LA METODOLOGIA MEDICO-LEGALE E I NUOVI CRITERI DI ...
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LA METODOLOGIA MEDICO-LEGALE E I NUOVI CRITERI DI VALUTAZIONE DEL
DANNO ALLA PERSONA Prof. Domenico Vasapollo∗, Dr. Luca Pieraccini
La metodologia medico-legale, parimenti di quella clinica, è una scienza al contempo
razionale e tecnica che, tuttavia richiede, a differenza di quest’ultima, non solo
conoscenze di patologia ma anche cognizioni pertinenti ai vari campi del diritto. Essa
reclama, altresì, un’anamnesi precisa ed accurata, una semeiotica appropriata ed una
conoscenza scrupolosa del problema inerente alla questione da esaminare, in modo da
stimare correttamente il valore delle prove raccolte. Le regole che occorre osservare,
secondo il Puccini1 sono, l’obiettività del giudizio sulla base dei fatti raccolti con
ordine e metodo secondo un piano prestabilito, la deduzione logica delle conclusioni
basata sull’esperienza e preparazione del medico-legale, il collegamento dei fatti
medici in funzione dei differenti rapporti giuridici. Quando il giudizio è riferito alla
valutazione del danno alla persona, il medico-legale deve preliminarmente accertare
l’esistenza della lesione, le cause che l’hanno determinata e le conseguenze che sono
derivate.
In altra occasione2 abbiamo riferito sulle problematiche relative alla prioritaria fase
dell’accertamento medico-legale del danno, evidenziando com'esso debba essere
inteso in senso estensivo poiché l’esperto si propone di diagnosticare la malattia,
verificare la derivazione eziologica, stimare natura ed entità del pregiudizio,
considerare i livelli di compromissione delle strutture organiche interessate dalle
lesioni. L’indagine utilizza conoscenze e metodiche che sono proprie della disciplina
medica e, per tal motivo, l’accertamento può seguire schemi che si rifanno a
partizioni anatomo-funzionali, così corrispondendo alla tradizionale impostazione
della metodologia imperniata sulla patologia d’organo. La finalità principale della
∗ Direttore della Scuola di Specializzazione in Medicina Legale, Università degli Studi di Bologna. 1 C. Puccini, Istituzioni di Medicina Legale, Casa Editrice Ambrosiana, Milano, V edizione, 1999. 2 Criteri clinici e medico-legali per una corretta metodologia di valutazione del danno in riferimento alla persona intesa come unità biologica, Tavola rotonda e discussione, pag. 102-106, in Atti del Convegno Nazionale SIMLA Riccione, 9/11 maggio 2001, Il Danno biologico. Danno base... Ed. Progetto visual art, Riccione 2002.
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ricerca è di mettere in evidenza le modificazioni funzionali derivanti dalle alterazioni
delle strutture biologiche apprezzabili, ponendo particolare attenzione alle loro
caratteristiche ed ai meccanismi produttori per la ricerca eziologica delle disfunzioni
stesse.
Dovendo proiettare tali principi nell’ambito della patologia traumatica della spalla è
necessario fare tesoro dell’insegnamento che deriva dalla clinica che, peraltro, ha
beneficiato negli ultimi anni degli apporti innovativi della diagnostica per immagini e
dell’artroscopia. Sembra oramai tramontata l’epoca in cui tale patologia traumatica
s’identificava quasi esclusivamente con i fatti lussativi (oltre che fratturativi) e
periartritici di quest'articolazione, accomunando in tale ultimo ambito molteplici
lesioni e numerose conseguenze menomative. Oggi finalmente conosciamo meglio,
specie sotto il profilo medico-legale, questa complessa struttura articolare dotata di
una notevole motilità pluridirezionale e frequentemente interessata da lesioni
traumatiche, dato che essa è stata ristudiata, grazie anche alla tecnica artroscopia,
seguendo le più recenti conoscenze biomeccaniche, cliniche e chirurgiche.
