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Inserto di Toscana Medica LA LOTTA AL DOLORE Supplemento di Toscana Medica n. 2 febbraio 2008 - Poste Italiane s.p.a. - Sped. Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 45) art. 1, comma 1, DCB FI Mensile Reg. Trib. FI n. 3138 del 26/05/1983 ORDINE PROVINCIALE DEI MEDICI CHIRURGHI E DEGLI ODONTOIATRI DI FIRENZE REGIONE TOSCANA

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Inserto di Toscana Medica

LA LOTTA ALDOLORE

Supplemento di Toscana Medica n. 2 febbraio 2008 - Poste Italiane s.p.a. - Sped. Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 45) art. 1, comma 1, DCB FIMensile Reg. Trib. FI n. 3138 del 26/05/1983

ORDINE PROVINCIALEDEI MEDICI CHIRURGHIE DEGLI ODONTOIATRIDI FIRENZE

REGIONETOSCANA

2 Chirurgia - Ortopedia - Traumatologia

LA LOTTA ALDOLORE

ORDINE PROVINCIALEDEI MEDICI CHIRURGHIE DEGLI ODONTOIATRIDI FIRENZE

REGIONETOSCANA

Pubblicazione curata da:CLAUDIO GALANTI - Fondazione Alitti, FirenzeGALILEO GUIDI - Commissione Regionale per il Coordinamento delle azioni di lotta a doloredella Regione ToscanaANTONELLA BARRESI - Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri di Firenze

Direttore ResponsabileANTONIO PANTI

Direzione e RedazioneOrdine dei medici chirurghi e degli odontoiatri di Firenzevia G.C. Vanini 15, FirenzeTel. 055 496 522 - Fax 055 481 045

Le opere pubblicate in questo volume sono state esposte alla mostra “Cézanne a Firenze”, 2007In copertina: John Singer Sargent (Firenze, 1856 - Londra 1925) - A Torre Galli : donne in giardino, 1910

Finito di stampare dicembre 2007

Edizioni Tassinari sas - Viale dei Mille 90, FirenzeTel. 055 570 323 - Fax 055 582 789e-mail: [email protected]

Stampa: Nuova Grafica Fiorentina, Firenze

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SOMMARIO

Enrico Rossi, presentazione pag. 5Claudio Galanti, Alessandro Mugelli nota introduttiva » 6Galileo Guidi, La Commissione di coordinamento per le azioni di lotta al dolore » 8

CHIRURGIA - ORTOPEDIA - TRAUMATOLOGIA

IL TRATTAMENTO DEL DOLORE ACUTO POST-OPERATORIO IN CHIRURGIAIntroduzione » 11Valutazione e monitoraggio del dolore » 13Trattamento del dolore post-operatorio » 14Tecniche perioperatorie per il controllo del dolore post-operatorio » 16Bibliografia » 19

IL CONTROLLO DEL DOLORE POST-OPERATORIO IN DAY-SURGERY » 22

PROTOCOLLI REGIONALI » 25

IL TRATTAMENTO DEL DOLORE ACUTO IN ORTOPEDIA EIN TRAUMATOLOGIAIntroduzione » 27Analgesia per chirurgia minore » 27Analgesia per chirurgia media » 28Analgesia per chirurgia maggiore » 29Bibliografia » 31

RACCOMANDAZIONI INFERMIERISTICHE » 32

ENDOSCOPIA DIGESTIVA

SEDAZIONE - ANALGESIAIntroduzione » 35Approccio all’endoscopia e fase pre-esame » 35Indicazioni alla sedazione » 35Tipi di sedazione » 36La situazione in Toscana » 37Conclusioni ed auspici » 38Bibliografia » 38

GERIATRIA

IL DOLORE CRONICO NELL’ANZIANOIntroduzione » 39Trattamento farmacologico » 41Trattamento non farmacologico » 45Il dolore in alcune condizioni particolari dell’anziano » 47Bibliografia » 49

NEUROLOGIA

IL DOLORE NEUROPATICOIntroduzione » 52Cause di dolore neuropatico centrale e terapie specifiche » 62Cause di dolore periferico e terapie specifiche » 67

Bibliografia » 69Linee guida europee 2004 e bibliografia » 71

ONCOLOGIA

RACCOMANDAZIONI PER LA VALUTAZIONE E IL TRATTAMENTO DELDOLORE CRONICO NEL PAZIENTE AFFETTO DA MALATTIA NEOPLASTICAValutazione e trattamento » 75Strategia terapeutica » 77Terapia farmacologica » 78Adiuvanti » 82Terapie eziologiche » 84Terapia invasiva » 84Percorso assistenziale » 84Bibliografia » 85

OSTETRICIA E GINECOLOGIA

L’ANALGESIA DEL PARTOIntroduzione » 92Razionale di possibili protocolli farmacologici » 94L’analgesia epidurale in travaglio di parto » 95Bibliografia » 98Il ruolo dell’ostetrica » 99Metodi non farmacologici » 100Bibliografia dei metodi non farmacologici » 103Isteroscopia diagnostica » 104

PEDIATRIA

IL DOLORE NEL BAMBINOIntroduzione » 114Le nuove acquisizioni sul dolore » 114Il ruolo del pediatra di famiglia » 118Il ruolo dell’ospedale » 120Terapia farmacologica » 123Protocolli » 125Bibliografia » 135

IL DOLORE NEL NEONATO » 136Bibliografia » 138

IL DOLORE NEL RAPPORTO MEDICO-PAZIENTEAlcune regole » 139

TERAPIA FISICA: EBM REVIEW » 140

TABELLE E SCALE ANALOGICHE » 144Normativa 409/2006 per la prescrizione dei farmaci stupefacenti » 144Scale analogiche visive » 145

CENTRI DI TERAPIA DEL DOLORE E CURE PALLIATIVE IN TOSCANA » 147

Composizione Gruppi di lavoro sul dolore dell’Ordine di Firenze » 159

LA TOSCANA CONTRO IL DOLORE

Evitare il dolore è un diritto di tutti, un principio etico fondamentale. Che piano pianosta penetrando nella nostra cultura. Ancora troppo lentamente, però, perché l’Italia occu-pa poco onorevolmente uno degli ultimi posti nella classifica internazionale del consumoterapeutico degli oppioidi. E se è vero, come sostiene l’Oms, che il consumo pro-capite dimorfina è uno degli indicatori più attendibili della qualità della terapia analgesica, il no-stro Paese deve recuperare molto tempo perduto.

In Toscana nella lotta al dolore ci siamo impegnati e ci stiamo impegnando a fondo. Ei risultati si cominciano ad apprezzare. Sono di conforto i dati, riportati anche in questapubblicazione. Le cifre ci dicono che nel giro di due anni, dal 2004 al 2006, la media deifarmaci oppioidi erogata dalle farmacie territoriali è quasi raddoppiata, e che è doppia del-la media italiana. Dalle indagini svolte tra i pazienti ricoverati nei nostri ospedali, risultaanche che la stragrande maggioranza del personale sanitario è attenta al problema del do-lore e fa il possibile per alleviare le sofferenze delle persone affidate alle sue cure.

Quando, due anni fa, abbiamo inserito nel Piano Sanitario Regionale 2005-2007 il pro-getto speciale ‘Il controllo del dolore come diritto del cittadino’ ci ponevamo appuntol’obiettivo di modificare l’atteggiamento prevalente nei confronti del dolore, di far capirea tutti – medici, operatori, amministratori, malati, ma anche a tutti i cittadini – che la sof-ferenza si può e si deve evitare. Con ogni strumento a disposizione. Il Sistema sanitario to-scano ha risposto e sta rispondendo con grande sensibilità a queste sollecitazioni, dimo-strando una grande capacità di farsi carico del problema del dolore. E a tutti gli operatoriche si sono impegnati e si stanno impegnando a fondo nella lotta al dolore va tutta la miagratitudine.

L’aumento del consumo di oppioidi e l’accresciuta attenzione del personale sanitario neiconfronti della sofferenza fisica dei pazienti sono i primi, incoraggianti risultati di una stra-tegia complessiva, tesa a colmare ritardi, a modificare la cultura secondo la quale il dolorecontinua ad essere considerato un fenomeno ‘normale’, inevitabile, connaturato con la ma-lattia. Se molto si è fatto finora, tanto resta ancora da fare, e ne siamo tutti consapevoli. Sitratta di uniformare e portare allo stesso livello realtà ancora troppo disomogenee tra loro,c’è molto da lavorare sul versante della formazione, deve diventare sistematica la misura-zione del dolore in tutti gli ospedali toscani, così come viene fatto per la febbre e gli altriparametri vitali. Deve entrare nella cultura comune che quella della lotta al dolore è unabattaglia di civiltà, una delle frontiere più importanti di umanizzazione della sanità.

Enrico Rossi, Assessore al diritto alla salute della Regione Toscana

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NOTA INTRODUTTIVA

La prima edizione del volumetto LA LOTTA AL DOLORE, edito come supplemento aTOSCANA MEDICA del giugno 2005, è stata molto apprezzata dai medici toscani, che lo han-no ricevuto; l’iniziativa ha suscitato interesse anche al di fuori della nostra regione, che, ri-cordiamolo, ha visto nella lotta al dolore uno degli obiettivi principali del Piano Sanitario Re-gionale. In questa battaglia di civiltà la Giunta Regionale è, da sempre, affiancata da moltialtri attori, tra cui l’Università con la sua Facoltà di Medicina, l’Ordine dei Medici Chirur-ghi e Odontoiatri di Firenze e la Fondazione Alitti Onlus.

La Fondazione Alitti Onlus, a partire dal 1998, e sempre in collaborazione con l’Univer-sità e l’Ordine, ha indirizzato il suo impegno quasi esclusivo, alla lotta contro il dolore attra-verso il sostegno a numerose iniziative; un sito dedicato (www.fondazionealitti.org) permet-terà, fra l’altro, l’aggiornamento continuo sulle principali pubblicazioni scientifiche in temadi dolore, sui centri antidolore della Toscana e sulla normativa che regola questo settore sot-to il profilo organizzativo e terapeutico.

Insieme, e grazie anche al contributo finanziario assicurato dall’Assessore regionaleEnrico Rossi, si è deciso di aggiornare il volumetto per fare in modo che continui ad essereuno strumento utile nelle mani di tutti gli operatori sanitari, per trattare il dolore o per indi-rizzare il paziente nelle strutture dove si praticano la terapia del dolore e le cure palliative.Il formato del testo rimane lo stesso, con la presentazione di alcune raccomandazioni prati-che e di linee guida internazionalmente accettate.

Nei due anni trascorsi dalla precedente edizione alcuni eventi hanno sicuramente influen-zato la pratica medica nel campo del trattamento del dolore, come la nuova normativa perla prescrizione dei farmaci stupefacenti, ed alcuni importanti nuovi farmaci sono stati resi di-sponibili nel nostro paese. Sicuramente il ritiro dal commercio del rofecoxib, avvenuto nel set-tembre 2004 a causa di un aumentato rischio di stroke ed infarto del miocardio, ha avuto laconseguenza di attirare l’attenzione dei pazienti e dei medici sulla sicurezza dei farmaci uti-lizzati per trattare il dolore. Pochi mesi dopo il ritiro del farmaco, è stato pubblicato da par-te dell’American Heart Association un articolo che riporta una serie di raccomandazioni dautilizzare nella scelta dei farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) per il trattamentodel dolore nei pazienti con precedenti eventi o a rischio di eventi cardiovascolari.

Da allora una serie di importanti fatti si sono succeduti, fatti che sono serviti a focalizza-re l’aggiornamento dei medici su questi aspetti, brevemente:1) nuovi dati derivati da studi clinici e riassunti in importanti metanalisi rafforzano la pre-occupazione circa gli eventi cardiovascolari associati all’uso degli inibitori selettivi dellaCOX-2; 2) compaiono articoli che identificano un aumento del rischio cardiovascolare anche per iFANS non selettivi; 3) le autorità regolatorie di vari paesi emanano avvertenze e precauzioni in relazione all’usodi vari FANS.

Tutto questo ha portato il medico a pesare con ancora più attenzione il rapporto benefi-cio/rischio nell’utilizzare i farmaci per il trattamento del dolore, in particolare nei pazienti adelevato rischio cardiovascolare (vedi lo Statement dell’AHA pubblicato il 27 Marzo 2007 suCirculation (Antman et al Use of nonsteroidal antiinflammatory drugs. An update for clini-cians. A scientific statement from the American Heart Association. Circulation2007;115:1634-42).

Come accennavamo prima, sono state negli ultimi tempi registrate nuove formulazioni difarmaci già presenti nel nostro paese e resi disponibili, farmaci (ad esempio l’ossicodone) che

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non lo erano, nell’ottica di favorire l’accesso degli operatori sanitari e dei pazienti ad un nu-mero sempre più ampio di trattamenti efficaci per il controllo del dolore.

La revisione da parte dei gruppi di specialisti (cui va il nostro sentito ringraziamento)coinvolti in questa iniziativa, ha posto particolare attenzione all’aggiornamento terapeuti-co dei vari capitoli.

Alcuni trattamenti, riproposti in contributi specialistici diversi, non sempre coincidononelle indicazioni, avendo a riferimento esperienze e linee guida di diversa origine. Richia-miamo anche come stimolo alla discussione due note basate sull’EBM: la Review sulle te-rapie fisiche nelle sindromi caratterizzate da dolore muscolo scheletrico e nel low back pained il contributo sui protocolli regionali nel trattamento del dolore postoperatorio.

L’obiettivo principale del volumetto resta, tuttavia, quello di richiamare l’attenzione el’impegno dei medici toscani sul tema della lotta al dolore, che, se ha visto in questi ultimianni degli indubbi successi, non è certamente ancora stata vinta. Certo la Toscana è la re-gione con i più alti consumi di morfina, un indicatore, adottato a livello internazionale, deltrattamento del dolore soprattutto oncologico, ed è motivo di orgoglio pensare che questotesto abbia potuto contribuire al risultato.

Vogliamo ricordare ancora come la collaborazione tra Ordine, Università e FondazioneAlitti abbia portato a sviluppare numerose iniziative dirette ad aumentare l’attenzione al“problema dolore” dei medici di famiglia e dei geriatri. Vogliamo, in particolare, richiamarel’iniziativa assunta nei confronti degli studenti di medicina, nella convinzione che sia duran-te il corso di laurea che si preparano i buoni medici e che solo la conoscenza del problema el’istruzione combattono veramente il dolore inutile. Ci riferiamo al progetto formativo Il do-lore in clinica, indirizzato agli studenti del VI anno di Medicina e Chirurgia, coordinato dalProf. Giulio Masotti, Ordinario di Geriatria della Facoltà Medica Fiorentina e Presidente delcomitato Tecnico-Scientifico della Fondazione Alitti. Il progetto prevede un test di ingressocon 17 quiz a risposta multipla e 8 domande aperte, diretto ad accertare il livello di conoscen-za e di competenza degli studenti, in procinto di laurearsi, in materia di fisiopatologia, clini-ca e terapia del dolore, seguito da un corso tenuto da specialisti, per colmare le lacune eviden-ziate, e da un test in uscita. Il progetto ci ha dato interessanti informazioni e quest’anno ver-rà ripetuto anche in altre sedi universitarie. Potremo avere un ampio panorama delle cono-scenze cliniche degli studenti sul dolore, alla fine del loro percorso formativo prelaurea e pro-grammare, così, interventi mirati da introdurre anche negli anni precedenti.

Claudio GalantiAlessandro Mugelli

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orientato verso l’obiettivo di far diventare laterapia del dolore un aspetto normale del-l’attività del sistema sanitario regionale.Le azioni già attivate su proposta dellaCommissione sono le seguenti:1) Criteri per l’accreditamento degli ospe-

dali senza dolore. Queste indicazioni so-no contenute in un progetto sperimentaledi accreditamento deliberato della GiuntaRegionale che ha attivato un processo chevede la partecipazione di tutte le aziendesanitarie toscane sia territoriali che lequattro aziende ospedaliere-universitarie.Esse stanno procedendo all’accredita-mento dei diversi presidi che eroganoprestazioni in regime di ricovero a ciclocontinuativo e diurno per acuti, presidialternativi all’ospedalizzazione, presidiambulatoriali e servizi di assistenza domi-ciliare. Particolarmente interessante è lapartecipazione a questo progetto di alcu-ne cliniche e RSA private.

2) Piano di informazione e comunicazione.Sono stati realizzati una serie di interven-ti di comunicazione per la lotta al “doloreinutile” e per una efficace azione informa-tiva rivolta ai cittadini, affinché i pazientisiano informati sul diritto a non soffrireinutilmente. Nella consapevolezza che ildolore può essere trattato e affinché siconsolidi sempre più la relazione fra ope-ratore e paziente per prevenire l’insorgen-za del dolore.

3) Piano per la formazione. Si è provvedutoad una indagine (coinvolti 1416 medici e3631 infermieri) sul livello di conoscenzatra gli operatori del SSR delle problemati-che relative al tema dolore dalla quale so-no emersi i bisogni formativi su cui è sta-

La Commissione di coordinamentoper le azioni di lotta al dolore

Galileo GuidiCoordinatore della Commissione Regionale per il Coordinamento delle azioni di lotta

al dolore della Regione Toscana

Il Consiglio Regionale ha inserito il temadolore nel Piano Sanitario Regionale (PSR)2005-2007, prevedendo un progetto speciale“Il controllo del dolore come diritto del cit-tadino”. Il PSR 2005-2007 prevede due indicatori at-traverso il monitoraggio dei quali misurarel’efficacia delle azioni intraprese. Gli indica-tori scelti sono il consumo dei farmaci op-piacei, con particolare riferimento alla mor-fina, così come raccomanda l’OMS, e la re-gistrazione del dolore, quale parametro vi-tale, all’interno delle cartelle cliniche degliospedali regionali.Successivamente all’approvazione del PSRda parte del Consiglio Regionale è stata in-sediata da parte della Giunta la Commissio-ne di coordinamento delle azioni di lotta aldolore ed inserita nell’ambito delle attività di“Governo Clinico”. La composizione della Commissione preve-de la presenza di alcuni dirigenti della Regio-ne Toscana, dei direttori sanitari delle trearee vaste, di rappresentanti delle tre Univer-sità toscane, del Coordinamento dei Comi-tati Ospedale senza Dolore, dei medici dimedicina generale, dei pediatri di liberascelta, degli infermieri e degli psicologi, di unrappresentante della Commissione Regiona-le di Bioetica, del Tribunale dei diritti delmalato, dell’Agenzia Regionale di Sanità eil direttore dell’Istituto Toscano Tumori.Alla Commissione è stato affidato il compitodi promuovere e coordinare le attività varia-mente collegate alla lotta al dolore e di moni-torare l’andamento degli indicatori previstidal PSR. Nel rispetto di quanto indicato dalPSR “Il controllo del dolore come diritto delcittadino”, il lavoro della Commissione si è

LA LOTTA AL DOLORE - Supplemento di “Toscana Medica” - febbraio 2008

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to impostato il piano di lavoro. Il pianoformativo è stato oggetto di specifica de-libera della Giunta Regionale Toscana chelo ha approvato ed ha assegnato le risorse.Il progetto si pone l’obiettivo di integrarei sistemi e le reti formative in modo dapromuovere un modello compiuto che ri-guardi la formazione universitaria di base,la formazione specialistica, l’alta forma-zione e la formazione continua. Partico-larmente interessante il lavoro svolto conle università per arricchire la proposta for-mativa all’interno dell’offerta didattica nelcorso di laurea di Medicina, Chirurgia,Odontoiatria, Scienze Infermieristiche eScienze sanitarie. Saranno proposti pro-grammi di terapia del dolore e fondamen-ti di Medicina palliativa con la richiesta dinon meno di 2 crediti formativi (CFU).

4) Progetto di ricerca “Farmacogeneticanella terapia del dolore”. Questo proget-to coinvolge le tre Università ed i centriospedalieri toscani in un’originale ricercasulla situazione genetica della popolazio-ne toscana, alla luce dei risultati di recentistudi che hanno chiaramente dimostratoche i polimorfismi genetici svolgono unruolo fondamentale sia nella farmacocine-tica che nella farmacodinamica degli op-piacei. Valutiamo molto importante que-sto progetto per il valore intrinseco dellaricerca, ma anche per le ricadute qualitati-ve sull’intero sistema assistenziale.

Negli ultimi mesi la Commissione è statacoinvolta nella definizione del regolamentodi utilizzazione e di accesso agli Hospicesche era stato predisposto da una appositaCommissione nell’ambito dell’Istituto Tu-mori Toscano. Il percorso di definizione delregolamento degli Hospices si è concluso,definendo in tal modo un aspetto molto im-portante dell’organizzazione dell’assistenzaai pazienti giunti alla fine della vita anche dietà pediatrica.Nell’ambito della Commissione di coordi-namento delle azioni di lotta al dolore si èaperta la discussione sulla proposta di realiz-zare un osservatorio sull’attività degli Ho-spices in Toscana.

Il programma di lavoro per l’anno 2007 pre-vede il proseguimento delle azioni avviate ei nuovi settori di intervento:

Partoanalgesia. Si è insediato un appositogruppo di lavoro che partendo dalla situa-zione in atto elabori le proposte necessariead estendere questa procedura nei punti na-scita della regione, con l’obiettivo di garanti-re il diritto della donna di scegliere se parto-rire senza dolore.

Dolore nei pronto soccorso e servizi diemergenza 118. Abbiamo instaurato un rap-porto di collaborazione con i responsabili diun importante progetto di formazione in at-to. Infatti da alcuni mesi è partito in Toscanaun progetto di formazione per lo sviluppodella medicina di urgenza. Il processo, al mo-mento unico del suo genere nel nostro paese,è stato reso possibile grazie ad un accordostipulato tra la Facoltà di Medicina e Chirur-gia dell’Università degli studi di Firenze,l’Università di Harvard Medical Internatio-nal, il Beth Israel Deaconess Medical Centerdi Boston e la Regione Toscana tramitel’Azienda Ospedaliera di Careggi. Dialogan-do con i responsabili di questo progetto ab-biamo ottenuto che nei programmi formati-vi sia inserita la parte riguardante la terapiadel dolore, che non era prevista nel program-ma originale. Siamo particolarmente lieti delfatto che i contenuti formativi da noi propo-sti saranno adottati anche nell’attività in attonella sede universitaria di Boston.Con questa iniziativa riusciremo a coinvol-gere nel processo formativo pluriennale lagran parte degli operatori dei pronto soccor-so ospedalieri e dei 118 della regione.

