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mando – o contrattuale. In questo secondo caso una pluralità di soggetti indi- pendenti posti a diversi stadi della produzione e distribuzione, integrano i propri programmi su base contrattuale al fine di realizzare maggiori economie o risul- tati di vendita migliori. Rientrano in questa categoria le unioni volontarie, le cooperative di dettaglianti, le organizzazioni in franchising. Sono sistemi orizzontali quelli costituiti da due o più imprese indipendenti che uniscono le proprie risorse per sfruttare delle opportunità di mercato. Rien- trano in questa categoria accordi tra catene di supermercati e banche locali vol- te ad offrire servizi finanziari sul punto di vendita. Le alternative di canale, dunque, possono essere valutate in ragione di para- metri quali la propensione all’innovazione e alla collaborazione dei soggetti cui demandare le funzioni distributive, oltre all’ampiezza dei servizi offerti. Si tratta di parametri di natura strutturale ai quali può essere affiancata la valutazione del numero di soggetti cui affidare i processi distributivi, potendosi identificare a priori una distribuzione: esclusiva, volta a ridurre il numero di intermediari al fine di mantenere il con- trollo del canale; selettiva, consistente nella scelta di intermediari commerciali tradizionali ma in numero inferiore a quelli presenti; intensiva, volta a massimizzare i punti di contatto con il cliente. In molti mercati il processo di creazione di valore per il cliente non dipende esclusivamente dall’attività di un’unica impresa, ma dall’insieme di soggetti eco- nomici interconnessi da relazioni stabili. Questo spiega perchè, in tempi relati- vamente recenti, le relazioni industria-distribuzione sono state oggetto di nume- rose innovazioni ed evoluzioni che hanno spinto gli attori coinvolti a ricercare un maggior grado di coordinamento del canale quale risposta alla crescente complessità dell’ambiente. In alcuni casi tali relazioni sono diventate multi-im- presa, dando luogo ad aggregazioni di soggetti finalizzate al miglioramento eco- nomico delle condizioni complessive della distribuzione. ll caso ECR ITALIA Indicod-Ecr è una associazione di categoria senza scopo di lucro che raggruppa aziende indu- striali e distributive operanti nel settore dei beni di largo consumo. Ad essa fanno capo, su ba- se volontaria, circa 30mila imprese, che complessivamente sviluppano un giro daffari stima- to in 106 miliardi di euro. La missione Costituita nel 2004, per effetto della fusione tra Indicod ed Ecr Italia, l Associazione ha come mis- sione «promuovere il miglioramento dell efficienza e dell efficacia delle imprese produttrici e delle imprese distributrici di beni di consumo, nei loro reciproci rapporti e nelle loro relazioni con gli al- tri partner nelle filiere di riferimento, al fine di soddisfare al meglio le attese del consumatore». Il channel management: progettazione e gestione della multicanalità 295

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mando – o contrattuale. In questo secondo caso una pluralità di soggetti indi-

pendenti posti a diversi stadi della produzione e distribuzione, integrano i propri

programmi su base contrattuale al fine di realizzare maggiori economie o risul-

tati di vendita migliori. Rientrano in questa categoria le unioni volontarie, le

cooperative di dettaglianti, le organizzazioni in franchising.

Sono sistemi orizzontali quelli costituiti da due o più imprese indipendenti

che uniscono le proprie risorse per sfruttare delle opportunità di mercato. Rien-

trano in questa categoria accordi tra catene di supermercati e banche locali vol-

te ad offrire servizi finanziari sul punto di vendita.

Le alternative di canale, dunque, possono essere valutate in ragione di para-

metri quali la propensione all’innovazione e alla collaborazione dei soggetti cui

demandare le funzioni distributive, oltre all’ampiezza dei servizi offerti. Si tratta

di parametri di natura strutturale ai quali può essere affiancata la valutazione

del numero di soggetti cui affidare i processi distributivi, potendosi identificare

a priori una distribuzione:

• esclusiva, volta a ridurre il numero di intermediari al fine di mantenere il con-

trollo del canale;

• selettiva, consistente nella scelta di intermediari commerciali tradizionali ma

in numero inferiore a quelli presenti;

• intensiva, volta a massimizzare i punti di contatto con il cliente.

