La Madre soffre con il Figlio - SALESIANI DON BOSCO | Casa ... · flessione. Perché con Dio no?...

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La Madre soffre con il Figlio Spedizione in abb. postale 45% - art. 2 comma 20B - Legge 662/96 - D.C./D.C.I. - Torino - Tassa Pagata / Taxe Perçue ANNO XXXI - MENSILE - Nº 3 - MARZO 2010 Rivista della Basilica di Torino-Valdocco

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La Madre soffre con il Figlio

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Rivista della Basilica di Torino-Valdocco

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siamo in piena Quaresima, tempoprivilegiato per un cammino di con-versione, tempo di intensa prepara-zione per celebrare con verità la Pasqua,centro della nostra fede: “Se Cristo nonfosse risorto, vana sarebbe la vostra fe-de” (1 Cor 15,14).

Il Vangelo del giorno delle Ceneri ciha ricordato ancora una volta le trepiste di cammino per un’autentica Qua-resima: la preghiera, il digiuno e l’ele-mosina, vissute in atteggiamento inte-riore, discreto, nascosto, ma forte e de-ciso. Vorrei con voi fermarmi sulla ter-za pista: la voce elemosina, che am-plierei con il termine carità.

Che senso ha una preghiera chenon sfocia nella carità? Che senso hail digiuno, il privarsi di qualcosa, senon diventa disponibilità alla condivi-sione? Che significato assume un aiu-to dato per tacitare la propria co-scienza? Gesù ha parole forti contro chivive una religiosità esteriore, vuotad’amore, che cerca soltanto la lode del-la gente: “Quando fai l’elemosina, nonsuonare la tromba... Quando digiuna-te non diventate melanconici per farvivedere” (Mt 6,5-18).

Parlando della carità, il Signore ciinvita a scoprire che tanti fratelli e so-relle soffrono, che non possiamo star-cene tranquilli. Un esempio: tutti sia-mo stati colpiti dal terremoto ad Hai-ti; ci siamo commossi e abbiamo cer-cato subito di alleviare quel dolore. Cisiamo anche sicuramente chiesti il per-ché, ma non abbiamo trovato risposteconvincenti.

Al dolore, alla sofferenza, alla mor-te c’è solo una risposta: la croce del Si-gnore! Non basta, però, l’emozione di

un momento: “I poveri li avrete sem-pre con voi”, ci dice Gesù. La carità èuna realtà che deve continuare sempree segnare tutto il corso della nostra vi-ta. È triste osservare come nei giorna-li e nelle tv il dramma di Haiti sia pas-sato dalla prima notizia alla quinta, al-la sesta, e oggi non se ne parla quasipiù. Non fa più notizia, ma ad Haiti lagente continua a soffrire.

Noi non dobbiamo rimanere inerti,il Signore ci invita ad aprire i nostri oc-chi, per guardare con sensibilità cri-stiana la realtà che ci circonda, qui elontano di qui, facendo risuonare nelnostro cuore le sue parole: “Tutto quel-lo che avete fatto a uno solo di questimiei fratelli più piccoli, l’avete fatto ame”. (Mt 24,31-46). L’augurio è che ungiorno possiamo sentire rivolte a noiqueste parole!

Con un sempre vivo ricordo in Ba-silica.

Don Franco Lotto, [email protected]

La pagina del Rettore

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La carità segna tutta la nostra vitaCarissimi amici,

I Padre Victor cam-mina tra i resti dellascuola.Foto di Beatrice Giorgi / VIS

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Tutto quello che ci è stato dato, fedeper prima, pur essendo una realtà

oggettiva, necessita di una nostra acco-glienza, di una nostra crescita, perchédiventi veramente vita della nostra vita.“Molte cose ho ancora da dirvi, ma peril momento non siete capaci di portar-ne il peso. Quando però verrà lo spiri-to di verità, egli vi guiderà alla verità tut-ta intera, perché non parlerà da sé, madirà tutto ciò che avrà udito e vi an-nunzierà le cose future. Egli mi glorifi-cherà, perché prenderà del mio e ve l’an-nunzierà. Tutto quello che il Padre pos-siede è mio; per questo ho detto cheprenderà del mio e ve l’annunzierà” (Gv16,12-15). Uno dei perni per crescere nel-la fede è proprio la Parola di Dio. Co-minciamo con una considerazione: laParola non è data a me personalmenteo direttamente da Dio, è la Chiesa chemi dona la Parola di Dio. “Quanto è sta-to rivelato da Dio e che è contenuto dal-la sacra scrittura ci è stato donato sot-to l’ispirazione dello Spirito Santo. LaSanta Madre Chiesa, fondata sugli apo-stoli e vivente dalla fede degli apostoli,ci ha trasmesso e ci dona i libri del Vec-chio e Nuovo Testamento con tutte le lo-ro parti come libri sacri poiché redattisotto l’ispirazione dello Spirito Santo”(Dei Verbum, cap. III, 11).

Un regalo poco usato

Che cos’è, dunque, la “Lectio divi-na”? Ne parlano in tanti. Nell’ambien-

te di Chiesa “fa fine” dire che si fa la“lectio”. Ma l’unica cosa importante èdire che la “lectio” è cibo che ci nutre.Questa è la prima cosa. La secondasembra il contrario della prima, ma inrealtà è soltanto l’altra faccia della me-daglia: con la Bibbia c’è poca confi-denza. La Bibbia è uno dei regali me-no usati nella vita di molti di noi. Darivendere come nuova, mai usata, lacopia che ci hanno regalato per la cre-sima. Diciamo un’altra cosa fanta-scientifica: se per molti di noi la con-fidenza con la Parola di Dio è poca,le file si assottigliano di più se vi met-tete a dire che della Parola di Dio ci sideve innamorare! Anzi, l’espressioneci fa sorridere: innamorati della Paro-la di Dio? Ma vai! Eppure, siamo fat-ti così. Ricordate la pubblicità dellaposta prioritaria? Allora, perché con la“Parola” che viene da Dio non succe-de la stessa cosa? Penso che questadomanda meriti un momento di ri-

Editoriale

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Parola di Dio o Dio c hChe cos’è la Parola di Dio? Che cos’è la “Lectio divina”? Ne parlano in tanti, sempre più di frequente e non sempre in modo chiaro. Per questo, ecco in tre tappe un “percorso” di conoscenza, proposto in modo giovanile e nello stesso tempo profondo, da don Stefamo Martoglio.

U Don Stefano Mar-toglio, Ispettore deiSalesiani del Pie-monte e Valle d’Ao-sta.Foto Mario Notario

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flessione. Perché con Dio no? Pensa-te: ogni uomo deve vivere di (o per)qualche cosa. Lo facciamo tutti. Senon viviamo di una cosa, viviamo diun’altra. Noi cristiani tutti i giorni do-vremmo riempire la bocca della Paroladi Dio, nutrirci di questa. Sentite checosa ne pensa in merito il profeta Eze-chiele: “Mi disse: «Figlio dell’uomo,mangia ciò che hai davanti, mangiaquesto rotolo, poi va e parla alla ca-

sa d’Israele». Io aprii la bocca ed eglimi fece mangiare quel rotolo dicen-domi: «Figlio dell’uomo, nutri il ven-tre e riempi le viscere con questo ro-tolo che ti porgo». Io lo mangiai e fuper la mia bocca dolce come il miele”(Ez 3,1-4).

La lettera dell’innamorato

Pensate a un innamorato che man-da una lettera alla sua lei (o lui), scrit-ta sotto l’impeto del suo desiderio. Lei(o lui) la riceve, la prende, la esamina,la studia, la annota, la sottolinea, nenota le incongruenze linguistiche, l’im-precisione della sintassi, la punteg-giatura un poco irregolare o assentedel tutto. E poi, la rispedisce come ri-sposta all’innamorato! Quando l’altrosi vede arrivare una lettera così corretta,che cosa potrà dire? Si domanderà checosa ha capito, che tipo di amore glivuole... Così, talvolta, facciamo noi conla Parola di Dio. Invece di cercarel’amore che c’è dentro, l’abbiamo vi-visezionata o peggio, completamentedimenticata. Sentite, invece, che cosaci dice il profeta Osea sull’amore chec’è dentro la Parola di Dio per ognu-no di noi: “Quando Israele era giovi-netto, io l’ho amato e dall’Egitto l’hochiamato mio figlio. Ma più lo chia-mavo, più si allontanava da me; im-molava vittime e offriva incensi agliidoli. Ad Efraim insegnavo a cammi-nare tenendolo per mano, ma essi noncompresero che avevo cura di loro. Ioli traevo con legami di bontà, con vin-coli d’amore; ero per loro come chisolleva un bimbo alla sua guancia; michinavo su di loro per dargli da man-giare... il mio popolo è duro, chiama-to a guardare in alto nessuno ha al-zato lo sguardo. Come potrei abban-donarti? come potrei consegnarti ad al-tri Israele?” (Os 11,1-4,7-9).

Don Stefano [email protected]

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c he parla?T In occasione dellaGiornata della Pace,Papa Benedetto XVIlibera una colombache è simbolo di fra-tellanza e dello Spi-rito Santo.© Agenzia SIR

T La Bibbia: il “ma-nifesto” dell’amore diDio per l’uomo.

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Il Dottore della Legge gli chiede: “Chi è il mio prossimo?” e Gesù, portan-

do la questione dal piano teorico aquello pratico, a sua volta gli doman-da: “E tu da che parte stai?”. Il rove-sciamento delle parti, l’interrogante di-venta l’interrogato, avviene con un rac-conto. È la parabola degli incontri trapersone in cammino. Forse questa am-bientazione fu suggerita a Gesù dallasua situazione. Anche lui, infatti, si tro-vava sulla via. Anche lui si stava re-cando a Gerusalemme (Lc 9,51-19,28),dove si sarebbe fatto nostro prossimooffrendo se stesso in riscatto per lanostra salvezza. Nella figura del Sa-maritano è perciò adombrato Gesùstesso che ci ha dato per sempre lamisura più alta dell’amore per gli altri:dare la vita.