Un inquadramento più moderno di tali lesioni distingue due quadri clinici
fondamentali: la spalla dolorosa e la spalla instabile. Riguardo a quest’ultima
patologia, quasi unanimemente gli Autori parlano d'instabilità traumatica (TUBS),
atraumatica (AMBRI) 3 e microtraumatica (AIOS). Nella disamina medico-legale di
tali alterazioni è importante studiare sia la modalità traumatica, perché essa può
facilmente collegarsi ad una determinata lesione, sia la quantità d'energia impegnata
nell’evento, dato che tale indagine consente di affrontare le questioni di
biomeccanica, e sia, infine, la tipologia delle alterazioni traumatiche giacché le
instabilità traumatiche possono derivare da distacchi glenoidei, lesioni da impatto
della testa omerale (Hill-Sachs), lesioni labrali, capsulari, ligamentose ed ossee.
Infatti, un dato importante da considerare è che non tutte le spalle diventano instabili
allo stesso modo, né presentano le stesse lesioni da instabilità e neppure vanno trattate
chirurgicamente nella stessa maniera.
3 Nel V secolo A.C. Ippocrate affermava che la predisposizione individuale alle lussazioni derivava dalla consistenza dei legamenti, i quali potevano essere molli di natura e facilmente si prestavano ad allungamenti, sostenendo l’esistenza di persone che, al desiderio, potevano lussare o fare rientrare le loro articolazioni senza dolore. Infine, riteneva che le condizioni fisiche determinavano un’ulteriore differenza tra coloro che avevano una valida muscolatura, in cui era più difficile effettuare una riduzione, e coloro con muscolatura gracile, in cui era facile ridurre la lussazione.
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Le instabilità atraumatiche (AMBRI) sono, rappresentate da iperlassità ligamentose,
costituzionali e generalizzate. Clinicamente in esse si apprezzano iperextrarotazione
(superiore a 100°) e positività del segno del solco e, di solito, si associano a lesione di
Bankart con volume capsulare notevolmente aumentato, legamenti poco o per niente
riconoscibili, capsula ridondante e glenoide erosa.
Infine, la c.d. spalla lassa dello sportivo, cioè l’instabilità microtraumatica (AIOS)
che prevale negli atleti, è un’entità patologica sfumata con dolore persistente durante
“il gesto”, in quanto un’eccessiva traslazione della testa omerale rispetto alla glenoide
determina algia e compromissione funzionale.
Un problema semantico di non secondaria importanza, anche se spesso sono
impiegati indifferentemente, essendo erroneamente ritenuti sinonimi, riguarda i
termini d’instabilità e di lassità articolare. Stante la confusione terminologica è utile
precisare che il primo identifica un quadro soggettivo, sintomatico, che può essere
associato o meno al rilievo obiettivo di lassità.
Addentrandoci nell’analisi delle lesioni della spalla, è necessario aggiungere che la
storia naturale di una lussazione acuta può essere l’instabilità recidivante con lesione
del cercine, della capsula e della struttura ossea. Va, in ogni caso, precisato che
un’instabilità recidivante può derivare anche da un sovraccarico articolare, qualora si
venga a realizzare una lesione degli stabilizzatori ed un’alterazione della risposta
propriocettiva. Lo studio della lussazione traumatica acuta scapolo-omerale ci
consente di affermare che in un’alta percentuale dei casi compare instabilità, essendo
tale quadro spesso indipendente dalla bontà del trattamento conservativo effettuato.
Prima dell’avvento della moderna diagnostica per immagini nulla o poco sapevamo
sulle lussazioni acute di spalla. Oggi, in aggiunta, l’artroscopia ci permette
d’inquadrare esattamente la lesività in gioco in quanto, a seguito della prima
lussazione si possono verificare molteplici lesioni: emartro, disinserzione del labbro,
SLAP lesion, disinserzione del LGOM e LGOI, lesione di Hill-Sachs, frattura del
trochite, lesione di Bankart o lesione del tendine bicipitale. Per tale motivo, anche se
il rilievo valutativo è in funzione delle ripercussioni funzionali delle sequele, la stima
medico-legale del quadro esitale dipenderà pure dalla lesione anatomica realizzatasi,
poiché questa può determinare un’instabilità scapolo-omerale anche dopo il primo
evento, anzi, nei giovani sportivi con alta richiesta funzionale, è molto facile che la
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prima lussazione recidivi entro un anno. Con l’aumentare del numero delle recidive
avviene una dilatazione del volume articolare, con distensione o lacerazione del
complesso ligamentare anteriore, disinserzione del “labrum”, lesione ALPSA,
aumento d’incidenza di SLAP lesion o di lesioni della cuffia, aumento di volume
della lesione di Hill-Sachs.