Dolore pediatrico. Si è insediato un gruppotecnico che sotto il coordinamento del-l’Ospedale Meyer sta affrontando l’argo-mento ed effettuando un progetto formativoche coinvolge tutte le strutture organizzati-ve (Unità Operative) della Toscana. All’in-terno del gruppo si stanno sviluppando tec-niche farmacologiche e non farmacologichedi lotta al dolore pediatrico.

Commissione di coordinamento per le azioni di lotta al dolore

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Dolore da procedura. Anche su questo te-ma è stato costituito un gruppo di professio-nisti che stanno affrontando l’argomento. E’stata fatta la scelta di individuare due temiprioritari, le procedure invasive in gastroen-terologia ed urologia.

Progetto di ricerca: “ Dolore cronico nononcologico e processi di cura: descrizionedelle caratteristiche di personalità; interventofarmacologico combinato antidolorifici+an-tidepressivi; intervento cognitivo-comporta-mentale. Numerosi studi presenti in lettera-tura dimostrano come il dolore sia un’espe-rienza che accomuna lo psichico e il somati-co, così come molta letteratura riferisce del-l’efficacia dei trattamenti psicoterapici in pa-zienti con dolore cronico. Il progetto propo-sto intende indagare il tipo di correlazioneche esiste tra il decorso di un dolore cronico,il tipo di personalità del soggetto e le moda-lità di risposta al disturbo stesso.

Come forse si può vedere dal rendicontosommario, il lavoro della Commissione re-gionale si è dedicato prevalentemente all’af-fermazione del diritto di ogni cittadino dinon provare dolore inutile piuttosto che allecure palliative e alla dignità di fine vita. Con-vinti che l’affermazione della cultura dellalotta al dolore sia un prerequisito che per-metta di affrontare nel migliore dei modi lecure palliative e l’assistenza al paziente giun-to alla fine della vita. In questo siamo statifacilitati perché in Toscana operano due or-ganismi (la Commissione regionale di bioe-tica e l’Istituto Tumori Toscano), che si de-dicano specificatamente ai temi della pallia-zione ed all’etica di fine vita.Riteniamo fondamentale, in un ottica di go-verno clinico dei processi, determinare si-

nergie e lavoro coordinato tra i vari soggettiche hanno in qualche modo la responsabili-tà di incidere sul tema dolore e a questo cisiamo prevalentemente dedicati.Pensiamo che il compito principale dellaCommissione di coordinamento delle azio-ni di lotta al dolore sia quello di incrementa-re le relazioni, gli scambi di informazione al-l’interno del sistema sanitario toscano, maanche con tutti quei soggetti, quelle agenzieche in vario modo interferiscono con esso.In primo luogo le università, intese in modoampio e non limitate alle sole Facoltà di me-dicina e chirurgia, ma anche altre agenzieche lavorano in ambito regionale e non solo.Particolare attenzione dovrà essere rivolta airapporti con soggetti nazionali ed interna-zionali che siano in grado di fornire espe-rienze originali.Per quanto riguarda il monitoraggio dei ri-sultati, al 31/12/2005, in termini di dosi gior-naliere DDD 1000 abitanti, il consumo del-la Toscana di farmaci oppiacei è in forte cre-scita ed è più del doppio del consumo nazio-nale (2,1504 in Toscana rispetto al 1,0004 deldato nazionale). Anche in termini di confe-zioni erogate la percentuale di quelle eroga-te in Toscana nel 2005 rappresenta il 15,84del totale nazionale, contro un dato dellapopolazione che rappresenta circa il 6,66%di quella nazionale.Siamo nella fase di discussione del nuovopiano sanitario regionale e la Commissione,partendo da un attento esame delle cose fat-te, dovrà sforzarsi di elaborare idee e inizia-tive nuove da proporre per questo strumen-to di programmazione.La lettura attenta dei dati ci incoraggia a pro-seguire con impegno sulla strada avviata perraggiungere nuovi ed importanti obiettivi.

Commissione di coordinamento per le azioni di lotta al dolore

INTRODUZIONE

Nonostante l’esistenza di linee guida, proto-colli ed un’aumentata sensibilità nei sanitarie nei pazienti, il dolore dopo un interventochirurgico accompagna ancora oggi in sensonegativo il decorso postoperatorio dei pa-zienti. Eppure la necessità del trattamentodel dolore postoperatorio non è soltanto esi-genza etica ed umana, ma esigenza di buonamedicina e di corretto uso delle risorse, es-sendo universalmente riconosciuto che unaadeguata gestione del dolore del pazientedopo un intervento chirurgico contribuiscesensibilmente alla diminuzione della morbi-dità perioperatoria, in quanto produce:• minor numero di complicanze (1)• minor numero di giorni di ricovero• maggior soddisfazione del paziente. (2) La presenza di dolore non controllato puòritardare il recupero, favorendo alterazionidella funzione polmonare, ipossia, immobi-lità e conseguente aumento del rischio trom-boembolico, specialmente nei pazienti ad al-to rischio (ASA III-V), sottoposti ad inter-venti di chirurgia maggiore (Livello A (1)).Inoltre i pazienti in attesa di intervento sonomolto preoccupati per la possibilità di pro-vare dolore dopo la chirurgia (3). Alla luce di questa considerazione dovremmoaspettarci una maggiore consapevolezza daparte dei sanitari e delle istituzioni; pur se esi-ste, rispetto al passato, una generale maggiorsensibilità degli operatori unitamente alla con-sapevolezza dei pazienti del fatto che il dolorepost-operatorio non è inevitabile, indagini re-centi continuano ad evidenziare che ancoratroppi pazienti dopo intervento chirurgicohanno dolore intenso, rivelando così assenza

Chirurgia - Ortopedia - Traumatologia

Il trattamento del dolore acuto post-operatorio in chirurgiaG. Cotugno, M. Dal Dosso, P. Fabbrucci, E. Lumini,

A. Paolicchi, P. Pippa, A. Rutili, A. Veneziani

11LA LOTTA AL DOLORE - Supplemento di “Toscana Medica” - febbraio 2008

di trattamento o comunque l’insuccesso dellaterapia antalgica postoperatoria (4).Inoltre, negli ultimi anni, un’altra problema-tica si sta diffondendo, in rapporto a nuovemodalità di ricovero come l’affermarsi dichirurgie brevi in regime di day surgery edambulatoriale, che hanno determinato lospostamento di parte della gestione del do-lore postoperatorio, in passato sviluppata erisolta durante la degenza in ospedale, versoil domicilio del paziente (5). La rapida di-missione a casa poche ore dopo l’interventochirurgico significa che viene trasferita sulterritorio la gestione del dolore postopera-torio; per garantire a casa le cure più adegua-te diventa determinante la stesura di un pia-no terapeutico per l’analgesia postoperatoriacondiviso tra i sanitari, per affrontare al do-micilio le problematiche che negli anni pas-sati erano proprie degli ospedali (6).Di conseguenza, mentre nell’edizione prece-dente della rivista il capitolo “Il trattamen-to del dolore acuto postoperatorio”, si ri-volgeva quasi esclusivamente agli esperti delsettore, ovvero agli anestesisti, nel nuovoscenario della pratica medica sempre piùspostata fuori dall’ospedale, l’argomento di-venta di facile consultazione per tutti i pro-fessionisti che curano i propri pazienti. Quali sono le caratteristiche di questo dolo-re, come valutarlo, quali mezzi e farmacipossiamo utilizzare per combatterlo ed infi-ne quali sono le figure professionali coinvol-te nella lotta a questo dolore “inutile”? Nel-la risposta a questi quesiti sta la possibilità dimettere in campo strategie e conoscenze peruna vera lotta al dolore.

I principi-base organizzativi esposti nelle

linee guida per il trattamento del dolore acu-to postoperatorio da SIAARTI e ASA, cioèi massimi esponenti in campo anestesiologi-co a livello nazionale ed internazionale, pre-vedono (7-8): • In tutti gli ospedali deve essere istituito unteam responsabile del trattamento del dolo-re acuto, di cui l’anestesista, per le sue cono-scenze sulla fisiopatologia e terapia del dolo-re acuto, sia coordinatore;• Il controllo del dolore postoperatorio vainserito in un piano di trattamento della“malattia perioperatoria” che preveda con-temporaneamente analgesia multimodale,mobilizzazione precoce, alimentazione en-terale precoce e fisiokinesiterapia attiva;• In tutti gli ospedali devono essere previstiprotocolli di trattamento del dolore acutopostoperatorio per tutti i pazienti sottopostiad intervento chirurgico;• Utilizzare idonei strumenti di misurazionedel dolore per una corretta valutazione del-l’efficacia terapeutica;• Il dolore deve diventare uno dei cinque pa-rametri vitali (insieme a frequenza cardiaca,pressione arteriosa, temperatura e diuresi), damonitorizzare regolarmente durante le 24 ore;• Piani di formazione e addestramento cherendano il personale preparato all’uso effica-ce e sicuro dei protocolli analgesici.

Il personale I professionisti maggiormente coinvolti nel“Controllo del dolore post-operatorio” so-no sostanzialmente il chirurgo, l’anestesista el’infermiere, ai quali si associano l’interventodel farmacista, del fisioterapista ed il contri-buto rilevante delle direzioni aziendali.1) Il chirurgo, responsabile di reparto, deveessere coinvolto nel management del doloredurante la degenza; inoltre in qualità di ese-cutore delle strategie operatorie, deve fare lasua parte, privilegiando, ad esempio, tecni-che chirurgiche meno traumatizzanti, cheottengano medesimi risultati, come è dimo-strato negli interventi videoassistiti, o nel ca-so in cui l’infiltrazione o l’applicazione topi-ca di anestetico locale sono momento codi-ficato dell’intervento.

12 Chirurgia - Ortopedia - Traumatologia

2) L’anestesista, primo attore per prepara-zione specialistica e per particolare sensibili-tà, affinata dalla consuetudine a farsi caricodel problema dolore, deve considerare l’anal-gesia postoperatoria parte integrante dell’at-to anestesiologico, impostando il trattamen-to fin dalla premedicazione, tenendo presen-te il meccanismo d’azione recettoriale deglioppioidi e la loro farmacocinetica, oltre allaansiolisi ed alla protezione neurovegetativa,in un continuum di effetto che accompagnail paziente per tutto il periodo perioperato-rio. Infatti, non è forse vero che è noto già daprima che il paziente avrà dolore (dolore at-teso) se viene sottoposto ad aggressione chi-rurgica? Allora l’anestesista si trova a pianifi-care la condotta già prima che si avvii la fasepostoperatoria, in virtù del dolore atteso edella scelta dei farmaci analgesici che sonostati utilizzati durante la chirurgia, in modoche al risveglio il dolore sia già controllato.3) L’infermiere ha la responsabilità di valu-tare l’intensità del dolore al fine di sommini-strare il trattamento analgesico prescritto emonitorarne l’efficacia. Ma quale criteriodeve usare l’infermiere per monitorare il do-lore? Utilizzare scale validate in letteraturacome la scala VAS (vedi pagina 13) dandocredito al paziente.Il dolore è un disturbo soggettivo, ognunoha quello che sente e non si può, da fuori,presumerne la quantità. Quindi nessun altrapersona può sostituire il paziente nel riferirel’intensità del dolore provato; all’infermiereper la sua vicinanza ed il rapporto olisticocon il paziente compete il ruolo specifico delmonitoraggio del dolore. Tale monitoraggio, periodico, dovrà fornireinformazioni al clinico sia dell’intensità deldolore che degli effetti collaterali della tera-pia antalgica in modo da valutarne la qualitàe l’efficacia delle cure somministrate (9). Modalità operative per la misurazione deldolore in genere, e postoperatorio in parti-colare, dovrebbero essere elaborate da partedi tutti gli ospedali, in modo da introdurrerealmente il monitoraggio del dolore comequinto dei parametri vitali.Anestesisti, chirurghi, infermieri concorro-

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no a costituire quello che gli anglosassonichiamano “Acute Pain Service” (APS). In-fatti, in molti paesi, allo scopo di ridurre ildolore acuto postoperatorio, è raccomanda-ta l’introduzione di un servizio del doloreacuto (Acute Pain Service) nei maggioriospedali (10). Questo approccio organizza-tivo, ancora non diffuso in Italia, tranne inalcuni centri d’eccellenza, si caratterizza perl’aspetto multidisciplinare in cui gli anestesi-sti hanno un ruolo fondamentale.

VALUTAZIONE E MONITORAGGIODEL DOLORE

Il dolore è uno dei parametri vitali e cometale deve essere considerato, al pari di fre-quenza cardiaca, pressione arteriosa, tempe-ratura e diuresi. Quindi deve essere periodi-camente misurato e trascritto in diaria. Èprevisto, da indicazioni del Piano Sanitariodella Regione Toscana, nel progetto speciale“Il controllo del dolore diritto del cittadi-no”, che in tutti gli ospedali della RegioneToscana, l’intensità del dolore venga valuta-ta dagli infermieri dei reparti almeno tre vol-te al giorno. Il periodo postoperatorio puòprevedere la necessità di valutazioni più ri-strette nel tempo, infatti nei pazienti ricove-rati nei reparti chirurgici e traumatologici, ildolore deve essere misurato frequentementeper ottimizzare il trattamento (11). È consigliato utilizzare scale specifiche, sem-plici ed unidimensionali (2): Visual AnalogicalScale (VAS), Scala Numerica (NRS), ScalaVerbale (VRS). Appositi strumenti (righellospecifico) ed istruzioni operative sono statiforniti attraverso i “Comitati Ospedale senzadolore” in tutti gli ospedali della regione. • VAS: Visual Analogical Scale (Scott &Huskisson 1976) consiste in una linea nongraduata della lunghezza di 100 millimetri lecui estremità raffigurano il dolore assente edil dolore massimo immaginabile. Il pazienteindica sulla riga il punto che raffigura l’in-tensità del suo dolore in quel momento,l’esaminatore realizza il punteggio medianteuna scala graduata posta sulla faccia poste-riore del righello.

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• Scala Numerica: Numerical Rating Scale(NRS) (Downie 1978) prevede l’utilizzo diun apposito regolo composto da una seriecrescente di numeri compresi tra 0 e 10 incui il paziente indica il numero che rappre-senta l’intensità del dolore percepito sapen-do che 0 corrisponde a dolore assente e 10corrisponde al peggiore dolore immaginato.La NRS ha un’alta correlazione con la VAS.

In alternativa viene richiesto al paziente diindicare verbalmente un numero da 0 a 10che corrisponda quanto più possibile al li-vello del dolore percepito.• Scala verbale Verbal Rating Scale (VRS)(Keele 1948) si avvale di 5 livelli ai quali è as-sociata la descrizione dell’intensità del dolo-re come segue: 0 – Dolore assente, 1 – dolo-re lieve, 2 – dolore moderato, 3 – dolore for-te, 4 – dolore atroce. Il paziente definisce ildolore verbalmente utilizzando l’aggettivoche ritiene più appropriato su una serie pro-posta. Questa scala è spesso utilizzata neipazienti anziani o con deficit cognitivo ed alpronto soccorso.I dati numerici così ottenuti dovranno esse-re riportati in un apposito spazio sulla car-tella clinica. Obiettivo della terapia antalgica postopera-toria è mantenere costantemente un valoreVAS o analogo sottosoglia, si consiglia cometarget ottimale il mantenimento del dolorepostoperatorio almeno entro il limite diVAS 3-4, misura oltre la quale è necessarioassicurare il trattamento. L’infermiere dovràinformare il medico perché vengano adotta-ti opportuni provvedimenti terapeutici o sisomministrino rescue therapy, nel caso in cuiil punteggio VAS sia superiore al valore so-glia (VAS a riposo >3). Oggi che l’obiettivo è la ripresa del paziente,la valutazione deve comprendere non solo ildolore a riposo, ma anche e soprattutto ildolore “incident” (dolore evocato dal movi-mento a livello della sede chirurgica, adesempio il dolore evocato con i colpi di tos-se in chirurgia toraco-addominale) il cui tar-get ottimale è definito da un valore di VAS

“incident” ≤ 40mm (NRS ≤ 4,). Oltre talevalore è raccomandabile utilizzare le dosi re-scue programmate. L’utilizzo delle scale per la valutazione deldolore, semplici, attendibili e non invasive èadatto al paziente in grado di esprimersi. Perpazienti che non sono in grado di esprimer-si sono utilizzati sistemi che si avvalgono divalutazioni comportamentali associati ai pa-rametri vitali.Quando si effettuano ripetute somministra-zioni di oppioidi è consigliabile monitorareanche il grado di sedazione utilizzando scalespecifiche, come la scala Ramsay (vedi Fig 1);quando si utilizzano anestetici locali per viaperidurale è consigliabile valutare la funzio-ne motoria attraverso la scala di Bromage(vedi Fig 2).

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analgesico non controllate possono indivi-duare complicanze postoperatorie. Vale ricordare, a riguardo, che in assenza dischede per la valutazione del dolore, moltimedici e infermieri continueranno a credereche i pazienti, che non si lamentano, nonhanno dolore.

Caratteristiche del dolore acutopostoperatorioIl dolore acuto postoperatorio differisce daldolore cronico (oncologico e non) per il suo ca-rattere transitorio, la tendenza a riduzione neltempo e per la componente affettiva collegataall’ansia per il risultato dell’intervento stesso.Il dolore cronico è invece persistente, spessopresenta intensità fluttuante nel tempo e siaccompagna a una componente depressiva.Recentemente è stato dimostrato un legametra i due tipi di dolore: infatti un dolore malcontrollato e persistente dopo un interventochirurgico, può aumentare il rischio di svi-luppare uno stato doloroso cronico, soprat-tutto in seguito ad alcuni tipi di chirurgia(13). Quindi per limitare questa spiacevoleeventualità è necessario un trattamento pre-ventivo ottimale (14).

TRATTAMENTODEL DOLORE POSTOPERATORIO

Il Coordinamento Regionale del ProgettoOspedale Senza Dolore della Toscana haprovveduto, nel proprio iter di lavoro inizia-to a partire dal 2002, a elaborare una serie diproposte che avessero come substrato co-mune un’ampia base di condivisione da par-te dei colleghi (in genere anestesisti) rappre-sentanti di tutti gli ospedali della Toscana. Tra i frutti del lavoro si annoverano: • questionari di valutazione dei fabbisogniformativi del personale sanitario effettuatiperiodicamente in tutti gli ospedali della To-scana, che sono stati alla base della successi-va programmazione formativa • basi comuni di didattica per ciascuna AreaVasta• regolo di misurazione del dolore per i pa-

Fig 1: Scala Ramsay

Fig 2: Scala Bromage

Perché tanta enfasi alla misurazione del do-lore? Il monitoraggio regolare, standardiz-zato dell’intensità del dolore e degli effetticollaterali della terapia antalgica è importan-te per valutare la qualità e l’efficacia delle cu-re fornite (12). L’instaurazione di protocollidi monitoraggio del dolore eleva il livello disensibilità di tutto il personale nei confrontidel “problema dolore”. Inoltre il VAS (e lealtre scale) possono essere utilizzate per gui-dare la scelta e la dose degli analgesici e perverificare l’efficacia della terapia; la presenzadi dolore crescente o di ulteriori richieste di

zienti adulti e pediatrici da diffondere in tut-ti gli ospedali• stesura dei requisiti di accreditamento perle strutture aderenti al progetto Ospedalesenza Dolore• protocolli per il trattamento del dolore po-stoperatorio. L’idea di partenza per la realizzazione deiprotocolli regionali è stata quella di fornireuno strumento che contenesse dati inequivo-cabilmente basati sull’evidenza scientifica e,nello stesso tempo, raccogliesse le “buone”esperienze di colleghi che lavorano negliospedali della regione Toscana. Il principalepunto di riferimento sono state le Linee Gui-da pubblicate dalla Società Scientifica degliAnestesisti Rianimatori Italiani (SIAARTI)nel 2002, che di per sé hanno alla base un im-portante lavoro di revisione metanalitica del-la enorme letteratura relativa all’argomento.I protocolli (vedi appendice), nati da un lavo-ro del gruppo regionale, di facile consulta-zione, in formato tascabile, realizzati in ma-teriale non facilmente deperibile, distribuitinegli ospedali della Toscana, sono oggi allaloro seconda edizione. Pur non avendo lapretesa di dover essere applicati tout court,non rappresentando requisiti assoluti, posso-no essere adottati, modificati o rifiutati, co-stituiscono il frutto della più recente lettera-tura disponibile e sono ormai applicati gior-nalmente nella pratica clinica in numerosiospedali della Toscana; ovviamente la loroapplicazione necessita di adeguamento allerealtà locali e dell’approvazione del comitatoetico locale. Sappiamo per esperienza che il trattamentoantalgico postoperatorio è sempre basato sudi una decisione individuale, spesso frutto diuna scelta mediata da esperienze personali.A volte è difficile poter indirizzare compe-tenze di colleghi che si ritengono esperti ver-so comportamenti basati sulle evidenze del-la letteratura, piuttosto che su personali abi-tudini inveterate. Questo update clinico sipone l’ambizioso obiettivo di aiutaci a supe-rare molti personalismi, che possono rende-re complessa la gestione dei pazienti nellecorsie chirurgiche.

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Determinanti del dolore postoperatorio,terreno di origine di ogni trattamento antal-gico, sono l’intervento chirurgico (dolore at-teso), la tipologia di paziente e l’ambiente,cioè il rapporto che i sanitari riescono a sta-bilire con il singolo paziente.

Tabella 1

Intervento– Sede dell’intervento e natura della lesione

condizionante l’intervento.– Caratteristiche del trauma intraoperatorio e ti-

po di anestesia, premedicazione, preparazione.– Condizioni postoperatorie: drenaggi, sondini e

cateteri, autonomia alimentare, canalizzazione.

Paziente– Età, sesso, soglia individuale del dolore.– Fattori socio-culturali, credenze religiose,

personalità, ansia, depressione, locus ofcontrol, modelli cognitivi e comportamentalidi apprendimento, esperienze precedenti.

– Paura di tossicomania, overdose, effetti colla-terali dei farmaci.

Ambiente– Informazione preoperatoria e preparazione.– Staff medico-infermieristico e suo rapporto

con il paziente.– Staff di supporto (fisioterapisti, psicologi, ecc.)

e terapie di sostegno per la ripresa funzionale– Presenza di elementi di sostegno dell’autono-

mia del paziente (ridare il controllo della si-tuazione al paziente).