Sulla strada che conduce all’amore

Ventisette chilometri: tanto era lun-ga la strada che da Gerusalemme, a750 metri d’altezza, scendeva alla pia-na di Gerico, costruita a 350 m sotto

il livello del mare. Via impervia e peri-colosa, che esponeva realmente il vian-dante a saccheggi operati da malfattori.Con Gesù, quella strada diventa il pal-coscenico sul quale si oppongono duescene: l’una penosa, l’altra grandiosa.Nella prima, la carità è bloccata e co-me uccisa da chi per vocazione avreb-be dovuto praticarne il precetto aman-do Dio, senza però trascurare il pro-prio prossimo (Dt 6,5; Lv 19,8). Checosa blocca e fa morire l’amore?

Lo spettacolo si fa, invece, grandio-so quando la carità è viva e trionfagrazie ad una anonima persona, iden-tificata per l’appartenenza ad un popolo– quello Samaritano – che non pote-va relazionarsi con i Giudei, ed è pro-prio un uomo della tribù di Giuda cheora giace percosso e denudato sullastrada. Pregiudizi secolari e rivalità re-ligiose avevano innalzato un invalica-bile muro tra persone delle due etnie,che pur vivevano sotto lo stesso cieloed adoravano lo stesso Dio! Che cosasblocca e fa vivere l’amore?

La strada dell’amore

I vv. 33-35 sono centrali nella nar-razione. Avviciniamoci ad essi per sco-prire una doppia serie di verbi: la pri-ma di carattere fondante, la secondapiù pratica.

“Passare accanto”, “vedere” ed “ave-re compassione” sono le prime azionicon le quali misurarci. “Avere compas-sione” è il comportamento che fa ladifferenza. Attestato in greco nella for-ma esplanchnisthe, esprime il movi-mento improvviso delle viscere che sicontraggono per una emozione par-

Leggiamo i Vangeli

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L’amore e la suaLc 10,29-37

I Giovani volontarial lavoro dopo unterremoto: un modoper essere “buoni sa-maritani” oggi.© Agenzia SIR

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ticolarmente forte. È il verbo col qua-le solitamente si esprime la misericor-dia che Dio per primo prova per il suopopolo (cfr. 1,78). È il verbo che de-scrive perfettamente Dio: uno che pro-va compassione per l’umanità. Ebbe-ne, il Samaritano è un uomo che faspazio al sentire stesso di Dio, lo as-sume in sé sino a farlo proprio. Ancheil Levita ed il Sacerdote erano passatiaccanto al malcapitato e lo avevanovisto, ma la loro capacità di amore erastata bloccata dal loro non-mettersidalla parte di Dio. Il Samaritano, inve-ce, fatto spazio all’imitazione di Dio edattivato il dinamismo della carità, po-trà invece praticarla. Ecco, allora, la se-conda serie di verbi: “farsi vicino”; “ver-sare olio e vino” – farmaci antichi –sulle ferite, “fasciarle”, “caricare sull’asi-no” quel povero uomo, pagare con ipropri soldi e garantirne altri affinchéogni cura gli fosse prestata.

La strada di Dio

Con il racconto di tali incontri distrada, Gesù glissa sul “Chi è mio pros-simo?”, come a dire “Non ingannatevi:è una falsa domanda! Tutti sono il tuoprossimo”, e si concentra sul comeamare – mettendo a disposizione tut-to in modo abbondante – e sul perchéamare, vale a dire ad imitazione di Dio.

Questa è la carità nell’intendimentodi Gesù. Non un principio su cui di-scutere, ma una manifestazione di Diostesso da mettere in pratica. Dio è amo-re e nessuno potrà mai dire di amareDio che non vede, se non ama il pro-prio fratello che vede! Non a caso tut-to l’insegnamento si raccoglierà in quellapidario ed intrigante: “Vai e anche tufa’ lo stesso”.

Dovremo ancora apprendere cheper il raggiungimento della migliorequalità della carità sarà decisivo nonanteporre nulla all’ascolto della Paro-la. Sarà quanto Gesù avrà da insegna-re a Marta in occasione del festosobanchetto imbandito in casa di queicari amici: racconto che non a casosegue immediatamente quello del“Buon Samaritano”, divenendone comeil prolungamento e la più pertinenteconclusione (10,38-42).

Marco [email protected]

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a strada

I Ogni giorno, lun-go le strade della vi-ta, ci sono personeche attendono “unbuon samaritano”.© Agenzia SIR

T “Il buon samari-tano” dipinto da Vin-cent van Gogh nel1889.© Editrice Elledici

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Nella tradizione giudaica dei Chas-sidim c’è questo piccolo raccon-

to. L’angelo Gabriele fu mandato daDio per far dono della vita eterna a chiavesse un momento di tempo per ri-ceverlo. Ma l’angelo tornò indietro sen-za aver potuto adempiere la sua mis-sione. Non trovò nessuno che avessetempo.

Può sembrare una cosa assurda,ma se guardiamo alla vita frenetica dimolti di noi, il racconto non apparelontano dalla realtà. Corriamo affan-nosamente cercando di tenere il pas-so con l’attimo fuggente, siamo sof-focati da avvenimenti e informazioni,ci appesantiamo di tante piccole co-se passeggere, non abbiamo il tem-po per ricevere il dono dell’eternità.Eppure, che cosa è il tempo, staccatodall’eternità?

Nella letteratura del Buddismo Zen,si legge questo dialogo illuminante. Ildiscepolo chiede: “Maestro, come fauna goccia d’acqua per non essereprosciugata?”. “Deve tornare all’ocea-no”, risponde il maestro.

Il tempo, fuori dell’orbita dell’eternità,si dissecca. L’uomo che non sa acco-gliere l’eterno nella propria vita, si svuo-ta. È condannato alla noia che il Qo-helet dipinge con colori tristi: “Vanitàdelle vanità, tutto è vanità. Quale utili-tà ricava l’uomo da tutto l’affannareper cui fatica sotto il sole?” (Qo 1,2-8).

Maria, al contrario, ha tempo peraccogliere l’eterno. Lei sa trasformareil tempo in storia, anzi, in storia di sal-vezza. Tutta la sua vita è permeatad’eternità, tutta la sua esistenza è unapasqua perenne, un continuo passag-gio alle cose che non passano.

Maria, scala celeste che scelse l’Eterno

La liturgia bizantina, nel suo bellis-simo inno Akáthistos alla Madre di Dio,saluta Maria quale “scala celeste chescelse l’Eterno”. Maria è il luogo d’in-contro tra cielo e terra, tra l’eterno e iltempo, tra Dio e l’uomo. È la con-giunzione tra la piccolezza umana e lagrandezza divina. È il vuoto più com-pleto di sé che accoglie la ricchezzapiù piena di Dio. È la gratuità amoro-sa abbracciata dalla gratitudine since-ra. È il frammento che lascia entrare insé il tutto.

La discesa dell’Eterno non si fermasoltanto in Maria. Ella è anche “la sca-la”, o come continua a cantare l’inno,è “il ponte che porta gli uomini ai cie-li”. Con il suo fiat all’annuncio dell’an-

Spiritualità mariana

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Una vita carica di

Y Maria è la “scala”che porta gli uominial Cielo. Nell’imma-gine a destra: “La vi-sione di Giacobbe”,dipinto di CristofanoAllori, nella torineseGalleria Sabauda.

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gelo, lei introduce l’umanità a un mo-do nuovo di accogliere il suo Dio: ac-coglierlo nella propria carne, nella pro-pria storia. Ad Ain Karim, Maria fa esul-tare Giovanni Battista ancora nel grem-bo materno. Portando Gesù al tempio,fa trasalire di gioia due anziani al tra-monto della loro esistenza. Vita cheinizia e vita che termina: tutto assumeil senso d’eterno in Gesù e nella suamadre che lo porta agli altri.

Adesso e nell’ora della nostra morte

Maria è particolarmente presentenel momento del nostro passaggio daquesta vita alla gioia eterna. Nella se-conda parte dell’Ave Maria preghia-mo: “Santa Maria, Madre di Dio, pre-ga per noi peccatori, adesso e nell’oradella nostra morte”. È una richiestasemplice, ma sentita. Sappiamo cheanche nell’ora della morte siamo pec-catori e bisognosi di aiuto, sappiamoche è un’ora decisiva, perché si trattadel nostro affidamento totale e defini-tivo al nostro Creatore.

L’hora mortis segna il nostro tran-sito dall’esistenza temporanea all’eter-nità, porta a compimento in modo to-tale e irreversibile la nostra storia di li-bertà e fissa per sempre la fisionomiacon cui appariamo all’incontro col Si-gnore. Nell’ora della morte veniamode-finiti. È un passaggio difficile che cisgomenta e ci fa paura per il carico diignoto che ha in sé. Siamo certi cheverrà, ma non ci è dato di sapere co-me, quando e dove.

Abbiamo bisogno dell’aiuto di Ma-ria che è esperta di quell’ora. Lei stes-

sa ha affrontato quell’ora con sereni-tà. Si è preparata tutta la vita, metten-do la propria vita, attimo per attimo,nella sfera dell’eterno. Maria fu pre-sente all’hora mortis del Figlio. In quel-l’ora Gesù, prima di pronunciare “Tut-to è compiuto”, ha consegnato tuttal’umanità, tutti gli uomini a sua madreperché li considerasse come suoi figli.È per volontà del Figlio che Maria pren-de cura della nostra vita e della nostramorte. Come ha assistito a quell’ora diGesù, assisterà tutti i suoi figli affida-tile da Gesù. Noi glielo chiediamo coninsistenza ogni giorno. Per tre voltenella preghiera dell’Angelus e per cin-quanta volte nella recita del rosario, lericordiamo di venirci in aiuto in quel-l’ora ignota, ma decisiva. E sicuramen-te Maria non mancherà all’appunta-mento.

