La microbiologia nell'estrazione...

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L'estrazione del rame dal minerale a basso tenore viene realizzata su vasta scala negli Stati Uniti occidentali e questa produzione rappresen- ta più del 10 per cento della produzione nazionale. In questa ripresa fotografica aerea, si nota, nei pressi di Salt Lake Citv , un vasto impianto di lisciviazione delle scorie, adiacente a una miniera di rame a cielo aperto. I camion allineati sul bordo della discarica, a sinistra, trasporta- no ciascuno fino a 170 tonnellate di rocce sterili dalla miniera alla discarica. Per recuperare il rame, che è disperso a bassa concentrazione nei milioni di tonnellate di materiale ivi presente, viene versata sulla superficie superiore acqua acidificata. A mano a mano che questa per- cola attraverso la montagna di scorie, batteri del genere Thiobacillus, ' ‘!f•I che hanno una diffusione ubiquitaria in rocce del genere contenenti solfuri. proliferano e accelerano così notevolmente il processo di lisci- viazione, demolendo i minerali contenenti solfuri, trasformando il ferro bivalente in ferro trivalente e generando acido solforico. Il ferro triva- lente serve a ossidare i solfuri degradati, con produzione di solfato di rame solubile, che viene asportato dalla roccia con la soluzione lisciviante e raccolto in bacini per ulteriori trattamenti. In alcune parti del cumu- lo, alcune reazioni chimiche che producono calore possono far innal- zare la temperatura a più di 80 gradi centigradi, rendendo così l'ambien- te troppo caldo anche per quei bacini che sono moderatamente termo- fili. Queste «isole calde» possono dare ospitalità a batteri più robusti. La microbiologia nell'estrazione mineraria Il ruolo fondamentale che i batteri possono avere nell'estrazione dei metalli e nella purificazione degli scarichi è oggetto di intense ricerche per la messa a punto di tecnologie commerciali vantaggiose è affatto l'unico microrganismo ad avervi un ruolo importante. Tra gli altri micror- ganismi che vi partecipano si annovera T. thiooxidans, un batterio a forma di baston- cino, non molto diverso da T. ferrooxidans, che cresce sullo zolfo elementare e su alcu- ni composti solubili dello zolfo. Studi effet- tuati da Donovan P. Kelly e collaboratori all'Università di Warwick hanno confer- mato l'importanza delle colture miste di batteri nell'estrazione di metalli da mine- rali grezzi. Per esempio, T. ferrooxidans e T. thiooxidans combinati assieme sono più efficaci nella lisciviazione di certi minerali metalliferi dei due microrganismi, presi singolarmente. Analogamente, la combi- nazione di Leptospirillium ferrooxidans e di T. organoparus può degradare la pirite (FeS 2 ) e la calcopirite (CuFeS 2 ), un pro- cesso che né l'una né l'altra specie riescono a realizzare da sole. Negli ambienti acidi che offrono possi- bilità di vita ai batteri liscivianti si posso- no spesso isolare molti microrganismi eterotrofi: batteri e funghi che si nutrono delle piccole quantità di sostanza organi- ca presenti in questi ambienti o che so- pravvivono sui prodotti organici seconda- ri del metabolismo autotrofo di altri or- ganismi. Il ruolo svolto dai microrganismi eterotrofi nel processo di lisciviazione è in gran parte indeterminato. Tiobacilli, che attaccano alcuni minerali contenenti sol- furi e certi composti solubili dello zolfo in condizioni neutre (cioè né acide, né basi- che), si trovano spesso nei depositi di sol- furi e in altri habitat in cui sia presente lo zolfo. Essi possono essere responsabili dell'aumento iniziale di acidità, che fa sì che un ambiente diventi più adatto alla crescita di batteri liscivianti più acidofili. A temperature di 60-75 gradi centigra- di e in condizioni di neutralità, il batterio filamentoso Thermothrix thiopara ossida gli ioni solfidrile (HS ), gli ioni solfito (S0 3 - ), gli ioni tiosolfato e lo zolfo ele- mentare, formando ioni solfato (SO4- Si hanno prove sempre maggiori della dif- fusione di specie di Thermothrix e di ana- loghi batteri filamentosi, che ossidano lo zolfo in sorgenti termali e in vicinanza di fessure vulcaniche: sono state compiute alcune indagini per rilevarne la presenza in alcuni punti in cui viene praticata la p robabilmente, fin dall'anno 1000 a.C., il recupero del rame dall'ac- qua di drenaggio delle miniere era una pratica diffusa nel bacino del Medi- terraneo. Queste operazioni sono diffi- cilmente documentabili, ma è comunque risaputo che, fin dal XVIII secolo, l'estra- zione su vasta scala del rame era già in uso nelle miniere del Rio Tinto, in Spagna. Ciò di cui nessuno dei minatori impegnati in quel procedimento tradizionale di estrazione si rese conto fino a circa 25 anni fa è che i batteri prendono parte attiva nel processo, contribuendo a tra- sformare il rame in una forma idrosolubi- le, che può essere poi asportata dall'acqua usata per lisciviare. Oggi i batteri vengo- no volutamente utilizzati per recuperare migliaia di tonnellate di rame da miliardi di tonnellate di minerale a basso tenore. Il rame ottenuto per questa via rappresenta più del 10 per cento della produzione to- tale degli Stati Uniti. Negli ultimi anni, la lisciviazione da parte di batteri è stata utilizzata anche per recuperare un altro metallo non ferroso: l'uranio. I recenti progressi compiuti, con finali- tà industriali, nella manipolazione geneti- ca dei microrganismi promette innova- zioni non solo nella separazione di metalli da minerali da parte di batteri, ma anche nel trattamento microbiologico delle acque di scarico contaminate da metalli. L'entusiasmo dei microbiologi impegnati nella messa a punto delle nuove tecniche di «bioestrazione» va di pari passo con l'esigenza dell'industria mineraria di tro- vare alternative ai metodi convenzionali di lisciviazione, di lavorazione dei minera- li e di trattamento delle acque di scarico. Questa esigenza nasce da recenti tenden- ze in campo industriale: l'ininterrotto sfruttamento di risorse minerarie ad alto tenore, la conseguente tendenza a esten- dere l'estrazione a maggiori profondità nel sottosuolo, la crescente consapevolezza dei problemi ambientali connessi con la fusione di minerali contenenti solfuri e con di Corale L. Brierley l'uso di combustibili fossili a elevato tenore di zolfo, e anche con il crescente costo delle enormi quantità di energia richiesta dai metodi convenzionali di recupero. I meto- di attualmente in uso prevarranno certa- mente ancora negli anni a venire, ma i processi biologici richiedono in genere minori quantità di energia e sono meno inquinanti della maggior parte dei processi non biologici; è probabile, quindi, che il ruolo della tecnologia biologica nell'estra- zione mineraria, nella lavorazione dei minerali e nel trattamento delle acque di scarico diventerà sempre più importante. Per poter comprendere le applicazioni della microbiologia all'industria mineraria, è necessario rispondere a parecchi interro- gativi. Quali sono i microrganismi che estraggono i metalli dalle rocce e dalle solu- zioni contenenti metalli e dove si trovano? Quali funzioni biochimiche svolgono e qua- li sostanze nutritive e condizioni ambientali esigono per poter svolgere la loro attività? Quali sono i limiti allo sfruttamento com- merciale delle tecniche biologiche? Quale impatto potranno avere i nuovi strumenti dell'ingegneria genetica sul futuro della bioestrazione? Affronterò ciascuno di que- sti interrogativi singolarmente. T batteri coinvolti nell'estrazione di me- talli dai minerali grezzi sono, tra le forme di vita note, quelle che destano maggiore interesse. Questi microrganismi vengono detti chemolitotrofi (cioè orga- nismi «che si nutrono di rocce») e ricava- no l'energia che è loro necessaria dall'os- sidazione di sostanze inorganiche. Molti sono anche autotrofi, cioè catturano il carbonio necessario per la sintesi dei componenti cellulari non da sostanze nu- tritive organiche, ma dall'anidride carbo- nica dell'atmosfera. I batteri che operano la lisciviazione dei minerali vivono poi in ambienti inospitali per altri organismi; per esempio, in questi ambienti è spesso molto elevata la concentrazione di acido solforico e di metalli solubili. Alcune spe- cie sono termofile (cioè «amanti del cal- do») ed esigono temperature al di sopra dei 50 gradi centigradi; alcuni ceppi sono stati trovati addirittura a temperature vi- cine al punto di ebollizione dell'acqua. Per anni, l'unico microrganismo ritenu- to importante nell'estrazione di metalli dai minerali grezzi è stato il Thiobacillus fer- rooxidans, un batterio a forma di bastonci- no. Esso è stato scoperto nelle acque di drenaggio delle miniere di carbone; tutta- via, solo nel 1957 è stata riconosciuta una correlazione tra la sua presenza e lo scio- gliersi dei metalli in operazioni di estrazio- ne del rame. Da allora, un gran numero di informazioni è stato raccolto su T. ferro- oxidans e sul suo ruolo di capitale impor- tanza nell'estrazione dei metalli. T. ferrooxidans è un batterio acidofilo, cioè predilige gli ambienti acidi. Esso ten- de a vivere in ambienti come sorgenti cal- de, fessure dei vulcani e depositi di minera- li di zolfo, che hanno una concentrazione elevata di acido solforico. È anche mode- ratamente termofilo, prosperando in am- bito di temperature comprese tra i 20 e i 35 gradi centigradi. Ricava l'energia che gli è necessaria per la crescita dall'ossidazione o del ferro o dello zolfo. Il ferro deve essere presente nella forma ferrosa o bivalente (Fe") che, per azione del batterio, viene trasformata nella forma ferrica, o trivalen- te (Fe). Le forme di zolfo che possono venir attaccate sono parecchie e includono solfuri sia solubili sia insolubili (composti contenenti il solfoione bivalente S -), zol- fo elementare e composti solubili che in- corporano o lo ione tiosolfato (S 2 0 3 - -) o lo ione tetrationato (S 4 0 6 - ). In ogni caso, il prodotto della trasformazione è una sostanza in cui l'atomo di zolfo ha un numero minore di elettroni di valenza e che culmina nella formazione dello ione solfato (SO4 - -). Il T. ferrooxidans ricava il carbonio per via autotrofa dall'anidride carbonica atmosferica. T. ferrooxidans è essenziale nel pro- cesso di lisciviazione dei metalli, ma non 34 35

