UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MILANO - Allenatori di Pallavolo · sottili per permettere i movimenti...

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1 UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MILANO FACOLTA’ DI SCIENZE MOTORIE corso di laurea triennale in scienze motorie, sport e salute ( l-22) La prevenzione degli infortuni alla caviglia attraverso l’allenamento propriocettivo nella pallavolo. Tesi di laurea di: ALICE BORTOLI matricola: 745404 relatore: Prof. WALTER RAPETTI ANNO ACCADEMICO 2010/2011

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MILANO

FACOLTA’ DI SCIENZE MOTORIE

corso di laurea triennale in scienze motorie, sport e salute

( l-22)

La prevenzione degli infortuni alla caviglia

attraverso l’allenamento propriocettivo

nella pallavolo.

Tesi di laurea di: ALICE BORTOLI

matricola: 745404

relatore: Prof. WALTER RAPETTI

ANNO ACCADEMICO 2010/2011

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INDICE:

1. Introduzione .................................................................................................... 1

2. Traumi e lesioni della caviglia ....................................................................... 2

2.1 Anatomia della caviglia ................................................................................................ 2

2.2 Distorsione dell’articolazione tibio-tarsica .............................................................. 2

2.3 Fattori di rischio ............................................................................................................... 4

2.4 Dati e percentuali ........................................................................................................... 5

3. La prevenzione ..................................................................................................................... 7

4. L’allenamento propriocettivo ......................................................................................... 9

4.1 Cos’è la propriocezione? ............................................................................................. 9

4.2 La propriocezione di piede e caviglia .....................................................................12

4.3 Come la propriocezione può prevenire gli infortuni alla caviglia? .................13

4.4 Preparazione e strutturazione dell’allenamento propriocettivo .......................15

4.5 Dati sperimentali sull’efficacia della prevenzione propriocettiva ....................18

5. Esercizi propriocettivi per la prevenzione della caviglia ..................................20

5.1 Esercizi generali a carico naturale senza tavolette propriocettive.................21

5.2 Esercizi generali a carico naturale con tavolette propriocettive .....................22

5.3 Esercizio specifici a carico naturale con tavolette propriocettive ....................24

6. Conclusione .........................................................................................................................26

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1. INTRODUZIONE

Molto spesso, durante la pianificazione e programmazione annuale degli obiettivi

delle varie sessioni degli sport di squadra, si viene sopraffatti dalla paura della

mancanza di tempo, e vengono tralasciati aspetti dell’allenamento molto importanti,

erroneamente considerati secondari. Primo tra tutti la prevenzione.

La prevenzione, e il calcolo di determinati rischi sono argomenti che coinvolgono

varie figure all’interno di una squadra: il preparatore atletico, l’allenatore, il medico

sportivo e il fisioterapista. Attraverso la collaborazione reciproca tra staff tecnico e

staff medico bisogna riuscire a trovare un giusto equilibrio tra performance e

riduzione degli infortuni.

In uno sport come la pallavolo, gli aspetti dinamici e meccanici, espongono

costantemente l’atleta a rischio di sovraccarico funzionale e, talvolta, a eventi

traumatici; lo scopo della prevenzione è quindi mettere in sicurezza, o eliminare, una

o più cause che possono generare un dato infortunio.

La patologia traumatica più frequente in questo sport è la distorsione tibio-tarsica,

che incide tra il 17 e il 61%. È stato calcolato da alcuni autori norvegesi che il rischio

di distorsione alla caviglia è circa di 1 su 1000ore di attività, ed è 4 volte superiore in

partita che in allenamento. Inoltre il rischio di recidiva è 3,8 volte superiore rispetto

all’articolazione sana.

“Il piede è la piattaforma di un pallavolista”: incide sulla reattività in base alla sua

stiffness, sui cambi di direzione frontali e laterali e sul caricamento del salto grazie

alla flesso estensione e alla forza dell’asse sagittale e frontale. Ed è proprio dal piede

che si può cominciare a lavorare, attraverso la riproduzione di situazioni di instabilità

e la stimolazione degli organi ricettoriali contenuti nelle zone legamentose, capsulari,

muscolari e tendinee dell’articolazione della caviglia che informano i centri superiori

sulla posizione dei segmenti corporei nello spazio, in fase sia statica che dinamica.

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2. TRAUMI E LESIONI DELLA CAVIGLIA

2.1 Anatomia Della Caviglia

La caviglia è un trasduttore di movimento di cui l’astragalo rappresenta il fulcro, le

coppie di forza sono muscolo tendinee (tricipite surale,peronei e tibiali), mentre la

stabilità di questa articolazione è assicurata dalla capsula e dai legamenti. Sono

proprio le lesioni capsulo-legamentose della caviglia che rappresentano una delle

patologie traumatiche più comuni, e nonostante siano spesso considerate banali, a

volte lasciano postumi invalidanti o portano a instabilità croniche.

Sulla parte anteriore e posteriore del piede, le strutture capsulo-legamentose sono

sottili per permettere i movimenti di flesso-estensione, si inspessiscono poi su

ciascun lato formando: il legamento collaterale mediale o deltoideo, che si inserisce

sul malleolo mediale e si estende con molti fasci verso il basso per connettersi hai

legamenti di sostegno dell’arco plantare del piede, e il legamento collaterale laterale,

suddiviso in tre rami principali (peroneo-astragalico anteriore,peroneo-astragalico

posteriore e peroneo-calcaneare)

2.2 Distorsione Dell’articolazione Tibio-Tarsica

La caviglia è un complesso articolare instabile, sottoposto a intense sollecitazioni che

tendono a condizionarne le rotazioni assiali e a spingerla in varo forzato (in fuori) e

in valgo forzato(in dentro), quindi l'evento distorsivo è dovuto a delle forze esterne

che sovraccaricano,nelle posizioni estreme, le strutture osteo-legamentose che

vigilano sulla stabilità articolare, è quindi la perdita momentanea ed incompleta dei

rapporti articolari fra due capi ossei.