Maria Ko Ha [email protected]

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i eternità

U Nell’«Angelus» enell’«Ave Maria» in-vochiamo la Verginedi venirci in aiuto.Qui sopra il dipinto“Annunciazione” diPaolo De Matteis(1712) nel City ArtMuseum di Saint Louis.

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Un documento del XIII secolo re-datto da Cono, un canonico del-

la cattedrale di Losanna, in Svizzera,riporta un grazioso avvenimento. Il ve-scovo Amedeo, vissuto cent’anni pri-ma, aveva scritto otto omelie in ono-re della Vergine Maria. Le aveva invia-te a sua sorella, monaca di clausura,che, dopo averle lette, le ritornò al fra-tello unendovi un guanto di lana. Erauna reliquia preziosa: apparteneva al-la Madonna che, con quel dono, mo-strava il suo apprezzamento per leomelie di Amedeo. Questo episodioleggendario conferma la grande stimain cui erano tenute le omelie del ve-scovo svizzero: nella cattedrale, eranolette durante l’ufficio liturgico del sa-bato, giorno della settimana dedicatoa Maria. Dopo la prima, che serve daintroduzione, le altre sette presentanociascuna i doni dello Spirito Santo, met-tendoli in relazione con Maria, per di-mostrare che lei li ha posseduti in gra-do eccelso. Amedeo li elenca in ordi-ne inverso a quello a noi noto: timordi Dio, pietà, scienza, forza, consiglio,intelligenza e sapienza. Nella quintaomelia, per esempio, l’autore spiegache ai piedi della Croce la Madonnamanifestò la sua forza sopportando ilmartirio del cuore. Avvalora, così, un

principio teologico di rilievo: tra la Ma-donna e lo Spirito Santo sussiste unarelazione privilegiata. Doni e virtù del-lo Spirito Santo hanno arricchito l’ani-ma di lei al punto che – come avreb-be spiegato secoli dopo il teologo sa-lesiano Domenico Bertetto – tra la Ter-za Persona della Trinità e la Vergine diNazareth vi è una perfetta “sinergia”:operano sempre e soltanto in perfet-ta armonia. La Madonna è il capola-voro dello Spirito Santo e noi, guar-dando alla santità impareggiabile diMaria, possiamo comprendere i beniche Egli elargisce e le perfezioni chesa compiere.

La Vergine mediatrice di quanti la implorano

Amedeo, prima di diventare vesco-vo, era stato monaco cistercense, di-scepolo di San Bernardo che, in fattodi devozione mariana, aveva fatto scuo-la. Da lui, Amedeo aveva appreso mol-to. Già il grande abate di Chiaravalleaveva affermato: “C’era necessità di unmediatore per raggiungere questo Me-diatore, cioè Cristo: né altro per noiera più utile di Maria”. E a proposito diMaria mediatrice, Amedeo esclama consincero afflato lirico: “Ai suoi piedi siprostrano anche quelli che hanno l’ani-mo amareggiato, i tristi, gli indigenti, gliafflitti, i desolati, i debitori, e anche co-loro che vivono nel disonore. Di que-sti e di tutti coloro che implorano dalfondo di qualsiasi tribolazione ella ac-coglie volentieri le preghiere e, suppli-cando il Figlio, allontana misericor-diosamente ogni male da loro”. Que-sta funzione mediatrice è estesa al po-

Maria nei secoli

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Amedeo di Losanna:

Maria capolavoro dello Spirito Santo

I Papa BenedettoXVI con il rabbinocapo Riccardo Di Se-gni. Sant’Amedeo scrive-va che la Madonna,ebrea per nascita, sot-to la croce ha prega-to per il suo popolo.© Agenzia SIR

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polo ebraico. Nel secolo XII i rappor-ti tra cristiani ed Ebrei erano spessotesi e gli uni accusavano gli altri di em-pietà. Amedeo si sottrae a questa po-lemica e sottolinea un’altra consolan-te verità: la Madonna, ebrea per nascita,sotto la Croce ha pregato per il suo po-polo. Scrive nella quinta omelia: “Ve-dendoli, infatti alle soglie della morteeterna, ella non li ritenne degni né diodio né di disprezzo, bensì del suomassimo affetto, delle sue abbondan-ti lacrime e della sua profonda pietà.Perciò, in comunione con la carità diGesù, come lo era con la sua Croce, el-la si mise a pregare per loro”. Posso-no rimanere inascoltate le supplichedella Madre di Dio? Questa prospetti-va aperta dall’intuizione originale diAmedeo di Losanna non può che illu-minare l’attuale dialogo interreligiosotra Ebrei e Chiesa Cattolica. Gli Ebreistessi sarebbero contenti di leggere leomelie di questo vescovo, tra l’altro di-chiarato beato, perché egli valorizzagli scritti dell’Antico Testamento in cuiravvisa delle prefigurazioni della Ma-donna. Ad esempio, l’urna d’oro chenell’antico Tempio di Gerusalemme cu-stodiva reliquie della manna inviata daDio nel deserto, per Amedeo è un sim-bolo di Maria: “Questa urna contene-va la manna nascosta, perché ella haportato nel suo utero sacrosanto il pa-ne degli angeli che discende dal Cieloe dà vita al mondo”.

Per il cielo, venerabile per il mondo, amabile

La Madonna svolge la sua missio-ne mediatrice in Cielo dove è stata as-sunta pienamente, con il corpo e l’ani-ma. Amedeo di Losanna è uno degliautori che testimonia questa convin-zione che progressivamente è statacompresa dalla Chiesa. Nel 1950, pa-pa Pio XII, nella bolla MunificentissimusDeus, proclamò questo dogma e, tra gli

insigni dottori che nomina per mo-strarne la fondatezza, cita proprio Ame-deo di Losanna, secondo il quale, que-sto privilegio mariano era esigito dal-la santità eccelsa della Madonna e dal-la verginità perpetua del suo corpo.Sempre Papa Pio XII volle istituire la fe-sta liturgica della Regalità di Maria, checoglie un altro aspetto della sua glo-rificazione in cielo. Ed è sempre Ame-deo di Losanna che spiega in che co-sa consiste la regalità della Madonna:“Con la gloria il tuo Figlio ti ha concessola signoria del cielo, con la misericor-dia la regalità del mondo, con la po-tenza il dominio sull’inferno. Tutte lecreature, sebbene con sentimenti di-versi, rispondono dunque alla tua co-sì grande e ineffabile gloria: gli angelicon l’onore, gli uomini con l’amore, idemoni con il timore”. È un insegna-mento, questo, da ricordare quandoanche noi, recitando il quinto misteroglorioso del Rosario, meditiamo sullaregalità universale della Madonna: “peril cielo sei venerabile; per il mondo,amabile; per l’inferno, terribile”.

Roberto [email protected]

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U La Madonna è ilcapolavoro dello Spi-rito Santo. Qui sopra:il dipinto “La Pente-coste” di anonimo,sec. XVII, nella Basi-lica Santa Maria de-gli Angeli ad Assisi.

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Il 24 marzo 1980 mons. Oscar Ro-mero, arcivescovo di San Salvador,

celebrava l’Eucaristia nella cappella del-l’ospedale. Al momento dell’elevazio-ne un sicario irrompe nel presbiterio,e gli spara. Trucidato sull’altare. Era «lavoce di quelli che non hanno voce»,era il buon pastore. Qualche anno do-po Giovanni Paolo II ha scelto quelladata, il 24 marzo, per la «Giornata deiMissionari Martiri». Una Giornata cheha voluto «di preghiera e di digiuno».I Sappiamo bene, c’è Giornata e Gior-nata. Tante inzeppano il calendario, ea volte sono solo consumistiche comela Giornata del tartufo, o addiritturaprovocatorie come la Giornata del-l’orgoglio gay. Questa dei MissionariMartiri è poco nota e ancora poco ce-lebrata. Ma Papa Benedetto XVI la ri-corda ogni anno, e invita i cristiani aviverla con fede. La spiega così.I Chi sono questi Missionari Martiri?Ha elencato il Papa: «Vescovi, sacer-doti, religiosi, religiose e laici, stronca-ti nel compimento della loro missionedi evangelizzazione e promozioneumana. Essi – ha aggiunto – sono “spe-ranza per il mondo”, perché testimo-niano che l’amore di Cristo è più for-te della violenza e dell’odio» (25-03-2007).I Scopo della Giornata? BenedettoXVI: «Il ricordare e pregare per questinostri fratelli e sorelle caduti mentresvolgevano il loro servizio missionario,è un dovere di gratitudine per tutta laChiesa. Ed è per ciascuno di noi, unostimolo a testimoniare in modo sem-pre più coraggioso la nostra fede e lanostra speranza in Colui che sulla Cro-

ce ha vinto per sempre il potere del-l’odio e della violenza con l’onnipo-tenza del suo amore» (24-03-2008).I Significato del martirio? Il Papa por-ta a scoprirlo «nelle parole dell’Apoca-lisse: “Essi sono coloro che sono pas-sati attraverso la grande tribolazione”(Ap 7,13). Al vegliardo che chiede chisiano e donde vengano coloro che so-no vestiti di bianco, viene risposto chesono quanti “hanno lavato le loro ve-sti rendendole candide col sangue del-l’Agnello” (Ap 7,14)».I Dunque alla radice di tutto c’è l’e -sempio di Cristo. «Gesù ha detto: “Nes-suno ha un amore più grande di que-sto: dare la vita per i propri amici” (Gv15,13). Ogni testimone della fede vivequesto amore “più grande”, e sul-l’esempio del divino Maestro è pron-to a sacrificare la vita per il Regno. Inquesto modo si diventa amici di Cri-sto; così ci si conforma a Lui, accet-tando il sacrificio fino all’estremo, sen-za porre limiti al dono dell’amore e alservizio della fede» (07-04-2008).I Ma il martirio va cercato? È in séuna cosa sensata? Padre Vincent Leb-be, eroico missionario in Cina, avevacerti dubbi. Sosteneva: “Se volete deimartiri, volete dei boia”. Papa Benedetto sembra dare ascoltoanche ad altri timori: “Ci chiediamo:perché questi nostri fratelli martiri nonhanno cercato di salvare a tutti i costiil bene insostituibile della vita? Perchéhanno continuato a servire la Chiesa,nonostante gravi minacce e intimida-zioni?” (07-04-2008). Ma ha precisato: “Il martirio cristianosi giustifica solo come supremo atto

Il Papa ci parla

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Missionari Martiri, invito alla fedeltà

U Il 24 marzo 1980mons. Oscar Rome-ro, arcivescovo di SanSalvador, fu assassi-nato mentre celebra-va l’Eucaristia. Qual-che anno dopo PapaGiovanni Paolo II sce-glieva il 24 marzoper la Giornata deiMissionari Martiri.Giornata che PapaBenedetto XVI invitaanche quest’anno acelebrare con la pre-ghiera e il digiuno.

