LA LUCE DDELLA FEDEELLA FEDE - LMS · papa Francesco l’enciclica Lumen Fidei. Il testo,...

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Gentes Lms - Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - d.l. 353/2003 (conv. in l. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2 - DCB Roma - Dir. Resp. Massimo Nevola sj LA LUCE LA LUCE DELLA FEDE DELLA FEDE mensile della lega missionaria studenti e del M.A.G.I.S. Novembre – Dicembre 2013 Nº 6

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LA LUCELA LUCEDELLA FEDEDELLA FEDE

mensile della lega

missionaria studenti

e del M.A.G.I.S.

Novembre – Dicembre 2013

Nº 6

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Sommario

161 editoriale– Evangelii Gaudium

di Massimo Nevola S.I.

163 Studio– La Lumen fidei nella testimonianza di papa Francesco

di Giuseppe Fera

177 iNVito alla Parola– Una preghiera per la Siria

di Tony Homsy S.I.

180 miSSioNe e Società– Volontariato. Perché? Per chi?

di Gaia Spera

188 FormazioNe gioVaNi– Cammino di Pietro. Terza unità: la guarigione della suocera

(Mc. 1,29-30)a cura di Massimo Nevola S.I.

190 Vita lega– Il Caef: una nuova casa

di Francesco Serra

192 iNdice geNerale 2013

mensile della lega missionaria studenti e del M.A.G.I.S.

N. 6 Novembre-Dicembre 2013

Direzione e Redazione: 00144 Roma –Via M. Massimo, 7 – Tel. 06.591.08.03– 54.396.228 – Fax 06.591.08.03 –Spedizione in Abbonamento postaleart. 2 comma 20/c legge 662/96 – Filialedi Roma – Registrazione del Tribunaledi Roma n. 647/88 del 19 dicembre1988 – Conto Corrente Postale34150003 intestato: LMS Roma.e-mail: [email protected]

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COMITATO DI REDAZIONE

Massimo Nevola S.I. (direttore),

Michele Camaioni (redattore capo)

Leonardo Becchetti

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Oliver Borg Olivier

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Antonio Salvio

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editoriale

evangelii gaudium

Il messaggio natalizio, per tutti coloro che hanno fede in Gesù, è in-nanzitutto un annuncio di gioia. «Vi annunzio una grande gioia chesarà di tutto il popolo»: le parole riportate da Lc 2,10 sono sempre

attuali. Ogni generazione cristiana se le sente ripetere, ad esse si crede osi rimane scettici. È la divisione che porta l’annuncio della fede. L’uma-nità è segnata da quest’annuncio. Non è indifferente accoglierlo o meno:la posta in gioco è la qualità profonda della vita. E tuttavia l’annuncio haportata universale: per chi è credente e per chi non lo è, per tutto il popo-lo, ossia per tutta l’umanità. A ricordarcelo fortemente è intervenuto quest’anno il Papa con un’acco-rata esortazione che racchiude non solo la sintesi dei lavori sinodali sullaNuova Evangelizzazione, ma tutto ciò che il pontefice crede, vive e tra-smette da quando è stato consacrato vescovo. Pubblicata nella conclusio-ne dell’Anno della Fede, alla vigilia dell’Avvento è quasi il dono nataliziodi Francesco. Un dono prezioso che va assolutamente accolto, meditato,pregato e vissuto.La sua esortazione, pur essendo tra i documenti più lunghi e consistentiespressi in una sola volta da un Papa, non vuole essere una dissertazionecompleta sulla tematica della Nuova Evangelizzazione, sull’analisi dellarealtà e sulle ricette da offrire in nome della dottrina sociale cristiana.Tutto ciò è solo abbozzato e rinviato agli approfondimenti della teologia,delle Conferenze Episcopali e degli operatori socio-politici. È una esorta-zione accorata. Così l’abbiamo avvertita e così ci sentiamo di darne eco.Leggendola bene non appaiono contenuti in sé assolutamente nuovi. Nonera quella evidentemente l’intenzione. La novità è lo stile, una comunica-zione da cuore a cuore che vuole condurre il lettore a entrare in un dina-mismo spirituale: rivivere le disposizioni battesimali, ravvivare il dono diDio che è già in ciascun battezzato.Nulla di totalmente nuovo eppure ci sentiamo confermati, allargati nel-l’animo dall’ampia visione ecumenica del Vicario di Cristo, dal primatodella misericordia e della centralità dei poveri, dal protagonismo di tuttala comunità dei battezzati, dal superamento di ogni visione clericale. Lesue parole sulla missione risultano per noi delle vere perle programmati-

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che! E dovremo ritornarci su, magari in una monografia particolare.La lunghezza del documento non spaventi. Lo stile è il suo, piano, sem-plice, profondo: parla il linguaggio del nostro tempo, evoca le tensionipiù evidenti e drammatiche diffuse nel mondo. Su tutto e su tutti risplen-de la speranza. La gioia cristiana infatti non è superficialità di chi nonconosce o vuole ignorare i problemi. Non è fuga dalla realtà. È frutto diuna certezza: Gesù è vivo, con Lui possiamo parlare, ci accoglie, ci ascol-ta, ci risponde. Oggi, ora. Più volte nella lettura ritorna l’afflato iniziale, ilkerygma. È la cosa più importante che precede e sorregge la pastorale sa-cramentale, la struttura ecclesiale, le esigenze della morale. Sentirselo ri-badire con assoluta chiarezza riscalda il cuore.Così come spiragli di speranza carichi d’immortalità si aprono nelle co-scienze laiche e in fratelli di altre fedi quando l’accento sulla credibilitàdell’annuncio si sposta decisamente sul versante dell’ortoprassi: l’amoresenza riserve per il piccoloe il povero diventano lacifra che ac- credita an-nuncio e an- nunciatore.«Non c’è spazio per latristezza nel giorno in cuirisplende la vita, una vi-ta che di- strugge lapaura della morte e do-na la gioia delle pro-messe eter- ne». Così unillustre pre- decessore diFrancesco, il Papa LeoneMagno nella celebre ome-lia sul Nata- le. Dopo cir-ca millecin- q u e c e n t oanni risuona attualizzatoil medesimo annuncio digioia: in cli- ma natalizioil magnificat di Maria declinato dal Papa rallegra il cuore, illumina le fo-schie in cui si muove sovente la ricerca di senso, rafforza le volontà spes-so impigrite dal consumismo edonista. La gioia è contagiosa, rende leg-gero il distacco dai beni materiali, spedito l’annuncio, gradito il dono: èl’anima della missione.Buona lettura e buon Natale.

P. Massimo Nevola S.I.

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Padre Massimo Nevola con uno piccoli ospiti del centrodelle Evangelizing Sisters of Mary di Nairobi, in Kenya, do-ve la Lms organizza nel periodo natalizio un campo di soli-darietà in collaborazione con la Onlus GiacomoGiacomo

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Il 29 giugno 2013 è stata firmata dapapa Francesco l’enciclica LumenFidei. Il testo, presentato il 5 luglio

successivo, ha una salda connessionecon le precedenti encicliche di Benedet-to XVI sull’amore (Deus Caritas Est) esulla speranza (Spe Salvi) e contiene ilfrutto delle meditazioni sulla fede di pa-pa Ratzinger e di papaFrancesco. Il cardinaleMarc Ouellet, prefettodella Congregazioneper i Vescovi, in occa-sione della citata ceri-monia ha sottolineatoche l’enciclica, ponteideale tra due pontifi-cati, raccoglie in sé«molto di BenedettoXVI e tutto di papaFrancesco». L’impor-tanza della fede, espli-citata con questo do-cumento «unico edunitario», si correla,pertanto, come ha affermato l’arcivesco-vo Gerhard Ludwig Muller, prefetto del-la Congregazione per la Dottrina dellaFede, al principio della continuità delmagistero petrino, pur nella diversitàdelle successioni sulla cattedra romana.Il Santo Padre, nelle note introduttivedella Lettera, dopo aver ringraziato il

suo predecessore per il prezioso contri-buto di pensiero trasmessogli, ha evi-denziato la ricchezza della virtù teolo-gale in esame, focalizzandone la luceche da essa promana, considerata dallatradizione della Chiesa «un grande do-no portato da Gesù». Ha ricordato inol-tre, nella premessa, la testimonianza of-

fertaci dal Vangelo diGiovanni (12, 46) e dasan Paolo nella secon-da lettera ai Corinti(4, 6) e valorizzata daiConcili Vaticano I eVaticano II, che han-no attribuito alla verafede il significato dispinta ideale per l’uo-mo nella ricerca dellaverità e per il conse-guimento della salvez-za eterna.Il pontefice, per con-futare, nelle prime pa-gine dell’enciclica, la

tesi di una fede illusoria in Dio sostenu-ta da diversi pensatori contemporaneie, in particolare, da Nietzsche, perché«impedisce il nostro cammino di uomi-ni liberi verso il domani», ha osservatoche «la luce della ragione autonomanon è riuscita e non riesce ad illumina-re abbastanza il futuro, lasciando l’uo-

Studio

la lumen Fidei nella testimonianzadi papa Francesco

“Fidandoci di Dioe accogliendolo,il nostro cuore,

ha detto papa Francesco,sarà pieno di gioia.

Mantenendo viva la speranzain Lui, lasciandoci sorprendere,ogni giorno, dalla Sua presenza

al nostro fianco,annunciando la Sua Parola

verso «la periferia dell’esistenza»,potremo esseresuoi veri amici”

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mo nella paura dell’ignoto». Ha dunqueposto in risalto l’esigenza di recuperare,anche per segnare i confini del bene dalmale, la luce che investe «tutta l’esisten-za dell’uomo», grazie all’amore riserva-toci da Dio, che dirada le nostre tene-bre e ci toglie dall’isolamento per entra-re, con l’ausilio dello Spirito Santo, nelperimetro della comunione con Cristo eil prossimo. La necessità che la nostravita morale si leghi a Dio nella ricercadella verità assoluta e la forte spinta ascoprire il cammino della fede per su-perare il relativismo dei nostri giorni eper incontrare Cristo, ci portano a valu-tare con attenzione e interesse i conte-nuti dell’enciclica, cogliendone i profilidi congiunzione ideale con la letteraapostolica Porta fidei di Joseph Ratzin-ger (11 ottobre 2011), con la quale erastato indetto l’Anno della fede, poi ini-ziato l’11 ottobre 2012.L’enciclica Lumen fidei appare come lasintesi del progetto voluto da BenedettoXVI e ampiamente approfondito in am-bito sinodale nell’ottobre del 2012, de-dicato alla nuova evangelizzazione del-

la fede. Si può affer-mare che l ’insegna-mento costruito, inquattro capitoli, dallacitata enciclica, sullegranitiche conclusionidel lavoro preparato-rio voluto dal papaemerito, è paragonabi-le, in modo figurato, alpotere fertilizzante dellimo che i fiumi depo-sitano sui terreni aridi,nel loro corso, primadi raggiungere le foci econsegnarsi al mare.Verificando i passi del-la storia e la logica

della fede centrata su Cristo, il cui Van-gelo li pervade, mantenendo come haaffermato Kierkegard una costante at-tualità, si comprende quanto sia neces-sario essere abilitati, per impiegare leparole del teologo Albert Lang, a «per-cepire la luce soprannaturale della gra-zia (lumen fidei)», per respingere «i pre-giudizi intellettualistici delle correntidel sentimento moderno contro il Cri-stianesimo».In questa prospettiva, risulta di grandeutilità entrare nello spirito dell’encicli-ca, partendo dalle considerazioni e dal-le sollecitazioni trasmesse dal lavoro diRatzinger e dal documento del Sinododell’ottobre 2012 per l’Anno della fede,aventi ad oggetto: la crisi della Chiesa eil recupero della «intelligenza della fe-de»; la famiglia nel processo di nuovaevangelizzazione; il ruolo dei laici insenso lato; la cura e lo sviluppo dellenuove generazioni; l’economia al servi-zio della vita per tutti; l’accoglienza e laintegrazione dei migranti; lo sguardoriservato alle Chiese delle diverse regio-ni del mondo.