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La caviglia ha un range articolare in flesso-estensione di 70°, dei quali 40° di dorsi-

flessione e 30° di flessione plantare.

L’inversione e l’eversione hanno una modesta ampiezza. L’inversione associa

flessione plantare, supinazione e rotazione interna del piede, mentre l’eversione

associa flessione dorsale, pronazione e rotazione esterna del piede.

L’85% dei meccanismi lesivi avviene in inversione.

La classificazione delle lesioni legamentose viene illustrata in tabella.

Grado Clinica Radio dinamiche Anatomia

patologia Varo anteropulsione

-modesta tumefazione

-talvolta piccolo ematoma

laterale

-dolenzia premalleolare

Laterale

10°

5mm

Non rotture

legamentose

-tumefazione laterale

crepitante con ematoma

-dolore angolo peroneo-

tibiale

-carico con dolore

10°-15°

8mm

Rottura isolata

PAA

-ematoma laterale-mediale

-dolore sotto e premalleolare

-aumento mobilità laterale

-zoppia

20°-25°

10-15mm

Rottura

PAA+PC+AC

-edema+ematoma angolo

tibioperonale anteriore

-dolore varizzato

-cassetto astragalgico

-non appoggio del piede

30°

15mm

Rottura

PAA+PC+PA

±AC interosseo

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2.3 Fattori Di Rischio

La prevenzione delle lesioni sportive dipende dalla quantità e dal tipo di fattori di

rischio che concorrono a generare l’infortunio.

Nella pallavolo le modalità traumatiche possono avvenire con o senza contatto fisico:

consideriamo il contatto fisico un’azione che prevede che il piede appoggi

totalmente, o parzialmente, sopra il piede di un altro atleta, o che comunque venga a

contatto con altre basi in equilibrio instabile, o precario (come la ricaduta da un salto).

Il maggiore rischio endogeno di una disciplina sportiva è determinato dalla ripetizione

del suo gesto atletico nel tempo, soprattutto se eseguito in maniera errata.

Nella pallavolo il gesto che si ripete il maggior numero di volte è il salto, la peculiarità

sportiva determina un fattore di rischio verso un determinato infortunio che si chiama

incidenza.

In relazione a questo si possono individuare vari tipi di fattori di rischio esogeni:

Il contrasto con l’avversario: azione che può essere involontaria, ma che se

svolta a grandi velocità può generare infortuni gravissimi, non per niente il

50% degli infortuni avviene durante azioni di muro, mentre il 30% durante

azioni di attacco, quindi senza contatto fisico.

Lo stato psichico dell’atleta: questa condizione rappresenta “the last drop”,

ossia, l’ultima e definitiva causa di tante situazioni. La mancanza di

autocontrollo, l’impazienza, la rabbia e il poco fair play possono

deconcentrare e influenzare sia le situazioni di gioco che l’integrità fisica

dell’atleta.

Le condizioni ambientali: caldo e umidità aumentano il rischio di traumi

discorsivi alle caviglie e la condizione del terreno di gioco, soprattutto negli

sport indoor, rappresenta una delle principali fonti di preoccupazione (terreno

accidentato, pavimento scivoloso, mancanza degli spazi di sicurezza, etc…)

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Lo stato fisico dell’atleta: la condizione organica e la struttura fisica. Una

condizione organica poco allenata o stanca può causare un movimento

ritardato, un gesto mal controllato o pericolose situazioni di disequilibrio e

instabilità, a cui il corpo non è in grado di rispondere o di fornire la resistenza

adeguata. La struttura fisica, inoltre, può risultare più o meno adeguata a

certi tipi di movimento o di azioni, in relazione anche al passato traumatico

dell’atleta, all’età e al sesso (fattori che influiscono sulla stabilità delle

articolazioni).

La predisposizione a certi tipi infortuni dipende anche da fattori che vengono spesso

definiti secondari come il dormire poco o male, e quindi stanchezza e irritabilità, il

consumo di alcolici, il tabagismo, una dieta disequilibrata e il sovrappeso sono tutti

fattori che mettono in pericolo la sicurezza e l’integrità dell’atleta.

2.4 Dati e Percentuali

Grazie a degli studi effettuati da “sport and reacreation Victoria“(1996/1999), De Loes

(1995),” Sydney Health service”, Bhairo (1992), Chan (1993), Solgard (1995), Kujala

(1996), Yttersta (1996), Schafle (1992), Watkins (1992), Aagaard (1996), Bahr

(1997),su giocatori di pallavolo di differenti età, sesso e livello, si è potuto affermare

che:

La fascia d’età più colpita è tra i 25 e i 29 anni (22% dei traumi) seguita dai 15-

19 anni (18.2%), 20-24 anni (15.5%) e infine 10-14 anni (12.4%)

Il rischio di infortunio, su 10.000 ore di pratica, è più alto nelle femmine che

nei maschi di età compresa tra i 14 ed i 20 anni ( rank 3,8:3). Ulteriori studi

non hanno trovato differenze così significative tra uomini e donne,

probabilmente dovuto a fattori come il numero delle ore di allenamento e il

livello di gioco.

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Gli infortuni maggiormente riscontrati nei bambini sono: lesioni muscolari o

legamenti (70%), contusioni (20%), fratture (5.5%), lussazioni (4%). Negli

adulti: lesioni muscolari o tendinee (72%), fratture (10%), contusioni (8%),

lussazioni (3%)

La parte anatomica maggiormente lesa è la caviglia (17/71%), seguita dal

ginocchio (6.1/59%), mani e dita (8/44%) e spalla (2/23.2%).

