La mafia è viva. intervista a Peppino Di Lello - Il Venerdì di Repubblica 12.02.2016

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art 12-FEB-2016 da pag. 40 Settimanale Direttore: Attilio Giordano nazionale Lettori Audipress 12/2015: 298.667 VENERDI DI REPUBBLICA 25 ilvenerdi diRepaNilir:a !TALIA 0 GRANDI SPERANZE 10,LA EIMIEI COIJ.EGIIl dul nos t ru i nv1uto Piero Melati A trent'anni dal Maxiprocesso uno dei quattro giudici del pool di Falcone, Giuseppe Di Lelo, ricorda quei tempi e Ii paragona a oggi. Con una domanda. Ma Gosa Nostra c'e ancora? ALERMO. Benvenuti nella guerra civile italiana. Iniziata nel dopoguerra, fini ta ieri l 'al- tro, le cui tossine ancora ci awelenano. n campo di battaglia fu la Sicilia. Trent' anni fa, questa guerra che si chiamo «lotta alla mafia» edifice la sua Piramide: ii Maxiprocesso a Cosa Nostra, aperto ii 10 febbraio dell'86 in mondovi- sione.All'improvviso sfilo nei telegiomali de! pianeta una galleria di personaggi usciti da vecchie pellicole noir hollywoo- diane. Quella fu la prima vol ta che la mafia venne condannata fino in Cassazione. Si disse cosi add.io all'impunita. Tutto era iniziato nei Sessanta, quando i primi libri sulla OnorataSocietiJ. (Panta- leone, Sciascia) avevano fatto ii paio con le prime inchieste giornalistiche (Cbilanti e Farinella su L'Ora), stanando tra fi.chidin- dia e coppole quelle facce cattive cbe mor- devano sigari come Gamhadilegno. r:epo- pea nera delle coscbe, in tan to, aveva ipno- tizzato l'immaginario collettivo, grazie al film di Coppola, 11 Padrino: Marlon Bran- do aveva portato in tutte le case il vol toe la parlata di don Vito Corleone, rendendo ii fenomeno a tutti familiare. Poi, dopo il Processone, con le stragi del '92, un'epoca si chiuse. D sipario scese quando il capo del pool antimafi.a,Antoni- no Caponnetto, dopo ii massacrn di via D'Amelio, alzo le braccia davanti alle tele- camereesi arreseal dolore: «E tutto finito ». Dopo la morte di Falcone e Borsellino vennero catturati i grandi e protetti lati- tanti (Riina e Provenzano in testa) e la Casa ostra stragista si autodistrusse tra troppi enigmi e misteri . Da allora e inizia- ta unaaltalenainfinita di processi aimpu - tati ritenuti pill «raffinatdei vari capi- clan (Andreotti,Contrada,Cuffaro,Dell'U- tri , Mannino, Mori) con dibattimenti e sentenze sempre oscillanti tra condanne e assoluzioni. Fino ai veleni sulla «trattati- va» Stato-mafia e alla scoperta del depi- staggio nell'inchiesta Borsellino. a A SINISTRA, GIUSEPPE DI LELLO, UNO DEi QUATTRO GIUOICI DEL POOL ANTI MAFIA DI P ALERMO CHE ISTRUI IL MAXIPROCESSO (A OESTRA UN' UOIE NZA NE LL' AULA BU KER ). sono, MARLON BRANDO N EL FILM IL PADRI NO TRATIO DA MARIO PUZO

Transcript of La mafia è viva. intervista a Peppino Di Lello - Il Venerdì di Repubblica 12.02.2016

art

12-FEB-2016 da pag. 40

Settimanale Direttore: Attilio Giordano nazionale Lettori Audipress 12/2015: 298.667

VENERDI DI REPUBBLICA 25

ilvenerdi diRepaNilir:a

!TALIA 0 GRANDI SPERANZE

10,LA EIMIEI COIJ.EGIIl dul nos t ru i nv1uto

Piero Melati

A trent'anni dal Maxiprocesso uno dei quattro giudici del pool di Falcone, Giuseppe Di Lelo, ricorda quei tempi e Ii paragona a oggi. Con una domanda. Ma Gosa Nostra c'e ancora?

ALERMO. Benvenuti nella guerra civile italiana. Iniziata nel dopoguerra, fini ta ieri l 'al­tro, le cui tossine ancora ci

awelenano. n campo di battaglia fu la Sicilia. Trent' anni fa, questa guerra che si chiamo «lotta alla mafia» edifice la sua Piramide: ii Maxiprocesso a Cosa Nostra, aperto ii 10 febbraio dell'86 in mondovi­sione.All'improvviso sfilo nei telegiomali de! pianeta una galleria di personaggi usciti da vecchie pellicole noir hollywoo­diane. Quella fu la prima vol ta che la mafia venne condannata fino in Cassazione. Si disse cosi add.io all'impunita.