l papa emerito Benedetto XVI incontra papa Francesco

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la lumeN Fidei e il magiStero di BeNedetto XViPrima di cogliere le specificità dellequattro sezioni della Lumen fidei, è op-portuno soffermarsi sulla ratio della in-versione, nel ciclo storico delle tre enci-cliche promosse da Benedetto XVI, del-le tre virtù teologali, fissato dalla tradi-zione che vede al primo posto la fede,seguita dalla speranza e dalla carità. Larisposta può essere desunta da quantodetto dall’arcivescovo Rino Fisichella edal cardinale Marc Ouellet in relazionealla specifica domanda avanzata da ungiornalista del Wall Street Journal in oc-casione della presentazione dell’ultimaenciclica. Il presidente del PontificioConsiglio per la nuova evangelizzazioneha osservato, nella circostanza, che «ilprimato dell’amore», origine e fonda-mento di tutto, ha una solida base scrit-turale: nella prima lettera di Giovannisi parla esplicitamente della natura diDio come agape. Il cardinale Ouellet hacompletato la risposta dicendo che «lasperanza è il fidarsi di Dio sempre, an-che nelle prove, mentre la fede potreb-be essere definita come il momento del-l’accoglienza, dell’adesione all’amore e,quindi la carità è da essere compresacome un movimento, la fede che diven-ta azione e deriva dallo sposare il mo-mento stesso dell’amore». A sostegno diqueste indicazioni, è possibile ricordareche san Paolo definì la carità la virtù«più eccellente», mentre BenedettoXVI, nella lettera apostolica Porta fidei,ha affermato che «la fede senza la ca-rità non porta frutti e la carità senza fe-de sarebbe un sentimento in balia co-stante del dubbio». Premesso quantosopra e aprendo la mente e il cuore alleprospettive che superano i confini an-gusti del soggettivismo e investono laconoscenza di Dio-Amore, è del tuttonaturale passare all’approfondimento

delle direttrici tracciate dalla enciclica,cui ispirarsi per: rafforzare la nostra fe-de, da esercitare secondo Sant’Agostinocon la ragione; gustare una nuova vita;cogliere la gioia di attualizzare, insiemead altri, la Parola del Signore.Nel primo capitolo del documento (Ab-biamo creduto all’amore; cfr 1Gv. 4, 16),sono presenti le tracce della storia dellafede, partendo da quelle di Abramo, pergiungere attraverso la successiva ...chestava per venire instabilità del popolodi Israele nella fase dell’ascolto e del-l’accoglienza della Parola di Dio, la me-diazione di Mosè tra Dio e il suo popo-lo, l’apertura di fiducia dei patriarchi inCristo che stava per venire, alla venutadi Gesù, la cui affidabilità non è quelladi un mediatore per acquisire la fede in

Papa Francesco in visita a Lampedusa (8 luglio 2013)

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Dio, ma di Colui al quale ci si unisceavendo fiducia nella sua vita in relazio-ne con il Padre, nel suo insegnamento,nelle sue promesse, nella sua grazia, nelsuo infinito amore e, come dice sanPaolo, nella Lettera ai Galati (2,20), nel-la sua fede di Figlio di Dio «che mi haamato e dato se stesso per me».Nel secondo capitolo (Se non crederetenon comprenderete; Is 7, 9), sono stateesplicitate le coordinate di un program-ma attraverso il quale la luce della federiesce a penetrare l’animo umano econsente di continuare a vivere le espe-rienze che vedono laChiesa fortemente im-pegnata. Lo sviluppodel pensiero correlatoalla storia della fede,la chiarezza delleespressioni pronun-ciate da papa France-sco, le citazioni di au-tori e correnti filosofi-che del passato ci of-frono l’opportunità diessere più convintinell’accogliere la gra-zia donataci dal Si-gnore e nel risponde-re alla sua Parola. Lesalde interazioni tra iconcetti legati ai verbi ascoltare, vede-re, conoscere, credere, amare conflui-scono nel binomio luce/amore, il pila-stro fondamentale della nostra profes-sione di fede riportata nel Credo, la pre-ghiera che non fa dimenticare l’impe-gno assunto con il battesimo e ci coin-volge nella vita della Chiesa costruitasulla roccia del Cristo risorto.Le descritte peculiarità e la ricchezza diimmagini che connotano la strutturadell’enciclica agevolano la comprensio-ne delle frasi pronunciate da papa Ber-

goglio in occasione della sua primaomelia ai cardinali, condensate nei ver-bi «camminare, costruire, confessare».Ne discende che, raccogliendo l’invitodel vicario di Cristo ad affidarci a Dio,a desiderare di incontrarlo, ad immer-gerci nella Sua luce, si avrà la possibi-lità di comprendere la bellezza e, nelcontempo, i drammi della realtà che cicirconda e di completare il binomio fe-de/amore con il concetto di «verità». Unconcetto questo spesso oggi dimentica-to dall’uomo che, tentato di identificar-si in toto con le cose del mondo e preso

dalla nevrosi dell’effi-cientismo, non riescead ampliare con sin-cerità religiosa, con lafede, «gli orizzontidella ragione per illu-minare meglio il mon-do che si schiude».L’essere uniti a Cristo,allontanandoci dalnostro egocentrismo epermettendoci di pra-ticare il bene, ci con-sente di andare incon-tro ad una vita nuova,che ci consegna com-pletamente, con lapreghiera, nelle mani

del Signore e ci fa trovare protezione esollievo. Avremo, così, l’opportunità diabbandonare una visione troppo alta dinoi stessi, comprendere la caducità del-le cose, fondare la nostra sicurezza nelSignore, condividere la speranza dellagente comune, assorbire la verità dell’a-more «con l’Altro e con gli altri», tenen-doci lontano, come è stato sottolineatonell’enciclica, da quei sentimenti che fi-niscono per sfociare nell’«arroganza enei totalitarismi». Ancorandoci, respon-sabilmente, a questi principi nella so-

“In stretta connessione conl’abbraccio agli immigrati a

Lampedusa, si è posta la secondavisita pastorale, il 22 settembre2013, in Sardegna, dove il papasi è soffermato sul tema della crisi

economica e della tutela dellavoro. Nel ribadire che «la

Chiesa deve andare alle periferiedegli ultimi», ha voluto

condividere con i lavoratori indifficoltà fatiche, speranze e

ideali per confermarli nella fede”

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cietà e nel creato e seguendo l’invito dipapa Francesco a «non farci rubare lasperanza», potremo legarci indissolu-bilmente ai grandi ideali e saremo an-cora più presenti nel mondo con il no-stro servizio. Il riconoscere e praticare,con fede, l’amore donatoci da Dio con-sente, altresì, di condividere la certezzadel perdono offertoci da Lui nel segnodella Croce, che l’uomo contemporaneoha dimenticato di esercitare, in quantoincapace di vivere con e per amore. Di-scendono dalla trama di questa meravi-gliosa veste dell’amore, che dovremo in-dossare con gioia per essere più vicini aCristo, le conclusioni del secondo capi-tolo dell’enciclica, che fissano la salda-tura della luce, del calore e degli oriz-zonti della fede con il consolidamentodella teologia. Questa, attingendo allafonte, la Parola di Dio, mantiene saldoil magistero della Chiesa, senza limitarel’esplorazione, con umiltà e con l’usocorretto della ragione, dei tesori del Mi-stero di Dio.Nel terzo capitolo (Vi trasmetto quelloche ho ricevuto; cfr. 1 Cor 15, 3), vienesviluppato, seguendo un ordine logicorispetto all’ascolto della voce di Dio ealla ricezione della sua luce, il concettodi apertura e diffusione della fede da unio ad un noi. In perfetta sintonia con ilmessaggio della lettera apostolica Portafidei, papa Francesco ha ribadito che larelazione dell’uomo con Dio non è unqualcosa di isolato, ma si espande, vi-vendo, con l’aiuto dello Spirito Santo,in un’operazione di professione e tra-smissione del messaggio cristiano e disviluppo del nostro amore e della no-stra gioia in spirito di comunione sem-pre più allargata. Al pari del sasso che,lanciato in uno stagno, genera l’apertu-ra di cerchi concentrici, la fede diventa,con l’ausilio dei sacramenti, una forza

dinamica che favorisce sinergie e pro-spettive di sicurezza, a cominciaredall’alveo familiare, e investe i circuitidella vita sociale. La Lumen fidei nonha mancato di sottolineare la centralità,nello scorrere della vita del cristiano,dei quattro forzieri, messi a disposizio-ne con lo strumento del catechismo,che contribuiscono a esaltare la lucedella fede: la confessione del Credo; lacelebrazione dei sacramenti; il tracciatodel decalogo, arricchito dal discorsodella montagna; la preghiera.Papa Francesco ha fornito, nella circo-stanza, una univoca chiave di letturadel tema concernente l’unità della fede,perché, ha ribadito, essa si «rivolgeall’unico Signore, alla vita di Gesù, allasua storia concreta che condivide connoi» e in quanto «è condivisa da tuttala Chiesa, che è un solo corpo ed unsolo Spirito». Nel contempo, ha ag-giunto, citando la prima lettera di sanPaolo a Timoteo (6, 20), che rimane disomma importanza la integrità dellafede e la esigenza di «vigilare perché sitrasmetta tutto il deposito della fede».A tal fine è fondamentale il ruolo chela Chiesa assolve, avendo ricevuto «ildono della successione apostolica», at-traverso le operazioni di ascolto, custo-dia e annuncio della volontà di Dio e lagioia di poterla attualizzare in modocompiuto. Giova osservare che l’unitàdella fede è, come ha osservato l’Arci-vescovo Gerhard Ludwig Muller sul-l’Osservatore Romano del 6 luglio 2013,«ricca e vivace di pluriformità» e «fon-data sulla verità, che intende servire evalorizzare», incontrando e depurandociò che attraversa le diverse culture.Il quarto capitolo (Dio prepara per lorola città; cfr. Eb 11, 16) è dedicato ai pro-fili della edificazione del progetto di fe-de destinato a rinnovare la vita caduta

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nel laicismo più esasperato e nel disor-dine spirituale, a favorire una maggiorecomprensione dei valori dello stare in-sieme, legati all’amore scambievole, al-la gioia nell’impegno quotidiano, allacrescita delle singole comunità, il tuttosostenuto dalla luce che, anche nellesofferenze, ha come fondamento l’amo-re di Dio e configura l’avanzata di unasperanza affidabile di fronte al male. Inquesto luminoso disegno di prospettivatorna a risplendere l’amore tracciatonella lettera apostolica Porta fidei e nelsuccessivo messaggio del Sinodo dei ve-scovi, rapportato all’ambito della fami-glia, alla stabilità dell’unione dell’uomoe della donna nel matrimonio, alla tra-smissione della fede ai figli, e, nella so-cietà, alla realizzazione di «forme giu-ste di governo», all’affermazione del be-ne e del perdono nella vita relazionale,alla custodia della natura e al progredi-re del creato. Per concludere l’analisidei contenuti del citato documento, sipuò affermare che la Lumen Fidei con-sente di allargare gli orizzonti dell’esi-stenza umana e di assorbire «la positi-

vità dello sguardo – ed è questa la lucedella fede – di una vita che si lascia at-trarre e coinvolgere totalmente» nellamisura e nelle modalità testimoniatedal papa emerito e da papa Francesco.

l’imPatto dell’eNciclica Sulle coScieNze: il ruolo di

PaPa FraNceSco

Ritengo opportuno svolgere, ora, alcu-ne considerazioni sulle dinamiche emo-tive che l’enciclica è capace di innesca-re nei nostri cuori, fondandole sulla pa-rallela documentazione delle azioni edell’insegnamento che il Santo Padre citrasmette, quotidianamente, nell’eserci-zio del suo magistero. La ricca, colora-ta, suggestiva composizione di espres-sioni, inserite nelle omelie, comporta-menti, dialoghi con il prossimo, racco-mandazioni e iniziative varie di papaBergoglio è il riflesso della luminositàdel citato documento, finalizzato al rin-novamento della fede e al processo diuna nuova evangelizzazione, cui siamochiamati a concorrere. Valgono a dimo-strare la fondatezza di quanto dichiara-to le posizioni assunte, negli ultimi me-

si, da papa Francesco,per dare risposta adalcuni problemi di par-ticolare rilievo. Ricor-do, in primo luogo, co-me cornice alle que-stioni affrontate, l’im-pegno da lui profusoper contrapporre aldenaro, al piacere, alpotere, che restanoidoli passeggeri, la spi-ritualità, la generosità,la perseveranza, lagioia, che costituisco-no le vere radici dellafede cristiana e dellasalvezza. Al riguardo,

Papa Francesco abbraccia un bambino durante la Giornata Mondia-le della Gioventù di Rio dello scorso luglio