La maggior parte degli infortuni avviene sottorete, essendo 3 volte più pericoloso che

trovarsi in seconda linea, la maggior incidenza avviene nelle zone 3 e 4, dove si sono

registrati i 2/3 degli infortuni avvenuti (68% di tutte le distorsioni alle caviglie), la

difesa incide solo sul 6-10%, e l’alzata sul 2-4%

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3. LA PREVENZIONE

Dopo aver individuato ed analizzato i vari fattori di rischio di una determinata

disciplina sportiva, nel nostro caso della pallavolo, la prevenzione ha il compito di

cercare di eliminare, o per lo meno ridurre, la maggior parte delle cause

predisponenti l’infortunio.

Attraverso la prevenzione si cerca di impedire che qualcosa avvenga, o come già

detto, di diminuirne la frequenza. Si cerca quindi di gettare delle basi sulle quali si

potrà poi andare ad edificare; è sempre meglio prevenire che trattare un infortunio

già avvenuto, in quanto obbliga l’atleta a un periodo di inattività, a eventuali

limitazioni permanenti a carico delle strutture o alla perdita di eventuali capacità.

Possiamo indicare due direzioni nelle quali la prevenzione svolge il suo compito: una

collettiva, che dopo analisi e studi dei vari sport ha portato alla modifica di alcuni

regolamenti tecnici, con lo scopo di eliminare situazioni pericolose; l’altra individuale,

quindi caratteristica per ogni sport e riguarda metodi sia passivi che attivi.

Tra i metodi passivi, che sono indicati per ogni attività sportiva, vi è:

La visita di idoneità sportiva: valutazione clinica dell’atleta per accertarne

l’idoneità specifica alla pratica di un determinato sport.

Una corretta alimentazione: permette un equilibrato apporto proteico, lipidico e

glucidico in base al fabbisogno energetico del singolo atleta.

Le protezioni individuali: il bendaggio preventivo, eseguito da personale

esperto per evitare problemi di circolazione o fastidiose piaghe; un

abbigliamento adeguato, soprattutto le calzature, per le quali non bisogna

lasciarsi influenzare dall’apparenza nel momento dell’acquisto, ma devo

essere scelte in base alle caratteristiche della scarpa in relazione al proprio

piede.

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La prevenzione attiva invece è più specifica per ogni sport, e indirizzata verso gli

infortuni più frequenti in una data disciplina.

Il primo elemento su cui lavorare è l’allenamento, sia tecnico che fisico, per

migliorare l’equilibrio fra i vari gruppi muscolari e la coordinazione tra i vari segmenti

motori, inoltre il potenziamento di certi tipi di muscoli aumenta la stabilità corporea e il

suo controllo. Bisogna anche valutare il giusto equilibrio dei carichi di lavoro, e quindi

un giusto rapporto tra lavoro e recupero e variazione in genere dei carichi, dando la

giusta importanza al giorno di riposo. La prima prevenzione è una buona

pianificazione dell’allenamento.

Tutti questi sono fattori che possono portare a sovraccarico, a uno stress fisico e a

una stanchezza tale da aumentare situazioni pericolose e quindi la possibilità di

infortunio.

Inoltre, è importante lavorare sull’atteggiamento mentale e sulla rieducazione

posturale, elementi spesso considerati secondari, me che possono fare la differenza.

Più specificatamente, per quanto riguarda la distorsione alla caviglia nella pallavolo,

ci sono tre importanti binari sui quali concentrare l’allenamento preventivo, oltre a

quelli già citati:

1. La programmazione di esercizi con restrizioni nella “zona calda”, cioè la zona

sotto rete, quindi l’introduzione e l’utilizzo di esercizi con lo scopo di stimolare

la diminuzione di invasioni sotto rete, e quindi diminuire la grande quantità di

lesioni che avvengono in questa zona.

2. Le esercitazioni per stabilizzare le caviglie (esercizi di forza in flesso-

estensione e in eversione e inversione).

3. Gli allenamenti propriocettivi, che verranno approfonditi in seguito, attraverso

l’utilizzo di materiale disequilibrante con la funzione di allenare situazioni di

instabilità, cioè con appoggio variabile.

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4. L’ALLENAMENTO PROPRIOCETTIVO

4.1. Cos’è la propriocezione?

La propriocezione è il senso dei muscoli (gli occhi hanno la vista, le mani il tatto, le

orecchie l’udito …etc…), è il nostro sesto senso, capace di fornire informazioni riferite

al nostro corpo in movimento nello spazio.

La sensibilità propriocettiva è una rete nervosa separata da quella del tatto, del

dolore e della temperatura, raccoglie informazioni solo da tendini, muscoli e

articolazioni; questa quantità e qualità di dati ci permette di essere a conoscenza

dell’esatta posizione del corpo, dello stato di contrazione dei muscoli e anche della

velocità e direzione dello spostamento degli arti e della testa. Tutti ne sono dotati,

però in maniera differente.

Della propriocezione iniziò a parlarne un certo Charles Scott Sherringston nel 1906, e

dal quel momento sono stati fatti grandi passi in avanti nello studio di questo “sesto

senso”; purtroppo però gli agi della vita moderna, la mancanza di giochi naturali e il

continuo sviluppo della tecnologia, hanno portato l’uomo a crescere in un sistema

propriocettivo sottosviluppato, e quindi a una perdita della consapevolezza del

proprio corpo.

Questa percezione del nostro corpo nello spazio, o dei suoi movimenti, anche minimi,

è regolata da un meccanismo di relazione fra endocettori, esterocettori e il sistema

nervoso centrale, che formano il sistema-tonico-posturale. Attraverso le informazioni

dei recettori posturali con funzione estero e propriocettiva, il sistema nervoso centrale

viene informato e invia una risposta posturale specifica per ogni momento

determinato, modificando le catene muscolari e quindi gli equilibri osteo-articolari.