Altra patologia frequente di spalla è quella da impingement; essa può presentarsi in
forma esterna o subacromiale (di solito compare negli atleti oltre i 35-40 anni e
richiede nei casi estremi la riparazione chirurgica), in forma interna o postero-
superiore (caratterizzata da dolore nella regione posteriore della spalla per alterazioni
capsulo-legamentose con instabilità border-line), e in forma sovraequatoriale del
cercine glenoideo. La cuffia integra, per lavorare bene, deve avere le seguenti
caratteristiche: superficie liscia, muscoli forti e tendini sani, capsula con normale
lassità, arco coraco-acromiale e tuberosità con superfici regolari, borsa sinoviale
sottile, concentricità delle sfere di rotazione omerale e coraco-acromiale.
L’alterazione di uno di questi elementi comporta problemi disfunzionali a carico di
tale articolazione. Nel corso della vita la cuffia dei rotatori, oltre ad andare incontro a
manifestazioni degenerative e infiammatorie legate all’età, è sottoposta a molteplici
sollecitazioni (trazioni, compressioni, contusioni), le quali, se di particolare intensità
(quando i carichi applicati superano la resistenza tendinea), sono in grado di
determinare lesioni in corrispondenza del versante profondo dell’inserzione anteriore
del tendine sopraspinato, in prossimità del tendine bicipitale. Per ogni fibra che si
rompe si verifica aumento del carico su quelle adiacenti illese (fenomeno della
cerniera lampo), diminuzione della forza sviluppata dai muscoli per perdita di
connessione muscolare con la struttura ossea, ischemia tendinea per compromissione
vascolare, esposizione al liquido sinoviale ricco di enzimi litici. Pertanto, anche
quando il tendine cicatrizza perfettamente, esso non possiede più la sua normale
elasticità, determinando così un aumento del rischio di “cedimento” in seguito
all’applicazione di un successivo carico significativo. Un tendine normale, tuttavia, è
molto resistente alle forze trasmessegli durante le ordinarie attività; i carichi di forza
elevata applicati sperimentalmente causano cedimento dell’unità funzionale muscolo-
tendinea (origine muscolare, giunzione muscolo-tendinea, disinserzione ossea), senza
determinare una lesione di continuo del tendine: la metà delle fibre deve essere
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sezionata prima che il tendine ceda sotto tensione. La biomeccanica della cuffia è
assai complessa. I muscoli ruotano l’omero rispetto alla scapola e comprimono la
testa omerale nella cavità glenoidea, fornendo un meccanismo di stabilizzazione della
spalla noto come “concavità in compressione”. Riguardo al bilanciamento muscolare,
la coordinazione e l’entità delle forze devono essere calibrate in modo da evitare
direzioni indesiderate. Questa coordinazione richiede una strategia programmata di
attivazione muscolare secondo uno schema motorio che deve essere stabilito prima
ancora che il movimento venga eseguito. La modalità d’azione delle forze sulle fibre
tendinee è complessa, essendo sottoposte al carico sia dalla contrazione concentrica
(quando l’omero si muove attivamente nella direzione dell’azione dei muscoli della
cuffia, determinando così una contrazione attiva ed un accorciamento muscolare) sia
dalla contrazione eccentrica (quando resistono ad una forza con direzione opposta a
quella dell’azione muscolare, così allungandosi). Ciò consente di spiegare le
differenti modalità lesive che si verificano nel corso di occupazioni particolari
(potatura di alberi, raccolta di frutta, scarico di merci, imbiancatura delle pareti, ecc.)
