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La Matematica tra pace e guerra Un modello matematico per la corsa alle armi: le equazioni di Richardson Introduzione Nel 1939, mentre sull'Europa si addensavano le nubi della seconda guerra mondiale, giunse alla redazione di una rivista scientifica un articolo di cui l'autore raccomandava l'immediata pubblicazione affinché fosse scongiurata una guerra imminente. L'autore, forse troppo fiducioso nell'attitudine a leggere lavori scientifici da parte di chi prende le decisioni che determinano la storia, era Louis Fry Richardson (Newcastle upon Tyne 1881 - Kilmun 1953). L'aneddoto è citato nella prefazione all'edizione postuma di Arms and Insecurity (Richardson, 1960a, p.ix). Non è citato però per ridicolizzare un eccesso di ingenuità in questo matematico, esperto di meteorologia, precursore della teoria dei frattali (nota 1 ), quanto per sottolineare la sua profonda convinzione che occorresse studiare in modo rigoroso le cause della guerra, per scongiurare la violenza che allora minacciava l'umanità. Richardson, britannico, proveniente da una famiglia quacchera, partecipò alla prima guerra mondiale senza imbracciare le armi, al seguito della Friends' Ambulance Unit.Più tardi, rinunciò al suo posto di ricercatore presso l'Ufficio Meteorologico, quando questo fu incorporato nel Air Ministry che allora controllava la Royal Air Force: non voleva che le sue ricerche servissero a scopi militari. Dedicò trent'anni allo studio delle cause della guerra e ad una imponente raccolta di dati statistici sulla guerra (Richardson 1960b). Ora è generalmente riconosciuto come il primo ad aver applicato esplicitamente metodi formali allo studio delle relazioni internazionali (Nicholson, 1989, p.6). In questo lavoro, mi propongo di tracciare le idee essenziali del modello matematico proposto da Richardson in Arms and Insecurity, per descrivere l'evoluzione di una corsa alle armi. Perchè un modello matematico Nella prima metà del XX secolo comparvero i primi lavori di Matematica applicata allo studio di sistemi formati da numerosi elementi; nasceva il determinismo dei grandi numeri (Rapoport, 1960). E' assai noto il matematico italiano Vito Volterra, che nel 1927 pubblicò il suo primo modello matematico per descrivere le dinamiche di popolazioni biologiche (nota 2 ). Qual è il senso e lo scopo del lavoro del matematico lo spiega lo stesso Volterra:

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La Matematica tra pace e guerraUn modello matematico per la corsa alle armi:le equazioni di Richardson 

Introduzione

Nel 1939, mentre sull'Europa si addensavano le nubi della seconda guerra mondiale, giunse alla redazione di una rivista scientifica un articolo di cui l'autore raccomandava l'immediata pubblicazione affinché fosse scongiurata una guerra imminente. L'autore, forse troppo fiducioso nell'attitudine a leggere lavori scientifici da parte di chi prende le decisioni che determinano la storia, era Louis Fry Richardson (Newcastle upon Tyne 1881 - Kilmun 1953).L'aneddoto è citato nella prefazione all'edizione postuma di Arms and Insecurity (Richardson, 1960a, p.ix). Non è citato però per ridicolizzare un eccesso di ingenuità in questo matematico, esperto di meteorologia, precursore della teoria dei frattali (nota 1), quanto per sottolineare la sua profonda convinzione che occorresse studiare in modo rigoroso le cause della guerra, per scongiurare la violenza che allora minacciava l'umanità.

Richardson, britannico, proveniente da una famiglia quacchera, partecipò alla prima guerra mondiale senza imbracciare le armi, al seguito della Friends' Ambulance Unit.Più tardi, rinunciò al suo posto di ricercatore presso l'Ufficio Meteorologico, quando questo fu incorporato nel Air Ministry che allora controllava la Royal Air Force: non voleva che le sue ricerche servissero a scopi militari. Dedicò trent'anni allo studio delle cause della guerra e ad una imponente raccolta di dati statistici sulla guerra (Richardson 1960b). Ora è generalmente riconosciuto come il primo ad aver applicato esplicitamente metodi formali allo studio delle relazioni internazionali (Nicholson, 1989, p.6).In questo lavoro, mi propongo di tracciare le idee essenziali del modello matematico proposto da Richardson in Arms and Insecurity, per descrivere l'evoluzione di una corsa alle armi.

 

Perchè un modello matematico

Nella prima metà del XX secolo comparvero i primi lavori di Matematica applicata allo studio di sistemi formati da numerosi elementi; nasceva il determinismo dei grandi numeri (Rapoport, 1960). E' assai noto il matematico italiano Vito Volterra, che nel 1927 pubblicò il suo primo modello matematico per descrivere le dinamiche di popolazioni biologiche (nota 2). Qual è il senso e lo scopo del lavoro del matematico lo spiega lo stesso Volterra:

"Plasmare dunque concetti in modo da poter introdurre la misura; misurare quindi; dedurre poi delle leggi; risalire da esse ad ipotesi; dedurre da queste, mercé l'analisi, una scienza di enti ideali si, ma rigorosamente logica; confrontare poscia con la realtà; rigettare o trasformare, man mano che nascono contraddizioni tra i risultati del calcolo ed il mondo reale, le ipotesi fondamentali che han già servito; e giungere così a divinare fatti e analogie nuove, o dallo stato presente arrivare ad argomentare quale fu il passato e che cosa sarà l'avvenire; ecco, nei più brevi termini possibili, riassunto il nascere e l'evolversi di una scienza avente carattere matematico."(Volterra, 1990, p.11)

Seguendo il lavoro di Richardson, assisteremo al tentativo di definire concetti altrimenti vaghi (attitudine alla guerra o rancori) allo scopo di poterli misurare, per dedurne delle leggi e poi confrontarle con la realtà. Le difficoltà della misura e di un effettivo confronto con la realtà non hanno condotto a rigettare il tentativo di Richardson, ma invece indotto nuovi studi e l'applicazione di nuove tecniche matematiche.

Costruzione del modello

Richardson si propone di costruire un modello che rappresenti e descriva l'evolversi delle relazioni tra un gruppo di nazioni, ciascuna delle quali è determinata a difendersi da un possibile attacco dell'altra.Nel caso più semplice si fronteggiano due sole nazioni o comunque due gruppi di nazioni (come avvenne durante la corsa alle armi che precedette la prima guerra mondiale). A ciascuna delle due nazioni, che chiameremo Egolandia ed Alterlandia (nota 3), è assegnata una variabile (x e y rispettivamente), che rappresenta l'ammontare della sua attitudine aggressiva verso l'esterno. Richardson misurerà queste intenzioni aggressive in termini di spesa militare. In che modo determinare l'ammontare di questa spesa e, soprattutto, confrontare le spese di nazioni che hanno diverse unità monetarie, è oggetto di un'ampia discussione nella sua opera. In realtà è un problema ancora aperto, diventato anzi più difficile nell'attuale universo dell'alta tecnologia (Saperstein 1984, p.305). Bisogna poi individuare i motivi che possono spingere una nazione ad accrescere i propri armamenti. Insieme con Richardson, discutiamo un generico discorso pubblico, fittizio ma tipico dell'anno 1937. II Ministro della Difesa di Egolandia, nell'introdurre le sue stime, dice:

"Le intenzioni del nostro Paese sono completamente pacifiche. Abbiamo dato ampia evidenza di questo con i trattati che abbiamo recentemente concluso con i nostri vicini. Tuttavia, quando consideriamo lo stato di conflittualità nel mondo in generale e le minacce da cui siamo circondati, verremmo meno ai nostri doveri di governo se non facessimo passi adeguati per accrescere le difese della nostra amata terra."

Bisogna tradurre queste parole in termini matematici. La rappresentazione più semplice di ciò che dice quel primo ministro porta a dire che la velocità con cui cresceranno le difese della nostra amata terra deve essere proporzionale all'ammontare delle minacce da cui siamo circondati. In simboli:

dx / dt=ky, ( 1)

dove t è il tempo, x rappresenta le nostre difese, y rappresenta le minacce da cui siamo circondati e k è una costante positiva, che sarà denominata "coefficiente di difesa". Cosa siano le minacce da cui siamo circondati diventerà chiaro quando ci saremo resi conto che il discorso del primo ministro di Alterlandia differirà da quello del suo omologo di Egolandia solo per la lingua in cui sarà pronunciato. Scriveremo, scambiando il ruolo delle variabili x e y:

dy / dt=kx, (2)

La (1) e la (2) rappresentano una crescita esponenziale: se x e y sono inizialmente positive, esse cresceranno indefinitamente. Questo però non si è mai verificato. Esistono limitazioni alla crescita degli armamenti: sicuramente il costo esercita una limitazione, come sostengono importanti uomini di stato. Per esempio Winston Churchill, il 3 novembre 1909, mentre era Presidente del Board of Trade (Ministero del Commercio), cominciò una minuta al Gabinetto con queste parole:

"Essendo convinto che non ci sono praticamente impedimenti all'espansione navale della Germania eccetto quelli imposti dalle crescenti difficoltà di ottenere denaro, ho fatto preparare il rapporto accluso con l'intenzione di mostrare quando queste limitazioni diventeranno efficaci. E' chiaro che stanno diventando terribilmente efficaci." (citato in Richardson, op. cit., p.15)

Ancora, il Cancelliere tedesco, Principe Bülow scrisse:

"E' possibile che l'effetto di forzare convulsamente al massimo le risorse militari possa, reagendo sulle condizioni economiche e sociali della Francia, indurre il ritorno di sentimenti pacifici (...) Se i tre anni di servizio militare implicassero l'imposizione di una tassa sul reddito, questo avrebbe probabilmente un effetto calmante." (Bülow, citato in Richardson, op. cit., p.15)

Correggeremo allora le equazioni sottraendo al termine ky (che determina la velocità di crescita delle difese) un termine proporzionale all'ammontare delle nostre difese stesse. In simboli:

dx / dt = ky - ax , (3 )

dy / dt = lx-by (4)

dove a e b sono costanti positive che rappresentano la fatica e la spesa di sostenere la difesa e k e l sono coefficienti positivi di difesa, che ora vengono riguardati come eventualmente distinti.A sostegno di questa formulazione, si può citare anche l'opinione di Edward Grey, British Foreign Secretary quando scoppiò la Prima Guerra Mondiale, che scrisse:

"L'incremento degli armamenti, che ogni nazione si aspetta produca una sensazione di forza e un senso di sicurezza, non produce questi effetti. Al contrario, produce una consapevolezza della forza delle altre nazioni ed un senso di paura (...). L'enorme crescita degli armamenti in Europa, il senso di insicurezza e di paura causato da essi (...) fu questo che rese la guerra inevitabile (....). Questa è la causa reale e definitiva dell'origine della Grande Guerra."(Grey, citato in Richardson, op.cit., p.15)

L'affermazione di Edward Grey è simbolizzata dai termini in k e l. Si confronti anche il resoconto di Tucidide sulla causa della guerra del Peloponneso: "la causa reale, sebbene inconfessata, credo sia stata la crescita del potere ateniese, che terrorizzò i Lacedemoni e li spinse alla guerra."(Jowett, citato in Richardson, op.cit., p.15).Quando questa opinione di Edward Grey fu citata da Noel Baker (nella House of Commons il 20 luglio 1936), L.S.Amery replicò:

"Con tutto il rispetto alla memoria di un eminente uomo di stato, ritengo quella affermazione completamente sbagliata. Gli armamenti furono soltanto i sintomi del conflitto di ambizioni e ideali, di quelle forze nazionaliste, che crearono la guerra. Si arrivò alla guerra perché la Serbia, l'Italia e la Romania desideravano appassionatamente l'incorporazione nei loro Stati di territori che a quell'epoca appartenevano all'Impero Austriaco e che il governo austriaco non era preparato ad abbandonare senza lottare.La Francia era pronta, se fosse giunta l'opportunità, a fare uno sforzo per riconquistare l'Alsazia-Lorena. Fu in questi fatti, in quegli insolubili conflitti di ambizioni e non negli armamenti stessi, che si trova la causa della guerra." (Amery, citato in Richardson, op.cit., p.15)

Si può tener conto di quest'ultima opinione sommando un termine costante alle due equazioni. Richardson chiama questa costante additiva con il termine grievances, che potremmo tradurre con rancori. Si giunge così al sistema di equazioni:

dx / dt = ky - ax + g (5)

dy / dt = lx - by + h (6)

Riassumendo: ad ogni istante la velocità con cui crescono (o diminuiscono) gli armamenti di Egolandia è la somma di tre termini. Il primo, positivo, è proporzionale all'ammontare, in quell'istante, degli armamenti di Alterlandia; il secondo termine, negativo, è proporzionale all'ammontare degli armamenti della stessa Egolandia; il terzo termine, costante, può essere sia positivo sia negativo e misura lo stato d'animo di Egolandia verso Alterlandia (uno stato d'animo amichevole sarà rappresentato da g negativo, uno stato d'animo ostile sarà rappresentato da g positivo).

Il piano internazionale

L'ammontare dei preparativi per la guerra dei due gruppi, rappresentati dalle variabili x e y, possono essere riguardati come le coordinate cartesiane di un punto in un "piano internazionale". Ogni punto in questo piano rappresenta una possibile situazione istantanea internazionale. Le equazioni differenziali (5) e (6) sono allora le equazioni del moto del punto (fig.1).

L'opposto della guerra

Se durante il suo moto nel piano internazionale, il punto rappresentativo raggiungerà un quadrante diverso dal primo, allora, almeno una delle due nazioni si troverà in una situazione che è matematicamente l'opposto della guerra . Leggiamo direttamente le parole di Richardson sul significato da dare a questa situazione:

"La capacità di generalizzare della matematica è molto suggestiva. Essa conduce la nostra attenzione sulla possibilità di una "preparazione negativa alla guerra" e ci invita ad assegnarle un nome e ad indagare se le formule generali che abbiamo proposto restano ancora vere cambiando i segni delle variabili. Come introduzione, consideriamo non nazioni, ma solo due persone, e confrontiamo il litigare con l'innamorarsi. Se l'odio può essere considerato come amore negativo, queste due attività sono opposte. Tuttavia ci sono importanti rassomiglianze tra di esse. Lo stimolo principale ad innamorarsi profondamente è un segno d'amore da parte dell'altra persona, così come lo stimolo principale ad adirarsi di più è un insulto o un danno dall'altra persona. Se il litigare è rappresentato da dx / dl = ky e dy / dt = kx (nota 4), queste stesse due equazioni, con k e l ancora positive possono rappresentare l'innamorarsi. Perché se x e y sono entrambe negative, allora, in accordo con le equazioni, diventeranno più negative e continueranno così, sempre più velocemente, senza che il processo abbia termine, così come è descritto dalle equazioni (nota 5). Ora, tornando allo studio delle nazioni, notiamo che la classica antitesi "guerra o pace" non è appropriata qui. Perché la guerra è un'intensa attività mentre la pace, nel senso di una semplice tranquilla disattenzione per ciò che fanno gli stranieri, assomiglia a zero piuttosto che ad una quantità negativa. Preparazione negativa alla guerra deve significare che il gruppo dirige verso gli stranieri un'attività progettata per piacergli piuttosto che per irritarli. Perciò un nome adatto per la preparazione negativa alla guerra sembra essere "cooperazione".Così come gli armamenti provocano contro-armamenti, anche l'aiuto evoca aiuto reciproco; per esempio, importazioni ed esportazioni tendono ad uguagliarsi. C'è anche una tendenza a ridurre la cooperazione a causa della fatica e delle spese che richiede. Perciò sembra che le formule generali restino grosso modo vere quando la preparazione cambia da positiva a negativa. La forma più ampia di cooperazione internazionale è il commercio estero. Esistono anche più di 500 associazioni internazionali che hanno una piccola o nessuna connessione l'una con l'altra ma che sono elencate dalla Lega delle Nazioni (1936). La forma estrema di cooperazione internazionale, corrispondente all'opposto infinito alla guerra, sembrerebbe essere uno stato mondiale, come immaginato, per esempio, da H.G.Wells nel suo libro The Shape of Things to Come (1933).Litigare è qui considerata un'attività positiva, coltivare l'amicizia un'attività negativa. Questo accade perché le equazioni furono scritte per la prima volta durante la prima guerra mondiale. Sarebbe meglio capovolgere la convenzione sui segni. Ma il cambio non è stato fatto in questo libro".(nota 6) (Richardson, op.cit., p.19)

Le variabili x e y rappresenteranno allora la differenza tra l'ammontare delle spese militari ed il volume del traffico commerciale.

Equilibrio

Nello studio del moto del punto nel piano internazionale, date le condizioni iniziali, interessa comprendere se esiste una posizione di equilibrio stabile, in cui cioè non solo le nazioni non accrescono più le loro difese (dx / dt = 0 e dy / dt = 0 e quindi il punto rappresentativo si

ferma) ma tale anche che piccoli spostamenti da questa posizione non implicano l'allontanamento definitivo verso l'infinito, cioè verso la guerra, di una delle due variabili. (Si pensi ad una pallina ferma in fondo ad una buca o in cima ad un cocuzzolo: è in equilibrio. Spostiamola di poco: nel primo caso, ritornerà nella posizione iniziale, in fondo alla buca, e diremo che il suo equilibrio è stabile; nel secondo caso, comincerà a rotolare allontanandosi definitivamente dalla posizione iniziale e diremo che il suo equilibrio è instabile).I punti del piano internazionale in cui si ha contemporaneamente dx / dt = 0 e dy / dt = 0 costituiscono le due rette di equazione ky - ax + g = 0 e lx - by + h = 0. Il significato di queste due rette è il seguente. Per ogni dato valore di y (l'ammontare degli armamenti di Alterlandia), esiste un valore di x (l'ammontare degli armamenti di Egolandia) che Egolandia considera adeguato alla sua sicurezza, alla sua percezione delle proprie possibilità e al suo grado di animosità verso Alterlandia. L'insieme di questi punti è determinatodall'equazione della retta ky - ax + g = 0. Allo stesso modo, per ogni dato valore di x c'è un livello degli armamenti che Alterlandia considera soddisfacente. Se le due rette hanno un punto in comune, si può pensare che sia possibile un equilibrio delle potenze: entrambe le nazioni sono soddisfatte circa la loro sicurezza, circa il prezzo che stanno pagando per essa e circa il rispetto del loro onore. Tale punto di intersezione delle due rette è un punto di equilibrio.Le coordinate (x0,y0)del punto di equilibrio in funzione delle costanti a ,b,k,l,g,h sono date da:

x0 = (kh + bg) /(ab - kl ) (7 )

y0 = (lg+ ah) l(ab - kl ) (8).

Tuttavia non basta che esista un punto di equilibrio, ma occorre anche che tale equilibrio sia stabile (affinché piccole perturbazioni della situazione internazionale non allontanino definitivamente le nazioni dall'equilibrio). Questo dipende dalla pendenza relativa delle due rette.

Si consideri la figura 2.

