord sul Catinaccio, ad est sulla parete sud della Marmolada e le Pale di San Martino per terminare, a sud, sulla maestosa Cima d’Asta.

Fin dallo scoppio della guerra le truppe austro-ungariche erano schierate sulle cime del Lagorai in posizioni vantaggiose; l’impresa italiana per la conquista del Cauriòl apparve fin da subito estrema-mente difficoltosa ma fu fortemente voluta dai Comandi italiani. Il 27 agosto 1916, dopo tre giornate

Rifugio Cauriol [CZ]

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di durissimi scontri, gli alpini dei battaglioni Feltre e Monrosa ri-uscirono a conquistare la vetta, che in breve tempo venne forti-ficata con caverne e trincee. Il 3 settembre 1916 gli austro-unga-rici lanciarono un contrattacco: dopo cinque ore di bombarda-mento tentarono l’assalto alla cima, ma furono respinti. Nei giorni successivi gli scontri si concentrarono sulle cime vicine, ma si interruppero con l’avvento dell’inverno. Sul campo moriro-no migliaia di soldati d’entrambi gli eserciti, vittime sia delle armi sia della “guerra bianca”. A fine ottobre 1917 il Cauriòl fu defi-nitivamente abbandonato dalle forze italiane in seguito allo spostamento del fronte dopo la rotta di Caporetto.

Dalla cima del Cauriòl si scende percorrendo a ritroso il sentiero di salita fino a forcella Carteri. Da qui si prosegue, con le dovute precauzioni e stando attenti alle rocce instabili, lungo la “via austriaca” che conduce ai resti di un pozzo per la raccolta delle acque e ad alcune trincee. Giunti ad un bivio, igno-riamo il sentiero sulla destra e proseguiamo lungo il comodo tracciato che in breve ci riporta al rifugio Cauriòl e al parcheggio.

Il Cardinàl, il Càuriol, Passo Sàdole e il Castèl delle Aie [G. Zanon]

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LA TRASFORMAZIONE DEL TERRITORIO

Per realizzarla furono impiegati 1500 prigio-nieri serbi e russi e 3600 civili, donne e ragaz-zi, oltre a molti militari. Tra le requisizioni di beni vi fu anche quella

Allo scoppio della guerra il territorio delle valli di Fiemme e Fassa, che alla fine dell’800 era già stato trasformato con la realizzazione dei forti Dossaccio, Buso e Someda, fu pesante-mente segnato dalla costruzione di trincee, camminamenti, ricoveri, postazioni d’artiglie-ria, strade e sentieri militari. Le foreste furo-no disboscate a causa della forte richiesta di legname. Sui monti sorsero cimiteri militari, spesso nelle vicinanze del fronte. Anche il fondovalle e i paesi subirono tra-sformazioni: gli edifici principali, tra questi il Palazzo della Magnifica Comunità di Fiemme, furono occupati dai militari e usati come ca-serme o depositi. L’esercito austro-ungarico realizzò laboratori militari, cucine e sartorie nelle quali vennero impiegati anche i civili, principalmente donne.Tra le opere più importanti va ricordata la ferrovia di Fiemme che collegava Ora a Pre-dazzo: costruita a partire dal 1915, garantiva il rapido trasferimento di truppe e materiali.

delle campane, fuse per ricavare metallo da destinare all’industria bellica. I paesi, rimasti senza rintocchi, persero un ulteriore fram-mento della loro identità.

San Lugano, prigionieri russi impiegati nella realizzazione della linea ferroviaria Ora-Predazzo [CWZ]

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2° ITINERARIOFORTE DOSSACCIO

L’itinerario ci porta a visitare forte Dos-saccio, realizzato alla fine dell’800 dall’e-sercito austro-ungarico. L’opera costitu-iva il sistema difensivo tra la val di Travi-gnolo, protetta dal forte Buso, e il passo San Pellegrino, difeso dal forte di Some-da. Forte Dossaccio doveva garantire il controllo del passo Valles e della valle del Travignolo, nonché la difesa da un’e-ventuale penetrazione italiana all’Alpe di Lusia.