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ha osservato che il «camminatore» po-trà trovare, sulle pietre miliari dellastrada diretta alla conquista della luceeterna, le tracce del Signore che non fi-nirà mai di stupire, anche nelle diffi-coltà, trasformandolo in «vino nuovo».Fidandoci di Dio e accogliendolo, il no-stro cuore, ha detto il Santo Padre, saràpieno di gioia. Mantenendo viva la spe-ranza in Lui, lasciandoci sorprendere,ogni giorno, dalla Sua presenza al no-stro fianco, annunciando la Sua Parolaverso «la periferia dell’esistenza», po-tremo essere suoi veriamici e sicuri di rag-giungere il traguardoagognato.Soffermandosi sul te-ma della maturazionedella fede nei giovani,protagonisti di unafase storica comples-sa, nella quale domi-na la fragilità dellospirito, papa France-sco ha confermato laimportanza delleGiornate Mondialidella Gioventù, pro-mosse da papa Gio-vanni Paolo II, inquanto nei periodici incontri con Cri-sto si è avuta l’opportunità di riscon-trare il pessimismo delle nuove genera-zioni verso le istituzioni e l’avvertitaesigenza di una maggiore vicinanzadella Chiesa nell’affrontare i problemiche le affliggono. Nel contempo, è statascoperta la gioia a consolidare l’impe-gno che i giovani investono per vivere,con coraggio, le frontiere dell’esisten-za, nel perimetro di una convinta soli-darietà, di una fratellanza allargata edi una speranza stimolata dall’insegna-mento degli educatori. L’invito e le sol-

lecitazioni di papa Francesco, rinnova-te in occasione della Giornata Mondia-le della Gioventù a Rio de Janeiro delluglio 2013, hanno avuto una vasta ecoe, come destinatari, giovani che, purnella diversità delle rispettive culture,si sono dimostrati pienamente integra-ti nell’ascolto e aperti all’amore ed allasperanza auspicati dal vicario di Cri-sto. Nel santuario di Aparecida e nellametropoli di Rio de Janeiro, papaFrancesco ha dato testimonianza diuna sentita vicinanza ai giovani, ai po-

veri delle favelas e aisofferenti dell’ospeda-le della città carioca,invitando le nuove ge-nerazioni a trovare lagioia della fede nel-l’abbraccio del prossi-mo, in particolare,dei bisognosi, ad ave-re fiducia in Gesù, aseguirne le ombre, ri-petendo l ’invito a«non farsi rubare lasperanza».Un altro profilo dell’a-zione di rinnovamen-to della società, sulpiano della solida-

rietà, dell’accoglienza e dell’integrazio-ne, è stato evidenziato da papa France-sco in occasione della visita pastoraleeffettuata l’8 luglio 2013 a Lampedusa,nell’estremo lembo del Vecchio Conti-nente, dove ha rivolto un messaggio difraterno amore alle vittime della «glo-balizzazìone della indifferenza». Si ètrattato di un monito, da non strumen-talizzare per infime battaglie politiche,volto a squarciare l’ipocrisia di quanti,in ambito internazionale, dovrebberopreoccuparsi senza ulteriori ritardi del-la salute e della dignità degli abitanti di

“In occasione dell’incontro con ileader religiosi riuniti a Roma dallaComunità di Sant’Egidio, papa

Francesco ha rinnovato l’invito adagire per la pace in Siria e nelmondo, a non rassegnarsi alle

violenze motivate con la religione,a favorire il dialogo e a infonderenei cuori di tutti «il coraggio dellasperanza», pregando Dio perchésostenga il cammino di quanti

lavorano per costruire una rete dipace a protezione dei poveri, deipiù deboli, degli emarginati”

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interi Paesi che rimangono ai marginidello sviluppo culturale, economico epolitico. Il papa è tornato sullo specifi-co argomento il 3 ottobre, in occasionedi una nuova tragedia registrata al lar-go di Lampedusa, con la morte e lascomparsa di centinaia di migranti. Intale occasione, ha impiegato, con vocespezzata, la parola «vergogna», rivoltaai responsabili materiali e morali deitraffici illeciti, dei silenzi e delle ineffi-cienze sul piano politico, amministrati-vo ed economico che rendono possibilitali drammatici episodi; e ancora ilpontefice è intervenuto il 12 ottobre,dopo un altro naufragio di migranti,sempre nel canale di Sicilia, pronun-ciando la frase: «Accecati dalle como-dità non vediamo chi muore».In stretta connessione con l’abbraccioagli immigrati a Lampedusa, si è postala seconda visita pastorale, il 22 settem-bre 2013, in Sardegna, nei pressi delSantuario di Nostra Signora a Bonaria,dove il papa si è soffermato sul temadella crisi economica e della tutela dellavoro. Nel ribadire che «la Chiesa deveandare alle periferie degli ultimi», hainteso condividere con i lavoratori indifficoltà fatiche, speranze e ideali perconfermarli nella fede. Anche in questacircostanza, in coerenza con i messaggilanciati dalla Lumen fidei, ha condan-nato «il sistema economico che ha alcentro un idolo, che si chiama denaro»,nonché quelle forme di carità che si tra-ducono in puro assistenzialismo. Ha in-vitato, infine, i fedeli presenti a fidarsidi Gesù e ha pregato dicendo: «Signoreinsegnaci a lottare per il lavoro. Gesùdacci il lavoro».Sullo sfondo delle problematiche af-frontate dall’enciclica Lumen fidei, sistaglia inoltre nitida la portata del cam-mino che ha visto impegnato papa

Francesco nella prosecuzione del dialo-go interreligioso in funzione della con-quista della pace nel mondo. Ricordan-do l’apertura del dialogo tra cattolici edebrei sostenuto da papa Giovanni PaoloII, ben si comprendono le analoghe ini-ziative di papa Bergoglio, perché la viache conduce a Dio Padre possa esserepercorsa, pur tra difficoltà, nella pro-spettiva dell’incontro finale con il Crea-tore, il Dio di Abramo, David, Pietro,Paolo, dei tanti martiri della fede e diquanti vivono nel segno dei valori bibli-ci e del Cristianesimo. In questo conte-sto, si è collocato, nel giugno 2013, l’o-maggio reso, ad Auschwitz, da ebrei ecattolici, alle vittime dell’Olocausto, si-gnificando che questo e i tanti altri cen-tri di sterminio costruiti dall’uomo sug-

Papa Francesco bacia la statua della Madonnadurante la visita al santuario brasiliano di Apa-recida dello scorso luglio

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geriscono, ai cristiani che lo visitano, lacongiunzione ideale della sofferenza diGesù e della Madonna con quelle dellevittime del nazismo, incoraggiandoliper altro verso a seguire il percorso delFiglio di Dio e a trovare la forza diguardare, con speranza, la luce della ri-surrezione.Inoltre, con riferimento al progetto dinuova evangelizzazione, lo sguardo dipapa Francesco, ri-servato alle Chiesedelle diverse religionidel mondo, per giun-gere alla pratica delperdono e della ri-conciliazione, ha as-sunto contorni diestremo interesse. Almessaggio dell ’As-semblea generale or-dinaria del Sinododell’ottobre 2012 sul-lo specifico argomen-to, il Santo Padre hadato un giusto segui-to, con appropriateiniziative coinvolgen-ti i responsabili dellesingole nazioni e ce-mentando, nella pre-ghiera per la pace,quanti hanno aderitoall’apposita veglia, inpiazza San Pietro, del7 settembre 2013. L’appello lanciatoda Karol Wojtyla, nel 1986, ad Assisi,dove radunò i responsabili delle Chie-se e delle comunità religiose, esortan-doli a pregare e operare insieme per lapace, rilanciato da Benedetto XVI, ètornato in evidenza il 30 settembrescorso, nell’incontro del Santo Padrecon i leader religiosi presenti a Romaper partecipare alla riunione interna-

zionale promossa dalla Comunità diSant’Egidio. Nella circostanza, papaFrancesco ha rinnovato l’invito ai con-venuti ad agire per la pace in Siria, nelMedioriente e in tanti altri Paesi delmondo; a non rassegnarsi alle violenzemotivate con la religione; a favorire ildialogo e la cultura dell’incontro; ainfondere nei cuori di tutti «il coraggiodella speranza»; a pregare Dio perché

sostenga il camminodi quanti si impegna-no e lavorano per co-struire una rete di pa-ce, a protezione deipoveri, dei più deboli,degli emarginati.Tale indirizzo ha avu-to un ulteriore impul-so in occasione dellavisita del pontefice adAssisi il 4 ottobrescorso, per conferma-re la urgenza di uncondiviso messaggiodi pace, reclamandoazioni concrete perscuotere l’umanità daltorpore, dalla monda-nità e dalla mancanzadi solidarietà. Nellacircostanza, l’incontrodi papa Francescocon san Francesco adAssisi è stato caratte-

rizzato, tra l’altro, da gesti di univocaportata, come l’incontro conviviale coni poveri, il dialogo con i giovani, leespressioni di rinnovato dolore per latragedia di Lampedusa del giorno pre-cedente e il conseguente invito a trova-re mirate soluzioni ai gravi risvolti deiflussi migratori.Per infondere continuità al processo dirinnovamento della fede promosso dal

“L’invito del pontefice,rivolto a tutti, è quello di cercareDio in tutte le realtà, partendodalla Sua presenza nei processi

della storia e maturando,quotidianamente, l’ascolto,

la visione e il «discernimento»,con riferimento alle attività e aifatti che attraversano il nostrocammino esistenziale. In questa

ricerca la predisposizionespirituale, con il sostegno

dell’intelletto, è fondamentaleper acquisire la certezza

della presenza di Dio al nostrofianco, per fidarsi di Lui,

e coltivare una speranza diversadal semplice ottimismo, in quanto

promanante dal Signoreche ce la dona”

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suo pontificato, traendo la necessarialinfa operativa dagli stimoli del Conci-lio Vaticano II e dei suoi predecessori,papa Francesco ha inoltre consegnatoai fedeli, nel periodo conclusivo del-l’Anno della fede, ulteriori testimonian-ze che determinano fiducia nel circuitoecclesiale. Sul piano della comunica-zione, va ricordata l’intervista rilascia-ta dal pontefice il 19 agosto 2013 al di-rettore di Civiltà Cattolica, padre Anto-nio Spadaro. Essa ha permesso di tra-sferire al bacino dei credenti e non laconoscenza della figura del vicario diCristo, del suo pensiero e delle lineeprogettuali del suo ministero, nellaprospettiva di far lievitare il dialogocon il mondo esterno e di agevolareiniziative concrete sul fronte dellaequità, della giustizia, della solidarietàe della pace. Nel corso della conversa-zione con padre Spadaro, papa France-sco ha fornito una serie di considera-zioni che consentono di tratteggiare al-cuni tratti della sua personalità e delprogramma del suo pontificato. Ha inprimo luogo spiegato che nel mottoMiserando atque eligendo ha raccoltol’insegnamento ricevuto dall’episodioevangelico della Vocazione di San Mat-teo, magistralmente rappresentato neldipinto del Caravaggio. La scelta di vi-vere la sua vocazione al sacerdozio nel-la Compagnia di Gesù è stata dettatada tre caratteristiche di questa chel’hanno molto colpito: «la missiona-rietà; la comunità; la disciplina». Laspiritualità ignaziana l’ha aiutato econtinua ad aiutarlo a vivere il proprioministero, attraverso in particolare lapratica del «discernimento», che loporta a evitare decisioni affrettatenell’agire quotidiano, fatto anche dipiccole cose, ma con il cuore aperto aDio e al prossimo. Per tale ragione, tro-

va utile la figura del gesuita mistico enon asceta, tenendo conto che la Com-pagnia deve essere contemplativa nel-l’azione e vivere una vicinanza profon-da a tutta la Chiesa.L’esperienza di governo maturata nellaveste di arcivescovo di Buenos Aires gliha insegnato l’importanza di fondareogni decisione sulla consultazione didiretti collaboratori, una prassi confer-mata da pontefice con la costituzione,nel settembre scorso, del Consiglio deicardinali, composto da otto porporati,che non ha carattere deliberativo ed èchiamato ad aiutarlo «nel governo del-la Chiesa universale» e nello «studiareun progetto di revisione della Costitu-zione Pastor bonus» per il governo del-la Curia Romana. In tale contesto, i di-casteri romani rimangono al seviziodel papa e dei vescovi per aiutare sia leChiese particolari, sia le Conferenzeepiscopali.Nell’intervista a Civiltà Cattolica, inol-tre, papa Francesco ha posto particola-re attenzione alla immagine della Chie-sa, intesa come «santo popolo fedele diDio», precisando che il sentire cum Ec-clesia e «la santità della Iglesia militan-te» vanno riscontrati nella vita quoti-diana dei singoli che lavorano e vivonoin silenzio, svolgono attività missiona-rie, affrontando con pazienza le circo-stanze della vita. Nella visione del pon-tefice argentino, la Chiesa attuale è co-me «un ospedale da campo», votata a«riscaldare il cuore dei fedeli», annun-ciare la salvezza in Cristo, plasmarel’atteggiamento dei suoi ministri perchésiano misericordiosi nella confessione,dialoghino come pastori con il cuoredelle persone e traccino adeguati, nuovipercorsi per sanare le loro ferite spiri-tuali. Sotto quest’ultimo profilo, nelconsiderare le situazioni difficili dei di-