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d’amore a Dio e ai fratelli”. Di fatto iMissionari Martiri – ha spiegato – “nonhanno cercato il martirio, ma sono sta-ti pronti a dare la vita per rimanere fe-deli al Vangelo” (25-03-2007).I Il Papa ha indicato l’esempio di Ma-ria ai piedi della croce: “Contemplia-mo la Madonna che sul Calvario sigil-la il sì pronunziato a Nazaret. Unita aGesù, il Testimone dell’amore del Pa-dre, Maria ha vissuto il martirio del-l’anima”. E per questo ce l’addita comeRegina dei Martiri (25-03-2007).I Sull’argomento Martiri si ha nellaChiesa un libro ufficiale: il Martirolo-gio. Questo “discorso sui Martiri” è asuo modo un libro di storia della Chie-sa, contiene il loro elenco ufficiale. Maandrebbe di continuo aggiornato, e inqualche modo ci pensa l’Agenzia Fides,che ogni anno pubblica un elenco diMissionari caduti per il Vangelo. Il ci-tato mons. Oscar Romero oggi va con-siderato nella lista ufficiale, in quantoServo di Dio. E l’Agenzia Fides nel 2008ha proposto un altro vescovo, testi-mone della fede con il sangue: mons.Paulos Faraj Rahho, Arcivescovo Cal-deo di Mosul nel tormentato Irak. Furapito al termine della Via Crucis, al-l’uscita della chiesa dello Spirito San-to (la stessa dove, un anno prima, era-no stati uccisi il parroco e tre diaconi).Qualche giorno dopo venne ritrovatoil suo cadavere.I Ci sono Missionari Martiri anchenella Famiglia di Don Bosco? Certo: acominciare da Versiglia e Caravario,santi già accolti nel Martirologio e nel-la liturgia, che festeggiamo ogni 25febbraio. Fucilati in Cina nel 1931. Unodei pirati assassini, dopo aver com-piuto la fucilazione, confidò quasi in-credulo ai suoi compagni: “Sono coseinspiegabili. Ne abbiamo visti tanti mo-rire, e tutti temono la morte. Questi in-vece sono tutto l’opposto: sono mor-ti contenti”. L’Agenzia Fides ha anche

segnalato l’ultimo della Famiglia Sale-siana iscritto alla lista dei MissionariMartiri: padre Johnson Moyalan. In-diano del Kerala, regione dove il Van-gelo fu portato già ai tempi degli apo-stoli. Era missionario nel Nepal, unacristianità incipiente con 7.000 battez-zati. Lavorava nella scuola Don Boscodi Sirsia, “impegnato in un ampio pro-getto di sviluppo sociale per gli indi-geni e la gente delle caste più basse”.I cosiddetti intoccabili. È stato fredda-to con due colpi di arma da fuoco, nelluglio 2008. Il Papa si è interessato alcaso: il card. Bertone, segretario di Sta-to, ha inviato in Nepal il messaggio: “IlSanto Padre, nel raccomandare l’animadi don Molayan alla pietà infinita diDio Onnipotente, chiede a tutti di ri-nunciare alle vie della violenza, per se-guire la strada della pace e della ri-conciliazione”. Comunque là nella scuola Don Boscodi Sirsia qualche tempo dopo i ragaz-zi hanno commemorato a modo loroil missionario scomparso, con... un tor-neo di calcio intitolato a don Mola-yan. Come dire: Laudato si’ mio Si-gnore per frate pallone, lo quale è bel-lo tondo, e rotolando celebra la gloriadei Martiri e dei Santi.

Enzo [email protected]

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Preghiamo

Dio onnipotente emisericordioso, tu haidato ai santi martiriLuigi vescovo e Calli-sto sacerdote la forzadi lottare fino allamorte per annuncia-re il Vangelo e difen-dere la dignità uma-na. Concedi anche anoi, tuoi fedeli, diimitare la loro testi-monianza con fedeperseverante e caritàoperosa (dalla Litur-gia).

U Il Vescovo Mons.Luigi Vermiglia eDon Callisto Carava-rio fucilati in Cina nel1931 sono stati di-chiarati santi insie-me nel 2000.Dipinti di Nino Musio, Ed. Elledici

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Cristoforo Colombo, nel1492, l’aveva battezzata Hi-spaniola e la Spagna neaveva preso possesso. Poi,attraverso complicate vi-cende, l’isola è diventataun miscuglio etnico e po-litico, e si è spaccata in dueStati: a est la Repubblica Do-minicana, con capitale Santo Do-mingo, a ovest Haiti.

Haiti, inizialmente colonia francese,indipendente dal 1804, poi soggetta adittature corrotte, guerriglie e giuntemilitari, oggi è uno dei Paesi più po-veri al mondo, abitato da popolazionidi origine africana. Con il sisma, il do-lore e il vuoto lasciati dai duecentomi-la morti. Neppure i Salesiani, presen-za forte dal 1936, hanno avuto tempoper piangere i tre confratelli e i 500alunni di Port-au-Prince, morti con iloro insegnanti sotto le macerie dellascuola professionale “Don Bosco”. Ri-spondendo all’appello del Rettor Mag-giore Don Pascual Chávez, si sonomessi a disposizione dei superstiti. Sep-

Solidarietà

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Come indicato a pagina 2per contribuire alla presenza e al-

la ricostruzione delle opere salesiane adHaiti, si può fare un versamento sul conto

corrente intestato a: Salesiani Don Bosco Cir-coscrizione Speciale Piemonte, Via MariaAusiliatrice 32, 10152 Torino, presso la Ban-

ca Intesa Sanpaolo, specificando nellacausale “Pro Haiti”; codice IBAN:

IT41C0306901005100000107951

Non piangere,Haiti!

pelliti in fretta i morti in una fossa co-mune, hanno ripreso le attività di sem-pre, a cielo aperto. I 20.000 ragazzi distrada hanno continuato ad avere ognigiorno cibo, gioco e sport. Le tendo-poli allestite accanto alle macerie, han-no ospitato 3.500 senzatetto.

Rapida la corsa alla ricostruzione,sostenuta anche dalla generosità in-ternazionale della Famiglia Salesiana, icui membri si sono attivati con rac-colte di denaro, invio di materiale sa-nitario, di generi alimentari, di giovanivolontari e personale qualificato, di-sposti a lavorare gratuitamente per-ché Haiti si trasformi da sacca di indi-genza in isola felice, in cui si restitui-sce dignità alla vita.

Grande la generosità dei fedeli to-rinesi, che nella sola domenica 24 gen-naio, nella Basilica di Maria Ausiliatri-ce, hanno offerto 13 mila euro per Hai-ti. Generosità che dimostra come, nel-l’era di internet, capace di globalizza-re rapidamente l’economia, la politica,la protesta, si possano globalizzare al-trettanto rapidamente la solidarietà, lasperanza, la giustizia, la pace. E so-prattutto l’amore.

Anna Maria Musso Freni

Foto di Beatrice Giorgi / VIS

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Il poster

C’è un versetto nel famoso prolo-go del Vangelo di Giovanni che

ci aiuta a capire la storia del rappor-to tra Dio e l’uomo: “Venne fra i suoima i suoi non l’hanno accolto”. E que-sto tentativo di non accogliere Dio eil Cristo che ci parla in suo nome èsempre stato presente. Anche oggi.Quante volte, in questi ultimi anni, ab-biamo sentito parlaredel Crocifisso come diqualcosa di ingom-brante, di condizionan-te, di costringente. Qua-si una presenza minac-ciosa... quindi da ri-muovere. Qualcuno che fa paura, colsuo semplice esserci, in quel modo, inquel posto. Meglio una parete bian-ca, insomma, ma senza quel simbolocosì controverso che fa pensare, cheparla anche con il suo silenzio. Trop-po. È sempre stata doppia la perce-zione di quel Crocifisso: per i creden-ti un simbolo religioso di fede, permolti non credenti, di buona volontàe rispettosi degli altri, un simbolo cul-turale, una semplicissima icona delladonazione totale, della non violenza,dell’amore alla verità, della fedeltà aipropri valori, della vicinanza ai debo-li, ai poveri, agli indifesi. Di tutte le età,di tutte le culture. In una parola: unsimbolo dell’amore di Dio per l’uo-mo, e nello stesso tempo un simbo-lo dell’Uomo-Dio, cioè di Gesù il Cri-sto, per l’uomo, per tutto l’uomo, perogni uomo. Il simbolo di un Amorecosì grande da lasciarsi crocifiggere.Crocifisso sì ma con le braccia aper-te per indicare la volontà non di ma-ledire ma di accogliere. Non di esclu-dere, ma di abbracciare tutti, special-mente i più deboli e i calpestati dallastoria. Non di condannare, ma di per-donare, anche i suoi crocifissori, ditutti i tempi.

Chi può aver paura dell’Uomo Cro-cifisso? A chi può far paura? Perché

questa insistenza a volerne rimuove-re la presenza?