L’escursione parte dal Centro Visitatori del Parco Naturale di Paneveggio – Pale di San Martino, raggiungibile in automo-bile attraverso la strada statale n. 50 che da Predazzo porta a passo Rolle. Nei pressi dell’ampio parcheggio parte una strada forestale, che in pochi minuti ci conduce ad un bivio. Superato l’incro-cio con il sentiero che conduce alla malga e ai laghi di Bocche, si prosegue tenendo

Partenza: parcheggio del Parco Naturale di Paneveggio (1486 m)Arrivo: forte Dossaccio (1838 m)Dislivello: 350 mTempo di percorrenza: 3 oreDifficoltà: facile

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la sinistra fino ad una spianata verdeggiante chiamata “Pian delle Carigole” (1.680 m). Qui durante la guerra un reparto di truppe italiane fu annientato dai cannoni austro-ungarici po-sizionati nei pressi di forte Dos-saccio. Oltrepassato il pianoro e la baita, utile rifugio in caso di maltempo, si arriva al bivio con il sentiero che scende a Bella-monte e forte Buso. Noi prose-guiamo restando sulla sinistra e saliamo di qualche centinaio di metri fino a raggiungere il forte (1.838 m).

La costruzione venne edificata dal comando austriaco tra il 1886 ed il 1900, come si può ancora leggere su una pietra scolpita posizio-nata all’interno dell’ampio fossato. La posizione su cui sorge il forte è strategica: lo sperone roccioso permetteva di controllare tutta la valle del Travignolo e la strada che da passo Rolle scendeva verso Predazzo. La struttura è a pianta pentagonale su due piani; realizzata in porfido e calcestruzzo, venne dipinta in grigio-verde per garantirne il mimetismo. Il forte era protetto lungo tutto il perimetro da un fossato; frontalmente la difesa era affidata a un cofano in calcestruzzo munito di mitragliatrici e ad un campo di reticolati profondo 12 metri. Una galleria faceva da collegamento con un fortino avanzato, dotato di tre riflettori alimentati da un gruppo elettrogeno a benzina. L’armamento era composto da quattro obici da 10 cm collocati in cupole girevoli corazzate, quattro cannoni posti in casematte di

Forte Dossaccio [SBC, Studio Foto Rensi]

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pietra con scudo corazzato, e dodici mitragliatrici. Il forte era dotato anche di tre osservatori corazzati.

Il forte era completamente autosufficiente per quanto ri-guardava l’approvvigionamento idrico, fornito da un ba-cino per la raccolta dell’acqua piovana; disponeva di ma-gazzini, depositi, alloggiamenti per le truppe e condotti di aerazione per il ricircolo dell’aria. Un collegamento ottico-telegrafico e telefonico lo teneva in costante contatto con i forti Buso e Someda. Al suo interno poteva ospitare una guarnigione di circa 200 soldati. La fortezza, rimodernata nel 1912, venne presto giudicata superata e già nel 1915 venne disarmata e declassata a falso bersaglio: nelle cu-pole, al posto dei cannoni, vennero inseriti tronchi d’albero che simulavano le canne degli obici. Le artiglierie vennero trasferite all’aperto, nelle vicinanze del forte.

Nel corso degli ultimi anni il forte è stato interessato da un’importante opera di recupero curata dalla Soprinten-denza ai Beni Culturali. Il progetto ha previsto un restauro di tipo conservativo, che ha puntato a mantenere la strut-tura così come è giunta a noi e conservare i segni della presenza dei soldati. L’apertura al pubblico è prevista per l’estate 2015.

Per informazioni: Azienda per il Turismo della Valle di Fi-emme, Ufficio Informazioni Predazzo tel. 0462 501237, www.visitfiemme.it Interni del forte Dossaccio [SBC, Paolo Faccio]

Cupola corazzata trasferita nelle vicinanze del forte [CWZ]

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GLI SBARRAMENTI DI PANEVEGGIO E MOENA

A partire dalla metà dell’Ottocento l’Impero austro-ungarico decise di realizzare un com-plesso sistema di fortificazioni per difendere i confini con il Regno d’Italia. nel 1883 lo Stato Maggiore austriaco ordinò al Genio militare di Innsbruck, a capo del quale era il colonnello Julius Vogl, di intervenire sul versante orien-tale del Trentino. La nuova linea difensiva fu individuata all’altezza di Paneveggio, da una parte, e presso Moena dall’altra. Forte Buso e forte Dossaccio dovevano ostacolare il pas-saggio verso Bellamonte, Predazzo e la valle di Fiemme; il forte di Someda doveva sorve-gliare l’accesso alla valle di Fassa attraverso passo San Pellegrino. La posizione dei tre forti presentava notevoli vantaggi in quanto il tiro delle artiglierie poteva battere anche la zona intermedia dell’Alpe di Lusia.