Qui la pendenza della retta di Egolandia è maggiore di quella della retta di Alterlandia, cioè a / k > l /b ovvero ab > kl . Supponiamo che, ad un certo istante, gli armamenti di Egolandia e di Alterlandia abbiano i valori x e y rispettivamente. Egolandia, che può controllare i suoi armamenti, può determinare lo spostamento del punto (x,y) nella direzione orizzontale mentre Alterlandia, controllando la variabile y, può determinarne lo spostamento nella direzione verticale. Ciascuna nazione cercherà di condurre il punto verso la propria retta di equilibrio. La

risultante di queste spinte sarà verso il punto di equilibrio, qualunque sia la posizione iniziale. Un tale equilibrio si dice stabile. Il punto (x, y), che rappresenta gli armamenti delle due nazioni, tenderà verso di esso. Se (x,y) raggiunge la posizione di equilibrio e successivamente, in seguito a qualche perturbazione accidentale, se ne allontana, tenderà a tornare verso di esso.Le cose sono molto diverse se è maggiore la pendenza della retta di Alterlandia, come mostrato in figura 3.

Qui si possono verificare due opposte eventualità, a seconda della posizione iniziale del punto rappresentativo; infatti i tentativi dei due Paesi (di portare il punto (x, y) verso le rispettive rette) condurrà a un movimento verso il punto di equilibrio oppure a un movimento di allontanamento del punto dalla posizione di equilibrio. In quest'ultimo caso, il punto può allontanarsi verso l'infinito positivo (crescita illimitata degli armamenti) oppure verso l' infinito negativo (crescita illimitata della cooperazione). Un tale equilibrio sarà chiamato instabile.L'instabilità si ha perciò quando lk > ab ; al contrario, il regime sarà stabile se lk < ab. In altre parole: nel modello di Richardson, la stabilità è garantita quando la fatica e la spesa di sostenere la difesa (rappresentate da a e b ) superano l'attitudine alla difesa delle due nazioni (k ed l).

Un dilemma morale

Consideriamo il caso in cui k= l = 2 ,a = b = 1, g = -4 e h = 6 . E' un caso in cui Egolandia è soddisfatta, mentre Alterlandia nutre rancori od ha intenzioni aggressive. Richardson sostiene che questa situazione è simile a ciò che accadde negli anni 1931 e 1932, se si considerano x come la Gran Bretagna e y come la Germania. Nella figura 5, nella regione compresa tra le due rette, si ha dx / dt > 0 e dy / dt > 0 ; questa condizione implica che x e y sono crescenti quando il punto rappresentativo si trova in questa parte del piano internazionale. Le frecce indicano le possibili direzioni del moto del punto rappresentativo. Come si vede, se i valori iniziali di x e y fossero positivi, il punto penetrerebbe nella regione compresa tra le rette dando inizio alla corsa alle armi. Questo accadrebbe comunque anche se, per certi valori iniziali, il movimento di Egolandia potrebbe essere inizialmente nella direzione di una maggiore cooperazione.

Leggiamo direttamente le parole di Richardson:

"da questo momento in poi i coefficienti di difesa k ed l sono più importanti dell'iniziale soddisfazione o aggressività. C'è un tragico dilemma morale qui.Nell'Assemblea delle Nazioni Unite l'aggressione armata è abitualmente condannata come immorale, mentre la difesa armata è riconosciuta come un diritto che, non richiede pretesti e che può essere lodato come virile rispetto di se. Sembra che l'Assemblea delle N.U. riguardi (secondo i nostri simboli) k o l positivi come ordinari, ma g o l positivi come segni di una tendenza malvagia o pericolosa. Noi abbiamo visto nei diagrammi come g ed h ínteragiscono con k ed l. Le ragioni della difesa e dell'attacco facilmente coabitano nella

stessa mente; nelle manovre i militari si esercitano sia nella difesa sia nell'attacco; la maggior parte delle armi comuni possono essere usate per entrambi gli scopi; è facile che siano fatte false professioni di non aggressività e perciò, quando sono vere, è facile che non siano credute. Nel complesso, è molto difficile essere sicuri delle intenzioni di chi controlla forze armate. Le conseguenze di un giudizio sbagliato possono comunque essere disastrose. Al momento in cui scrivo, luglio 1951, l'India e il Pakistan si stanno reciprocamente accusando di intenzioni aggressive, mentre l'Unione Sovietica e gli Stati Uniti hanno continuato a farlo per anni. Personalmente penso che molto di ciò che è biasimato come intenzioni aggressive (g o h) è in realtà solo difesa (k o l)".(Richardson, op.cit., p.27)

La corsa alle armi in Europa nel periodo 1909-1914

Vediamo ora in che modo Richardson confronta la sua teoria con i dati, da lui stesso raccolti, relativi alla prima guerra mondiale.

"Un controllo statistico delle idee che stiamo trattando sarà ora fatto per l'Europa nel periodo 1909-14. La Francia era alleata della Russia, la Germania dell'Austria-Ungheria. Né l'Italia né la Gran Bretagna risultavano definitivamente alleate con l'una o l'altra parte. Le due opposte alleanze erano grosso modo equivalenti nelle dimensioni; perciò assumiamo k = l (nota 7) e, per semplicità, poniamo a = b . Le equazioni del moto, allora, sono:

dx / dt =-ax + ky + g dy / dt = kx - ay + h (9).

Per addizione, otteniamo:

d(x+y) / dt=(k-a)(x+y) + g + h (10)

che coinvolge un'unica variabile indipendente x + y. Abbiamo visto che una misura obiettiva di x e y non può essere data solo dagli armamenti, ma deve essere più simile a x = (minacce)-(cooperazione). Siano U e V i bilanci annuali per la difesa delle due alleanze, espressi con la stessa unità monetaria. Tentiamo l'assunzione

x=U-U0 e y=V - V0 (11)

dove U0 e V0 rappresentano la cooperazione e, solo per semplicità, assumiamo in via provvisoria che siano costanti. Segue che

d(U+V) / dt=(k-a) {U+V- [U0 + V0- (g+h) /(k- a)]} (12).

Il termine tra le parentesi quadre è costante.

Così, se d(U+V) / dt è tracciato rispetto al contemporaneo U + V nella figura 4, ci aspettiamo di ottenere una retta. L'incremento annuale di d(U+V) / dt è tracciato rispetto alla media di U + V per i due anni usati per stabilire l'incremento. I quattro punti giacciono vicino ad una retta, più vicino (invero) di quanto ci aspettassimo. Nel momento in cui tracciai questo diagramma, che fu mostrato alla British Association a Cambridge nel 1938 e pubblicato su Nature il 29 ottobre di quell'anno, rimasi incredulo per lo stupefacente adattamento. Ma c'è certamente un errore non banale. L'incredulità condusse alla più ampia discussione nel capitolo VIII. La pura e semplice regolarità di questi fenomeni mostra che la politica estera aveva allora una qualità meccanica, a metà strada tra la prevedibilità della luna e la libertà di un giovane scapolo.Se estrapoliamo le osservazioni sulla retta fino al punto in cui d(U+V)/dt si annulla, troviamo che U+V=194 milioni di sterline. Vale a dire: U0 + V0 - (g+h) =194 (13) .Come l'amore compensa una moltitudine di peccati (Salomone, Proverbi 10:12), così la buona volontà tra le opposte alleanze avrebbe coperto 194 milioni di sterline di spese per la difesa da parte delle quattro nazioni coinvolte.La loro spesa nel 1909 fu di 199 milioni di sterline e così cominciò una corsa alle armi che condusse alla prima guerra mondiale.Considerando le statistiche del commercio estero vediamo che la somma delle importazioni ed esportazioni di un'alleanza (da e verso l'altra alleanza) aveva valori annuali di 172-230 milioni di sterline, che sono vicini alla buona volontà di 194 milioni di sterline."

Note

Si possono fare delle obiezioni al confronto del modello con i dati della prima guerra mondiale.Per esempio, (Rapoport, 1960, p.42):

o è difficile credere che 5 milioni in più di importazioni ed esportazioni avrebbero potuto scongiurare una guerra costata 10 milioni di morti;

o può essere discutibile l'esclusione della Gran Bretagna e dell'Italia dalla corsa alle armi; la loro eventuale inclusione cambierebbe i valori nelle tabelle dei dati;

o Richardson fa una stima del parametro a considerando il riarmo della Germania negli anni dal 1933 al 1936 e supponendo che questo sia stato provocato dal desiderio di uguagliare la Gran Bretagna; tuttavia questo riarmo potrebbe essere stato provocato da una vera e propria corsa alle armi con la Russia.

Le obiezioni riguardano soprattutto il problema della misura dei parametri e delle variabili del modello, ma è proprio l'esistenza di una teoria ad indicare come effettuare la misura. La debolezza, quindi, o l'impossibilità

di validare il modello confrontandolo con i fatti storici, non implica il rigetto del modello ma solo la necessità di ulteriori studi.A partire dalla pubblicazione di Arrns and Insecurity,la teoria si è sviluppata. Negli ultimi lavori, dove si fa uso del più recente concetto matematico di caos, resta ancora aperto il problema della misura.Vorrei concludere con le parole di Richardson che, nell'introdurre il suo modello, si rivolge ad un immaginario critico il quale, ironicamente, chiede se forse l'autore pretende di predire la data della prossima guerra.

"No, naturalmente no. Le equazioni sono soltanto una descrizione di che cosa la gente farebbe se non si fermasse a pensare. Perché ci sono tante nazioni che, a malincuore ma costantemente, incrementano i loro armamenti come se fossero meccanicamente costrette a farlo? Perché, io sostengo, esse seguono le loro tradizioni, che sono impianti fissi, e i loro istinti, che sono automatismi perché esse non hanno ancora fatto uno sforzo intellettuale e morale sufficientemente forte per controllare la situazione. Il processo descritto dalle equazioni che seguiranno non deve essere considerato come inevitabile. E' quello che accadrebbe se all'istinto e alla tradizione fosse permesso di agire senza controllo. Relativamente a questo, le equazioni hanno qualche analogia con un sogno. Perché un sogno spesso mette in guardia un individuo delle azioni antisociali che l'istinto condurrebbe a commettere, se egli non fosse sveglio."(Richardson, op.cit., p.12)

Soluzioni del sistema

E' possibile determinare esattamente le soluzioni del sistema formato dalle equazioni (6) e (7), con metodi accessibili agli studenti della scuola secondaria superiore.

Riguardo all'equilibrio, si ottengono le relazioni già discusse sopra tra i parametri a, b , k, l. Si può procedere come segue: si operano le sostituzioni X =x-x0 e Y=y-y0 (ove (x0,y0)è il punto di equilibrio, cfr. (7) e (8)) ottenendo le equazioni:

dX / dt = kY- aX (14)

dY / dt=lX - bY (15) .

Sostituendo y nella (15) si ottiene:dX2 /dt2 + (a + b) / dX / dt + ( ab - kl )X = 0 (16).Quest'ultima è un'equazione lineare omogenea a coefficienti costanti. La soluzione generale è data da :

X = A1 e c1t + A2 e c

2t Y = B1 e c

1t + B2 e c

2t (17)

ove c1 e c2 sono le due soluzioni dell'equazione caratteristica :

c2 + (a + b)c + (ab - kl) = 0 (18).

I coefficienti A1, A2, B1, B2 non sono indipendenti, ma valgono le relazioni:

B1 = (a + c1) A1 / k e B2 = (a + c2) A2 / k (19).

Si noti che le costanti a, b, k, l in una situazione politicamente interessante, sono tutte positive. Perciò le radici dell'equazione (18) sono reali e distinte.Inoltre si ha:

c1 + c2 = -a -b <0 e c1 c2 = ab - kl. (20)

Si hanno allora i seguenti casi (cfr. il paragrafo "equilibrio"):

ab > kl. In questo caso c1 , c2 sono negative così che, per t -> +inf, x -> x0 e y -> y0 . Perciò ab >

kl indica stabilità. ab < kl. La maggiore delle due radici è positiva così che per t ->+ inf, x ->± inf e y ->± inf. Quindi

ab < kl indica stabilità. ab = kl. In questo caso il punto di equilibrio è all'infinito, ovvero nessun equilibrio è possibile.

Consideriamo ora un esempio per ciascuno dei casi elencati sopra.

Esempio 1 (ab > kl, equilibrio stabile, fig.2)

Siano k=l=1,C7;=p=2, g=-4, h=6; in questo caso le equazioni (5) e (6) diventano:

dx / dt=y-2x-4 ( 21)dy / dt=x-2y+6 (22)Possiamo calcolare le coordinate del punto di equilibrio (cfr.(7) e (8)): (x0,y0)=(-2/3, 8/3) .L'equazione caratteristica (18) diventa: c2 + 4 c+ 3 = 0 e le sue soluzioni sono date da. c1 =-3 e c2= -1. Infine, le soluzioni generali del sistema sono date da:x= A1 e -3t + A2 e-t -2/3 e y = A1 e -3t + A2 e-t + 8/3 (23).E' evidente che questo è un caso di regime stabile: quando t -> + inf , (x,y) -> (x0 ,y0) indipendentemente dalla posizione iniziale del punto rappresentativo.

Esempio 2 (equilibrio instabile, fig.3)

Siano k=/=2, a = b = 1 , g=-2, h=-3, scriviamo le (5) e (6):

dx / dt=2y-x-2 (24)dy / dt=2x-y-3. (25).Le coordinate del punto di equilibrio (cfr. (7) e (8)) sono: (x0,y0)=(8/3, 7/3). L'equazione caratteristica (18) è, in questo caso c2 + 2 c- 3 = 0: con le soluzioni c1 =-3 e c2= 1. Otteniamo quindi le soluzionix= A1 e -3t + A2 et +8/3 e y = A1 e -3t + A2 et + 7/3 (26).I valori di A1 e A2 sono determinati dalla posizione nel piano internazionale del punto rappresentativo all'istante iniziale. Si può notare che il segno di A2 determina due opposte eventualità: crescita illimitata dell'ostilità (A2 > 0) oppure crescita illimitata della cooperazione (A2

< 0). Nel caso di A2= 0, il punto rappresentativo tende alla posizione di equilibrio, dalla quale però una piccola perturbazione può definitivamente allontanarlo. Ci chiediamo allora quali sia la posizione iniziale (xi,yi) del punto rappresentativo che determina il segno di A2.Con t= 0 nelle (26) si ottiene il sistema

A1 + A2= xi -8/3A1 + A2 = yi -7/ 3 le cui soluzioni sono date daA1 = 1/2 (xi- yi - 3) e A2= 1/2(xi + yi - 5) . Si ottiene A2> 0 <=> xi + yi - 5 > 0 ; questo significa che la retta di equazione xi + yi -5=0 costituisce una barriera: a seconda che all'istante iniziale il punto rappresentativo si trovi nell'uno o nell'altro semipiano rispetto alla retta, la situazione internazionale evolverà verso una sempre maggiore cooperazione oppure verso una crescita illimitata degli armamenti. Solo se il punto rappresentativo è inizialmente sulla retta, allora esso tenderà alla posizione di equilibrio percorrendo una traiettoria coincidente con la retta stessa.

 

Paese 1909 1910 1911 1912 1913Francia 48,6 50,9 57,1 63,2 74,7Russia 66,7 68,5 70,7 81,8 92,0

Germania 63,1 62,0 62,5 68,2 95,4Austria-Ungheria 20,8 24,6 24,6 25,5 26,9TOTALE = U + V 199,2 204,8 214,9 238,7 289,0

D(U + V) /Dt 5,6 23,8 23,8 50,3

di Leila Lisa d'Angelo

 

L'articolo è stato pubblicato su "Quaderni Satyagraha", del Centro Gandhi nel 2002. Nello stesso anno è comparso anche sulla rivista "L'insegnamento della matematica e delle scienze integrate".

Ringraziamo entrambe le Redazioni per averci concesso di offrire agli amici del sito questo articolo che affronta tematiche importanti quali la pace, la guerra e l'attività scientifica e ci consente di conoscere un

matematico sicuramente contro-corrente quale Louis Fry Richardson

BibliografiaJ.C.R.Hunt, A general introduction to the life and work o L.F.Richardson, Collected Papers of Lewis Fry Richardson, Cambridge University Press, 1985

Benoît B. Mandelbrot, Gli oggetti fra vali, Einaudi, Torino, 1987

Michael Nicholson, Formal Theories in International Relations, Cambridge University Press, Cambridge, 1989

Anatol Rapoport, Fights, Games and Debates, The University of Michigan Press, Ann Arbor, 1997 (ristampa), prima edizione 1960

Anatol Rapoport, Lewis F. Richardson Mathematical Theory of War, The Journal of Conflict Resolution I, 1957, pp. 249-99

Re Fraschini e Grazzi, Progetto Matematico 3, Atlas, Bergamo, 1999

Lewis F.Richardson, (Edited by N.Rashevsky and

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Stevens & Sons Limited, London, 1960a

Lewis F. Richardson Statistics of Deadly Quarrels, The Boxwood Press, Pittsburgh, 1960b.

A.M. Saperstein, Chaos - a model for the outbreak of war, Nature (London), 309, 1984, pp. 303-305

Ian Sutherland (editor), Collected papers of Lewís Fry Richardson, vol.2, Cambridge University Press, Cambridge, 1993

M. Tomoki e M. Kono, Chaotic evolution of Arms Races, Chaos, vol. 8, n. 4, dicembre 1998, pp.808-813

Vito Volterra, Saggi Scientifici, Zanichelli, Bologna, ristampa anastatica 1990

I musei scientifici per la pace Pietro Greco

Vista di Baghdad

Mettere la mani sulla scienza, a Baghdad. Costruire nella capitale irakena uno science centre , un museo della scienza interattivo: hands on , appunto. Per dimostrare che la scienza può – deve – essere un ponte verso la pace.

E, soprattutto, per portare un mattone, come sostiene il fisico Vittorio Silvestrini, ideatore della Fondazione Idis – Città della Scienza di Napoli: “in un processo di ricostruzione che – a dispetto delle bombe e del terrorismo – è ormai tempo di avviare”.

L'idea e il progetto dello «science centre» a Baghdad sono stati presentati dalla Fondazione Idis nelle scorse settimane, a Parigi. L'incarico di elaborare l'idea-progetto è stato affidato al museo napoletano dall'Unesco, l'agenzia delle Nazioni Unite che si occupa della promozione culturale nel mondo.

L'incarico è, naturalmente, un importante riconoscimento internazionale per la Fondazione Idis , che ha costruito e gestisce nel quartiere partenopeo di Bagnoli il più grande e dinamico museo interattivo della scienza italiano. Tuttavia il museo hands on che sarà costruito a Baghdad rappresenta qualcosa di più del (pur legittimo) orgoglio per un nuovo riconoscimento mondiale a un centro di comunicazione della scienza del Mezzogiorno d'Italia. E rappresenta anche qualcosa di più che un generico (anche se necessario) messaggio di pace.

Costruire uno science centre a Baghdad – a dispetto delle bombe e del terrorismo, anzi proprio mentre le bombe e il terrorismo continuano a insanguinare la città e il Paese – significa pensare che lo sviluppo democratico dell'Irak passa, necessariamente, attraverso la diffusione di massa della cultura e, in particolare, della cultura scientifica.

Non è un'affermazione retorica. Nessun Paese al mondo può oggi concretamente immaginare un percorso di sviluppo e persino un percorso di sviluppo democratico fuori della società della conoscenza . E nessuna nazione può presumere di entrare nella società della conoscenza senza un'appropriazione di massa della cultura scientifica. È questo la parte forte del messaggio che l'Unesco ha voluto lanciare, proponendo alla Fondazione Idis di progettare lo science centre di Baghdad. Naturalmente questa parte forte del messaggio contiene in sé l'idea che la scienza e la sua comunicazione siano fattori di pace e di dialogo.