Nella programmazione su larga scala, cheprevede attenzione e risoluzione del proble-ma dolore post-operatorio per tutti gli in-terventi chirurgici effettuati, sono da rispet-tare queste regole:1) esaminare (prevedere) la quantità di dolo-re in relazione al tipo di intervento2) considerare il tipo di paziente (bambino,anziano, adulto, collaborante, non collabo-rante ecc)2) considerare le risorse disponibili (pompePCA, cateteri peridurali ecc)3) stabilire con quale tecnica e da quale viapraticare la terapia (in rapporto all’interven-to chirurgico)

4) valutare l’intensità del dolore durante iltrattamento, prevedendo dosi rescue o disalvataggio programmate5) decidere quando cominciare il trattamento.

Principi generali di trattamento:• scelta di farmaco, dose, via di somministra-zione e durata della terapia devono essere in-dividualizzate• proscritta la terapia al bisogno, ma anzi in-traprendere sempre almeno un regime “adorario”• adottare una scheda di valutazione dell’ef-ficacia dell’analgesia e degli effetti collaterali• evitare le tecniche di infusione continuasenza controllo di flusso• quando possibile, adottare schemi di trat-tamento multimodale, utile soprattuttoquando sono implicati diversi siti e/o mec-canismi d’azione. In questo tipo di approc-cio terapeutico, il dolore viene affrontatosfruttando l’effetto sinergico derivante dallacombinazione di due o più farmaci o tecni-che, senza peraltro tralasciare il possibile ri-corso a tecniche non farmacologiche.

Analgesia MultimodaleL’“Analgesia multimodale o Balanced anal-gesia” è la combinazione di due o più farma-ci con diverso meccanismo d’azione o l’im-piego di terapia sistemica e regionale alloscopo di conseguire un efficace controllo deldolore postoperatorio, con possibilità di ri-duzione dei dosaggi e dell’incidenza di effet-ti collaterali dei farmaci utilizzati, in partico-lare degli oppioidi (15).L’analgesia multimodale con somministrazio-ne di NSAIDs, COX2 inibitori o paracetamo-lo in associazione a morfina determina “opioidsparing effect” con riduzione, nelle prime 24 hpostoperatorie, del 40% del consumo di mor-fina se associati NSAIDs, del 25% se associatiCOX2 inibitori, inferiore al 20% se associatoparacetamolo (livello I). Mentre l’associazione di NSAIDs alla morfi-na in PCA riduce significativamente il painscore, l’incidenza di PONV (PostoperativeNausea and Vomiting) dal 28.8% al 22.0%,della sedazione dal 15.4% al 12.7% (livello

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II) (16), l’associazione di paracetamolo allamorfina non riduce il rischio di effetti colla-terali o eventi avversi da oppioidi (17).Recentemente vecchi farmaci come la keta-mina (18) o analgesici con applicazioni clini-che diverse, come con il gabapentin (19-20),sono impiegati nel trattamento multimoda-le, con effetti del tutto positivi.

Pre-emptive analgesia La pre-emptive analgesia, somministrazionepre e/o intra-operatoria di farmaci analgesi-ci NSAIDs, oppioidi e ketamina, al fine diridurre l’intensità del dolore postoperatorio,pur applicata ampiamente nella pratica clini-ca, risulta oggi alquanto dibattuta non dimo-strandosi più efficace della sola sommini-strazione post-operatoria (21-22). La tecnica pre-emptive è invece efficace incaso di somministrazione di analgesici e/oanestetici per via peridurale “in continuo”, enon per somministrazione pre-emptive pe-ridurale single-shot.Un trattamento analgesico multimodale nelperiodo postoperatorio allo scopo di preve-nire il dolore postoperatorio (preventiveanalgesia), può considerarsi superiore allapreemptive analgesia (23).

TECNICHE PERIOPERATORIEPER IL CONTROLLO DEL DOLOREPOSTOPERATORIO

Patient-Controlled Analgesia (PCA) La PCA è un metodo per il trattamento deldolore postoperatorio che permette al pa-ziente di autosomministrarsi dosi prestabili-te di analgesico, di solito oppiacei, al biso-gno. Il paziente quindi, valutando l’intensitàdel proprio dolore, può regolare in mododel tutto autonomo la somministrazione delfarmaco e raggiungere il grado di pain reliefdesiderato senza necessità di interventi dal-l’esterno. La sicurezza di questo sistema ègarantita da un processore elettronico cheregola le erogazioni in base ad impostazionidi sicurezza immesse al momento della pro-grammazione del device ellettronico.

Vantaggi derivanti dall’adozione di questametodica di somministrazione: possibilità diottenere un livello personalizzato di analge-sia mediante titrazione della dose di farma-co, concentrazioni plasmatiche di farmacopressoché costanti, con riduzione al minimodella variabilità della risposta farmacologicae riduzione dei costi di gestione, grazie al ri-dotto carico di lavoro del personale sanitariodeputato al trattamento del dolore. La PCAendovenosa con oppioidi garantisce analge-sia e una maggiore soddisfazione del pazien-te rispetto ai trattamenti convenzionali conoppioidi per via parenterale, tuttavia, nondetermina una riduzione nel consumo dioppioidi o una ridotta incidenza di effetticollaterali correlati agli oppioidi, rispetto aitrattamenti convenzionali con oppioidi pervia parenterale (Livello I) (24-25-26).Da non sottovalutare l’importanza di unacorretta informazione preoperatoria del pa-ziente circa i principi generali di funziona-mento del sistema, che dà al pazienteun’iniezione di fiducia in grado di esercitaredi per sé un “effetto placebo”: l’aspettativadi dolore genera infatti stati d’ansia e distress che è dimostrato incrementano il do-lore postoperatorio. La semplice disponibi-lità di un presidio con cui autocontrollarsi ildolore (in pratica, la semplice interazionemacchina-paziente) sembra infatti in gradodi influire sul livello di dolore dichiarato: pa-zienti adeguatamente informati sull’uso deldevice della PCA, pur non utilizzandola, ri-feriscono livelli di dolore inferiori a quellidichiarati da pazienti non informati cui nonè stato applicato tale device.La metodica PCA può essere utilizzata condiversi farmaci ed è applicabile a molte vie disomministrazione: alla classica via endove-nosa si sono aggiunte nel tempo la via peri-durale, locoregionale periferica, transdermi-ca, etc. Quest’ultima via di somministrazio-ne rappresenta un nuovo metodo non inva-sivo (attualmente non ancora in commercioin Italia) di somministrazione del fentanyl(PCTS) basato sulla tecnica della iontofore-si, che offre i vantaggi di un sistema privo diaghi e preprogrammato.

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All’interno della classe degli oppioidi lamorfina è sicuramente il farmaco più utiliz-zato per la PCA endovenosa: informazionisull’impostazione della terapia antalgica(dose, lockout, limiti di sicurezza) sono di-sponibili nelle raccomandazioni italiane re-datte dal gruppo di lavoro SIAARTI.Si consiglia la programmazione esclusiva-mente di boli di morfina a richiesta (dose fis-sa autosomministrata a richiesta del pazien-te in maniera intermittente), in quanto l’as-sociazione dei boli con infusione continuabasale incrementa il rischio di depressionerespiratoria. Ricordare che prima di iniziare il trattamen-to con PCA deve essere effettuata una cor-retta titrazione, che di solito avviene alla fi-ne dell’intervento chirurgico o nella fase dirisveglio, fino al raggiungimento di un ade-guato livello di analgesia.La dose bolo ottimale solitamente consistein 1mg di morfina e dovrebbe fornire unbuon controllo del dolore con minimi effet-ti collaterali. Il lockout time programmatodeve essere almeno 6 minuti, mentre la doselimite 4 ore dovrà essere basata sull’età e lecondizioni cliniche del paziente.

Analgesia epidurale L’analgesia epidurale rappresenta il “goldstandard” in termini di terapia del dolorepost-operatorio con una efficacia analgesicasuperiore rispetto all’analgesia sistemica conoppioidi (Livello I, Cochrane 2006).L’analgesiaepidurale con anestetici locali puravendo teoricamente le maggiori possibilitàdi influenzare importanti outcome, di fattoha dimostrato di ridurre le complicanze po-stoperatorie cardiovascolari e polmonariesclusivamente dopo interventi di chirurgicavascolare o nei pazienti ad alto rischio. Adesempio l’analgesia epidurale con anesteticilocali, associati o meno ad oppioidi, è in gra-do di ridurre le complicanze respiratoriequali le atelettasie, migliorare gli scambi re-spiratori e ridurre le infezioni polmonari.(Livello I) (27). Un altro punto importante èla capacità di ripresa della peristalsi dopo in-tervento chirurgico: l’analgesia peridurale

toracica con anestetici locali, riduce l’ileo pa-ralitico favorendo una rapida ripresa dellaperistalsi intestinale dopo chirurgia addomi-nale maggiore (28). Il livello del catetere epi-durale in base alla sede dell’intervento è fon-damentale per conseguire risultati positivi(Tabella 2) .L’associazione tra basse dosi di anesteticolocale ed oppioidi lipofili rappresenta uncompromesso in termini di controllo deldolore post operatorio e ridotta incidenza dieffetti collaterali rispetto ai soli anestetici lo-cali o ad associazioni con morfina. Conse-guentemente è consigliabile l’utilizzo di unprotocollo levobupivacaina 0,0625- 0,125%o ropivacaina 0,2-0,3% associata o meno asufentanile con la metodica di infusionePCEA (Patient Controlled Epidural Anal-gesia) :

Tabella 2

Livello del catetere epidurale: Intervento chirurgico Puntura Punta

del catetereTorace, addome superiore T7-T8 T6-T7Basso addome T10-T12 T9-T10Arti inferiori L2-L3 o L3-L4 L2-L3

Blocchi periferici continuiNegli ultimi anni blocchi continui perifericisono utilizzati con successo nel trattamentodel dolore acuto postoperatorio, soprattuttoin chirurgia ortopedica (livello A) (29-30). Gli studi effettuati hanno dimostrato unanotevole efficacia di tali tecniche nel ridurreil dolore sia a riposo che durante il movi-mento (31) ed il consumo di analgesici op-piacei e non, con conseguente riduzione dinausea e vomito. Questo trattamento ha mi-gliorato, soprattutto in chirurgia ortopedica,il recupero funzionale con ridotti effetti col-laterali sia rispetto all’analgesia epidurale cheall’analgesia sistemica con oppioidi. La mo-dalità infusionale migliore secondo la mag-gioranza degli Autori, sembra essere l’infu-sione continua basale con boli gestiti dal pa-ziente (PCRA = Patient Controlled Regio-nal Analgesia) di anestetici locali a lunga du-rata di azione (bupivacaina, levobupivacai-

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na, ropivacaina) che forniscono un bloccoanestetico con un più favorevole coefficien-te di dissociazione sensitivo/motorio quindipiù adatti per la somministrazione in conti-nuo a pazienti che devono essere in grado dieffettuare mobilizzazioni attive.

Il Protocollo terapeuticoVedi protocolli regionali a pag. 25-26Ai fini della praticità di consultazione si evi-denziano di seguito interessanti aspetti per lagestione del dolore postoperatorio:• La classificazione del dolore chirurgico: ildolore atteso e quindi prevedibile, può esse-re schematicamente suddiviso in fasce d’in-tensità crescente; questa conoscenza può es-sere utile per l’anestesista ma anche per ilchirurgo, per stabilire fabbisogni analgesicicorretti in reparto e per esplicitarli meglio adogni singolo paziente. Il protocollo terapeu-tico è diviso in 3 livelli in base all’intensitàdel dolore previsto nei diversi tipi di inter-vento di chirurgia viscerale o somatica.• L’applicabilità dei protocolli a tutti i pa-zienti: i protocolli sono previsti per ogni ti-po di intervento chirurgico, e non solo perquelli più gravi. I pazienti sottoposti a chi-rurgia minore o con dolore atteso lieve-moderato possono ricevere un trattamentoanalgesico con farmaci somministrati prefe-renzialmente per via orale: paracetamolo,farmaci antinfiammatori non steroidei(NSAIDs), tramadolo associati a infiltrazio-ne della ferita chirurgica con anestetici loca-li a lunga durata d’azione. Quando l’inter-vento chirurgico è più esteso ed aggressivoper cui il dolore atteso risulta più forte siutilizzano oppiacei parenterali o/e tecnicheloco-regionali, associati a paracetamolo,NSAIDs, e adiuvanti.• Più protocolli per lo stesso tipo di doloreatteso: la possibilità di opzioni farmacologi-che all’interno della stessa fascia di dolorebasata su differenti intensità di dolore maanche sulle differenti modalità di tecnicaanestetica impiegata e/o sulla concomitanzadi patologie/allergie del paziente.• Bolo di fine intervento: è stato previsto perogni fascia di dolore atteso (A, B, C). Ci è sem-

brato utile richiamare questa opportunità spes-so negletta e che talvolta può sfruttare sinergi-smi farmacologici per molti non consueti.• Rescue dose: si è voluto sottolineare l’im-portanza di prescrivere un trattamento farma-cologico antalgico suppletivo che dovrebbeessere previsto per ogni paziente all’atto delladimissione dalla sala operatoria. Infatti ancheil migliore o più adatto dei protocolli antalgi-ci può non essere sufficiente per quel pazien-te (genetica?) e quindi deve essere prevista lapossibilità di ulteriore intervento.• La durata della terapia del dolore posto-peratorio. È stata prevista una durata deltrattamento post-operatorio del dolore. An-che questo è un forte richiamo a voler copri-re le giornate successive all’intervento oveoccorra e ne emerga la necessità da una cor-retta valutazione giornaliera del dolore.• Ripresentare la scala dell’OMS dei farma-ci, che mostra ancora la sua validità sia in ter-mini assoluti che di sinergismo farmacologi-co, e rappresenta un richiamo mentale cui fa-re concettualmente sempre riferimento.• Il concetto della multimodalità dell’ap-proccio farmacologico: l’analgesia postope-ratoria deve prevedere sempre, almeno perle forme di dolore più intenso, un approcciomultimodale, cioè fondato sulla sommini-strazione di farmaci di classi diverse attra-verso diverse vie di somministrazione. • L’Anestesia Loco Regionale (ALR) costi-tuisce un cardine fondamentale dell’ane-stesia e dell’analgesia post-operatoria eovunque sia applicabile con blocchi centralio periferici, da soli o associati ad altre formedi anestesia, costituisce la miglior scelta peril controllo del dolore, fornendo, ove benrealizzata, una qualità di analgesia superiorecon minori effetti collaterali. Viene confer-mata l’efficacia dei blocchi periferici conti-nui nel ridurre il dolore “incident” e il con-sumo di “oppioidi” • Infiltrazione della ferita chirurgica: può es-sere utile, nell’ambito di un approccio farma-cologico multimodale, un richiamo ad unamaggior sistematicità della pratica da parte del-l’operatore dell’infiltrazione della ferita chi-rurgica con anestetico locale a fine intervento.

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• Modalità di uso degli oppiacei: circa l’im-piego della morfina si è voluto affermarel’importanza di una sua corretta sommini-strazione. Per tale motivo la tecnica PCA an-cor oggi non così diffusa come meriterebbe ecome suggerito dalla letteratura, costituisce,ogni volta che sia applicabile, la prima scelta.Consente infatti una terapia adeguata e sicu-ra, titolata sulle esigenze del paziente, che sitraduce peraltro spesso in una riduzione deidosaggi e quindi degli effetti collaterali.• Potenza degli oppiacei: si è voluto affer-mare come la morfina rappresenti, quandosomministrata per via sistemica, l’opzionemigliore in termini di potenza farmacologicaverso altri tipi di farmaci, oppiacei in partico-lare, e si spera che anche questo possa contri-buire ad un suo uso più diffuso e corretto.

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21Chirurgia - Ortopedia - Traumatologia

Normativa edisposizioniapplicative

di riferimento

Responsabilità: decidecontrolla - esegue -

registraOggetto e modalità operative

RACCOMANDAZIONI DI ORDINE GENERALE

– INFILTRARE tramiti cutanei e incisioni chirurgiche con Bupivacaina 0,125% o Ropivacaina 0,2%

– AGGIUNGERE alla terapia Omeprazolo (secondo tipo intervento)– V.A.S. controllo all’ingresso, un’ora dopo e successivamente ogni 6 h– ANESTESISTA può variare prescrizione codificata (casi particolari)– ALLERGIE, INFORMAZIONI AL PAZIENTE SUL V.A.S.

DOLORE MODESTO(tiroidectomia,mediastinoscopia,appendicectomia,ernioplasticaEmorroidi e fistolaanale in a.subaracnoidea).

Prescrizione fine intervento prime 48 oreParacetamolo 1 gr. Ketoprofene 160 mg x 2 +(dopo VAS)

A e.v.1 Tramadolo 100 mg in 30’ x 4 maxIn 15 minuti (se VAS maggiore di 3)

A e.v.2 Paracetamolo 1 gr. Paracetamolo 1 gr.x 3 +(dopo VAS)(gastrop. Tramadolo 100 mg in 30’ x 4 maxinsuff.renale In 15 minuti (se VAS maggiore di 3)coagulop.)

A os 1 Ketorolac 10 mg Diclofenac 50 mg cpr x 3+(dopo VAS)(compressa) Tramadolo 20 gocce x 4 max

(se VAS maggiore di 3)

A os 2 Tramadolo 100 mg. Paracetamolo 1 gr. x 3 + (dopo VAS) (compressa) Tramadolo 20 gocce x 4 max

(se VAS maggiore di 3)

DOLORE MODERATO/SEVERO(emorroidi e fistola anale in a.generale, resezione intestinale in V.L.,mastectomia,colecistectomia, resezione polmonare atipica videoassistita, timectomia non intratora-cica, int.laparoscopici per ernia iatale).

Prescrizione fine intervento prime 48 ore dal 3°giornoKetorolac 30 mg. Morfina 20-30 mg/24h Ketorolac 1cp x 3

B e.v.1 +Morfina 0,1 mg/kg in perfusione continua +Oramorph 10 mg x 3(secondo VRS) +Ketorolac 30mg.x 2 se VAS sopra 3)

(se VAS sopra 3)

Paracetamolo 1 gr. Morfina 20-30 mg/24h Paracetamolo 1gr. x 3B e.v.2 +Morfina 0,1 mg/kg in perfusione continua +Oramorph 10 mg x

(secondo VRS) +Paracetamolo 1 gr.x 3 (se VAS sopra 3)(se VAS sopra 3)

DOLORE GRAVE(gastrectomia,resezione intestinale, ch.esofago, epatectomia, pancreasectomia, toraco-tomia, pleurectomia videoass.,ch.tracheale, sternotomia, bending gastrico).

Prescrizione fine intervento prime 72 ore dal 4°giornoMorfina 0,1 mg/kg Morfina 20-30 mg.+ Paracetamolo 1gr.x 3

C e.v. 1 + Ketorolac 30 mg. +Ketorolac 60 mg/die +Morfina 5 mg.x 3 s.c.( secondo VRS) in perfusione continua ( se VAS sopra 3 )

Morfina 0,1 mg/kg Morfina 20-30 mg/24h Paracetamolo 1gr.x 3 C e.v. 2 Paracetamolo 1 gr. in perfusione continua +Oramorph 10 mg x 3

(secondo VRS) +Paracetamolo 1 gr.x 3 ( se VAS sopra 3)

Chirurgo(II operatore)

Medico di repartoInfermiereAnestesistaInfermiere

Preospedalizz.

Anestesistafine intervento

Infermiere(in reparto)

Anestesistafine intervento

Infermiere(in reparto)

Infermiere(in reparto)

Infermiere(in reparto)

Anestesistafine intervento

Infermiere(in reparto)

Anestesistafine intervento

Infermiere(in reparto)

Anestesistafine intervento

Infermiere (in reparto)

Anestesistafine intervento

Infermiere (in reparto)

Linee guidaSIAARTI su:

Minerva Anest.Vol.68, N 10

Acute Pain ServI.R.C.C.S.

San Raffaele,Milano

Linee guidaSIAARTI su:

Minerva Anest.Vol.68, N.10

PROTOCOLLI TRATTAMENTO DOLORE POST-OPERATORIO UTILIZZATIPRESSO OSPEDALE S. M. ANNUNZIATA, FIRENZE

22 Chirurgia - Ortopedia - Traumatologia

La chirurgia effettuata in regime di daysurgery risponde ad un modello assistenzialeed organizzativo relativamente nuovo, chesta avendo un crescente e rapido sviluppo nelnostro paese, sulla scia di esperienze ormaiconsolidate in USA, nei paesi del Nord Eu-ropa e in Australia; nel 2003 il 70% delle pro-cedure chirurgiche nel Nord America sonostate effettuate con questa modalità (1). Que-sto sviluppo è facilitato dal miglioramento eminor invasività delle tecniche chirurgiche,dall’impiego di nuovi farmaci (anestetici ina-latori, ipnotici, miorilassanti, analgesici), dal-l’introduzione di nuove tecniche anestesiolo-giche che garantiscono profili farmacocineti-ci più vantaggiosi e flessibili, e non ultimodalla possibilità di riduzione dei costi diospedalizzazione. Oltre al numero anche ladiversità e complessità di intervento chirur-gico stanno aumentando.Poche ore in ospedale e poi… a casa in atte-sa del pieno recupero postoperatorio.Questo nuovo tipo di assistenza che prevedeuna dimissione del paziente a breve distanzadall’intervento chirurgico, richiede di consi-derare una serie di problematiche nuove chedevono essere risolte: rapida dimissibilità,senza successivi ricoveri o riammissioni nelreparto, sicurezza nel sistema organizzativo.Un aspetto ancora oggi sottovalutato è quel-lo della gestione del dolore postoperatorio,che costituisce una delle complicanze che piùfrequentemente interferiscono con la dimis-sione del paziente dopo interventi eseguiti inregime di day surgery (2). Ma non deve esse-re considerato esclusivamente l’aspetto in-traospedaliero, in quanto ricerche effettuateevidenziano come la problematica dolore sia

ancor più evidente al domicilio del paziente:una percentuale compresa tra il 30- 40% deipazienti sottoposti a day surgery riferiscedolore severo dopo la dimissione (3).Il dolore postoperatorio è una complicanzadell’intervento chirurgico (al pari delle infe-zioni, degli squilibri idroelettrolitici, ecc..) ecome tale va trattato o meglio prevenuto. Sequesto obiettivo è facilmente ottenibile inospedale, durante il ricovero, più problema-tica può essere la situazione a casa (4). Viene così spostata sul territorio la gestionedel dolore postoperatorio, e conseguente-mente, per garantire le cure più adeguate di-venta determinante la stesura, da parte deiprofessionisti che lavorano in ospedale, diun piano terapeutico condiviso con i medicidel territorio, sufficiente per affrontare aldomicilio le problematiche che negli anniprecedenti erano proprie degli ospedali. La dimissione del paziente dalla struttura ri-chiede che i problemi vengano anticipati e lesoluzioni individuate e programmate a priori.Allo scopo, si riportano di seguito alcune rac-comandazioni organizzative della SIAARTI(5), per un adeguato controllo del dolore, spe-cifiche per la day surgery:• individuare le caratteristiche del dolore at-

teso in funzione della casistica trattata • definire protocolli di trattamento antalgico • definire le scale di valutazione del dolore

che saranno utilizzate; fornire ai pazienti leinformazioni in modo da facilitare il piùpossibile il monitoraggio del sintomo

• predisporre strumenti di registrazione deldolore postoperatorio

• organizzare adeguate modalità di approv-vigionamento degli antidolorifici

Chirurgia - Ortopedia - Traumatologia

Il controllo del dolore post-operatorio in Day SurgeryA. Paolicchi

23Chirurgia - Ortopedia - Traumatologia

• prevedere un trattamento rescue in caso dieffetto parziale del trattamento prescritto

• predisporre un canale di comunicazione(ad esempio contatto telefonico) che con-senta al paziente di mettersi in contatto conil medico anestesista qualora necessario.