Le fortificazioni furono realizzate in pietra e calcestruzzo e protette da un sistema di re-ticolati; erano dotate di mitragliatrici e arti-glierie inserite in cupole girevoli di acciaio. Giudicati ben presto obsoleti, e scartata l’idea Forte Buso [CWZ]

di un loro ammodernamento, già nel 1915 i forti furono privati del loro armamento che fu trasferito in postazioni all’aperto o scavate nella roccia. Al termine della guerra, come le

altre fortificazioni presenti sul territorio tren-tino, furono interessati dall’opera dei recupe-ranti che estrassero i metalli dalle strutture riducendole in rovina.

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3° ITINERARIOLE POSTAZIONI ITALIANE DELLA CAMPAGNACCIA

Il vasto altipiano erboso della Campa-gnaccia sovrasta il passo San Pellegrino. Oggi viene utilizzato come pascolo esti-vo e per lo sci in inverno, ma per tutta la durata della guerra questa vasta prateria fu “terra di nessuno” e fu tenuta costan-temente sotto tiro dalla prima linea au-stro-ungarica che si snodava sulle cime sovrastanti (punta Alochet, passo Le Sel-le, catena di Costabella).

Il 18 giugno 1915 i soldati italiani occupa-rono i due modesti rilievi di Sas dal Musc e Colifon che delimitano la Campagnaccia verso sud: qui crearono due avamposti in caverne, collegati alle retrovie con lunghe trincee e mulattiere nascoste. Da qui era possibile controllare le creste di Costabel-la dove si concentrarono i principali scon-tri tra i due eserciti. In particolare merita di essere ricordata la battaglia del marzo 1917 per il possesso di cima Costabella, nella quale si registrarono molte perdite.

PARTENZA: passo San Pellegrino (seggiovia Costabella) (1.918 m)ARRIVO: Colifon (2.370 m) DISLIVELLO: 452 mTEMPO DI PERCORRENZA: 3 oreDIFFICOLTÀ: facile

Iuribrutto2.697 m

Col Margherita2.594 m

Passo San Pellegrino1.920 m

Passo alle Selle

Cima Bocche2.745 m

Spiz de Ricoleta1.922 m

L’Om2.204 m

Fango1.643 m

Spiz di Tariciogn2.647 m

Col ToronAlochet2.582 m

Colifon2.370 m

Lasté pìcol2.696 m

Lasté gran2.717 m

Cima de Costabela2.761 m

Sforcela del Ciadin

2.667 m

Cima de Campagnaccia

2.737 m

Om gran2.805 m

Om picol2.483 m

Sas dal Musc2.483 m

Cima Uomo3.004 m

T. A

visio

Pozzadi Fassa

Vigodi Fassa

Moena

Val di San Pellegrino

Monzoni

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Le postazioni di Sas dal Musc e Colifon furono mantenute dagli italiani fino al novembre 1917, quando tutto il fronte dolomitico fu abbandonato, in seguito ai fatti di Caporetto. Oggi, lungo la catena mon-tuosa Monzoni-Costabella, rimangono molte tracce della permanenza dei due eserciti che è possibile ammirare percorrendo due vie attrezzate che richiedono preparazione ed attrezzatura adeguata: l’alta via Creste di Costabella “Bepi Zac” e l’alta via dei Monzoni dedicata a Bruno Federspiel. Tutto l’insieme è stato riscoperto e reso nuovamente visitabile grazie ai volontari dell’associazione storica “Sul fronte dei ricordi” molto attiva nella zona e presente con un piccolo museo a Someda, frazione di Moena.