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L'estrazione del rame dal minerale a basso tenore viene realizzata suvasta scala negli Stati Uniti occidentali e questa produzione rappresen-ta più del 10 per cento della produzione nazionale. In questa ripresafotografica aerea, si nota, nei pressi di Salt Lake Citv , un vasto impiantodi lisciviazione delle scorie, adiacente a una miniera di rame a cieloaperto. I camion allineati sul bordo della discarica, a sinistra, trasporta-no ciascuno fino a 170 tonnellate di rocce sterili dalla miniera alladiscarica. Per recuperare il rame, che è disperso a bassa concentrazionenei milioni di tonnellate di materiale ivi presente, viene versata sullasuperficie superiore acqua acidificata. A mano a mano che questa per-cola attraverso la montagna di scorie, batteri del genere Thiobacillus,

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che hanno una diffusione ubiquitaria in rocce del genere contenentisolfuri. proliferano e accelerano così notevolmente il processo di lisci-viazione, demolendo i minerali contenenti solfuri, trasformando il ferrobivalente in ferro trivalente e generando acido solforico. Il ferro triva-lente serve a ossidare i solfuri degradati, con produzione di solfato dirame solubile, che viene asportato dalla roccia con la soluzione lisciviantee raccolto in bacini per ulteriori trattamenti. In alcune parti del cumu-lo, alcune reazioni chimiche che producono calore possono far innal-zare la temperatura a più di 80 gradi centigradi, rendendo così l'ambien-te troppo caldo anche per quei bacini che sono moderatamente termo-fili. Queste «isole calde» possono dare ospitalità a batteri più robusti.

La microbiologianell'estrazione mineraria

Il ruolo fondamentale che i batteri possono avere nell'estrazione deimetalli e nella purificazione degli scarichi è oggetto di intensericerche per la messa a punto di tecnologie commerciali vantaggiose

è affatto l'unico microrganismo ad averviun ruolo importante. Tra gli altri micror-ganismi che vi partecipano si annovera T.thiooxidans, un batterio a forma di baston-cino, non molto diverso da T. ferrooxidans,che cresce sullo zolfo elementare e su alcu-ni composti solubili dello zolfo. Studi effet-tuati da Donovan P. Kelly e collaboratoriall'Università di Warwick hanno confer-mato l'importanza delle colture miste dibatteri nell'estrazione di metalli da mine-rali grezzi. Per esempio, T. ferrooxidans eT. thiooxidans combinati assieme sono piùefficaci nella lisciviazione di certi mineralimetalliferi dei due microrganismi, presisingolarmente. Analogamente, la combi-nazione di Leptospirillium ferrooxidans edi T. organoparus può degradare la pirite

(FeS2 ) e la calcopirite (CuFeS 2), un pro-cesso che né l'una né l'altra specie riesconoa realizzare da sole.

Negli ambienti acidi che offrono possi-bilità di vita ai batteri liscivianti si posso-no spesso isolare molti microrganismieterotrofi: batteri e funghi che si nutronodelle piccole quantità di sostanza organi-ca presenti in questi ambienti o che so-pravvivono sui prodotti organici seconda-ri del metabolismo autotrofo di altri or-ganismi. Il ruolo svolto dai microrganismieterotrofi nel processo di lisciviazione è ingran parte indeterminato. Tiobacilli, cheattaccano alcuni minerali contenenti sol-furi e certi composti solubili dello zolfo incondizioni neutre (cioè né acide, né basi-che), si trovano spesso nei depositi di sol-

furi e in altri habitat in cui sia presente lozolfo. Essi possono essere responsabilidell'aumento iniziale di acidità, che fa sìche un ambiente diventi più adatto allacrescita di batteri liscivianti più acidofili.

A temperature di 60-75 gradi centigra-di e in condizioni di neutralità, il batteriofilamentoso Thermothrix thiopara ossidagli ioni solfidrile (HS ), gli ioni solfito(S03 - ), gli ioni tiosolfato e lo zolfo ele-mentare, formando ioni solfato (SO4-Si hanno prove sempre maggiori della dif-fusione di specie di Thermothrix e di ana-loghi batteri filamentosi, che ossidano lozolfo in sorgenti termali e in vicinanza difessure vulcaniche: sono state compiutealcune indagini per rilevarne la presenzain alcuni punti in cui viene praticata la

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robabilmente, fin dall'anno 1000a.C., il recupero del rame dall'ac-qua di drenaggio delle miniere era

una pratica diffusa nel bacino del Medi-terraneo. Queste operazioni sono diffi-cilmente documentabili, ma è comunquerisaputo che, fin dal XVIII secolo, l'estra-zione su vasta scala del rame era già in usonelle miniere del Rio Tinto, in Spagna.Ciò di cui nessuno dei minatori impegnatiin quel procedimento tradizionale diestrazione si rese conto fino a circa 25anni fa è che i batteri prendono parteattiva nel processo, contribuendo a tra-sformare il rame in una forma idrosolubi-le, che può essere poi asportata dall'acquausata per lisciviare. Oggi i batteri vengo-no volutamente utilizzati per recuperaremigliaia di tonnellate di rame da miliardidi tonnellate di minerale a basso tenore. Ilrame ottenuto per questa via rappresentapiù del 10 per cento della produzione to-tale degli Stati Uniti. Negli ultimi anni, lalisciviazione da parte di batteri è statautilizzata anche per recuperare un altrometallo non ferroso: l'uranio.