La Città della Scienza di Napoli

La Fondazione Idis va, dunque, acquisendo una esperienza pressocché unica nel campo della comunicazione della scienza quale volano di sviluppo e di dialogo pacifico. In particolare nel Medio Oriente. La Città della Scienza di Bagnoli, infatti, sta collaborando con il medesimo Unesco, l'Unione Europea, la Regione Campania ed ECSITE (la rete europea dei musei e dei Centri della scienza) per realizzare un altro science centre presso l'università palestinese di Al-Quds. Il fatto di rilievo – oltre a quelli cui abbiamo accennato prima – è che, oltre ai palestinesi, al progetto partecipano in maniera attiva anche gli israeliani, attraverso il Bloomfield Institute Science Museum e l'Università Ebraica di Gerusalemme. Gli altri partners sono l'Università Federico II di Napoli e l'associazione filantropica ACBP ( Andrea and Charles Bronfman Philanthropies ).

Si tratta, dunque, di un progetto di cooperazione israelo-palestinese avviato nel 1999 con il patrocinio dell'Unione europea. Un progetto che non si è interrotto neppure negli anni della cosiddetta seconda intifada , nel corso della quale nuovi muri – e non solo in senso metaforico – sono venuti a separare i due popoli costretti a convivere sulla medesima terra. Anzi, proprio nei mesi scorsi, quando – Arafat in vita – le divergenze tra israeliani e palestinesi hanno raggiunto l'apice, il progetto si è concretamente avviato, con l'organizzazione di una mostra itinerante sulla Matematica chiamata Scienza interattiva per la pace e il dialogo in Medio Oriente , allestita da un gruppo misto di lavoro costituito da israeliani, palestinesi e napoletani – il comitato scientifico è presieduto dal matematico Carlo Sbordone, docente presso l'Università Federico II di Napoli e presidente dell'Unione Matematica Italiana.

La mostra, interattiva, è rivolta soprattutto ai giovani ed alle famiglie. L'approccio sarà di tipo storico, anche per sottolineare il contributo fornito attraverso i secoli allo sviluppo della Matematica da diverse civiltà, mediterranee e non.

I risultati tangibili di questo lavoro di comunicazione che – apparente paradosso – si fonda su un dialogo difficile, vedranno la luce solo tra qualche mese. Ma sostiene Vittorio Silvestrini: “i risultati immateriali (in termini di fratellanza tra i popoli) sono maturati fin dai primi incontri; inizialmente sul campo neutro – a Napoli – e poi anche nei luoghi di Palestina che i muri non riescono più a dividere”.

a mostra sulla Matematica sarà esposta, a partire dal prossimo primo settembre, per quattro mesi a Bagnoli, presso la Città della Scienza . Poi, dal primo gennaio 2006, israeliani e palestinesi potranno iniziare a visitarla a Gerusalemme Ovest, presso il Bloomfield Science Museum , in attesa di trasferirsi a Gerusalemme Est, presso l'Università di Al-Quds.

 

Pietro Greco è un giornalista scientifico tra i più noti e apprezzati per la sua competenza e il suo impegno civile. E' inoltre direttore del Master presso la Scuola Internazionale

Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste.

Collabora al quotidiano L'Unità e a numerosi periodici.Tra i suoi libri più recenti, segnaliamo Il sogno di Einstein e Einstein e il ciabattino.

Dizionario asimmetrico dei termini scientifici di interesse filosofico (Editori riuniti 2002).

 

MATEMATICA E GUERRA

 

Fisici, chimici e biologi, per tradizione, sono abituati a discutere i meta-aspetti della loro disciplina, e tra questi l’uso (e l’abuso) a scopi militari delle conoscenze prodotte dal loro lavoro. Queste preoccupazioni sono rare tra i

matematici.Nel mese di agosto 2002, dal 29 al 31, il silenzio è stato infranto: 42 matematici, storici della matematica, storici e analisti militari, filosofi si sono ritrovati nella storica base navale di Karlskrona1 [1] per discutere quattro questioni:

- Fino a che punto le questioni militari hanno avuto parte attiva, lungo la storia, e in particolare dalla seconda guerra mondiale in poi, nel modellare la matematica moderna e la carriera dei matematici?

- Il pensiero matematico, i metodi matematici, e la tecnologia supportata dalla matematica, stanno cambiando il carattere e i modi di attuazione della guerra moderna? e, se sì, in che modo questo influisce sull’opinione pubblica e i militari?

- Quali sono state, in tempo di guerra, le scelte etiche di personalità eminenti come il fisico Niels Bohr e il matematico Alan Turing? Fino a che punto la discussione sui principi etici può guidare il lavoro dei matematici?

- Quale è stato il ruolo del pensiero matematico nella formazione della moderna legislazione di guerra e pace? La matematica può intervenire nella soluzione dei conflitti del momento?

 

Il punto di vista della Matematica

Tutti conosciamo i racconti (che siano credibili oppure no) di Archimede e della difesa di Siracusa. Forse conosciamo anche la storia degli inizi della Balistica moderna, del disegno matematico delle fortificazioni e dell’importanza della trigonometria per la navigazione. C’è un dato comune a tutti questi casi in cui la matematica è stata coinvolta nella guerra, nelle imprese di conquista o nella preparazione di un conflitto: l’apparato tecnico e militare dell’epoca utilizzava esclusivamente la matematica già esistente. Da questo punto di vista, questi esempi non sono molto diversi dall’uso quasi perenne della contabilità nella logistica- un uso che, dopo tutto, può risultare molto più importante dal punto di vista militare. La matematica serviva da “cassetta degli attrezzi”, e di fatto probabilmente, guardando l’insieme di una popolazione, il più folto gruppo di persone aventi una preparazione matematica generale era costituito dagli

1

ufficiali; ma il coinvolgimento della matematica visto come impresa generale con l’apparato militare non era molto profondo, e le applicazioni specificatamente militari non hanno avuto un ruolo indipendente come agente modellante nello sviluppo della matematica. Dunque possiamo lasciare da parte tutte queste cose, e considerarle semplici aneddoti, o riconsiderarle dal punto di vista puramente storico. La situazione contemporanea inizia all’incirca con la Grande Guerra, e raggiunge il suo pieno sviluppo durante la seconda Guerra Mondiale.Durante la Prima Guerra Mondiale due nuove e importanti tecnologie militari dipendono da matematica in corso di elaborazione: i sonar, e l’aerodinamica. Il loro sviluppo fu così impressionante che Émile Picard, nonostante il suo sfrenato patriottismo, vedeva con timore la possibilità che i giovani matematici, nel futuro, si dedicassero solo alla matematica applicata. In generale, comunque, il ruolo a breve delle scienze pure, matematiche o no, era quello di fornire personale che poteva essere convertito in ingegneri creativi di prima categoria; questo fu anche il ruolo di buona parte dei matematici che furono coinvolti direttamente nello sforzo bellico (quando non venivano direttamente utilizzati, come in Francia, nelle trincee). Nessuno può affermare che la matematica sia stata in alcun modo decisiva per gli esiti della guerra, e neppure che le applicazioni della matematica durante la Grande Guerra abbiano lasciato tracce importanti nel mondo post-bellico (l’aviazione civile apparteneva ancora al futuro)Le preoccupazioni di Picard risultarono infondate. Il trend principale della matematica ritornò presto al modello pre-guerra, ancor prima che venisse smantellata la precaria organizzazione di una scienza pianificata.

dal film "Abeautiful Mind"

Tutto fu differente durante la Seconda Guerra Mondiale, sia quantitativamente che qualitativamente: organizzare la scienza perché fosse in grado di fornire un supporto allo sforzo bellico fu una delle principali preoccupazioni sia degli Alleati che dell’Asse;

Laboratori di Bletchey Park

le tecnologie basate sulla matematica (radar, sonar, computer decrittatori, la bomba) possono essere considerate decisive ai fini dell’esito della guerra; i computers, l’energia nucleare, i motori a reazione (tutte cose progettate e elaborate matematicamente per la guerra) hanno cambiato il nostro mondo, dopo il 1945, al di là di ogni previsione.

Durante la guerra, i matematici furono reclutati su larga scala, molti per insegnare ai marinai e agli aviatori la trigonometria elementare (e cose simili),

ma molti anche per servire come ingegneri creativi al livello più alto. A posteriori, questi ultimi hanno spesso avuto la tendenza a guardare in modo riduttivo quanto avevano fatto (“Non ho scritto una sola riga che fosse pubblicabile”), forse perché risolvere problemi che non hanno un ulteriore impatto teorico non sembra essere una cosa importante dal punto di vista del matematico; nonostante queste affermazioni, ciò che si riuscì a fare dipese in maniera decisiva dalla loro abilità inventiva e dalla loro preparazione matematica.

Laboratori di Bletchey Park

In alcuni casi, naturalmente, un importante impatto teorico c’è stato- tutti sappiamo della nascita della computer science, della teoria dell’informazione, dei metodi di simulazione Monte Carlo, della ricerca operativa e del controllo statistico di qualità.E questa volta, dopo la guerra le strutture create non furono smantellate (anche se, naturalmente, molti matematici si affrettarono a lasciare la ricerca militare)- anche perché arrivò subito la Guerra Fredda. Guardando le cose in una prospettiva un po’ più a lungo termine, l’applicazione a scopi civili delle nuove tecniche matematiche di guerra ne provocò una profonda trasformazione e una violenta accelerazione dello sviluppo: solo lo sforzo bellico aveva permesso la creazione dei primi costosissimi computers, ma solo lo sfruttamento commerciale ne permise la produzione di massa, la concorrenza aperta, lo sforzo intensivo di sviluppo e la riduzione dei costi. Possiamo anche aggiungere, da un lato, che solo una volta liberi dalla necessità di un applicabilità immediata (è meglio avere una risposta abbastanza soddisfacente adesso piuttosto che la risposta completamente corretta due anni dopo la sconfitta) ci fu spazio per una interazione fruttuosa tra la comprensione teorica e le applicazioni, ad esempio nella computer science. Dall’altro lato, possiamo aggiungere che gli sviluppi provenienti dalla ri-applicazione a scopi civili ebbero ricadute anche sul settore militare, con una efficienza enormemente accresciuta (e così via, con un feedback continuo e reciproco)- una situazione che ha dato origine alla nozione di “complesso militare-industriale” o addirittura di “complesso scientifico-militare-industriale”.Quando parliamo di ricerca matematica a scopi militari, sia durante la Seconda Guerra Mondiale che nei tempi più recenti, dobbiamo distinguere diverse situazioni e diversi problemi.Prima di tutto, dobbiamo distinguere le applicazioni (talvolta creative, talvolta ripetitive) di strumenti già esistenti (calcolo balistico, modellizzazione…), dalla creazione di nuove tecniche matematiche (analisi sequenziale, simulazione Monte Carlo…). Come regola (non assoluta), la prima classe di applicazioni proviene dal lavoro di matematici che sono pagati direttamente dalle istituzioni militari, o comunque ad esse strettamente collegati; i nuovi orizzonti matematici indirizzati a scopi militari invece provengono più facilmente da matematici che sono legati

meno strettamente alle istituzioni militari ma che comunque sono ispirati da problemi che provengono da quella direzione.In secondo luogo, dobbiamo ricordare che la ricerca matematica a scopi militari è una attività complessa che non può essere compresa a fondo se ci limitiamo a guardare la produzione di teoremi di presumibile uso militare. Molte istituzioni (ad esempio, il progetto originale di Süss per l’Istituto di Oberwolfach del 1944, l’American Mathematics Research Center del Wisconsin) mettono in pratica un modello efficiente, una catena a due direzioni, che grosso modo funziona così. C’è un nucleo centrale di matematici di alto livello, che hanno familiarità con i problemi degli utenti militari (efficienza dei bombardamenti, diffusione degli agenti batteriologici, miglioramento dei radar, superamento dei sistemi nemici, o qualunque altro problema) e che individua quali tra questi possono essere trattati matematicamente; inizia a tradurli in termini matematici e li trasmette così tradotti a altri matematici esperti, che sono al corrente dell’obbiettivo della ricerca e che sono ben inseriti nell’ambiente matematico; questi spezzano le grandi questioni in problemi che risultino interessanti matematicamente per i loro colleghi, che talvolta neppure sanno di star lavorando in un network con scopi militari; quando questi problemi sono stati risolti, la stessa catena funziona a ritroso, re-assemblando le risposte e trasmettendo la soluzione globale all’utilizzatore finale (solo la disponibilità di grande quantità di denaro distingue questo meccanismo da quello con il quale viene creata la matematica utilizzabile a scopi civili).Questo è solo uno tra parecchi modelli possibili. Sappiamo che fu progettato per la Seconda Guerra Mondiale in Germania, ma implementato troppo tardi per poter diventare efficiente; sappiamo che ha funzionato negli Stati Uniti. Abbiamo meno informazioni sull’organizzazione della ricerca militare matematica nell’Unione Sovietica, ma sembra plausibile che qui, come nella ricerca in generale e nell’industria, il settore militare e quello civile fossero separati in maniera molto più netta che in Occidente.

Tirando le somme di quello che si può dire “dal punto di vista della matematica” possiamo fare alcune osservazioni generali:

- La ricerca matematica di guerra ha prodotto alcune innovazioni teoriche fondamentali. E’ palese, peraltro, che tutte queste scoperte sono dipese dall’apporto di matematici eccezionali. I nomi di Turing, von Neumann, Shannon, Wald e Pontryagin sono sufficienti per giustificare questa affermazione.

- Però l’utilità della matematica per il trattamento di problemi militari non dipende in maniera decisiva dalla presenza di un matematico eccezionale. Un gran numero di matematici ha dimostrato, in maniera inaspettata, di poter funzionare bene come “ingegneri matematici creativi”.

- Questa capacità è dipesa in larga misura dalla loro abilità nell’impadronirsi in fretta dei metodi e degli approcci delle diverse discipline matematiche e nel fare opera di sintesi. La persistente

unità della matematica è così dimostrata nei fatti, se non nel contenuto dei giornali matematici.

- Non bisogna dimenticare che continua la tradizionale applicazione di strumenti matematici preesistenti, aggiornati con i risultati della ricerca recente.

- A seguito della Seconda Guerra Mondiale e come conseguenza dell’interazione della matematica con le tecnologie avanzate (sia civili che militari), la matematica stessa, come soggetto, è cambiata: le matematiche discrete e la “matematizzazione della complessità” sono divenute sempre più importanti.

 Il punto di vista militare.

Durante il convegno, è stato affermato con forza dal Colonnello Svend Bergstein che la vera guerra non può essere calcolata, non può esserlo adesso come non lo poteva ai tempi di von Clausewitz: non solo ci sono troppi fattori esterni non prevedibili, ma a guerra fa spuntare gli aspetti più atavici e irrazionali del comportamento umano.Ciononostante, è un dato di fatto che la matematica- cioè, il modo di pensare matematico, i metodi matematici, e la tecnologia basata sulla matematica- è diventata una parte integrale e persino essenziale della guerra moderna. (Questo non significa che la matematica sia diventata una grossa fonte di spesa per l’apparato militare- anzi, una delle principali ragioni per cui la matematica e tutto ciò che ad essa è connesso vengono usate è che rappresentano una via economica per usare in modo più efficiente risorse costose).

Manifesto Futurista sulla "Guerra"

Possiamo elencare vari aspetti di questo ruolo, così come sono stati studiati durante il convegno e in altre situazioni:

- La Matematica serve per gestire l’istituzione. La produzione di materiali bellici deve venire programmata, le simulazioni di guerra e la logistica hanno bisogno di grosse quantità di calcoli.

- Le armi e i sistemi di armamenti devono venire ottimizzati. Questo ha a che fare con le munizioni (inclusi i missili e le bombe con sistemi di guida), con i sistemi di sparo (inclusi per esempio gli aeroplani con sistemi di difesa elettronica), il riconoscimento, il controllo e l’interfaccia di comunicazione (“essere sicuri che le

forze giuste siano nel posto giusto nel momento giusto con le giuste informazioni sul nemico”, come ha detto Svend Bergstein); e, trasversale a tutto questo, la crittografia ad alta velocità. Migliorare le tecnologie di trasmissione dei dati è importante, in generale, per molti di questi problemi, ma la creazione di dati è non solo un presupposto ovvio per avere dati da trasmettere, ma di per sé è qualcosa che oggi spesso richiede una matematica ancora più sofisticata che di quella richiesta dalla trasmissione dei dati.

- Allo stesso modo, la programmazione strategica del possibile uso degli armamenti dipende da calcoli matematici; persino lo smantellamento degli armamenti durante i negoziati SALT fu analizzato matematicamente, per poterlo realizzare senza destabilizzare l’equilibrio (fortunatamente, nessuno mise mai in atto la strategia suggerita dalle versioni più ingenue di questi giochi di simulazione: sferrare il primo colpo nucleare e promettere aiuto al nemico, distrutto all’80 per cento, se non avesse contrattaccato, nell’ipotesi che il nemico avrebbe agito “razionalmente” e avrebbe accettato).

- Un aspetto forse sorprendente per i civili, ma sottolineato da alcuni analisti militari, è che c’è bispgno di una semplice contabilità matematica effettuata da personale matematico indipendente e non dai militari coinvolti negli eventi se si vogliono certificare realisticamente perdite e guadagni strategici: gli ufficiali comandanti, come tutti noi, sono facilmente vittime di un ottimismo (o un pessimismo, a seconda delle circostanze) che li porta ad autoingannarsi.

- Anche all’estremo opposto della scala la matematica può essere uno strumento indispensabile. Così, quando bisognava una volta predire l’effetto di una bomba a frammentazione sul corpo umano, ma scrupoli umanitari proibivano gli esperimenti sui maiali, venne usata una simulazione matematica.

- Ideologicamente, gestire una guerra di fronte alla pubblica opinione è più facile se possiamo presentarla come precisa e quindi più “razionale e pulita”. Sebbene questo aspetto non sia molto discusso pubblicamente, l’aumentata precisione degli armamenti (che è reale) dipende essenzialmente dall’applicazione di strumenti matematici.

- Analogamente, un certo uso delle rappresentazioni matematiche dei compiti da eseguire può servire per presentarli agli esecutori come una normale manipolazione di simboli, ed eliminare così il richiamo a istinti atavici- ad esempio, vedere un villaggio da

bombardare come se fosse un triangolino in un videogame può facilitare psicologicamente il compito di uccidere (evidentemente, anche volare a 5 km di altezza ha più o meno lo stesso effetto).