In molti mercati il processo di creazione di valore per il cliente non dipende

esclusivamente dall’attività di un’unica impresa, ma dall’insieme di soggetti eco-

nomici interconnessi da relazioni stabili. Questo spiega perchè, in tempi relati-

vamente recenti, le relazioni industria-distribuzione sono state oggetto di nume-

rose innovazioni ed evoluzioni che hanno spinto gli attori coinvolti a ricercare

un maggior grado di coordinamento del canale quale risposta alla crescente

complessità dell’ambiente. In alcuni casi tali relazioni sono diventate multi-im-

presa, dando luogo ad aggregazioni di soggetti finalizzate al miglioramento eco-

nomico delle condizioni complessive della distribuzione.

ll caso ECR ITALIA

Indicod-Ecr è una associazione di categoria senza scopo di lucro che raggruppa aziende indu-striali e distributive operanti nel settore dei beni di largo consumo. Ad essa fanno capo, su ba-se volontaria, circa 30mila imprese, che complessivamente sviluppano un giro d’affari stima-to in 106 miliardi di euro.

La missioneCostituita nel 2004, per effetto della fusione tra Indicod ed Ecr Italia, l’Associazione ha come mis-sione «promuovere il miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia delle imprese produttrici e delleimprese distributrici di beni di consumo, nei loro reciproci rapporti e nelle loro relazioni con gli al-tri partner nelle filiere di riferimento, al fine di soddisfare al meglio le attese del consumatore».

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Gli obiettiviIndicod-Ecr intende porsi quale punto di riferimento istituzionale di tutto il «Sistema Produtto-re/Distributore/Consumatore» per lo sviluppo di tecniche, soluzioni operative, standard e stru-menti atti ad ottimizzare l’efficienza dei processi relativi al sistema stesso, sia all’interno delleimprese aderenti, sia nell’interfacciamento strategico ed operativo fra di esse e nei loro rap-porti con il consumatore finale.Perseguendo queste finalità, Indicod-Ecr intrattiene relazioni con tutti gli Enti e le Istituzionipubbliche che interagiscono con il sistema delle imprese che aderiscono all’Associazione.Ecr (Efficient Consumer Response) Italia nasce nel 1993 come associazione paritetica fra im-prese industriali e imprese distributive. I compiti principali dell’associazione sono lo studio, ladiffusione e l’applicazione di strumenti di raccordo fra le imprese stesse, con particolare ri-guardo al miglioramento dell’efficienza dei rapporti fra i due comparti e dell’intero ciclo Pro-duzione-Distribuzione-Consumo.In particolare Ecr Italia ha come obiettivo primario la riduzione del costo del sistema industriadi marca – distribuzione moderna e la equa suddivisione dei vantaggi qualitativi e quantitativiacquisiti fra Produzione-Distribuzione-Consumatore finale. Parimenti, Ecr Italia persegue la ri-cerca di un nuovo modello di interfacciamento industria di marca-distribuzione moderna, lacreazione di una nuova cultura dei manager e di un linguaggio comune.

La strategia La strategia Ecr consiste nel cercare di indirizzare le imprese di produzione e quelle commer-ciali verso una partnership oggettiva su grandi temi di comune interesse. A questo scopo, EcrItalia coordina un tavolo paritetico industria di marca-distribuzione moderna, lavorando suprogetti comuni di sinergia, fissando obiettivi specifici e coinvolgendo in prima persona leaziende associate ed i loro manager.Ecr Italia adotta una metodica di lavoro finalizzata, da una parte, a conseguire risultati concre-ti e, dall’altra, a stimolare la creazione di un approccio ai rapporti in grado di generare il dialo-go fra le funzioni interessate ai temi trattati nei singoli progetti.Si instaura, in questo modo, un percorso virtuoso che, partendo dall’individuazione di alcuniprogetti monotematici di sinergia a grande impatto sul sistema e passando da un’equa ripar-tizione dei risultati fra i due comparti, produce una specifica partnership oggettiva.Infatti, una partnership oggettiva fra i due comparti può scaturire solo dalla possibilità di inter-venti strutturali sul Sistema, che abbiano come presupposti l’adeguamento culturale dei mana-ger, l’evoluzione del linguaggio ed un netto miglioramento della circolazione delle informazioni.Le imprese associate, attraverso Ecr Italia, mettono in comune le metodiche ed i risultati dellesoluzioni adottate.