I recenti progressi compiuti, con finali-tà industriali, nella manipolazione geneti-ca dei microrganismi promette innova-zioni non solo nella separazione di metallida minerali da parte di batteri, ma anchenel trattamento microbiologico delleacque di scarico contaminate da metalli.L'entusiasmo dei microbiologi impegnatinella messa a punto delle nuove tecnichedi «bioestrazione» va di pari passo conl'esigenza dell'industria mineraria di tro-vare alternative ai metodi convenzionalidi lisciviazione, di lavorazione dei minera-li e di trattamento delle acque di scarico.Questa esigenza nasce da recenti tenden-ze in campo industriale: l'ininterrottosfruttamento di risorse minerarie ad altotenore, la conseguente tendenza a esten-dere l'estrazione a maggiori profondità nelsottosuolo, la crescente consapevolezzadei problemi ambientali connessi con lafusione di minerali contenenti solfuri e con

di Corale L. Brierley

l'uso di combustibili fossili a elevato tenoredi zolfo, e anche con il crescente costo delleenormi quantità di energia richiesta daimetodi convenzionali di recupero. I meto-di attualmente in uso prevarranno certa-mente ancora negli anni a venire, ma iprocessi biologici richiedono in genereminori quantità di energia e sono menoinquinanti della maggior parte dei processinon biologici; è probabile, quindi, che ilruolo della tecnologia biologica nell'estra-zione mineraria, nella lavorazione deiminerali e nel trattamento delle acque discarico diventerà sempre più importante.

Per poter comprendere le applicazionidella microbiologia all'industria mineraria,è necessario rispondere a parecchi interro-gativi. Quali sono i microrganismi cheestraggono i metalli dalle rocce e dalle solu-zioni contenenti metalli e dove si trovano?Quali funzioni biochimiche svolgono e qua-li sostanze nutritive e condizioni ambientaliesigono per poter svolgere la loro attività?Quali sono i limiti allo sfruttamento com-merciale delle tecniche biologiche? Qualeimpatto potranno avere i nuovi strumentidell'ingegneria genetica sul futuro dellabioestrazione? Affronterò ciascuno di que-sti interrogativi singolarmente.

T batteri coinvolti nell'estrazione di me-talli dai minerali grezzi sono, tra le

forme di vita note, quelle che destanomaggiore interesse. Questi microrganismivengono detti chemolitotrofi (cioè orga-nismi «che si nutrono di rocce») e ricava-no l'energia che è loro necessaria dall'os-sidazione di sostanze inorganiche. Moltisono anche autotrofi, cioè catturano ilcarbonio necessario per la sintesi deicomponenti cellulari non da sostanze nu-tritive organiche, ma dall'anidride carbo-nica dell'atmosfera. I batteri che operanola lisciviazione dei minerali vivono poi inambienti inospitali per altri organismi;per esempio, in questi ambienti è spessomolto elevata la concentrazione di acidosolforico e di metalli solubili. Alcune spe-

cie sono termofile (cioè «amanti del cal-do») ed esigono temperature al di sopradei 50 gradi centigradi; alcuni ceppi sonostati trovati addirittura a temperature vi-cine al punto di ebollizione dell'acqua.

Per anni, l'unico microrganismo ritenu-to importante nell'estrazione di metalli daiminerali grezzi è stato il Thiobacillus fer-rooxidans, un batterio a forma di bastonci-no. Esso è stato scoperto nelle acque didrenaggio delle miniere di carbone; tutta-via, solo nel 1957 è stata riconosciuta unacorrelazione tra la sua presenza e lo scio-gliersi dei metalli in operazioni di estrazio-ne del rame. Da allora, un gran numero diinformazioni è stato raccolto su T. ferro-oxidans e sul suo ruolo di capitale impor-tanza nell'estrazione dei metalli.

T. ferrooxidans è un batterio acidofilo,cioè predilige gli ambienti acidi. Esso ten-de a vivere in ambienti come sorgenti cal-de, fessure dei vulcani e depositi di minera-li di zolfo, che hanno una concentrazioneelevata di acido solforico. È anche mode-ratamente termofilo, prosperando in am-bito di temperature comprese tra i 20 e i 35gradi centigradi. Ricava l'energia che gli ènecessaria per la crescita dall'ossidazioneo del ferro o dello zolfo. Il ferro deve esserepresente nella forma ferrosa o bivalente(Fe") che, per azione del batterio, vienetrasformata nella forma ferrica, o trivalen-te (Fe). Le forme di zolfo che possonovenir attaccate sono parecchie e includonosolfuri sia solubili sia insolubili (composticontenenti il solfoione bivalente S -), zol-fo elementare e composti solubili che in-corporano o lo ione tiosolfato (S 203 - -) olo ione tetrationato (S406 - ). In ognicaso, il prodotto della trasformazione èuna sostanza in cui l'atomo di zolfo ha unnumero minore di elettroni di valenza eche culmina nella formazione dello ionesolfato (SO4 - -). Il T. ferrooxidans ricava ilcarbonio per via autotrofa dall'anidridecarbonica atmosferica.

T. ferrooxidans è essenziale nel pro-cesso di lisciviazione dei metalli, ma non

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Batteri a forma di bastoncino, del genere Thiobacillus, sono essenziali per la lisci% iazione diminerali contenenti solfuri. Microrganismi di questo tipo ricavano l'energia necessaria dall'ossi-dazione di sostanze inorganiche; inoltre, molti di loro traggono il carbonio dall'anidride carbonicadell'atmosfera. In questa microfotografia al microscopio elettronico a scansione, la specie T. thio-oxidans si sta sviluppando su zolfo elementare. L'ingrandimento è di circa 15 000 diametri e laripresa è stata effettuata da Karen A. Couch del New Mexico Institute of Mining and Technology.

La soluzione lisciviante viene spruzzata, facendo uso di un appositodistributore, sulla sommità di un cumulo di scorie per il recupero del

Un impianto di precipitazione rimuove il rame dalla soluzione lisciviantemediante una reazione di cementazione, in cui il ferro bivalente sostitui-sce il rame in soluzione. Qui, rottami di ferro fanno precipitare il rame indue moduli, ognuno dei quali consiste di 13 unità dette coni di precipita-

rame. Le acque di scarico riciclate, da cui è stato estratto il solfato dirame, conservano molto ferro bivalente e un po' di acido solforico.

zione. La soluzione lisciviante viene concentrata in due grossi «addensa-tori» circolari. In alcune operazioni di lisciviazione, l'estrazione me-diante solvente ha sostituito gli impianti di precipitazione, eliminan-do la fusione dei metalli, fonte di inquinamento da anidride solforosa.

lisciviazione. La loro esistenza in sorgenticontenenti zolfo fa pensare, tuttavia, chepotrebbero colonizzare le rocce metalli-fere contenenti solfuri, preparandole al-l'attacco di specie più acidofile.