Per quanto riguarda i protocolli antalgici, la tera-pia multimodale con paracetamolo, FANS,eventualmente oppiacei per via orale e/o le tec-niche di analgesia regionale costituiscono le scel-te fondamentali del trattamento perioperatorio. • Il paracetamolo ha un’azione centrale, puòessere utilizzato da solo nel dolore lieve, inassociazione ai FANS per un maggior effet-to analgesico o agli oppioidi per ridurre ildosaggio degli analgesici maggiori. Il suo ef-fetto sul dolore è strettamente dose dipen-dente ed è necessario almeno 1 gr ogni 6 hper i pazienti adulti.• I FANS determinano una riduzione deldolore somatico da trauma chirurgico e con-tengono la reazione infiammatoria legata al-lo stesso; sono indicati da soli nella sintoma-tologia dolorosa per interventi di lieve inten-sità, in associazione agli oppioidi deboli (tra-madolo, codeina) per interventi di moderataintensità. I FANS determinano “opioid spa-ring effect”con riduzione, nelle prime 24 hpostoperatorie, del 40% del consumo dimorfina negli interventi più algogeni.In day surgery se ne consiglia l’utilizzo inassociazione ai FANS, potenziando effetto edurata dell’analgesia. • Il tramadolo e la codeina sono oppioidideboli utilizzati per il controllo del doloredopo day surgery, il primo presenta ogginuove formulazioni orali a rilascio prolun-gato che rivelano interessanti caratteristiche,purtroppo è gravato da effetti collaterali co-me nausea e vomito che devono essere pre-viste, il secondo è ampiamente utilizzato informulazione già pronta con paracetamolo.L’efficacia analgesica della codeina è dovutaal suo metabolismo in morfina (2-10% delladose), grazie ad un enzima (CYP 450) re-sponsabile della conversione. Variazioni ge-netiche presenti nel 10% della razza caucasi-ca sono responsabili del diverso metaboli-smo di questo farmaco e quindi della sua ef-

ficacia nel controllo del dolore (6).• L’infiltrazione della sede di incisione conanestetici locali a lunga durata d’azione ga-rantisce un miglior controllo del doloreesclusivamente nelle prime 24 ore postopera-torie, pertanto deve essere sempre program-mato un trattamento multimodale (7-8). • L’anestesia regionale con l’utilizzo deglianestetici locali è molto utilizzata in daysurgery oltre che per consentire la fase chi-rurgica, per garantire un adeguato pain reliefpostoperatorio, soprattutto grazie ai blocchiperiferici in ambito ortopedico. Lo spazio riservato agli oppioidi veri e pro-pri è ristretto, spesso opportuno esclusiva-mente nell’intraoperatorio, sia per la minoreinvasività chirurgica che per eventuali pro-blematiche di gestione. Pertanto il loro uti-lizzo si verifica soprattutto in sala operatoriao nelle aree di recovery room. I tempi di somministrazione devono essereadeguati alle caratteristiche farmacocineti-che dei farmaci utilizzati, la via di sommini-strazione di prima scelta è orale. Talvolta il disturbo più fastidioso, soprattut-to in seguito a determinati tipi di intervento(ad esempio chirurgia laparoscopica) è lanausea o il vomito, pertanto il piano di trat-tamento a casa dovrà prevedere la sommini-strazione di farmaci specifici a casa.È importante ricordare che informazioni eistruzioni scritte per la gestione della terapiaantalgica a casa devono essere fornite da par-te dello staff ospedaliero. Inoltre per evitarel’insorgenza di dolore non controllato a ca-sa dovrebbero essere fornite al pazienterescue dosi unitarie, preferibilmente assumi-bili per via orale in caso di necessità. Per tutti questi motivi deve essere previsto uncoinvolgimento del medico di medicina gene-rale per offrire al paziente quella continuitàterapeutica che attualmente rappresenta unacriticità del nostro sistema assistenziale. Con un’adeguata istruzione ed un’attentasorveglianza, il paziente sottoposto ad inter-vento in regime di day surgery può esseredimesso anche se il blocco nervoso periferi-co è ancora presente (9), ovviamente la per-manenza del blocco motorio a un singolo

arto necessita di una dimissione protetta ol-tre a seguire attentamente le istruzioni previ-ste. È stato dimostrato come la prosecuzio-ne a domicilio di un blocco nervoso perife-rico continuo in pazienti sottoposti a chirur-gia della spalla è in grado di ridurre il perio-do di ospedalizzazione (10). Anche in Italia oggi vengono proposte tec-niche che consentono di prolungare ulte-riormente il blocco periferico tramite l’infu-sione di miscele anestetiche per le prime 24-48 ore dopo l’intervento attraverso cateteriperinervosi posizionati al momento dell’ese-cuzione dello stesso blocco (11).Questi tipi di approccio richiedono un’ulte-riore selezione dei pazienti, un follow up te-lefonico e la possibilità di accesso ad un ser-vizio di anestesia 24 ore su 24. Il futuro è si-curamente indirizzato all’utilizzo di tali tec-niche supportate da un’organizzazione mi-rata in previsione di un potenziamento delladay surgery. Si riassumono aspetti peculiari del percorsoterapeutico-assistenziale del paziente in daysurgery:• dimissione del paziente con programma di

terapia domiciliare • informazioni ed istruzioni adeguate su te-

rapia antidolorifica• coinvolgimento medico di medicina generale• disponibilità di contatto telefonico con la

struttura 24 h.

BIBLIOGRAFIA

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24 Chirurgia - Ortopedia - Traumatologia

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25Chirurgia - Ortopedia - Traumatologia

PROTOCOLLI REGIONALI

26 Chirurgia - Ortopedia - Traumatologia

27Chirurgia - Ortopedia - Traumatologia

INTRODUZIONE

Negli ultimi 20 anni è stato affrontato il te-ma del dolore post-operatorio (DPO) so-prattutto da parte dei medici anestesisti, es-sendo il dolore parte integrante dell’azioneanestesiologica prima, durante e dopo l’in-tervento chirurgico.Il DPO in campo ortopedico è il prototipodel dolore severo, in quanto in esso si som-mano in vario modo gli aspetti flogistici,traumatici e neuropatici. Oggi grazie ai nuo-vi presidi farmacologici (come ad esempioanestetici quali la levobupivacaina o la ropi-vacaina) e anestesiologici (quali i cateteriepidurali, cateteri perinervosi, pompe ela-stomeriche e pompe elettroniche) si può af-fermare che il DPO è dominabile in tutti isuoi aspetti. Poiché nel DPO ortopedicoconcorrono vari aspetti spesso si ricorre aduna analgesia multimodale.Il protocollo terapeutico di seguito propo-sto comprende 3 livelli:1 - analgesia per chirurgia minore 2 - analgesia per chirurgia media 3 - analgesia per chirurgia maggiore.

ANALGESIA PER CHIRURGIAMINORE

Esempi di interventi chirurgici che provoca-no dolore lieve:• neurotenolisi• artroscopia di ginocchio• rimozione di mezzi di sintesi (viti, fili)• lesioni traumatiche cutanee• tenorrafia tendinea e rotulea e achillea.

Si tratta di interventi che spesso vengono ef-fettuati in regime di day-hospital, sottopostiad anestesia locale o loco-regionale. Primadella fine dell’intervento in sala operatoriaviene iniziato un trattamento endovenosoantalgico con uno dei seguenti farmaci, a se-conda del livello doloroso:• ketorolac 30 mg in 100 ml di soluzione fi-

siologica somministrato in 15 minuti• paracetamolo ev 1000 mg somministrato in

15 minuti (utilizzato in pazienti gastropati-ci o con alterazione della coagulazione)

• tramadolo in 100 ml di soluzione fisiologi-ca, somministrato in 30 minuti.

Il trattamento prosegue nelle 48 ore succes-sive in ospedale (per via ev) o domiciliar-mente (per os) a richiesta del paziente:• ketorolac 30 mg in 100 ml di soluzione fi-

siologica (questo farmaco può essere uti-lizzato al massimo per 2 giorni con dosimassime di 90 mg al giorno, suddivise in 3somministrazioni, intervallate di 8 ore)

• tramadolo 100 mg in 100 ml di soluzionefisiologica (al massimo 4 volte al giorno,con intervallo di 6 ore tra una sommini-strazione e l’altra)

• paracetamolo 1000 mg, intervallate di 8 ore.

Qualora il farmaco prescelto risulti poco ef-ficace si passa all’associazione di ketorolac odi paracetamolo con tramadolo.L’associazione dei trattamenti comporta ingenere la riduzione delle somministrazioni dientrambi i farmaci (effetto di potenziamento).I trattamenti consigliati domiciliarmente ingenere sono:– paracetamolo 500 mg per os al massimo 4

Il trattamento del dolore acuto post-operatorioin ortopedia ed in traumatologia

P. Pippa, A. Lepri

volte al giorno, al massimo 1 dose ogni 4-6 ore

• associazione paracetamolo-codeina, almassimo 4 volte al giorno, al massimo 1dose ogni 4-6 ore.

• tramadolo gocce: 20 gtt (50 mg) al massi-mo 4 volte al giorno, al massimo 1 doseogni 6 ore.

ANALGESIA PER CHIRURGIAMEDIA

Esempi di interventi chirurgici o di eventitraumatici con dolore medio sono:• frattura, riduzione e/o osteosintesi degli

arti• osteotomia metatarsale (correzione di al-

luce valgo)• artroscopia di spalla e capsuloplastica

aperta • endoprotesi anca• laminectomia per patologia vertebrale.

Il trattamento del dolore degli eventi trau-matici inizia all’accettazione del paziente inpronto soccorso. Questi interventi in genere vengono effet-tuati in anestesia loco-regionale con even-tuale posizionamento di cateteri epidurale operinervoso per il DPO. L’analgesia viene ingenere effettuata con infusione continua ela-stomerica per via ev, peridurale o perinervo-sa, supplementata al bisogno da farmaci en-dovenosi (rescue dose).

Analgesia endovenosacon infusione continuaAnalgesia endovenosa con infusione conti-nua, inizia prima della fine dell’intervento.

Farmaco Dosaggioutilizzato minimo e massimo

• ketorolac da 30 a 90 mg/die• morfina da 10 a 40 mg/die• tramadolo da 100 a 400 mg/die

L’infusione avviene per 48 ore.

È possibile associare più farmaci nello stes-so dispositivo, ad esempio:• ketorolac (da 30 a 60 mg/die) + morfina

(da 10 a 20 mg /die) • ketorolac (da 30 mg a 60 mg/die) + trama-

dolo (da 100 a 200 mg/die).

Per prevenire la nausea nello stesso disposi-tivo si può associare Metoclopramide 20 mgo Ondasetron 8 mg, altrimenti gli stessi far-maci possono essere utilizzati al bisogno:• metoclopramide da 10a 20/30 mg/die • ondansetron da 4mg ad 8 mg die.La comparsa di prurito può essere risoltasomministrando naloxone 0,1 mg.

Inoltre vengono somministrati farmaci perprotezione gastrica p. os.

Nel caso in cui l’analgesia non sia sufficiente èconcessa una dose supplementare che può essere:• morfina 0,1-0,2 mg/Kg endovenosa• tramadolo 50-100 mg in 100 ml sol fisiolo-

gica (massimo dosaggio giornaliero 400 mg)• ketorolac 30 mg in 100 ml sol fisiologica

(massimo dosaggio giornaliero 90 mg).

Controllare:• sedazione• pressione respiratoria• diuresi• pressione respiratoria• intensità del dolore (VAS o scala verbale).In caso di depressione respiratoria (frequen-za respiratoria inferiore a 8 atti al minuto)contattare medico anestesista.

Dalla terza giornata si continua la sommini-strazione di analgesico riducendo il dosag-gio dei farmaci.Ad esempio:• ketorolac 30 mg/die + morfina 10 mg/die • ketorolac 30mg/die + tramadolo 100

mg/die • tramadolo 200 mg/die.

In fase di studio è l’utilizzo di ossicodoneretard 10 mg o 20 mg ogni 12 ore dalla terzagiornata.

28 Chirurgia - Ortopedia - Traumatologia

29Chirurgia - Ortopedia - Traumatologia

Analgesia epiduralecon infusione continua (1,2,3)Farmaci utilizzati:• bupivacaina 0,125%-0,25%• levobupivacaina 0,1-0,125 %• ropivacaina 0,2 %• morfina• fentanyl• sufentanil• possibile coadiuvante: clonidina (150 mi-

crogrammi in 48 ore).

Esempi di analgesia:• bupivacaina 10 mg/h o morfina 0,2 mg/h,

velocità di infusione 5-10 ml/h, esempio diinfusione continua per 48 ore, velocità2ml/h. Si prepara un elastomero contenente:

• bupivacaina 0,5% 50 ml• morfina 10 mg 1 fiala• sol, fisiologica 49 ml

eventuale dose carico: bupivacaina 0,25% 10ml nel catetere periduraledose supplementare: bupivacaina 0,25% 4-8ml nel catetere peridurale, se il dolore persi-ste dopo 30 minuti contattare il medico ane-stesista.

• levobupivacaina 0,1% (20 ml di levobupi-vacaina 0,5% in 80 ml di soluzione fisiolo-gica) + sufentanil 0,5 microg/ml (1 ml disufentanil per ogni 100 ml di miscela anal-gesica

• ropivacaina 0,2% (100 ml) + sufentanil 0,5microgr/ml

Controllare:• pressione arteriosa• frequenza respiratoria• sedazione del paziente• diuresi• intensità del dolore (VAS o scala verbale)in caso di depressione respiratoria (frequen-za respiratoria inferiore a 8 atti al minuto)contattare il medico anestesista.

ANALGESIA PER CHIRURGIAMAGGIORE

Esempi di interventi chirurgici o di eventitraumatici con dolore forte sono:• interventi ampiamente demolitivi come in

chirurgia ortopedica oncologica o in trau-matologia

• artroprotesi anca• artroprotesi ginocchio• protesi spalla• amputazione arto• interventi su rachide cervico- dorso- lom-

bare (scoliosi, stabilizzazione).

A questo livello è molto importante l’analge-sia polimodale (4). A seconda del tipo di in-tervento e delle caratteristiche del pazienteviene scelto uno dei seguenti trattamenti (5):• infusione continua elastomerica con far-

maco rescue dose (vedi analgesia per chi-rurgia media)

• infusione mediante dispositivi controllatidal paziente, per via endovenosa (patient-controlled analgesia PCA)

• infusione mediante dispositivi controllatidal paziente per via epidurale (PCEA)

• infusione mediante dispositivi controllatidal paziente per via perinervosa (PCRA).

Analgesia endovenosa mediante PCA

Bolo: morfina 1 mg o tramadolo 20 mg + as-sociazione a parte di

FANS (Ketorolac) da 30 a 90 mg/diemetoclopramide da 10 a 20/30 mg/die

Esempio di pompa PCA:morfina 50 mg in 100 ml di soluzione fisio-logica (concentrazione 0,5 mg per ml)Bolus dose: 1 mgLockout: intervallo 6 minutidose limite: 30/40 mg ogni 4 ore A parte:• ketorolac 30 mg x 2 o paracetamolo 1000

mg x 4• ranitidina 150 mg/die• metoclopramide 10-20 mg/die

30 Chirurgia - Ortopedia - Traumatologia

Controllare:• sedazione• frequenza respiratoria• diuresi• pressione arteriosa• intensità del dolore (VAS o scala verbale).In caso di depressione respiratoria (frequen-za respiratoria inferiore ad 8 atti al minuto)contattare il medico anestesista.

Analgesia epidurale mediante PCEAEsempio:• bupivacaina 10 mg/h; morfina 0,2 mg/hesempio: • bupivacaina 0,5% 50 ml• morfina 10 mg 1 fiala• sol. fisiologica 50 mlEventuale dose carico: bupivacaina 0,25%10 ml nel catetere periduraleinfusione basale: 2-4 ml/hdose a richiesta: 1-2 mllockout time: 30 minuti

Controllare:• sedazione• frequenza respiratoria• diuresi• pressione arteriosa• intensità del dolore (VAS o scala verbale).In caso di depressione respiratoria (frequen-za respiratoria inferiore ad 8 atti al minuto)contattare il medico anestesista.

In terza giornata l’analgesia può essere pro-seguita con le stesse modalità, ma riducendoi dosaggi di infusione.

Tra le alternative terapeutiche più promet-tenti attualmente in studio si ricordano l’uti-lizzo di ossicodone retard 10 mg o 20 mgogni 12 ore, a partire dalla terza giornata op-pure il pregabalin (75 mg ogni 12 ore, comedose iniziale) iniziato prima dell’intervento,quando il dolore ha una grossa componenteneuropatica (esempio nelle amputazioni onella chirurgia ortopedica oncologica).

Analgesia perinervosamediante infusione continua o PCRASi riportano esempi dei blocchi perinervosipiù utilizzati.

Blocco del plesso brachiale (6,7)a - Interscalenico: Indicazioni: chirurgia di spalla e porzioneprossimale del braccio

Esempi di analgesia:• infusione continua di ropivacaina 0,2% a

6-10 ml/h• PCRA con infusione di base di 5-6 ml/h,

con 2-5 ml di dose incrementale e -out di20-30 minuti (infusione massima 10-12ml/h)

b - Ascellare:• indicazioni: analgesia dell’avambraccio e

mano• reimpianti dopo amputazione traumatica• dopo amputazione per ovviare alla com-

parsa dell’arto fantasma

Esempi di analgesia:• infusione continua di ropivacaina 0,2% a

6-10 ml/h• PCRA con ropivacaina 0,2% con infusio-

ne di base di 5-6 ml/h, con 2-5 ml di doseincrementale e lockout di 20-30 minuti(infusione massima 10-12 ml/h)

• PCRA con levobupivacaina 0,25% con in-fusione di base di 5 ml/h, con 3-4 ml di do-se incrementale e lockout di 10

Blocco del plesso lombarePuò essere un’alternativa al blocco peridura-le continuo.Indicazioni: analgesia dopo interventi su an-ca, coscia e ginocchioEsempi di analgesia:• infusione continua di ropivacaina 0,2%:

8-12 ml/h• PCRA con ropivacaina 0,2 % con infusio-

ne di base di 5-8 ml/h, con 2-5 ml di doseincrementale e lockout di 20-30 minuti(infusione massima 10-12 ml/h)

• infusione continua di levobupivacaina

31Chirurgia - Ortopedia - Traumatologia

0,125%: 6-10 ml/h• PCRA con levobupivacaina 0,125% con

infusione di base di 5ml/h, con 2 ml di do-se incrementale e lockout di 10 minuti.

Blocco continuo del nervo femoraleIndicazioni: analgesia dopo interventi sucoscia o ginocchioEsempi di analgesia:• infusione continua di ropivacaina 0,2%: 6

ml/h• PCRA con ropivacaina 0,2% infusione di

base di 5 ml/h, con 2-5 ml di dose incre-mentale e lockout di 10-30 minuti (infu-sione massima 10-12 ml/h)

• infusione continua di levobupivacaina0,125%-0,25% ad una velocità di: 5-10ml/h

• PCRA con levobupivacaina 0,125% infu-sione di base di 5 ml/h, con 2-5 ml di do-se incrementale e lockout di 10-20 minuti(infusione massima 10-12 ml/h).

Blocco continuo del nervo sciaticoal poplite (8)Indicazioni: analgesia dopo interventi al pie-de o alla cavigliaEsempi di analgesia:• infusione continua di levobupivacaina

0,125%-0,25% ad una velocità di: 6-10ml/h

• PCRA con levobupivacaina 0,125% infu-sione di base di 5 ml/h, con 2-5 ml di do-se incrementale e lockout di 10-20 minuti(infusione massima 10-12 ml/h).

BIBLIOGRAFIA

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32 Chirurgia - Ortopedia - Traumatologia

RACCOMANDAZIONIINFERMIERISTICHE

Per individuare le migliori evidenze scienti-fiche sulla valutazione ed il trattamento deldolore acuto sono state ricercate in partico-lare linee guida, revisioni sistematiche e me-tanalisi riguardanti la valutazione ed il trat-tamento del dolore. Successivamente è stataeseguita una valutazione metodologica equalitativa dei documenti recuperati. Per fa-cilitare la lettura e la comprensione delle evi-denze scientifiche è stato adottato un siste-ma di classificazione a tre livelli o classi:

• Livello I. Raccomandazioni basate su stu-di clinici randomizzati e controllati o de-scritte come “forti” evidenze nelle meta-nalisi e nelle revisioni sistematiche dellaletteratura consultate.

• Livello II. Raccomandazioni basate sustudi clinici non randomizzati o non con-trollati o su studi clinici di coorte,caso/controllo, serie di casi; oppure racco-mandazioni descritte come “buone” evi-denze nelle metanalisi e nelle revisioni si-stematiche della letteratura consultate.

• Livello III. Raccomandazioni basate sulconsenso o l’opinione di esperti oppuredescritte come “piccole” o “deboli” evi-denze nelle metanalisi e nelle revisioni si-stematiche della letteratura consultate.