Benedetto XVI in un suo discorsoha detto: “Non è il potere che redime,ma l’amore! Questo è il segno di Dio:Egli stesso è amore... Tutte le ideolo-gie del potere si giustificano così, giu-stificano la distruzione di ciò che si op-porrebbe al progresso e alla libera-

zione dell’umanità. Noi soffriamo perla pazienza di Dio. E nondimeno ab-biamo tutti bisogno della sua pazien-za. Il Dio, che è divenuto agnello, ci di-ce che il mondo viene salvato dal Cro-cifisso e non dai crocifissori. Il mon-do è redento dalla pazienza di Dio edistrutto dall’impazienza degli uomi-ni!”. L’Uomo Crocifisso fa e farà sem-pre paura a tutti gli adoratori del diopotere, di tutti i tempi e di tutte le cul-ture. Farà sempre paura a tutti i cro-cifissori dei poveri, ai violentatori del-le coscienze altrui, ai manipolatori difalsi ideali, ai persuasori occulti di per-versione e di sfruttamento dei bam-bini e dei giovani, ai venditori di ideo-logie consumistiche, ai calpestatori deideboli e degli indifesi, ai fondamen-talisti che uccidono innocenti in no-me di un certo loro Dio, ai malati diideologie indifferenti a tutto ciò che ètrascendente, agli edonisti di tutte leculture e razze, ai distruttori dell’am-biente per fini egoistici, ai cultori del-la legge del più forte, a quelli che vi-vono come se la legge non fosseuguale per tutti... A tutti questi ado-ratori del potere dalle mille facce ilmessaggio dell’Uomo Crocifisso dà edarà sempre fastidio. Non sarebbemeglio rimuoverlo?

Mario Scudu

Chi ha paura dell’uomo crocifisso?

“Dio, in Cristo, è povero facendosiuomo per noi, acco-gliendo in sé la sof-ferenza degli altri:egli soffrirà sino al-la fine dei tempi i nostri dolori” (SanMassimo il Confes-sore).

“Dio si fa impo-tente e debole nelmondo ed è così, esolo così, che rima-ne con noi e ci aiu-ta” (Dietrich Bonho-effer).

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L’autore del quadro raffiguratonel poster

Rogier van der Wey-den (Tournai 1399 -Bruxelles 1464) è un pittore fiammin-go, allievo di RobertCampin. Fu pittoreufficiale della città diBruxelles e della Ca-sa d’Este. Rogier fuuno dei primi pitto-ri che usarono ilsupporto della tela anord delle Alpi. Ebbeuna grande influen-za sui pittori del suotempo.

Un’antica preghiera

Gesù Crocifisso!Sempre Ti porto con me, a tutto Ti preferisco.Quando cado, Tu mi risollevi.Quando piango, Tu mi consoli.Quando soffro, Tu mi guarisci.Quando Ti chiamo,Tu mi rispondi.Tu sei la luce che mi illumina, il sole che mi scalda.

Fa piaga nel Tuo cuore la somma del dolore

che va spargendo sulla terra l’uomo; il Tuo cuore è la sede appassionata

dell’amore non vano.Cristo, pensoso palpito,

astro incarnato nell’umane tenebre, fratello che t’immoli

perennemente per riedificare umanamente l’uomo,

Santo, Santo che soffri, maestro e fratello e Dio che ci sai deboli,

Santo, Santo che soffri per liberare dalla morte i morti

e sorreggere noi infelici vivi, d’un pianto solo mio non piango più,

ecco, Ti chiamo, Santo, Santo, Santo che soffri.

Giuseppe Ungaretti

Santo, Santo che soffri

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“Signore, perché hai fatto cose così difficili da spiegare ai bambini del

XXI secolo?”. È la domanda che a mee a molte catechiste càpita talvolta dirivolgere mentalmente, quando cer-chiamo di comunicare il senso del mi-stero alle giovani generazioni tecno-logiche. Per noi che abbiamo frequen-tato gli incontri di Catechismo mezzosecolo fa o giù di lì, tutto era sempli-ce. Il parroco ci sistemava nei primibanchi della chiesa, ci faceva impara-re a memoria il Catechismo di Pio X eregalava un’immaginetta a chi ripete-va le risposte esatte. Nessuno di noi sisarebbe sognato di chiedere spiega-zioni o di metterne in dubbio la veri-dicità. I bambini di oggi, invece, discu-tono sul contenuto della Sacra Scrittura,vorrebbero una storia “diversa”, conparticolari anche di loro invenzione. Ilracconto dell’Ascensione, ad esempio,così come si legge negli Atti degli Apo-stoli, non li soddisfa: “Ma come ha fat-to Gesù a staccarsi dalla Terra e a sa-lire in Cielo? Gli sono spuntate le ali?”,“Ha preso l’ascensore?”, “È stato spa-rato in aria da un razzo?”.

Più difficile, a volte, far accettare al-cuni dogmi, come quello dell’Imma-colata Concezione. Oggi, anche se si ac-cetta che la Madre di Dio sia stata con-cepita senza peccato, risulta inammis-sibile che durante la vita terrena lei nonabbia mai ceduto a tentazioni di alcungenere. Come è possibile che non ab-bia mai commesso un peccato, nean-che uno piccolo piccolo, senza impor-tanza? “Io non ci credo! Non è uma-no!” sentenzia Stefano. Le domande ele contestazioni si susseguono impla-cabili, sino a quando interviene Moni-

ca. “Io ho capito! Per la Madonna ilpeccato era come per me le mele ver-di!”. Risata generale. “Beh, io odio lemele verdi: hanno un sapore aspro chefa venire la pelle d’oca. Anche se stes-si morendo di fame, non mi verrebbemai voglia di mangiarne una!”. “E que-sto che c’entra con il peccato”?, è ladomanda quasi generale. Monica ri-comincia: “C’è qualche cibo che le vo-stre mamme cucinano e che a voi pro-prio non piace?”. Smorfie di disgusto.“Bene, se aveste la casa piena di pas-sati di verdura e pastine in brodo, avre-ste la tentazione di mangiare questecose, e magari rubarle di nascosto?”.“Che schifo!”, è la risposta unanime.“Ecco – conclude la ragazzina – allaMadonna il peccato faceva lo stesso ef-fetto che a voi le minestre delle vostremamme e a me le mele verdi. Il pec-cato le faceva girare la faccia dall’altraparte”. Sì, adesso hanno capito. Certo,ci sarebbero da dire che oltre al di-sgusto per il peccato, l’eccezionale vir-tù di Maria ha contribuito a preser-varla da ogni macchia. Ma questo èun altro discorso. Per ora, grazie, Mo-nica, per le tue mele verdi!

Anna Maria Musso [email protected]

Esperienze di catechesi

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L’Immacolata e le mele verdi

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Lo scorso 19 dicembre, per decisio-ne di Papa Benedetto XVI, alcuni

“Servi di Dio” hanno assunto il titolodi “Venerabili”. Tra loro, il salesianodon Giuseppe Quadrio. Eccovi in que-ste pagine una breve biografia (permaggiori informazioni, si veda il si-to: www.sdb.org) e l’intervista a donFerdinando Bergamelli (il testo inte-grale è sul sito: www.donbosco-tori-no.it).

– Don Ferdinando Bergamelli, quan-do e dove ha conosciuto don Giu-seppe Quadrio?

– La prima volta avevo dodici anni.Era il primo di settembre del 1947: eroappena partito da casa ed ero giun-to a Penango (Monferrato), nell’aspi-rantato salesiano. Abituato alle pare-ti domestiche, mi trovai sperduto espaesato in mezzo a tanti ragazzi (cir-ca 120). Ero molto triste e soventescoppiavo in lacrime. Un mattino misi avvicinò don Quadrio. Mi colpì ilsorriso e la tenerezza con cui si ri-volse a me. È una piccola cosa con-solare un bambino che piange, ma ilsorriso di don Quadrio in quel gior-no lontano mi è rimasto scolpito nelcuore.

– Per quanti anni ha potuto esser-gli vicino?

– Ho ritrovato don Quadrio nell’ot-tobre 1960, quando giunsi a Torino,nell’Istituto Internazionale Don Bosco(Crocetta). Proprio alcuni mesi primagli era stato diagnosticato un linfo-granuloma maligno; per lui cominciòun calvario durato tre anni. Io ho cer-cato di stargli vicino il più possibile.

Sono rimasto letteralmente stupito ecommosso di fronte alla inesauribilepazienza, costanza, forza d’animo concui egli sopportò questo male deva-stante. Non ho mai sentito uscire dal-la sua bocca un benché minimo la-mento. Mai. Io l’ebbi per quasi tre an-ni mio confessore e direttore spiri-tuale. E l’ho visto anche morire. Era-no circa le 22,40 del 23 ottobre 1963.Egli giaceva supino sul letto e ranto-lava nell’agonia. Improvvisamente av-venne un potente sbocco di sangue,che lo soffocò. Nel mio piccolo notes,che conservo ancora gelosamente,annotavo: “È morto don Quadrio! Unsacerdote santo ed eroico! L’ho vistomorire anche! Quale lezione! Un sa-

Memorie salesiane

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U Don FerdinandoBergamelli è docentedi Patristica presso laPontificia UniversitàSalesiana di Torino.In basso una foto-grafia di don Qua-drio poco tempo pri-ma della morte.

Don Giuseppe Quadrio

Compiere l’ordinario con amore s

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crificio cruento: uno sbocco disangue!”.

– Quali erano le sue doti prin-ci pali?

– Anzitutto una umanità ricca,profonda e coinvolgente, che loportava istintivamente alla soli-darietà ed alla condivisione. Nel-la formazione dei suoi chierici, in-sisteva moltissimo sulle virtù u -mane del sacerdote. Voleva che ifuturi sacerdoti da lui formati fos-sero prima di tutto uomini au-tentici. Ma egli è stato anche, esoprattutto, un “uomo di Dio”, un“prete santo”. Realizzò nella glo-balità della sua persona armo-nica, l’incarnazione del “Cristo oggi”.

– Perché don Quadrio è da pro-porre come modello di sacerdo-te e di salesiano?