Tra i microrganismi liscivianti di mag-gior interesse vi sono batteri dotati di

moderata termofilia e acidofilia. designaticome TH (una sigla che corrisponde alleprime due lettere delle parole inglesithermophilic e Thiobacillus-like). Studieffettuati presso il New Mexico Institute ofMining and Technology da James A.Brierley e presso il Warren Spring Labora-tory, in Gran Bretagna. da Norman W. LeRoux hanno permesso di stabilire che cep-pi di batteri TH crescono su ferro bivalenteo su minerali come la pirite, la calcopirite.la covellite (CuS) e la pentlandite[(Fe,Ni)9S8]. Questi organismi, per potercrescere, esigono chiaramente un supple-mento di sostanze organiche alla loro dietaminerale. Benché siano simili come formaai tiobacilli, il loro optimum di temperatu-ra caratteristico prossimo ai 50 gradi cen-tigradi, le loro diversissime attività bio-chimiche e la loro incapacità a metaboliz-zare l'anidride carbonica stabiliscono unastretta affinità con T. ferrooxidans. Cep-pi di TH sono stati isolati da sorgenticalde acide e da ambienti liscivianti dovesia presente solfuro di rame. La funzionedi questi organismi nei processi estrattivinon è stata ancora del tutto chiarita; da unpunto di vista industriale, però. essi devo-no essere considerati potenzialmenteimportanti per lo sviluppo di processi diestrazione a elevata temperatura.

Le specie più resistenti di microrgani-smi liscivianti sono quelle termofile e aci-dofile del genere Sulfolobus, che prospe-rano in sorgenti calde acide e in fessurevulcaniche a temperature che possonosuperare i 60 gradi centigradi. Alcuniceppi di Sulfolobus sono stati osservatiperfino in sorgenti a temperature vicine alpunto di ebollizione dell'acqua. La loroparete cellulare ha una struttura diversada quella della maggior parte dei batteri.Si ritiene che microrganismi del genereappartengano a un gruppo di batteri inso-liti, gli archibatteri, proposto come unregno distinto di forme viventi (si vedal'articolo Gli archibatteri di Cari R. Woe-se in «Le Scienze», n. 156, agosto 1981).

Sulfolobus acidocaldarius e S. brierleyiossidano zolfo e ferro per ricavarne ener-gia. dipendendo per il carbonio o dall'a-nidride carbonica o da composti organicisemplici. Normalmente, Sulfolobus ri-chiede la presenza di ossigeno: come inaltri organismi aerobi, l'ossigeno serveinfatti come accettore terminale deglielettroni che sono stati rimossi nel corsodell'ossidazione chimica. Sulfolobus,però, può anche crescere in anaerobiosi.E stato dimostrato che gli ioni molibdeno(Mo") e ferrico (Fe) possono funge-re da accettori di elettroni in assenza d'a-ria. I minerali resistenti all'azione dellamaggior parte dei microrganismi, quali lacalcopirite e la molibdenite (MoS 2 ), ven-gono facilmente attaccati da Sulfolobus ei risultanti metalli solubili non sono tossici

per l'organismo. Il molibdeno, che èestremamente tossico perfino per i tioba-cilli che tollerano la presenza di metalli, èben tollerato da S. brierleyi in concentra-zioni di anche 750 milligrammi per litro.Sulfolobus non è stato ancora isolato inprocessi di lisciviazione su scala commer-ciale, ma ricerche effettuate in laborato-rio confermano la capacità di questo mi-crorganismo di proliferare in simili am-bienti. La potenzialità delle specie di Sul-folobus di estrarre metalli dai mineraligrezzi comincia solo ora a essere ricono-sciuta. Però, a causa della straordinariacapacità di questi organismi di attaccarestrutture minerali resistenti, è certo cheessi sono tra i batteri che, in futuro, po-tranno essere sfruttati con successo perl'estrazione dei metalli.

In che modo, esattamente, la crescita di questi batteri permette di estrarre

metalli dalle rocce? Per convenzione, l'e-strazione da parte dei batteri è stata di-stinta in due tipi: diretta e indiretta. L'e-strazione, o lisciviazione, diretta compor-ta un attacco enzimatico, da parte dei bat-teri, dei componenti del minerale suscet-tibili di essere ossidati. Nel processo perricavare energia dal materiale inorganico,i batteri provocano il trasferimento di

elettroni dal ferro, o dallo zolfo, all'ossi-geno. In molti casi, il prodotto più ossida-to è anche il più solubile. Andrebbe nota-to che gli ioni inorganici non penetranomai nella cellula batterica; gli elettroniche si liberano nella reazione di ossida-zione vengono trasportati lungo un siste-ma di proteine nell'ambito della mem-brana cellulare e quindi (negli organismiaerobi) ceduti agli atomi di ossigeno, conformazione di acqua. Gli elettroni, neltrasferimento, cedono energia e quest'o-perazione è accoppiata con la formazionedi adenosintrifosfato (ATP), la moneta discambio energetico della cellula.

Per contro, l'estrazione, o lisciviazione,indiretta non procede mediante un attac-co frontale della struttura atomica delminerale da parte dei batteri. I batterigenerano, invece, ferro trivalente ossi-dando il ferro bivalente, solubile; a suavolta, il ferro trivalente è un potenteagente ossidante, che reagisce con altrimetalli, trasformandoli, in una soluzionedi acido solforico, nella forma ossidata,solubile. In questa reazione il ferro biva-lente (ferroso) viene di nuovo prodotto erapidamente riossidato dai batteri. Ingenere, si parla della estrazione indirettacome di un processo favorito dai batteri.In una soluzione acida senza batteri, il

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Un ruolo sussidiario nella lisciviazione può essere svolto da batteri della specie Thermothrixthiopara, visibili in questa immagine mentre si stanno sviluppando su pirite. Questi microrgani-smi, che vivono in sorgenti moderatamente calde in condizioni di neutralità (cioè né acide néalcaline) possono ossidare lo zolfo in aerobiosi, cioè in presenza di aria, o in anaerobiosi. inpresenza di nitrati. Alle specie di Thermothrix non è stata assegnata alcuna funzione specificanell'estrazione dei metalli mediante lisciviazione, ma, generando acido solforico, esse sono ingrado di creare un ambiente favorevole per un maggior numero di specie termofile e acidofile.Questa microfotografia al microscopio elettronico a scansione effettuata da Thomas L. Kieft eGregory P. Minion della Università del New Mexico, ingrandisce le cellule circa 130 000 volte.

Batteri di forma sferica, del genere Sulfolobus, ossidano lo zolfo e il ferro in condizioni estreme ditemperatura e di acidità. Questi microrganismi unicellulari sono classificati come archibatteri, ungruppo ben distinto di forme di vita primitive. Specie diSulfolobus prosperano in ambienti come lesorgenti calde e le fessure dei vulcani, dove traggono l'energia dalla degradazione dei minerali insoluzione e il carbonio dall'anidride carbonica dell'atmosfera. Possono estrarre metalli da mineralicome la calcopirite e la molibdenite, che resistono all'attacco della maggior parte degli altri mi-crorganismi. La forte differenza di acidità tra l'interno della cellula, praticamente neutro, el'esterno, che nella maggior parte dei casi è fortemente acido, può essere importante per la soprav-vivenza dei microrganismi in condizioni ambientali estreme. Questa microfotografia elettronica diJoseph V. Scaletti dell'Università del New Mexico mostra cellule della specieS. brierleyi, ingrandi-te 80 000 volte. L'insolita parete cellulare consta di subunità proteiche stipate esagonalmente.

ferro ferroso è stabile e la lisciviazionemediata dallo ione ferrico sarebbe lenta.T. ferrooxidans può accelerarla di un fat-tore superiore a un milione.

Le estrazioni, diretta e indiretta, opera-te dai batteri sono difficilmente distingui-bili sul piano quantitativo dato che lamaggior parte dei minerali include unacerta quantità di ferro. Anche se il proces-so incominciasse esclusivamente nellaforma diretta, il ferro verrebbe separatodal minerale e darebbe inizio a un ciclo dilisciviazione indiretta. La lisciviazionediretta da parte dei tiobacilli è stata dimo-strata in laboratorio con solfuri metallicisintetici, privi di ferro.