Tutto era iniziato nei Sessanta, quando i primi libri sulla OnorataSocietiJ. (Panta­leone, Sciascia) avevano fatto ii paio con le prime inchieste giornalistiche (Cbilanti e Farinella su L'Ora), stanando tra fi.chidin­dia e coppole quelle facce cattive cbe mor­devano sigari come Gamhadilegno. r:epo­pea nera delle coscbe, in tan to, aveva ipno­tizzato l'immaginario collettivo, grazie al film di Coppola, 11 Padrino: Marlon Bran­do aveva portato in tutte le case il vol toe la parlata di don Vito Corleone, rendendo ii fenomeno a tutti familiare.

Poi, dopo il Processone, con le stragi del '92, un'epoca si chiuse. D sipario scese quando il capo del pool antimafi.a,Antoni­no Caponnetto, dopo ii massacrn di via D'Amelio, alzo le braccia davanti alle tele­camereesi arreseal dolore: «E tutto finito».

Dopo la morte di Falcone e Borsellino vennero catturati i grandi e protetti lati­tanti (Riina e Provenzano in testa) e la Casa ostra stragista si autodistrusse tra troppi enigmi e misteri. Da allora e inizia­ta unaaltalenainfinita di processi aimpu­tati ritenuti pill «raffinati» dei vari capi­clan (Andreotti,Contrada,Cuffaro,Dell'U­tri, Mannino, Mori) con dibattimenti e sentenze sempre oscillanti tra condanne e assoluzioni. Fino ai veleni sulla «trattati­va» Stato-mafia e alla scoperta del depi­staggio nell'inchiesta Borsellino. ~

a A SINISTRA, GIUSEPPE

DI LELLO, UNO DEi QUATTRO GIUOICI DEL POOL ANTIMAFIA

DI PALERMO CHE ISTRUI IL MAXIPROCESSO (A OESTRA

UN'UOIENZA NELL'AULA BU KER). sono, MARLON

BRANDO NEL FILM IL PADRINO TRATIO DA MARIO PUZO

12-FEB-2016 da pag. 40

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ilvenerdi diRepaNilir:a

12-FEB-2016 da pag. 40

Settimanale Direttore: Attilio Giordano nazionale Lettori Audipress 12/2015: 298.667

VENERDI DI REPUBBLICA 27

I

+ I mille morti di Palermo: in unlibro tutte le cifre del Processone

LE CIFRE DEL MAXIPROCESSO LE HA DATE

ANTONIO CALABRO, GIORNAUSTA E SCRITTORE,

CAPOREDATIORE DEL IW..ERMITANO L'ORA

NEGU ANNI DELLA GUERRA DI MAFIA,

(SUCCESSIVAMENTE AH. MONDO, REPUBBUCA,

DIREITORE EDfTORIALE DEL SOl.E :i/14 ORE,

DIREITORE DI LETTERA RNANZJARIA

E DI APCOM, OGGI CONSIGUEFIE PIREU.I

E RESPONSABILE CULnJRA DI CONRNOUSTRlA)

IN UN UBRO U MILLE MORT1 DI R4LERMO,

MONDADORI, PP.256, E.18,fiq CHEE LA PUNT\JALE

RlcosmlJZIONE, IN OGNI DETTAGLIO, DI UN

PEZZO DI STORIA DEL PAESE. LE UDIENZE DEL

MAXI FURONO 349, 1314 GU INTERROGATORI, 635

LE ARRINGHE DIFENSIVE DA PARTE DI Ol.J'RE 200

AVllOCATI, UNA MARATONA LE REQUSITORIE DEi

PM GIUSEPPE AYALA E DOMENICO SIGNORINO.

LA CORTE, PRESIEDUTA DA ALFONSO GIORDANO,

GIUDICE A LATERE L'ATTUAU: PRESIDENTE DEL

SENATO PIETRO GRASSO, EMISE LA SENTENZA

L'11 NOYEMBRE DELL'87, DOPO 35 GIORNI DI

CAMERA DI CONSIGLIO, LA SEOUTA PIU LUNGA

DELLA STORIA GIUDIZIARIA: 19 ERGASTOU, 3Z1

CONDANNE PEFI 2666 ANNI DI RECLUSIONE

INFUTTI, 114 LE ASSOLUZIONI. MILLE FURONO

I MORT1 DELLA GLE:RRA DI F'llU.EFIMO E DINTORNI

CHE PORTO AL MAXI (DIECIMILA NE CONTO

ENRICO DEAGUO IN TVTTO IL MERIOIONE).