Valutazione delle alternative di canale

L’ultimo passo per la costruzione del sistema di canale, dopo che sono state identi-ficate tutte le possibili combinazioni di attori, richiede al management una attentavalutazione delle principali alternative; queste si posizionano lungo un continuumai cui estremi si collocano due decisioni: servire il mercato di riferimento con ununico canale ovvero ricorrere a canali multipli. Nel primo caso l’impresa adotteràun canale (diretto, breve o lungo) ottenendo una semplificazione delle attività di-

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Dell computers: come i canali diretti e virtuali creano un nuovo mercato

Dell è un’azienda nata nel 1984 che progetta, sviluppa, costruisce e distribuisce soluzioni ITdestinate a consumatori finali, imprese – piccole, medie e grandi – e pubbliche amministra-zioni. Fin dalla costituzione, avvenuta con un capitale di soli 1000 dollari, fonda il proprio van-taggio competitivo su una rete di canali diretti in grado di servire con efficacia tutti i segmentidi mercato. Nel 1996, Dell entra nel mondo dei canali virtuali aprendo il sito dell.com e riscuo-tendo un successo quasi inatteso: ricavi per un milione di dollari al giorno a soli sette mesi dallancio. La filosofia di gestione del canale on line, alla base del suo successo, viene continua-mente alimentata con innovazioni quali:• l’introduzione di strumenti di supporto ai clienti on line (1999);• la definizione di un nuovo sistema di reclutamento e formazione del personale dedicato alle

vendite lanciato in contemporanea ad un programma di miglioramento del sistema di assi-stenza tramite call center (2005);

• il lancio di un sistema di diagnostica a distanza del computer chiamato dell connect (2006).

Il modello di business, totalmente centrato sul consumatore, si fonda su cinque punti chiave:• raggiungere in modo efficiente il consumatore sfruttando tutti i vantaggi di un canale diretto;• veicolare la propria offerta attraverso un unico punto di accesso che svolge contempora-

neamente sia funzioni informative sia transazionali;• assemblare il prodotto in funzione delle caratteristiche dell’ordine del cliente;• raggiungere elevati livelli di «snellezza» dei processi per mantenere una leadership di costo;• utilizzare tecnologie basate su standard tecnologici ampiamente diffusi così da ampliare lo

spettro dei possibili impieghi dei propri prodotti e, quindi, del mercato potenziale.

Figura 9.8 Il sistema di canale di Dell

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La filosofia emergente da questi elementi ha consentito di generare valore per il consumatore,togliendo i costi tipici di canali più lunghi quali quelli di detenzione e gestione delle scorte eobsolescenza del prodotto, eliminando i margini da riconoscere ai distributori intermedi. Talepeculiare modello, però, ha consentito anche di alimentare la domanda. Ricorrere esclusiva-mente ad un canale digitale governato in modo attento dalla costante attenzione al manteni-mento di una leadership di costo nella produzione, favorendo un abbassamento generalizzatodei prezzi del prodotto finale, ha consentito un progressivo allargamento del mercato. In altritermini l’esperienza di Dell nella vendita di computer attraverso canali digitali ha dato originead una innovazione nel modello di business del settore, espandendo il mercato complessivodei personal computer.