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vorziati risposati e delle coppie omoses-suali e le questioni legate all’aborto eall’uso dei metodi contraccettivi, hamantenuto ferma da un lato la posizio-ne della Chiesa, non disponibile a for-me di compromesso, ma per alto versoha ribadito la convinzione della neces-sità, da parte della Chiesa, di considera-re la persona meritevole di essere aiuta-ta e accompagnata con misericordia.Ha inoltre affermato di ritenere oppor-tuno, per il futuro dell’unità della Chie-sa e in una prospettiva ecumenica, unapprofondimentodegli spazi di pre-senza delle donneal suo interno,esaltandone la di-gnità e coinvolgen-dole in decisioniimportanti.Dedicando infineuna riflessione alledinamiche dellaChiesa, papa Fran-cesco ha riferito diconsiderare il Con-cilio Vaticano IIuna «rilettura delVangelo alla lucedella cultura con-temporanea», af-fermando con que-sto che il rinnova-mento richiesto «viene dallo stesso Van-gelo». Ne deriva che il suo invito, rivoltoa tutti, è quello di cercare e trovare Dioin tutte le realtà, partendo dalla Suapresenza nel passato e nei processi dellastoria e maturando, quotidianamente,l’ascolto, la visione e il «discernimento»,con riferimento alle attività e ai fatti cheattraversano il nostro cammino esisten-ziale. Trattandosi di una ricerca di Dionon in senso empirico, occorre che l’in-

certezza e il dubbio portino ad un atteg-giamento che richiama quello agostinia-no, con l’apertura della mente e del cuo-re alla sorpresa della visita del Signore aciascuno di noi, nei luoghi, tempi e mo-dalità non conosciuti. Per questo, lapredisposizione spirituale, con il soste-gno dell’intelletto, e il «discernimento»sono fondamentali per acquisire la cer-tezza della presenza di Dio al nostrofianco, del fidarsi di Lui, di coltivareuna speranza diversa dal semplice otti-mismo, in quanto promanante dal Si-

gnore il quale, do-nandocela, nonpuò «defraudarla».Il recente incontrodi papa France-sco, in Vaticano,con il giornalistaEugenio Scalfari,un non credente,uscito dall ’areadel riservato edentrato nel circui-to della comunica-zione, ha offertouna ulteriore op-portunità di rifles-sione su questi esu altri temi con-nessi con il magi-stero di papaFrancesco. In par-

ticolare, è tornato in evidenza il princi-pio, confermato dalla Lumen fidei, se-condo il quale la forma ecclesiale dellafede, presupposto fondamentale dellaperdita di ogni concezione individuali-stica, vede l’uomo destinatario del do-no dell’Amore e partecipe dell’annun-cio della Parola di Dio, attraverso unaChiesa, come l’ha definita RomanoGuardini in un passo ripreso dalla stes-sa enciclica, «portatrice storica dello

Padre Gustavo Gutiérrez (Lima, 1928), espo-nente tra i più autorevoli della Teologia dellaLiberazione

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sguardo di Cristo sul mondo», respon-sabile della costruzione di un futuropiù giusto per la società, senza sfociarein un’attività di mero proselitismo, maentrando nel perimetro della moder-nità per trasferirvi il calore della fede,ascoltando, praticando il bene, aiutan-do, ridando speranza, predicando lapace, coltivando il dialogo con i noncredenti.Ne è discesa la chiara distinzione fattadal Santo Padre tra Bene e Male, amoree narcisismo, nonché tra politica e reli-gione, già operata dai suoi predecesso-ri, incentrata, da un lato, sul doverosoimpegno di tutti sul piano delle attivitàcivili e politiche e, dall’altro, sulla ne-cessità, per la Chiesa, di «esprimere ediffondere i suoi valori». Al riguardo,ha riconosciuto che la Chiesa, in passa-to, è stata «dominata dal temporali-smo», che si ritrova, come «modo disentire, ancora oggi, in alcuni alti espo-nenti cattolici».Rimanendo nel solco delle questioni af-frontate, concernenti il tema del socialee della formazione culturale, le posizio-ni di papa Bergoglio sono emerse conchiarezza, in coerenza con il Depositumfidei e in linea con quanto sostenuto daisuoi predecessori. Alla condanna dellaconcezione materialistica del comuni-smo, ha contrapposto le note positivedella dottrina sociale della Chiesa, spes-so sottovalutate. In tema di formazioneculturale, ha fatto presente al giornali-sta che aveva fondato, in gioventù, sul-l’io cartesiano, la base del suo pensieroe, quindi, il fondamento del suo proces-so formativo, che Descartes non avevamai rinnegato la fede in Dio. Ad unadomanda di Scalfari, sull’esperienza re-ligiosa vissuta, il papa ha dichiaratoche i santi che sente più vicini sonoPaolo, Agostino, Benedetto, Tommaso,

Ignazio e, naturalmente, Francesco. Atal proposito Bergoglio ha spiegato chesente molto vicina alla sua anima, enon poteva essere diversamente, la fi-gura san Francesco, considerato l’esem-pio più luminoso di amore per il prossi-mo, un missionario capace di espande-re la fede e l’amore tra gli uomini, unseguace di Gesù che vagheggiava unaChiesa povera, pronta ad aiutare, congli aiuti ricevuti, gli altri.Queste e altre considerazioni del SantoPadre, raccolte in occasione dello svol-gimento del suo ministero e della co-municazione diretta con l’esterno, han-no suscitato, talvolta, ingenerose per-plessità o affrettati giudizi. La superfi-cialità di commentatori, dai quali sonoderivate alcune interpretazioni non cor-rette o strumentalizzazioni delle frasipronunciate dal papa, ne ha posto in ri-salto la veste di progressista, in con-trapposizione al conservatore Benedet-to XVI, presentandolo di volta in voltacome un buonista, interessato a curarele sofferenze umane piuttosto che amantenere l’ortodossia della Chiesa,aperto alla cultura moderna, un pacifi-sta, un sostenitore della Teologia dellaliberazione. Si potrebbe replicare a talivalutazioni dicendo, sinteticamente,che papa Francesco ha semplicementeinteso dimostrare, con coerenza e chia-rezza, la sua fede di amore a Cristo, tra-dotta in dinamismo e attività dialogantisenza mai porsi nel segno della discon-tinuità, rispetto al passato, sul pianoteologico. Con maggiore profondità dianalisi, può tuttavia essere utile soffer-marsi sugli atteggiamenti assunti daJorge Mario Bergoglio, sin dai tempidel suo magistero quale arcivescovo diBuenos Aires, nei confronti delle più ur-genti questioni socio-politiche del mo-mento. Mi riferisco al periodo, molto

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significativo, della affermazione dellaTeologia della liberazione alla fine deglianni sessanta e negli anni settanta delNovecento, di fronte al diffondersi delledittature militari e dei regimi repressiviin America Latina. Ad essi com’è notosi contrapposero alcuni teologi, solleci-tando una posizione più attiva dellaChiesa in favore delle popolazioni piùpovere e delle loro lotte, saldando lacentralità della missione di Gesù a por-tare ai poveri il lieto annuncio con il so-stegno al processo di trasformazionesociale e politica del continente latino-americano.La posizione di Bergoglio emerse niti-da in occasione della Conferenza Epi-scopale Sud-Americana, tenutasi nel2007 presso il santuario mariano del-l’Aparecida, in Brasile. Il suo ruolo, inqualità di presidente dei lavori edestensore delle Conclusioni della confe-renza, fu determinante, come ha osser-vato Sandro Magister, «nel far prevale-re il primato della fede rispetto a quel-lo assegnato al povero in nome di unalettura ideologizzata della realtà». Nelredigere il documento, l’arcivescovo diBuenos Aires non partì da un’analisisociale, ma «dalla fede di un popolofatto in grande maggioranza da pove-ri», e utilizzò «il metodo vedere, giudi-care, agire», fondandolo sulla «contem-plazione di Dio con gli occhi della fedeattraverso la sua Parola rivelata, ... sulgiudizio della realtà secondo Gesù Cri-sto, ... sull’azione della Chiesa, corpomistico di Cristo». Il metodo di lavoropraticato da Bergoglio in quella circo-stanza richiama alla mente la pienaadesione al principio della ricerca diDio attraverso «il discernimento», dicui il papa ha fatto menzione nell’inter-vista a padre Spadaro. Già nel 2005,d’altra parte, Bergoglio aveva espresso

un simile giudizio, pur apparendo adalcuni un seguace della Teologia dellaliberazione a causa dei suoi riferimentiall’ideale di «una Chiesa povera tra ipoveri». Le qualità profetiche dellaChiesa latino-americana, sfociate nelleConclusioni della Conferenza di Apare-cida, con precipuo riferimento alla po-vertà evangelica, hanno consentito diestenderne i benefici «a tutta la Chiesanelle sue scelte specifiche» che sono losviluppo del Vaticano II e fanno partedi quella «conversione pastorale» chetende a rinnovare la fede nell’intera so-cietà contemporanea, valorizzando lavita, la famiglia, i giovani, la solida-rietà, la giustizia, la religiosità del po-polo di Dio, le vocazioni, e combatten-do ogni forma di protagonismo, egoi-smo, prevaricazione, corruzione.L’attualità delle Conclusioni del 2007,riflesse nel pontificato di papa France-sco merita di essere valutata anche at-traverso l’esame delle tappe percorsedalla Santa Sede, dopo il Concilio Vati-cano II, nei confronti della Teologiadella liberazione e, più da vicino, nelsolco del magistero sociale praticato daRatzinger e Bergoglio. Si ricorda che,nel 1979, papa Giovanni Paolo II sipronunciò sulle iniziative sviluppatedal citato movimento teologico, dichia-rando che «la concezione di Cristo co-me politico, rivoluzionario, come ilsovversivo di Nazareth», non appare inlinea «con la catechesi della Chiesa». Aseguito delle perplessità dei tradiziona-listi, manifestatesi negli anni ottanta,l’allora Prefetto della Congregazioneper la Dottrina della Fede Joseph Rat-zinger produsse poi, su mandato di pa-pa Wojtyla, due studi sulla Teologiadella liberazione: Libertatis Nuntius(1984) e Libertatis Conscientia (1986).Le due istruzioni, «pur denunciando i

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rischi di deviazione pericolosi per la fe-de e per la vita cristiana» che potevanoderivare dalla piena condivisione degliscritti dei teologi della liberazione, noncondannarono le idee di padre GustavoGutierrez, fondatore del citato movi-mento e, nel contempo, non omisero disottolineare positivamente il loro impe-gno per i poveri a causa delle fede. Lostesso Giovanni Paolo II riconobbe,poi, alla Teologia della liberazione unruolo utile e necessario per la difesadei poveri.Prendendo in considerazione gli eventisuccessivi, si può affermare che l’azio-ne dello Spirito Santo, guidando, consapienza, il cammino della Chiesa, hailluminato l’azione dei ministri di Cri-sto per conseguire la liberazione cri-stiana dalle insidie e dai danni di unasocietà incapace, spesso, di favorire lasolidarietà verso i poveri, la tutela deidiritti umani, l’affermazione della pa-ce. In questa luce, vanno infatti inter-pretati l’identità di vedute di papa Rat-zinger e papa Francesco, esplicitatenella Lettera Apostolica Porta fidei enell’enciclica Lumen fidei sul tema del-la povertà; la nomina a Prefetto dellaCongregazione per la Dottrina dellaFede, da parte di Benedetto XVI, deltedesco Gerhard Ludwig Muller, amicodel teologo peruviano Gustavo Gutier-rez; la conversione di Clodoveo Boff,fratello di Leonardo, esponente dispicco della citata corrente teologica,il quale, l’11 marzo 2013, in un’intervi-sta al giornale brasiliano Folha de S.Paulo, ebbe a riconoscere a BenedettoXVI il merito di aver difeso «il proget-to essenziale della Teologia della libe-razione: l’impegno per i poveri a causadella fede», pur criticandone i rischi diuna influenza marxista. Nel contempo,Boff precisò che erano giuste le corre-

zioni da apportare al movimento per-ché «la Chiesa non può avviare nego-ziati per quanto riguarda l’essenza del-la fede» e che «concentrandoci sullatrasformazione delle strutture sociali»si possono «trascurare Cristo, la pre-ghiera, i sacramenti e la missione». Intale quadro rientra, infine, la previstavisita di Gustavo Gutierrez a papaFrancesco, annunciata di recente damonsignor Muller. L’incontro potrebbeportare al definitivo chiarimento e allariabilitazione della Teologia della libe-razione, depurata di quel «riduzioni-smo socializzante», già espunto dalleconclusioni della Conferenza Episco-pale di Aparecida del 2007 e oggetto diulteriore attenzione in occasione delviaggio di papa Bergoglio in Brasilenel luglio 2013.Dal breve riferimento alla storia dellaTeologia della liberazione si ricavanoinconfutabili elementi riconducibili al-le linee programmatiche del pontificatodi papa Francesco, radicato sulla spiri-tualità tradizionale, sulla sensibilità perla giustizia, sulla congiunzione idealedei suoi messaggi e delle sue opere conquelli dei suoi predecessori sul terrenodel rinnovamento della Chiesa, apertaverso il futuro con spirito moderno, masempre salda sulla missione affidataleda Gesù per donare ai poveri il lieto an-nuncio (Lc 4, 18) e realizzare, come au-spicava papa Wojtyla nel 2003 in occa-sione del quarantennale della Pacem inTerris di Giovanni XIII, «un nuovo ordi-ne di rapporti umani, fondato sulla ve-rità, costruito secondo giustizia, ani-mato e integrato dalla carità, posto inatto nella libertà».