Gli esterocettori informano sulla nostra posizione in rapporto all’ambiente esterno,

captano le informazioni che provengono da fuori, e le inviano al sistema-tonico-

posturale. Gli esterocettori universalmente riconosciuti sono fondamentalmente tre:

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1. I recettori labirintici, situati nel vestibolo, complesso sistema di recettori

dell’equilibrio collocato nella parte interna dell’orecchio. Questi recettori hanno

il compito di mandare informazioni riguardo alla posizione del capo in rapporto

alla verticale gravitaria.

L’entrata vestibolare è formata da due sistemi, uno semicircolare, sensibile

alle variazioni angolari, che si occupa quindi delle rotazioni del capo, e

interviene nell’equilibrio dinamico, in quanto la soglia minima di sensibilità alle

alterazioni, dei tre canali arciformi semicircolari, è superiore alle variazioni

oscillatorie del sistema posturale fine.

E un sistema otolitico, contenuto in due vescicole (sacculo e utricolo) sensibili

alla gravità e alle accelerazioni lineari, che partecipa alla regolazione posturale

fine. In qualunque caso queste informazioni devono essere paragonate e

confrontate con quelle propriocettive che ci permettono di sapere la posizione

del tronco rispetto al capo e quella del tronco rispetto alle caviglie, e

soprattutto le informazioni di pressione podalica, perché vengano poi

interpretate dal sistema-tonico-posturale.

2. I recettori visivi, situati nell’occhio.

L’entrata visiva,attiva solo per distanze di massimo 5 metri, attraverso la

retina permette la stabilità posturale per i movimenti antero-posteriori, grazie

alla visione periferica, e per i movimenti laterali, grazie alla visione centrale.

Le informazioni visive, per essere interpretate devono essere comparate con

quelle vestibolari e quelle di pressione plantare.

3. I recettori plantari del piede, che permettono di localizzare l’insieme della

massa corporea in rapporto con l’ambiente, in funzione delle misure di

pressione a livello della superficie cutanea plantare. La pianta del piede è

ricca di ricettori e possiede una soglia di sensibilità molto elevata, si comporta

quasi come una piattaforma stabilometrica.

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Queste informazioni sono le uniche che derivano da un recettore fisso, che è

sempre in diretto contatto che un ambiente esterno immobile: il suolo. Le

terminazioni nervose stimolate durante il mantenimento della stazione eretta e

il movimento fanno si che il piede venga considerato un vero e proprio organo

posturale e uno straordinario informatore del cervello.

Gli endocettori sono invece recettori sensitivi che informano il sistema tonico-

posturale su quello che succede all’interno del corpo, in particolar modo informano

sulla posizione degli esocettori cefalici in relazione con quelli podalici.

Questo gruppo di recettori può essere suddiviso a sua volta in due grandi gruppi: i

recettori propriocettivi e i recettori enterocettivi o viscerali. I secondi provengono

dall’ambiente interno e profondo, mentre i primi hanno una funzione molto più

complessa.

I recettori propriocettivi, o propriocettori, sono terminazioni nervose con il compito di

inviare informazioni al sistema nervoso; gli stimoli vengono percepiti da particolari

recettori situati all’interno dei muscoli, dei tendini e delle capsule articolari. Le

terminazioni generano impulsi nervosi che vengono quindi trasmessi al midollo

spinale, qui possono fermarsi, per la determinazione dei riflessi spinali, oppure

possono proseguire fino a altre zone del midollo spinale, o fino al cervello, per la

determinazione di funzioni specifiche.

I propriocettori hanno quindi una funzione importante nel controllo delle contrazioni

muscolari, e dell’apparato locomotore in generale; questo controllo avviene grazie a

determinati tipi di recettori, localizzati nei muscoli, tendini e articolazioni:

1. I fusi neuromuscolari, distribuiti nel corpo muscolare. Sovrintendono il riflesso

da stiramento, nel senso che se un muscolo è allungato improvvisamente,la

parte mediana del fuso è stirata, e invia direttamente un segnale al midollo

spinale, eccitando così le cellule nervose motrici che controllano le fibre

intorno al fuso.

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Quindi la risposta a un eccessivo allungamento è una contrazioni riflessa che

si oppone in automatico allo stiramento.

2. Gli organi tendinei del Golgi, posti nei tendini. Sovrintendono il riflesso

tendineo, o di stiramento inverso, rilevando l’entità della tensione e inviando

tale informazione al midollo spinale e al cervelletto A loro volta i centri nervosi

usano questa informazione per aggiustare con precisione la tensione.

3. I corpuscoli del Ruffini e del Pacini, recettori cinestetici situati nella capsule

articolari. Sovrintendono il riflesso tendineo come gli organi tendinei del Golgi

Attraverso la relazione delle varie informazione dei vari recettori, si creano come

delle entrate di informazioni, tra le più importanti l’entrata oculo-motrice, che permette

di comparare informazioni sulla posizione fornite dalla visione, con quelle

dell’orecchio interno, grazie ai sei muscoli oculo-motori, che assicurano la motricità

del globo oculare. L’entrata rachidea invece, informa il sistema posturale sulla

posizione di ogni vertebra e quindi sulla tensione di ogni muscolo; mentre l’entrata

propriocettiva podalica, grazie al controllo dello stiramento dei muscoli del piede e

della gamba, situa il corpo in rapporto ai piedi.

4.2. La propriocezione del piede e della caviglia

Descrivere e analizzare tutte le capacità sensoriali del piede e della caviglia risulta

abbastanza complicato, in quanto ha moltissime possibilità di analisi degli stimoli di

cui è dotato. Tre sono gli ambienti recettoriali diversi che informano il SNC di tutto

ciò che accade a livello del piede: la pelle, i muscoli e le articolazioni.