Il secondo driver – la generazione creativa di nuovi format di canale – rappre-senta, invece, una risposta concreta alla crescente domanda di prodotti e conte-sti di consumo sempre meno caratterizzati dalla ricerca di benefici funzionali. Èindubbio, infatti, che la crescente ricchezza materiale, soprattutto nei paesi eco-nomicamente sviluppati, la maggiore cultura e diffusione dei saperi, la conse-guente ricerca di distinzione (Bourdieu, 1979; Bourdieu, 1986) e di identità(Bauman, 1992; Maffesoli, 1993) alimentano comportamenti di consumo carat-terizzati da alti gradi di individualismo dei processi di scelta e dalla ricerca disimbolismo (Levy, 1959; Baudrillard, 1970) e contenuti emozionali da parte delconsumatore. In altri termini, gli attributi funzionali dell’offerta e dei canalistanno gradualmente perdendo la capacità differenziante a beneficio di quellisimbolici ed emozionali-esperienziali rinvenibili sia in singoli prodotti che innuove combinazioni dell’offerta (Pine et al., 1999; Busacca e Castaldo, 2000). Inquesto senso i canali di marketing possono diventare uno strumento a disposi-zione dell’impresa per costruire un sistema d’offerta coerente con particolarioccasioni e rituali di consumo espressi dai consumatori. La soddisfazione di unbisogno può essere generata tramite l’insieme di beni e servizi interconnessi ne-gli schemi cognitivi del consumatore, il quale tende ad associare tali item – strin-ghe di consumo – esulando da logiche tradizionali che vedono nella categoria diprodotto la base principale di aggregazione – la cosiddetta logica paradigmatica

(Busacca et al., 2000). Il canale coglie questa essenza diventando così il luogo nelquale riconfigurare il concetto stesso di prodotto, non più legato a regole e con-venzioni di appartenenza ma a combinazioni che lo associano ad altri prodotti eservizi in funzione di occasioni e processi (rituali) di consumo6. Sovente i rituali

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6 Le relazioni paradigmatiche definiscono le categorie di prodotti sulla base di un asse della se-

lezione (paradigma) che esprime le regole e le convenzioni di appartenenza; ad esempio, la catego-ria delle scarpe è espressa dal paradigma secondo cui le calzature risultano un capo indipendenteed a se stante rispetto agli altri item del vestiario. Le relazioni sintagmatiche prevedono invece lacategorizzazione dei prodotti rispetto ad un asse della combinazione (sintagma) che gestisce le as-sociazioni espresse – in un’ottica consumer led – dalla domanda (Castaldo e Bertozzi, 2000); adesempio, un ipermercato potrebbe associare il pieno di benzina alla macchina fotografica usa e get-ta in un’ipotetica categoria della gita fuori porta.

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TAD: verso nuovi format della distribuzione commerciale

Tad, acronimo per Tendenze Antiche Debolezze, è un particolare tipo di concept store nato dauna singolare intuizione di Marina Coffa nel 1991. Nel 1996 apre il primo concept store alcentro di Roma. Articolato su due livelli e con una superficie di circa 1000 metri quadrati, TADsi caratterizza per un forte richiamo estetico tale da proporre un lusso privato in un luogoaperto al pubblico. Suddiviso in ambienti tematici, al suo interno sono presenti prodotti di tipo-logie merciologiche molto differenti: abiti sartoriali di marca, gemme preziose, musica etnicae new age, fiori, profumi, scarpe, oggettistica, arredamento combinati con alcuni servizi per lapersona. I prodotti esposti, sapientemente collocati grazie ad un design ricercato del punto divendita, si confondo fino a diventare un tutt’uno con l’arredamento. Un sapiente gioco di luci,colori, profumi e musica scandisce la costruzione di un’atmosfera ispirata all’easy life. Per ali-mentare questa esperienza TAD accoglie spesso mostre – temporanee e permanenti – di gio-vani ed emergenti artisti.

L’idea portante alla base del format è quasi completamente svincolata dall’attrazione delcliente. Lo store è concepito per essere un luogo di incontro per mangiare, bere, vedere unapersona nello spazio dedicato alle sperimentazioni artistiche. Tad, quindi, è uno store pluri-marca, plurigenere, prototipo di innovazione, unicità e sorpresa.