La valutazione del dolore. Un’accurata va-lutazione del dolore deve essere effettuatasin dall’inizio ed il coinvolgimento del pa-ziente nella valutazione iniziale e continuadel dolore è essenziale; il dolore deve essereconsiderato alla stessa stregua di un parame-tro vitale (Classe I).

Il dolore deve essere valutato sia a riposo checon il movimento ed il sollievo deve esserevalutato anche in funzione delle attività cheil paziente riesce a compiere (Classe II).

Le scale di valutazione monodimensionali

(Scala Analogico Visiva VAS o Scala Nume-rica NRS) offrono un buon grado di preci-sione nella valutazione iniziale del doloreacuto e nel monitoraggio del livello di inten-sità del dolore sotto trattamento (Classe II).Le scale di valutazione multidimensionali oautodescrittive sono utili soprattutto nellavalutazione del dolore persistente o cronicoo nel dolore acuto quando non sia ancorachiarita la diagnosi eziologica del dolore(Classe III).

Nei pazienti anziani o con deficit cognitivi lavalutazione dell’intensità del dolore può es-sere sottostimata per cui si rende necessariol’utilizzo di scale a dimensione multipla(Classe III). Nei pazienti con deficit cogniti-vi il coinvolgimento dei familiari o delle per-sone che si occupano del paziente in manie-ra continuativa è fondamentale per una sti-ma del dolore adeguata (Classe III).

Nei pazienti pediatrici la valutazione del do-lore può essere complicata ed il coinvolgi-mento dei genitori è fondamentale. Tra lescale a dimensione singola è consigliato l’usodella scala delle espressioni facciali. Le scalea dimensione multipla devono essere utiliz-zate con attenzione rispetto allo stadio dellosviluppo cognitivo e comportamentale delbambino (Classe III).

La valutazione dell’intensità del dolore deveessere effettuata frequentemente nelle prime48 ore dall’ingresso in ospedale o dall’inter-vento chirurgico. L’intervallo di tempo con-sigliato è di 4 ore ma deve essere valutato sulsingolo paziente (Classe II).

La valutazione dell’intensità del dolore sot-to trattamento deve essere eseguita un’oradopo la somministrazione di farmaci analge-sici per via parenterale o due ore dopo lasomministrazione di farmaci per via orale(Classe III).

La diminuzione della frequenza respiratoriasi è dimostrata un indicatore di depressionerespiratoria tardivo ed inattendibile. Il livello

33Chirurgia - Ortopedia - Traumatologia

di sedazione si è rivelato un indicatore mi-gliore e pertanto tutti i pazienti in trattamen-to con oppioidi dovrebbero essere monito-rizzati utilizzando una scala a punteggio chemisuri il livello di sedazione. (Classe III).

Dalle raccomandazioni elencate si evinceche nel dolore acuto la valutazione inizialedel paziente deve prevedere la valutazionedell’intensità del dolore ed in tal senso laScala Numerica appare lo strumento prefe-ribile anche perché permette al paziente unaespressione del dolore sia verbale che nume-rica ed inoltre risulta di facile comprensioneed utilizzo sia per la maggioranza dei pa-zienti che per gli infermieri. Quindi la ScalaNumerica può essere considerata lo stru-mento più adatto per la valutazione adesempio eseguita al triage. Allo stesso tempolimitare la valutazione ad un’unica dimen-sione del dolore può essere troppo semplici-stico e la valutazione dell’intensità non puòprescindere dalla valutazione clinica e poidiagnostica da parte del medico; infatti livel-li inattesi di dolore o aumenti del livello didolore improvvisi, specialmente se associatia variazioni negli altri parametri vitali, pos-sono segnalare lo sviluppo di una nuovacondizione patologica come per esempiouna complicanza post operatoria o la com-parsa di dolore neuropatico. Per tali motivi èugualmente importante raccogliere informa-zioni sulle patologie pregresse, sul tipo didolore alla ricerca di informazioni sulle ca-ratteristiche di insorgenza, sull’irradiazione,sui movimenti od i fattori che influenzanol’aumento o la diminuzione del dolore, suifarmaci assunti recentemente dal pazienteper il controllo del dolore.

Il trattamento del dolore:interventi non farmacologiciGli interventi non farmacologici sono utilinel controllo del dolore a seconda delle ri-

sposte e delle preferenze del paziente stesso.Non devono essere utilizzati in alternativaalle altre tecniche analgesiche ma, in associa-zione, possono potenziarne gli effetti ridu-cendo ad esempio il fabbisogno di farmaci(Classe III).

Un adeguato programma di informazionedel paziente nella fase preoperatoria si è di-mostrato efficace nel ridurre il fabbisogno diantidolorifici nella fase post operatoria(Classe II).

La maggioranza delle raccomandazioni sugliinterventi non farmacologici sono basate sulconsenso degli esperti ed in alcuni casi esi-stono evidenze scientifiche, come l’ascoltodella musica, sull’inefficacia di questi inter-venti nell’abbassare il livello di intensità deldolore seppure contribuiscano comunquead un rilassamento del paziente e ad un mi-glior controllo dell’ansia o della paura. For-nire spiegazioni ed informazioni, accogliereil paziente, usare tecniche di distrazione edempatia sono probabilmente gli strumentipiù appropriati per aiutare il paziente a fron-teggiare il dolore e particolarmente nel casodel dolore post operatorio o da proceduraanche se va nuovamente sottolineato che lavalutazione del paziente nella sua soggettivi-tà è importante anche per guidare l’adozio-ne della tecnica non farmacologica più adat-ta: è noto infatti che in alcuni pazienti un li-vello di informazioni troppo elevato od ac-curato può provocare un aumento del livel-lo di ansia e paura.

Il trattamento del dolore:interventi farmacologiciL’analgesia controllata dal paziente (PCA)migliora il grado di soddisfazione del pa-ziente, migliora la qualità della ventilazionecomparata con i tradizionali sistemi di som-ministrazione (Classe II).

Elisabeth Chaplin (Fontainbleau, Francia, 1890 - Fiesole, 1982), Autoritratto con scialle rosso, 1912 c.a.

INTRODUZIONE

L’attenzione per il dolore in endoscopia di-gestiva ha risentito negli anni dell’aumentodella complessità delle indagini sia diagnosti-che (pancolonscopia quale esame routinario,enteroscopia, ecoendoscopia) che terapeuti-che (vie biliari e pancreatiche, dilatazioni,protesi, emostasi), ma soprattutto della di-versa considerazione-attenzione verso il do-lore sia da parte dei medici che dei pazienti.In endoscopia digestiva però, parlare solo didolore, è riduttivo così come pensare di ri-solvere tutti i problemi con la sedazione.Il dolore infatti è solo una, e spesso neppure lapreminente, delle “sensazioni negative” evo-cate, che, fra l’altro, non incidono solo duran-te l’esecuzione dell’indagine in senso stretto.

Sensazioni “negative”indotte dall’endoscopia

Ansia • Per il risultato diagnostico o terapeutico

dell’indagine;• per la non conoscenza dei fastidi che com-

porterà o per precedenti esperienze negative;• per la sensazione di violazione del proprio

corpo con richiami anche a sfondo sessuale.

Sensazioni di fastidio• Per la presenza, movimento o fuoriuscita

dell’aria insufflata (eruttazioni, flatulenze);• per gli spostamenti indotti nei visceri;• per le stimolazioni della zona oro-faringea;

Dolore• Per lo stiramento dei meso: quindi più fa-

cilmente in corso di colonscopie;• per eccessiva distensione dei visceri: spes-

so in rapporto al numero ed all’angolazio-ne delle volute;

• per spasmi: quale reazione alla presenza diun corpo estraneo (endoscopio) od alla di-stensione (aria insufflata).

Queste sensazioni e stati d’animo negativisono amplificati se l’approccio e la fase pre-esame non è corretta e se il tempo di esecu-zione dell’esame si allunga.

APPROCCIO ALL’ENDOSCOPIAE FASE PRE-ESAME

• Le informazioni, sia da parte del medicoprescrittore che del personale della strut-tura di endoscopia (medici ed infermieri),devono essere corrette, tranquillizzanti,ma non minimizzanti;

• la possibilità di una qualche forma di seda-zione deve essere garantita anche a seguitodi decisione estemporanea;

• il tempo di attesa prima dell’esame deveessere ridotto al minimo;

• la struttura endoscopica (ambienti, com-portamenti) devono essere studiati ed or-ganizzati per eliminare stimoli ansiogeni.

INDICAZIONI ALLA SEDAZIONE

Cliniche (date dal medico)• Indagini prevedibilmente di lunga durata;• indagini complesse per le manovre o per il

diametro/struttura dell’endoscopio;• indagini terapeutiche complesse;• indagini eseguite in urgenza;• pazienti con risvolti psicologici particolari

per età (bambini, giovani in fase evolutiva),per condizioni mentali.

Endoscopia Digestiva

Sedazione - analgesiaL. Manneschi

35LA LOTTA AL DOLORE - Supplemento di “Toscana Medica” - febbraio 2008

Individuali (richiesta dal paziente):• Pregressi traumi psicologici;• esperienze endoscopiche negative;• semplice desiderio.La richiesta di sedazione da parte del pazien-te deve essere comunque sempre presa inconsiderazione e possibilmente esaudita, maserve un colloquio con spiegazione e valuta-zione dell’esame per scegliere tra i tipi di se-dazione con i loro vantaggi e svantaggi sianell’immediato che nelle ore successive.L’obiettivo che ci si pone è combattere unvariabile mix di sensazioni negative, utiliz-zando le tre componenti che costituisconol’anestesia intesa proprio nel suo significatoletterale di “assenza di sensazioni”:• sedazione: ridurre/abolire il disagio (ansia,

stress, paura) con un’amnesia delle sensa-zioni sgradevoli;

• analgesia: abolizione delle sensazioni do-lorose;

• areflessia: attenuazione delle risposte perottenere una più facile ed accurata esecu-zione della procedura.

TIPI DI SEDAZIONE

Con il diffondersi dell’attenzione verso ildolore e dell’informazione non sempre cor-retta, si stanno diffondendo termini talvoltainesatti o confondenti: sedazione minima,narcosi, anestesia.In realtà risultano discriminanti, per unacorretta valutazione, due aspetti:• il livello di compromissione dei riflessi

protettivi delle vie aeree e della funzionerespiratoria,

• il livello organizzativo necessario per lagestione (apparecchi, personale medicospecialista o no in anestesia).

Su queste basi viene distinto tra: (1)

Sedazione cosciente• Caratteristiche: riflessi respiratori protetti-

vi presenti, respiro spontaneo, risposta acomandi verbali;

• farmaci utilizzati: sinergia tra oppiacei disintesi (fentanyle, meperidina) e ipnotici ad

36 Endoscopia Digestiva

azione breve (midazolam) ± antispastici;• somministrazione: medico non specialista

in anestesia;• gestione: medico non anestesista o IP non

direttamente impegnati nell’indagine en-doscopica. Necessari corsi periodici diBSL o ADSL, utile la presenza di anestesi-sti nella struttura;

• accesso: richiesta anche non programmata,anamnesi e consenso specifici, regime am-bulatoriale;

• monitoraggio: pulsiossimetro, pressione ar-teriosa, ± ECG, con presenza di O2, aspira-tore, defibrillatore (apparecchi che rientranonella dotazione base di ogni endoscopia);

• post procedura: osservazione monitorata(pulsiossimetro) per 20-30’ con riscontro(SaO2, Chernik), istruzioni verbali e scrit-te, accompagnatore responsabile.

Sedazione profonda• Caratteristiche: riflessi respiratori protetti-

vi fortemente attenuati, respiro spontaneocon aiuto di ossigeno, risposta a comandiverbali: torpida, incongruente o assente;

• farmaci utilizzati: come la cosciente + pro-pofol ± droperidrolo;

• somministrazione: medico specialista inanestesia anche se in Letteratura stannocomparendo studi controllati per l’uso disedativi maggiori da parte di endoscopistidopo appositi corsi (2,3);

• gestione: medico specialista in anestesiacoadiuvato da IP o OSS non direttamenteimpegnato nell’indagine endoscopica;

• accesso: programmato, visita filtro, anam-nesi e consenso, esami ematici (emocromo,INR, PTT), ECG o specifici su base clini-ca, regime ambulatoriale;

• monitoraggio e post-procedura: come perla sedazione cosciente.

Anestesia generale• Caratteristiche: riflessi respiratori protetti-

vi assenti, respiro spontaneo assente, ri-sposta a stimoli nocicettivi assente;

• farmaci utilizzati: anestetici inalatori o e.v.;• somministrazione e gestione: medico spe-

cialista in anestesia;

• monitoraggio ed apparecchi necessari: glistessi della sedazione cosciente e profonda+ respiratore, capnometro, sala attrezzataper evacuazione gas anestetici;

• accesso: programmato, visita filtro, anam-nesi e consenso, esami ematici (emocromo,INR, PTT), ECG o specifici su base clini-ca. regime di ricovero;

• post procedura: risveglio controllato emonitorato (anestesista), ricovero.

Anestesia orofaringea• Caratteristiche: eliminazione della sensibilità

orofaringea mediante somministrazione dianestetico locale (spray, pasticca, sciroppo);

• somministrazione e gestione: medico nonspecialista in anestesia;

• accesso: richiesta anche non programmata,anamnesi, regime ambulatoriale;

• monitoraggio: pulsiossimetro, con possi-bilità di: O2, aspiratore, defibrillatore (ap-parecchi che rientrano nella dotazione ba-se di ogni endoscopia);

• post procedura: istruzioni verbali e scritte.

LA SITUAZIONE IN TOSCANA (4)

FrequenzaLa sedazione non risulta ancora particolar-mente diffusa solo il 18.6% su 21.250 inda-gini/anno censite. In particolare:• sedazione cosciente 69%;• sedazione profonda 29.5%; • anestesia generale 1.5%.

Tipologia di esame• 2/3 delle sedazioni sono state eseguite per

esami diagnostici con netta prevalenza del-le colonscopie;

• 1/3 delle sedazioni sono state eseguite peresami terapeutici con netta prevalenza diquelli sulle vie biliari e sul tratto digestivosuperiore.

Farmaci utilizzati: associazione tra:• analgesico (fentanyle o similare 70%, me-

peridina 30%);• ipnotico (midazolam 80%, diazepam 20%).

37Endoscopia Digestiva

Monitoraggio (percentuale sul numero del-le strutture)• pulsiossimetria (SaO2 + frequenza

cardiaca) 80%;• pressione arteriosa 30%;• ECG 25%;• capnometria 2%.

Aspetti organizzativi e di qualità (percen-tuale sul numero delle strutture):• responsabilità del monitoraggio:

- medico/infermiere addetto 44%- medico/infermiere contemporaneamenteimpegnato nell’esecuzione dell’indagineendoscopica 43%- problema non affrontato 13%

• documentazione del monitoraggio:- nessuna 53%- solo da parte degli anestesisti (quandopresenti) 32%- mediante scheda specifica 15%

• periodo di osservazione postprocedura: - un quarto d’ora: 10%- mezz’ora 35%- un’ora 35%- due ore 20%

• monitoraggio clinico e strumentalepostprocedura: - nessuno 65%- eseguito 35%

• istruzioni postprocedura:- solo verbali 72%- verbali e scritte 21%- nessuna 7%

Complicanze• Sistema di raccolta (percentuale sul nume-

ro delle strutture):- “a memoria” 88%- prospettico, scritto e con valutazione pe-riodica 12%

• Calcolate solo sui centri con raccolta e va-lutazione prospettica- Totali n. 62

0.33% delle sedazioni eseguite- Respiratorie n. 46

76% delle complicanze- Cardiache n. 913.5% delle complicanze

- Varie n. 710.5% delle complicanze (da segnalare: 2cadute accidentali dal letto con ematomaextradurale o fratture costali; 2 incidentistradali con alla guida un post-sedato).

CONCLUSIONI ED AUSPICI

Rivolti ai medici ed infermieri addetti al-l’endoscopia:• maggior apertura al problema della seda-

zione;• organizzare in maniera mirata l’approccio

al paziente e la fase pre-esame;• saper calibrare il tipo di sedazione in base

al paziente ed all’esame, con una valuta-zione costo-beneficio a tutto campo;

• sedazione cosciente: senza accesso pro-grammato;

• sedazione profonda: prevalentemente suindicazioni cliniche;

• anestesia generale: solo in casi selezionati;• monitoraggio documentato e con persona-

le dedicato ed addestrato (corsi BSL a ritmiprestabiliti), osservazione post sedazione;

• informazioni postprocedura orali e scritte;• complicanze registrate in maniera prospet-

tica e valutate periodicamente.

38 Endoscopia Digestiva

Rivolti alle Aziende Ospedaliere/Sanitarie• Dotazione strumentale idonea (monito-

raggio e sicurezza);• ambienti idonei (risveglio, osservazione

post);• dotazione di personale sufficiente ai volu-

mi programmati;• incentivare la formazione periodica del

personale (sensibilizzazione al problema,corsi di BLS specifici);

• valutazione dei carichi di lavoro compren-dente l’impegno specifico.

BIBLIOGRAFIA(1) Conigliaro R e Peduto VA La sedazione inendoscopia digestiva: dalla teoria alla pratica.Area Qualità Ed 2003 Milano(2) Vargo jj, Zuccaio G Jr, Dumont J.A. et al.:Gastroenterologist-administrated propofol ver-sus meperidine and midazolam for advanced up-per endoscopy: a prospective, randomized trial.Gastroenterology 2002 123: 8-16(3) Seifert H. Schmitt T.H., Gultekin T, CasparyW.F., Wehrmann T.: Sedation with propofol plusmidazolam versus propofol alone for interven-tional endoscopic procedures: a prospective, ran-domized study. Aliment. Pharmcol. Ther. 2000;14:1207-1214(4) Manneschi L.La sedazione in Endoscopia Di-gestiva: censimento regionale toscano. ConvegnoAIGO-SIED-SIGE 2004 Montecatini Terme

Oscar Ghiglia, (Livorno, 1876 - Firenze, 1945), Isa di spalle (particolare), 1924 ca.

INTRODUZIONE

Il dolore cronico o persistente è sintomo che,più di altri, connota in senso fortemente ne-gativo la vecchiaia. È molto frequente che unanziano sia afflitto da dolore cronico, con-venzionalmente indicato come quello di du-rata superiore a tre mesi, perché con l’invec-chiamento aumenta il numero di condizionialgogene, che spesso coesistono in quadricomplessi di comorbosità. Il dolore è di persé causa di depressione del tono dell’umore,disabilità e deterioramento della qualità dellavita dell’anziano. Per l’insieme di questi mo-tivi, è di straordinaria importanza che il me-dico sappia e voglia condurre un’indagine si-stematica sulla presenza di dolore (di parti-colare impegno proprio quando il pazientenon è in grado di esprimere la propria soffe-renza), comprenderne al meglio la genesi eproporre al paziente le strategie terapeutichedi volta in volta più appropriate.

EpidemiologiaStudi epidemiologici sul dolore nell’anzianoriportano che dal 25 al 50% degli anziani nonistituzionalizzati riferisce importanti manife-stazioni di dolore (1). La sintomatologia do-lorosa interessa anche tra il 45 e l’80% dei re-sidenti in Residenze Sanitarie Assistenziali(RSA), dove spesso risulta sottotrattata (2).Un’indagine telefonica condotta negli USA hariportato che uno su cinque anziani (18%) as-sumeva farmaci analgesici più volte alla setti-mana e che ben il 63% era in terapia da più di 6mesi. Il 45% degli anziani che assumevano talifarmaci aveva consultato, a causa del dolore, al-meno tre medici nei tre anni precedenti, il 79%dei quali erano medici di medicina generale (3).

Inquadramento patogenetico e clinicoStudi condotti sia su popolazioni non istitu-zionalizzate, che su residenti in RSA, dimo-strano che gli anziani hanno molteplici cau-se di dolore, cosa del resto attesa, vista la fre-quente comorbosità. È per contro infondatala convinzione che, con l’età, si osservi uninnalzamento della soglia nocicettiva di unqualche significato clinico (4). Nell’anziano, le manifestazioni cliniche deldolore sono spesso atipiche e complesse leinterconnessioni tra fattori fisiologici, psico-logici e sociali che modulano l’espressivitàclinica della sintomatologia dolorosa. Nel-l’insieme, queste caratteristiche rendono dif-ficile l’interpretazione clinica ed eziopatoge-netica del dolore. La valutazione e la gestio-ne del problema sono rese ancor più com-plesse dalla frequente presenza di disturbicognitivi (demenza) e sensoriali. Numerose sono le conseguenze associateal dolore cronico negli anziani. Tra queste,depressione, ansia, disturbi del sonno edell’appetito, ridotta socializzazione e, piùin generale, decadimento fisico-funzionalee cognitivo, condizioni che, reciprocamen-te, possono anche essere in causa nell’in-sorgenza del dolore (5). Addirittura, alcu-ni autori hanno riportato che il dolore dif-fuso, apparentemente non spiegato, si as-socia ad una maggiore mortalità, special-mente per neoplasie maligne (6). Il dolorespesso rallenta l’iter riabilitativo e favori-sce le reazioni avverse ai farmaci. Non sor-prende che, come esito finale dell’insiemedi questi fattori, il dolore cronico compor-ti un aumento dell’utilizzo delle risorse sa-nitarie e dei costi. Ai fini terapeutici e prognostici è utile la

Geriatria

Il dolore cronico nell’anzianoM. Di Bari, E. Busà, L. Gabbani,

M. Inzitari, L. Macchi, M. Marini, P. Polcaro, C. Pozzi

39LA LOTTA AL DOLORE - Supplemento di “Toscana Medica” - febbraio 2008

classificazione del dolore cronico su base fi-siopatologica (7).• Dolore nocicettivo: può essere viscerale o so-

matico ed è più frequentemente derivato dal-la stimolazione dei recettori dolorifici (noci-cettori). Può essere causato da infiammazio-ne, cause meccaniche, trauma continuativo odistruzione dei tessuti. Ne sono esempi l’ar-tropatia degenerativa e le artriti infiammato-rie, le sindromi dolorose miofasciali e i disor-dini ischemici. Il dolore nocicettivo di solitorisponde bene agli approcci terapeutici tradi-zionali, compresi i farmaci analgesici, e allestrategie non farmacologiche.

