La luna e i falò

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Recensione del libro '' LA LUNA E I FALO' '' di Cesare Pavese Il racconto, ambientato nelle Langhe piemontesi, ha inizio con il protagonista, del quale non è mai reso noto il nome (da ragazzo era chiamato Anguilla) che, tornato al suo paese, Santo Stefano Belbo, per trascorrervi due settimane di vacanza, dopo aver trascorso diversi anni in giro per il mondo e specialmente in America, rievoca la propria infanzia da quando, abbandonato sugli scalini del duomo di Alba, era stato accolto da una famiglia di contadini di Gaminella, in cambio di una somma di denaro. Ora alloggia in un albergo del paese, e quasi quotidianamente s'incontra con Nuto suo amico e modello durante la gioventù e ora falegname, con il quale rievoca continuamente episodi felici e soprattutto tristi di allora, dall'ingresso del giovane Anguilla nella proprietà della Mora come bracciante e la sua lunga convivenza con quelle persone che avevano tanto segnato quel periodo, alle feste di paese che avevano visto Nuto protagonista con il suo clarino; questi gioiosi ricordi sono però continuamente macchiati da lutti e disgrazie come la morte delle figlie di sor Matteo, padrone della tenuta della Mora e dei genitori adottivi di Anguilla. Rivisitando i bellissimi paesaggi e le cascine rurali che prima che cominciasse a viaggiare avevano rappresentato per il protagonista il mondo intero, questi conosce Cinto un ragazzino storpio che vive nel podere di Gaminella con l'anziano padre, violento e frustrato dalle precarie condizioni economiche della propria famiglia, e con due anziane donne continuamente maltrattate dall'uomo; in questo, essendo ormai lui quarantenne, riconosce la propria curiosità e incoscienza a quell'età, e comincia tra i due un'amicizia che vede il protagonista nel ruolo che aveva avuto Nuto per Anguilla. Durante la permanenza in quei luoghi ''l'americano'', è informato da Nuto di tutto ciò che nel paese era successo (morti, partenze, la guerra, ecc.) e cambiato (praticamente nulla!) in quegli anni, mentre lui racconta all'amico dei propri viaggi e delle proprie avventure, che sono riuscite a fargli conoscere il mondo e la vita, non ostante lui rimanga comunque legato a quelle terre e a quel modo di vivere. La sera prima che il protagonista riparta per Genova, Cinto arriva in paese correndo terrorizzato, per dire al protagonista che il padre era impazzito e dopo aver ucciso le due donne e aver dato fuco alla casa, aveva cercato di eliminare anche lui ma non riuscendo a prenderlo si era impiccato. Il ragazzo viene accolto da Nuto, che s'impegna ad insegnargli un mestiere, mentre l'amico in partenza avrebbe provveduto al lato economico; prima di separarsi Nuto ha però il suo ultimo sfogo in cui confessa di non essere riuscito, durante la guerra a salvare la bellissima Santina figlia minore di sor Matteo, cosa per la quale si sente ancora colpevole. La voce narrante appartiene al protagonista (narratore interno con focalizzazione interna fissa) che narra i fatti attraverso il proprio punto di vista ed il modo in cui li ha vissuti sentimentalmente, come in una sorta di diario personale; l'oggettività degli episodi narrati è però in parte garantita dai frequenti dialoghi attraverso i quali emergono i punti di vista degli altri personaggi, in particolare dell'amico Nuto. La narrazione non procede in modo lineare ma si rifà a tre distinti piani temporali: la giovinezza e l'adolescenza del protagonista (che in realtà rappresenta l'autore), il periodo da lui trascorso negli States e la sua vacanza nelle terre sulle quali era cresciuto; il filo cronologico salta continuamente dal presente al passato, più o meno remoto, attraverso lunghi e dettagliati flashback, in cui l'autore analizza criticamente le proprie esperienze e scelte. Dal punto di vista stilistico è da sottolineare l'uso da parte dell'autore di un linguaggio gergale, quasi dialettale e a volte specialistico, che a mio parere riesce a far meglio intuire al lettore quanto il protagonista e di conseguenza Pavese, pur avendo viaggiato e conosciuto il mondo, sia in ogni caso ancora strettamente legato a quei luoghi, a quel genere di persone e a quel tipo di vita ancora determinato dal susseguirsi delle stagioni, dalla tradizione e dalla superstizione. Per quanto riguarda le tematiche che Pavese affronta, ve ne sono alcune che emergono per il modo in cui l'autore le sente particolarmente vicine: _Il ritorno, sì al proprio paese (anche se non è del tutto tale per il protagonista), ma soprattutto ad una vita ed una realtà alla quale il narratore si sente ancora legato pur avendo cercato per anni di dimostrare che il mondo non si limitava alla propria valle; questi, infatti, intuisce che anche se ricco e conoscitore della vita, il suo posto è comunque lì, a seguire il succedersi delle stagioni, ad accendere annualmente i fuochi propiziatori per il raccolto e ad assecondare la luna. _La morte, che per tutto il racconto circonda il protagonista colpendo tutti coloro che hanno incrociato la sua strada; la sua vita sembra proprio dipendere dal decesso di coloro che nel bene e nel male lo hanno aiutato a crescere. Solo accettando la morte, è riuscito, a mio parere, ad addentrarsi con consapevolezza nella vita. _La guerra, vista molto criticamente, soprattutto attraverso il personaggio di Nuto, poiché generata, vissuta e combattuta nell'ignoranza, con gli individui più forti e carismatici che approfittavano della poca istruzione e possibilità di essere informati della popolazione, soprattutto contadina; inoltre, la stessa lotta partigiana e messa al medesimo livello di violenza e ignoranza delle truppe nazifasciste. _La degradazione in cui vivevano in quel tempo le famiglie di contadini, costrette a spartire il magro risultato di un lavoro massacrante e senza periodi di riposo, con esigenti proprietari terrieri; una vita però la loro che apriva per il