o a seguito di gesti sportivi (lancio, tennis, sci, nuoto, pallavolo, ecc.) particolarmente
impegnativi per tale struttura. Uno dei punti essenziali per comprendere la patologia
della cuffia dei rotatori riguarda il contatto e il trasferimento di carico tra la cuffia dei
rotatori e l’arco coraco-acromiale. La minima traslazione superiore dell’omero
comprime la cuffia dei rotatori tra la testa omerale e il suddetto arco; tale spostamento
è contrastato da una forza agente verso il basso esercitata dall’arco coraco-acromiale
sulla testa omerale. L’espressione morfologica di tale compressione è la
deformazione acromiale mediata dalla cuffia dei rotatori. Dati clinici e sperimentali
indicano che vi è una forte associazione tra l’invecchiamento di tali strutture, le
lesioni della cuffia dei rotatori e le alterazioni del profilo acromiale e, analogamente,
segnalano che la maggior parte delle rotture delle cuffie dei rotatori è correlata ad una
degenerazione tendinea, essendo le alterazioni acromiali secondarie alla patologia del
versante borsale di tale struttura. Alcuni parlano della spalla come di un’articolazione
costituita da due sfere concentriche: la prima è rappresentata dalla testa omerale, la
seconda dalla superficie inferiore dell’arco coraco-acromiale. In condizione di
normalità tali sfere hanno lo stesso centro, in presenza di degenerazione della cuffia si
perde la concentricità delle due sfere, con ovvie conseguenze patologiche.
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In conclusione dell’inquadramento di tale argomento, è bene sottolineare come la
lesione della cuffia dei rotatori può essere atraumatica e traumatica e derivare, in
quest’ultima evenienza, da un evento acuto esogeno; ciò accade negli sport di
contatto, nelle cadute accidentali o provocate, negli incidenti stradali, con il
meccanismo della distrazione, della lussazione o sublussazione con o senza frattura.
La lesione può però, come detto, avvenire anche per un sovraccarico
(microtraumatica) riconducibile ad un gesto sportivo ripetuto o a lavori pesanti
ripetitivi. Poiché di tali questioni hanno parlato con profondità d'argomentazioni i
clinici ed i radiologi che mi hanno preceduto, riterrei opportuno esaminare le
molteplici questioni medico-legali non prima, in ogni modo, d'avere segnalato che
l’esame clinico della spalla, come per altri distretti articolari, prevede lo studio
preliminare di alcuni aspetti aventi particolare valenza in ambito medico-forense.
Parlando ad esempio del morfotipo, ci riferiamo all’aspetto costituzionale, così
individuando la spalla normoelastica, quella con lassità fisiologica o patologica
(spalla iperlassa). In quest'ambito, per un preciso apprezzamento del morfotipo, ci
sarà d’aiuto l’esame del distretto controlaterale e delle altre articolazioni. Ancora, una
fine semeiologia clinica, potendo utilizzare test specifici per valutare la risposta
dolorosa allo stimolo meccanico e l’efficienza funzionale delle varie strutture
tendino-muscolari, rappresenta un valido strumento diagnostico, specie nelle lesioni
della cuffia dei rotatori. Tra i test attivi ricorderemo quello di Jobe per il
sovraspinoso, che è ritenuto molto importante e fedele, nonché quello di Patte per il
sottospinoso e il test di Gerber per il sottoscapolare che può essere esaminato
isolatamente dagli altri intrarotatori. I test passivi, attraverso la valutazione del
massimo allungamento muscolare consentono di valutare lo stato dei muscoli della
cuffia dei rotatori e di stimare l’eventuale comparsa del dolore. Anche per il capo
lungo del bicipite esistono appositi test che si basano sul principio che lo scorrimento
del tendine nella doccia avviene attivamente per contrazione muscolare e
passivamente durante il movimento dell’arto. Tra i test specifici ricorderemo il segno
di Yergason, il Palm-up test e la manovra di Gillchrist. Esistono poi test in grado di
evidenziare il conflitto esistente a livello sub-acromiale: il test di Neer, di Hawkins e
di Yocum di cui vi hanno parlato i clinici. Per testare, invece, la lassità capsulare
esistono prove che consentono di valutare la traslazione della testa omerale rispetto
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alla glenoide (test di lassità-instabilità), di stimolare la comparsa di una sensazione
apprensiva nella riproduzione della dinamica traumatizzante (test di apprensione), ed
infine manovre che evocano la comparsa di dolore stressando la struttura danneggiata
(test del dolore).