– Perché la santità caratteristica didon Quadrio è fatta di semplici-tà, di piccoli, apparentemente “mi-nimi doveri”, come lui era solitochiamarli, da vivere però con fedeltàeroica nel quotidiano. Il Venerabile hacercato di farsi santo nella verità del-la vita feriale, rifuggendo quasi istin-tivamente da eventi mistici straordinari,che avrebbero potuto prestare il fian-co all’illusione e all’orgoglio, ma com-piendo con amore straordinario l’or-dinario di tutti i giorni. E sempre conquel sorriso luminoso sul volto, im-parato da Don Bosco.

A cura di Lorenzo [email protected]

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“Cercherò di farmi santo”Don Giuseppe Quadrio nasce a Vervio (Sondrio), il 28 novem-bre del 1921, in una famiglia contadina. Da ragazzo si dà unregolamento di vita, che termina con: “Cercherò di farmi san-to”. Dopo la lettura della vita di Don Bosco, nel 1933 entra nel-l’Istituto missionario salesiano di Ivrea. Poi, frequenta l’Univer-sità Gregoriana di Roma. Durante la seconda guerra mondia-le, dedica il tempo libero agli “sciuscià”, gli orfani. Nel 1946,presente anche il futuro Papa Paolo VI, difende la definibilitàdogmatica dell’Assunzione di Maria in cielo. È ordinato sacer-dote nel 1947. Nel ’49 inizia l’insegnamento nello StudentatoTeologico di Torino. Nel 1954 è nominato “decano” della Facoltàdi teologia. Nel ’60 gli è diagnosticato un tumore. Muore a To-rino il 23 ottobre 1963, a neppure 42 anni.

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Le catacombe di Roma sono aree ci-miteriali sotterranee scavate nel tu-

fo, al di fuori dell’antica cinta murariadella città. I nuclei più antichi risalgo-no alla fine del II secolo. Precedente-mente i cristiani erano sepolti insiemecon i pagani; quando la comunità di-venne più numerosa, fu necessariocreare cimiteri collettivi. Per risolvere ilproblema dello spazio e grazie alla fa-cilità dello scavo nel tenero tufo sot-tostante la città, i sepolcreti furono rea-lizzati con gallerie sotterranee a piùpiani. Lungo le pareti sono ricavate letombe, dette loculi, disposte su file ver-ticali e destinate a contenere uno o piùcadaveri; esternamente erano chiuseda lastre di marmo o di terracotta, sucui spesso erano incisi il nome del de-funto ed il mestiere, accompagnati dasimboli cristiani.

Nel III secolo, nella sola Roma sicontavano 25 cimiteri sotterranei, alcunidei quali erano in possesso della Chie-

sa. Già dal V secolo, si cominciò adabbandonare la sepoltura nellecatacombe, che continuarono co-munque ad essere meta di pel-legrini. Tra il sec. VIII ed il IX, in

seguito ai saccheggi dei barbari, lereliquie dei martiri furono trasla-te nelle chiese entro le mura cit-tadine, le catacombe furono gra-dualmente abbandonate e del-le sepolture si perse persino lamemoria. Furono riscoperte dalXVI secolo e cominciarono adessere esplorate prima con An-tonio Bosio (1575-1629) e so-prattutto con le ricerche diGiovanni Battista de Rossi(1822-1894).

Il sepolcreto donato da Commodilla

Le catacombe di Commodilla si tro-vano non lontano dalla via Ostiense. Ilnome trae origine dalla donatrice delterreno. Vi furono sepolti, tra gli altri,i martiri Felice e Adautto: un carme re-datto da Papa Damaso (305-387) ciinforma che questi due martiri eranofratelli ed entrambi sacerdoti.

La zona dove era posto il sepolcrodei martiri, in una piccola basilica sot-terranea, fu ricavata in un’antica cavadi pozzolana. Dall’analisi dei reperti edalle caratteristiche si è indotti a data-re l’uso di questa catacomba agli inizidel IV secolo, ma forse la cava di poz-zolana fu utilizzata in parte come luo-go di sepoltura già prima della chiu-sura. Le catacombe furono usate finoal VI secolo.

La catacomba è famosa per le nu-merose opere che la decorano e, inparticolare, per un affresco che segnala tomba di una certa Turtura: vi è raf-figurata una Madonna con Bambino,seduta su uno scranno prezioso, af-fiancata dalle figure dei due santi Fe-lice e Adautto e della defunta Turtura.

Maria nell’arte

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Una Madonna bizantina

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Accanto a lei due sacerdoti martiri

L’opera risale al VI secolo ed è si-gnificativa dell’arte romana del primoMedioevo dove si possono cogliere gliultimi bagliori dell’antica pittura. Unaieratica Madonna, in visione frontale,siede placida su un trono rivestito dilastre d’oro e tempestato di pietre pre-ziose; tiene stretto a sé il piccolo Ge-sù, seduto in grembo, quasi a sottoli-neare la sua divina maternità. I santi Fe-lice ed Adautto affiancano Maria, rigi-di come due accoliti; il capo è circon-dato da un ampio nimbo e sono rive-stiti di una tunica clavata (con due stri-sce color porpora) e di una toga bian-ca leggermente chiaroscurata, indu-

menti che conferiscono loro impor-tanza e dignità. Turtura è presentataalla Vergine dal martire Felice e reggetra le mani un oggetto indefinibile, for-se un cero, avvolto da un candido man-tile. La figura della Vergine non ha vo-lume; sul vestito deteriorato è annul-lato ogni effetto chiaroscurale; la pre-della su cui poggia i piedi, presenta unprimitivo tentativo di prospettiva, inmodo da dare consistenza spaziale altrono. Le immagini sono di evidentederivazione bizantina e specialmente idue santi, si possono accostare alleanaloghe raffigurazioni nella basilicaravennate di Sant’Apollinare nuovo.

Natale [email protected]

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T Un affresco nellacatacomba romanadi Commodilla raffi-gurante la Madonnacol bambino.Nell’altra pagina: dueparticolari ingran -diti.

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Rotterdam, Olanda. Luogo di nasci-ta di Erasmo, la città con il più

grande porto d’Europa, che nel 2009è stata nominata capitale europea del-la gioventù, ospiterà dal 28 dicembre2010 al 1º gennaio 2011 la Comunitàecumenica di Taizé per il suo consue-to incontro europeo dei giovani, il “pel-legrinaggio di fiducia sulla terra”. A rac-contarlo è il Vescovo di Rotterdam,Mons. Adrianus Herman van Luyn, sa-lesiano, che abbiamo incontrato nellasacrestia della basilica di Maria Ausi-liatrice a Valdocco in occasione della fe-sta di San Giovanni Bosco il 31 gen-naio scorso. «Sono proprio felice didare questa notizia – è il primo com-mento di Mons. Van Luyn – anche per-ché la richiesta è venuta congiunta-mente dalla Conferenza Episcopale Cat-tolica dei Paesi Bassi, dal PKN (Prote-stante Kerk Nederlands, la principalechiesa protestante dei Paesi Bassi), cheinsieme hanno chiesto di ospitare que-sto incontro, segnale forte di una gran-de intesa delle chiese maggiori d’Olan-da. Ci aspetta quindi un anno molto in-

tenso di pastorale giovanile perché do-vremo prepararci ad accogliere i gio-vani in una città simbolo dello svilup-po economico, del benessere e cherappresenta la parte più industrializzatadel paese. Una città multiculturale in cuiconvivono 170 nazionalità diverse edalla quale dimostreremo che è ancorapossibile raccogliere i giovani sulle ve-re domande della vita, sul senso dellavita, su una prospettiva umana e uma-nizzante. Noi sappiamo che l’unica ri-sposta a queste domande viene dalVangelo, così come ha anche detto ilnostro Rettor Maggiore, don PasqualChávez Villanueva, affermando come“la globalizzazione, il secolarismo, ilpluralismo, il relativismo segnano loscenario in cui oggi deve risuonare labuona novella, che dà all’uomo luce esperanza”. Per questo è molto impor-tante questo pellegrinaggio della co-munità di Taizè».

– E come presentare in modo com-prensibile e credibile soprattutto aigiovani questo programma evange-

Attualità

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Con la comunità di Taizé

A Rotterdam da tutta EuropaA Rotterdam da tutta Europa

U Mons. AdrianusHerman van Luyn,vescovo di Rotterdam,è presidente dellaCommissione degliEpiscopati della Co-munità Europea.Foto di Maurizio Versaci

Y Rotterdam ospite-rà la Comunità Ecu-menica di Taizé allafine di quest’anno inoccasione del con-sueto incontro euro-peo dei giovani.Foto di Damir Jelic

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lico che va tanto controcorrente ri-spetto alle tendenze moderne?

– Nella nostra Diocesi di Rotterdamin cui vivono 3 milioni e mezzo di abi-tanti abbiamo cercato di concretizza-re questo progetto con un program-ma che si fonda su tre parole: spiri-tualità, solidarietà e sobrietà. Di spiri-tualità, ossia l’esperienza personale delrapporto con Dio, abbiamo tutti biso-gno. Dappertutto nel continente euro-peo si aspira disperatamente a unanuova interiorità, si cercano nuove for-me di comunione spirituale. Vita inte-riore e condivisione spirituale necessi-tano di educazione e formazione, af-finché le singole persone acquisiscanoun rapporto personale di fiducia e diabbandono in Dio amore. La solida-rietà è strettamente legata alla spiri-tualità, poiché le due dimensioni di spi-ritualità e solidarietà sono le due fac-ce inseparabili dell’unico necessario:l’amore verso Dio e l’amore verso ilprossimo. Una condizione prelimina-re per un’autentica spiritualità e soli-darietà, è la sobrietà, ossia prenderedistanza dal consumismo, edonismoe materialismo moderni, temperandole proprie esigenze e aspirazioni e con-centrando l’attenzione sulla responsa-bilità propria verso Dio e verso il pros-simo, particolarmente verso i giovani,quelli che vivono in condizioni di po-vertà ed esclusione, e verso le genera-zioni future che rischiamo di privaredelle necessarie risorse della natura.