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Cesare Pavese

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Recensione del libro

'' LA LUNA E I FALO' ''

di Cesare Pavese

Il racconto, ambientato nelle Langhe piemontesi, ha inizio con il p rotagonista, del quale non è mai reso noto il nome (da

ragazzo era ch iamato Anguilla) che, tornato al suo paese, Santo Stefano Belbo, per trascorrerv i due settimane di

vacanza, dopo aver trascorso diversi anni in giro per il mondo e specialmente in America, rievoca la p ropria infanzia da

quando, abbandonato sugli scalin i del duomo di Alba, era stato accolto da una famig lia di contadini d i Gaminella, in

cambio di una somma di denaro.

Ora alloggia in un albergo del paese, e quasi quotidianamente s'incontra con Nuto suo amico e modello durante la

gioventù e ora falegname, con il quale rievoca continuamente episodi felici e soprattutto tristi di allora, dall'ingresso del

giovane Anguilla nella proprietà della Mora come bracciante e la sua lunga convivenza con quelle persone che avevano

tanto segnato quel periodo, alle feste di paese che avevano visto Nu to protagonista con il suo clarino; questi gioiosi

ricord i sono però continuamente macchiati da lutti e d isgrazie come la morte delle figlie di sor Matteo, padrone della

tenuta della Mora e dei genitori adottivi d i Anguilla.

Rivisitando i bellissimi paesaggi e le cascine rurali che prima che cominciasse a viaggiare avevano rappresentato per il

protagonista il mondo intero, questi conosce Cinto un ragazzino storpio che vive nel podere di Gaminella con l'anziano

padre, violento e frustrato dalle precarie condizioni economiche della propria famiglia, e con due anziane donne

continuamente maltrattate dall'uomo; in questo, essendo ormai lui quarantenne, riconosce la propria curiosità e

incoscienza a quell'età, e comincia tra i due un'amicizia che vede il protagon ista nel ruolo che aveva avuto Nuto per

Anguilla.

Durante la permanenza in quei luoghi ''l'americano'', è in formato da Nuto di tutto ciò che nel paese era successo (mort i,

partenze, la guerra, ecc.) e cambiato (praticamente nulla!) in quegli anni, mentre lui racconta all'amico dei propri viaggi

e delle proprie avventure, che sono riuscite a fargli conoscere il mondo e la vita, non ostante lui rimanga comunque

legato a quelle terre e a quel modo di v ivere.

La sera prima che il protagonista riparta per Genova, Cinto arriva in paese correndo terrorizzato, per dire al protagonista

che il padre era impazzito e dopo aver ucciso le due donne e aver dato fuco alla casa, aveva cercato di eliminare anche

lui ma non riuscendo a prenderlo si era impiccato.

Il ragazzo viene accolto da Nuto, che s'impegna ad insegnargli un mestiere, mentre l'amico in partenza avrebbe

provveduto al lato economico; prima di separarsi Nuto ha però il suo ultimo sfogo in cui confessa di non essere riuscito,

durante la guerra a salvare la bellissima Santina figlia minore d i sor Matteo, cosa per la quale si sente ancora colpevole.