L’utilità è una cosa, le ricadute negative sono un’altra. Prima di tutto, vedere la guerra come “razionale e pulita” può influenzare (e di fatto sembra farlo) non solo l’opinione pubblica ma anche i politici. Questo non solo è devastante per le vittime, ma anche dannoso per gli stessi politici, che possono gettare incoscientemente le loro forze armate in guerre e operazioni che sono più difficili da vincere di quanto non facciano sperare le predizioni “razionali”.Meno pericoloso per i politici, ma altrettanto per le vittime, è il fatto che la moderna guerra asimmetrica, basata su strumenti matematici, è relativamente economica per gli attaccanti- se sottomettere la Serbia con la guerra del Kosovo è costato alle forze alleate solo 7 miliardi di dollari, cioè 700 $ per ogni abitante della Yugoslavia, può sorgere la tentazione di risolvere tutti i problemi dello stesso genere nel medesimo modo. (Nel momento in cui una guerra evolve e costringe all’uso di forze di terra i costi naturalmente esplodono, e torniamo alla situazione discussa nel paragrafo precedente).Un’altra caratteristica della matematizzazione dei conflitti, che pure contribuisce alla progressiva militarizzazione del mondo in cui viviamo ma che non è ristretta al campo delle facili guerre asimmetriche o della vecchia “diplomazia delle cannoniere” (una caratteristica che di fatto è meno importante lì che nelle guerre simmetriche) , è la trasformazione del “modello Krupp” in un “modello Krupp infinito”. Le guerre, e la preparazione delle guerre, sono sempre un affare tra due (o più) parti- Clausewitz parla di uno Zweikampf, un duello, che ora è divenuto un duello di sistemi. Nel diciannovesimo secolo, Friedrich Krupp ha prodotto prima delle corazze di acciaio nichelato che potevano resistere ai proiettili allora esistenti, poi dei proiettili in acciaio cromato che potevano perforare queste corazze, poi delle corazze che potevano resistere a questi proiettili, e poi proiettili perforanti che potevano forare queste nuove corazze. Ci si fermò lì. Nel duello tra missili terra-aria e aeroplani non c’è limite fisico alle successive sofisticazioni dei sistemi e quindi alla corsa agli armamenti. I proiettili perforanti erano e rimasero estremamente costosi; anche gli aerei stealth lo sono, mentre questi sistemi, siccome dipendono soltanto dalla sofisticazione del software e dell’hardware dei computer, non hanno limiti definitivi, né intellettuali né di budget. L’assenza di limiti aumenta la tensione da entrambe le parti, e così la velocità e l’instabilità di una tale corsa agli armamenti.

Problemi etici

La matematica, secondo una opinione diffusa, è uno strumento neutro. Come disse una volta lo statistico Jerzy Neyman, “Io dimostro teoremi, vengono pubblicati e dopo io non so che cosa ne viene fatto”.

Il grido

Questa neutralità è certamente un aspetto importante dell’impresa matematica, e non solo per quel che riguarda i teoremi e la loro produzione. Anche l’insegnamento della matematica e lo sviluppo di competenze matematiche di alto livello nella popolazione sono presupposti necessari non solo per la gestione della guerra moderna, ma anche per il funzionamento dell’intera società tecnologica (prescindendo dal valore culturale che si ritiene abbia la matematica).

Però il titolo “matematica e guerra” implica dei problemi etici. Per evitare che la discussione etica si concluda con affermazione vuote e non compromettenti del tipo “Io penso…”/”invece io penso…”, possiamo iniziare guardando le concrete scelte etiche di alcune personalità ben note.

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Laurent Schwartz usò il suo grande prestigio accademico per rendere più efficace la sua resistenza alla guerra francese in Algeria e quella americana in Vietnam; non vide però nessuna connessione tra il suo lavoro come matematico e il suo impegno politico (e di fatto, per quanto riguarda la sua produzione teoretica potrebbe essere difficile trovare un legame immediato e diretto).

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Niels Bohr, quando venne a conoscenza del progetto di bomba atomica tedesca, sostenne il progetto concorrente degli Anglo-Americani; quando scoprì i rischi che sarebbero nati dal successo di questo, lanciò segnali di allarme ai politici (Churchill, Roosevelt) e all’opinione pubblica (la “Lettera Aperta”)- usando il suo prestigio di scopritore delle teorie scientifiche coinvolte e di collaboratore attivo del progetto (probabilmente sovrastimando l’impatto ottenibile con i propri interventi).

Alan Turing, che era molto scettico nei confronti della società britannica sia per motivi personali che per motivi politici- mise le sue straordinarie capacità al servizio della guerra, con totale lealtà, quando sentì che era necessario; a differenza di Bohr, lo fece senza mettersi personalmente in evidenza.

 

Kinnosuke Ogura era stato uno dei più accesi promotori di una modernizzazione democratica (di ispirazione marxista) del Giappone, e si oppose alla politica giapponese che riteneva essere di stampo fascista. Dopo l’inizio dell’aggressione alla Cina del 1937, invece, il patriottismo e la prospettiva di usare la guerra come uno strumento per la modernizzazione lo spinse a giocare un ruolo centrale nell’organizzazione della matematica giapponese al servizio dello stato militare. Dopo la guerra ammise i propri errori, senza peraltro entrare troppo nei dettagli di quello che aveva fatto.

John von Neumann, come Turing, mise le sue capacità eccezionali al servizio della ricerca bellica. Neumann lo fece sia durante la Seconda Guerra Mondiale che all’inizio della Guerra Fredda. Mentre Turing fu un collaboratore leale sui cui personali sentimenti non sappiamo nulla, Neumann prese la creazione della bomba H come un progetto personale che promosse (ben coadiuvato da Stanislaw Ulam) in tutti i modi: il suo obbiettivo era di rendere possibile un “primo colpo” risolutivo.

Lev S. Pontryagin lasciò una ricerca estremamente fruttuosa in topologia algebrica per creare la teoria del controllo. In prospettiva questo sembra essere stato motivato dalla volontà di servire il suo paese socialista risolvendo il problema di guidare i missili balistici intercontinentali, rendendo così impossibile il “primo colpo”.

Vari decenni prima, G.S. Hardy aveva cercato di stare alla larga dalla scienza cosiddetta “utile” perché poteva servire ad accentuare le disuguaglianze esistenti nella distribuzione della ricchezza, o contribuire direttamente alla distruzione della vita umana, concentrandosi sulla teoria dei numeri, che riteneva priva di utilizzazioni dirette. Ironicamente, ripeté questa frase nel 1940, quando la teoria dei numeri stava per diventare una risorsa per la crittografia.

Fino a che punto questi casi possono essere presi come modelli? In primo luogo fanno vedere che bisogna distinguere due situazioni fondamentalmente differenti. Una è quella di Laurent Schwartz e di Hardy: profondo scetticismo verso il sistema sociale in cui vivono, o verso determinati aspetti della loro società come potenza in guerra. L’altro è quello degli altri casi citati: accettavano la propria società e le sue politiche di guerra o di armamento, nella sua globalità o per determinate circostanze, con diversi gradi di identificazione.Nella seconda situazione i dilemmi etici sono pochi. Ovviamente, ognuno cerca di fare del proprio meglio. Indubbiamente, i dilemmi non sono del tutto assenti. Uno può, come von Neumann, dare una spinta supplementare in direzione della guerra; uno può, come Turing, essere pienamente leale ma lasciare le decisioni politiche alle persone che istituzionalmente devono prenderle (che siano i politici, i cittadini nel loro insieme, o i militari); o uno può, come Bohr, sfruttare la propria particolare posizione per moderare, ammonire, o indicare opzioni alternative.La situazione degli scettici è meno evidente. Pochi di noi si troveranno in una situazione (la situazione, per intenderci, di von Neumann e Pontryagin) in cui nessun altro può fare quello che facciamo noi. Quei pochi possono influenzare direttamente le cose decidendo se cooperare oppure no.La maggior parte dei matematici, se decidono di non cooperare con la ricerca e l’insegnamento, otterrà un effetto molto ridotto, e molto poco di quello che i matematici fanno nella ricerca così come nell’insegnamento è diretto verso una specifica applicazione. Decidere di smettere di lavorare in una particolare disciplina perché ci appare “corrotta” il più delle volte è futile. Smettere con la matematica non significa solo farla finita con le possibili applicazioni militari, ma anche con tutto quello per cui la matematica può essere usata, e con qualsiasi valore culturale che attribuiamo alla matematica.Tuttavia, l’attività matematica non si riduce alla produzione astratta di teoremi e alla loro pubblicazione. Ogni matematico si trova in una particolare situazione, e in ogni particolare situazione ci sono condizioni specifiche e spazi specifici per le decisioni. Uno può, per esempio, allargare la propria comprensione globale del ruolo della matematica e approfondire la propria riflessione, e cercare di condividerla con gli studenti, i colleghi e l’opinione pubblica- o può scegliere di continuare a non vedere (e lasciare gli altri nella stessa situazione di comodo). Uno può insegnare in una posizione o in un’altra, forse insegna in un sistema fortemente stratificato, forse in una struttura educativa più egualitaria; forse organizza la ricerca di una istituzione, forse è un ricercatore di prestigio, forse è il collega giovane appena arrivato. Uno può trovarsi al vertice della catena dell’AMRC, o essere alla sua periferia, consapevole oppure no di appartenerci, o forse essere completamente estraneo ad essa. Uno può trovarsi in un contesto nazionale o istituzionale in cui le scelte politiche vengono accettate dai colleghi oppure in uno in cui non sono tollerate e conducono all’isolamento sociale. In ogni situazione concreta il campo delle scelte etiche è differente, e non si possono dare regole etiche o indicazioni generali. Quello che si può affermare in generale è che la neutralità della matematica per se non implica la neutralità di tutte queste particolari scelte etiche.

 

Una prospettiva illuministica

L’Illuminismo sosteneva che la ragione potrebbe aiutare il progresso generale; Rousseau e Swift fecero notare che troppo spesso la ragione è usata come razionalità puramente tecnica, con scopi di sub-ottimizzazione, con effetti moralmente e fisicamente deformanti. Inoltre, come dice Robinson Crusoe, “la ragione è la sostanza e l’origine della Matematica”. In quale direzione va, oggi, la matematica, per quanto riguarda progresso e deformazione?Molto di quello che è stato detto in precedenza a riguardo dell’utilizzo della matematica per scopi militari ci fa pensare piuttosto ad una deviazione, una deformazione dell’esistenza umana. La cosa più allarmante tra tutte probabilmente non è l’uso effettivo degli strumenti matematici, ma il velo ideologico di razionalità, di pulizia e di precisione chirurgica che deriva dalla matematizzazione della guerra. Generalizzando, si potrebbe affermare che questo si applica non solo agli aspetti militari della moderna società tecnologica, ma alla società tecnicamente razionale nel suo insieme.Comunque, una delle situazioni in cui la matematica serve agli scopi militari conduce nell’altra direzione: l’eliminazione di ottimismo (o di pessimismo) autoinganevole che si può ottenere grazie al ragionamento matematico e al calcolo. La ragione aiutata dalla matematica potrebbe permetterci, su scala più ampia, di non farci ingabbiare dai luoghi comuni, di sfuggire all’indottrinamento e di distinguere ciò che è realmente possibile dalle promesse sfuggenti. Potrebbe aiutarci, se non a trovare la strada migliore in assoluto (questo è pretendere troppo dall’analisi ragionata), almeno a evitare la peggiore. Se la ragione è realmente la sostanza e l’origine della matematica, allora la matematica potrebbe servirci per chiarire che la guerra è fondamentalmente irrazionale e irragionevole non solo per ragioni ideologiche generiche, ma nel dettaglio specifico e concreto. Se la matematica non è in grado di fare questo, allora il suo presunto valore culturale potrebbe non essere altro che un pretesto conveniente per una spietata sub-ottimizzazione tecnica.Bisogna ammetterlo, la razionalità tecnica sta prevalendo, di questi tempi, sulla ragione, sia nella situazione politica generale che negli usi della matematica. Le teorie matematiche possono essere neutre, abbiamo detto. La matematica come impresa generale, al contrario, è eticamente ambigua: la responsabilità morale dei singoli comportamenti rimane sulle spalle di chi la fa, la trasmette, e la usa, che se lo ricordi o no.

 

Riferimenti bibliografici.

La maggior parte dei matematici, se mai scrivono sui rapporti tra la matematica e la società, parlano di una società senza guerre. Ciononostante, possiamo citare alcuni lavori di importanza più o meno generale riguardo al nostro tema. In ordine alfabetico:

Booß, Bernhelm, & Jens Høyrup, Von Mathematik und Krieg. Über die Bedeutung von Rüstung und militärischen Anforderungen für die Entwicklung der Mathematik in Geschichte und Gegenwart. (Schriftenreihe Wissenschaft und Frieden, Nr. 1). Marburg: Bund demokratischer Wissenschaftler, 1984. Una traduzione parzialmente aggiornata in

inglese di alcune parti si trova in Jens Høyrup, In Measure, Number, and Weight. Studies in Mathematics and Culture. New York: State University of New York Press, 1994.

Epple, Moritz, & Volker R. Remmert, “'Eine ungeahnte Synthese zwischen reiner und angewandter Mathematik': Kriegsrelevante mathematische Forschung in Deutschland während des II. Weltkrieges”, vol. I, pp. 258-295 in Doris Kaufmann (ed.), Geschichte der Kaiser-Wilhelm-Gesellschaft im Nationalsozialismus. Bestandsaufnahme und Perspektiven der Forschung. 2 vol. Göttingen: Wallstein Verlag, 2000. (I medesimi autori hanno pubblicato diversi altri studi).

Godement, Roger, “Science et défense. Une brève histoire du sujet I”. Gazette des Mathématiciens 61 (1994), 2–60. (la seconda parte non è stata pubblicata).

Meigs, Montgomery C., Slide Rules and Submarines. American Scientists and Subsurface Warfare in World War II. Honolulu, Hawaii: University Press of the Pacific, 2002. Ristampa della prima edizione (1990).

The AMRC Papers. By Science for the People, Madison Wisconsin Collective. Madison, Wisconsin: Science for the People, 1973.

 

Interessante è anche il “Forum on Military Funding of Mathematics” pubblicato nel Mathematical Intelligencer 1987 no. 4, e Zentralblatt für Didaktik der mathematik 98: 3 (Giugno 1998), un numero speciale su “mathematics, peace and ethics” (ed. U. d'Ambrosio & M. Marmé).

 

Una specie di quasi-proceedings del convegno di Kalrskrona apparirà in:

Booß-Bavnbek, Bernhelm, & Jens Høyrup (eds), Mathematics and War. Basel & Boston: Birkhäuser, 2003.

di Bernhelm Booß-Bavnbek professore di Matematica e Modellazione matematica presso il Dipartimento di Matematica e Fisica della Università Roskilde (Danimarca), con particolari interessi verso l'Analisi globale delle equazioni differenziali parziali, in particolare le formule di incollamento per gli invarianti spettrali.

e di Jens Høyrup docente alla Università Roskilde (Danimarca), nella sezione di Studi Filosofici e Scientifici, dove studia in particolare la storia concettuale e culturale all'inizio della Matematica moderna. Questo articolo è già stato pubblicato sulla Newsletter della European Mathematical Society, che ringraziamo per averci permesso la riproduzione. La traduzione è a cura di Giorgio Bolondi.

1. Crittografia e steganografia.Il pericolo di intercettazione da parte dei nemici è stato sicuramente il principale motivo della ricerca di codici e di tecniche di alterazione di un messaggio al fine di a renderlo comprensibile solo alle persone autorizzate.Una delle prime tecniche di comunicazione segrete, basata sull'occultamento del messaggio, si chiama steganografia, dalle parole greche steganós, che significa coperto, e gráphein, che significa scrivere.Un metodo bizzarro per trasmettere le informazioni segrete era utilizzato nell'antica Persia. Ci è stato descritto da Erodoto. Consisteva nel rapare i capelli di uno schiavo e nel scrivergli il messaggio sulla testa. Lo schiavo si recava poi dal destinatario del messaggio dopo che gli erano ricresciuti i capelli e il messaggio era recuperato rapandoglieli nuovamente.Nell'antica Cina si dipingeva il messaggio su striscioline di seta finissima, che venivano appallottolate e coperte di cera. Le palline erano quindi inghiottite dal messaggero.Nel XVI secolo, lo scienziato italiano Giambattista Della Porta spiegò come comunicare tramite un uovo sodo. Si prepara un inchiostro con 30 grammi di allume in mezzo litro d'aceto e lo si usa per scrivere sul guscio. La soluzione penetra nel guscio, che è poroso, senza lasciar traccia, e tinge l'albume solidificato; quest'ultimo potrà essere letto sbucciando l'uovo.Parallelamente allo sviluppo della steganografia si evolve la crittografia, dal greco kryptós, che significa nascosto. La crittografia non mira a nascondere il messaggio ma il suo significato. Per rendere incomprensibile un testo, lo si altera per mezzo di un procedimento concordato dal mittente e dal destinatario. Quest'ultimo può invertire il procedimento e ricavare il messaggio originale. Il vantaggio della crittografia è che se il messaggio viene intercettato risulta incomprensibile e quindi inutilizzabile.In diversi testi sacri indiani sono presenti riferimenti a forme di scritture segrete. Nell'Artha-Sastra, un testo classico sugli affari di stato, si sottolinea l'importanza delle scritture segrete nei servizi di spionaggio. Esempi di scritture segrete sono presenti anche nel Latila-Vistara, un libro che esalta le virtù di Budda. Anche nelle scritture cuneiforme sviluppate in Mesopotamia sono stati ritrovati esempi di crittografia. Sia presso gli Assiri che i Babilonesi è stata rinvenuta l'usanza di sostituire le parti terminali delle parole con elementi corti e stereotipati detti colofoni. In Iraq, nel periodo finale delle scritture cuneiformi, è presente per la prima volta la sostituzione di nomi con numeri.Sia la steganografia sia la crittografia possono essere impiegate per alterare e occultare il medesimo testo, garantendo un livello di sicurezza molto più alto. Una forma di steganografia che ebbe largo impiego durante la seconda guerra mondiale è il "microdot": la riduzione di uno scritto alle dimensioni di un punto. Con un procedimento fotografico, gli agenti tedeschi in America latina trasformavano una pagina scritta, precedentemente crittografata, in una macchia con un diametro inferiore al millimetro, che poteva essere nascosta nel puntino di una " i " in una comunicazione banale. Il primo microdot fu scoperto dall' FBI nel 1941 grazie a una soffiata.

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2. Crittografia antica

Le più antiche notizie sicure sull'origine della crittografia sono probabilmente quelle sulla scitala lacedemonica, che Plutarco ritiene in uso dai tempi di Licurgo (IX sec a.C.) ma più sicuramente usata ai tempi di Lisandro (verso il 400 a.C.). Consisteva in un bastone su cui si avvolgeva ad elica un nastro di cuoio; sul nastro si scriveva per colonne parallele all'asse del bastone, lettera per lettera, il testo segreto. Tolto il nastro dal bastone, il testo vi risultava trasposto in modo regolare ma sufficiente per evitare la comprensione senza un secondo bastone uguale al primo.

Tra il 390 e il 360 a.C. Enea il tattico, generale della lega arcadica, scrive il primo trattato di cifrari. Nel  XXI capitolo, che tratta appunto di messaggi segreti, viene descritto un disco sulla zona esterna del quale erano contenuti 24 fori, contrassegnati dalle lettere disposte in ordine alfabetico. Un filo, partendo da un foro centrale, si avvolgeva passando per i fori delle successive lettere del testo. Il destinatario del messaggio svolgeva il filo dal disco segnando le lettere da esso indicate. Il testo si doveva poi leggere a rovescio.