Il channel management nei giochi di posizione ed imitazione:integrazione e coordinamento dei canali nella prospettiva della market sharing

Le gestione dei canali in condizioni di competizione accesa, fino all’estremo del-

l’ipercompetizione, richiede un elevato livello di integrazione, finalizzato a con-

trastare gli attacchi competitivi. Si tratta di una leva di primaria rilevanza dato

la elevata varietà degli attori di canale. Il coordinamento tra tali soggetti viene

raggiunto governando due variabili: potere e conflitto. Più in dettaglio, il potere

è la capacità di condizionamento che un soggetto è in grado di esercitare su di

un terzo. Essa si può fondare sulla ricompensa, sulla coercizione, sulla reputa-

zione professionale, sulla legittimazione, sull’identificazione. Il potere rappre-

senta uno strumento in grado di allineare obiettivi spesso differenti e sovente

contrapposti dei diversi soggetti che compongo l’architettura complessiva del

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management è chiamato a svolgere in una prospettiva concorrenziale, laddovel’ambiente si caratterizzi per una elevata intensità competitiva. È possibile indi-viduare due distinti stati della competizione caratterizzati da:

• sostanziale impossibilità ad innovare e conseguente necessità di valorizzare laconoscenza e le risorse attuali dell’impresa, massimizzandone la produttività;

• opportuità/necessità di introdurre innovazioni incrementali di mercato o dicanale.

Nel primo caso le strategie delle imprese sono essenzialmente orientate almarket sharing, da perseguire attraverso la massimizzazione della quota su unmercato sostanzialmente stabile, con clienti dai bisogni strutturati ai quali pro-porre beni stabili nella configurazione dei benefici. Si tratta di una situazionecompetitiva tipica dei giochi di posizione, nei quali al channel management ven-gono affidati due fondamentali obiettivi:

• aumentare l’estensione della distribuzione rispetto ai concorrenti;• frenare l’erosione della redditività contribuendo a generare barriere di oppo-

sizione agli attacchi dei rivali.

Conseguentemente il numero dei soggetti coinvolti nell’architettura del cana-le tenderà ad aumentare in modo simmetrico rispetto alle esigenze di capillarecopertura del mercato, da gestire con un approccio prevalentemente push, dan-do così particolare rilevanza alle politiche di trade marketing. La complessitàdell’assetto di canale rende particolarmente problematica la gestione del coor-dinamento degli attori, esponendo l’impresa ad ampie ed estese crisi connessealla diffusione di conflitti.

L’estensione dei canali in Nike

Nel 1999 Nike avviò un innovativo ed ambizioso progetto di commercio elettronico siglandoun accordo di esclusiva con Fogdog sports, un distributore operante esclusivamente sui cana-li digitali, che consentiva alla Nike di avviare una nuova fase nelle politiche di channel mana-genent.La struttura dei canali di Nike era articolata su un numero elevato di soggetti: grandi magazzi-ni per articoli sportivi dedicati ad una pluralità di sport e stores specializzati sugli sport corre-lati all’altetica. Fino a quel momento l’azienda non aveva manifestato un particolare interessenei confronti del canale diretto. Non aveva un catalogo e gestiva in modo molto selettivol’apertura di punti di vendita proprietari, sfruttando tale canale diretto sostanzialmente per finidi brand building. Tuttavia, il mercato retail delle scarpe da atletica era estremamente fram-mentato.Nike adottava una struttura dei canali piuttosto lunga con politiche di gestione complesse. Aicanali indiretti furono gradualmente accostati dei canali diretti: i NIKETown. Localizzati in areead elevata pedonabilità i negozi Nike erano alla moda, di dimensioni non superiori ai 7.000

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metri quadrati, progettati per divenire non solo un luogo dove comprare ma anche un punto diattrazione. Singolarmente analizzati, non presentavano un profilo positivo di redditività e nonavevano neppure performance di vendite particolarmente elevate. La loro finalità era piuttostoquella di proporsi come punto di contatto con il cliente, attraendolo attraverso la proposta deiprodotti più innovativi o difficilmente reperibili nella rete di vendita contribuendo, così, alla ge-nerazione di reputazione, notorietà e immagine del brand. Al momento del lancio tutti i distri-butori presenti nel sistema di canale di Nike iniziarono a temere un cambio di direzione nellepolitiche di channel management, intravedendo possibili riduzioni nei volumi di vendita. Tutta-via una adeguata comunicazione dell’iniziativa, ha consentito di sedare sul nascere un poten-ziale conflitto, consentendo ai distributori di comprendere che i NikeTown stores non poteva-no causare cannibalizzazioni delle vendite. Essi, al contrario, potevano solamente migliorare leperformance dell’intero sistema distributivo.Con la finalità di ampliare la copertura del mercato Nike operava anche in 53 outlet con nego-zi a gestione diretta, finalizzati a smaltire celermente le scorte di prodotti invenduti sui canalitradizionali. Si tratta di una soluzione ottimale che consente di collocare sul mercato prodottialtrimenti difficilmente vendibili, realizzata ottenendo una trascurabile perdita di margini.L’estensione a questo tipo di canale, infine, rendeva possibile ampliare la dimensione del mer-cato servito senza però danneggiare il brand. Il controllo diretto consentiva, infatti, di gestire almeglio le politiche di prezzo.