La prima “raccolta dati” viene effettuata dalla pelle i cui meccanocettori sono di tre

tipi: recettori a lento adattamento, sensibili alla pressione o allo stiramento (i dischi di

Merkel e i corpuscoli di Ruffini); recettori ad adattamento intermedio, adibiti al

controllo della velocità di movimento (i corpuscoli di Meissner); recettori ad

adattamento rapido, velocità di deformazione cutanea (i corpuscoli del Pacini).

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La seconda raccolta avviene nei muscoli intrinseci ed estrinseci del piede, attraverso

i fusi neuromuscolari e gli organi tendinei del Golgi.

Mentre il terzo ambiente di raccolta è rappresentato dai recettori articolari, i recettori

incapsulati e le terminazioni libere, che indagano su posizione e movimento.

Il piede ha inoltre un triplice ruolo: recettore,in quanto raccoglie i dati che poi

trasmette al sistema nervoso; attuatore, perché tramite variazioni di forza modifica il

suo stato e quello di tutto il corpo; adattatore, perché modifica forma e posizione per

compensare squilibri propri o di recettori posti più in alto, occhio e denti per esempio.

I piedi e le caviglie si può dire che siano i recettori della postura, quindi, non tenerli in

considerazione quando si allena vuol dire perdere dei grandi vantaggi. Sono elementi

causativi nel creare adattamenti, e sono anche elementi adattativi nel compensare

altre cause più distanti.

Un allenatore che tiene in considerazione piedi e caviglie durante la sua

programmazione avrà la possibilità di raggiungere livelli prestativi che altrimenti

sarebbero impossibili.

4.3. Come la propriocezione può prevenire gli infortuni alla caviglia?

Il lavoro propriocettivo è stato spesso indirizzato solo ed esclusivamente a scopi

puramente riabilitativi: un atleta infortunato effettuava questo tipo di lavori per poi

abbandonarlo completamente nel momento in cui ricominciava l’attività normalmente.

Questa idea, molto probabilmente, nasce del concetto, di per sé giusto, che il trauma

articolare danneggia anche i recettori articolari che trasmettono al S.N.C.

informazioni sulla posizione e i movimenti del corpo. Il deficit propriocettivo porta a

una diminuzione del controllo neuromuscolare, che associato all’instabilità dovuta

alla lesione, determina un instabilità funzionale, che è la principale causa delle

recidive.

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Le esercitazione propriocettive hanno un ruolo preventivo sia sulle recidive, come è

stato dimostrato da Lephard e Fu(2000), sia sulle strutture sane, dimostrato invece

già da Caraffa nel 1995 e riconfermato nel 2005 dallo studio effettuato dall’Università

di Santa Monica.

L’allenamento propriocettivo può infatti permettere delle risposte e degli adattamenti

migliori e anticipati rispetto al programma motorio originale. Di fatto i lavori

propriocettivi sono finalizzati a migliorare la percezione dei singoli segmenti corporei

nello spazio, in particolare degli arti inferiori; questo controllo permette di diminuire le

pericolose sollecitazioni, che durante un allenamento o una partita di pallavolo,

mettono a repentaglio la sicurezza delle caviglie.

Tutte le informazioni, che l’atleta raccoglie durante questo tipo di esercitazioni,

vengono inviate al cervello, dove vengono elaborate e integrate fra loro, per poi

essere memorizzate e utilizzate in caso di bisogno: tanto più cerchiamo di sviluppare

il sistema propriocettivo, tanto più il cervello avrà informazioni aggiuntive che potrà

elaborare per trovare una corretta strategia posturale, e quindi garantire una migliore

organizzazione del movimento, e di conseguenza una migliore realizzazione degli

spostamenti e del gesto tecnico in sicurezza.

L’allenamento propriocettivo è inoltre in grado di ridurre gli squilibri fra arti omologhi,

e secondo alcuni studi svolti all’estero può essere in grado, se ben programmato e

condotto, di migliorare la forza muscolare e di averne un maggior controllo; minori

squilibri muscolari legati quindi a un miglioramento dell’organizzazione motoria, sono

da considerare positivi in un’ottica di prevenzione degli infortuni.

Lo scopo dei lavori propriocettivi, usati come metodi preventivi, deve essere quello di

rendere più rapido ed automatico il controllo della muscolatura considerando che

durante il gioco l’atleta può incontrarsi in azioni imprevedibili e talvolta violente e

pericolose.

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Gli esercizi propriocettivi di prevenzione, che si fondano sulla progressiva capacità di

resistere agli squilibri, permettono di avere un appoggio sempre corretto del piede,

stimolando la muscolatura sollecitando gruppi o combinazioni di gruppi muscolari,

evitando così delle contrazioni isolate. La ripetizione di questo tipo di esercizi, ma

anche di esercizi in generale, permette all’atleta di acquistare sicurezza, rapidità e

precisione al gesto, automatizzandolo.

4.3. Preparazione e strutturazione dell’allenamento propriocettivo

La propriocezione è molto importante sia nella vita quotidiana, sia in chi pratica sport,

in quanto è legata alla coordinazione motoria, e più specificatamente all’equilibrio.

In particolare deve essere svolto in tutti quegli sport, come la pallavolo, caratterizzati

da ripetuti salti e cambi di direzione, dove, quindi, le caviglie e le ginocchia sono in

grave pericolo, anche perché la stanchezza fisica compare un maniera rilevante.