Nel Vecchio Testamento, si possono ritrovare tre principali scritture segrete : l' Atbash, l' Albam e l' Atbah. Il primo codice cifrato, l' Atbash, è stato ideato dal popolo ebraico. Esso consisteva nel capovolgere l'alfabeto, di conseguenza la prima lettera diventava l'ultima e l'ultima la prima e così per tutte le altre lettere dell'alfabeto. Usando l' attuale alfabeto ordinario, l' Atbash è espresso dalla seguente tabella di cifratura:

 L'Albam richiede che l'alfabeto venga diviso in due parti e che ogni lettera venga sostituita con la corrispondente dell'altra metà. Infine, l'Atbah, richiede che la sostituzione soddisfi una relazione di tipo numerico. Le prime nove lettere dell'alfabeto vengono sostituite in modo tale che la somma della lettera da sostituire e della lettera sostituente risulti uguale a dieci. Per le restanti lettere dell'alfabeto deve valere una regola simile con somma pari a 28 in decimale.Lo storico greco Polibio (200 -118 a.C.), nelle sue Storie (Libro X) descrive un interessante metodo di cifratura. L'idea è quella di cifrare una lettera con una coppia di numeri compresi tra 1 e 5, in base ad una matrice 5x5, contenente le lettere dell'alfabeto. Ogni lettera viene rappresentata da due numeri, guardando la riga e la colonna in cui essa si trova. Per esempio, a=11 e r=42.Inoltre, Polibio, suggeriva di mandare tanti messaggeri quanti erano i caratteri del messaggio. Questi portavano nella mano sinistra un numero di torce pari all'indice di riga e nella mano destra un numero pari all'indice di colonna. In effetti più che di un codice segreto, si tratta di un sistema di telecomunicazione, di fatto un telegrafo ottico. Telegrafi a torce esistevano da molti secoli ed erano stati descritti da Enea il tattico intorno al 350 a.C., ma erano basati su un limitato elenco di messaggi possibili; quello di Polibio si basa invece sulla scomposizione del messaggio nelle singole lettere ed è quindi in grado di

trasmettere qualsiasi messaggio.

Svetonio nella Vita dei dodici Cesari, un'opera del II secolo d.C., racconta che Giulio Cesare usava per le sue corrispondenze riservate un codice di sostituzione molto semplice, nel quale ogni lettera del testo veniva sostituita dalla lettera che la segue di tre posti nell'alfabeto. Di questa corrispondenza in codice ci restano quelle a Cicerone e quelle ai familiari sugli affari domestici.

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3. La crittografia fino al XVIII secoloUn sistema usato dall'Arcivescovo di Napoli, Pietro di Grazia, tra il 1363 e il 1365, é quello in cui le lettere sono cifrate con numeri o simboli speciali. La corrispondenza tra lettere e simboli o numeri per la sostituzione è fissata da una tabella. Dagli inizi del XIV secolo, per depistare i tentativi di analisi statistica delle frequenze, si iniziano ad usare più segni per cifrare le vocali, dato che queste sono molto ricorrenti in un testo. Successivamente tale tecnica viene estesa anche alle consonanti più ricorrenti. Inoltre alcune parole, utilizzate frequentemente, (Papa, et, con, quo, etc.) sono sostituite con un solo simbolo. Un primo esempio di questa cifratura è la lettera di Michele Steno scritta nel 1411

Leon Battista Alberti, nel suo Trattato, ha proposto un disco composto di due cerchi concentrici di rame. Uno esterno fisso di diametro maggiore sul quale sono riportate le lettere dell'alfabeto in chiaro e uno interno mobile per le lettere dell'alfabeto cifrante. Il disco esterno è composto di 24 caselle contenenti 20 lettere maiuscole in ordine lessicografico, escluse H, J, K, W, Y, al posto delle quali ci sono i numeri 1, 2, 3, 4. Il disco interno riporta le 24 lettere minuscole in maniera disordinata (la u e la v sono collassate) ed un simbolo speciale &. Fissata una lettera maiuscola come chiave, ad esempio B, si deve spostare il disco mobile interno in modo da far corrispondere la B con un simbolo particolare del disco interno(&). Si stabilisce in tal modo un'associazione tra le lettere dell'alfabeto in chiaro e quello dell'alfabeto cifrante. Può anche essere utilizzata una chiave diversa per ogni parola del testo in chiaro. Le lettere che di volta in volta corrispondono ai numeri 1 2 3 4 non vengono usate per la cifratura. Tutte le lettere del messaggio da cifrare sono cambiate in base all'associazione tra le lettere maiuscole e quelle minuscole. Il disco non ottenne successo anche per la decisione di L. B. 'Alberti di tenerlo segreto (il suo trattato fu pubblicato solo un secolo più tardi a Venezia insieme ad altri suoi "opuscoli morali" e passò quasi inosservato).

Il bresciano Giovan Battista Bellaso pubblicò tra il 1553 e il 1564 tre opere di crittologia contenenti alcuni cifrari polialfabetici di notevole interesse. L'idea su cui si basa il principale cifrario proposto da Bellaso è quella di ricavare cinque alfabeti da una parola segreta convenuta. Le lettere dell'alfabeto vengono scritte in una tabella composta da due righe. In particolare quelle della parola segreta sono inserite nelle prime colonne intercalate sulle due righe e le rimanenti lettere dell'alfabeto vengono scritte di seguito. In questo modo si è ottenuto il primo alfabeto derivato. A partire da questo ricaviamo il secondo spostando circolarmente verso destra la seconda riga di una posizione. Applicando lo stesso procedimento al secondo alfabeto, si ricava il terzo alfabeto derivato e così via fino ad ottenerne cinque, ognuno dei quali sarà identificato da un gruppo di quattro lettere. Facendo riferimento sempre al primo alfabeto, le lettere della prima e della sesta colonna identificano il primo alfabeto derivato, quelle della seconda e della settima colonna identificano il secondo alfabeto derivato. In generale le quattro lettere che identificano l' i-

esimo alfabeto sono quelle dell' i-esima e della (i + 5)-esima colonna. A questo punto si deve convenire una frase segreta; le lettere di quest' ultima servono a selezionare l' alfabeto da usare. In particolare, presa l' i-esima lettera della parola segreta, si controlla quale dei cinque identificativi degli alfabeti la contiene. Si determina così l'alfabeto da usare per l' i-esima parola del testo in chiaro. Se il numero di lettere della frase segreta è minore del numero di parole del testo da cifrare, la frase segreta viene riapplicata ciclicamente per la selezione degli alfabeti. La cifratura si effettua sostituendo la lettera del testo in chiaro con la lettera che si trova sulla stessa colonna nell'alfabeto predeterminato.Blaise de Vigenére pubblicò nel 1586 un trattato di cifrari nel quale proponeva tra gli altri un codice che ebbe grande fortuna e che è ricordato con il suo nome. Si tratta del più semplice codice di sostituzione polialfabetica, e proprio per la sua semplicità ha goduto per secoli di una grossa fama.La forza del cifrario di Vigenére sta nell'utilizzare non uno ma 26 alfabeti cifranti per cifrare un solo messaggio. Il metodo si può considerare una generalizzazione del codice di Cesare; invece di spostare sempre dello stesso numero di posti la lettera da cifrare, questa viene spostata di un numero di posti variabile, determinato dalle lettere della parola chiave, da concordarsi tra mittente e destinatario. La parola è detta chiave o verme, per il motivo che, essendo in genere molto più corta del messaggio, deve essere ripetuta molte volte.

4. La crittografia modernaIl cifrario di Jefferson prende il nome dal suo inventore Thomas Jefferson (1743-1826), uno degli autori della Dichiarazione d'Indipendenza e Presidente degli USA nel 1801-1804. Jefferson non lo mise mai in uso e il suo cifrario fu dimenticato fino al 1922, quando fu riscoperto e utilizzato, fino agli anni '50, dall'esercito statunitense. Nel 1890 Etienne Bazeries un crittologo francese propose l' "La chiffre endecifrable", un cifrario del tutto equivalente a quello di Jefferson.

Il codice di Jefferson è un metodo di cifratura meccanico basato su un cilindro di circa 15 cm di lunghezza e 4 cm di larghezza. Il cilindro è costituito da 36 dischi, imperniati su di un asse, in grado di ruotare liberamente. Ogni disco riporta le 26 lettere dell'alfabeto sul bordo esterno, in ordine differente l'uno rispetto all' altro. Inoltre, i dischi possono volta per volta essere inseriti sull'asse in un ordine differente per ogni cifratura, previo accordo tra mittente e destinatario. La cifratura di un messaggio avviene nel seguente modo: il messaggio viene prima di tutto diviso in blocchi di 36 caratteri. Per ogni blocco, i dischi vengono ruotati in modo tale da far comparire allineati su una riga i caratteri del blocco. Una volta effettuata tale operazione, si sceglie a caso un'altra riga, e si considera la corrispondente sequenza di 36 lettere come il messaggio cifrato. Il ricevente, che possiede un cilindro identico a quello del trasmittente, non deve far altro che ruotare i dischi in modo tale da far comparire il cifrato allineato su una riga. Compiuta questa operazione, deve analizzare le restanti righe. Una sola di queste è una frase di senso compiuto rappresentante il messaggio in chiaro. Una variante è quella di fissare a priori la riga su cui sarà possibile trovare il messaggio in chiaro.

Il cilindro di Jefferson è il primo esempio di una serie di macchine cifranti basate su cilindri e dischi ruotanti intorno ad un asse, la più celebre di tutte è la cosiddetta Macchina Enigma usata dai Tedeschi nella Seconda Guerra Mondiale. Il Playfair cipher fu inventato dal fisico Sir Charles Wheatstone (1802-1875), il nome di Playfair deriva da Lyon Playfair, barone di St.Andrews, che ha divulgato nelle alte sfere governative questo metodo di cifratura. La speranza di Playfair era quella di far utilizzare il Cipher durante la guerra di Crimea, il sistema fu effettivamente utilizzato dall'esercito britannico solamente a partire dalla guerra Boera.Il Cipher è ritenuto essere il primo metodo di cifratura a bigrammi (coppie di caratteri). Si usa una matrice di 25 lettere che viene riempita nelle prime caselle con la parola chiave, abolendo le eventuali lettere ripetute, ed è completata con le rimanenti lettere nel loro ordine alfabetico. Si omette la W che, se necessario, potrà essere cifrata come una doppia V. Il testo in chiaro deve essere diviso in bigrammi di due lettere consecutive. Le due lettere si cercano sul quadrato e si sostituiscono con altre secondo le seguenti regole: se le due lettere chiare si trovano su una stessa riga, si prendono le due lettere che le seguono a destra; se una delle due lettere chiare si trova sulla quinta colonna a destra, si prenderà la prima lettera a sinistra della stessa riga. Se le due lettere chiare sono sulla stessa colonna, si prendono le due lettere sottostanti; se una lettera è nell'ultima riga, si prenderà la lettera che sta nella prima riga della stessa colonna; se le due lettere sono in colonne e righe diverse, si prendono le due che costituiscono un rettangolo con esse, cominciando da quella che si trova nella stessa riga della prima lettera del bigramma in chiaro; qualora il bigramma chiaro presenti due lettere uguali si cercherà di eliminare questo raddoppio, oppure di romperlo inserendo una lettera rara (k, w, x, y).Una delle prime macchine di cifratura a rotori è stata costruita dal californiano Edward Hebern, che la brevettò nel 1921. Autentici gioielli della crittografia meccanica sono le macchine costruite da Boris Hangelin; nel 1927 egli aveva rilevato una ditta che produceva materiale crittografico e che ancora oggi è prospera e fiorente, anche se ormai i rotori sono entrati nei musei della scienza.Dopo che la Gran Bretagna dichiarò guerra alla Germania il 3 settembre 1939, le operazioni di decifrazione britanniche furono spostate da Londra a Bletchley Park. Tra il 4 settembre 1939 e l'estate del 1944, Alan Turing (1912-1954) (uno dei più famosi matematici di questo secolo, fra i fondatori dell'informatica teorica) alloggiò al Crown Inn, a Shenley Brook End, un villaggio vicino Bletchley. Il lavoro eseguito da Alan Turing e dai suoi colleghi a Bletchley Park poté essere completamente apprezzato solo molti anni dopo, quando cadde il segreto militare sulle tecniche di crittoanalisi durante la guerra. Quasi tutte le comunicazioni tedesche venivano cifrate con una macchina chiamata Enigma. Questa macchina è una nobile rappresentante dei cifrari a rotore, utilizzati fino all'introduzione di cifrari elettronici e microelettronici. Per "rompere" Enigma (alcuni dettagli della soluzione sono tenuti segreti fino ad oggi) Turing si servì di gigantesche macchine chiamate Colossi, che possono considerarsi i precursori dei moderni calcolatori elettronici. Turing è autore di ricerche

estremamente importanti sul concetto logico-matematico di calcolabilità: lo strumento che egli ha proposto per affrontare il problema è noto oggi col nome di macchina di Turing.In un epoca di supercomputer e macchine potentissime il codice Navajo è un monumento alla più potente e sofisticata macchina che esista al mondo: la mente umana. Nel tentativo di ottenere delle comunicazioni vocali "sicure" l'esercito USA, prima della seconda guerra mondiale ha sperimentato l'uso della lingua degli indiani Choctaws per criptare le comunicazioni vocali, lingua che era già di per sé "criptata". Dopo l'entrata in guerra degli USA, nel 1941, lo studio di questo tipo di "crittografia" venne esteso e si sperimentarono i linguaggi di Commanches, Choctaws, Kiowas, Winnebagos, Seminoles, Navajos, Hopis e Cherokees. Successivamente la Marina USA ha proseguito il lavoro dell'esercito codificando, espandendo e perfezionando il metodo, usando esclusivamente il linguaggio Navajos. Usati con successo su molti fronti i "NAC" (Native American Codetalkers) non hanno mai visto "infranto" il loro "codice".

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5. Macchine cifranti: Enigma

Nel 1918 l'inventore tedesco Arthur Scherbius, che aveva studiato ingegneria elettrica ad Hannover e Monaco, mette a punto un dispositivo crittografico che in sostanza era una versione elettromeccanica del disco cifrante di Alberti. La sua invenzione è chiamata Enigma. Consiste di diversi ingegnosi elementi combinati in un potente e sofisticato dispositivo per la produzione di scritture segrete. La versione semplificata del congegno di Scherbius consiste in 3 componenti collegati da fili elettrici: una tastiera per immettere le lettere del testo in chiaro; un'unità scambiatrice che cifra la lettera trasformandola nel corrispondente elemento del crittogramma (testo cifrato); un visore con varie lampadine, che accendendosi indicano la lettera da inserire nel testo cifrato. Per generare il crittogramma, l'operatore preme il tasto corrispondente alla lettera da cifrare; l'impulso elettrico raggiunge l'unità scambiatrice, e dopo essere stato elaborato va ad illuminare il visore in modo da evidenziare la lettera cifrata corrispondente.

Versione semplifica di Enigma con un alfabeto di 6 lettere

C o n q u e s t o s c h e m a d i b a s e , l o s c a m b i a t o r e d e f i n i s c e u n a c o r r i s p o n d e n z a t r a l e l e t t e r e d e l t e s t o i n c h i a r o e q u e l l e c i f r a t e : l a m a c c h i n a p u ò e s s e r e u s a t a p e r r e a l i z z a r e u n a s e m p l i c e c i f r a t u r a p e r s o s t i t u z i o n e m o n o a l f a b e t i c a . I l p a s s o s u c c e s s i v o c o n s i s t e n e l f a r r u o t a r e a u t o m a t i c a m e n t e i l d i s c o s c a m b i a t o r e d i u n 1 / 2 6 d i g i r o d o p o l a c i f r a t u r a d i o g n i l e t t e r a . I n a l t r e p a r o l e , l a c o r r i s p o n d e n z a t r a l e t t e r e i n c h i a r o e c i f r a t e c a m b i a d o p o l a c i f r a t u r a d i o g n i l e t t e r a c o s i c c h é l a c i f r a t u r a d i u n a s t e s s a l e t t e r a m u t a c o n t i n u a m e n t e . C o n q u e s t a d i s p o s i z i o n e r o t a n t e , l o s c a m b i a t o r e d e f i n i s c e 2 6 d i v e r s e c o r r i s p o n d e n z e t r a l e t t e r e i n c h i a r o e c i f r a t e , e d E n i g m a p u ò e s s e r e u s a t a p e r e f f e t t u a r e u n a c i f r a t u r a p o l i a l f a b e t i c a . T u t t a v i a , i l c o n g e g n o h a u n p u n t o d e b o l e e v i d e n t e : d o p o 2 6 p r e s s i o n i c o n t i n u e d e l l o s t e s s o t a s t o , i l d i s c o t o r n a a l l a p o s i z i o n e i n i z i a l e , e s e s i c o n t i n u a s s e a p r e m e r e l o s t e s s o t a s t o , l o s c h e m a d i c i f r a t u r a s i r i p e t e r e b b e t a l e e q u a l e . P e r r i d u r r e i l n u m e r o d i r i p e t i z i o n i p u ò e s s e r e i n t r o d o t t o u n a l t r o s c a m b i a t o r e . I n q u e s t o m o d o , o g n i v o l t a c h e u n a l e t t e r a è c i f r a t a , i l p r i m o d i s c o r u o t a d i u n c a r a t t e r e , m e n t r e i l s e c o n d o d i s c o i n v e c e r e s t a i m m o b i l e f i n q u a n d o i l p r i m o s c a m b i a t o r e h a c o m p l e t a t o u n g i r o , s o l o a q u e s t o p u n t o i l s e c o n d o s c a m b i a t o r e a v a n z a d i u n a p o s i z i o n e . L ' a g g i u n t a d e l s e c o n d o s c a m b i a t o r e c o m p o r t a i l v a n t a g g i o c h e l o s c h e m a d e l l a c i f r a t u r a n o n s i r i p e t e f i n c h é i l s e c o n d o s c a m b i a t o r e n o n è t o r n a t o a l p u n t o d i p a r t e n z a , i l c h e r i c h i e d e 2 6 g i r i c o m p l e t i d e l p r i m o s c a m b i a t o r e , o v v e r o l a c i f r a t u r a d i 2 6 x 2 6 = 6 7 6 l e t t e r e . P e r u n a s i c u r e z z a a n c o r a m a g g i o r e v i e n e a g g i u n t o u n t e r z o r o t o r e , p e r c u i i l n u m e r o d i s o s t i t u z i o n i d i v e r s e è 2 6 x 2 5 x 2 6 = 1 6 . 9 0 0 ( i l s e c o n d o r o t o r e e f f e t t u a u n a r o t a z i o n e i n m e n o r i s p e t t o a g l i a l t r i d u e , p o i c h é d o p o a v e r e f f e t t u a t o u n g i r o c o m p l e t o r i m a n e f e r m o u n a v o l t a p e r f a r r u o t a r e i l t e r z o r o t o r e ) . I n o l t r e v i e n e a g g i u n t o u n r i f l e s s o r e m o l t o s i m i l e a l l o s c a m b i a t o r e c h e c o n s i s t e i n u n d i s c o d i g o m m a c o n c i r c u i t i i n t e r n i c h e n o n r u o t a n o e i f i l i e n t r a n o e d e s c o n o d a l l o s t e s s o l a t o . C o l r i f l e s s o r e i n s t a l l a t o q u a n d o s i d i g i t a u n a l e t t e r a i l s e g n a l e e l e t t r i c o a t t r a v e r s a i 3 r o t o r i , r a g g i u n g e i l r i f l e s s o r e e d è m a n d a t o i n d i e t r o . Q u i n d i i l s e g n a l e e l e t t r i c o p a s s a d i n u o v o n e i r o t o r i m a l u n g o u n p e r c o r s o d i v e r s o .