Panorama sulla Campagnaccia e su passo San Pellegrino da una postazione del Colifon [MP]

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La zona della Campagnaccia si raggiunge facil-mente da passo San Pellegrino utilizzando la seg-giovia “Costabella”. All’arrivo si imbocca la mulat-tiera verso il passo Le Selle e si prosegue per circa 1 km; a questo punto si abbandona la strada per inoltrarsi sui pascoli pianeggianti, dove la segna-letica indica le trincee e le postazioni italiane. Se-guendo le indicazioni si raggiunge in poco tempo il Colifon dove, muniti di torcia, è possibile inoltrar-si nelle gallerie munite di feritoie che offrono uno splendido panorama sulla valle di San Pellegrino. Da qui si prosegue verso ovest scendendo dolce-mente verso il secondo avamposto italiano di Sas dal Musc, da dove una mulattiera, ripida ma ben tenuta, scende a passo San Pellegrino, costeggian-do altre caverne e piazzole italiane. L’intera escursione si compie in circa 3 ore di cammino.

Per completare la visita alle linee fortificate di passo San Pellegrino si può visitare il campo trincerato del Fanch (Fango), posto lungo la strada che conduce da Moena a passo San Pellegrino. Adiacente alla strada si trova un comodo parcheggio, dal quale si può cominciare la breve e semplice visita alle trincee che si snodano nel bosco sovrastante. Qui correva la seconda linea difensiva austro-ungarica, composta da trincee ben costruite e fortificate, dotate di postazioni per fucile e mitragliatrice. Nei pressi sorgevano depositi di viveri e munizioni oltre che numerose baracche ricovero per i soldati. Da qui partivano i rifornimenti per il fronte d’alta quota, fino al passo Le Selle. Attraversando la strada ed il ponte sul torrente San Pellegrino, dopo un brevissimo tratto di mulattiera (5 minuti), si trovano altre trincee con resti di muri a secco e postazioni di fucilieri. Anche questa zona è stata ripulita e provvista di adeguata segnaletica dall’associazione “Sul fronte dei ricordi”.

Trincee di Fango [AFR]

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RICHARD LÖWY

Richard Löwy, nato in Boemia nel 1886, giunse a Moena nel 1915 in qualità di ufficiale del Genio militare austro-ungarico.

Il tenente si rivelò molto attento alle esigenze della popolazione locale: permise agli abitanti di Moena evacuati nel maggio del 1915 di tornare già in luglio alle proprie case; favorì il richiamo di combattenti su vari fronti per impiegarli nel settore dolomitico; ottenne l’assegnazione degli uomini e dei ragazzi rimasti in valle alla costruzione delle fortificazioni in valle San Pellegrino, evitandone così l’invio al fronte; strutturò i turni dei soldati in modo da permettere di svolgere i lavori stagionali nei campi. Offrì alle donne della valle l’impiego in una sarto-ria e in una lavanderia militare e fu generoso nei confronti delle famiglie più indigenti. Organizzò anche un lazzaretto per gli ammalati di tifo. Per queste sue azioni gli alti comandi lo fregiarono del Signum laudis, massimo riconoscimento agli ufficiali in guerra; nel dicembre 1916 il consiglio comunale di Moena lo nominò cittadino onorario.

Alla fine degli anni ’30 Löwy, in fuga dal nazismo e dalle leggi razziali contro gli ebrei, ritornò a Moena. nel 1940 venne internato dalle autorità italiane in un campo di concentramento; nel 1941 fu rilasciato e tornò a Moena, dove sopravvisse grazie al sostegno della comunità locale. nel gennaio 1944 venne arrestato, trasferito nel campo di Fossoli e, infine, in quello di Auschwitz, dal quale non fece più ritorno.

Richard Löwy [Istituto Culturale Ladino di Vigo di Fassa]

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4° ITINERARIOVAL SAN NICOLò - STRADA DEI RUSSI

La val San Nicolò si inoltra verso est da Meida, frazione di Pozza di Fassa. È una tipica valle dolomitica, ricca di boschi, pa-scoli e prati, coronata verso sud dalle alte pareti rocciose del gruppo del Costabel-la, teatro di cruente battaglie d’alta quo-ta tra il 1915 e il 1917. La valle si chiude ad est con punta di Col Ombert ed i passi San Nicolò e Pasché che danno accesso alla valle di Contrin e alla Marmolada. Gli abitanti di Pozza la utilizzano da sempre come pascolo estivo perciò vi hanno co-struito nel tempo numerose baite e fienili, oggi ancora ben conservati ed usati, an-che se solo a scopo di svago e turismo.