Nella pratica, la lisciviazione dei mine-rali per separarne i metalli è molto piùcomplessa di quanto l'analisi or ora com-piuta potrebbe suggerire: vi sono nume-rosi processi oltre all'ossidazione enzi-matica diretta e alla produzione battericadi ione ferrico. Alcune reazioni chimichetra ferro trivalente e minerali contenentisolfuri metallici danno luogo a mineralisecondari e a zolfo elementare, che può«rendere cieche», o inattivare, le super-

fici di reazione. Quando si forma zolfo,T. thiooxidans svolge una funzione indi-spensabile ossidandolo ad acido solfori-co, esponendo così il metallo a ulteriorelisciviazione.

Il controllo del grado di acidità è dellamassima importanza nella lisciviazione, inquanto si deve mantenere un ambienteacido perché il ferro trivalente e altri me-talli possano restare in soluzione. L'aciditàè tenuta sotto controllo dall'ossidazionedel ferro, dello zolfo e dei solfuri metallici,dalla dissoluzione degli ioni carbonato edalla decomposizione del ferro trivalenteper reazione con l'acqua. L'ultima reazio-ne promuove la lisciviazione generandoioni idrogeno (che rendono la soluzionepiù acida), ma può anche essere dannosa inquanto precipitati costituiti da solfati diferro basici possono inattivare le superficidei minerali contenenti solfuri metallici e,in alcuni casi, possono perfino impedire ilflusso della soluzione lisciviante. I processichimici e biologici fanno parte di un siste-ma complesso, il cui funzionamento di-pende da elementi riguardanti l'idrologia,la geologia, la fisica e l'ingegneria.

Nelle operazioni di lisciviazione dellescorie su scala commerciale, milioni

di tonnellate di roccia di smaltimento,contenente forti quantità di solfuri, maanche piccole, però preziose, quantità dirame e di altri metalli, vengono trasporta-ti su strada o ferrovia dalle miniere dirame a cielo aperto ai luoghi di scarico.Questi luoghi si trovano spesso in unavalle, perché si possano sfruttare i pendiinaturali nel mantenere la stabilità delcumulo e nel facilitare il recupero dellesoluzioni applicate. Una discarica di que-sto tipo può essere immensa, con pendiiche si elevano fino a 400 metri e delimita-no fino a quattro miliardi di tonnellate dimateriale. A questi impressionanti cumu-li vengono aggiunte parecchie migliaia dilitri di acqua acidificata, inondandone lasuperficie o irrorandola a spruzzo. L'irro-razione a spruzzo introduce aria, un com-ponente vitale sia della reazione di ossi-dazione chimica sia di quella biologica.

Non è necessario inoculare i cumuli discorie con i batteri liscivianti. Questi or-ganismi sono ubiquitari e, quando le con-dizioni per il loro sviluppo diventanoadatte all'interno del cumulo di roccia,proliferano. Campioni di roccia, raccoltipresso la sommità di un cumulo di scorieda lisciviare, contengono più di un milio-ne di batteri della specie T. ferrooxidansper grammo; i batteri della specie T.thiooxidans sono presenti, invece, inquantità leggermente inferiori. La solu-zione lisciviante percola attraverso ilcumulo di scorie e la soluzione contenen-te il metallo, o soluzione «pregnante»,viene raccolta in bacini o serbatoi allabase del cumulo. Il rame viene rimossodalla soluzione o mediante una reazionedi cementazione, in cui lo ione ferro bi-valente sostituisce il rame in soluzione,o mediante estrazione con solvente, in cuiil rame viene concentrato trasferendolodalla soluzione acquosa lisciviante a unasoluzione organica. La soluzione «steri-le», ossia priva di rame, viene quindi rici-clata alla sommità del cumulo di scorie.

In una vasta operazione di lisciviazionedelle scorie, queste vengono sottoposte aestrazione nel corso di numerosi anni perpoter recuperare quanto più rame possibi-le. A causa dei sistemi di costruzione impie-gati e del volume dei materiali solidi tratta-ti, la lisciviazione delle scorie è in comples-so un'operazione grossolana. La sistema-zione del cumulo di scorie in una vallatanaturale può impedire il flusso dell'ariaall'interno del cumulo stesso. Le notevolidimensioni di alcune rocce presenti nelcumulo limitano il contatto tra i mineralicontenenti solfuri metallici, la soluzioneossidante e i batteri. Inoltre, durante l'alle-stimento del cumulo, i grossi vagoni per iltrasporto del minerale grezzo compattanola superficie, creando nel cumulo zone im-permeabili. Il gesso (CaSO 4), l'idrossidoferrico [Fe(OH) 3 ] e il solfato basico di ferrosotto forma di precipitati fanno anch'essidiminuire la permeabilità, riducendo ulte-riormente il contatto della soluzione con lerocce contenenti solfuri.

Gli studi sui batteri nell'ambiente rap-presentato dai cumuli di scorie sono appe-

na iniziati, ma già si conoscono alcuni fat-tori che possono influire negativamentesulle loro popolazioni. Tra questi vi sono leelevate concentrazioni di metalli, partico-larmente di ioni come il mercurio e l'ar-gento, notoriamente tossici per gli organi-smi, la mancanza di aria e temperature piùelevate di quelle tollerate dagli organismi.Oggi maggiore attenzione viene posta nel-l'allestimento dei cumuli. Speciali cumulicon «spie » permettono una maggior circo-lazione dell'aria e la compressione vienecontrollata per rendere minimo il compat-tamento della superficie. Da un punto divista biologico, invece, la lisciviazione del-le scorie rimane essenzialmente un pro-cesso non controllato.

Metodi di estrazione diversi dalla lisci-viazione delle scorie consentono di

regolare meglio i fattori biologici, chimicie tecnici. Per esempio, la lisciviazione incumulo è usata per estrarre metalli daminerali contenenti ossidi e solfuri in de-positi con tenori un po' più elevati di quellidelle scorie. Nel processo di lisciviazione incumulo le rocce sono spesso frantumateper evitare i problemi di contatto con lasoluzione che si hanno quando i massi dalisciviare sono troppo grossi; i cumuli ven-gono inoltre allestiti su materiale imper-meabile per impedire una perdita dellasoluzione nel suolo sottostante. Sono statianche installati sistemi di aerazione peraumentare il flusso dell'aria.

La lisciviazione in loco è una tecnicapromettente per il recupero di metalli daminerali a basso tenore, situati in localitàinaccessibili. Questa tecnologia, che ha ilminimo impatto sull'ambiente, viene uti-lizzata di solito per estrarre minerali resi-dui da scavi minerari abbandonati e perrecuperare l'uranio da depositi a bassotenore. Per estrarre metalli da scavi mine-rari ormai quasi esauriti, la soluzione li-sciviante viene versata direttamente sullepareti e sulla volta di una coltivazionesotterranea, da cui sia stato rimosso ilminerale metallifero, oppure sui detriti dirocce frantumate. Le tecniche di liscivia-zione in loco sono state utilizzate con suc-cesso nel recupero del rame e dell'uranio.

Nell'estrazione dell'uranio, i batterinon attaccano direttamente il mineraleche lo contiene, ma generano ferro triva-lente dalla pirite e dal ferro bivalente so-lubile. Il ferro trivalente attacca poi rapi-damente i minerali che incorporano l'u-ranio tetravalente (U 4+ ), trasformandoquesto ione in uranio esavalente (U6+),solubile in acido solforico diluito.