Giuseppe Fera

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iNVito alla Parola

una preghiera per la Siria

Gesù, amico mio, non ti chiedo spesso queste cose, ma cosa faresti se tu fossi unsiriano di trent’anni oggi?

Ti faccio questa domanda ingenua – ma in realtà non è una domanda. Te lapongo per poterti dire come gli ultimi due anni e mezzo hanno portato la Siria –il mio Paese – a un nuovo punto di svolta, dal quale non possiamo più tornareindietro. Lo so che la Siria non ti è straniera, perché hai passato la maggior par-te della tua vita così vicino ad essa. So che conosci il colore della nostra terra,che hai incontrato Paolo vicino alla nostra capitale, Damasco.

Non parlo di questo perché ho paura dell’avvenire, o delle conseguenze dellaguerra, perché ho paura di qualcosa di esterno. Ti parlo di tutto questo perchévoglio essere cristiano interiormente, non parte di un gruppo che deve sopravvi-vere. Voglio vivere una vita cristiana, come uno che è stato battezzato per essereprete, profeta e re, come te. Ti faccio queste domande perché sono perso e nonriesco a trovare delle risposte che mi diano pace.

Generalmente, sono io che voglio essere come te, ma oggi – solo per oggi – vorreiinvertire i termini della questione. Se tu fossi al mio posto, Gesù, come reagiresti aquanto sta accadendo in Siria? Oggi vorrei che fossi tu calarti nella mia realtà, Si-gnore, a “essere” come me, pur continuando a essere mio Signore. Lo voglio affin-ché tu possa guidarmi. Affinché possa sapere come vivere da buon cristiano.

D’altra parte, Signore, non siamo così differenti. Quello che tu hai vissuto duemi-la anni fa è stato molto simile a quanto io sto vivendo in questo momento. An-ch’io sono nato sotto una dittatura. Come tanti siriani, anch’io ho sognato ungiorno di liberazione. Ti ricordi quando sei nato sotto Erode? Ti ricordi il terrore?Dammi di vedere la situazione presente come tu hai visto la tua. Dammi la gra-zia di vedere in essa non solo la tirannia, ma anche la chiamata – come la tua,quella che tu hai sentito – che mi incoraggia a cambiare questo mondo.

Sono sicuro che la tua famiglia abbia affrontato dei problemi quando la buro-crazia cieca ha imposto a Giuseppe e a Maria di fare il viaggio verso Gerusa-lemme per essere registrati. Io pure so cosa vuol dire affrontare tale burocraziaogni giorno. Tutto quello che voglio per il mio Paese è il progresso. È per questoche, mentre oggi nel mondo la gente prega per la pace nella mia terra, ti pregodi darmi – di darci tutti – i tuoi doni. Affinché possa essere paziente e capire checiò richiede tempo. Eppure, Signore, non potrebbe la pace venire più in fretta? Eil progresso?

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Lo so che non hai bisogno di essere connesso a Internet per vedere le atrocitàdel nostro mondo, il massacro di donne e bambini. Senza dubbio è simile aquello che avevi sentito ai tuoi tempi – le storie dei massacri a Gerusalemme, odi quello commesso subito dopo che tu nascesti, piccolo bambino impotente. Og-gi ti chiedo di darmi il tuo dono di libertà, la libertà di non rispondere a tantaviolenza con più violenza ancora. Dammi la grazia di essere mite e di non agirecon violenza.

Ti ricordi ancora il giorno quando, mosso dallo Spirito Santo, hai lasciato ca-sa per andare nel deserto? Non desiderava forse Maria che tu rimanessi conlei? Sembra impossibile che una madre possa volere che suo figlio la lasci –ma le madri siriane, in questi giorni, preferiscono sentire la mancanza dei lorofigli e mariti. Meglio vederli sani e salvi, lontani da casa, piuttosto che vederliin una bara. Oggi ti prego, da’ la tua consolazione alle mamme in lutto e aogni mamma separata dai suoi figli. Dona conforto alle vedove e a tutti coloroche si amano.

Io sono uno di quei figli lontani, Signore. Sono lontano da casa e perciò sentol’attesa nella paura e la tensione di questi giorni attraverso la mia famiglia e imiei amici. Il sibilo e il gemito e l’esplosione dei missili lanciati da un quartiereall’altro somigliano, forse, a un altro suono che tu hai conosciuto, come quellodel tuono? Lo sai che la paura che i tuoi discepoli hanno provato quando tu dor-mivi nella barca non è che un’ombra della paura che i miei amici e familari sen-tono col rumore delle bombe? Oggi ti prego di darci il dono del coraggio, affin-ché non ci sentiamo più insicuri, affinché ti sentiamo vicino a noi.

Lo sai, Gesù, che non ho mai portato un’arma? Non so nemmeno come usarla.Ed è per questo che è così strano che una parte di me desideri che qualcuno,qualcuno con armi potenti, intervenga e ci liberi dalla nostra miseria. È statol’appello del tuo papa per la pace a portare un piccolo seme di desiderio di pa-ce nel mio cuore. E poi mi sono ricordato che tu avevi rifiutato di portare armi,nemmeno una pietra da scagliare contro il cosidetto peccatore. Oggi ti prego didarmi la grazia di un cuore in pace, affinché possa chiedere la pace, il compro-messo piuttosto che l’uso della forza.

Con quale rapidità le armi chimiche hanno ucciso i bambini, gli innocenti. In unbatter d’occhio. Il mio diploma in chimica non mi aiuterà a descriverti l’odoredel gas tossico, o quello che sente una persona quando ne sta morendo. Mai tusai cosa vuol dire soffrire e soffocare morendo. Oggi ti chiedo di darci il donodella compassione, perché possiamo condividere la sofferenza e la passione diquegli innocenti.

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179Novembre-Dicembre n. 6-2013 179

Tanti miei amici hanno lasciato la Siria, alcuni prima, altri dopo questa crisi. Per-ché tu, Gesù, sei tornato a Gerusalemme? Non ti eri reso conto del successo cheavevi avuto in Galilea e nella Decapoli? Non avevi provato la felicità di sederti amangiare con gli amici e gli stranieri? Perché hai abbandonato tutto questo perandare a Gerusalemme quando sapevi quello che ti aspettava lì? Forse perchépure tu hai imparato ad amare Gerusalemme solo dopo averla lasciata? Oggi tichiedo di darci il dono della fedeltà, affinché desideriamo tornare a casa, amarela Siria di nuovo.

Ti dirò un segreto oggi, Gesù, che non ho mai confidato a nessuno prima di te.Di solito non è bene parlare troppo dei peccati della tua Chiesa, ma tu non seimai rimasto zitto davanti agli atteggiamenti indesiderabili. E dunque, ti chiedoscusa e ti dico che a volte sono imbarazzato dai discorsi sulla sofferenza dei cri-stiani, mentre la sofferenza dei nostri fratelli e delle nostre sorelle musulmani èignorata. Oggi ti chiedo di darmi il dono della compassione misercordiosa, af-finché possa amare la tua Chiesa coi suoi peccati, ricordando che anch’io faccioparte di questa Chiesa e ho bisogno di perdono.

Ho ancora un’altra domanda, Gesù: come hai potuto perdonare loro mentre ticrocifiggevano? È ciò che mi ossessiona di più, la difficoltà di perdonare a colo-ro i quali mi hanno fatto del male. Non riesco a farlo; non trovo nessuna spiega-zione logica a quanto sei stato in grado di fare, perdonare loro mentre ancora tistavano facendo del male. Quando cerco una ragione, l’unica cosa che ricordoè la tua chiamata a seguirti e, sepolta in quella chiamata, la tua esortazione:perdonate a coloro che vi hanno fatto del male. Perciò oggi, Signore, ti chiedoperdono. Perdonami e fammi perdonare ai miei amici.

Cammino sul filo del rasoio tra la speranza e la disperazione. Credo che sia lostesso sentimento che abitava i discepoli dopo la tua morte. Come loro voglioche il mio sogno si realizzi, voglio la libertà, voglio che il sangue di centomilapersone non sia stato versato inutilmente.

Credo nella tua risurrezione, Signore. E perciò quando io – quando noi – ci sen-tiamo tentati di cedere, quando rischiamo di rimanere sepolti nella tomba dellaschiavitù, vieni allora e risuscita in noi, affinché possiamo attraversare il Golgotae arrivare alla gloria della risurrezione. E con fiducia nel Padre, noi siriani, contutti quelli che pregano oggi, possiamo dire: Dio, tra le tue mani rimettiamo lanostra patria. O Gesù, porta la tua risurrezione alla Siria oggi.

Tony Homsy S.I.

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180 Novembre-Dicembre n. 6-2013180

Recentemente ho partecipato adun incontro sul valore – inchiave personale – del volonta-

riato. «Chi me lo fa fare?»: questo ilprovocatorio lancio del tema. La sera-ta, organizzata dal gruppo di solida-rietà della chiesa San Leone a Roma, siarticolava attraverso testi, immagini,testimonianze. Alla fine dell’incontromi sono fermata a parlare con un’ami-ca. Anche lei, come me, vive un’espe-rienza di volontariatoa 360°. La sua sceltaha la forma della On-lus Piccoli Passi, incui sono accolti e so-stenuti attraversoprogetti di formazio-ne minori e disabili indifficoltà. La miaquella della OnlusSong-Taaba, con cuiportiamo avanti pro-getti di alfabetizza-zione e scolarizzazione, formazioneprofessionale e sanitaria in Africa. Laprima cosa che mi ha detto vedendomiè stata: «Quando sento la parola volon-tariato sono spinta a confrontarmi,perché il volontariato e la gestione deirapporti con i volontari sono per me

delizia e tormento». Le ho sorriso e hocapito, forse più di quanto lei stessapotesse immaginare, cosa volesse rac-contarmi con quelle due sintetiche af-fermazioni.Delizia e tormento. Mancanze e ambi-guità. La mia storia di “volontaria” èiniziata da giovanissima: scoutismo,servizio in ospedale, incontri con ibambini in casa famiglia, formazionenell’ambito della spiritualità di coppia,

tutoraggio nei corsidi italiano agli stra-nieri, tessitura di retisolidali, lavoro di or-ganizzazione e segre-teria della Onlus.Onestamente possodire che le mancanzee le ambiguità nell’af-frontare l’esperienzadel volontariato,emerse durante il bre-ve scambio di opinio-

ni con la mia amica, erano state da mecosì facilmente individuate perchébuona parte di esse erano state anchele mie mancanze, le mie ambiguità.AMBIGUITÀ – L’ambiguità è, molto ba-nalmente, la distanza che separa ciòche fai dal perché lo fai. Puoi essere

miSSioNe e Società

Volontariato. Perché? Per chi?Non credo più si possa migliorare qualcosa nel mondo esterno senzaavere prima fatto la nostra parte dentro di noi. Dobbiamo cercare innoi stessi e non altrove.

Etty Hillesum

“A che serve? È la domanda chesi pone la razionalità, che fissa inun qualsivoglia risultato il valore

di una scelta. A chi serve?È invece l’interrogativo che

sussurra intimamente lo spirito.Quella dimensione di ogni essereumano in cui abitano sentimenti,sogni, attese, mistero. In una sola

parola: la dignità”

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apparentemente un’ottima animatriceo operatrice: allegra, divertente, coin-volgente, fattiva ma tutto si ferma al-l’apparenza. Tu sai – più o meno chia-ramente – che una parte di te è comun-que altrove. E questa non pienezza coltempo penalizza. Te stessa e gli altri.La paura di deludere e deluderti iniziaa farti accettare che due forze spinganoin direzione uguale e contraria: quellache porta a “fare” volontariato e quellache vorrebbe invece trattenerti o por-tarti altrove. Ma come si può confessa-re a se stessi – o addirittura al prossi-mo – che si preferirebbe altro, in qual-che modo il proprio “bene” piuttostoche il bene di chi sia meno fortunato dinoi? Come si fa a confessare a se stessie al prossimo che siamo meno “buoni”di quanto pensassimo?Le motivazioni che spingono verso ilvolontariato possono essere molto di-verse da quelle che idealizziamo. Ma-gari tutte assolutamente lecite, ma co-munque “altre” rispetto all’unica checonti e che è – molto semplicemente –la consapevolezza della propria scelta.Si fa volontariato per restare accantoalla migliore amica o perchési è stati coinvolti da personeche stimiamo e ci sono sim-patiche, lo si fa perché offrela possibilità di fare nuoveesperienze movimentando lanostra quotidianità, per starecon gli altri o per conosceregente nuova, per sentirsi al-truisti o per mettere a postola coscienza, perché non co-sta niente, perché se dici di“credere” in qualcosa poiqualcosa per gli altri dovraipur farla, perché era vicinocasa, perché a casa lo fannotutti, per avere un giudizio

positivo dagli altri, per provare se è ve-ro che quel che ricevi è più di quel chedai, perché fra tante cose che vannostorte vuoi qualcosa che possa dartisoddisfazione, perché dicono che fac-cia bene fare del bene… Perché lo fai?Non lo sai neanche tu il perché; magariperò, facendolo, speri di scoprirlo. Efra tutte le motivazioni – scritte o nonscritte – quest’ultima è paradossalmen-te la più onesta.MANCANZE – La mancanza principale,madre forse di tutte le altre, è stretta-mente legata proprio all’ambiguità. Èla mancanza della volontà, nel sensoprofondo di fare ciò che realmente sivuole e non finire per volere ciò che cisiamo ritrovati a fare. Tutte le altre“mancanze” – i ritardi, le assenze, l’in-determinatezza, l’evasività, l’incostan-za, gli eccessi, le lacune, i silenzi, l’inaf-fidabilità – sono solo diverse facce diuna stessa realtà. Facce che generanoansia. Facce che pian piano allontana-no. Facce che finiscono per ferire piùnoi che gli altri. Facce che nascondonoaltre verità. La verità che questa espe-rienza non è quella che pensavamo, la