L’esame clinico, anche se risolutivo in un’alta percentuale dei casi (in base
all’esperienza ed alla capacità accertativa del medico-legale), non può prescindere dai
controlli strumentali. Le radiografie standard, di solito negative nella spalla dolorosa,
consentono comunque d’evidenziare alterazioni osteo-articolari addensanti, osteofiti,
segni di sofferenza ossea con sclerosi, immagini cistiche o ancora calcificazioni
periarticolari. Con opportuni accorgimenti si può osservare la risalita della testa
omerale e la riduzione della distanza acromion-omerale, segno indiretto di sofferenza
della cuffia dei rotatori (rottura del sovraspinoso). In aggiunta, con proiezioni mirate,
l’indagine può essere risolutiva nella diagnostica dell’instabilità scapolo-omerale.
L’ecografia rappresenta la prima indagine in grado di dare indicazioni interessanti
anche nella fase iniziale della spalla dolorosa. L’accuratezza diagnostica, secondo gli
Autori, varia dal 87% di Cerofolini al 91% di Mack, dal 93% di Middleton al 96% di
Graig. Anche da un punto di vista medico-legale tale indagine può essere molto utile
in quanto consente d’evidenziare, se effettuata precocemente, la presenza di edema ed
emorragia, alterazioni indicative di un recente trauma. Inoltre, le successive indagini
condotte a breve distanza di tempo permettono di documentare l’evoluzione della
lesione fino alla sua riparazione cicatriziale. Per tal motivo, anche se molti autori
criticano l’applicazione di tale accertamento in ambito medico-legale, a causa della
sostanziale soggettività dell’esame, ritengo che la metodica sia molto utile in quanto
consente di differenziare le lesioni acute (aumento di spessore della cuffia per edema,
presenza di aree ipoecogene per emorragie o ematomi, distensione della borsa sub-
acromiale) da quelle sub-acute (che si apprezzano a distanza di 10-15 giorni dal
trauma per la comparsa di un’area ipoecogena più demarcata), e croniche in cui si
rilevano aree iperecogene, espressione dell’esito cicatriziale della lesione.
Infine, a completamento dello studio ecografico o nei casi in cui l’indagine risulta
elettiva, sarà necessario ricorrere alla RM, metodica in grado di dimostrare i segni
iniziali del processo flogistico-degenerativo e le lesioni strutturali che rappresentano
la base dell’instabilità. Non ci occuperemo di tali importanti rilievi, già trattati con
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dovizie di dettagli e notevole capacità tecnica dal radiologo che mi ha preceduto, se
non per ricordare che il rilievo strumentale consente non solo di definire con buona
probabilità la diagnosi della lesione, ma anche di dare risposta ad importanti quesiti
medico-legali quali la cronologia della lesione, l’evoluzione delle stesse e le
caratteristiche dell’esito menomativo. A proposito del rilievo cronologico, questione
molto spesso prioritaria e fondamentale per la risoluzione della problematica del
nesso causale, è da ricordare che anche la RM ci consente di rilevare i segni di acuzie
traumatica e di datare la lesione. Infatti, nei primi tre mesi successivi al trauma è
possibile evidenziare l’edema della spongiosa e rilevare i segni tipici del fatto
traumatico acuto, anche a livello tendino-muscolare.
Alla luce delle precedenti risultanze, è evidente la necessità di studiare le lesioni
traumatiche della spalla mediante un accertamento clinico-strumentale sempre più
attento e raffinato. Attraverso un’accurata valutazione clinica basata sull’esperienza e
sulla conoscenza della semeiotica e dei test funzionali, coadiuvata da precise indagini
strumentali (rx standard e proiezioni mirate, ecografia, TAC, RM, artroTC e
artroRM) si avrà la possibilità di accertare con esattezza le modificazioni peggiorative
apportate dal trauma, così giungendo alla più precisa valutazione delle ripercussioni
funzionali delle sequele.
Di solito, nel giudizio valutativo, alla fase clinica segue quella più tipicamente
medico-legale che si basa classicamente sull’esame dell’articolarità, del tono-trofismo
muscolare e della stabilità, oltre che del morfotipo.