CALABRO RICOSTRUISCE CONTESTO, CARNEFICI,

vrTTIME, EROI, OMICIDI POUTICI, DI UNA

STAGIONE UNICA E IRRIPETIBILE.

LA COATE DEL MAXIPAOCESSO DI PALERMO, EL~AULA BUNKER

DEL CARCERE BOABONICO DELL'UCCIARDONE,

CON IL PRESIOENTE ALFONSO GIORDANO E IL GIUDICE A LATERE,

PIETRO GRASSO, ATIUALMENTE PRESIDENTE DEL SENATO

ilvenerdi diRepaNilir:a

E ora? Che bilancio si puo tirare? Di ieri paragonato a oggi non aveva mai vo­luto parlare, Giuseppe Di Lello, uno dei quattro dell'originario pool antimafia di Palermo (Falcone-Borsellino-Di Lel ­lo-Guarnotta), dimessosi dal magi co team nel 1987 (<<l 'anno della nonnalizzazione)) Jo chiamera), proprio quando iniziava la «guerra istituzionale» contro Falcone. Di Lello ahbandono i1 pool in disaccordo con i tentativi di mediazione dello stesso Fal­cone (la defini «accettazione a volte acriti­ca delle istituzioni») e successivamente Sara deputato, Senatore e par}amentare europeo per Rifondazione. Ma, alla fine, la mafia ha perso o no?

«C'euno schema ricorrentenella storia italiana. In certe fasi la mafia alza il tiro, provocando la reazione dello Stato. Viene repressa !'ala militare e il suo referente politico. Ma non viene mai messo in di­scussione il sistema. Anche nel caso del Maxiprocesso, e stata colpita l'alamilitareeisuoiriferimen-

I pentiti ci sono sempre, e come sempre sono un po' veri e un po' falsi. E anche i sequestri dei beni continuano». Ma sono diventati una piaga.

«Sono il punto piu alto del fallimento dello Stato, che non riesce a sostenere le aziende confiscate. Quando c'era il mafio­so, nessun controllo.Appena arriva l'am­ministratore giudiziario, bussano alla porta Enel. vigili, fisco. In.fine arriva i1 tri­bunale fallimentare. Di solito una senten­za fallimentare ci mette vent'anni. Per le aziende sequestrate, invece, il tribunale e fulmineo. Di solito quella stessa ditta ha unmaxicreditolvaversoloStato.Maasua volta aspetta una sentenza. E quando ar­riva, ed e favorevole, la ditta e gia stata dichiarata fallita. Un disastro». Poi c'e ii caso Silvana Saguto e lo scan­dalo delle misure di prevemione.

«Possibile che nessuno si era accorto di nulla? Oggi tutti fanno finta di non averla

conosciuta. Ma in tanti da

ti politici. Ma la compenetra­zione del Sistema non e stata messa in discussione». Insomma, la mafia e viva.

I BOSS HANNO DIVORZIATO DELLA PO UTICA PERCHE

quella mammella avranno at­tinto. Non solo: ci sono asso­ciazioni che, a proposito dei beni da gestire, fanno la parte del leone a scapito di altre». Mafia e politica: sono anco­ra sposi?

«Oggi la mafia si e resa can­to della assoluta impossibilita da parte dello Stato di far fin ta

NON CONTA PIU. SE NON NELLE PERIFERIE

di nulla. E si e acquattata. La strategia degli omicidi non esiste piu>>. Quan do la maHa tace e peggio?

«Non e di poco conto che non ci siano morti. Fa affari, ma non ci sono morti». Questo la dice lunga. Eravamo abitua­ti a vivere in una guerra civile_

<<A Palermo non si usciva piu di casa. Personalmente ho contato cinquecento morti. Ero giudice istruttore agli omicidi, in quegli anni. Furono morti all a Pirandel­lo: 250 ammazzati per strada e 250 scom­parsi nel null a, equamente suddivisi)). Cos'e diventata la mafia oggi?

«Gli esperti non concordano. Per alcuni ha raggiunto i1 punto piu basso, si attacca alle riffe di quartiere. Per altri e ancora forte. Spesso anche alti organismi gonfia­no i dati solo per autolegittimarsi». Cosi e se vi pare. Ancora Pirandello.

«Ma, almeno, la percezione sociale e cambiata. Non c'e piu l'atteggiamento degli anni 70, quando se denunciavi ii racket nessuno andava piu al tuo negozio.

«La mafia ha divorziato, specie in Sicilia. I boss hanno

sempre avuto referenti forti. Oggi solo un mafioso di quartiere aiuta un politico». E le imprese?

«Sono i1 nodo. Nella crisi, la potenza economica della mafia serve moltissimo». Parla dei capitali del narcotrafftco?