Quando il contesto competitivo consente l’introduzione di innovazioni incre-mentali, sovente sperimentate da innovatori, si ricade nella situazione del giocodi imitazione. Coerente con settori in fase di crescita o evoluzione, tale modalitàdi concorrenza vede nel channel management uno strumento particolarmenteefficace nel raccogliere e modellizzare la conoscenza sulla domanda al fine dialimentare il processo innovativo. È noto, infatti, che l’arma necessaria per per-seguire con successo l’imitazione consiste nella velocità di apprendimento delleconoscenze necessarie per inseguire l’innovatore. In questo senso le opportunitàdischiuse da un attento mix di canali digitali e fisici aiuta ad innalzare sensibil-mente il grado di conoscenza della domanda.

Prendendo ad esempio i canali digitali, le opportunità di tracking delle azioniattuate dai navigatori consentono l’accumulazione di conoscenza utile per esten-dere gli orizzonti di personalizzazione dell’offerta. I dati di clickstream, generatidall’analisi congiunta dei log file e dei cookies, consentono di verificare i movi-

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1993 1994 1995 1996 1997 1998

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Negozi di scarpe sportive 21,9% 19,5% 18,9% 20,0% 19,4% 19,9%

Negozi di scarpe 11,8% 10,7% 9,7% 9,8% 9,2% 8,8%

Negozio di articoli sportivi 12,9% 12,7% 12,5% 12,6% 13,2% 13,2%

Grandi magazzini generalisti 22,0% 22,8% 22,3% 22,2% 21,5% 21,5%

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ti livelli di coinvolgimento sono così generalmente associati ad una maggiore ri-

flessione ed estensione temporale del processo d’acquisto. Prodotti collocati in

situazioni d’acquisto tali da dare origine a condizioni di elevato coinvolgimento,

quindi, possono trovare nei canali digitali una efficace modalità di riduzione dei

costi informativi e valutativi. La configurazione di valore percepito per il canale

dipende, quindi, anche dal coinvolgimento situazionale.

Ai fini competitivi, la scelta della tipologia di canale può quindi essere princi-

palmente orientata in ragione della utilità che lo stesso genera per ogni fase del

processo di acquisto, andando a privilegiare canali diretti e digitali per la fase in-

formativa. Le decisioni concernenti la migliore alternativa per la fase di transa-

zione, dovrà essere assunta in ragione del costo che il consumatore è disposto a

sostenere.

L’internet banking: verso un ripensamento delle strategie distributive del sistema bancario

Negli ultimi anni la politica commerciale delle banche ha sperimentato notevoli evoluzioniconferendo al canale tradizionale – le filiali – il ruolo di gestione, diretta ed basata sulla intera-zione personale, della relazione con il cliente. Parallelamente, la gran parte delle banche haspinto la propria clientela verso canali alternativi nella prospettiva di ridurre il numero di ope-razioni effettuate allo sportello. La finalità di tale decisione è piuttosto evidente. Lo sportello,rappresentando un canale ad elevato costo, dovrebbe essere utilizzato dal cliente solo peroperazioni ad elevato valore o che richiedono un intervento diretto del supporto personale oconsulenziale. Conseguentemente tutte le attività «time consuming», caratterizzate da routinedi utilizzo consolidate e tali da configurare situazioni di impiego a basso coinvolgimento, pos-sono essere utilmente spostate su canali a basso costo sia per gli intermediari sia per il clien-te. Sono queste, in estrema sintesi, le motivazioni che spiegano la decisa crescita dell’internetbanking in Italia che, a fine del 2007, può contare su circa 11,7 milioni di conti correnti. Quasiil 30% del totale detenuto dall’intero sistema bancario.