– Lei come presidente della Comece(Commissione degli episcopati dellaComunità europea) ha più volte sol-lecitato il governo d’Europa sulle pro-blematiche che più affliggono il con-tinente.

– Il nostro compito è di monitorare losviluppo delle Istituzioni sulla base del-la dottrina sociale della Chiesa, quindiprima di tutto la dignità inalienabiledella persona umana non solo come

singolo ma anche come società e delbene comune che ne è una diretta con-seguenza. Noi quindi dialoghiamo conla commissione europea, con il Parla-mento su diversi temi, dalle questionidi etica della difesa della vita umana aquelle della giustizia sociale, dall’im-migrazione, all’ambiente, alle politichesociali, la pace, l’aiuto ai paesi in via disviluppo, il disarmo nucleare, un temadi stretta attualità verso cui sollecitia-mo i governi a rendersi conto dell’ef-fettiva necessità di una condivisa azio-ne in questa direzione.

– I giovani possono essere protago-nisti della costruzione di questa Eu-ropa?

– Come famiglia salesiana così comeDon Bosco sentiamo oggi forte la sup-plica dei giovani d’Europa in cerca diorientamento, di un cammino, di unadestinazione. A loro siamo chiamatiad annunziare la parola del Signoreattraverso il carisma salesiano, di cuil’Europa, secolarizzata, individualista ematerialista ha grande bisogno.

Maurizio [email protected]

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U Mons. Van Luyncon il Rettore dellanostra Basilica donFranco Lotto.Foto di Maurizio Versaci

RMA onlineSu www.donbosco-torino.it oppure suwww.ausiliatrice.netin approfondimenti,potete leggere anchel’articolo di don PierGiuseppe Accorne-ro “La Chiesa e il ma-lato”.

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Dal 21 al 24 gennaio scorso, a Ro-ma, si è svolta la XXVIII edizio-

ne delle Giornate di Spiritualità della Fa-miglia Salesiana.

Impostata sulla “strenna” data dalRettor Maggiore per il 2010, ha rinno-vato l’impegno di tutti per rafforzarsinella “sequela Christi” e per portare ilVangelo ai giovani. Due icone biblichehanno accompagnato le giornate.

La prima è quella dei discepoli diEmmaus, dove San Luca presenta ciòche facilita l’incontro con Gesù. Un pa-radigma di un riuscito cammino di fe-de, nel quale si descrivono le tappe edi suoi contenuti e insieme, un forte sti-molo a chiedersi: “Qual è la mia Em-maus? Dove e quando il Signore Ge-sù si è fatto mio compagno di strada?Quando l’ho riconosciuto come il Ri-sorto?”. È solo da persone, comunità egruppi che condividono l’esperienzadel Risorto che nasce, infatti, la passioneper un’autentica missione evangeliz-zatrice, rivolta soprattutto ai giovani.

Maria, modello di ogni credente

La seconda icona è il quadro del-l’artista-sacerdote Sieger Koeder, rap-presentante il Padre misericordioso,scelto dal Rettor Maggiore quale me-tafora della “strenna” 2010. RaffiguraDon Bosco che pone al centro del suoannuncio e della sua opera l’essere se-gno dell’amore misericordioso e pa-terno di Dio. In questo cammino di fe-de e di annuncio, Maria è modello diogni credente. «Così appare, sin dal pri-mo momento nel Vangelo di Luca, chenel racconto dell’Annunciazione la favedere aperta in forma incondiziona-ta alla volontà di Dio, anche se questanon coincideva con il suo progetto per-sonale e anche se non capiva tutto (Lc1,26-38; 2,19.50.51). Stando alla testi-monianza dello stesso Gesù, la gran-dezza di sua madre è quella di averascoltato la Parola di Dio e averla cu-stodita con amore (Lc 11,28). Ecco la suavera maternità! Questa visione di Ma-

La pagina dell’ADMA

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Vogliamo vedere Gesù!

Y I rappresentantiADMA alla XXVIIIedizione delle Gior-nate di SpiritualitàSalesiana.

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ria come modello di fede e madre dicredenti appare anche nel Vangelo diGiovanni, che la nomina solo due vol-te, e come “donna”, all’inizio nelle noz-ze di Cana (Gv 2,1-11), suscitando conla propria fede nel Figlio la fede dei di-scepoli, e alla fine ai piedi della croce(Gv 19,25-27), quando viene affidatoalla sua “scuola” il discepolo amato ea questi viene consegnata Lei comemadre. La grandezza di Maria è dun-que la sua fede e in questo ci viene of-ferta come modello da imitare e comemadre da accogliere» (don Pascual Chá-vez). E Maria è Ausiliatrice soprattuttonel portarci a Gesù e nel farcelo co-noscere attraverso il suo cuore di Ma-dre e di credente.

Nel 2011 il Congresso a Czestochowa

I contenuti presentati nelle relazio-ni sono stati ripresi nelle testimonian-ze, espressione della ricchezza apo-stolica ed evangelizzatrice dei gruppidella Famiglia Salesiana. In particola-re, ricordiamo l’iniziativa dell’Ispettoriadi Pila, in Polonia: da anni, ispirando-si alle “passeggiate autunnali” di DonBosco, ai giovani sono proposti pelle-grinaggi e incontri di evangelizzazio-ne, anche nelle strade e sulle piazze.L’esperienza è iniziata nel 1991 a JasnaGora – quando Giovanni Paolo II la-sciò ai giovani un mandato preciso:“Andate e predicate” – e coinvolge mi-gliaia di persone in un intenso cam-mino di fede.

Un’altra testimonianza è stata offer-ta da Armando e Pina Bellocchi, Sale-siani Cooperatori di Biancavilla (Sicilia)con cinque figli, che stanno dedicandola loro vita a portare il Vangelo ai gio-vani attraverso il carisma salesiano, at-traverso la musica e il teatro. L’ADMAè stata rappresentata da una trentina dipersone, provenienti da varie città d’Ita-lia, in particolare dalla Sicilia.

Un momento particolarmente in-tenso è stato la “Buona notte” di sabato23, affidataci per annunciare a tutta laFamiglia Salesiana la celebrazione delVI Congresso Internazionale di MariaAusiliatrice, che si svolgerà presso ilsantuario polacco della Madonna Ne-ra di Czestochowa, dal 3 al 6 agosto2011. Don Pier Luigi Cameroni, ani-matore spirituale, e Tullio Lucca, pre-sidente dell’ADMA Primaria, con la mo-glie Simonetta, hanno presentato il si-gnificato dell’iniziativa, come momen-to di comunione e di rinnovato impe-gno apostolico di tutta la Famiglia Sa-lesiana sotto lo sguardo e con l’aiutodi Maria.

Pier Luigi [email protected]

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ADMA newsPer informazioni complete e aggiornatesul l’ADMA nel mondoconsultate il sito:www.donbosco-torino.itadma-on-line

U Il Rettor Maggio-re don Pascual Chá-vez nel gesto che ri-chiama lo slogan “Vo-gliamo vedere Gesù”.

BRUNO BARBERIS

SINDONE IL MESSAGGIOUNIVERSALEEditrice Elledici, pagg. 32 - € 2,00

Una guida illustrata, scritta con lin-guaggio adatto a tutti. Sussidio ideale per quanti verranno a Tori-no per l’Ostensione della Sindone dal 10 aprile al 23 maggio.

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La prima apparizione

Sabato 18 marzo 1536, Antonio Bot-ta, un contadino nativo della valle

di San Bernardo, a sei chilometri daSavona, si reca di buon mattino nellasua piccola vigna per completare lapotatura delle viti. Strada facendo re-cita, come suo solito, il santo Rosario;giunto al piccolo torrente che deve at-traversare pensa di rinfrescarsi in quel-le acque, e proprio in quel momentogli appare la Madonna. La sua depo-sizione ufficiale è conservata nel San-tuario, incisa su lastra di marmo findal 1596. Egli racconta che, mentre èintento a lavarsi le mani, vede scende-re dal cielo un grande splendore; ri-mane tramortito, sta per cadere neltorrente, tanto che gli cade il berrettodal capo, e sente una voce proveniredalla figura di donna che vede nellosplendore. “Levati e non dubitare ch’ioson Maria Vergine. Vai dal tuo con-fessore e digli che annunzi in chiesa alpopolo di fare digiuni per tre sabati e

di venire in processione in onore diDio e della sua Madre. Tu poi ti con-fesserai e comunicherai; il quarto sa-bato tornerai in questo luogo”. Nel frat-tempo, il Botta sente passare per lastrada pubblica alcuni mulattieri e, perpaura di essere notato, vuole nascon-dersi, ma la Visione gli dice: “Non timuovere, che non potranno vedere nél’uno né l’altro”. Quindi la Figura scom-pare e con lei scompare anche lo splen-dore.

Riavutosi dallo stupore, Antonio cor-re ad informare dell’accaduto il Retto-re di San Bernardo in Valle, un france-scano, che conoscendo la sincerità el’onestà di Antonio informa Mons. Bar-tolomeo Chiabrera, Vicario generaledel Cardinale Agostino Spinola per laDiocesi di Savona. I predicatori poi, es-sendo in quaresima, eseguono l’ordi-ne della Madonna ed invitano il popoloa fare penitenza.

La seconda apparizione

L’8 aprile, vigilia della Domenica del-le Palme, e quarto sabato dopo la pri-ma apparizione, Antonio Botta, fedeleall’invito della Madonna, ritorna sulluogo del miracolo. Si pone in ginoc-chio, raccoglie le mani in preghiera, edecco il prodigio si ripete. Il cielo si apreed un luce intensa, abbagliante, si po-sa su un sasso del torrente, ed a po-co a poco prende forma di una Si-gnora, tutta vestita di bianco, corona-ta d’oro fulgente, con le mani tese ingiù ed allargate in un gesto di dolcis-sima misericordia.