L'estrazione dell'uranio con interventobatterico potrebbe essere utilizzata, inteoria, non solo per il recupero di metalliresidui, ma anche nella lisciviazione inloco di quantità di minerali a basso tenoredi uranio. Vi sono molti depositi a bassotenore negli Stati Uniti occidentali e su-doccidentali, ma sono poveri di materialepiritico e includono rocce che tendono aneutralizzare gli acidi. Queste condizionimineralogiche non favoriscono la liscivia-zione batterica ed è stato, pertanto, adot-tato in sua vece un metodo di lisciviazioneesclusivamente chimico. Vengono perfo-

rati pozzi in masse di minerali metalliferiisolate, a profondità che variano da alcu-ne decine ad alcune centinaia di metri.Una soluzione di carbonato, contenenteun ossidante, viene quindi iniettata nellazona mineralizzata, dove l'uranio vienereso solubile. La soluzione contenenteuranio viene infine asportata dalla forma-zione con un sistema di pozzi di recupero.

Gli stessi procedimenti potrebberoapplicarsi in formazioni adatte alla lisci-viazione batterica in loco. È però necessa-rio approfondire gli studi in proposito,per stabilire fattori come l'effetto dellapressione idrostatica sui batteri lisciviantie la perdita di permeabilità nella forma-zione dovuta alla crescita batterica.

La lisciviazione in tini viene utilizzatasoprattutto per l'estrazione chimica del ra-me da minerali contenenti ossidi. Questatecnologia si basa sul rimescolamento con-trollato di particelle di rocce metallifereconcentrate con ben determinate quantitàdi acido. Raramente essa viene impiegataper i minerali contenenti solfuri, data la ne-cessità di un ossidante e i lunghi tempi dellalisciviazione; queste esigenze, però, nonprecludono, in ben determinate circostan-ze, la lisciviazione in tini di minerali conte-nenti solfuri. Studi effettuati da A. Bruyne-steyn della British Columbia Research e da

Arpad Torma del New Mexico Institute ofMining and Technology indicano che lalisciviazione di concentrati di solfuri da par-te di batteri può essere competitiva con imetodi di estrazione oggi esistenti.

La lisciviazione batterica viene nor-malmente sfruttata solo per il recuperodel rame e dell'uranio, ma l'« appetito»dei batteri liscivianti è praticamente nonspecifico. Essi degradano facilmente altriminerali contenenti solfuri, con produ-zione di zinco dalla sfalerite (solfuro dizinco. ZnS) e di piombo dalla galena (sol-furo di piombo, PbS). I batteri lisciviantipossono, dunque, essere presi in conside-razione anche per l'estrazione di moltialtri metalli. Essi catalizzano senza diffi-coltà la separazione dello zolfo inorgani-co dal carbone e recenti ricerche mostra-no che lo zolfo organico può anch'essoessere vulnerabile all'attacco microbiolo-gico. I progressi compiuti in quest'areafanno pensare che è ormai all'orizzonte ladesolforazione, prima della combustione,del carbone contenente zolfo.

Considerata la capacità praticamente•••-' illimitata della lisciviazione battericanel recupero dei metalli, perché un'armacosì potente non è stata più ampiamentesfruttata? La ragione principale è proba-

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La straordinaria adattabilità di certi microrganismi ad ambienti vulca-nici particolarmente inospitali è dimostrata in questa microfotografia almicroscopio elettronico a scansione, ottenuta da John A. Baross dellaOregon State University. . Questi batteri filamentosi, incrostati di metal-li, crescevano sui frammenti di roccia, raccolti nel maggio del 1981 nei

pressi del cratere appena formato del Mount St. Helens, quando aveva-no una temperatura di 100 gradi centigradi. Secondo Baross e i suoicollaboratori, che hanno studiato la colonizzazione microbica di questosito, essi sono presenti in gran numero nei detriti in via di raffreddamen-to dell'eruzione vulcanica. L'ingrandimento è circa di 25 000 diametri.

Filamenti di sostanza organica, che girano vorticosamente, possono rappresentare una fonte dinuovi ceppi microbici, meglio adattati alle esigenze dell'industria mineraria. I filamenti qui visibiliin una sorgente calda solforosa nello Yellowstone National Park, constano di cellule fuse dimilioni di microrganismi di varie specie. La manipolazione genetica di certe specie trovate inambienti naturali di questo tipo può dare origine a nuovi ceppi con maggiore capacità di recuperodi metalli non ferrosi da minerali contenenti solfuri o da acque di scarico contaminate da metalli.La fotografia è opera di James A. Brierley del New Mexico Institute of Mining and Technology.

bilm ente dovuta al fatto che finora di que-sta tecnologia non si avvertiva la necessi-tà, mentre oggi l'energia è cara e le risorsedi minerali metalliferi ad alto tenore efacilmente accessibili sono limitate. Soloora, quindi, ci si accorge che questa tecno-logia deve essere ancora perfezionata. Lostudio della lisciviazione batterica è nellemani di pochi ricercatori, che hanno esa-minato in maniera sistematica i microrga-nismi e le reazioni che essi svolgono. Nonc'è però alcun impegno coordinato dalpunto di vista tecnico per utilizzare questimicrorganismi e le loro favorevoli reazio-ni in recipienti di fermentazione control-lata. Per far questo occorrono innanzitut-to un programma diretto con cura e ampiedisponibilità finanziarie. Tale programmasarà probabilmente sovvenzionato dal-l'industria privata e può darsi che nellamessa a punto si debba far fronte a moltiproblemi finora sconosciuti. Diversamen-te dai microrganismi che forniscono pro-dotti chimici o farmacologici, e che ven-gono coltivati con estrema cura, i batteriliscivianti possono essere soggetti ad av-versità come il cattivo tempo, fluttuazioniirregolari dell'acidità, un continuo assaltocompetitivo di batteri di «tipo selvatico»e variazioni nella concentrazione e neltipo di minerali forniti come alimento.

È probabile che, in futuro, la manipola-zione genetica possa produrre microrga-nismi liscivianti con le caratteristiche vo-lute. Due di queste sono una maggior tol-leranza per i metalli tossici e una maggiorcapacità di generare ferro trivalente, os-sidante. Tuttavia, la modificazione gene-tica dei microrganismi può dimostrarsidifficoltosa perché si conosce ben pocodella genetica dei batteri liscivianti o degliesatti meccanismi che essi utilizzano perla degradazione dei minerali. Quest'ulti-mo problema è particolarmente comples-so dato che è incerto quali dovrebberoessere le caratteristiche batteriche da al-terare geneticamente per aumentare lecapacità liscivianti dei microrganismi.

Riuscire ad aumentare il tasso di lisci-viazione da parte dei batteri è certamenteuno degli obiettivi di maggiore interesse. Ilprincipale inconveniente della lisciviazio-ne batterica è la lentezza del processobiologico rispetto ad alcuni metodi chimicidi estrazione. Lo svantaggio è più marcatose la velocità del processo microbiologicoviene confrontata con quella di processiestrattivi ad alta temperatura e alta pres-sione, in cui energici ossidanti agiscono suparticelle finemente frantumate. Perché iconfronti, tuttavia, siano validi, devonobasarsi su fattori economici.

È probabile che la lisciviazione batteri-ca troverà la sua applicazione più impor-tante nel trattamento controllato di gran-di quantità di materiali solidi, come lerocce sterili e le coperture, in cui piccolequantità di metalli pregiati sono ampia-mente disperse. Per esempio, gli StatiUniti hanno vasti depositi di solfuri, più disette miliardi di tonnellate di materialecon un contenuto medio di nichel pari allo0,2 per cento. Ai prezzi correnti, questonichel vale all'incirca 60 miliardi di dolla-ri. Esso non viene estratto per l'insuffi-

cienza delle tecniche attuali di scavo e diestrazione e per i possibili effetti nocivisull'ambiente. I progressi realizzati neiprocedimenti di bioestrazione potrannorendere realizzabile non soltanto il recu-pero di una parte del nichel, ma anche diqualcosa come 200 000 tonnellate dicobalto (del valore, ai prezzi correnti, di10 miliardi di dollari), presenti nello stes-so materiale contenente solfuri. In questasituazione, non vanno tanto messe in ri-lievo le alte velocità di reazione, quanto ilminor investimento di capitale, il maggiorgrado di recupero del metallo e i danni piùlievi all'ambiente.