Se la valutazione della mobilità e della motilità rappresenta la base di qualunque
indagine funzionale ed è indispensabile per valutare il danno che consegue a processi
lesivi, non meno importante risulta lo studio della motilità contrastata. Tale esame,
per essere correttamente eseguito, deve tener conto dei meccanismi di compenso
muscolare – poiché ciascun movimento è il risultato dell’azione coordinata di diversi
muscoli le cui funzioni sono, a volte, non sovrapponibili – e richiede una notevole
capacità tecnica dell’esaminatore. Giacché ci si oppone alla forza sviluppata dal
muscolo, la valutazione di questa si presta ad un duplice problema: intensità
dell’opposizione al movimento, scarsa collaborazione del periziando. Poiché risulta
molto difficile discriminare il deficit di forza reale da quello apparente, vi è oggi la
possibilità di affidare tale rilievo ad alcune metodiche che forniscono sufficienti ed
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attendibili dati funzionali. La metodica isocinetica, consentendo di accertare la forza e
la resistenza muscolare risulta di grande utilità per la sua precisione e per la
possibilità di registrare e documentare le risultanze emerse. Tale sistema consente di
valutare la funzionalità del complesso articolare della spalla in base ai diversi
parametri esaminati: forza, lavoro muscolare, resistenza, in ogni punto dell’arco di
movimento. Se, ad esempio, la forza muscolare prodotta durante la prova diminuisce
bruscamente, questo dato sarà fedelmente registrato dai picchi di forza e dall’analisi
complessiva dei dati, estrapolando il reale deficit funzionale dell’articolazione. Al
confronto, la misurazione perimetrica ancor oggi attuata dai medici-legali mediante
nastro centimetrato passante per il cavo ascellare e l’acromion, il braccio e
l’avambraccio, è inaffidabile, non attendibile, essendo semmai preferibile affidarsi
alla palpazione delle strutture muscolari per valutare la loro troficità e tonicità.
La valutazione del danno alla persona può farsi ricorrendo ad un sistema a punti, oggi
particolarmente seguito, o ad un sistema descrittivo delle menomazioni. Con il
sistema a punti è necessario attribuire a ciascun apparato o sistema un punteggio che
rappresenti l’importanza relativa del deficit sulla complessiva economia della persona
e sulla sua integrità psico-fisica. Con tale metodo si attribuisce arbitrariamente un
valore numerico, conferendo a ciascun sistema una quota rispetto al valore della
totale efficienza psico-fisica della persona, in considerazione delle interrelazioni
funzionali con gli altri sistemi ed apparati. Le tabelle elaborate nei baréme devono
essere delle linee-guida orientative, con indicazioni di massima e non tassative.
Tuttavia, nonostante sia innegabile un reale ed importante processo d’aggiornamento
delle strutture tabellari derivanti dalle maggiori conoscenze scientifiche, tale metodo
risulta approssimativo in quanto, per valutare in modo corretto il danno, occorre
preliminarmente attribuire i valori d’impegno delle funzioni compromesse. Anche se
fino ad oggi nessun baréme lo ha proposto, una corretta quantificazione presuppone,
infatti, che siano determinati i valori da assegnare alle funzioni compromesse o
alterate. Per l’accertamento delle menomazioni della spalla potrebbe essere
impiegato, ad esempio, un metodo a punti che comprende parametri soggettivi, quali
il dolore (da zero a 15 punti) e le compromissione nei confronti dell’attività
quotidiana (da zero a 20 punti), e rilievi oggettivi, rappresentati dall’escursione dei
movimenti attivi (da zero a 40 punti) e dalla forza muscolare (da zero a 25 punti), la
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funzionalità normale essendo espressa con un punteggio pari a 100. Questo tipo di
approccio funzionale, che i clinici utilizzano per la valutazione dei risultati della
chirurgia della spalla, ben si attaglia alla criteriologia medico-legale, dovendosi
tenere conto, nella fase valutativa, anche dell’attività quotidiana professionale e fisica
svolta dal soggetto menomato.