Nella pallavolo tutte le azioni sono caratterizzate da almeno un salto, nel quale il

piede viene riappoggiato al suolo dopo una fase di volo più o meno lunga, in questo

momento tutte le forze, che il corpo ha acquistato durante le fasi precedenti

all’atterraggio, devono essere supportate e contrastate dalla caviglia, cercando di

mantenere una certa stabilità in tutta la fase di ammortizzazione. Durante il salto

però, le forze che possono andare a modificare l’organizzazione posturale del corpo

dell’atleta in fase di volo, sono varie, e possono rendere incontrollata la ricaduta e

l’appoggio sul terreno. Attraverso i lavori propriocettivi si vuole quindi cercare di

ottenere stabilità e controllo di ogni arto.

L’allenamento deve essere impostato su situazioni che inducano l’atleta a perdere

equilibrio, e quindi ad attivare la muscolatura che permetta di recuperarlo

velocemente e correttamente. Per intraprendere questo tipo di percorso, però, l’atleta

deve essere coinvolto e motivato, tanto da diventare protagonista del proprio

miglioramento.

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Quando si prepara un allenamento propriocettivo bisogna però ricordarsi che la

condizione di equilibrio non è semplicemente qualcosa di statico, che una volta che

lo acquisiamo si mantiene, ma bensì il congiunto di una serie di adattamenti; “ciò che

è importante non è la capacità di conservare l’equilibrio, ma il saperlo riacquistare

rapidamente ogni qual volta lo si perde. Tale capacità è determinata principalmente

dalle informazioni di tipo propriocettivo che il soggetto riesce a riconoscere per

operare una opportuna correzione ed adattamento del movimento”(Sannicandro et

al.,2009)

Quando si lavora su questo fronte, bisogna inoltre fare attenzione, al fatto che il

nostro sistema ha due metodi differenti per cercare l’equilibrio: uno è il sistema di

controllo della verticalità che ci permette di mantenere l’equilibrio con micro

contrazioni non cambiando la postura del corpo; l’altro è il sistema di compenso che

permette di mantenere l’equilibrio attraverso gesti degli arti superiori e inferiori che

non hanno nulla a che vedere con il gesto tecnico che si sta svolgendo.

Purtroppo molto spesso ci si confonde, senza sapere che allenando il sistema

compensatorio i nostri atleti miglioreranno il loro equilibrio per il semplice fatto che

impareranno a rispondere più velocemente compensando, peggiorando cosi la

propria verticalità. È importante quindi affermare che la propriocezione si migliora

allenando la muscolatura posturale, non quella fasica.

Per acquisire efficacia, l’allenamento propriocettivo, come tutti i tipi di allenamento,

non deve uscire dalle regole generali di variabilità degli stimoli e di progressione del

carico. Altrimenti, come nel caso dell’allenamento delle altre capacità sia condizionali

che coordinative, si avrà un periodo iniziale di miglioramento, un periodo secondario

di stagnazione, seguito poi da un decadimento e peggioramento dei risultati ottenuti.

L’allenamento propriocettivo segue quindi un percorso graduale: dal facile al difficile

e dal semplice al complesso.

19

Per preparare un allenamento di questo tipo è quindi importante rispettare dei

parametri generali:

1. Frequenza di svolgimento: un allenamento di tipo propriocettivo, a scopo

preventivo, per vedere dei risultati positivi, deve proporsi almeno due volte a

settimana. La durata di ogni seduta varia dai 10 ai 15 minuti, può arrivare ai 30

minuti se viene proposto un allenamento individualizzato, e per ogni esercizi

vengono svolte, secondo dati generici, 6/8 ripetizioni della durata di 20

secondi. I tempi degli esercizi in realtà vengono preparati tenendo in

considerazione i valori dei risultati dei test svolti all’inizio del periodo di

allenamento (Romberg test con pedana stabilometrica).

2. La ripetizione: la continua riproduzione di uno stimolo, a cui bisogna cercare

una risposta immediata, aiuta il nostro corpo a migliorare tute le varie

capacità.

3. Il senso di sé: per allenare la propriocezione è importante che l’atleta impari a

“sentire ” il suo corpo, mantenere quindi un livello di concentrazione elevato

durante tutta la durata della seduta. Per questi motivi è bene informare gli

atleti sulla difficoltà e sul margine di errore dell’esercizio che stanno

svolgendo.

4. L’ambiente: l’ideale per lo svolgimento delle sedute è una palestra di

dimensioni ridotte, riscaldata e possibilmente dotata di specchi. Un miglior

risultato si ottiene effettuando l’allenamento a piedi nudi.

5. La difficoltà: come accennato in precedenza il livello di difficoltà, determinato

dall’aumento di carico deve essere progressivo e graduale, è importante

inoltre non passare a un esercizio di difficoltà superiore se quello precedente

non è stato completamente assimilato.

20

Per aumentare la difficoltà, degli esercizi propriocettivi, si passa prima di tutto

da esercizi in scario a esercizi in carico (soprattutto per gli atleti che

presentano già problemi alle caviglie); da appoggio bi podalico a

monopodalico, sia al suolo che su pedane instabili (anche la scelta

dell’attrezzo aumenta la difficoltà, aumentando i gradi di instabilità o le

direzioni di movimento); ai due tipi di appoggi si possono aggiungere altri due

fattori: occhi aperti o chiusi, e esercizi statici o dinamici.

La progressione per la programmazione degli esercizi, si può quindi riassumere nel

seguente modo: occhi aperti statico (bi podalico e mono podalico); occhi aperti

dinamico (bi podalico e monopodalico); occhi chiusi statico (bi podalico e

monopadalico); occhi chiusi dinamico (bi podalico e monopodalico).

Questi gruppi di esercizi possono essere racchiusi in due grandi categorie: esercizi

generali ed esercizi specifici.

Gli esercizi generali hanno la funzione di sviluppare la propriocezione generale,

mentre quelli specifici della pallavolo, cercano la riproduzione del gesto tecnico in

situazione di instabilità.