Al tempo della Prima guerra mondiale in val San Nicolò fu realizzato un gran-de accampamento militare al servizio del fronte di Costabella, con il quale era collegato con teleferiche, e del settore della Marmolada, attraverso il passo San

Partenza: val San Nicolò, località Sauch (1.735 m)Arrivo: Baita alle Cascate (2.011 m)Dislivello: 276 mTempo di percorrenza: 2 ore circaDifficoltà: facile

T. A

visio

Lach de Lauscel

Strada dei Russi

Val Monzoni

Val de Buffaure

Val di San Nicolò

Sas de Adam2.433 m

Sas Neigher2.601 m

Forcella L Pief2.182 m

Sas PorcelCol de Valvacin

Col Ombert2.670 mBaita

alle Cascate

Monumento

Pecol

Saùch Baita Ciampie1.826 m

Sas de Ròces2.618 m

P.so S. Nicolò2.339 m

Meida

Buffaure

Col dal Larsc

Monzoni

Pozzadi Fassa

Vigodi Fassa

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Nicolò. Nelle baite già esistenti e nelle nuove baracche alloggiavano soldati austro-ungarici dei più svariati reparti: Standschützen di Dornbirn e locali, Landesschützen, Kaiserjäger e truppe della Bosnia Erzegovina, ma anche numerosi prigionieri di guerra russi, che venivano utilizzati per il trasporto di materiale e per altri lavori pesanti.

La nostra escursione prende avvio dal parcheggio in località Sauch, raggiungibile in automobile da Pozza di Fassa. Qui la valle si apre in una bella conca prativa punteggiata di baite. Si imbocca la strada ancora asfaltata e la si percorre per circa 2 km (40 minuti di camminata tranquilla); nei pressi di Baita Ciampié (bar e ristorante) la strada si fa sterrata e va percorsa per un ulteriore tratto (circa 500 m, 10 minuti) fino a raggiungere uno spiazzo che ospita un monumento. L’opera, restaurata di recente, rac-coglie i nomi dei comandanti dei vari reparti schierati nella zona tra il 1915 e il 1916.

Monumento a Josef Premstaller [MP]Tipica baita, un tempo Comando militare austro-ungarico [MP]

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Lasciandosi alle spalle il monumento si imbocca il sentiero di destra – indicazione per le cascate – e lo si percorre per circa mezzo chilometro, attraversando il torrente e inoltrandosi in un rado bosco di larici fino a raggiungere lo slargo prativo di For-cia. Qui, sulla sinistra e poco discosto dal sentiero, sorge un se-condo monumento dedicato alla guida alpina di Sarentino Josef Premstaller, caduto sul Costabella nella notte tra l’1 e il 2 aprile 1916. Il monumento venne progettato dall’ingegnere Leo Handl che stazionò in zona tra il 1915 e il 1916, per essere poi spostato in Marmolada, nella “Città di ghiaccio” che lui stesso aveva pro-gettato. Accanto al monumento sorge una tipica e antica baita che fu sede del Comando militare austro-ungarico, come ricorda anche una targa posta accanto all’entrata.

Si prosegue per circa 500 m per raggiungere la Baita alle cascate (bar e ristorante, aperto solo d’estate). Poco prima della baita, at-traversando il piccolo torrente si potrà raggiungere la “Strada dei Russi”, qui ridotta a semplice sentiero. Questa strada, costruita in tempo di guerra dai prigionieri russi, era più nascosta rispetto alla principale e permetteva quindi il trasporto di materiale, viveri e munizioni verso la prima linea, al riparo dagli sguardi dei soldati italiani che occupavano la parte est della catena di Costabella.Percorrendo la “strada dei Russi” in poco più di un’ora si può rien-trare al parcheggio di Sauch, mantenendosi sempre sulla sinistra orografica della valle e attraversando un fitto bosco di abeti. In alternativa si può percorrere la stessa strada dell’andata. Panorama della val San nicolò [MP]

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LA CITTÀ DI GHIACCIO SULLA MARMOLADA

In Trentino la guerra si svolse prevalentemente in montagna e i soldati si fronteggiarono a quote fino ad allora impensabili in quella che fu definita “guerra bianca”. Sulle Dolomiti la linea si assestò dal passo Rolle a passo San Pellegrino, dalla Marmolada al Col di Lana, dalle Tofane alle Tre Cime di Lavaredo. Più insidiosi dei colpi d’artiglieria furono il freddo, la neve, le bufere e le valanghe che provocarono un gran numero di perdite.