• Dolore neuropatico: risulta da processi fi-siopatologici che coinvolgono il sistemanervoso centrale o periferico. Esempi in-cludono la neuropatia diabetica, la nevral-gia del trigemino, quella post-erpetica, ildolore nell’ictus talamico e il dolore del-l’amputato (arto fantasma). Questo tipo didolore non risponde in maniera altrettantoprevedibile alle terapie analgesiche comu-ni, mentre è possibile una buona risposta aterapie analgesiche non convenzionali, co-me gli antidepressivi triciclici, gli antiepi-lettici o i farmaci antiaritmici.

• Dolore con componenti miste o non specifi-cato: è quello con meccanismo vario (spes-so il dolore oncologico) o non noto, comenel caso delle cefalee ricorrenti e del dolo-re associato ad alcune vasculiti. In questocaso, la risposta alle terapie è più impreve-dibile, e può richiedere più tentativi tera-peutici o trattamenti combinati.

In rari casi (es. “conversion reactions”), di-sturbi psicologici possono determinare l’in-sorgenza, l’esacerbazione o la persistenzadel dolore. In questi casi, è indicato un trat-tamento specialistico psichiatrico, mentrenon è indicato l’uso di farmaci analgesici.

Valutazione clinicaUn corretto inquadramento del dolore favo-risce il suo trattamento ottimale, sulla guidadelle indicazioni che l’identificazione ezio-logica può fornire. Il primo passo, semplicema spesso trascurato, è chiedere al pazienteanziano se ha dolore, un qualunque tipo di

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dolore. La presenza di dolore va rilevata,non diversamente dagli altri parametri vitali,al primo incontro con il paziente e quindicon cadenze regolari, in relazione allo speci-fico contesto clinico. È anzi fondamentaleche sia il medico, che i familiari e i caregiver,prestino fede al paziente che riferisce di ave-re dolore. Ogni dolore cronico che interferi-sca con lo stato funzionale ed emozionale, oche comunque comprometta la qualità dellavita del paziente, deve essere considerato unproblema rilevante. È anche molto importante chiedere al pazien-te di indicare l’intensità, di solito in una scalada 0 (assenza di dolore) a 10 (dolore intollera-bile), e le altre caratteristiche del dolore (sede,frequenza, durata, ecc.), in modo simile aquanto deve esser fatto in pazienti più giovani. La gran parte dei pazienti anziani, anchequelli con un certo grado di compromissio-ne cognitiva, sono in grado di fornire questesemplici informazioni. In pazienti con statocognitivo peggiore, incapaci di comprendereil senso di una scala semiquantitativa verba-le d’intensità, possono essere di ausilio scalevisuo-analogiche, quali i “termometri” o le“facce” del dolore (Fig. 1). In pazienti forte-mente compromessi, incapaci di esprimersiverbalmente, sarà l’osservazione del com-portamento, spontaneo o in relazione a spe-cifiche sollecitazioni o attività (es. movimen-to, attivo o passivo), a suggerire la possibilepresenza di dolore (8).Dal paziente e/o dal caregiver si deve ottene-re una storia dei trattamenti analgesici, dellaloro efficacia e dei possibili effetti collateraliregistrati. Si deve ricordare che gli anzianisono particolarmente suscettibili agli effettiindesiderati dei farmaci, il cui rischio crescein presenza di polifarmacoterapia. Se gran parte dell’indagine clinica successiva,che mira ad individuare le possibili cause deldolore, non si discosta da quella usuale inpazienti di età media, nell’anziano si deveprestare particolare attenzione anche a certeconseguenze del dolore in quanto tale. Van-no, tra queste, considerate la riduzione dellamobilità e, più in generale, dell’autonomiafunzionale, la depressione, l’ansia, l’insonnia

e la perdita di appetito. Si deve qui ricordareche anche il dolore acuto può essere causa diun grave deterioramento cognitivo, fino allacomparsa di un vero e proprio stato di con-fusione acuta (delirium).

Il dolore negli anziani residenti in RSAMolti degli anziani istituzionalizzati in RSApresentano dolore cronico. Numerosi sonotra di essi i dementi che, come precedente-mente ricordato, sono pazienti nei quali lasintomatologia dolorosa è spesso miscono-sciuta e sottotrattata (2). Questo determinal’instaurarsi di un circolo vizioso, in quanto ildolore cronico può ulteriormente ridurre leperformance cognitive e favorire la comparsadi disturbi comportamentali (agitazione psi-comotoria, irrequietezza) che, per contro,possono essere ben controllati se il doloreviene adeguatamente valutato e trattato (9). È pertanto opportuno che il medico di me-dicina generale, a cui è affidata la cura del pa-ziente in RSA, ed il personale infermieristi-co della struttura indaghino in modo siste-matico e programmato la presenza di dolo-re, soprattutto in presenza di deterioramen-to cognitivo e di disturbi comportamentaliad esso associati.

TRATTAMENTO FARMACOLOGICO

Principi generaliNel paziente anziano come in quello piùgiovane, la terapia farmacologia costituisce ilmetodo di trattamento più comune per ilcontrollo del dolore. Nella definizione delprogramma terapeutico più appropriato, ilmedico dovrà attentamente valutare il rap-porto rischio-beneficio, considerando i pos-sibili effetti collaterali dei farmaci, che cre-scono in frequenza e gravità all’avanzaredell’età (10). Mentre si rimanda ad altre fon-ti per un approfondimento (7, 11), si richia-mano di seguito alcuni principi terapeutici.1. Non è realistico aspettarsi sempre la com-

pleta remissione del dolore: in molti casi –e soprattutto quando la patologia che cau-sa dolore persiste – l’attenuazione della

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sintomatologia può considerarsi il soloobiettivo terapeutico ragionevole.

2. L’efficacia del trattamento dipende stretta-mente dalle condizioni cliniche, funzionali ecognitive del paziente, che possono renderemeno certa e prevedibile la risposta terapeu-tica al trattamento prescelto. È dunque ne-cessario che il medico elabori un interventofarmacologico personalizzato, che tengaconto delle caratteristiche del paziente e nonsolo delle proprietà dei farmaci prescritti.

3. L’efficacia terapeutica ed i possibili effetticollaterali devono essere monitorati regolar-mente, ed in funzione dei risultati conseguitidovrà essere modificato l’approccio terapeu-tico, che deve essere quindi molto flessibile.

4. In casi selezionati, la particolare gravitàdel dolore e le sue conseguenze clinico-funzionali generali possono richiedereun’accelerazione del percorso terapeutico,eventualmente anche attraverso il ricove-ro in ambiente ospedaliero.

Strategie terapeuticheAnche per quel che riguarda le specifichestrategie terapeutiche è possibile fornire del-le indicazioni di massima, ferma restando lanecessità di adattamenti individualizzati.1. È sempre preferibile adottare strategie di

trattamento che, almeno sulla carta, ga-rantiscano alte probabilità di efficacia ebasso rischio di effetti collaterali.

2. È consigliabile iniziare la terapia con la piùbassa dose efficace, tenendo sempre presen-te la farmacocinetica dell’agente sommini-strato e le modificazioni che questa subiscecon l’età e per effetto delle malattie. Il do-saggio andrà aumentato progressivamente,in relazione ai risultati clinici ottenuti.

3. Piuttosto che l’aumento del dosaggio diun singolo farmaco, risulta spesso più ef-ficace l’impiego combinato di più agenti,appartenenti a classi terapeutiche differen-ti. L’utilizzo di due o più farmaci con mec-canismi d’azione complementari può assi-curare un maggior controllo della sintoma-tologia dolorosa, riducendo i rischi di tos-sicità determinati dall’impiego di un unicoagente a dosaggi elevati o di due agenti

aventi lo stesso meccanismo d’azione. 4. I potenziali vantaggi derivanti dall’ap-

proccio sopra descritto, basato sulla pre-coce associazione di più preparati, sono inmisura variabile controbilanciati da pro-blemi derivanti da un’eccessiva comples-sità dello schema terapeutico, che riducel’aderenza terapeutica, aumenta i rischi dierrore di assunzione e di interazioni far-maco-farmaco. Questi rischi vengono, al-meno in parte, contenuti conducendoun’anamnesi farmacologia accurata (com-pleta anche dei preparati da banco), so-spendendo i farmaci non strettamente ne-cessari, e mantenendo un costante con-trollo clinico durante il trattamento. Ècompito del medico trovare, di volta involta, il giusto equilibrio tra esigenze tera-peutiche in parte contrastanti.

5. È consigliabile seguire una certa sequenzanella somministrazione dei farmaci: avvia-re la terapia con agenti non oppioidi, adesempio il paracetamolo, passando suc-cessivamente agli antinfiammatori e quin-di, nei casi di dolore moderato-grave, aglianalgesici oppioidi.

6. In alcuni casi è necessario impiegare sola-mente un farmaco o una combinazione difarmaci specifici. Ne sono esempio i pro-cessi infiammatori che causano dolore acu-to, per i quali è di regola sufficiente l’impie-go di agenti anti-infiammatori, o alcuneforme di dolore neuropatico, che rispondo-no solo alla combinazione di taluni farmacinon oppioidi, quali gli agenti anticonvulsi-vanti (ad esempio nel dolore neuropatico).

7. La somministrazione programmata, aorari predeterminati nel corso della gior-nata, è in genere da preferirsi a quella “albisogno”, da intraprendere solo dopo lacomparsa o l’esacerbazione del sintomo.Queste indicazioni valgono anche in rife-rimento agli oppiodi, nel qual caso saran-no preferiti i preparati a lunga emivita. Al-la somministrazione di preparati ritardoad intervalli fissi si può aggiungere quelladi agenti ad azione rapida, quando sia incorso – o anche si possa anticipare – unaimprovvisa esacerbazione.

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Analgesici non oppioidiParacetamoloIn molti casi, il dolore lieve-moderato, so-prattutto se di natura muscoloscheletrica, ri-sponde favorevolmente al paracetamolo, fi-no ad una dose massima di 2 g/die (ma negliUSA vengono ammessi fino a 4 g/die), in 3-4 somministrazioni. Il dosaggio di paraceta-molo dovrà essere ridotto del 50-75% inpresenza di insufficienza epatica o renale odi abuso alcolico. Sebbene tale farmaco si distingua dai FANSper il minor rischio di effetti collaterali, so-prattutto a breve termine, si ritiene che la suasomministrazione prolungata possa causaredeterioramento della funzione renale (12). Ilsuperamento della massima dose giornalierapuò causare, inoltre, grave danno epatico: ilsovradosaggio di paracetamolo è, attual-mente, la prima causa di insufficienza epati-ca fulminante in Europa e negli USA e già laposologia di 4 g/die (come detto, comune-mente utilizzata negli USA) determina unsignificativo incremento delle transaminasiin un terzo dei pazienti (13).

FANSSono comunemente considerati al secondolivello terapeutico dopo il paracetamolo. Siai FANS tradizionali che i più recenti inibito-ri selettivi della ciclossigenasi-2 (COXIB)sono gravati da un non trascurabile rischiodi effetti collaterali, soprattutto nel pazienteanziano affetto da comorbosità (14-16). Ipiù frequenti:• Emorragie gastrointestinali: nel paziente

geriatrico, il rischio sale dall’1% al 4% e fi-no al 10% se è presente storia di pregressosanguinamento. Tale rischio viene sensibil-mente ridotto dalla contemporanea som-ministrazione di agenti gastroprotettori(misoprostolo, inibitori della pompa pro-tonica) (17). Tuttavia, l’intolleranza ai ga-stroprotettori ed i loro costi elevati ne li-mitano l’impiego indiscriminato.

• Alterazioni della funzionalità renale: iFANS, bloccando la produzione di pro-staglandine vasodilatanti glomerulari, ri-ducono il flusso plasmatico renale e la fil-

trazione glomerulare. Il contributo delleprostaglandine al mantenimento della por-tata renale plasmatica è particolarmente ri-levante in condizioni come lo scompensocardiaco e la cirrosi epatica, nelle quali lariduzione del volume plasmatico efficacedetermina attivazione adrenergica. In que-sti pazienti, l’impiego di FANS può com-promettere la funzionalità renale fino al-l’insorgenza di insufficienza renale acuta.Infatti, nella maggior parte dei pazienti ul-trasessantacinquenni ammessi in ospedaleper insufficienza renale acuta, la causa sca-tenante di tale condizione è la sommini-strazione di FANS. Da segnalare, infine, ilrischio derivante dalla terapia con FANSnell’anziano iperteso, visto che tali farma-ci, promuovendo ritenzione idrosalina, ri-ducono l’efficacia della terapia antiperten-siva ed espongono il paziente a repentiniaumenti pressori.

• Diatesi emorragica: dovuta all’alterazionedella funzione delle piastrine per inibizio-ne della sintesi di trombossano A2, poten-te aggregante piastrinico.

• Epatotossicità: è spesso dose-dipendentee si manifesta con alterazione dei valoridelle aminotransferasi.

• Effetti neurologici: soprattutto nella intossi-cazione da salicilati. Si manifestano con con-fusione, delirio, psicosi, acufeni e vertigini.

Negli ultimi anni, molte agenzie regolatorie(18) hanno posto severe restrizioni all’im-piego dei COXIB, dal momento che alcunidi essi (come il rofecoxib ed il valdecoxib,che per questo sono stati alla fine ritirati dalcommercio) si sono dimostrati associati adun eccesso di eventi trombotici, sia in trialclinici che in studi osservazionali e relativemetanalisi (19, 20). Risulta, pertanto, pru-dente riservare l’impiego dei COXIB rima-sti in commercio al solo trattamento di pa-zienti gravati da un alto rischio di gravi effet-ti avversi gastrointestinali e, per contro, dalprofilo di rischio cardiovascolare ragione-volmente contenuto (20). Va anche ricordato che anche alcuni FANStradizionali, quali il diclofenac, sembrano fa-vorire eventi cardiovascolari, rispetto ad altre

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molecole, quali il naprossene, che si dimostra-no più sicure da questo punto di vista. Nel pa-ziente anziano cardiopatico, dunque, la sceltadi trattare il dolore farmacologicamente vaponderata con grande cautela, bilanciandocon attenzione benefici e potenziali rischi.

OppioidiPer il timore di effetti collaterali e di dipen-denza, molti limitano, in particolare nel pa-ziente anziano, l’impiego degli analgesicioppiodi solo al trattamento del dolore daforme neoplastiche avanzate (21). Questoatteggiamento non è fondato su basi scienti-fiche razionali; al contrario, l’uso di questifarmaci si dimostra spesso efficace e sicuroanche in soggetti di età avanzata, quanto e piùdi quello di farmaci considerati più manegge-voli (22, 23). Inoltre, mentre gli analgesici nonoppioidi presentano il cosiddetto “effetto tet-to”, così che oltre un certo dosaggio non au-menta l’efficacia ma solo gli effetti collaterali,la posologia adeguata di oppioidi è molto va-riabile da paziente a paziente, senza che ven-ga mai raggiunto un vero e proprio “tetto” diefficacia. Tali farmaci vanno dunque presi inconsiderazione in tutte le forme di dolorecronico nocicettivo, anche non neoplastico,non controllato da paracetamolo e FANS oquando esistano controindicazioni a questistessi farmaci. Una recente revisione sistema-tica della letteratura indica che gli oppioidisono in grado, riducendo il dolore, di miglio-rare la qualità della vita in pazienti con dolo-re cronico non neoplastico (24).L’emivita degli oppioidi aumenta con l’età,così che l’anziano ha una maggiore sensibili-tà ai loro effetti, sia terapeutici che indeside-rati. Ciò rende, pertanto, opportuno l’im-piego di dosaggi iniziali inferiori a quelli disolito utilizzati nel giovane. La maggior parte degli analgesici oppioidi èmetabolizzata principalmente a livello epati-co ed i metaboliti sono escreti per via renale;ciononostante una ridotta funzione epaticao renale non ne controindica l’uso. È co-munque necessario sottolineare che la pre-senza di epatopatia grave e la polifarmacote-rapia, che spesso contraddistingue l’anziano

con comorbosità, accrescono il rischio di ef-fetti collaterali da oppioidi, di cui si riporta-no i più importanti (25). • Stipsi: rappresenta un vero problema per il

paziente geriatrico. Spesso può essere con-trollata con l’idratazione e l’aumento del-l’assunzione di fibre alimentari, ma talvol-ta richiede l’impiego di lassativi.

• Nausea: è determinata da meccanismi cen-trali e periferici (gastroparesi); è un sinto-mo talora debilitante, su cui è necessariointervenire farmacologicamente.

• Depressione respiratoria: effetto collate-rale in realtà infrequente, se non nei pa-zienti con funzione respiratoria compro-messa (BPCO, cifoscoliosi, ecc.), nei qualiè necessaria cautela nella somministrazio-ne di oppioidi.

• Obnubilamento, torpore e delirium: di-sturbi possibili soprattutto nei pazienticon iniziale decadimento cognitivo; in talicasi, è necessario istruire il caregiver sullenecessarie attenzioni alla comparsa di talieffetti collaterali e alle loro possibili, temi-bili conseguenze, quali cadute o altri inci-denti, che possono gravemente compro-metter le capacità funzionali.

• Ipotensione: non frequente, ma da consi-derare nei pazienti anziani che fanno uso diantipertensivi o con ipotensione ortostatica.

Gli oppioidi sono inoltre caratterizzati, co-me ben noto, dal fenomeno della dipenden-za e della tolleranza, condizioni molto te-mute in corso di trattamento prolungato conoppioidi, ma in realtà non tali da giustificareuna sottoutilizzazione di tali farmaci, quan-do indicati. Per quanto, al fine di mantenereun’adeguata analgesia, col tempo possa esse-re necessario un progressivo aumento dellaposologia degli oppiodi (tolleranza), questodi regola non compromette lo stato funzio-nale globale dell’anziano, né determina at-teggiamenti o stili di vita tipici della tossico-dipendenza da oppioidi dei soggetti giovani.Inoltre, la tolleranza si sviluppa anche neiconfronti degli effetti collaterali precedente-mente descritti, che pertanto non necessaria-mente si fanno più frequenti o gravi al cre-scere della dose terapeutica.

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Specifici preparati• Morfina: rimane il farmaco principale per

il trattamento del dolore moderato-grave;la dose terapeutica ha notevole variabilitàindividuale, tenendo conto soprattuttodella via di somministrazione. Iniziando iltrattamento con morfina per via orale adimmediato rilascio, si può partire con 5-10mg di morfina solfato ogni 4 ore, ove ne-cessario con incrementi di dose del 25-50%, sempre monitorando efficacia ed ef-fetti collaterali. Esistono inoltre prepara-zioni orali a rilascio controllato per som-ministrazioni ogni 8-12 ore, utili nella te-rapia a lungo termine del dolore cronico.La somministrazione parenterale (endove-nosa, s.c., i.m., epidurale, spinale) può es-sere indicata nel caso di dolore grave, uti-lizzando l’infusione continua o il dosaggiointermittente di morfina cloridrato (fialeda 1 ml, 10 e 20 mg).

• Tramadolo: ha una potenza farmacologicainferiore rispetto alla morfina; dopo som-ministrazione orale, la sua biodisponibilitàè del 70-100%, l’emivita di 5-6 ore; pre-senta un “effetto tetto” per dosi giornalie-re di 400-600 mg e può essere sommini-strato per os (la via solitamente preferita),i.m., e.v., per via rettale e s.c. (26). Deter-mina effetti collaterali in genere minori ri-spetto alla morfina (per quanto talvoltapossa indurre convulsioni in soggetti pre-disposti), ma più frequenti rispetto a quel-li osservabili con oppioidi di analoga po-tenza (es. codeina) (27).

• Codeina: ha una buona disponibilità pervia orale; le dosi abituali di somministra-zione sono 30-60 mg per os ogni 4-6 ore; èfrequente l’utilizzo dell’associazione para-cetamolo 500 mg + codeina 30 mg per uneffetto analgesico addizionale.

• Metadone: le sue caratteristiche farmaco-cinetiche (lunga emivita, facile superamen-to della barriera emato-encefalica, brevedurata media dell’effetto analgesico) pos-sono essere causa di accumulo del farma-co, soprattutto se si usano dosi ripetute osomministrazioni troppo ravvicinate. Nonè pertanto un farmaco particolarmente

raccomandato nell’anziano. Nel dolorecronico, la via di somministrazione piùusata è quella orale, sotto forma di meta-done cloridrato in soluzione orale (flaconida 20 mg/ml) o in fiale iniettabili da10 mg.

• Fentanyl: è un farmaco circa 100 volte piùpotente della morfina e ad elevata rapiditàd’azione. Particolarmente interessante è lasua formulazione transdermica, che rila-scia il farmaco a dose e tempi programma-ti per la durata di 72 ore, indicato special-mente nei pazienti che non possono assu-mere oppioidi per via orale o s.c. continuae che necessitano di una dose di oppioidecostante. La preparazione parenterale (fla-cone 10 ml) è di uso esclusivo ospedaliero.

• Ossicodone: farmaco di recente immissio-ne in commercio in Italia sia da solo, in for-mulazione a rilascio controllato (CR), chein associazione precostituita con paraceta-molo a bassi dosaggio. L’ossicodone/para-cetamolo ha una buona biodisponibilitàorale ed è indicato nel dolore degenerativomuscolo-osteo-articolare e nel dolore on-cologico da moderato a grave. Viene som-ministrato alla dose di 5mg/325mg in 4somministrazioni giornaliere, ma negli an-ziani e nei pazienti con riduzione della fun-zionalità epatica e/o renale, è opportunoiniziare con 2 somministrazioni/die- L’ossicodone CR, alla dose di 10 mg peros ogni 12 ore ha un’azione analgesicaspiccata (paragonabile a quella di 20 mg dimorfina) e protratta, che viene utilizzatanei dolori particolarmente intensi. La suaposologia può essere gradatamente au-mentata del 25-50% al giorno (fino ad unmassimo di 400 mg/24 ore), senza che simanifesti un effetto tetto.

Farmaci adiuvanti Si tratta di farmaci che, pur non essendoanalgesici in senso stretto, sono degli effica-ci coadiuvanti nel trattamento di particolarisindromi dolorose e consentono la riduzio-ne della posologia degli analgesici propria-mente detti, in associazione. Sfortunatamen-te, la maggior parte dei farmaci cosiddettiadiuvanti si associano ad un elevato rischio

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di effetti collaterali, in particolare nei pa-zienti geriatrici. Ne sono alcuni esempi:• Antidepressivi triciclici: utili nel dolore

neurogeno continuo; migliorano il legamedegli oppioidi ai recettori specifici, riducen-do il fenomeno della tolleranza. Il loro im-piego, soprattutto negli anziani, deve essereaccuratamente controllato dati gli impor-tanti e frequenti effetti collaterali di cui so-no causa (effetti anticolinergici, tossicità ce-rebrale e cardiaca, ipotensione ortostatica).