La voce narrante appartiene al protagonista (narratore interno con focalizzazione interna fissa) che narra i fatti

attraverso il proprio punto di vista ed il modo in cui li ha vissuti sentimentalmente, come in una sorta di diario

personale; l'oggettività degli episodi narrati è però in parte garantita dai frequenti dialoghi attraverso i quali emergono i

punti di vista degli altri personaggi, in particolare dell'amico Nuto.

La narrazione non procede in modo lineare ma si rifà a tre distinti piani temporali: la giovinezza e l'adolescenza del

protagonista (che in realtà rappresenta l'autore), il periodo da lui trascorso negli States e la sua vacanza nelle terre sulle

quali era cresciuto; il filo cronologico salta continuamente dal presente al passato, più o meno remoto, attraverso lunghi

e dettagliati flashback, in cu i l'autore analizza criticamente le proprie esperienze e scelte.

Dal punto di vista stilistico è da sottolineare l'uso da parte dell'autore di un linguaggio gergale, quasi dialettale e a volte

specialistico, che a mio parere riesce a far meglio intuire al lettore quanto il protagonista e di conseguenza Pavese, pur

avendo viaggiato e conosciuto il mondo, sia in ogni caso ancora strettamente legato a quei luoghi, a quel genere di

persone e a quel tipo di v ita ancora determinato dal susseguirsi delle stagioni, dalla tradizione e dalla superstizione.

Per quanto riguarda le tematiche che Pavese affronta, ve ne sono alcune che emergono per il modo in cui l'autore le

sente particolarmente vicine:

_Il ritorno, sì al proprio paese (anche se non è del tutto tale per il protagonista), ma soprattutto ad una vita ed una realt à

alla quale il narratore si sente ancora legato pur avendo cercato per anni di dimostrare che il mondo non si limitava alla

propria valle; questi, infatti, intuisce che anche se ricco e conoscitore della vita, il suo posto è comunque lì, a seguire il

succedersi delle stagioni, ad accendere annualmente i fuochi propiziatori per il raccolto e ad assecondare la luna.

_La morte, che per tutto il racconto circonda il protagonista colpendo tutti coloro che hanno incrociato la sua strada; la

sua vita sembra proprio dipendere dal decesso di coloro che nel bene e nel male lo hanno aiutato a crescere.

Solo accettando la morte, è riuscito, a mio parere, ad addentrarsi con consapevolezza nella vita.

_La guerra, vista molto criticamente, soprattutto attraverso il personaggio di Nuto, poiché generata, vissuta e combattu ta

nell'ignoranza, con gli indiv idui più forti e carismatici che approfittavano della poca istruzione e possibilità di essere

informat i della popolazione, soprattutto contadina; inoltre, la stessa lotta partigiana e messa al medesimo livello di

violenza e ignoranza delle truppe nazifasciste.

_La degradazione in cui vivevano in quel tempo le famig lie d i contadini, costrette a spartire il magro risultato di un

lavoro massacrante e senza periodi di riposo, con esigenti proprietari terrieri; una vita però la lo ro che apriva per il

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futuro due possibilità: o il riuscire ad arricch irsi grazie alle propria abilità e astuzia, o il morire tra gli stenti e le

umiliazioni.

Altri argomenti toccati dall'autore sono: la chiesa vista negativamente, solo intenta ad approfitt are dell'ignoranza

contadina per mantenere la propria posizione privilegiata e la propria influenza e controllo sulla popolazione; l'amore,

futile e falso (tradimenti, bastardi, cercatori/trici di doti), legato solamente a due aspetti, vale a dire la carna lità e la

convenienza economica.

Da tutto il testo emerge un'immagine abbastanza degradante ma in parte reale dell'individuo e soprattutto della donna,

frivola, pettegola, cinica, opportunista e traditrice: in generale ognuno ha tanti difetti e debolezze, molti scheletri

nell'armadio che lo fanno sentire vile e colpevole fino alla morte.

Concludendo, se questo libro si affronta non aspettandosi una storia avvincente e dal ritmo concitato (che non vi si

troverebbe), ma cercando di cogliere quegli aspetti che probabilmente l'autore sentiva parte di sé e che ha, a mio parere

saputo esplicitare in modo pregevole, come il tipo di vita che aveva caratterizzato la giovinezza del protagonista e che a

distanza di anni questi sentiva ancora parte integrante del proprio io, e come la contemporanea durezza e fascino di quei

luoghi da lui ampiamente descritti, anche se più sentimentalmente che visivamente.