Sulla Marmolada, a partire dal 1916, gli ingegneri austriaci realizzarono nel ghiacciaio una fitta rete di gallerie dotate di ricoveri, infermerie, depositi, un centralino telefonico, un trasformatore elettrico e persino una chiesa. La “città di ghiaccio” (eisstadt) si sviluppava per 12 chilometri e offriva ai soldati un riparo dalle rigide temperature esterne e dal fuoco nemico.

L’esercito italiano tentò ripetutamente di intercettare e occupare il sistema austro-ungarico; nella zona di Serauta e lungo la catena del monte Padon anche gli italiani realizzarono un proprio sistema di gallerie.

nel novembre 1917, dopo la ritirata italiana di Caporetto, il fronte si spostò dalle Dolomiti al Piave. La “città di ghiaccio” fu abbandonata: oggi, a causa del disgelo, non rimane traccia dell’ampio complesso.

A passo Fedaia è possibile visitare un museo che ospita reperti provenienti dal ghiacciaio e che racconta queste vicende.

La città di ghiaccio [Archivio De Bernardin-Wachtler]

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MUSEI DEDICATI ALLA PRIMA GUERRA MONDIALE IN VALSUGANA E SUL LAGORAI

COLLEZIONE DI CIMELI DEL RIFUGIO CAURIOLVal Sàdole, Ziano di FiemmeTel. 0462 570016 APT Valle di Fiemmewww.visitfiemme.it

“SUL FRONTE DEI RICORDI”Moena - Someda, Stala de la nenola Tel. 334 8222082www.frontedeiricordi.it

“1914-1918 LA GRAN VERA. LA GRANDE GUER-RA: GALIZIA – DOLOMITI”Moena, Teatro navalgeTel. 331 8029886 Info pointTel. 0462 565038 Ufficio Perle Alpinewww.fassa.com

MUSEO DELLA GRANDE GUERRA 1914-18 Passo Fedaia - CanazeiTel. 0462 601181 / 347 [email protected]

INFORMAZIONI TURISTICHE

AZIENDA PER IL TURISMOVAL DI FIEMMEVia F.lli Bronzetti, 6038033 CavaleseTel 0462 241111 www.visitfiemme.it

AZIENDA PER IL TURISMO VAL DI FASSAStrèda Roma 3638032 CanazeiTel 0462 609500 www.fassa.com

LA GRANDE GUERRA SUL WEBwww.trentinograndeguerra.it

GLI ALTRI TITOLI DELLA COLLANA PUBBLICATI

LUNGO I SENTIERI DELLA GRANDE GUERRA IN VALLARSA

LUNGO I SENTIERI DELLA GRANDE GUERRA IN VAL DI SOLE

LUNGO I SENTIERI DELLA GRANDE GUERRA IN VALLAGARINA

LUNGO I SENTIERI DELLA GRANDE GUERRA SUGLI ALTIPIANI DI FOLGARIA, LAVARONE E LUSERNA

LUNGO I SENTIERI DELLA GRANDE GUERRA NELL’ALTO GARDA E IN VALLE DI LEDRO

LUNGO I SENTIERI DELLA GRANDE GUERRA IN VALSUGANA E SUL LAGORAI

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Finito di stampare nel mese di febbraio 2015Grafiche Stile – Rovereto

FONDAZIONE ACCADEMIA DELLA MONTAGNA DEL TRENTINOInsieme per vivere, rispettare e conoscere la montagna di ieri, oggi e domani

L’Accademia della Montagna del Trentino è una Fondazione promossa dalla Provincia autonoma di Trento, per incentivare la conoscenza del territorio montano, valorizzare il patrimonio dell’arco alpino e la salvaguardia della montagna, in particolare del Trentino. Il suo compito è inoltre far emergere il valore storico, culturale, socio-economico e sportivo delle attività alpinistiche, sciistiche ed escursionistiche che si svolgono in montagna. Costituita il 21 dicembre 2009, è operativa dal marzo 2010.

I suoi soci fondatori sono la Provincia autonoma di Trento, la Camera di Commercio Industria Artigianato Agricoltura, l’Università degli studi di Trento, il Collegio Provinciale delle Guide Alpine, l’Associazione Accompagnatori di Territorio del Trentino, il Collegio provinciale Maestri di Sci del Trentino, l’Associazione Maestri di Sci del Trentino e l’Associazione Gestori Rifugi del Trentino.