• Anticonvulsivanti: possono aiutare nelcontrollo del dolore neuropatico; in parti-colare, la carbamazepina si è dimostrata ef-ficace nella nevralgia del trigemino. Il loroimpiego nella popolazione anziana è co-munque limitato per l’elevato rapporto ri-schio-beneficio.

• Corticosteroidi: per la loro potente azio-ne antinfiammatoria, si dimostrano validicoadiuvanti della terapia analgesica quan-do l’infiammazione sia un meccanismo pa-togenetico rilevante (es. neuropatie da in-trappolamento, ipertensione intracranica,ecc.). Rappresentano il trattamento d’ele-zione in alcune sindromi dolorose partico-lari dell’anziano, quale la polimialgia reu-matica (v. oltre). Per i loro noti effetti col-laterali, il loro impiego a lungo terminepuò risultare particolarmente problemati-co nel paziente anziano.

TRATTAMENTONON FARMACOLOGICO

Numerosi interventi non farmacologici sisono dimostrati efficaci, da soli o in associa-zione a quelli farmacologici, nel trattamentodel dolore cronico dell’anziano. Si tratta diprovvedimenti di natura fisica (es. esercizio)o comportamentale (es. tecniche di auto-aiuto), che nella maggior parte dei casi ri-chiedono la consapevole ed attiva partecipa-zione del paziente al programma terapeuti-co. Tali interventi, in genere, non sostitui-scono ma – piuttosto – affiancano la terapiafarmacologica, di cui potenziano gli effetti;talvolta, essi addirittura consentono di ri-durre la posologia dei farmaci o la frequen-

za di assunzione. In genere, alleviano lostress associato al dolore stesso e aiutano ilpaziente a recuperare la capacità di control-lo in situazioni caratterizzate da senso diinadeguatezza e di impotenza. Pertanto, in-terventi di tipo non farmacologico dovreb-bero essere parte integrante dell’approcciomultidisciplinare alla terapia del dolore.Purtroppo, la validità di questi interventi è,con rare eccezioni (educazione, interventicognitivo-comportamentali, esercizio fisi-co), non sostenuta da prove scientifiche diefficacia, specialmente in geriatria. Interventi educativi si sono dimostrati effi-caci nel migliorare il controllo del dolore eridurre il danno funzionale in pazienti conosteoartrosi o artrite reumatoide (28). Inter-venti comportamentali aiutano a migliorareil controllo da parte del paziente, riducendola sensazione di mancanza di speranza e diaiuto. Alcune di queste modalità (distrazio-ne, rilassamento, immaginazione-visualizza-zione) sono in grado di distogliere l’atten-zione del paziente, determinando la rotturadel circolo vizioso dolore-ansia-tensione. Incasi selezionati, si può ricorrere all’ipnosi(autoipnosi o con terapeuta), che blocca di-rettamente la consapevolezza del dolore at-traverso la suggestione dell’assenza del do-lore, o al biofeedback, che consente di modi-ficare le attività corporee mediante un eser-cizio di concentrazione mentale. Entrambequeste tecniche necessitano di una prepara-zione specifica e sono di limitata applicabili-tà nell’anziano. Non è da sottovalutare il va-lore della preghiera, in quanto per alcunepersone la comunicazione con la propria en-tità superiore può essere di grande sollievo.Metodi fisici sono rappresentati dall’appli-cazione di sorgenti di calore o freddo, dal-l’elettrostimolazione nervosa transcutanea(TENS), dall’agopuntura e da esercizi fisio-terapici. Sono indicati in particolare nel trat-tamento dell’astenia e del dolore di tipomiofasciale, conseguenti ai periodi di inatti-vità ed immobilità legati alla fase diagnosticae terapeutica della malattia; devono essereimpiegati precocemente. Utile in molti casianche il massaggio, sia per la sua azione di

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stimolazione sulle fibre a grande diametro(che inibisce i messaggi dolorosi condottidalle fibre a piccolo diametro), che per la suaazione di tipo psicologico.Gli effetti dell’agopuntura sulle sindromi al-giche croniche sono dibattuti. Comunque,alcuni recenti trial clinici randomizzati nesuggeriscono l’efficacia in soggetti con ar-trosi del ginocchio (29) o dell’anca, nei qua-li riduce significativamente il dolore e la rigi-dità e migliora la qualità della vita (30), o conlombalgia cronica (31).

Dolore e stato funzionaleIl dolore cronico – come del resto anchequello acuto – influisce significativamentesulle capacità funzionali e sulle attività dellavita quotidiana (32) e l’intensità dell’espe-rienza dolorosa è un fattore determinante dellivello di disabilità funzionale: più intenso è ildolore, maggiore risulta la disabilità associa-ta, spesso in misura sproporzionata rispetto aquella attesa in relazione alla patologia che necausa (33). All’avanzare dell’età, la relazionetra gravità del dolore cronico e disabilità si fapiù stretta, mentre in età più giovanile l’in-tensità del dolore correla più strettamentecon la presenza di alterazioni del tono del-l’umore di tipo depressivo (34).In molte condizioni algogene, quali ad esem-pio l’artrosi, si instaura frequentemente uncircolo vizioso, in quanto il dolore determi-na una riduzione dell’attività fisica che, a suavolta, genera dolore. Per interrompere que-sto circolo vizioso è, di solito, necessario agi-re contemporaneamente sia sulla sintomato-logia dolorosa che sulla performance fisica. Studi controllati hanno dimostrato che pro-grammi di esercizio fisico regolare riduconoil dolore, migliorano la performance funzio-nale di pazienti anziani con osteoartrosi gra-vemente sintomatica e, addirittura, sono po-tenzialmente in grado di prevenire la com-parsa di disabilità nelle BADL (35, 36). È in-teressante osservare che, almeno nel casodella gonartrosi, benefici sovrapponibili so-no stati ottenuti sia con l’esercizio dinamicoche con quello isometrico. È verosimile chequesti effetti favorevoli dell’esercizio siano

in gran parte dovuti proprio alla regressione,almeno parziale, delle conseguenze funzio-nali che l’associazione dolore-inattività pro-tratta comporta. Possono, inoltre, contri-buirvi anche gli effetti dell’esercizio fisicoregolare sul tono dell’umore, rappresentatidalla riduzione della sintomatologia ansio-so-depressiva (37). In genere, i programmi di training finalizza-ti al controllo del dolore comprendono eser-cizi che aumentano l’escursione articolare ela forza muscolare, favoriscono un migliorcontrollo posturale, l’equilibrio e la sicurez-za dell’andatura e migliorano la performan-ce cardio-respiratoria. È necessario che taliprogrammi vengano individualizzati, tenen-do conto delle specifiche condizioni cliniche(con una particolare attenzione alle comor-bosità) e – da non trascurare – delle prefe-renze del paziente, pena il fallimento delprogramma stesso (38). Nei casi più sempli-ci, in cui sia la limitazione funzionale che lacompromissione clinica globale siano mode-ste, il programma di training può essere rap-presentato da esercizi di gruppo in ambien-te non clinico (palestre di comunità), mentrepazienti già chiaramente disabili possono ri-chiedere l’intervento di professionisti dellariabilitazione, in ambiente idoneo.

IL DOLORE IN ALCUNECONDIZIONI PARTICOLARIDELL’ANZIANO

Verranno qui brevemente riportate alcuneindicazioni sul trattamento del dolore in al-cune condizioni di specifico interesse in Ge-riatria, quali le ulcere da compressione, la po-limialgia reumatica e l’arterite giganto-cellu-lare, la stenosi del canale midollare, la gravearteriopatia agli arti inferiori e la nevralgiapost-erpetica. Si rimanda ad altro capitolo diquesto volume per quel che riguarda il dolo-re neoplastico, con l’avvertenza di ricordareche il suo trattamento deve comunque tenerconto delle specificità del paziente anziano,sia in generale che in merito alla conduzionedella farmacoterapia, come più volte ribaditonel presente capitolo. Un utile complemento

47Geriatria

a quanto qui esposto è rappresentato dalle li-nee guida della Società Italiana di Gerontolo-gia e Geriatria sulle cure palliative (11).

Le ulcere da pressioneLe ulcere da pressione sono una grave com-plicanza della sindrome da immobilizzazio-ne. Dal 3 al 15% delle ammissioni ospedalie-re si complica con ulcere da pressione, checolpiscono dal 20 al 33% degli anziani ospi-ti di RSA. Si stima che circa un quarto delleulcere da pressione si associ a dolore, confrequenza ed intensità crescenti con la gravi-tà dell’ulcera (cioè, fondamentalmente conla sua profondità) e la complessità delle pro-cedure previste (medicazioni, curettage).Ciononostante, l’attenzione che il dolorecronico associato a questa condizione ricevenella letteratura medica e nella pratica clini-ca è molto scarso (39, 40). Vi sono sporadi-che testimonianze dell’efficacia degli oppioi-di per uso topico (41, 42), mentre nella granparte dei casi il controllo del dolore richiedela somministrazione, anche programmata incoincidenza con le medicazioni, di tali far-maci per via generale.

La polimialgia reumatica el’arterite giganto-cellulareLa polimialgia reumatica (PMR) è una ma-lattia di natura infiammatoria, ad eziologiasconosciuta, caratterizzata da intenso doloremuscolare e rigidità ai cingoli ed al collo.Nella popolazione generale italiana la suaprevalenza è di circa 13 soggetti ogni100.000. È molto rara prima dei 50 anni, mala sua incidenza aumenta con l’età ed è duevolte più frequente nelle donne che negli uo-mini. La diagnosi è clinica e si basa sulle ca-ratteristiche del dolore, sulla presenza di in-dici bioumorali di flogosi (velocità di eritro-sedimentazione oltre 40 mm/ora) e sullaspiccata sensibilità ai cortisonici (43). La PMR può associarsi all’arterite giganto-cellulare (AGC), una vasculite che interessain modo segmentario arterie di medio egrosso calibro. La localizzazione temporale(“Arterite temporale di Horton”) determinacefalea pulsante a livello temporale, ispessi-

mento e dolorabilità dell’arteria temporale,claudicatio mandibolare e perdita parziale ocompleta del visus, mono o bilaterale. An-che in questo caso la VES è elevata (>50mm/ora). I sintomi della PMR possono pre-cedere, accompagnare o seguire l’insorgenzadella ACG (44). Generalmente l’AGC si as-socia alla PMR in percentuale pari al 40-60%,mentre nella PMR esiste una variabilità diassociazione più ampia con l’AGC, che puòvariare dallo 0 all’80% (45). Il dolore della PMR è persistente (almeno 1mese), solitamente bilaterale, colpisce il cin-golo scapolo-omerale nel 70-90% dei casi edil cingolo pelvico ed il collo nel 50-70% e siassocia ad una pronunciata rigidità nelle stes-se sedi 43. Il dolore diventa spesso talmenteimportante da interferire con le comuni atti-vità della vita quotidiana. I pazienti hannodifficoltà ad alzarsi da seduti o a sollevare lebraccia, dovendo perfino essere aiutati a ve-stirsi e spogliarsi; la localizzazione al cingolopelvico può determinare compromissionenel cammino, in casi estremi fino all’alletta-mento 45. La sintomatologia prevale al matti-no, persiste almeno un’ora e migliora in par-te durante la giornata, ma è anche comune ildolore notturno, per lo più scatenato dagliaggiustamenti posturali durante il sonno, ta-le da risvegliare i pazienti. Si tratta di un do-lore intenso, spontaneo ma accentuato daimovimenti, anche passivi, ed esacerbato dal-la pressione in determinati aree (deltoide, bi-cipite, trapezio e grande pettorale). Il prednisone, farmaco di elezione per il trat-tamento della PMR, a dosi di solito di 10-15mg/die, è molto efficace anche nel controllodel dolore: la remissione del dolore (così co-me della rigidità) è anzi così spiccata e rapi-da da essere considerata tra i criteri diagno-stici. La posologia viene progressivamenteridotta dopo il primo mese di terapia se ildolore e gli indici umorali si riducono, finoad arrivare ad una dose minima efficace di 5-7.5 mg/die. Si prosegue per altri 18-24 mesie, in assenza di riacutizzazione, si può ridur-re il dosaggio dello steroide ancora di 1 mgogni 2-4 settimane, monitorando sempre laclinica e gli indici di flogosi, fino alla com-

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pleta sospensione (46). In corso di PMR, i FANS ottengono risulta-ti scarsi ed il loro impiego, di esclusivo valo-re sintomatico, è limitato ai casi in cui si vo-glia ridurre la dose di steroide, al fine di di-minuire gli effetti collaterali.

La stenosi del canale midollareLa stenosi del canale midollare (SCM), con-dizione frequente nell’anziano, è un restrin-gimento dello speco vertebrale a livello lom-bare che comprime le radici nervose, provo-cando dolore in sede lombare e agli arti infe-riori. Nell’anziano, la stenosi è di solito ac-quisita ed è determinata da degenerazionedei dischi e dei legamenti vertebrali, checomprime le radici caudali. Possono contri-buire alla sua insorgenza spondilolistesi(spostamento anteriore o posteriore di unavertebra rispetto alla contigua) e spondiloli-si (difetto della porzione interarticolare).Queste alterazioni possono causare i sinto-mi di per sé o scompensare un canale verte-brale già precedentemente ristretto, ancheper cause congenite (47). Possono anche es-sere in gioco traumi o, meno frequentemen-te l’osteopatia di Paget (47).I sintomi sono provocati dalla deambulazio-ne o dalla stazione eretta, anche se il sogget-to è fermo, cosa questa, che differenzia net-tamente rispetto alla claudicatio intermit-tens, di origine vascolare. Il dolore è partico-larmente accentuato dal cammino in discesa,mentre è alleviato dalla posizione supina oseduta, carattere che lo differenzia dalla di-scopatia lombare. Quando la stenosi è grave,il paziente può trarre beneficio dalla posi-zione accovacciata o dal decubito con le an-che e le ginocchia flesse (48). Oltre al dolo-re, vi possono essere debolezza muscolare eriduzione dei riflessi osteotendinei a livellodell’arto inferiore. Se l’esame neurologico ècondotto dopo esercizio fisico, talvolta puòessere rilevato un deficit radicolare motorioo sensoriale (49). Queste caratteristiche cli-niche del dolore suggeriscono la diagnosi,che è confermata dalla risonanza magnetica.Nelle forme lievi, il dolore può essere con-trollato dai FANS e da programmi di eserci-

zio fisico mirati alla riduzione della lordosilombare. Tuttavia, i pazienti con sintomimoderati o gravi e con compromissione del-la deambulazione necessitano di un inter-vento chirurgico decompressivo, che mi-gliora i sintomi e consente la ripresa dellamobilità in una gran parte dei casi (50). Pur-troppo, recidive si verificano nel 25% dei ca-si, nei quali si deve ricorrere spesso ad ulte-riori procedure chirurgiche.

La grave arteriopatia agli arti inferioriLa frequenza e la gravità dell’arteriopatia pe-riferica aumentano con l’età (51), così che nel-l’anziano la malattia si presenta più spesso informa gravemente sintomatica (III-IV stadioFontaine). Le forme più gravi di arteriopatiaperiferica, con ischemia critica dell’arto, sonocaratterizzate da intenso dolore a riposo. Laterapia eziologica medica e chirurgica, volta aripristinare un flusso ematico adeguato e a ri-durre l’ischemia, può non essere pienamenteefficace in fasi così avanzate di malattia, tantoche si rende necessario il trattamento specifi-co del sintomo dolore in quanto tale. I prostanoidi (52) sono efficaci nel migliora-re il flusso anche nelle forme di ischemia cri-tica (spesso complicate da ulcere e non su-scettibili di rivascolarizzazione). Tra questi,l’iloprost, analogo della prostaciclina som-ministrato per infusione endovenosa alla po-sologia di 2 ng/Kg/min per 2-4 settimane,determina vasodilatazione e miglioramentodel microcircolo, inibizione dell’aggregabili-tà piastrinica e citoprotezione, risultandocosì efficace nel ridurre il dolore a riposo,migliorare la guarigione delle ulcere e ritar-dare le amputazioni (53). La terapia, per ilsuo costo elevato e i potenziali seri effetti in-desiderati (tra cui ipotensione arteriosa, esa-cerbazione di ischemia miocardica ed insuf-ficienza renale), è riservata all’uso ospedalie-ro, in casi attentamente selezionati. Esistono anche altre opzioni terapeutiche, dipertinenza anestesiologica, quale l’elettrosti-molazione dei cordoni spinali posteriori(SCSP): è una tecnica di terapia del dolorecronico sviluppata nell’intento di attivare ilsistema di controllo sull’ingresso spinale e,

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pertanto, di diminuire l’input algogeno nellavia spino-talamica (54). Numerosi studi han-no dimostrato l’efficacia della SCSP non solonel ridurre la sintomatologia dolorosa, maanche nel migliorare il flusso sanguigno nelmicrocircolo, prevenendo così le amputazio-ni in pazienti con ischemia critica degli arti in-feriori, refrattaria ai trattamenti convenziona-li (55). La SCSP viene applicata introducendonello spazio peridurale lombare o cervicaleun catetere, inizialmente attivato da uno sti-molatore esterno con lo scopo di valutare i ri-sultati; se questo iniziale tentativo si dimostraefficace, si procede all’impianto sottocutaneodi un elettrostimolatore permanente.

La nevralgia post-erpeticaLa nevralgia post-erpetica è una sindromecaratterizzata da dolore neuropatico croni-co, che si manifesta prevalentemente in etàgeriatrica come complicanza dell’infezioneda Herpes Zoster (56). Il trattamento del do-lore cronico in tale sindrome è molto diffici-le, poiché spesso richiede l’utilizzo di farma-ci gravati da un elevato rischio di effetti col-laterali, soprattutto negli anziani affetti dacomorbosità. Le strategie di intervento cherisultano maggiormente efficaci includonol’impiego, spesso combinato, di:• antidepressivi triciclici (nortriptilina) • antiepilettici (gabapentin) (57)• analgesici oppioidi• infiltrazioni loco-regionali con anestetici

locali (lidocaina, bupivacaina), talora asso-ciati ad una piccola quantità (2 mg) di de-sametasone (58)

• Transcutaneous Electrical Nerve Stimula-tion (TENS): la tecnica di stimolazione del-le fibre afferenti ha ottenuto dei discreti ri-sultati nelle nevralgie, anche se i costi e lapossibile esacerbazione del dolore all’ini-zio del trattamento ne limitano l’impiego.

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52

INTRODUZIONE

Il dolore costituisce uno dei sintomi più fre-quenti e precoci di malattia ed è una delle espe-rienze sensoriali principali per l’essere umano.Il dolore ha una duplice natura e questa ca-ratteristica è responsabile di alcune difficoltàche si incontrano nel comprenderlo. Più faci-le da capire è la “sensazione dolorosa”, cioèil fatto che il dolore sia evocato da particola-ri stimoli e sia trasmesso attraverso specifichevie nervose, mentre molto più complesso èanalizzare la sua componente di “stato men-tale” intimamente legato alla sfera emotiva diangoscia o di sofferenza, una “passione del-l’anima” come dice Aristotele, che sfugge atentativi di definizione e di quantificazione.Questa dualità è da tenere in considerazionesoprattutto nella valutazione dell’efficaciadell’approccio terapeutico. Per quanto riguarda l’anatomia del dolore, èstato accertato che i tipi di fibre che rispon-dono agli stimoli nocicettivi (cioè potenzial-mente dannosi) sono due: fibre molto sottilinon mielinizzate a lenta conduzione, dette fi-bre C, e fibre sottili mielinizzate a conduzio-ne rapida dette fibre A-δ. Questi due tipi difibre costituiscono le afferenze primarie del-le vie del dolore. Le terminazioni periferiche(nocicettori) di queste fibre si ramificano dif-fusamente nella cute ed in altri organi. Essesono ulteriormente specializzate e sono di 3tipi, costituiti da nocicettori sensibili a stimo-li meccanici o stimoli termici e nocicettoripolimodali, cioè sensibili a stimoli meccanici,termici e chimici. Le fibre sia di tipo A-δ cheC hanno il loro corpo cellulare nel gangliodelle radici dorsali, i prolungamenti centraliproiettano alla radice dorsale del midollo o,

nel caso dei nervi cranici, al nucleo dorsaledel trigemino (corno dorsale bulbare). Ciascuna unità sensitiva (corpo del neuronesensitivo, prolungamenti centrali e periferici,terminazioni cutanee e viscerali) possiedeuna propria distribuzione topografica cheviene mantenuta lungo l’intero sistema dallaperiferia alla corteccia sensitiva. La distribu-zione segmentale dell’unità sensitiva permet-te la costruzione di mappe dermatomerichela cui conoscenza a sua volta permette di in-dividuare il livello lesionale. Le fibre dolori-fiche afferenti, dopo il ganglio della radicedorsale, si dirigono verso il corno dorsale delmidollo, e in parte si incrociano, andando nelcorno dorsale del lato opposto. Recenti acquisizioni sulla neuromodulazionehanno evidenziato come gli aminoacidi ecci-tatori glutammato ed aspartato sono neuro-trasmettitori a livello delle terminazioni dellefibre afferenti A-δ, mentre la conduzione len-ta lungo le fibre C coinvolge altri trasmettito-ri tra i quali il più importante è un peptide no-to come sostanza P. Gli oppiacei, invece, agi-rebbero modulando gli impulsi dolorifici chetransitano attraverso le corna dorsali ed i cen-tri bulbari e pontini riducendo le concentra-zioni di sostanza P. Recettori per gli oppiaceisono presenti sia sulle afferenze che sulle effe-renze al corno dorsale midollare. Gli assonidei neuroni di secondo ordine (cioè che origi-nano nel corno dorsale del midollo) incrocia-no la linea mediana e salgono fino alle strut-ture del tronco encefalo e del talamo. Lacomponente principale di questo fascio, det-to fascio-ascendente, è costituita dalla via spi-no-talamica. Quest’ultima è una via a rapidaconduzione che porta direttamente al talamo.Vi sono però altri sistemi di conduzione più