Passando all’esame di alcuni tra i più seguiti baréme, quello Statunitense (AMA)
stima il danno permanente derivante dalla disarticolazione scapolo-omerale, con
riferimento all’impairment, nella misura del 60% (100% dell’arto), segnalando altresì
che la spalla rappresenta il 60% della funzionalità dell’arto superiore. Nel caso di
anchilosi di detta articolazione, l’AMA fornisce diverse ipotesi valutative che
prendono in considerazione i singoli movimenti interessati e la posizione più o meno
favorevole della rigidità articolare. Continuando l’esame di tale baréme si ricorda che
sono fornite diverse percentuali d’impairment in base alla compromissione
dell’articolarità della spalla: flessione (40%), estensione (10%), abduzione (20%),
adduzione (10%), intrarotazione (10%), extrarotazione (10%). Tali percentuali sono
riferite alla funzione totale della spalla, che rappresenta, come detto, il 60%
d’impairment dell’individuo. Pertanto se, ad esempio, è abolita completamente
l’abduzione, mentre gli altri movimenti sono del tutto liberi, si avrà un impairment
del 12% (20% x 60%).
L’autorevole ed aggiornato baréme del Bargagna e coll., stranamente non indica la
percentuale di danno biologico permanente da attribuire alle lesioni della cuffia dei
rotatori. Al contrario attribuisce i seguenti valori alla rottura dei tendini del bicipite
brachiale: 5-7% per esiti di rottura di un capo prossimale e 10-12% per la sezione
completa del tendine distale, non trattata; meno del 5-7% per gli esiti di rottura
trattata del tendine distale.
Altri Autori (Bruno e coll.), nell’analisi valutativa del danno, attribuiscono alla
periartrite scapolo-omerale o alla lesione della cuffia dei rotatori con elevazione-
abduzione concessi per 145° e rotazioni possibili per 2/3, un tasso del 7-8% (a
seconda che sia interessato o meno l’arto dominante) con riferimento a polizza
infortuni - c.d. tabella A.N.I.A. - e un valore del 11-13,5% con tabella I.N.A.I.L.
A questo proposito, andando ad analizzare la recente tabella I.N.A.I.L. delle
menomazioni si rileva come, al punto 227 e seguenti, si conferisca un tasso massimo
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del 4% per gli esiti di lesione delle strutture muscolo-tendinee della spalla,
apprezzabili strumentalmente, non comprensive del danno derivante dalla limitazione
funzionale. Inoltre, si attribuisce un valore massimo del 6%, secondo il deficit di
forza, per gli esiti delle lesioni tendinee del muscolo bicipite brachiale.
In ambito civilistico, si è espresso l’Umani Ronchi che conferisce alle lussazioni
scapolo-omerali le seguenti valutazioni: episodio unico (3-7%), recidivante (8-15%),
abituale (16-20%). Se l’instabilità è stata operata ma persiste lieve deficit residuo 5-
10%. Il Luvoni attribuisce un tasso del 17-20% (secondo l’arto interessato) alla
lussazione abituale e 8-10% a quella recidivante. Questo tipo di lesione è stata
considerata anche dal Bargagna che assegna un valore variabile dal 2 al 5% alla
lussazione gleno-omerale con modesti disturbi funzionali senza recidiva, mentre alla
residua instabilità concede un tasso del 5-15% in base alla lassità ed alle turbe
trofiche. All’anchilosi scapolo-omerale, a seconda se l’arto è dominante o meno,
l’Autore attribuisce un valore del 20-24%, quando l’articolazione scapolo-toracica è
indenne, e un tasso del 25-30% nel caso vi sia una perdita funzionale anche di
quest’ultima funzione. Infine, secondo la rigidità dell’articolazione scapolo-omerale,
conferisce un valore del 16-20% per elevazione e abduzione possibili fino a 45°, un
9-12% per escursione concessa fino a 90°, un 4-6% fino a 135°, mentre per la
limitazione delle rotazioni della metà attribuisce un valore del 4-5% e per le sindromi
algiche con disfunzionalità minimale un tasso del 2-3%.
Potremmo andare oltre nella trattazione dei riferimenti tabellari, tuttavia, dovendo
terminare il presente intervento, ritengo assai importante ricordare che l’incontro
odierno rappresenta un momento iniziale ma essenziale che mira ad elaborare un
compiuto assetto sistematico dei criteri d’accertamento e di valutazione del danno
biologico, muovendo da una corretta metodologia medico-legale. Oggi ho cercato di
dare un contributo pratico a quelle regole magistralmente dettate dal Puccini e dal
Fallani, insigni Maestri di Medicina legale.
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