D a t o c h e i l n u m e r o d i c h i a v i è a l t o m a n o n a b b a s t a n z a p e r s c o r a g g i a r e u n c r i t t o a n a l i s t a c h e p u ò d i s p o r r e d i p i ù m a c c h i n e e p i ù a i u t a n t i , p e r a c c r e s c e r e l ' a f f i d a b i l i t à s i d o v r e b b e a u m e n t a r e i l n u m e r o d i a s s e t t i c i o è i l n u m e r o d i c h i a v i . I n v e c e d i a g g i u n g e r e u n a l t r o r o t o r e e a u m e n t a r e d i 2 6 v o l t e l e c h i a v i s o n o s t a t e i n t r o d o t t e d u e n u o v e c a r a t t e r i s t i c h e . I n n a n z i t u t t o s i p o s s o n o u t i l i z z a r e r o t o r i r e m o v i b i l i e s o s t i t u i b i l i , a d e s e m p i o i l p r i m o e i l t e r z o r o t o r e s i p o s s o n o s c a m b i a r e d i p o s t o . Q u i n d i d a t i t r e e l e m e n t i i n t e r c a m b i a b i l i e s s i p o s s o n o e s s e r e p e r m u t a t i i n s e i m o d i d i f f e r e n t i ; c o n q u e s t o a c c o r g i m e n t o i l n u m e r o d i c h i a v i a u m e n t a d i u n f a t t o r e p a r i a s e i . L a s e c o n d a c a r a t t e r i s t i c a è l ' i n s e r i m e n t o d i u n p a n n e l l o a p r e s e m u l t i p l e t r a l a t a s t i e r a e i l p r i m o r o t o r e . I l p a n n e l l o p e r m e t t e a l m i t t e n t e d i i n s e r i r e a l c u n i c a v i m u n i t i d i s p i n o t t i , i n q u e s t o m o d o s i h a l ' e f f e t t o d i s c a m b i a r e d u e l e t t e r e p r i m a d e l l a l o r o i m m i s s i o n e n e l r o t o r e . L ' o p e r a t o r e d i E n i g m a d i s p o n e d i s e i c a v i c h e g l i d a n n o l a p o s s i b i l i t à d i s c a m b i a r e s e i c o p p i e d i l e t t e r e s i m u l t a n e a m e n t e .

C a l c o l o d e l n u m e r o d i c h i a v i p o s s i b i l iR o t o r iI d u e d i s c h i r o t a n t i p i ù e s t e r n i e f f e t t u a n o 2 6 r o t a z i o n i o g n u n o , m e n t r e q u e l l o c e n t r a l e n e e f f e t t u a 2 5 , q u i n d i s o n o a m m e s s e 2 6 x 2 5 x 2 6 = 1 6 . 9 0 0 c o m b i n a z i o n i d i o r i e n t a m e n t i .U n i t à c i f r a t r i c eI t r e r o t o r i ( 1 , 2 , e 3 ) p o s s o n o e s s e r e i n s e r i t i n e l l ' u n i t à c e n t r a l e i n d i v e r s e p o s i z i o n i r e c i p r o c h e , c o s ì r i a s s u m i b i l i : 1 2 3 , 1 3 2 , 2 1 3 , 2 3 1 , 3 1 2 , 3 2 1 . S o n o q u i n d i a m m e s s e 6 d i v e r s e p o s i z i o n i r e c i p r o c h e d e i r o t o r i .  P a n n e l l o a p r e s e m u l t i p l eI p o s s i b i l i a b b i n a m e n t i d i 2 x 6 = 1 2 l e t t e r e s u 2 6 s o n o m o l t i s s i m e , p e r l ' e s a t t e z z a 1 0 0 . 3 9 1 . 7 9 1 . 5 0 0 , c h e s i o t t i e n e d a l l a f o r m u l a s e g u e n t e d o v e p , i l n u m e r o d i c a v i , è u g u a l e a 6 .

I l n u m e r o t o t a l e d i c h i a v i s i o t t i e n e m o l t i p l i c a n d o l e s u d d e t t e p o s s i b i l i t à : 1 6 . 9 0 0 x 6 x 1 0 0 . 3 9 1 . 7 9 1 . 5 0 0 .

INDICE

6 . M a c c h i n e c i r f r a n t i : l a B o m b a d i T o u r i n g

N e l 1 9 3 8 D i l l y K n o x e r a c o n o s c e n z a d e l f a t t o c h e i r o t o r i u s a t i d a i t e d e s c h i n e l l a m a c c h i n a E n i g m a f o s s e r o d i f f e r e n t i d a q u e l l i i n c o m m e r c i o e , m o l t o p r o b a b i l m e n t e , n o n s a p e v a n e a n c h e i l m e t o d o d i d o p p i a c i f r a t u r a d e l t e s t o i n c h i a r o , v e r o p u n t o d i f o r z a p e r i t e d e s c h i .I n q u e l p e r i o d o , A l a n T u r i n g , t e n t ò d i v e r s e v i e p e r c e r c a r e d i f o r z a r e i l s i s t e m a d i c i f r a t u r a d e i t e d e s c h i b a s a n d o s i s u l l e u n i c h e i n f o r m a z i o n i i n p o s s e s s o d e l l ' I n g h i l t e r r a , o v v e r o u n " t e s t o p i a n o c o n o s c i u t o " c h e i n s e g u i t o v e r r à r i b a t t e z z a t o c o n i l n o m e d i " c r i b " .T u r i n g p e n s ò c h e s e l ' a n a l i s i d e i t e s t i c i f r a t i p o t e v a p o r t a r e a u n a p a r z i a l e d e c r i t t a z i o n e d e l l o s t e s s o , l ' u t i l i z z o d i c a l c o l a t o r i , i q u a l i p o t e v a n o t e s t a r e d i v e r s e c o n f i g u r a z i o n i d i r o t o r i i n p o c o t e m p o , p o t e v a p o r t a r e a b u o n i r i s u l t a t i .I n o l t r e , T u r i n g , a t t r a v e r s o l ' u s o d e l l e p r o p r i e a b i l i t à m a t e m a t i c h e , r i u s c ì a d i m o s t r a r e c h e u n a t r a s f o r m a z i o n e d a u n t e s t o c i f r a t o a l t e s t o i n c h i a r o p r e c l u d e v a u n v a s t o n u m e r o d i c o n f i g u r a z i o n i d i r o t o r i .L a G C & C S ( G o v e r n e m e n t C o d e s & C i p h e r s S c h o o l ) , t r a g l i a n n i t r a i l ' 3 8 e i l ' 3 9 , r i u s c ì a d i n t e r c e t t a r e u n g r a n n u m e r o d i t e s t i c i f r a t i c o n l a r e l a t i v a c o p i a i n c h i a r o , g r a z i e a n c h e a l l a c o l l a b o r a z i o n e d i u n i m p i e g a t o p o l a c c o .T r a l e c a r a t t e r i s t i c h e c h e T u r i n g s c o v ò o c c a s i o n a l m e n t e v i e r a q u e l l a c h e l a s t e s s a c o p p i a c h i a r o / c i f r a t o d i c a r a t t e r i o c c o r r e v a p i ù v o l t e i n d i f f e r e n t i p u n t i d e l m e d e s i m o m e s s a g g i o . Q u e s t a c a r a t t e r i s t i c a v e n n e c h i a m a t a " c l i c k s " .. . . . . J Y C Q R P W Y D E M C J M R S R. . . . . S P R U C H N U M M E R X E I N S. . . . . . . . . | … | … … . . . . | . | … . | . . .

Q u e s t o a v v e n i v a p e r c h é E n i g m a e r a r e v e r s i b i l e , o v v e r o l a c o p p i a c h i a r o / c i f r a t o d i R , C e r a l a s t e s s a C , R e M , E e d E , M .L ' o c c o r r e n z a d i u n a c o p p i a è d e t e r m i n a t a d a l l ' o r d i n e d e l r o t o r e e d a l l a p o s i z i o n e i n i z i a l e d i e s s o . T u r i n g c a p ì c h e , l ' o r d i n e a t t u a l e d e i r o t o r i e l a l o r o p o s i z i o n e d i p a r t e n z a , p o t e v a n o e s s e r e t r o v a t i p r o v a n d o t u t t e l e c o n f i g u r a z i o n i c h e s o d d i s f a c e v a n o l a c o p p i a e s a m i n a t a .O v v i a m e n t e p r o v a r e t u t t e l e c o m b i n a z i o n i p o s s i b i l i s u u n a s o l a m a c c h i n a E n i g m a u n a a l l a v o l t a a v r e b b e r i c h i e s t o u n t e m p o i m p o s s i b i l e . D i c o n s e g u e n z a , i l p a s s o s e g u e n t e , f u q u e l l o d i c o n s i d e r a r e c o m e i l t e s t p o t e v a e s s e r e e s e g u i t o s i m u l t a n e a m e n t e p e r u n a p a r t i c o l a r e c o n f i g u r a z i o n e i n i z i a l e d e l l a m a c c h i n a .

I l t e s t d i o g n i c o p p i a d i l e t t e r e r i c h i e d e v a u n m e t o d o p e r d e t e r m i n a r e r a p i d a m e n t e q u a l e c o n f i g u r a z i o n e f o s s e e s a t t a o e r r a t a . P e r f a r e c i ò o c c o r r e v a c o l l e g a r e i n s i e m e p i ù m a c c h i n e E n i g m a p e r v e l o c i z z a r e l e o p e r a z i o n i d i d e c r i t t a z i o n e . I l r i s u l t a t o f u q u e l l o d i u s a r e u n a m a c c h i n a E n i g m a " a p e r t a " .A c a u s a d e l l a c o n f i g u r a z i o n e e l e t t r i c a d i E n i g m a c i ò n o n e r a p o s s i b i l e p e r c h é g l i i n g r e s s i e l e u s c i t e c h e c o n d u c e v a n o c o r r e n t e e r a n o f i s s a t i s u l r o t o r e , m e n t r e n e l l a c o n f i g u r a z i o n e a p e r t a s t u d i a t a d a T u r i n g , i l r i f l e t t o r e , c h e n e l l a p r e c e d e n t e c o n f i g u r a z i o n e p r e c l u d e v a o g n i p o s s i b i l i t à d i c o n n e s s i o n e , a v e v a d u e l a t i . I n p a r t i c o l a r e , q u e l l o d i u s c i t a e r a c o n n e s s o a t r e r o t o r i c h e r a p p r e s e n t a v a n o i p e r c o r s i i n v e r s i e f f e t t u a t i d a l l a c o r r e n t e n e l l a c o n f i g u r a z i o n e o r i g i n a l e d e l l a m a c c h i n a .Q u e s t o m e t o d o d a v a l a p o s s i b i l i t à d i a v e r e d e l l e c o n n e s s i o n i i n i n p u t / o u t p u t s e p a r a t e , p e r m e t t e n d o , c o s ì , d i a v e r e p i ù m a c c h i n e E n i g m a i n s e r i e .

N e l l a L e t c h w o r t h E n i g m a ( c h i a m a t a c o s ì p e r c h é l a f a b b r i c a B r i t i s h T a b u l a t i n g M a c h i n e , c h e l ' h a c o s t r u i t a , s i t r o v a v a a L e t c h w o r t h ) l a c o s a i n t e l l i g e n t e f u q u e l l a d i i n c l u d e r e a m b e d u e i c a b l a g g i , a n t e r i o r e e p o s t e r i o r e , d e i r o t o r i d i E n i g m a i n u n u n i c o t a m b u r o . L e c o n n e s s i o n i t r a u n t a m b u r o e i l s u c c e s s i v o a v v e n i v a n o t r a m i t e q u a t t r o c e r c h i c o m p o s t i d a 2 6 c o n t a t t i f i s s i l ' u n o . I t r e s e t d i c o n t a t t i e r a n o c a b l a t i i n s i e m e , p e r m a n e n t e m e n t e , a i c o n n e t t o r i d i i n p u t / o u t p u t . I t r e t a m b u r i , r a p p r e s e n t a n t i i t r e r o t o r i p r e s e n t i s u l l ' E n i g m a o r i g i n a l e , p o t e v a n o e s s e r e p o s i z i o n a t i s u l l ' a l b e r o , f o r m a n d o u n a m a c c h i n a E n i g m a i n c o n f i g u r a z i o n e a p e r t a , c o n i c o n n e t t o r i d i i n p u t / o u t p u t s e p a r a t i d a g l i a l t r i .R i t o r n a n d o a l p r o b l e m a d e i c l i c k s , T u r i n g d e c i s e d i a f f r o n t a r l o n e l s e g u e n t e m o d o :  a b c d e f g h i j k l m n o p qJ Y C Q R P W Y D E M C J M R S RS P R U C H N U M M E R X E I N S… . | … | … … . . . . | . | … … | . . .

p o s e u n o f f s e t , r a p p r e s e n t a t o d a l l ' a l f a b e t o m i n u s c o l o , p e r i d e n t i f i c a r e o g n i c o p p i a . I n q u e s t o m o d o C , R e r a n o r a p p r e s e n t a t e d a l l ' o f f s e t c e e m e n t r e M , E d a j , k e n .  A l l a c o n n e s s i o n e r a p p r e s e n t a t a d a l l ' o f f s e t , i n q u e s t o c a s o l a " C " , d e l l ' E n i g m a a c o n f i g u r a z i o n e a p e r t a v e n i v a a p p l i c a t a u n a t e n s i o n e , i n q u e s t o m o d o , l e 2 6 l a m p a d i n e a t t a c c a t e a d e s s a i n d i c a v a n o s e l a p o s s i b i l e c i f r a t u r a e r a e s a t t a . I n q u e s t o c a s o s i s a r e b b e d o v u t a a c c e n d e r e l a l a m p a d i n a r e l a t i v a a l l a l e t t e r a R .C o n u n a s i n g o l a m a c c h i n a E n i g m a q u e s t a o p e r a z i o n e a v r e b b e r i c h i e s t o u n i n c r e d i b i l e n u m e r o d i s e t t a g g i .

L e m a c c h i n e E n i g m a i n c o n f i g u r a z i o n e a p e r t a e r a n o t u t t e s e t t a t e c o n l o s t e s s o o r d i n e d i t a m b u r i . T u t t i i t a m b u r i e r a n o s e t t a t i n e l m e d e s i m o m o d o , t r a n n e l ' u l t i m o c h e r a p p r e s e n t a v a l ' o f f s e t d e l l a l e t t e r a d e l c r i b d a t e s t a r e . I n q u e s t o m o d o , a t t r a v e r s o u n s e t d i r e l è e r a p o s s i b i l e f o r n i r e u n v o l t a g g i o i n i n g r e s s o a l l ' u l t i m o t a m b u r o d i t u t t e l e m a c c h i n e , c o s ì f a c e n d o e r a p o s s i b i l e v e r i f i c a r e s e i l s e t t a g g i o d e i t a m b u r i s o d d i s f a c e v a i l c r i b .S e i l r i s u l t a t o e r a n e g a t i v o s i p r o c e d e v a a c a m b i a r e l ' o r d i n e d e i t a m b u r i a t t r a v e r s o u n m o t o r e e l e t t r i c o .

U n e s t e n s i o n e d e l c o n c e t t o d e l l e c o p p i e d i l e t t e r e è i l l o o p d i l e t t e r e .

A b c d e f g h i j k l m n o p qJ Y C Q R P R Y D E M C J M R S RS P R U C H N U M M E R X E I N S. . . . . . . . . . . . . | … … … … . . . . . . . | |

I l p r i m o p r o b l e m a f u q u e l l o d i t r o v a r e l e p o s i z i o n i p r i n c i p a l i S 1 , S 2 e S 3 .

T u r i n g c a p ì c h e c ' e r a u n ' a l t r a v i a p e r s c o p r i r e l e i n t e r c o n n e s s i o n i t r a l e m a c c h i n e E n i g m a i n c o n f i g u r a z i o n e a p e r t a .

L o s c h e m a r a p p r e s e n t a t r e m a c c h i n e E n i g m a i n c o n f i g u r a z i o n e a p e r t a . I t a m b u r i n u m e r o 1 s o n o s e t t a t i i n c o r r i s p o n d e n z a d e g l i o f f s e t S 1 , S 2 e S 3 . I t a m b u r i n u m e r o 2 e 3 c o r r i s p o n d o n o a l l a c o n f i g u r a z i o n e s t a n d a r d d e l l ' E n i g m a .A q u e s t o p u n t o l e p o s i z i o n i d e i r o t o r i c o r r i s p o n d e r a n n o a l l a p o s i z i o n e o r i g i n a l e p r e s e n t e n e l l a m a c c h i n a E n i g m a a l m o m e n t o d e l l a c r i t t a z i o n e .I n q u e s t o m o d o i l v o l t a g g i o d i S 1 s a r à l o s t e s s o i n i n g r e s s o d i S 2 m e n t r e i l v o l t a g g i o d i S 2 s a r à l ' i n g r e s s o d i S 3 .I n q u e s t o m o d o s i o t t e r r à l a c o n f i g u r a z i o n e o r i g i n a l e .O r a i l t r u c c o s t a n e l c o n n e t t e r e i t e r m i n a l i d i u s c i t a d a l l ' u l t i m a m a c c h i n a n e l l ' i n p u t d e l l a p r i m a . Q u e s t ' u l t i m a o p e r a z i o n e p o r t e r à a d a v e r e u n l o o p t r a l e m a c c h i n e , i s o l a n d o , p e r ò , l e c o n n e s s i o n i S 1 , S 2 e S 3 .I n s e g u i t o , T u r i n g p e n s ò c h e s e S 1 e r a s c o n o s c i u t o e s e g l i s i a p p l i c a s s e u n v o l t a g g i o c a s u a l e , q u e s t o r a g g i u n g e r e b b e t u t t e l e m a c c h i n e m a n o n i n f l u e n z e r e b b e g l i i n g r e s s i S 1 , S 2 e S 3 p e r c h é e s s i n o n e r a n o c o n n e s s i a n e s s u n t e r m i n a l e .  I l t e s t f i n a l e c o n s i s t e v a n e l l o s p o s t a r e i r o t o r i i n m o d o d a v e d e r e s e u n a o 2 5 l a m p a d i n e s i a c c e n d e v a n o . S e t u t t e l e l a m p a d i n e e r a n o a c c e s e l a p o s i z i o n e e r a e r r a t a . Q u e s t o t e s t a v v e n i v a i n p o c h i s s i m o t e m p o , l ' u n i c o a c c o r g i m e n t o e r a q u e l l o d i n o n s u r r i s c a l d a r e i m o t o r i c h e m u o v e v a n o i t a m b u r i .L ' a l t r a i d e a c h e h a p e r m e s s o d i p e r f e z i o n a r e l a B o m b a d i T u r i n g v e n n e d a G o r d o n W e l c h m a n . E g l i p e n s ò d i c o s t r u i r e d e i r e g i s t r i , c h e o p p o r t u n a m e n t e m o d i f i c a t i p o t e s s e r o r i a s s u m e r e l e c o n n e s s i o n i t r a l e m a c c h i n e E n i g m a i n c o n f i g u r a z i o n e a p e r t a . A t t r a v e r s o l a " D i a g o n a l B o a r d " ( c o s ì f u c h i a m a t a ) e r a f a c i l e r i s a l i r e a l l a c o r r i s p o n d e n z a t r a l e l e t t e r e , i n p a r t i c o l a r e r i s u l t a v a q u a s i i m m e d i a t a l a s o l u z i o n e n e i c a s i d i l o o p d i c i f r e .