Malgrado le molte incertezze legate al-l'ingegneria genetica dei batteri lisciviantie alla scala dei processi di lisciviazionemicrobiologica, non sussistono moltidubbi sul fatto che tali tecnologie sarannocomunque sviluppate. L'interesse per lamicrobiologia industriale, l'esigenza dimettere a punto metodi più competitivi,dal punto di vista dei costi, per il recuperodi metalli da minerali a basso tenore, infi-ne il desiderio di utilizzare processi nondannosi dal punto di vista ambientale,favoriscono questo indirizzo di sviluppo.

l'uso controllato di microrganismi per' l'estrazione dei metalli da mineraligrezzi e da materiali solidi di scarto va dipari passo con l'applicazione della tecno-logia biologica alla depurazione di acquedi scarico industriali, contenenti particel-le in sospensione e contaminate da metal-li. Procedimenti di questo tipo non solocontribuirebbero a chiarificare le acque di

scarico, ma permetterebbero anche ilrecupero di metalli pregiati. Sono oggioggetto di studio batteri, alghe e funghiche riescono facilmente a concentrare gliioni inorganici presenti nelle acque di sca-rico inquinate in concentrazioni diluite. Iprocessi microbiologici per la rimozionedi metalli dalle soluzioni possono esseredistinti in tre categorie: l'adsorbimento diioni metallici sulla superficie di un mi-crorganismo, l'assunzione intracellularedi metalli e la trasformazione chimica dimetalli da parte di agenti biologici.

La maggior parte dei microrganismi èdotata di una carica elettrica negativa perla presenza di gruppi atomici, con caricanegativa, sulla membrana cellulare e sullaparete cellulare. I gruppi dotati di caricaelettrica, o ligandi, comprendono i gruppifosforile (PO 4 - ), carbossile (C00sulfidrile (HS - ) e ossidrile (OH -), e sonoresponsabili dell'adsorbimento di ionimetallici, dotati di carica positiva, dallasoluzione. Di questo adsorbimento sonotipiche la rapidità, la reversibilità e l'indi-pendenza dalla temperatura e dal meta-bolismo energetico. Si è visto, di recente,che il comune lievito di birra Saccharo-myces cerevisiae e il fungo Rhizopus ar-rhizus sono in grado di adsorbire uraniodalle acque di scarico. Nel caso di S. cere-visiae, il livello di acidità a cui è ottimale illegame dell'uranio sulla superficie cellu-lare suggerisce che gli ioni uranio, dotatidi carica positiva, vengano attratti verso iligandi con carica negativa presenti sullacellula. Per questo lievito sono state rile-vate concentrazioni di uranio tra il 10 e il

15 per cento del peso secco della cellula.R. arrhizus, invece, adsorbe l'uranio inmisura tale che la quantità di questo me-tallo ammonta al 18,5 per cento del pesosecco della cellula. Questo valore è piùdel doppio di quello dell'uranio adsorbitosu una resina a scambio ionico, disponibi-le oggi in commercio.

È stata osservata la deposizione dimetalli insolubili sulla superficie di alcu-ni microrganismi. I batteri filamentosi,muniti di guaina, del gruppo Sphaeroti-lus-Leptothrix e il polimorfo Hyphomi-crobium possono venire incrostati daossidi di manganese. I batteri del grup-po Sphaerotilus-Leptothrix e Gallionellasono detti ferrobatteri perché sui loropeduncoli attorcigliati si deposita unaguaina contenente ferro.

I microrganismi assumono in generecerti ioni che sono necessari all'attivitàcellulare. I sistemi di trasporto per questiioni dipendono sia dalla temperatura siadall'energia. Esempi di sostanze in tracceche vengono facilmente trasportate all'in-terno delle cellule microbiche sono ma-gnesio (Mg"), calcio (Ca"), potassio(K), sodio (Na) e solfato (SO4-Anche se i meccanismi mediante i quali lecellule assimilano gli ioni sono estrema-mente selettivi, sono possibili sostituzio-ni. Per esempio, gli ioni cromato(Cr04 "), seleniato (Sear - ), vanadiato(VO4 --), tungstato (W04 - -) e molibda-to (Mo04 - -) possono essere introdottiall'interno delle cellule di alcuni micror-ganismi tramite il sistema di trasporto chein genere serve per gli ioni solfato.

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L'accumulo extracellulare di ioni uranio da parte delle cellule delcomune lievito di birra, Saccharomyces cerevisiae, è stato registrato inquesta microfotografia elettronica, ripresa da Gerald W. Strandbergdell'Oak Ridge National Laboratory . Gli ioni uranio con carica positiva

della soluzione test vengono attratti verso gruppi di atomi dotati dicarica negativa, associati con la membrana e la parete cellulare deilieviti. Essi formano così uno strato di cristalli aghiformi di uranioattorno a ogni cellula. Qui l'ingrandimento è di circa 30 000 diametri.

L'accumulo intracellulare di ioni uranio da parte di Pseudomonasaeruginosa, un comune batterio del suolo e dell'acqua, è un altro modopotenzialmente interessante di affrontare, per via microbiologica, ladepurazione delle acque di scarico contaminate dai metalli. Secondo i

ricercatori di Oak Ridge, questi batteri possono accumulare fino a 100milligrammi di uranio per litro di soluzione in meno di 10 secondi. Nellecellule attive, la concentrazione di uranio può arrivare al 56 per centodel peso secco della cellula. L'ingrandimento è di circa 20 000 diametri.

In questo tentativo di dimostrare le possibilità di applicazione della microbiologia al trattamen-to delle acque di scarico, il microscopico grumo costituito dal fungo filamentoso Cladosporiumcladosporoides include particelle sospese di argilla. Può darsi che la pellettizzazione di particel-le sospese sia un fatto positivo in aree come la Florida centrale, dove milioni di litri di acquadevono venir trattati per far sedimentare l'argilla sospesa prima che l'acqua possa essere rici-data per l'estrazione e l'arricchimento dei fosfati. In questa microfotografia al microscopioelettronico a scansione, ripresa da Karen A. Couch, l'ingrandimento è di circa 54 diametri.

Aquesto proposito il fenomeno piùbizzarro è l'accumulo riscontrato di

elevate concentrazioni di metalli tossiciall'interno delle cellule. Il batterio Pseu-domonas aeruginosa, comune nel suolo enell'acqua, accumula circa 100 milli-grammi di uranio per litro di soluzione inmeno di 10 secondi. Con l'aiuto di unmicroscopio elettronico, Starling E.Shumate II e Gerald W. Strandberg del-l'Oak Ridge National Laboratory hannotrovato che solo il 44 per cento delle cellu-le accumulava uranio. Quest'osservazio-ne sottintende che, nelle cellule attive,l'uranio ammonti ad anche il 56 per centodel peso secco della cellula. Il meccani-smo che induce le cellule praticamente asuicidarsi per accumulo di metalli tossicinon è noto; cionondimeno, il fenomenopotrebbe venir sfruttato un giorno o l'al-tro per la depurazione di acque di scaricocontaminate da metalli.

Altri meccanismi microbiologici conuna capacità potenziale di depurare leacque di scarico eliminano i metalli preci-pitandoli sotto forma di chelati, o sostan-ze sequestranti, e incorporandoli in com-posti volatili, che possono in seguito venirevaporati. Molti microrganismi sintetiz-zano composti specifici di chelazione, che

immobilizzano i metalli pesanti. Tuttavia,più comunemente, nei sistemi naturali imetalli adsorbiti o assorbiti dalle piante edai microrganismi sono «sequestrati» insedimenti, a seguito della morte degliorganismi in cui si trovano.