4.4. Dati sperimentali sull’efficacia della prevenzione propriocettiva

Molti sono gli studi che sono stati effettuati per affermare l’efficacia dell’allenamento

propriocettivo come metodo preventivo per la caviglia, e molti sono i risultati, che,

seppur differenti, nella maggior parte dei casi confermano l’utilità di questo tipo di

prevenzione.

Secondo degli studi di McGuine e Keene, effettuati su 765 giocatori e

giocatrici di calcio e basket delle scuole superiori, nello stato del Wisconsin, un

allenamento propriocettivo della durata di 5 settimane, riduce del 38% il tasso

di distorsione alla caviglia.

21

Gli studi di Carolyn, Emery, Cassidy, Klassen, Rosychuk e Rowe, su 127

alunni di scuole di Calgary, selezionati casualmente, dimostrano che: si

osservano notevoli miglioramenti su equilibrio statico e dinamico dopo 6

settimane di allenamento propriocettivo con tavolette; mentre solo dopo 6

mesi di allenamenti si è riscontrata una diminuzione delle lesioni.

Eils e Rosenbaum, dimostrano che attraverso un programma di 6 settimane di

circuit training con esercizi propriocettivi, su 30 soggetti con instabilità cronica

alla caviglia, si riscontra una effettiva diminuzione di traumi, con miglioramento

significativo della posizione comune e del senso dell'oscillazione posturale.

Viene quindi raccomandato come programma preventivo anche per soggetti

anziani, oltre che riabilitativo.

Studi di Hoffman e Payane con soggetti sani, affermano che un programma di

allenamento propriocettivo con tavolette di 10 settimane porta a grandi

miglioramenti e diminuzione del tasso di lesione alla caviglia, grazie a un

incremento del controllo neuromuscolare.

Fort Vanmeerhaghe, Costa Totusaus, de Antolin Ruiz e Masso Ortigosa

dimostrano che un programma di 6 mesi di allenamenti propriocettivi TRAL

(terapia riequilibriatrice dell’apparato locomotore), su 28 giocatori di pallavolo

di entrambi i sessi, diminuisce la frequenza di lesioni alla caviglia.

Verhagen, Van Der Beek, Twisk, Bouter, Bahr e Mechelen, seguendo in

modo prospettico 116 squadre di pallavolo, maschili e femminili, durante la

stagione 2001-2002, dimostrano che allenamenti propriocettivi con uso di

tavoletta instabile portano a una diminuzione delle lesioni alla caviglia,

soprattutto in soggetti con un passato di distorsioni a tale articolazione.

22

5. ESERCIZI PROPRIOCETTIVI PER LA PREVENZIONE DELLA CAVIGLIA

Vengono riportati in questo capitolo alcuni esercizi, e la corrispondente

raffigurazione, specifici per la propriocezione della caviglia nella pallavolo. L’ordine in

cui sono disposti gli esercizi vuole seguire, con la maggiore coerenza possibile, i

principi di progressione prima indicati.

Gli attrezzi che ho scelto di utilizzare sono le tavolette instabili, e più precisamente la

tavoletta rotonda tipo freeman (circonferenza di circa 40 cm di diametro, sotto la

quale è fissata una semisfera; crea situazioni di instabilità in tutte le direzioni) e la

tavoletta rettangolare (tavoletta di circa 40 x 30cm sotto la quale è fissato un

semicilindro; crea situazioni di instabilità laterali), in quanto sono gli attrezzi che, oltre

a permettere di lavorare specificatamente sulla caviglia, sono anche i più semplici da

incontrare in una palestra e i più facili da realizzare, e più economici, nel caso non

fossero ancora presenti nella propria struttura di allenamento.

La maggior parte degli esercizi possono essere comunque svolti con i dischi di

gomma skimmy, bosu, temix, resizer o palla tool, che sono però attrezzi più ricercati

e difficili da trovare in una palestra. Rimangono comunque una grande quantità di

esercizi propriocettivi per caviglie eseguibili con semplici materassini airrex o palloni

di vario materiale, forma e dimensione.

La progressione di difficoltà di ognuno dei prossimi esercizi prevede:

1. Occhi aperti con compensazione delle braccia (anche con possibile

appoggio:palo, muro, compagno …)

2. Occhi aperti senza compensazione delle braccia (braccia lungo i fianchi, ai

finachi, dietro la nuca, distese in alto, conserte)

3. Occhi chiusi con compensazione delle braccia.

4. Occhi chiusi senza compensazione delle braccia.

23

5.1. Esercizi generali a carico naturale senza tavolette propriocettive

L’efficacia dei seguenti esercizi aumenta effettuandoli senza scarpe, variando il

terreno di appoggio (erba, sabbia, materassi), modificando la pendenza del terreno e

il senso di marcia (in avanti, indietro, laterale).

Esercizio 1: Camminate particolari con appoggio: sulle punte, sui talloni, sula bordo

esterno e interno del piede.

Durata: 2’ per tipo di camminata.

Esercizio 2: Ricerca e mantenimento dell’equilibrio in appoggio monopodalico, con

ginocchio in appoggio semiflesso.

Durata: 20’’/30’’ (3 ripetizioni per arto)

Esercizio 3: Saltare con un piede solo a destra e a sinistra (avanti e

indietro). Ricerca e mantenimento dell’equilibrio.

Durata: 20’’/30’’ (3 ripetizioni per arto)

Esercizio 4: Salto con un piede e ruoto il corpo di 180° gradi, atterraggio

monopodalico. Ricerca e mantenimento dell’equilibrio.

Durata: 2 serie da 6 ripetizioni (entrambi gli arti)

Esercizio 5: Salto con spinta del compagno e atterraggio bipodalico. Ricerca e

mantenimento dell’equilibrio.