I n d i c e d e l d o c u m e n t o c o m p l e t o C a p i t o l o 1 L a s t o r i aL a n a s c i t a d e i c a l c o l a t o r iI c o m p u t e r e l a s e c o n d a g u e r r a m o n d i a l eI c o m p u t e r n e l d o p o g u e r r aI c o m p u t e r m o d e r n iI c o m p u t e r n e l l a s e c o n d a g u e r r a m o n d i a l e

C a p i t o l o 2 I l p r e s e n t eL e c o m u n i c a z i o n i i n I n t e r n e tI l p r o t o c o l l o I PI l p r e a m b o l o I PS t r u t t u r a d e l l ' i n d i r i z z o I PI l p r o t o c o l l o T C PI l p r e a m b o l o T C PG e s t i o n e d e l l e c o n n e s s i o n i T C PL e p o r t eE s e m p i d i p o r t eI s o c k e tE s e m p iT r a c e r tN e t s t a t

C a p i t o l o 3 L a c r i t t o g r a f i aL a s t o r i aC r i t t o g r a f i a a n t i c aC r i t t o g r a f i a f i n o a l X V I I I s e c o l oC r i t t o g r a f i a m o d e r n aP r i n c i p a l i c i f r a r iC i f r a r i a s o s t i t u z i o n eC i f r a r i o a f f i n eC i f r a r i o P l a y f a i rS t r e a m c y p h e rC i f r a r i o d i V e r n a mL a s i c u r e z z a p e r f e t t aG l i a l g o r i t m iI l D E SL ' R S A

M a c c h i n e c i f r a n t iE n i g m aL a b o m b a d i T u r i n gC r i t t o a n a l i s iC r i t t o a n a l i s i s t a t i s t i c aC r i t t o a n a l i s i l i n e a r eC r i t t o a n a l i s i d i f f e r e n z i a l eC r i t t o a n a l i s i s u p o l i a l f a b e t i c iB r u t e f o r c eC u r i o s i t à e c o n s i d e r a z i o n i

C a p i t o l o 4 E s e m p i p r a t i c iL ' u s o d i W i n s o c kS t r u t t u r a d e l l ' a p p l i c a z i o n eI m p l e m e n t a z i o n e d e l l ' a p p l i c a z i o n eI l D E SL a c l a s s e C D e sS c a m b i o d i m e s s a g g i c r i t t a t iS t r u t t u r a d e l l ' a p p l i c a z i o n eI m p l e m e n t a z i o n e d e l l ' a p p l i c a z i o n eL ' a n a l i s i d i u n t e s t oS t r u t t u r a d e l l ' a p p l i c a z i o n eI m p l e m e n t a z i o n e d e l l ' a p p l i c a z i o n eI s o c k e t i n L i n u xI m p l e m e n t a z i o n e d e l l ' a p p l i c a z i o n eP G PE s e m p i o p r a t i c o d e l l ' u t i l i z z o d e l P G P

Matematica e guerra

Jens HOYRUP

Due preliminari

 

Tutto il mio lavoro sul soggetto è stato fatto in collaborazione con Bernhelm Booß-Bavnbek, matematico con ottime conoscenze sulla matematica odierna:

– Dapprima negli anni 80, per il libro Von Mathematik und Krieg. Über die Bedeutung von Rüstung und militärischen Anforderungen für die Geschichte der Mathematik in Geschichte und Gegenwart.2[1]

– successivamente per la cura degli atti del convegno «Mathematics and War – The Impact of Mathematical Thinking and the Application of Mathematical Methods – Co-development of Mathematics and the Means of War», Karlskrona (Sweden), August 29–31, 2002 (presenti 42 matematici, storici della matematica, filosofi, storici militari, analisti militari).3[2]

Il senso della collaborazione va dunque inteso alla luce di questa barzelletta:

«Io e mio fratello sappiamo tutto»

«Allora, dimmi, quanto è distante la luna?»

«Per questo, bisogna chiedere a mio fratello»

 

B

Citazioni dal manifesto per la costruzione di un'egemonia permanente dell'America, prodotto dall'ambiente di Cheney, Perle, Rumsfeld, Wolfowitz, ecc.: REBUILDING AMERICA'S DEFENSES. Strategy, Forces and Resources For a New Century. A Report of The Project for the New American Century. September 2000.4[3] I sottolineati, spaziati e corsivi (a parte le

2[1] Traduzione inglese aggiornata in Jens Høyrup, In Measure, Number, and Weight. Studies in Mathematics and Culture. New York: State University of New York Press, 1994

3[2] Bernhelm Booß-Bavnbek & Jens Høyrup (eds), Mathematics and War. Basel & Boston: Birkhäuser, in corso di pubblicazione (2003). Vedere anche Bernhelm Booß-Bavnbek & Jens Høyrup, “Mathematics and War”. European Mathematical Society. Newsletter, Issue 46 (December 2002), 20–22.

4[3] Il testo completo forse si trova ancora a:

parole transition e transformation alla pagina 59) sono aggiunti; i grassi appartengono all'originale.

Pp. 12f:

[...] effective ballistic missile defenses will be the central element in the exercise of American power and the projection of U.S. military forces abroad. Without it, weak states operating small arsenals of crude ballistic missiles, armed with basic nuclear warheads or other weapons of mass destruction, will be a in a strong position to deter the United States from using conventional force, no matter the technological or other advantages we may enjoy. Even if such enemies are merely able to threaten American allies rather than the United States homeland itself, America's ability to project power will be deeply compromised.

[...] the first task in transforming U.S. military to meet the technological and strategic realities of a new century is to create such a system.

Creating a system of global missile defenses is but the first task of transformation; the need to reshape U.S. conventional forces is almost as pressing.

For, although American armed forces possess capabilities and enjoy advantages that far surpass those of even our richest and closest allies, let alone our declared and potential enemies, the combination of technological and strategic change that marks the new century places these advantages at risk. Today's U.S. conventional forces are masters of a mature paradigm of warfare, marked by the dominance of armored vehicles, aircraft carriers and, especially, manned tactical aircraft, that is beginning to be overtaken by a new paradigm, marked by long-range precision strikes and the proliferation of missile technologies.

[...] If the United States is to retain the technological and tactical advantages it now enjoys in large-scale conventional conflicts, the effort at transformation must be considered as pressing a mission as preparing for today's potential theater wars or constabulary missions – indeed, it must receive a significant, separate allocation of forces and budgetary resources over the next two decades.

[...].

Inevitably, new technologies may create the need for entirely new military organizations; this report will argue below that the emergence of space as a key theater of war suggests forcefully that, in time, it may be wise to create a separate “space service.” [...]

http://www.newamericancentury.org/RebuildingAmericasDefenses.pdf .

Se è stato tolto da questo sito perché ha provocato troppa attenzione e troppi paragoni con Mein Kampf, probabilmente ad altri indirizzi.Per esempio,

http://www.informationclearinghouse.info/pdf/RebuildingAmericasDefenses.pdf .

Vedere anche l'analisi in

http://informationclearinghouse.literati.org/article3249.htm .

Thus, it can be foreseen that the process of transformation will in fact be a two-stage process: first of transition, then of more thoroughgoing transformation. The breakpoint will come when a preponderance of new weapons systems begins to enter service, perhaps when, for example, unmanned aerial vehicles begin to be as numerous as manned aircraft.

P. 30:

The past decade has been the best of times and worst of times for the U.S. Air Force. From the Gulf War to Operation Allied Force over Kosovo, the increasing sophistication of American air power – with its stealth aircraft; precision-guided munitions; all-weather and all-hours capabilities; and the professionalism of pilots, planners and support crews – has allowed the Air Force to boast legitimately of its “global reach, global power.” On short notice, Air Force aircraft can attack virtually any target on earth with great accuracy and virtual impunity. American air power has become a metaphor for as well as the literal manifestation of American military preeminence.

[...] today's Air Force is increasingly shaped to continue monotonous no-fly-zone operations, conduct periodic punitive strikes, or to execute measured, low-risk, no-fault air campaigns like Allied Force.

P. 31:

Although air power remains the most flexible and responsive element of U.S. military power, the Air Force needs to be restructured, repositioned, revitalized and enlarged to assure continued “global reach, global power.” In particular, the Air Force should:

– Be redeployed to reflect the shifts in international politics. Independent, expeditionary air wings containing a broad mix of aircraft, including electronic warfare, airborne command and control, and other support aircraft, should be based in Italy, Southeastern Europe, central and perhaps eastern Turkey, the Persian Gulf, and Southeast Asia.

– Realign the remaining Air Force units in Europe, Asia and the United States to optimize their capabilities to conduct multiple large-scale air campaigns.

– Make selected investments in current generations of combat and support aircraft to sustain the F-15 and F-16 fleets for longer service life, purchase additional sets of avionics for specialmission fighters, increase planned fleets of AWACS, JSTARS and other electronic support planes, and expand stocks of precision-guided munitions.

– Develop plans to increase electronic warfare support fleets, such as by creating “Wild Weasel” and jammer aircraft based upon the F-15E airframe.

Pp. 59f

[...] it will be necessary to undertake a two-stage process of transition – whereby today's “legacy” forces are modified and selectively modernized with new systems readily available – and true transformation – when the results of vigorous experimentation introduce radically new weapons, concepts of operation, and organization to the armed services.

This two-stage process is likely to take several decades. Yet, although the precise shape and direction of the transformation of U.S. armed forces remains a matter for rigorous experimentation and analysis (and will be discussed in more detail below in the section on the armed services), it is possible to foresee the general characteristics of the current revolution in military affairs.

Broadly speaking, these cover several principal areas of capabilities:

– Improved situational awareness and sharing of information,

– Range and endurance of platforms and weapons,

– Precision and miniaturization,

– Speed and stealth,

– Automation and simulation.

These characteristics will be combined in various ways to produce new military capabilities. New classes of sensors – commercial and military; on land, on and under sea, in the air and in space – will be linked together in dense networks that can be rapidly configured and reconfigured to provide future commanders with an unprecedented understanding of the battlefield. Communications networks will be equally if not more ubiquitous and dense, capable of carrying vast amounts of information securely to provide widely dispersed and diverse units with a common picture of the battlefield. Conversely, stealth techniques will be applied more broadly, creating “hider-finder” games of cat-and-mouse between sophisticated military forces. The proliferation of ballistic and cruise missiles and long-range unmanned aerial vehicles (UAVs) will make it much easier to project military power around the globe.

Munitions themselves will become increasingly accurate, while new methods of attack – electronic, “nonlethal,” biological – will be more widely available. Low-cost, long-endurance UAVs, and even unattended “missiles in a box” will allow not only for long-range power projection but for sustained power projection.

Simulation technologies will vastly improve military training and mission planning.

Although it may take several decades for the process of transformation to unfold, in time, the art of warfare on air, land, and sea will be vastly different than it is today, and “combat” likely will take place in new dimensions: in space, “cyber-space,” and perhaps the world of microbes. Air warfare may no longer be fought by pilots manning tactical fighter aircraft sweeping the skies of opposing fighters, but a regime dominated by long-range, stealthy unmanned craft. On land, the clash of massive, combined-arms armored forces may be replaced by the dashes of much lighter, stealthier and information-intensive forces, augmented by fleets of robots, some small enough to fit in soldiers' pockets. Control of the sea could be largely determined not by fleets of surface combatants and aircraft carriers, but from land- and space-based systems, forcing navies to maneuver and fight underwater.

Space itself will become a theater of war, as nations gain access to space capabilities and come to rely on them; further, the distinction between military and commercial space systems – combatants and noncombatants – will become blurred. Information systems will become an important focus of attack, particularly for U.S. enemies seeking to short-circuit sophisticated American forces.

And advanced forms of biological warfare that can “target” specific genotypes may transform biological warfare from the realm of terror to a politically useful tool.

This is merely a glimpse of the possibilities inherent in the process of transformation, not a precise prediction.

Questa dottrina è stata alla base della guerra appena (o forse non ancora) finita. Poiché tutti i passi in corsivo hanno a che fare con nuovi usi della matematica – come lo hanno anche, se meno direttamente, quelli spaziati, legati alla genetica e alla possibilità di usarla per guerra batteriologica – non sembra possibile pretendere che la guerra sia tanto più importante della matematica. Lasciare fuori la matematica da un discorso sulla guerra, vuol dire non capire il carattere attuale di essa.

 

Ma capire il nuovo vuol dire capire la differenza col passato. Perciò sarà utile analizzare le varie tappe storiche per strutture paradigmatiche.

I . Antichità pre-classica

Sia nella cultura babilonese che in quella egizia troviamo già il calcolo logistico: di quanto cibo avranno bisogno tanti soldati in tanto tempo, ecc. Esso non differisce da altri calcoli amministrativi, non rappresenta né una matematica differente da quella pre-esistente, né una più raffinata.

Lo stesso vale per il calcolo per le costruzioni militari – fortificazioni ecc. Pertanto matematica-guerra non è un tema interessante nelle culture pre-classiche.

A questa regola c'è una sola eccezione importante: Intorno al 2075 a. C., il re sumero Šulgi promulgava una riforma militare, decretando (così sembra) uno stato di emergenza, e l'anno dopo una conseguente riforma amministrativa. La stragrande parte della popolazione lavorativa veniva inserita in truppe di lavoro, sotto il controllo di scribi-capisquadra, responsabili del lavoro del gruppo calcolato in unità di 12 minuti secondo norme fisse (tanti cubi di terra scavati o portati a una certa distanza in un giorno, tanti mattoni prodotti in un giorno, ecc., da un lavoratore, da una lavoratrice, da un bambino). Per questo c'era bisogno di un numero immenso di moltiplicazioni e divisioni, e per questo fu implementato il sistema di numerazione di posizione – già «nell'aria» da secoli ma non funzionale senza la presenza di tabelle di moltiplicazione e di conversione metrologica e senza che il loro uso fosse stato impiegato nella scuola. Solo lo sforzo sociale per la guerra ha reso possibile (in un processo quasi istantaneo) l'introduzione di questo sistema ancora attuale. Ma non c'è niente di specificamente militare nell'invenzione stessa.

II . Antichità classica

Poiché il ceto degli «scribi» era culturalmente muto, non abbiamo evidenza diretta dell’uso della matematica nella logistica e nelle costruzioni di fortificazioni, ma possiamo essere sicuri che tale uso esistesse con le stesse caratteristiche.

Nuovo è invece un fenomeno dell'ellenismo, legato ad Alessandria e simboleggiato dai nomi di Archimede e Erone: l'integrazione della matematica teorica (anche se soltanto del livello basso di essa) con le tradizioni di pratica geometrica e meccanica e con la sperimen-tazione sistematica nella costruzione di macchine di guerra, nuove o più efficaci di quelle esistenti. Possiamo parlare di un sapere di ingegneria creativa. Come nel caso del sistema di posizione, sembra che questa integrazione si realizzasse prevalentemente lì dove l'urgenza militare si imponeva.

III . Medioevo bizantino e latino

Nella guerra feudale c'era spesso meno calcolo logistico che nella guerra di fanteria ampia e «fortificata» dell'antichità – di solito era possibile nutrirsi «dal territorio». Sia bizantini che latini usavano il sapere degli ingegneri antichi, ma senza un'integrazione attiva con il sapere teorico-matematico. Possiamo parlare di un sapere di ingegneria di tradizione, di un sapere integrato ritornato alla pratica pura.

IV . Medioevo arabo

Poiché il sapere pratico era meno isolato dal sapere teorico che nell'antichità greca (primo ellenismo a parte) e che nel medioevo latino, la situazione probabilmente non era molto distinta da quella d'Alessandria.

Una cosa è da notare, anche se non riguarda direttamente il nostro tema: i navigatori sull'Oceano Indiano hanno prodotto verso il 1500 un'integrazione raffinata tra sapere geografico e astronomico-teorico e pratica marittima; ma questa integrazione (un caso di ingegneria creativa) non era legata alla guerra ma al commercio.

V . Il Rinascimento

Tre cose sono importanti:

– Nell'artiglieria, l'introduzione di tabelle empiriche – una tecnica usata prima nelle matematiche pratiche e nell'astronomia, e più tardi (Tartaglia ecc.) nei modelli semi-teorici (o finto-teorici).

– Il calcolo matematico delle nuove fortificazioni più adatte a resistere all'artiglieria, a partire dall'ultimo Quattrocento.

– La continuazione dell'integrazione araba tra navigazione e matematica (forse vera continuazione, forse sviluppo parallelo – probabilmente una combinazione), ma ora come sapere legato all'espansione militare; quelli che hanno fatto lo sforzo più sistema-tico sono stati i Portoghesi, sebbene non abbiano progredito di molto – forse perché un sapere visto come segreto militare non può integrarsi facilmente con il sapere dei non-iniziati (i matematici oggi detti «embedded» non sono sempre i più dotati). Solo Pedro Nunez (che pubblicava e corrispondeva con Mercator e Dee) ha fatto scoperte notevoli.

VI . Sei- e Settecento

Ciò che era cominciato nel Cinquecento si sviluppa pienamente nei due secoli succes-sivi, ma con due cambiamenti.

La nuova scienza viene applicata alla balistica e alla navigazione. In entrambi i casi, però, ciò che veniva applicato era già stato sviluppato per altri scopi:

– La teoria di Galileo sul «moto locale» si inseriva nella discussione di filosofia naturale; Galileo spiega nei Discorsi che la resistenza dell'aria è troppo importante per permettere l'applicazione pratica della sua nuova teoria nella balistica.

– L'invenzione dei logaritmi (tanto da parte di Bürgi quanto di Napier) era ispirata dal tedio di calcolare le tabelle trigonometriche per uso astronomico.

L'importanza della matematica per gli ufficiali di marina militare e di artiglieria richiedeva un'educazione matematica specifica; così, nel Settecento, il gruppo più importante che van-tasse un sapere matematico almeno di base era quello degli ufficiali militari.

VII . Verso il mondo moderno, 1789–1914 .

L’Ottocento si considerava il «secolo della grande industria» e nei suoi ultimi decenni anche il «secolo dell'imperialismo»; dal punto di vista della storia della tecnologia, come si scrive oggi, è anche il secolo «dell'ingegnere moderno». L'Ottocento deve dunque essere essenziale per nostro argomento – o così sembra.

«L'ingegnere moderno» è quello educato per usare nella pratica la scienza del suo tempo; questa figura nasce con l'École Polytechnique, che dalla sua creazione nel 1794 fino al 1830 fu una scuola quasi esclusivamente matematica, e dal 1804 ad oggi una scuola legata all’istituzione militare.

In realtà, la scuola contribuisce molto alla creazione della fisica matematica e agli approcci nuovi ai problemi di costruzione (e di idrodinamica, ecc.). Ma nell'area militare non produce innovazioni fondamentali. Una sorta di ingegneria che contribuisce molto di più a cambiare la guerra è la pianificazione di stato-maggiore; ma questa è un'ingegneria non matematizzata (a parte la logistica di sempre, promossa al rango di «scienza» proprio nell'Ottocento).

Di notevole importanza per il futuro sono i primi passi della «rivoluzione scientifico-tecnologica»: la creazione del sapere teorico in un contesto che permette il suo uso diretto per scopi tecnici pre-definiti.

Il prototipo di questa rivoluzione è il laboratorio di Justus Liebig di Giessen, negli anni 40 il punto focale per lo sviluppo dell'agro-chimica e della chimica organica dei coloranti. Più matematizzata era l'elettrotecnica di Helmholtz, Siemens ed altri, più militare era la metal-lurgia di Krupp.