«Le estorsioni se:n10no solo per pagare gli stipendi agli affilfati . Molti imprendi­tori hanno usato la mafia come fonte di finanziamento, per aprire grandi catene di commercio, di distribuzione, supermerca­ti, alberghi. Ouesto e il vero business». Il denaro di Cosa Nostra none sparito?

«No. I grandi capitali sporchi del pas­sato si sono fusi nell 'economia reale. I denari dei grandi boss uccisi, soldi che erano stati investiti grazie a prestigiosi prestanome, frutto del traffico di droga e armi, oggi viaggiano dentro i canali nor­mali. Non sono piu rintracciabili». Corrotti nell'antimafta: che succede?

«C'e stata una corsa a costruirsi una verginita antimafia, accampando inesi-

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stenti amicizie con Falcone e Borse!Jino. La retorica delle commemorazioni ha impedito di guardare la real ta. Chiunque si candidava come antimafioso veniva accolto nel club». Grazie alle derive dell'antimaOa, vec­chi volti si riciclano, fanno i maestri ...

«In Calabria hanno fatto arresti in un salone arredato con le foto di Falcone e Borsellino. Per me questo e ii simbolo del fallimento di ogni retorica». Oualefuilcontestodellestragidel'92?

«Non vendet ta, ma prevenzione. Du­rante la stagionedei veleni, Falconeripe­teva: non dobbiamo fare polemiche, ci perderemmo solo noi, giochiamoci la partita, andiamo avanti, poi si vedrB». Eppure dovette lasciare Palermo.

«La sua idea rimase questa anche a Roma: non mi possono marginalizzare, semi danno anche un furto d'auto, io alla mafia ci arrivo lo stesso. Voleva an­dare avanti a tutti i costi. E qualcosa

ilvenerdi di lkpaNilir:a

LA FOTO DBJ.'85 CHE RITRAE I GIUDICI DI PALERMO ALLA VlGllJA DB. MAXIPROCESSO

(1) GIOVANNI FALCONE (2 ) GIUSEPPE DI LELLO [3 ) ALBERTO DI PISA [4 ] PAOLO BORSEUINO

(5) IL CAPO DELL:UFFICIO ISTRUZIONE ANTONINO CAPONNETIO [6 ] LEONARDO GUARNOTIA

[7 ] ll PROCURATORE CAPO VINCENZO PAJNO [8] GIUSTO SCIACCHITANO [9 ) ll wt:IJSifW

PEI ' W i fRNO OSCAR LUIGI SCALFARO [10) IL PROCURATORE GENEAALE UGO VIOLA

(11) VINCENZO GERACI (12] DOMENICO SIGNORINO (13] GIUSEPPE AYALA

prima o poi avrebbe di certo combinatm>. Non si sentiva isolato?

«Non lo era. Dove e stato ricordato con una statua? A Quantico, Sta ti Uni ti, nella sede del Fbi. Non e mai sceso al livello delle beghe italiane. Venne appoggiato da!J'amministrazione Regan, Bush lo invit6, unico italiano, all'ambasciata a Roma. Falcone stava a questi livelli». Poi sul Maxiprocesso esplose, da Na­pol.i, il caso Tortora.

«Falcone si mangiava le mani. Disse: ma come fanno a credere che Tortora sia membro della camorra? Temeva la dele­gittimazione dell 'intera magistratura. Come in effetti avvenne». A Palermo evitaste simili rischi ....

«Falcone era attento a stralciare posi-

zioni che richiedevano approfondimenti. Fu cosi per Bruno Contrada. Tommaso Buscetta lo aveva nominato tra i primi, ma di sfuggita. Gianni De Gennaro, pre­occupato, chiese chiarimenti. Ma Bu­scetta disse a Falcone che preforiva limi­tarsi a quello. Cosi Falcone decise per lo stralcio. Su tutto fummo rigorosi. Buscet­ta par lo per tre mesi in segreto. Falcone lo verbalizzava, poi fo tocopiava per una quindicina di persone. Nulla mai trapelo. La mafia scopri che Buscetta stava colla­borando perche, dopo I' arresto in Brasile, si rese conto che era sparito nel n ulla: non era in nessun carcere, italiano o estero, non era in un ospedale. E allora dov'era?». E la trattativa Stato-ma0a7

«I] processo non convince. C' e Dell'U­tri, ma non Berlusconi. None contestato ii favoreggiamento in strage. Non c'e la mancata perquisizione al covo di Riina. Infine, se Mannino e il generaJe Mori sono assolti in altri, analoghi processi come condannarli in questo?». Come sta la magistratura?

«Si e arrivati a riesumare la salma de! bandito Giuliano. Si pensava forse di trovargli accanto ii ministro Scelba?».

Piero Melati