Durata: 2 serie da 6 salti

Esercizio 6: Salto con spinta del compagno e atterraggio

monopodalico. Ricerca e mantenimento dell’equilibrio.

Durata: 2 serie da 6 salti (entrambi gli arti)

24

Esercizio 7: Cercare l’equilibrio su un piede e tentare di mantenerlo mentre si spinge

il compagno.

Durata: 20’’/30’’ (3 ripetizioni per arto)

5.2. Esercizi generali a carico naturale con tavolette propriocettive

Esercizio 8: Ricerca e mantenimento dell’equilibrio in appoggio bipodalico su

tavoletta rettangolare posizionata in orizzontale, in verticale e in

diagonale. Ginocchia semiflesse.

Durata: 20’’/30’’ (3 ripetizioni)

Esercizio 9: Ricerca e mantenimento dell’equilibrio in appoggio bipodalico su

tavoletta Freeman. Ginocchia semiflesse.

Durata:20’’/30’’ (3 ripetizioni)

Esercizio 10: Ricerca e mantenimento dell’equilibrio in appoggio monopodalico su

tavoletta rettangolare posizionata in orizzontale, in verticale e in

diagonale. Ginocchio d’appoggio semiflesso.

Durata: 20’’/30’’ (3 ripetizioni per arto)

Esercizio 11: Ricerca e mantenimento dell’equilibrio in appoggio monopodalico su

tavoletta Freeman. Ginocchio in appoggio semiflesso.

Durata:20’’/30’’ (3 ripetizioni per arto)

Esercizio 12: Ricerca e mantenimento dell’equilibrio in appoggio

bipodalico su tavoletta (rettangolare e freeman) e controllando un

pallone:

- raccogliere il pallone da terra e riappoggiarlo

- farsi girare il pallone intorno al corpo

Durata:20’’/30’’ (3 ripetizioni)

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Esercizio 14: Vedi esercizio 12 ma in appoggio monopodalico

Durata:20’’/30’’ (3 ripetizioni per arto)

Esercizio 16: ricerca e mantenimento dell’equilibrio in appoggio bipodalico su

tavoletta (rettangolare e freeman) prima, dopo e durante la ricezione e

restituzione di una palla lanciata da un compagno. La

palla viene

passata:

- lanciandola

- facendola scorrere al suolo (bowling)

Durata:20’’/30’’

Esercizio 17: balzi monopodalici e bipodalici partendo dal suolo e atterrando sulla

tavoletta (sia rettangolare che freeman). Ricerca e mantenimento

dell’equilibrio (eseguibile anche con un ostacolo da superare).

Durata: 3 ripetizioni da 15 serie

Esercizio 18: balzi monopodalici e bipodalici partendo dalla tavoletta (sia rettangolare

che freeman) e atterrando al suolo. Ricerca e mantenimento

dell’equilibrio (eseguibile anche con un ostacolo da superare).

Durata: 3 ripetizioni da 15 serie

Esercizio 19: percorso di balzi bi e monopodalici su tavolette rettangolari orientate in

diversi modi, alternate con tavolette freeman (per aumentare la difficoltà

si possono mettere fra le tavolette degli ostacoli da superare).

Durata: 2’

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5.3.. Esercizi specifici a carico naturale con tavolette propriocettive

Esercizio 20: affondo monopodalico laterale e frontale su tavoletta freeman, in

posizione di bagher.

Durata: 3 serie da 15 ripetizioni

Esercizio 21: eseguire dei bagher rimanendo in equilibrio, in appoggio bipodalico, su

tavoletta rettangolare, orientata nelle varie direzioni

(orizzontale, verticale e diagonale), o ogni piede su

una tavoletta freeman.

Durata: 30’’/60’’

Esercizio 22: eseguire dei palleggi rimanendo in equilibrio, in appoggio bipodalico, su

tavoletta rettangolare, orientata nelle varie direzioni

(orizzontale, verticale e diagonale), o ogni piede su una

tavoletta freeman.

Durata: 30’’/60’’

Esercizio 23: eseguire dei muri, prima senza attaccante, e poi con

attaccante, su una tavoletta rettangolare, partendo in

appoggio bipodalico e riatterrando

dal salto nella stessa posizione.

Durata: 3 serie da 15 ripetizioni

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Esercizio 24: eseguire la rincorsa della schiacciata, riatterrando dal salto su una

tavoletta rettangolare, cercando di trovare e mantenere l’equilibrio.

Durata: 3 serie da 15 ripetizioni.

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6. CONCLUSIONE

La tendenza alla ricerca della spettacolarità nei vari sport, tra cui la pallavolo, a

iniziare dall’introduzione del rally point system, ha portato inevitabilmente a

dimenticarsi di certi aspetti fondamentali dell’allenamento, attribuendo importanza

solo ad altri.

Fortunatamente in questo ultimo periodo la scoperta e lo studio della propriocezione

come metodo preventivo, l’interessamento e lo sviluppo di questo tema a livello

mondiale, e la positività della maggior parte dei risultati degli esperimenti e test, ha

portato grandi cambiamenti nelle programmazioni annuali degli allenatori, cambiando

radicalmente certe credenze e tendenze di pensiero, portando cosi a una riscontrata

diminuzione delle lesioni all’articolazione della caviglia, in allenamento e partita.

Nonostante i passi avanti che sono stati fatti, ci sono ancora tante parentesi aperte

sui tempi di allenamento, sulla durata dell’effetto di un programma propriocettivo, sul

miglioramento dei picchi di forza, e altri punti di disaccordo su cui sono già in corso

vari studi.

La potenza è nulla senza il controllo, riportava una famosa pubblicità, quanta verità in

poche parole.

29

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