Volontari della Lega Missionaria Studenti a Sighet, Romania

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verità che non siamo pronti ad affron-tare la durata e la costanza, la veritàche non riusciamo a stare accanto apersone con determinati disagi perchéne usciamo turbati, la verità che non civalutiamo all’altezza, la verità che cisentiamo sempre più sotto pressione,giudicati e stressati. Corsi di formazio-ne rivolti ad ogni tipologia di volontarisono la soluzione più diffusa per argi-nare i vari rischi. Corsi oggettivamenteutili e validi, ma soggettivamente nonnecessariamente sufficienti. Per certiversi – provocatoriamente – fonte lorostessi di quell’ambiguità che vorrebbe-ro eliminare. Nella navata della chie-setta di San Leone le parole che rac-contano tante diverse esperienze di vo-lontariato si rincorrono leggere. Paroleche inseguono storie. Esperienze diservizio di laici e religiosi, noti o menonoti. Parole forti e delicate che attra-versano il tunnel del mio vissuto, ri-chiamando alla memoria tanti ricordi,tanti volti, tante vie battute dal tempo.Curve, salite, soste nel mio essere statapiù o meno involontariamente volonta-ria. E l’ascoltare, senza che me ne ren-da conto, lascia sul filtro dei miei pen-sieri alcuni sassolini: razionalità, fare,essere, opportunità, dono, felicità.RAZIONALITÀ – È saltata fuori da unbrano di Tiziano Terzani. Un brano incui lo scrittore raccontava il suo incon-tro con madre Teresa di Calcutta. Nellasua descrizione delle suore che assisto-no i moribondi raccolti dalle strade aKaligath, valutava che per comprende-re pienamente questo tipo di carità bi-sognerebbe essere meno impregnati diquella razionalità che attraversa il dnadi noi occidentali. Effettivamente, ini-zio a rifletterci, una suora seduta ac-canto ad un uomo in fin di vita, incon-sapevole di ciò che lo circonda, può ap-

parire – ad una lettura segnata dalla lo-gica – quasi un non senso. Con tantibambini, anziani, malati che attendonoqualcuno che li soccorra, a che serve,accarezzare la mano di un moribondoche mai forse saprà di aver ricevutoquesta attenzione?A che serve? È proprio la domanda chesi pone sempre la razionalità, quellarazionalità che fissa in un qualsivogliarisultato il valore di una scelta. A chiserve? È invece l’interrogativo che sus-surra intimamente lo spirito. Quella di-mensione di ogni essere umano in cuiabitano sentimenti, sogni, attese, mi-stero, in una sola parola: la dignità. Èla dignità a permetterci di riconosceree ricordare l’identico incommensurabi-le valore di ogni vita umana. Un valoreche non dipende dall’aver mendicatoper le strade di Calcutta o dall’aver oc-cupato importanti poltrone in cima aigrattacieli del potere, ma unicamentedall’amore coltivato e donato. Se giudi-zio ci sarà alla fine della vita sarà uni-camente sull’amore: quanto avremo sa-puto utilizzare il tempo a nostra dispo-sizione per scoprire la meraviglia del-l’amore e dell’amarci. Dare senso allapropria esistenza è riuscire a scoprirequesta verità, scoprire che non c’è per-corso migliore o più facile di un altronelle sfide del cuore o nei sussulti dellospirito. E un manager e un mendicantepotrebbero sorprendersi di fronte allestesse identiche difficoltà o capacitànell’amare il proprio prossimo.È decisamente vero. La dimensione delservizio che attraversa ogni forma egrado di volontariato è troppo spessoaffrontata con un approccio razionale.Nostro malgrado siamo portati a valu-tare buona parte di ciò che facciamo –anche quando lo facciamo sotto il se-gno della gratuità – in termini di pro-

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duzione e di risultato. Il nostro obbiet-tivo nel migliore dei casi slitterà lenta-mente su quanto potremo migliorare lavita delle persone o delle realtà che an-dremo a incontrare. Oppure concen-trarsi su quanto saremo bravi, adegua-ti, capaci o su quanto tutto ciò sarà ap-prezzato. L’ansia da prestazione conta-mina anche queste esperienze e il cosao il come finiscono per prevalere sulchi. La stessa espressione “fare volon-tariato” è rivelatrice di questa – qui sìambigua – contaminazione. Perché ilvolontariato non dovrebbe ridursi inqualcosa da vivere come un ulteriorefare, ma come un’esperienza del e peressere.ESSERE IN RELAZIONE – E dovrebbecoinvolgerci e appassionarci come puòe riesce a fare solo ogni autentica rela-zione, prima fra tutte l’innamoramento.

Si dovrebbe partire da un sentimentoreale e profondo per arrivare poi consemplicità e naturalezza a un servizio.Ogni essere umano sa fin troppo beneche tutto ciò di cui ha veramente biso-gno per affrontare la propria esistenza– quale essa sia – è tenerezza autentica:quella di un lungo sguardo premuroso,di un sorriso caldo che illumini, quellarivelata dalla dolcezza di una mano chenon voglia smettere di carezzarci, quel-la intima della vicinanza di chi sappiatrasmetterci, con sincerità e leggerezza,«sono qui per te, in questo momentonon c’è altri che te. Tu sei importanteperché lo sei per me e non sono parolecomplicate a dirtelo ma la mia semplicepresenza. Oggi non potrò trattenermi alungo ma questo tempo è tutto e soloper te. Non sono venuto a fare nulla diparticolare – e francamente non c’è nul-

la di particolare che possa fa-re – ma sono venuto per esse-re qui con te».Se ci fermassimo a pensarealla visita a una persona allaquale vogliamo molto moltobene, la prima cosa che sen-tiremmo come preziosa nonè ciò che quella persona faràper noi o con noi, ma la pos-sibilità di essere accanto aquella persona. La bellezzadi poter trascorrere del tem-po insieme. Essere uno conl’altro. Tutto il volontariatodovrebbe partire dall’essere.Essere con, essere insieme.Essere liberi, liberanti e libe-rati. Essere solo autentica-mente disponibili a condivi-dere sentimenti e lasciareche siano poi loro – i senti-menti, il bene – a ispirarepian piano le nostre scelte e

Animazione per bambini nelle strade dell’Avana nell’ambito delcampo estivo di volontariato organizzato dalla Lms a Cuba

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le nostre azioni. Fare molto senza sen-tire nulla, nulla porterà, a noi ed aglialtri. Compiere un’unica semplice azio-ne ma gravida di tutto ciò che sentia-mo nel cuore, può salvare e salvarci.Non importa che oggi sia stanco e nonsia in grado far nulla, vorrà dire chesarò insieme a te condividendo la miastanchezza. Non importa ciò che farò.Importa che ci sono e ci sarò.Bisogna liberare i rapporti, le relazio-ni, gli incontri dalla preoccupazionedel fare. Liberarli dal fare per poterli li-berare poi anche dai giudizi che ognifare trascina con sè. Non devo far qual-cosa di particolare per poter dire di es-sere un volontario, come non devo farqualcosa di particolare per essere ami-co di qualcuno. La schiavitù del fareper essere, in cui il nostro pensare spes-so ci imprigiona, priva della bellezzasemplice e immensa di saper essere gliuni con gli altri. Essere accanto, com-partecipare, condividere, accogliere in-sieme il silenzio, offrire unicamente ilproprio tempo, essere amorevolmenteinutili.Sono i sentimenti, le relazioni, l’incon-tro, l’altro le fonti di energia cui attin-gere senso e verità. Cui nutrirsi e scal-darsi fino a trarre ispirazione e forzaper arrivare a scegliere di agire. Biso-gna sperimentare la nudità dell’incon-tro. La capacità di offrire prima di tut-to il nostro nulla. Lasciar detonare isentimenti. Bisogna porsi di fronte al-l’altro non dall’alto della propria com-petenza o bontà, ma dal basso dellapropria attesa e pochezza. Bisogna av-vicinarci sentendo che non siamo giàbuoni, disponibili, capaci: non siamogià qualcuno, ma potremmo diventarloproprio grazie al dono dell’altro. Ognialtro: bambino o anziano, sano o mala-to. Bisogna iniziare dal sentire gratitu-

dine per tutto ciò che dall’incontro conl’altro stiamo ricevendo piuttosto cheaspettarci di riceverla per ciò che ab-biamo dato. Il dono grande che ogni esperienza divolontariato può offrire non è il dono diquanto io credo di porgere agli altri conla mia prestazione, ma quello che gli al-tri consegnano a me con la loro sempli-ce presenza. Dopo aver incontrato imiei figli ed essere stata inondata dal-l’immenso sentimento d’amore che ilsolo guardarli per la prima volta negliocchi mi ha donato, sono stata in gradodi passare nottate sveglia a ninnarli,confortarli, curarli. Il mio sentimentomi ha guidata e mi guida a vivere mal-destramente infinite esperienze di servi-zio nella genitorialità. Ma se mi avesse-ro elencato prima: non dormire per al-cuni mesi, camminare di notte mentreil sonno ti piega le gambe, ascoltare ur-la e strilli durante i mal di testa e allafine sarai un amorevole genitore... Sa-rei scappata a gambe levate! Tutti i librie i corsi del mondo non fanno, somma-ti, un buon genitore, così come tutti i li-bri e i corsi del mondo non fanno, som-mati, un buon volontario.Aprirsi all’altro, accoglierlo, ascoltarlo,accettarlo: è su questi quattro punti car-dinali che oggi sento di poter orientarela navigazione nel volontariato. L’iden-tità, sapere chi sono, non è un capitaledato alla nascita ma un patrimonio dacercare e scoprire nel corso dell’interavita. Vita che non lascia però soli inquesta “caccia al tesoro”, ma semina in-dizi e piccole rivelazioni in ogni incon-tro, in ogni scambio, in ogni rapporto.Lo fa sempre, lo fa con tutti. Molti di-menticano però che per ricevere biso-gna saper essere vuoti, accoglienti, con-tenitori. È difficile mettere qualcosa inun contenitore completamente pieno. A

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noi la scelta! Osare la fecondità del vuo-to o vantare rassicuranti sterili pieni.Pieni fatti di risposte, di giudizi, di sa-peri, di parole, di cose importanti da fa-re. Una pienezza che saprà offrire sem-pre certezze, ma ubriacherà la volontàe spegnerà il desiderio di giocare con lavita che invece, instancabile, chiamasempre tutti a partecipare. Ben sapen-do che nella caccia al tesoro della pro-pria identità solo chi cercherà gli altritroverà se stesso. Ogni esperienza di vo-lontariato è spazio di incontro, di con-fronto, di relazione, di rapporti, di sen-timenti, spazio capace quindi di indica-re e consegnare moltiindizi su se stessi achi saprà affrontarlocome campo da giocodel proprio conoscer-si. Spazio prezioso, inqualche modo ambi-to, mentre capita diassistere talvolta aduna sorta di affanno-so “calciomercato” daparte di associazionidi volontariato in ap-prensione per trovarenuovi volontari a cau-sa del continuo turno-ver che la gratuitàsembra imporre.Se alla generale preoccupazione del fa-re si riuscisse a sostituire la bellezzadell’essere, dell’incontrarsi, del poterecomprendere se stessi, dei sentimentidi bene ricevuti e offerti, forse la pro-spettiva cambierebbe per tutti. Alloraprovocatoriamente il primo grazie nonsarebbe più quello dell’associazione alvolontario che si faccia avanti immo-lando un po’ del proprio tempo al servi-zio comunitario, ma quello di ogni vo-lontario all’associazione incontrata o

alla vita stessa che ha messo quell’asso-ciazione sul suo cammino, donandoglil’opportunità di arrivare a conoscersimeglio. Le esperienze non capitano,sono frutto di una più o meno consape-vole ricerca interiore. Se arriviamo adavvicinarci ad una realtà di volontaria-to è perché ci sono domande – di sen-so, di verità, di giustizia, di compren-sione, di impegno, di conoscenza – cuistiamo tentando in qualche modo di ri-spondere. Queste esperienze sono allo-ra un dono ricevuto prima ancora cheofferto. Sono un pacco pieno di indizie risposte consegnato a chiunque abbia

voglia di aprirlo.Un dono, come laconsapevolezza, è per-sonale. Ecco perché èpoco utile coinvolge-re, o trascinare consè, altri. Spesso gliamici che riusciamo aportare con noi resta-no solo poco tempo,confondendoci con illoro allontanarsi o la-sciare. Un’amicizia –per quanto profonda– non può in nessuncaso arrivare a sosti-tuire una scelta perso-nale consapevole.