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Le funzioni offerte dalle banche attraverso la rete. Fonte: Abi, (2006)

A partire dal 2001 l’intero sistema bancario italiano ha visto crescere il numero dei conticorrenti «on-line» ben oltre la media complessiva di aperture. Il 2007, poi, segna un mas-siccio ingresso del segmento retail nel canale digitale, a riprova della oramai raggiunta ma-turazione della tecnologia divenuta facilmente accessibile ad una ampio numero di clienti.Circostanza questa che ha contribuito ad abbattere una diffidenza verso la rete consenten-do di gestire in modo più efficiente la posizione finanziaria personale, ricorrendo alle filialisolo per operazioni che richiedono necessariamente un apporto consulenziale e, dunque, apiù alto coinvolgimento.

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movimento sociale formato da persone che vogliono parlare, collaborare, cono-scersi online. A questo cambiamento sociale, più grande delle strategie che unasingola impresa può attuare, soggetti come Facebook e MySpace hanno datoespressione tecnica e manageriale.

Il gioco di movimento di attori come Facebook, MySpace,YouTube è caratte-rizzato per essere portato da new player, e non da imprese incumbent. Le incum-

bent entrano piuttosto come acquirenti o partner delle prime, in una mossa chepuò essere considerata difensivamente come un gioco di posizione per il mante-nimento dei propri asset online e offline, oppure più dinamicamente come tenta-tivo di portare un gioco di movimento nel proprio settore. È il caso di NewsCorp con MySpace, di Google con YouTube.

In alcuni casi, il gioco di movimento non è neanche riconducibile a una speci-fica attività imprenditoriale. Emerge come pratica sociale nel Web 2.0 da partedei consumatori e delle persone. Pratica che assume subito un valore anche peril marketing e l’impresa. Un esempio sono i video virali dei bizzarri esperimenticondotti su YouTube da comuni persone mescolando le caramelle Mentos conla Diet Coke. Da questa momentanea e improvvisa moda, varie imprese hannoadottato l’idea di far sì che fossero i consumatori a proporre e produrre pubbli-cità per i loro brand.

«Le Nuvole» e Maurizio Tombari: un imprenditore da Web 2.0

Una delle novità competitive portate dal Web 2.0 è l’allargamento dell’arena competitiva apiccole imprese, a volte micro-imprese. Anche aziende che potrebbero apparire agli antipodidella rivoluzione tecnologica di oggi, come le imprese artigianali e di oggetti d’arte, possonoricavare un proprio ruolo nel Web 2.0.È il caso di Maurizio Tombari e «Le Nuvole» (Pace, Fratocchi, Cocciola, 2007). Tombari è defi-nibile come artista-imprenditore. Vive a Pesaro. La sua passione e occupazione è produrre pi-pe artistiche da collezione, aiutato dalla moglie Stefania, che si occupa insieme a Maurizio deldesign. Una pipa firmata da Tombari è un piccolo oggetto d’arte. Il suo valore può superareanche il migliaio di Euro.Nel 1996 Tombari fonda «Le Nuvole», un laboratorio dove creare liberamente le sue pipe.Tombari limita la sua produzione a non più di 260 pipe l’anno, perché ogni singola pipa è lavo-rata personalmente a mano, senza alcuna concessione all’industrializzazione. Ogni pipa è unpezzo unico. Come recita Tombari nel suo sito: «Pipe, come nuvole, irripetibili e leggere»(www.lenuvolepipes.com; www.pipe.it).Il passaggio dal laboratorio al Web è spontaneo per Tombari. Il sito è aperto due anni dopo lafondazione del laboratorio. Tombari subito intuisce che Internet è più di una piattaforma di e-commerce. È anche un luogo in cui le passioni comuni possano essere discusse, compresequelle di nicchia come il fumo di pipa. Tombari partecipa così, da appassionato, alle discussio-ni che si intrecciano sul Web nel piccolo ma vario mondo degli estimatori del fumo di pipa. Fra igruppi nei quali la voce di Tombari è presente e rispettata, c’è il newsgroup alt.smokers.pipes.Le discussioni e le attività sono varie: quale tipo di tabacco sia migliore per un dato tipo di le-gno, virtuali accensioni collettive di pipa in onore o ricordo di qualche personalità, aggiorna-menti sulle norme antifumo, animati dibattiti contro il fumo di sigaretta. Maurizio Tombari par-