Quindi la Signora dice: “Tu andrai daquelli di Savona che mandarono a chie-

Appuntamenti mariani

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Misericordia, Figlio, voglio e n18 marzo 1536 - Nostra Signora di Misericordia in Savona

CSDM onlineConsultate l’archivioon-line del Centro didocumentazione. Tro-verete anche nuoveinformazioni ed ap-profondimenti.www.donbosco-torino.itQuesto mese: storiaillustrata dei Papi del-la prima metà del Vsecolo.

I Il Santuario dellaMadonna della Mi-sericordia a Savona.

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dere spiegazioni sul mio primo mes-saggio, e dirai che annuncino al popolodi digiunare per tre sabati e faccianofare la processione per tre giorni da tut-ti i Religiosi e Case di Disciplinanti; eda questi Disciplinanti sia raccomanda-ta la disciplina (flagellazione), soprat-tutto nel giorno di Venerdì Santo... E ingenere che annuncino a tutto il popo-lo di emendarsi dalle loro iniquità, e dilasciare i vizi e i peccati, perché il mioFigliuolo è molto adirato verso il mon-do per le grandi iniquità che in esso alpresente regnano”.

Detto questo la Signora alza tre vol-te le mani e gli occhi al cielo ed escla-ma, rivolta a Gesù: “Misericordia, Fi-glio, voglio e non giustizia!”. Quindiscompare ed in quel luogo per lungotempo rimane un intenso profumo.

La terza apparizione

Il 18 marzo 1580, quarantaquattroanni dopo le prime apparizioni, la Ma-donna si mostra nuovamente nella val-le del Letimbro ad un frate Cappucci-no, padre Agostino da Genova. L’ap-parizione avviene sul poggio che si ele-va solitario a nord-ovest del Santua-rio: è quasi un gesto di benedizione perla processione votiva che sta giun-gendo al Santuario a conferma delmessaggio della Madonna e della suaprotezione. Sul posto viene prima po-sta una Croce (di qui il nome di Cro-cetta dato al luogo), e nel 1680 vieneeretta una Cappella a pianta ottagonalecon cupola.

Il Papa Benedetto XVI ha recente-mente onorato il Santuario della Ma-donna della Misericordia con l’onori-

ficenza della Rosa d’Oro, come segnodi speciale distinzione, secondo in Ita-lia dopo il Santuario di Loreto, insi-gnito da Giovanni Paolo II.

Mario [email protected]

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e non giustizia T Immagine dell’ap-parizione della Ver-gine ad Antonio Bot-ta.

I Papa Pio VII cheincorona la Vergine.Entrambe le imma-gini sono conservateall’interno del San-tuario.

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ORISSA, BOMBA SUI CRISTIANI

Ci sarebbero alcuni estremisti indù dietro l’attentato che ha causato

una vittima e quattro feriti nel campodi profughi cristiani di Nandamaha,nel distretto di Kandhamal, la zonapiù colpita dalle violenze anticristianenello stato indiano dell’Orissa. Unabomba è esplosa vicino alle case cheospitano un centinaio di cristiani ap-partenenti a 11 famiglie ancora sfol-late dalle proprie abitazioni a causa deipogrom anti-cristiani dell’agosto 2008,eventi che causarono 90 vittime e 50mila sfollati. L’agenzia “Ucanews” ri-ferisce che i quattro feriti sono cri-stiani, mentre non è ancora notal’identità della persona rimasta vittimadell’esplosione.

I cristiani locali non hanno dubbi:tale attentato avrebbe lo scopo di “de-stabilizzare” i cristiani residenti nelcampo profughi, provenienti per lopiù dalla parrocchia di Betticola, unadelle più segnate dall’ondata di attac-chi dello scorso anno. Secondo quan-to si è appreso, la polizia locale hascoperto alcune armi nascoste vicinoal campo profughi. Alcune fonti del-la locale diocesi di Cuttack-Bhubane-

swar raccontano che i sospetti si con-centrarono su gruppi di fondamenta-listi indù che ancora oggi minaccianoi cristiani di Kandhamal, invitandoli adiventare indù per sfuggire alle vio-lenze. E dietro a questa nuova fiam-mata di violenza ci sarebbe il tentati-vo delle famiglie cristiane di ripren-dere una vita normale, ricostruendo leproprie case su terreni concessi dal-l’amministrazione statale dell’Orissa.

L. Faz.Da Avvenire, 30 settembre 2009

PACE

Una giornata sul creato. “Se vuoi coltivare la pace, custodisci il

creato”: è questo il tema del messag-gio di Papa Benedetto XVI per la Gior-nata mondiale della pace del primogennaio 2010.

Con la scelta della questione am-bientale c’è la volontà di “sollecitareuna presa di coscienza dello strettolegame che esiste nel nostro mondoglobalizzato e interconnesso tra sal-vaguardia del creato e coltivazionedel bene della pace”. Tale “stretto eintimo legame” è messo sempre piùin discussione dai cambiamenti cli-matici e se l’uomo “non saprà far fron-te a queste nuove sfide con un rin-novato senso della giustizia ed equi-tà sociali si corre il rischio di seminareviolenza tra i popoli”.

Da Jesus, 2004

Notizie e avvenimenti a cura di Mario Scudu

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Y “Se vuoi coltivarela pace, custodisci ilcreato”: è il tema del-la Giornata Mondia-le della Pace 2010.

Y In India i cristianisono minacciati ed inpericolo. Molti sonostati vittime di vio-lenze e assassini.

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Lettere a suor Manu

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Quando ho detto a mio marito che aspettavo il terzo figlio, mi ha

detto che non ce la faceva più. Se n’èandato. Ora ho tre bimbe. Le due piùgrandi lo adorano e soffrono un sac-co, vanno da lui nei week-end, mami sembra anche peggio... L’ultimanon ha ancora un anno, non lo co-noscerà. Per lei farò io da mamma eda papà. Suor Manu, dammi qualchedritta per non farle mancare nulla alivello educativo. In fondo, se suo pa-dre è egoista, meglio che se ne siaandato, no?

Mai dire “meglio soli”, soprattuttoin fatto di educazione. A scuola c’èun consiglio di classe, è indispensa-bile; al catechismo c’è una comunità,così anche in famiglia. Non possia-mo pensare di realizzare da soli l’im-presa più importante e difficile di ognivita: l’educazione.

Ecco, la prima “dritta” che mi per-metto di darti è: prova a capire senon c’è nessuna possibilità che tuomarito ritorni, facendo tu il primopasso, perdonandolo o facendoti per-donare...

Poi, trova qualche alleato, solita-mente sono i nonni! Abbiamo biso-gno di qualcuno con cui confrontar-ci, che ci dica un parere anche diver-so dal nostro, almeno nelle decisionipiù grandi.

Abbiamo bisogno di solidarietà, dicondivisione, di raccontarci le diffi-coltà che incontriamo, le soluzioni chevediamo possibili. Di raccontare i mi-racoli che vediamo realizzarsi nella vi-ta dei nostri figli, le piccole, grandiconquiste! Di raccontare i disastri che

facciamo o che non riusciamo a evi-tare ai nostri figli.

Una volta ho ascoltato una mam-ma: non le ho detto quasi nulla, l’hoascoltata mentre si poneva le doman-de e cercava da sola le risposte; alla fi-ne era felice ed io più di lei; a voltel’amicizia è soltanto fare da specchio.

Educare insieme è un dovere per-ché i figli sono troppo preziosi. Anchese lui se ne va, non possiamo per-metterci di essere educatori single. For-se ci serve un briciolo di umiltà perchiedere a un fratello o una sorella, aun sacerdote o una catechista, di al-learsi con noi. Soprattutto non faccia-moci mancare l’alleato migliore: Dio.Confidiamogli le nostre preoccupa-zioni, ringraziamolo per i doni che cer-tamente non ci fa mancare, chiedia-mogli perdono per le mancanze diamore, chiediamogli di aiutarci con lasua Parola. Con Dio non saremo ge-nitori unici, ma avremo un alleato uni-co: Dio è Amore!

Manuela [email protected]

Da soli no!

” U L’educazione deifigli è l’impresa piùimportante e difficiledi ogni vita.

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Sommario Nº 3 - MARZO 2010AV

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Rivista della Basilica di Torino-Valdocco Se non sei ancora abbonato/a a questa rivista e desideri riceverla in

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3 La carità segna tutta la nostra vitaLa pagina del Rettore Don Franco Lotto

4 Parola di Dio o Dio che parla?Editoriale Don Stefano Martoglio

6 L’amore e la sua stradaLeggiamo i Vangeli Marco Rossetti

8 Una vita carica di eternitàSpiritualità mariana Maria Ko Ha Fong

10 Maria capolavoro dello Spirito SantoMaria nei secoli Roberto Spataro

12 Missionari martiri, invito alla fedeltàIl Papa ci parla Enzo Bianco

15 Chi ha paura dell’uomo crocifisso?Il poster Mario Scudu

19 L’Immacolata e le mele verdiEsperienze di catechesi Anna Maria Musso Freni

20 Compiere l’ordinario con amore straordinarioMemorie salesiane Lorenzo Bortolin

22 Una Madonna bizantina nella catacomba romanaMaria nell’arte Natale Maffioli

24 A Rotterdam da tutta EuropaAttualità Maurizio Versaci

26 Vogliamo vedere GesùLa pagina dell’ADMA Pier Luigi Cameroni

28 Misericordia, Figlio, voglio e non giustiziaAppuntamenti mariani Mario Morra

31 Da soli no!Lettere a suor Manu Manuela Robazza

FOTO DI COPERTINA:

Ritorni / con movimenti non più tuoi / nelle braccia di tua Madre. / T’accoglie / per amarti an-cora / nel suo primo tramonto / senza di te, figlio. / Intorno / piccole corolle di chiesa / impa-zienti s’affacciano. Da “Prima sepoltura” di Piera Paltro.

Cristo in Croce, Rogier van der Weyden (1399-1464), Kunsthistorishes Museum, Vienna.

03 MA-mar-2010 19-02-2010 11:43 Pagina 32