Molti anni fa ho letto una sorta di pre-ghiera di Primo Mazzolari che mi hafolgorata. Nella parte iniziale il testo re-cita: «Ci impegniamo senza giudicarechi non s’impegna, senza accusare chinon s’impegna, senza condannare chinon s’impegna, senza cercare perchénon s’impegna, senza disimpegnarciperché altri non s’impegna. Ci impe-gniamo per trovare un senso alla vita, aquesta vita, alla nostra vita, una ragio-ne che non sia una delle tante che ben

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“Se ci fermassimo a pensarealla visita a una persona

alla quale vogliamo molto bene,la prima cosa che sentiremmo

come preziosa non è ciò che quellapersona farà per noi o con noi,

ma la possibilità di essere accantoa quella persona.

La bellezza di poter trascorreredel tempo insieme. Essere unocon l’altro. Tutto il volontariatodovrebbe partire dall’essere.Essere con, essere insieme.

Essere liberi, liberanti e liberati”

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conosciamo e che non ci prendono ilcuore, un utile che non sia una delle so-lite trappole generosamente offerte...dalla gente pratica. Si vive una sola vol-ta e non vogliamo essere giocati in no-me di nessun piccolo interesse». Si viveuna volta sola e si deve – si può – ren-der conto a se stessi solo della propriavita. Ad ognuno le proprie scelte, lapropria strada, la propria libertà.C’è infine un’ultima parola – l’ultimosassolino – che questa serata consegnaai miei involontari pensieri. Questa pa-rola l’ha pronunciata una suora mis-sionaria della carità che opera a Tira-na. Nella testimonianza filmata un ra-gazzo le chiede perché si sia fatta suo-ra. «Perché – risponde lei – nella vitabisogna scegliere: ci si può sposare,farsi sacerdote o diventare suora. Lamia scelta è stata diventare suora. Ciòche conta è che qualunque scelta sifaccia la si faccia seriamente. Se ti spo-si in modo superficiale e poi sei insod-disfatto del tuo matrimonio confonde-rai la scelta iniziale con il modo sba-gliato di viverlo. Non è che devi pensa-re di cambiare marito, perché l’insod-disfazione non dipende da lui ma dalnon aver vissuto seriamente la tuascelta. Dipende dalla superficialità. Lecose vanno fatte bene perché possanoessere per noi fonte di bene». «E per-ché proprio suora missionaria della ca-rità?», le ha chiesto un altro ragazzo.«Nella Chiesa ci sono tante possibilistrade – la sua risposta –. Io sentivo divoler seguire la carità e così ho sceltoquesta congregazione. E poiché sonofelice so che ho fatto la scelta giusta. Èla felicità che proviamo a farci capireche abbiamo scelto bene. La felicitànon vuol dire facilità, cioè che sia sem-pre tutto facile, anzi! Ma vuol dire cheanche quando mi trovo di fronte a del-

le difficoltà sento che non vorrei co-munque essere altrove. Io sono felice ecredo la felicità sia il modo miglior perverificare le scelte della nostra vita».Parole semplici, pronunciate da unabocca sorridente con un timbro di voceinconsapevolmente autorevole. Perlepregiate consegnate senza enfasi all’a-scolto dei suoi ospiti.L’intervista è proseguita ancora per unpo’, ma tutti i miei pensieri erano or-mai completamente assorbiti dalla feli-cità. Siamo ancora in grado di fare del-la felicità la nostra stella polare? Di ri-conoscerla o anche solo di cercarla?Nell’era del mercimonio globale, la feli-cità è stata da tempo subdolamente edolosamente sostituita con il piacere. Eil piacere non offre risposte. Il piaceresi compra e si vende. Il piacere ci e siconsuma. Non ti piace? Cambia. Anco-ra non ti piace? Cambia ancora. Allafiera del piacere l’instabilità fa la cas-siera e l’ansia che circola fa suonare al-l’impazzata i registri di cassa. La feli-cità – l’autentica felicità – nessuno puòcomprarla. Quella vera, poi, non siconsuma mai piuttosto col tempo sialimenta. La felicità è quell’impasto dipace, realizzazione, gioia, perfezioneche ferma ogni ulteriore cercare, cheregala energie eccezionali, che placaogni ansia, che libera da ogni condizio-namento, che satura il cuore. So di es-sere felice perché sento che non vorreistare altro che qui né vorrei fare altroche quel che sto facendo. È semplice lafelicità, ed è magnifica proprio perquesto. Vivere la felicità è vivere la piùalta forma di libertà che si possa im-maginare. Una libertà così grande e co-sì piena da poter sovvertire il mondo.Ci sono due modi per essere ricchi.Quello che propina quotidianamente lanostra società e che spinge a rincorrere

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ossessivamente il denaro nell’illusionedi poter arrivare a soddisfare un nume-ro infinito di bisogni, reali o fittizi chesiano. E quello molto più facilmenteraggiungibile, che è scoprire quanto cisi possa sentire ricchi riducendo sem-pre di più i nostri bisogni. I bisogni rea-li sono veramente pochi. Quando siamoaccanto alle persone che più amiamo,quando facciamo le cose che più ci ap-passionano sentiamo di non aver biso-gno di altro, sentiamo di essere felici eliberi. Ci sentiamo ricchi. La mistifica-zione è propinarci la felicità come pre-mio finale all’appagamento di tutti i bi-sogni possibili, immaginabili e – ciòche più conta – acquistabili. Non potraiessere felice finchè non avrai compratotutto! Ma così non è. Anzi è esattamen-te il contrario. Prima cerca di essere fe-lice. Essere felice, perché la felicità èdell’essere non dell’avere. Quando sia-mo infelici i bisogni sembrano infinitisemplicemente perché infinito è il desi-derio di cancellare l’insoddisfazioneche l’infelicità inietta. La felicità nonsolo è misura della giustezza delle no-stre scelte, ma anche del poter realmen-te identificare i nostri veri bisogni. Ma se felicità e bisogni sono inversa-mente proporzionali, essere felici non èsolo un diritto, ma un dovere. Un mo-do di vivere tutt’altro che egoistico, maetico. Solo quando saprò risolvere lasfida lanciata dai miei bisogni potròveramente guardare e sostenere quellialtrui. È scegliere di porre al centrodella nostra esistenza la possibilità diessere accanto agli altri in pienezza, diessere portatori di bene, di luce e delcontagio della nostra stessa felicità. Èpoter finalmente vivere ogni incontroed ogni esperienza di incontri senzanessun doppio fine, nessuna frustrazio-ni da lenire, senza ambigue attese. La

sfida – niente affatto individualista –non è allora far felici gli altri, ma esse-re felici noi: se riusciamo a essere per-sone veramente felici, certamente losaranno anche coloro che ci sono ac-canto. Partire dalla pretesa di far felicigli altri potrebbe invece paradossal-mente ridursi a mere azioni compiuteda infelici che vogliono solo dimentica-re per un po’ di esserlo.Quando si parla di volontariato si uti-lizzano svariate parole: servizio, solida-rietà, progresso, progetti, fare, sociale,bisogno, impegno, cooperazione, soste-gno e molte altre ancora. Tante, tantis-sime, forse troppe. Se si potesse asso-ciare il volontariato a una sola parola –felicità – forse sarebbe più facile pertutti capire di cosa si stia parlando. Ese la felicità fosse veramente l’aspettopiù evidente di chi si accosti all’espe-rienza del mettersi al servizio gli unidegli altri, si potrebbe anche immagi-nare di veder realizzato il sogno di donLuigi Ciotti: «Il mio sogno è che spari-sca il volontariato. Esso costituisce si-curamente un qualcosa di molto belloe importante, ma non può rappresenta-re un’eccezione o la rara virtù di alcunisingoli: tutte le persone dovrebbero im-pegnarsi in questa attività. Nessunopuò considerarsi un vero cittadino senon si guarda attorno e se non comin-cia a risolvere i piccoli problemi cheman mano gli si presentano. E nessunopuò considerarsi un vero cristiano senon è solidale. Il cittadino è tale se èvolontario: è troppo comodo conside-rare il volontariato come un’eccezio-ne». Prima di salutarci Marina mi chie-de: «Non è che hai qualcosa di scrittosul volontariato che possa utilizzarecon i miei ragazzi?». Qualcosa di scrit-to? Credo di sì…

Gaia Spera

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la guarigione della suocera (mc. 1,29-30)E usciti dalla sinagoga, si recarono subitoin casa di Simone e di Andrea, in compa-gnia di Giacomo e di Giovanni. La suoce-ra di Simone era a letto con la febbre e su-bito gli parlarono di lei. Egli, accostatosi,la sollevò prendendola per mano; la febbrela lasciò ed essa si mise a servirli.

analisi del testoCon la guarigione della suocera di SimonPietro, Marco dà inizio alla narrazionedei miracoli di Gesù. Tutta la prima par-te del suo Vangelo è narrazione di mira-coli. Come inizio è un po’ modesto. Nulladi spettacolare: una donna anziana cheriacquista le forze e riprende a “servire”.I miracoli di Gesù non vogliono esserespettacoli da circo. Sono segni che rinvia-no a qualcosa di più profondo: donare al-l’uomo la capacità di amare, cioè di servi-re. In questo viene restituita all’uomo lapienezza della sua dignità, l’essere a im-magine e somiglianza di Dio: amare, cioèservire. Ovviamente questo, che è il pri-mo miracolo del Vangelo, sarà l’ultimo arealizzarsi, sarà il frutto del sacrificio pa-squale di Gesù.La donna anziana è simbolo della picco-lezza e dell’inutilità. Ciò che è scartatoagli occhi degli uomini, dell’efficienza,diventa grande agli occhi di Dio. Egli in-fatti ha scelto ciò che è stolto e debole

per confondere i sapienti e i forti (1Cor.1,26). Gesù guarisce prendendo per ma-no: il suo “segno”, offerto per ogni gene-razione, avviene attraverso un contattofisico nel toccare con la sua mano. Unsegno antropologico estremamente im-portante: come uomini abbiamo biso-gno di segni che tocchino la nostra sen-sibilità.Un’ultima osservazione su Pietro. Il pri-mo discepolo, il primo papa, era un uo-mo sposato. Ha avuto una vita affettivacompleta eppure, da quando ha incon-trato Gesù, le esigenze della sua vita fa-miliare passano in secondo piano. Dopoquesto passo, il Nuovo Testamento nondirà più nulla sulla famiglia di Pietro.

domande per l’attualizzazione1. Il segno che dà inizio al “Vangelo dei

miracoli”, consiste nel donare ad unapersona la forza per servire. Per cre-dere l’uomo ha bisogno di segni. Cosìsi spiega l’abbondanza di miracolicompiuti da Gesù. Che idea ti sei fat-to, in questi anni, dei racconti evange-lici sui miracoli? Ti è mai capitato diassistere a un miracolo?

2. Nel Vangelo si sottolinea molto l’im-portanza di personaggi femminili, dibambini, di stranieri, peccatori edemarginati. Sono di fatto le categorieprivilegiate da Cristo. Su ciascuna di

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FormazioNe gioVaNi

alla scuola della Parolacammino di Pietro – terza unità

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queste categorie si potrebbe aprire unampio dibattito: la dignità della don-na nel mondo, i diritti dei bambini,degli extracomunitari, degli anziani,in definitiva degli emarginati e degliirregolari in genere. Il Vangelo impli-ca prendere posizione. Su questi temi,da che parte ti stai schierando?

3. Gesù guarisce prendendo per mano.Quali le occasioni in cui “la mano”

che ti è stata offerta, è risultata decisi-va nella tua vita?

4. Pietro ha avuto una vita affettiva com-pleta, matura. La tua vita affettiva tiavvicina, ti allontana, ti rende indiffe-rente alla sfera religiosa? Dopo l’in-contro con Gesù, Pietro inizierà unavita da celibe. Per seguire il Vangeloalla lettera, pensi che sia indispensa-bile condurre una vita celibataria?