La precipitazione ha luogo quando l'a-cido solfidrico (H 2 S), generato dai batteriche riducono i solfati, si combina con unmetallo, formando un solfuro metallicoinsolubile. Lo sfruttamento di microrga-nismi come Desulfovibrio nella produ-zione di acido solfidrico ha notevoli possibi-lità di applicazione nel trattamento di ef-fluenti contaminati da metalli. La produ-zione di ferro trivalente da parte di T.ferrooxidans serve a rimuovere il ferrosolubile dagli scarichi acidi di miniera. Imicrorganismi, su dischi di plastica, ven-gono immersi nelle acque acide contenen-ti ferro bivalente. Per ossidazione, í batte-ri trasformano questo ferro nella formatrivalente, meno solubile. Si prevede chequesto pretrattamento riduca il costonecessario per neutralizzare gli acidi nelleacque di drenaggio.

La metilazione dei metalli (cioè la sosti-tuzione di un atomo di metallo al posto diun atomo di idrogeno dell'ossidrile di unamolecola di alcool metilico) può dar luo-

go alla trasformazione del metallo in unmetallo volatile. I metalli e i metalloidiche si sa essere soggetti alla biometilazio-ne includono mercurio, selenio, tellurio,arsenico, stagno, piombo e cadmio. Siprevede che si possano trasformare allostesso modo anche platino, palladio, oro etallio. L'applicabilità della biometilazio-ne a livello commerciale è, però, ancorafonte di discussione data la difficoltà dicatturare i composti volatili e l'estrematossicità di alcuni di loro.

I processi microbiologici, di cui abbia-mo parlato, per il recupero di metalli emetalloidi dalle soluzioni sono stati os-servati sia in laboratorio sia negli ambien-ti naturali, dove esistono condizioni adat-te per tipi specifici di attività biologica.Un esempio è offerto dallo Schist Lake,nella provincia canadese del Manitoba,che riceve acque residue di operazioni diestrazione contaminate da metalli, oltrealle acque di scarico di una piccola città.Le sostanze nutritive presenti in tali ac-que promuovono la crescita di alghe, lequali a loro volta accumulano metalli. Ladecomposizione di queste alghe conte-nenti metalli è mediata da microrganismiche generano acido solfidrico, il quale faprecipitare i metalli sotto forma di solfuri.

Le osservazioni eseguite su questi si-stemi naturali di purificazione hanno in-dotto gli addetti all'industria mineraria acercare di imitarli. Un tortuoso corsod'acqua artificiale, che drena uno stagnodi acque residue nel New Lead Belt delMissouri, alberga le alghe Spiro gyra, Rhi-zoclonium, Hydrodictyon e Cladophora.Si attribuisce a questi organismi la rimo-zione delle sostanze nutritive e dei metallipesanti solubili e la cattura di particelleminerali in sospensione. Uno stagno disedimentazione e uno scolmatore con de-flettore impediscono alle alghe di sfuggirenell'emissario. In una miniera di uraniodel Grants Uranium District del NewMexico, le acque della miniera vengonotrattate in un sistema di bacini delimitatida argini e interconnessi tra loro, in cui lealghe Spiro gyra, Oscillatoria, Rhizoclo-nium e Chara accumulano ioni solubili dimolibdeno, selenio, uranio e radio. I se-dimenti delle vasche sono arricchiti dametalli e metalloidi, il che fa pensare auno schema di rimozione degli ioni, ana-logo al processo naturale osservato nelloSchist Lake. Popolazioni numerose dibatteri che riducono i solfati nei sedimentiindicano che l'acido solfidrico può svolge-re una certa parte nella sedimentazionedegli ioni. I carbonati di uranileR10 2 (CO 3 ) -- e UO2(CO3)3 41 interagi-scono probabilmente con Chara, incro-stata di cristalli di carbonati idrati, e dan-no luogo alla formazione del mineraleliebigite [Ca2UO2(CO3)3.10H20.

I processi microbiologici attualmentesfruttati dall'industria mineraria sonoabbastanza semplici come progettazionetecnica e la loro efficacia è influenzata daicambiamenti stagionali e da improvvisealterazioni della chimica del sistema.Recenti sviluppi nello studio dell'assun-zione di metalli da parte di S. cerevisiae,R. arrhizus e P. aeruginosa permetteran-

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'ARTE DEL LEONE.

505 TURBO DIESEL:LA PASSIONE E LA RAGIONE.

no probabilmente di utilizzare questi mi-crorganismi in processi, progettati conprecisione, per il recupero di metalli dacorsi d'acqua contenenti acque di scarico.I nuovi mezzi di cui dispone oggi l'inge-gneria genetica potranno portare allacreazione di organismi modificati, dotatidi una maggiore efficacia nella rimozionedei metalli. È stato detto sopra che solo il44 per cento delle cellule di P. aeruginosaprende parte al processo di assunzionedell'uranio. Shumate e Strandberg ipotiz-zano che, se si riesce a identificare il fatto-re, o i fattori, che controllano tale assun-zione, si potranno modificare genetica-mente i batteri accrescendo la popolazio-ne di cellule che accumula il metallo.

T 'accumulo di metalli da parte dei mi-crorganismi, sia il processo un'assun-

zione intracellulare o un accumulo in su-perficie, avviene in modo prevalentemen-te non specifico: gruppi di atomi dotati dicarica negativa, sulla superficie delle cel-lule microbiche, attraggono qualunquetipo di ioni, presente in soluzione e dotatodi carica positiva. Molti organismi hannocomponenti cellulari con una elevata spe-cificità per i metalli. Uno tra gli agentipiù conosciuti che legano i metalli è laproteina metallotioneina. Studi sulla suastruttura indicano che essa contiene unaelevata concentrazione di unità ammi-noacidiche contenenti zolfo, le quali,quando si trovano giustapposte per il ri-piegamento della catena proteica, forma-no un sito di chelazione sulfidrilico(HS - ). Nell'alga azzurra marina Syne-chococcus, una molecola di metallotio-neina, relativamente piccola e in grado diunirsi al cadmio, può legarsi in media a1,28 atomi di cadmio per molecola. L'i-dentificazione del gene, o dei geni, chespecificano la struttura della metallotio-neina di questo organismo, o di qualun-que altro organismo, può aiutare i geneti-sti a isolare e a clonare i geni in microrga-nismi selezionati. Le cellule che portano igeni clonati potrebbero essere dirette asintetizzare massicce quantità di metallo-tioneina. con una capacità specifica dilegare i metalli. Questa piccola proteinapotrebbe essere immobilizzata su un sup-porto inerte e acqua di scarico, contami-nata con metalli, potrebbe essere fattapassare sopra di essa. Ulteriori studi effet-tuati sulle metallotioneine in grado di le-gare metalli specifici possono fornire ideeper la sintesi in laboratorio di compostisemplici, con una capacità maggiore dilegare i metalli.

Basandosi sull'opera della natura, suglistudi controllati di laboratorio, realizzatida numerosi ricercatori, e sulle attualiapplicazioni nel campo, risulta evidenteche i microrganismi e le loro versatili atti-vità aiuteranno l'uomo a rivendicare ipropri diritti sulle ricchezze minerali se-polte in profondità nel sottosuolo o di-sponibili in quantità che oggi non è con-veniente sfruttare dal punto di vista eco-nomico. Questi piccoli servitori dell'uo-mo promettono di aiutarlo a ripulire ariae acqua, recuperando, nel contempo, pre-ziose risorse sotto forma di metalli.

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