Marketing strategico. Manovre e strategie di marketing364

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tecipa a tali discussioni non come imprenditore, ma come appassionato fra appassionati,membro a tutti gli effetti della community. È quindi naturale e non invasivo che Tombari pre-senti alla comunità una nuova pipa o una nuova collezione. Riceve commenti, suggerimenti,lodi. E alcuni eseguono l’ordine d’acquisto sul sito di «Le Nuvole». Il passaggio dal lato stretta-mente sociale e comunitario a quello commerciale non è vissuto come un’incongruenza, macome naturale parte del dialogo, come del resto lo stesso Tombari lo intende.Il successo dell’approccio di Tombari è premiato. Agli inizi della sua esperienza in Internet, ilsito di «Le Nuvole» riceve oltre 17.000 contatti ogni anno. Cifra significativa, considerando an-che l’assenza di pubblicità o altre forme di marketing convenzionale. Il laboratorio diventa«improvvisamente» un’impresa internazionalizzata: Tombari raggiunge picchi di produzioneper l’estero come 85% di pipe create che vengono vendute negli Stati Uniti. Dopo il 2001, laproduzione per l’estero scende, soprattutto per via del tasso di cambio Euro/Dollaro e per lacrisi successiva agli eventi dell’11 settembre.Maurizio Tombari ha adottato nuove regole del gioco nella nicchia delle pipe artistiche. Non haimpiegato il sito come mero strumento di e-commerce. Non ha pubblicizzato il sito in mododa accrescerne il traffico e il numero di potenziali acquirenti. Ha evitato le regole dell’e-com-merce da Web 1.0. Ha fatto invece leva, spontaneamente, sul fatto di essere appassionato delsuo lavoro e desideroso di scambiare idee ed emozioni con persone simili.In questo senso, Tombari potrebbe persino vantare un vantaggio competitivo nei confronti diimprese più grandi e blasonate. Tali imprese non possono adottare agevolmente la stessa stra-tegia, in quanto non sono persone appassionate, bensì necessariamente organizzazioni produt-tive e commerciali. Di qui la scarsa efficacia di un gioco di imitazione puramente formale cheun’impresa potrebbe adottare. Entrare in una community di fumatori di pipa, senza avere il ri-conoscimento personale raggiunto da membri come Tombari, significherebbe inimicarsi lacommunity stessa con un approccio commerciale normalmente rigettato dalle comunità. Il ve-ro gioco di imitazione sarebbe piuttosto nel carpire la componente sociale che Tombari ha fattoemergere, cercando ad esempio di promuovere una propria comunità, in cui ospitare (ma sen-za fini palesemente commerciali) parte della popolazione di appassionati di pipa del Web.Il gioco di movimento di Tombari riguarda un piccolo laboratorio in un settore di nicchia cheprobabilmente non stimola contrattacchi da parte di altre imprese di maggiori dimensioni e aproduzione maggiormente industriale. Ma caratteristica del giochi di movimento nel Web 2.0è quella di iniziare spesso in contesti limitati per poi, in alcuni casi, allargarsi. Il passaggio èdato dall’adozione della strategia innovativa da parte di organizzazioni più grandi e in grado diimitare la sostanza del gioco di movimento. Il gioco di imitazione delle «piccole» esperienze disingoli soggetti nel Web 2.0 deve quindi prendere la forma di un’innovazione creativa e nonpedissequa trasposizione.

Web 2.0 e giochi di imitazione

Il gioco di movimento sopra descritto è stato seguito con la rapidità tipica

della Rete da imitazioni da parte di altre imprese, incluse le aziende più con-

solidate di Internet. Altri attori hanno cercato di instillare nei rispettivi busi-

ness model i princìpi del Web 2.0. Un esempio è eBay. eBay nasce come sito

di aste elettroniche in cui il contatto avviene fra venditore e acquirente in ter-

mini commerciali. eBay ha successivamente acquisito Skype, il principale si-

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