Per la Preghiera

Signore vorrei tantoSignore, vorrei tanto aiutare gli altri a vivere, tutti gli altri, i miei fratelli, che penano e sof-frono senza saperne il perché, aspettando che la morte li liberi. Lavorare per poter mangia-re, mangiare per lavorare ancora, con, alla fine, la vecchiaia e la morte. No! Non è questala Pace che hai promesso!Signore, vorrei tanto aiutare gli altri a vivere... Senza l’elemosina insultante d’unasterile compassione. Impedire ai poveri di morire, è bene. Ma se è per lasciarli mori-re di fame per tutta la vita, per fare della loro vita una morte senza fine, diventocomplice di questo assassinio, perché conservo il superfluo che loro serve per vivere.Dividere amichevolmente le ricchezze del mondo è prendere la nostra parte alla tuacreazione. (Raoul Follereau)

BivioLo hai detto anche Tu, Signore: «Non è bene che l’uomo sia solo». E lo hai corredato difamiglia e di amici. Ed ognuno ti ringrazia per questo. È bello fare un tratto di stradainsieme, non sentirsi soli in un cammino a volte difficile, comunicarci le impressionidi un’esperienza nuova ogni giorno, affrontare insieme il sole, la pioggia, il vento dellavita, scoprire e scambiarci i valori dello spirito: intelletto, amore, libertà, arte, fede, al-lietando il viaggio e superando la monotonia; ma presto o tardi, si giunge a un bivio, lenostre strade si separano: ognuno deve seguire la sua.È un momento triste, difficile; giunge, a volte, inaspettato, quando l’uno pensava diaver ancor più bisogno dell’altro, quando lo scambio quotidiano dei valori ci facevaconsiderare un’unica realtà, quando si credeva ormai di camminare sempre insieme. Eil sogno s’infrange contro un bivio che separa, che allontana, lasciandoti solo in uncammino divenuto più pesante.Allora, Signore, ricordami che non sono solo, Tu sei sempre accanto, in Te sento vici-na ogni persona amata. Illuminami di speranza: quel “bivio” non l’ha fatta sparireper sempre, torneremo ad incontrarci! Suggeriscimi, con la grazia della Tua Parola,che tutte le strade portano alla stessa meta dove tu ci attendi e ci riunisci per semprein un abbraccio eterno.

(da E. Morosi, La tenda del convegno)

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Il mio primo contatto con il Perù econ il Caef risale a quasi quattro an-ni fa, quando Tiziana al rientro dal

suo primo campo ci testimoniò la sua es-perienza. Rimasi molto colpito da subitoe piano piano è cresciuta in me la vogliadi andare a conoscere quei bambinidall’altra parte del mondo. Finalmentequest’anno sono riuscito a convincermi apartire, nonostante le molte paure. Perfortuna il primo passo verso il Perù loabbiamo fatto qui vicino a casa con ilweek-end di formazione a Villasimius afine maggio. Una quindicina di volontarisono venuti in Sardegna, ci siamoconosciuti, abbiamo conosciuto meglio ilprogetto e abbiamo iniziato a crearedelle dinamiche di gruppo che potesseroessere efficaci una volta partiti. Questomomento è stato per me fondamentale,mi ha fatto allontanare dai miei timori emi ha reso più tranquillo, infatti sin dalprimo momento mi sono sentito parte diun gruppo.Finalmente il 30 luglio Gianluca e iosiamo partiti da Cagliari per aspettare glialtri a Milano, e dopo una notte insonnedi nuove conoscenze a casa di Kikki,siamo partiti per Amsterdam, abbiamoaspettato il secondo aereo e poi è iniziatol’infinito volo verso Lima. Una volta ar-rivati a Lima senza ben capire che orefossero per via del jet lag, siamo andatiall’ostello per cenare e riposarci. Qui ab-biamo conosciuto Judith, la directora del

Caef, e con lei Osver, un ragazzo di di-ciannove anni come me, cresciuto alCaef, ora volontario del centro e studenteuniversitario. La mattina seguente abbi-amo visitato il Museo de la Naciòn, sco-prendo le drammatiche vicende della re-cente storia peruviana. Già nella matti-nata ho iniziato a sentire un sentimentodi scarso apprezzamento per Lima, unacittà troppo grigia, priva di luce vera eper i miei gusti troppo caotica, controppe persone che vanno e vengono dauna parte all’altra. Nel pomeriggio abbi-amo girato per il mercato di San Domin-go e avuto un interessante colloquio conil sindaco di Lima, una donna senza om-bra di dubbio interessante e dagli idealiforti. Tornati all’ostello abbiamo accoltofra noi la nostra guida spirituale, padreAlessandro Viano, che ci raggiungeva di-rettamente dal Cile. Durante il secondogiorno abbiamo visto le contraddizionidel Perù visitando un quartiere poverocon un alto tasso di criminalità e poi ilquartiere più ricco della città. Questocontrasto mi ha creato un malessere fisi-co, volevo andarmene da quel centrocommerciale pulitissimo, non c’entravaniente con tutto quello che avevo visto,rendeva ancora più squallido il resto.Rendersi conto che in un Paese potesseesserci a così poca distanza una differen-za tanto ampia è stato sconcertante.La mattina dopo siamo finalmente parti-ti per Trujillo, dieci ore di autobus tra

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Vita lega

il caef: una nuova casa

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chiacchiere, dormite e canzoni. Poi iltanto atteso arrivo al Caef, la tensioneche sale, le educatrici che si presentano,ma io sentivo già la presenza dei bambi-ni, che avevano preparato un piccolospettacolo per noi, sentivo che al pianodi sopra attendevano con trepidazione...E poi finalmente l’incontro. Ballano pernoi e poi noi balliamo e giochiamo conloro, anche i volontari più terrorizzati daquesto impatto si ritrovano con un bam-bino sulle spalle. Il giorno successivo ab-biamo potuto visitare i progetti esterni,Torres e Taquila, un mondo così lontanodal nostro che chiaramente mi ha colpitonel profondo.La sera ci siamo divisi i compiti e io sonostato assegnato alla classe dei grandi delCaef. Dopo il primo giorno di lavoro tut-to è diventato routine: la sveglia alle 7.43per essere puntuali alle 7.45 a fare lapreghiera; la colazione tutti insieme inpiedi; le attività con i bambini la mattinasino a che erano in vacanza, poi sostitu-ite dai lavori manuali e di manutenzione;il pranzo con i bambini, le altre attività ei compiti, il relax dei volontari prima del-la cena, la cena e poi la bellissima condi-visione serale. Guidati da Alessandrosiamo riusciti giorno per giorno a fare ilpunto delle nostre giornate, a ricordare isorrisi dei bambini, le risate, ma anche ilavori impegnativi, le scocciature, e gra-zie a questi momenti io sono riuscito atenere il filo della mia esperienza, aevitare di tornare con la mente ai millepensieri di casa, alle mie confusioni. In-sieme a Frankie e Federica, abbiamo in-oltre avuto la fortuna di organizzare, gui-dati inizialmente da Chiara, il Campa-mento, tre giorni di campo-vacanza con ibambini del Caef e di Torres e Taquila,un’esperienza pesante ma molto signi-ficativa, nel corso della quale siamo rius-citi a farli divertire e giocare, con il peso

di tante responsabilità sulle spalle che,sono sicuro, mi hanno aiutato a crescere.Sicuramente se devo trovare il momentopiù forte del mio Perù non posso chepensare alla visita all’Alto Trujillo, allabaraccopoli, un posto che mi ha fatto ri-valutare ogni piccola scelta, ogni piccolaarrabbiatura della mia vita, confrontan-dole con le difficoltà delle persone chedentro quelle terribili capanne vivono og-ni giorno, e quindi ridimensionandoledrasticamente. Le contraddizioni delPerù erano evidenti ogni giorno, maquella mattina più che mai, la rabbia mimontava dentro, sentivo l’incapacità difare veramente qualcosa per quelle per-sone, per ciascuna di loro.Il fatto di lavorare nella casa mi ha per-messo di legare molto con i bimbi, spe-cialmente con alcuni, e, arrivato alla finedel mese, avevo mille ricordi e sei brac-cialetti fatti a mano che mi facevanosperare di poter rimanere: sentivo comela necessità di accumulare ancora più ri-cordi, più sorrisi, più abbracci, piùvueltas... Volevo stare lì, perché il Caef èstato per me una casa, una nuovafamiglia fatta di tante madri, le educatri-ci, di tanti fratelli maggiori, gli altrivolontari, e soprattutto di tanti fratellinicon cui giocare, cercando di dimenticarele terribili esperienze che ciascuno diloro aveva vissuto, andando oltre, su-perandole insieme a loro con un sorrisoe condividendo la loro gioia.Durante il viaggio in pullman per tornarea Lima mi sono addormentato cullatodal ricordo della voce di una bimba di seianni, che negli ultimi giorni mi avevaspesso ripetuto questa frase: «No quieroque te vayas». Una frase che, con pocheparole, racchiudeva tutta la mia espe-rienza, la mia voglia di restare... e di ri-tornare.

Francesco Serra

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STUDIO Titolo Autori Mese Pag. PRIMAVERA ARABA 2.0 M. Carro, M. Debanne, GEN-FEB 4 Jesuit Refugee Service LA RESURREZIONE DI GESÙ: PRINCIPIO E FONDAMENTO DEL CRISTIANESIMO Francesco Rossi de Gasperis S.I. MAR-APR 36 REGGIO NON TACE. VINCERE LA ‘NDRANGHETA CON LA PARTECIPAZIONE DEMOCRATICA Cvx Reggio Calabria, MAG-GIU 67 Movimento Reggio Non Tace PER UNA NUOVA EVANGELIZZAZIONE M. Nevola S.I., B. Puca LUG-AGO 100 PARABOLA DI COMUNIONE. BREVE STORIA DELLA COMUNITÀ DI TAIZÉ P. Kowalski NOV-DIC 164 DOVE VA IL MEDIORIENTE? O. Borg Olivier S.I., W. Salibi SET-OTT 131 LA LUMEN FIDEI NELLA TESTIMONIANZA DI PAPA FRANCESCO Giuseppe Fera NOV-DIC 163

geNteS - indice generale 2013

EDITORIALE Titolo Autori Mese Pag. Elezioni Leonardo Becchetti GEN-FEB 1 Nomen est omen Massimo Nevola S.I. MAR-APR 33 Cambio del testimone Leonardo Becchetti MAG-GIU 65 “Ne costituì dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare” (Mc 3, 14) Massimo Nevola S.I. LUG-AGO 97 Campi missionari, Siria, Lampedusa. L’impegno della Cvx-Lms Antonio Salvio SET-OTT 129 Evangelii gaudium Massimo Nevola S.I. NOV-DIC 161

INVITO ALLA PAROLA Titolo Autori Mese Pag. Dio è risorto Francesco Guccini - Nomadi MAR-APR 53 Trovare la speranza in Gesù povero Papa Francesco MAG-GIU 78 Una preghiera per la Siria Tony Hosy NOV-DIC 177

MISSIONE E SOCIETÀ Titolo Autore Mese Pag. EMI insider Pier Maria Mazzola GEN-FEB 21 Che la pace sia con te. In margine ad un viaggio in Terrasanta Chiara Peri MAR-APR 54 Il Gallo vola in Paradiso Luca Capurro MAG-GIU 83 In Terrasanta nell’anno della Fede. Dal diario di un pellegrino Giuseppe Fera MAG-GIU 85 Volontariato. Perché? Per chi? Gaia Spera NOV-DIC 180

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FORMAZIONE GIOVANI Titolo Autore Mese Pag. Alla scuola della Parola Massimo Nevola S.I. GEN-FEB 26 Cammino di Pietro. I: La vocazione di Pietro (Lc 5,1-5) Massimo Nevola S.I. GEN-FEB 27 Cammino di Pietro. II: Missione dei dodici e discorso apostolico (Mt 10,1-15) Massimo Nevola S.I. MAG-GIU 92 Cammino di Pietro. III: La guarigione della suocera (Mc 1,29-30) Massimo Nevola S.I. NOV-DIC 188

VITA LEGA Titolo Autore Mese Pag. Kenya. Dalle Sisters di Ongata Rongai Alessandro Bottini GEN-FEB 29 Pensieri su Nairobi Giacomo Mennuni GEN-FEB 32 Progetto Quadrifoglio. Campi estivi di solidarietà Lega Missionaria Studenti MAR-APR 62 Fedeli e figli con papa Francesco. Un popolo avvinto dalla croce Gianluca Denora MAG-GIU 95 Benvenuto al nuovo presidente Antonio Salvio Lega Missionaria Studenti MAG-GIU III cop SPECIALE CAMPI ESTIVI 2013 SET-OTT 140 CUBA- ¡ Este hombre de la Edad de Oro fue mi amigo! Chiara Viano- La Messa al tempo dell’Età dell’Oro Elena Fratini

PERÙ- LatinoAmericando… Francesca Calliari- Il tassello di un puzzle Tiziana Casti- Quella terra che ti cambia e ti fa crescere Marco Castagna- Una nuova compagnia nel mio quotidiano Riccardo Vignoli

ROMANIA- Una nuova scoperta Gianluca Denora- In tutto cercare, amare, servire Elena Cavalla- L’arte di edificare Giacomo Mennuni

“Non di muri ha bisogno il mondo ma di ponti”. Lega Missionaria Studenti SET-OTT 158 Programma del Meeting giovanile Lms-Cvx di Torino (22-24 novembre 2013)

Il Caef: una nuova casa Francesco Serra NOV-DIC 190

INDICE GENTES – Indice generale 2013 NOV-DIC 192

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