All'Ottocento appartiene anche la prima guerra in cui sono state usate armi create per e durante la guerra, cioè la Guerra Civile americana. Così il concetto di strategia (la preparazione dei mezzi che sono a disposizione della tattica) acquista un nuovo valore e una nuova importanza. Ma la nuova tecnica militare di questa guerra è senza matematica, senza la scienza avanzata dell'epoca (non ancora ammaestrata dagli inventori americani).

Inoltre, la Guerra Civile americana costituì un fatto isolato: le altre guerre simmetriche dell'Ottocento duravano troppo poco per permettere la creazione di tecnologie non già esistenti prima della guerra, in quelle asimmetriche (coloniali) non vi era né il bisogno né

l'occasione. Lo sviluppo della tecnologia militare non si faceva infatti sotto la pressione di guerre già in corso.

Riassumendo: nel Novecento nascono molti elementi che più tardi, interagendo tra loro, vanno a dare un nuovo carattere al complesso matematica-guerra; ma per il momento restano isolati tra loro. Il ruolo della matematica nella guerra era ancora quello di sempre: ciò che serviva era la matematica già esistente, una matematica elementare se paragonata alla ricerca recente dell'epoca; la matematica come impresa generale, nella misura in cui era legata alla pratica sociale, era legata all'insieme di essa, non particolarmente alla guerra.

VIII . Prova generale, 1914–1939

L'interazione fra gli elementi finora isolati tra loro avvenne nella Grande Guerra.

Tante nuove armi venivano create o perfezionate durante la guerra – aerei, sottomarini, il sonar per combattere questi, armi chimiche. Dopo qualche esitazione da parte degli apparati militari, tanti scienziati venivano impiegati nel tentativo di fornire uno sviluppo militare, anche se non per fare scienza ma come ingegneri creativi di più alto livello.

I matematici lavoravano nei campi dell'idrodinamica e nello sviluppo del sonar, e lo facevano con tanto successo che Émile Picard, anche se decisamente sciovinista, aveva paura dopo la guerra (paura espressa nel discorso inaugurale del Congresso dei Matematici a Strasburgo nel 1920) che la giovane generazione di matematici scegliesse soltanto la matematica applicata.

In realtà, questo non accadde; già nel congresso di Toronto nel 1924 appariva ovvio che la matematica teorica e quella applicata dovevano intendersi come alleati. Nei fatti, la teoria signoreggiava l'alleanza, poiché tutto l'apparato della scienza sistematicamente applicata veniva smantellato dopo la guerra.

Possiamo nondimeno elencare delle interazioni fra matematica e sviluppo militare negli anni Venti e Trenta:

– Certi matematici lavoravano nell'idrodinamica applicata all'aviazione.

– A partire dal 1929, la Polonia avviava un programma di decodificazione dove lavoravano matematici (negli altri paesi si credeva ancora che i filologi fossero più adatti a tali compiti).

– Negli anni Trenta, la Germania e l'Unione Sovietica riprendevano l'uso sistematico di scienziati come ingegneri di alto livello. In Germania lavoravano direttamente allo sviluppo militare; nell'Unione Sovietica la scienza veniva vista dapprima come forza produttiva generale, ma gli insuccessi degli aerei sovietici nella Guerra di Spagna causò un riesame della strategia (troppo tardiva per avere ottenuto risultati nel 1941). È emblematica questa piccola storia: nel 1935, il matematico tedesco Adolf Busemann spiegava nel Quinto Convegno Volta a Roma l'utilità di un'ala retroflessa («swept wing») nel volo supersonico, senza che nessuno da parte dei futuri alleati se ne fosse accorto;

l'anno dopo, il risultato di Busemann fu dichiarato segreto militare dai Nazisti e riscoperto (nei lavori di Busemann) dagli Alleati soltanto dopo il 1945.

– Tutte le Grandi Potenze lavoravano negli ultimi anni Trenta sullo sviluppo del radar – che si considerava un lavoro per ingegneri, ma che era in realtà una applicazione della matematica.

IX . Una guerra troppo terribile per essere «Grande», 1939–1945

Anche nella Seconda Guerra mondiale molti scienziati erano ancora impiegati come ingegneri di alto livello, fra di loro anche non pochi matematici.

Altri matematici, ancora più numerosi, avevano oneri più tradizionali e umili: insegnare la matematica di base ai navigatori marini e aerei. Per questi è illuminante ciò che scriveva Marston Morse nel 1943 in un articolo su «Mathematics and the Maximum Scientific Effort in Total War»:5[4]

La «machine nature of modern warfare» non solo «places engineering skill at a premium»; chiede anche, essendo «a war of invention», «a new and more mathematical use of machines».

Ancora, «the problem of navigating a plane among the islands of the Pacific is very difficult. It is possible to loose as many men by faulty navigation as through enemy fire. It is clear that we must have tens of thousands of navigators. Are our students ready for this task?»

C'era dunque bisogno di giovani capaci di «swift, accurate mathematical computation» e «solution of problems of elementary algebra, plane geometry and plane trigonometry», a conoscenza di «fundamental mechanical physics» e in possesso di «good health and hard physical condition».

Ma in questa guerra, non pochi progetti erano così nuovi da richiedere una vera ricerca; di questo tipo di lavoro matematico (di cui era coordinatore!) Morse non poteva parlare nel 1943.

– Più famoso di tutti è il «Manhattan Project», il progetto che aveva messo a punto la bomba atomica.

– Globalmente, si parla spesso ma in modo generico della creazione dei computer, da parte americana, inglese e tedesca.

Fra i matematici sono ben conosciuti:

– La creazione di nuovi strumenti di statistica matematica, per esempio l'analisi di sequenza;

5[4] Scientific Monthly 56 (1943), 50–55.

– il lavoro di Turing sulla decodificazione (ci sono paralleli meno conosciuti e meno riusciti in altri paesi);

– la creazione dell'analisi operativa.

Per ciò che riguarda il ruolo della matematica in questi progetti, è una regola quasi senza eccezioni che si usavano idee «già nell'aria» o teorie già esistenti; in molti casi (per esempio, per i computer), funzionavano già prima della guerra prototipi che corrispondevano alle tecnologie realizzate durante la guerra. Ci troviamo dunque di fronte a una ripetizione della creazione sumerica del sistema di posizione: le idee erano lì, ma soltanto la guerra ha messo a disposizione risorse abbastanza grandi per svilupparle o sfruttarle e per mettere in opera le tecnologie che ne conseguivano.

Spesso, quelli che misero in opera queste idee già nell'aria hanno concepito durante la guerra altre idee che andavano oltre ciò che poteva realizzarsi durante la guerra – per esempio, il computer a programma memorizzato. Le risorse quasi illimitate furono a disposizione soltanto a condizione che i risultati avessero la possibilità di diventare utili alla guerra: «meglio una risposta utile adesso che quella ottimale due anni dopo la vittoria (nostra, o del nemico)»; così, nel 1940, «a guerra già praticamente vinta», i tedeschi inter-ruppero lo sviluppo del radar.

Nel 1944, troppo tardi per diventare efficiente durante la Seconda Guerra, fu creato in Germania il «Matematisches Forschungsinstitut Oberwolfach». Ai matematici tedeschi non piace tanto saperlo, ma esso era una struttura molto ben pensata, che mirava a fare di tutta l'impresa matematica tedesca un'impresa «utile»:

Il nucleo era costituito da un piccolo gruppo di matematici che fossero ben a conoscenza dei problemi che si presentavano ai militari, e dunque in grado di localizzare problemi matematicamente risolvibili.

Intorno al nucleo, altri matematici, ancora competenti e che conoscevano bene tutto l'ambiente matematico, dovevano tradurre questi problemi in problemi matematici e distribuirli in questa forma a matematici adatti (che non avevano bisogno di capire il problema militare che stava alla base, forse neanche di conoscerlo). Dopo, a risultato ottenuto, la stessa catena doveva funzionare all'incontrario.

Negli Stati Uniti, una struttura simile, anche se un po’ improvvisata, funzionava già intor-no a Marston Morse durante la guerra. Nel dopoguerra, una struttura non improvvisata e del tutto analoga si trova nel «Wisconsin Army Mathematics Research Center» (ufficialmente «Mathematics Research Center – United States Army of the University of Wisconsin»).

Il vantaggio della struttura è che permette alla macchina militare di sfruttare le competenze di molti matematici senza avere bisogno di «portarseli a letto», con tutto ciò che questo comporta – contratto, necessità di consenso e subordinazione, ecc.

X . I primi decenni del dopoguerra

Poiché la guerra fredda era già in corso prima dell'agosto 1945, e con questa la corsa agli armamenti e la competizione economica e tecnologica, l'apparato di ricerca legato allo sviluppo della tecnologia militare non venne smantellato. Ma la nuova competizione era di lungo respiro e di conseguenza la sua funzione cambiava.

Fondamentale è stato il trasferimento di molte delle nuove tecnologie matematiche al settore civile. I primi computer a programma memorizzato furono troppo costosi e troppo legati a scopi militari predefiniti per mostrare le potenzialità della tecnologia; soltanto la creazione del primo “general purpose computer” (il «701» dell'IBM dal 1953) inaugurava «l'era del computer». Lo stesso vale, mutatis mutandis, per l’analisi operativa ecc.: solo l'uso delle nuove tecnologie su vasta scala permetteva la competizione (tanto economica quanto intellettuale) e la riduzione dei costi, e dunque il progresso continuo.

Successivamente, le tecnologie – adesso molto più efficienti – ritornavano al settore militare; ciò che già nel 1956 ispirò Eisenhower a parlare di (e mettere in guardia contro) «the military-industrial complex» – spesso anche chiamato «complesso militare-industriale-scien-tifico». E così, avanti e indietro, avanti e indietro, ... . Poiché le stesse «great corporations» furono (e rimangono) spesso attive nei due settori, il passaggio era facile negli Stati Uniti. (L’Unione Sovietica, avendo separato il settore militare da quello civile, aveva molte più difficoltà).

Dal punto di vista della matematica, il maturarsi di molte tecnologie (computer, analisi operativa, ...) corrispondeva alla formazione di nuove discipline matematiche, talvolta al punto che queste venivano viste come scienze indipendenti, non più come rami della matematica.

XI . Una nuova fase della rivoluzione scientifico-tecnologica

L’integrazione degli scienziati nell'apparato militare a partire dalla prima guerra mondiale è un'espressione della maturazione della rivoluzione scientifico-tecnologica e corrisponde all'integrazione del sapere scientifico nel complesso tecnologico. Con poche eccezioni, questa integrazione s'esprimeva dapprima nella progettazione scientificamente (spesso matematicamente) calcolata dei vari elementi  – per esempio, il disegno delle ali retroflesse di un aereo supersonico.

Gradualmente, e con gran forza a partire dagli anni Settanta, si vede una nuova forma di integrazione, una «integrazione a doppio livello», con l'uso di servomeccanismi, servosistemi e «sistemi intelligenti».

Negli elementi stessi di un tale sistema tecnologico vengono integrati sensori e componenti di calcolo (analogico o digitale) che permettono all'intero sistema di adattare in tempo reale il suo comportamento a condizioni mutabili o incerte. Un esempio elementare di questo è l'aggiustamento di ali a geometria variabile rispetto alla velocità dell'aereo e ad altri parametri; l'integrazione di tutti i partecipanti di un attacco aereo, dai satelliti e gli AWACS ai bombardieri e ai missili «intelligenti» tramite «dense networks that can be rapidly configured and reconfigured», ci offre un caso ben più complesso. Il «nuovo paradigma» di Rumsfeld, Cheney ecc. «marked by long-range precision strikes and the proliferation of missile

technologies» corrisponde a questa nuova fase della rivoluzione scientifico-tecnologica e a questo livello di complessità.

La richiesta che l'acquisto e l'elaborazione di dati complessi, aleatoriamente incompleti, accadano in tempo reale implica l'uso di metodi matematici avanzati – in parte inventati direttamente per questi scopi, in parte già sviluppati per usi civili.

Si sa che le armi delle guerre recenti, «intelligenti» o no, non sono sempre tanti intelligenti. Nella guerra del Golfo si faceva uso sistematico di bombardamenti a tappeto, causando probabilmente fra 100000 e 300000 vittime immediate irachene. In Kosovo, troppo vicino all'Europa, i bombardamenti a tappeto erano esclusi. Perciò risultava impossibile distruggere i carri armati e le forze armate serbi – e invece le forze NATO hanno scelto il terrore, distruggendo le infrastrutture civili col pretesto che tutte le infrastrutture potessero servire a scopo militare. Nell'ultima guerra abbiamo visto missili Tomahawk guidati da satelliti cadere in Turchia, in Siria e in Iran; in effetti era una guerra asimmetrica, vinta dagli USA (almeno fino a ora) non tanto per raffinatezza matematica quanto per la forza sconvolgente (se è vero che gran parte dei Tomahawk colpiscono a pochi metri della meta scelta – ma persino le armi intelligenti dipendono dall'intelligenza dell'«intelligence»).

Comunque, la retorica che ha circondato queste tre guerre dimostra che la matematica possiede un'altra funzione, cioè una funzione ideologica o di propaganda – una funzione di calmante per l'opinione pubblica. Per il momento, le guerre di tipo coloniale sono accettabili soltanto a due condizioni:

In primo luogo, devono essere di tipo «zero-death» per i propri soldati; per questo facevano scandalo le migliaia di sacchi di plastica per i caduti previsti nella guerra del Golfo; per questo si è fatto tanto in quest'ultima guerra per spiegare o fingere che i morti anglo-americani fossero vittime di «fuoco amico» o di incidenti e non delle armi irachene.

In secondo luogo, devono apparire pulite e precise come videogiochi – razionali come pretende di essere ogni attività matematicamente calcolata. La matematica non compare in questa retorica di precisione e razionalità – le parole mathematics e mathematical non si trovano nelle 80 pagine del Rebuilding America's Defenses. Ma, come abbiamo visto, è indirettamente onnipresente come condizione per il «nuovo paradigma».

«Tenente, questo è ancora un videogioco?»; «Ma ovvio!»; «Allora, perché questo sangue?».El Pais, 29.3.2003, Cataluña p. 3.

   

 

autore Peter PesicImre Toth  

titolo Matematica ed emozioni

editoreDi Renzo Editore

collana I Dialoghi

anno 2004

  pp. 72

 Una vita movimentata, segnata dagli eventi politici del suo tempo e da una grande passione: la matematica.Le vicende di ebreo e di comunista durante la seconda guerra mondiale, la prigionia, la salvezza, i lutti si accompagnano alla passione per Cusano e per i grandi matematici in un testo per nulla tecnico, che trasforma anche la più scientifica delle materie in un momento di intensa spiritualità.Imre Toth, matematico nato in Romania, si è interessato principalmente al rapporto tra la creazione matematica e la speculazione filosofica, occupandosi in particolare di geometria non euclidea e dei paradossi di Zenone. Ha insegnato Filosofia e Storia della Matematica all’Università di Bucarest, ed è stato professore ospite in importanti università europee e d’oltreoceano, tra cui quelle di Francoforte, Regensburg, Princeton e all’École Normale Supériere di Parigi, dove vive.

recension maecla.it, lunedì 6 settembre 2004, Bibliografica matematica di Ivana

i Niccolai

Claudio Rosanova, che ringrazio, segnala tale testo e precisa quanto segue: «Leggendo le prime quaranta pagine del libro si può essere assaliti da un dubbio: "L' autobiografia di Roth (poi cambiato in Toth) perché è stata segnalata in questa bibliografia matematica?". Continuando a leggere, ci si imbatte finalmente nel rapporto dell'autore con la matematica e si comprende il filo invisibile che collega i vari capitoli.La lettura dell'avventurosa vita dell'autore, un ebreo comunista più volte scampato alla morte, è a mio avviso necessaria, oltre che avvincente e densa di acute osservazioni, per meglio comprendere il legame e la sua passione con la matematica. Spiritualità, filosofia, religione e riferimenti storici rendono meno tecnica la trattazione; Toth ci trasmette il suo pensiero con arguzia, sagacia e competenza, immergendoci in un virtuale salotto, davanti al camino e trasportandoci piacevolmente nei meandri della sua tumultuosa esistenza terrena. Un libro che consiglio di leggere tutto di un fiato.»

  Almanacco della Scienza, n.13 del 7 luglio 2004, in libreria - Una vita tra numeri e avventura di Alessandro Sandorfi

Un libricino piccolo. Poche pagine ricche di emozioni, proprio come recita il titolo: “Matematica ed emozioni” [Di Renzo Editore, Roma]. Una vita drammatica quella di Imre Toth, autore del libro. “Un evento poliziesco dietro l’altro […] Prima devo fuggire, scappo, non so se mi salvo. Poi mi imprigionano, mi condannano, riesco ad evadere, mi nascondo, mi trovano; scappo di nuovo, quando mi trovano, mi mettono sul treno per Aushwitz e mi salvo”. Una burrascosa militanza nel partito comunista ungherese, la distanza dopo i fatti d’Ungheria del ’56, l’insegnamento della filosofia, la Francia e l’amore per la matematica. Passione unica e grande. Le pagine cui Toth affida il racconto del suo percorso intellettuale sono davvero ricche di passione: la matematica come événement de l’esprit, come unica espressione di libertà. Una libertà, che da Aristotele a Cusano è manifestazione di due mondi e prerogativa divina, veicolata da “un atto di cui solo l’essere umano è capace: la negazione”.

  Il Sole-24 ore, domenica 27giugno 2004, pag. 36 - Imre Toth, Enriques e i totalitarismi del ‘900 di Umberto Bottazzini

« La matematica è l’espressione di una libertà umana che si manifesta nella creazione di mondi, che è una prerogativa divina, e questa creazione è veicolata da un atto di cui solo l’essere umano è capace: la negazione». Si tratta di un punto centrale nella concezione della matematica che Imre Toth sostiene, avendo in mente soprattutto il tema dominante della sua ricerca nel corso di tanti anni: la natura e lo statuto ontologico delle geometrie non euclidee. Nella filosofia europea la negazione ha un ruolo fondamentale, aggiunge Toth ricordando che secondo Nicola Cusano si tratta di un «atto dello spirito che è la più alta espressione della libertà». Cusano come Giordano Bruno, Plotino come

Spinosa e gli altri grandi mistici che hanno avuto una funzione decisiva nella sua formazione. Le pagine cui Toth affida il racconto del suo percorso intellettuale, Matematica ed emozioni[Di Renzo Editore, Roma], sono davvero emozionanti. Come emozionanti e avventurose sono state le sue vicende nella Seconda guerra mondiale, segnate dalla persecuzione degli ebrei. «La mia vita è stata drammatica» scrive Toth. Sembra la sequenza di un film. «Prima devo fuggire, scappo, non so se mi salvo; poi m’imprigionano, mi condannano, riesco a evadere, mi nascondo, mi trovano; scappo di nuovo, mi mettono sul treno per Auschwitz e mi salvo. Si dice che per vivere occorra un miracolo: per me, non uno è stato necessario, bensì una catena di miracoli». Nel dopoguerra la burrascosa militanza nel partito comunista ungherese, i “fatti d’Ungheria”, e infine l’insegnamento della filosofia della matematica prima in Germania, e poi in Francia. La matematica rappresenta per Toth «un événement de l’esprit, immerso nel quadro etico-politico della presa di coscienza della libertà». Lo spirito possiede una propria autonomia e leggi proprie. «La matematica appartiene a questo spirito e lo sviluppo della matematica non è che un movimento proprio dello spirito». [...]

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