Neurologia

Il dolore neuropaticoM. Lamassa, R. Corradetti, A. Cantini, D. Inzitari

LA LOTTA AL DOLORE - Supplemento di “Toscana Medica” - febbraio 2008

lenti che proiettano alla formazione reticola-re del bulbo, del mesencefalo e all’ipotalamo.Le vie spino-reticolari con le proiezioni dif-fuse ai lobi limbici e frontali sarebbero allabase degli “aspetti affettivi” del dolore, cioèdelle sensazioni spiacevoli evocate dal dolore.Le vie spino-reticolo-talamiche continuanoad evocare dolore anche se vengono recise levie spino-talamiche dirette.La via spino-talamica proietta al nucleo ven-tro-postero basale e posteriore del talamo edai nuclei intralaminari e da qui alla cortecciasensitiva. Questa via è deputata agli aspettisensitivo-discriminativi del dolore, cioè quel-li che permettono la localizzazione, l’identifi-cazione dello stimolo, ed il riconoscimentodell’intensità e della qualità del dolore. Ciascuno dei nuclei talamici che ricevonoproiezioni dal midollo spinale possiede unaproiezione corticale distinta, e si pensa checiascun nucleo abbia un ruolo diverso perquanto riguarda la sensibilità dolorifica. Leproiezioni talamiche giungono a due areecorticali principali: la corteccia post-centraleed il margine superiore della scissura silviana.Queste aree corticali sono principalmente in-teressate alla ricezione di stimoli tattili, pro-priocettivi ed alle funzioni sensitive discrimi-native compreso il dolore. Esistono fibre di-scendenti che modulano il dolore che parto-no dalla corteccia frontale e dall’ipotalamo, eproiettano alle corna dorsali del midollo ini-bendo la trasmissione degli impulsi dolorifi-ci. Questo sistema contiene sinapsi sia nora-drenergiche che serotoninergiche ed endorfi-niche, da qui il razionale dell’uso dei seroto-ninerigici nel controllo del dolore. Il dolore è caratterizzato da diverse qualitàdelle sensazioni e da differenti caratteristichetemporali e spaziali. Il dolore cutaneo è didue tipi: dolore puntorio, evocato immedia-tamente, e dolore urente o bruciante che se-gue il primo di 1-2 secondi. Insieme vienedetta “doppia risposta”. Il primo tipo di do-lore è trasmesso dalle fibre A-δ di maggiorcalibro, il secondo dalle fibre di tipo C privedi guaina mielinica. Il dolore profondo pro-viene dalle strutture viscerali o muscolo-scheletriche ed ha un carattere sordo e conti-

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nuo, ma, se intenso, può essere acuto e pene-trante. In questo tipo di dolore manca la“doppia risposta”, ed il dolore è diffuso. Ciò,probabilmente, è legato allo scarso numerodi terminazioni nervose a livello viscerale. Il dolore proiettato in una regione ben defi-nita ma distante dal punto di origine è il co-siddetto “dolore riferito”. Questo dipendedal fatto che il dolore profondo tende ad es-sere riferito non alla cute sovrastante i visce-ri che ne sono fonte, ma alla cute innervatadagli stessi segmenti spinali. Per esempio, leafferenze nocicettive provenienti dal miocar-dio distribuite ai segmenti T1-T4 possonotrasmettere le sensazioni dolorifiche al latointerno del braccio ed al lato ulnare della ma-no (T1-T2), nonché alla regione precordiale(T3-T4). Il dolore ha caratteristiche particolari, adesempio non è suscettibile di “adattamentonegativo”. Mentre, infatti, un qualsiasi sti-molo nocicettivo, se continuamente applica-to, cessa di essere efficace, il dolore può inve-ce persistere fintanto che dura lo stimolo. Ildolore può essere associato ad un patologiainternistica, a malattie psichiatriche, può es-sere cronico di origine indeterminata o asso-ciato a patologie del sistema nervoso centra-le e periferico. Quest’ultimo è detto doloreneurogeno o neuropatico (1).L’International Association for Study ofPain (IASP) definisce il dolore neuropatico oneurogeno come “dolore causato dalla lesio-ne o disfunzione del sistema nervoso”, matale definizione viene criticata in quantotroppo generica infatti non menziona il tipodi lesione (2).

Le principali cause del dolore neurogenosono di seguito elencate (3)

Dolore neuropatico centrale: • mielopatia compressiva da stenosi del ca-

nale spinale• mielopatia da HIV• mielopatia post-irradiazione• mielopatia post-ischemica• mielopatia post-traumatica • siringomielia

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• sclerosi multipla• ictus• parkinson • nevralgia del trigemino (centrale o periferica)

Dolore neuropatico periferico: • poliradicoloneuropatia infiammatoria de-

mielimizzante acuta e cronica • polineuropatia alcolica• polineuropatia indotta da chemioterapici• neuropatie da entrapment (sindrome del

tunnel carpale ecc..)• neuropatia sensitiva da HIV• nevralgie iatrogene (post-mastectomia,

post-toracotomia ecc..)• neuropatia sensitiva idiopatica• compressione e/o infiltrazione dei nervi su

base neoplastica• neuropatia correlate a deficit nutrizionali• neuropatia diabetica dolorosa• sindrome dell’arto fantasma• nevralgia post-herpetica• plessopatia post-irradiazione• radiculopatie (cervicali, toraciche o lombo-

sacrali)• neuropatie correlate a tossici• nevralgie post-traumatiche

Le sindromi del dolore neuropatico com-prendono disturbi sensitivi positivi (alterate

sensazioni, spontanee o indotte) e sintomideficitari (perdita di sensibilità). I sintomipositivi possono essere sensazioni elementa-ri (formicoli, bruciori, crampi) o complesse(senso di stiramento, di pressione, di trazio-ne o di distorsione corporea). Inoltre, i sin-tomi sensitivi positivi, incluso il dolore, pos-sono essere evocati in modo anomalo da sti-moli naturali (che normalmente non li evo-cano) o da sensazioni sgradevoli o dolorose.Per esempio, il freddo può essere percepitocome bruciore, il tatto come formicolio obruciore. La disestesia è una sensazione nondolorosa ma sgradevole, qualitativamentenon correlata allo stimolo. L’allodinia è undolore evocato da stimoli normalmente nondolorosi. L’iperalgesia è un dolore esageratosperimentato in seguito a stimolazione do-lorosa (Tabella 1) (4, 5).La classificazione del dolore neuropatico èimportante dal punto di vista pratico. Quellatradizionale, basata sulla eziologia e sulla lo-calizzazione anatomica delle lesioni nervose,sottostima il dolore neuropatico “disfunzio-nale”, che può entrare in contesti di malattiamolto vari, non classificabili di per sé comesofferenza neurologica (6, 7). L’importanzadi portare alla luce questa ”epidemia occulta”sta nel fatto che il dolore neuropatico, misco-nosciuto o inadeguatamente trattato, è alla

Dolore spontaneo:

Urente, trafittivo, continuo e/o parossistico.

Può avere distribuzione tronculare (nevralgia) odermatomerica.

Può associarsi ad altri sintomi e/o segni neurologici,in particolare parestesie e/o deficit sensitivi.

Talvolta è condizionabile (ad es. è peggiorato dalfreddo).

I comuni analgesici sono inefficaci.

Possono esserci, ma non sono obbligatori, segnifocali di disfuzione simpatica: alterazioni dellatemperatura, della sudorazione, distrofia tissutale.

Dolore evocato:

Allodinia: è un dolore evocato da stimoli chenormalmente non sono dolorosi: tattili (anche il solosfioramento), pressione leggera, pressione profonda,il freddo.

Iperpatia: E’ caratterizzata da una reazione dolorosaanormale a uno stimolo, specialmente di tiporipetitivo, e da un innalzamento di soglia. Si puòassociare ad allodinia, iperstesia, iperalgesia,disestesia.

Iperestesia; iperalgesia sono invece risposte ineccesso alle rispettive stimolazioni.

Disestesia è una sensazione anormale, spiacevole,che può essere sia spontanea che provocata.

Tabella 1 - Caratteristiche cliniche del dolore neuropatico

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base di molti insuccessi della terapia del do-lore cronico in generale. L’approccio diagno-stico-terapeutico centrato sulle caratteristi-che del dolore è riassunto nella Tabella 2. Non possiamo tuttavia ignorare che le provedi efficacia dei farmaci sono fornite da trialsche nella quasi totalità dei casi fanno riferi-mento alla diagnosi eziologica. Da questoderivano incertezze che non sono ancora deltutto risolte (8). La storia naturale del dolore neuropaticonon è ben conosciuta né ben compresa neisuoi meccanismi. Ad esempio, non è possibi-le dire perché in alcuni casi il dolore neuro-patico insorge anche a distanza di anni dauna lesione neurologica acuta, non evolutivasotto tutti gli altri aspetti. Altrettanto enig-matici sono casi di improvvisa remissione.Contrariamente all’opinione comune, la sto-

Sintomo/segno Possibile meccanismo Farmaco modulatore del

dolore

Dolore spontaneo (parossismi) Attività ectopica Lidocaina, mexiletina, fenitoina,carbamazepina, lamotrigina

Dolore spontaneo (urente,terebrante)

Sensibilizzazione dei nocicettori? Oppioidi

Dolore sostenuto dall’attivitàsimpatica

Attività patologica nelle afferenzesimpatiche; cambiamenti nellaespressione dei recettori?

Reserpina, guanetidina,fentolamina

Sommazione spaziale e temporale Scariche progressive dei neuronispinali (‘wind up’)

Ketamina, amantadina,memantina, destrometorfano

Allodinia da freddo Cambiamenti plastici a livellocentrale dovuti allosmascheramento di cellulesensibili al freddo

Antidepresivi triciclici,lamotrigina

Allodinia meccanica dinamica1 cambiamenti in termini diplasticità neuronale,riorganizzazione sinaptica

Ketamina, amantadina,memantina, destrometorfano,gabapentin

Allodinia meccanica statica2 sensibilizzazione dei nocicettori C Lidocaina, mexiletina, fenitoina,carbamazepina, oxcarbazepina,lamotrigina

Allodinia meccanica“punteggiata”3

Cambiamenti neuroplasticimediati dalle fibre A-delta

Lidocaina, mexiletina, fenitoina,carbamazepina, oxcarbazepina,

lamotrigina.

1 da stimolazione superficiale ad es. con pennello 2 da stimolazione dei pressocettori superficiali: pressione leggera 3 da stimolazione dei pressocettori profondi ad es. con uno stuzzicadenti

ria naturale del dolore neuropatico cronico,una volta escluse le patologie con decorsomaligno, non è necessariamente sfavorevole.9Si può andare verso una risoluzione sponta-nea nel lungo periodo, ma non esistono cri-teri predittivi sicuri nei singoli casi.La gestione del paziente: la diagnosi eziolo-gica, supportata dagli esami appropriati e fi-nalizzata al trattamento della causa, deve es-sere completata dalla diagnosi algologica,eminentemente clinica e finalizzata alla tera-pia sintomatica (Tabella 2) (10). Purtroppo ifarmaci sintomatici sono efficaci in menodella metà dei casi e per metà tempo (11). Perquesto stato di cose, il medico di famiglia de-ve spesso rispondere a una richiesta di sup-porto specialistico da parte del paziente.Il coinvolgimento dello specialista neuro-logo è utile:

Tabella 2 - Sintomi/segni, possibili meccanismi e farmaci modulatori nel dolore neuropatico (6)

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a) quando la diagnosi sindromica o eziologi-ca è un problema aperto ed esiste ancora lasperanza di una terapia eziologica efficace;

b) quando vi sono quesiti sulla neurofisiopa-tologia del dolore influenti sulla terapiasintomatica. In questi casi è opportunoche il neurologo abbia accesso a un quali-ficato servizio di neurofisiopatologia.

Il ricorso allo specialista algologo è appro-priato in tutti i casi di insuccesso delle terapiedi prima linea.

Meccanismi fisiopatologici del dolorePer quanto riguarda i meccanismi fisiopato-logici del dolore sono state enunciate varieteorie. Una di queste parte dal presuppostoche gli impulsi che originano dalle fibre no-cicettive afferenti primarie provochino lacomparsa del dolore in maniera dipendentedal numero e dalla frequenza con cui rag-giungono il sistema nervoso centrale. Questaspiegazione non fornisce un modello operati-vo valido per il dolore da nevralgia e da neu-ropatia periferica. Le attuali conoscenze sug-geriscono che la soppressione di normali im-pulsi inibitori afferenti potrebbe essere unfattore determinante, come proposto inizial-mente nella teoria del “gate control” formu-lata nel 1965 da Melback e Wall e che vede lasua modernità nella formulazione dell’ipotesiche esista una via discendente di controllo deldolore che parte dalla corteccia ed arriva almidollo. Il concetto fondamentale di questateoria è che stimoli lievi agiscono sulle fibre digrande diametro mielinizzate, che a loro vol-ta eccitano gli interneuroni inibitori che cau-sano una inibizione presinaptica delle celluledi trasmissione per cui il dolore non vienepercepito. Al contrario stimoli intensi attiva-no le fibre di piccolo diametro amielinicheche inibiscono gli interneuroni inibitori inmodo da lasciare attive le cellule di trasmis-sione con conseguente percezione del dolore. La distruzione delle fibre afferenti di grossodiametro e la conseguente perdita di impulsiinibitori costituiscono una spiegazione vali-da, ad esempio, del dolore che insorge nellanevralgia post-herpetica. L’elettrostimola-

zione consente, in questi stati di iperestesia,di apportare un certo sollievo; questo datotende a sostenere l’ipotesi che il problema siauno squilibrio delle afferenze sensitive. Tut-tavia, non è dimostrato che il numero digrosse fibre mieliniche o il rapporto di que-ste fibre con quelle amieliniche sia connessocon l’insorgenza del dolore nelle nevralgie.Inoltre, non convince l’ipotesi che uno ‘squi-librio’ delle fibre nervose sia la sola spiega-zione del dolore. Esistono neuropatie nellequali sono colpite prevalentemente le fibre digrosso diametro e che sono solitamente in-dolori. Alcune affezioni a carico delle solepiccole fibre amieliniche sono dolorose. An-che la demielinizzazione nervosa può com-portare l’insorgenza di impulsi spontanei e difocolai eccezionalmente sensibili a stimolimeccanici o chimici (conduzione efaptica). Le scoperte riguardanti i meccanismi di “pla-sticità neuronale” hanno portato ad indagarele caratteristiche del dolore cronico secondoun approccio completamente diverso. Da al-cuni studi sono emerse forme di plasticitàneuronale con spiccata localizzazione neicircuiti midollari, la cui esistenza potrebbechiarire la natura ed il miglior trattamentoclinico delle condizioni di iperalgesia. Unalesione, inducendo sequenze anomale di sca-riche nervose, determina un eccessivo afflus-so di ioni calcio nei neuroni sensitivi di se-condo ordine del midollo spinale.Questo evento è capace di agire sulla plasti-cità neuronale attivando la sintesi di proteinechiamate “proto-oncogeni”, capaci di modi-ficare il programma genetico delle cellule spi-nali sensitive.In conseguenza di questi processi viene mo-dificato il comportamento dei gangli delle ra-dici dorsali e dei neuroni centrali. Perciò, do-po deafferentazione pre- o post-gangliareperiferica, il midollo spinale può diventaresede di eventi anomali, le cosiddette “sensibi-lizzazioni secondarie dei neuroni del sistemanervoso centrale”, anatomicamente originatein periferia, che inducono e mantengonocronico il dolore. Queste sequenze di eventi“centralizzati” possono spiegare perché leprocedure neuroablative a carico del sistema

nervoso periferico sono così deludenti.Almeno tre di questi meccanismi di plastici-tà hanno assunto in questo ambito un rile-vanza basilare: il fenomeno del wind-up; lacosiddetta Long Term Potentiation o LTP(potenziamento a lungo termine) e la LongTerm Depression o LTD (depressione a lun-go termine).

1) Il wind-up costituisce un progressivo in-cremento del numero dei potenziali d’azionescatenati in seguito a stimolazione ad alta fre-quenza delle fibre C registrato nei neuronidelle corna posteriori del midollo spinale edin quelli motori delle corna anteriori. Quan-do la stimolazione ad alta frequenza viene in-terrotta, i potenziali d’azione si protraggonoancora per 60 secondi. L’utilizzazione di unastimolazione a bassa frequenza riduce note-volmente l’insorgenza del wind-up, insor-genza che viene completamente abolita dal-l’uso degli antagonisti recettoriali dell’N-Metil-D-Aspartato, noto come NMDA.2) Il fenomeno della LTP si presenta come unincremento a lunga durata (da un’ora a mesi)della trasmissione sinaptica causata da unastimolazione ad alta frequenza e di breve du-rata della via sinaptica. 3) Con il termine di LTD si intende un decre-mento di lunga durata dell’efficacia della tra-smissione sinaptica, che può essere causatoda una stimolazione prolungata. L’LTD è ca-ratteristica dell’ippocampo, della cortecciavisiva, di quella sensitiva, di quella motoria edi quella prefrontale (12, 13).

Riassumendo, una lesione a livello nervosoprovocherebbe cambiamenti a carico dei neu-roni nocicettori che diventerebbero abnor-memente sensibili e svilupperebbero una atti-vità spontanea patologica. La reazione in-fiammatoria scatenata dal danno al tronconervoso indurrebbe a sua volta un’attività ec-topica dei nocicettori causando dolore spon-taneo. Inoltre l’iperattività dei nocicettori in-durrebbe modifiche secondarie nei neuronispinali e cerebrali così che, stimoli derivantidai meccanocettori, vengono interpretati co-me dolorosi. Modificazioni della plasticità nel

57Neurologia

sistema modulatore del dolore centrale deter-minerebbero una ulteriore ipereccitabilità.Recentemente alcuni autori (14) hanno analiz-zato il dolore in base ai meccanismi patogene-tici sottostanti. La migliore conoscenza di que-sti e la loro traduzione in segni e sintomi clini-ci specifici (fenotipo clinico di dolore) condur-rebbe alla comprensione dei processi che ope-rano in un determinato paziente. In questomodo partendo dal fenotipo clinico del doloresi potrebbero selezionare farmaci che agiscanosu un preciso meccanismo patogenetico, otte-nendo così un trattamento individuale. Sfortunatamente questo tipo di strategia te-rapeutica mirata al meccanismo è di difficileapplicazione nella pratica clinica (15).

I farmaci I farmaci di primo impiego nel dolore neuro-patico sono elencati in Tabella 3 e sono gliantidepressivi triciclici e i farmaci antiepilet-tici per i quali esistono prove di efficacia ac-cettabili secondo gli standard attuali ed alcu-ni antidepressivi “dual action” (diversi studicontrollati e randomizzati).Il criterio, com’è noto, penalizza i vecchi far-maci e probabilmente anche la carbamazepi-na dovrebbe far parte dell’elenco dei farmacidi prima linea in particolare nella cura dellanevralgia trigeminale. È importante che il paziente si renda contoche non si tratta di comuni analgesici: nonsono efficaci verso il dolore nocicettivo; iltrattamento è di tipo cronico, il risultato è disolito parziale e si può manifestare con unalatenza anche di settimane. Un ritardo del-l’effetto deve essere messo in conto anche nelcaso di terapie topiche (es. capsaicina, lido-caina). Il paziente che assume farmaci antie-pilettici per il dolore neuropatico deve essereanche avvertito dei rischi di una brusca inter-ruzione del trattamento. Nei pazienti che non rispondono in modo sod-disfacente, la pratica corrente è di testare se-quenzialmente più farmaci o di ricorrere ad as-sociazioni, anche se la seconda opzione non sibasa su prove di efficacia (3). Nei casi di doloremisto, con componente nocicettiva, può esserenecessaria l’associazione con un analgesico.

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Tramadolo 50 mg 1 o2 volte algiorno(20gtt= 50mg)

Aumentare di 50-100mg/die in dosi suddivise in 3-7 giorni se tollerato

400 mg/die (100 mg 4 volte al giorno) inpazienti >75anni 300 mg/die in dosi refratte

4 settimane

Antidepressivitriciclici(amitriptilina,nortriptilina,desimipramina)

10-25 mgogni sera

Aumentare di 10-25 mgogni 3-7 giorni se tollerato

75-150 mg/die 6-8 settimanecon almeno 1-2settimane deldosaggiomassimo tollerato

Duloxetina 60 mg 60 mg ogni 12 ore 120 mg Proseguire per almento 2 mesi.Se sospensione non meno di 2settimane

Venlafaxina 37.5 mg Incremento di 37.5mg/die settimanalmente

50-225 mg finoal massimo di375 mg/die

Farmaco Dose di

attacco

Aggiustamenti

posologici

Massimo

dosaggio

Durata dell’ade-

guamento del

dosaggio

Gabapentin 100-300mg ognisera o100-300mg 3volte al dì

Aumentare di 100-300mg ogni 1-7 giorni a secondo di quantotollerato

3600 mg/die (1200 mg 3volte al giorno),ridurre se siabbassa la clearance della creatinina

3-8 settimaneper aumentare ildosaggio e poi1-2 settimanedel dosaggiomassimotollerato

Pregabalin 75 mg 2volte al dì

Aumentare a 300mg/die dopo 3-7 giornie a 600 mg/die dopoaltri 7 giorni

600 mg/dieridurre se siabbassa la clearance della creatinina

2 settimane

Lidocaina cerotto5%

Massimo3 patch algiorno per non più di12 ore

Non necessita diaggiustamenti

Massimo 3patch al giornoper un massimodi 12 ore

2 settimane

Analgesici oppioidi:dosi indicate permorfina (daconvertire in dose equiefficace per l’uso di un oppioide alternativo)

5-15 mgogni 4 ore se necessario

Dopo 1-2 settimaneconvertire la dose giornaliera in oppioidi a lunga durata di azione e mantenere la morfina a domanda

Valutare ildosaggio inbase al dolorenon superare120-180 mg/die

4-6 settimane

Tabella 3 - Trattamenti di prima linea nel doloro neuropatico (3, 49)

Antidepressivi triciclici e altri “dual actionantidepressants”Tutti i triciclici sono indicati nel dolore neu-ropatico cronico, senza grosse differenze trale varie molecole (3, 13). Gli antidepressivitriciclici in molti trial controllati hanno di-mostrato di agire sul dolore centrale post-stroke, sulla nevralgia post-herpetica, nellepolineuropatie dolorose diabetiche e non enella sindrome dolorosa post-mastectomia,ma non avrebbero alcun effetto sul dolore dalesione spinale, sul dolore da arto fantasma esulla neuropatia HIV-correlata. L’inefficacianel dolore dovuto a lesione spinale potrebbeessere dovuta ai bassi dosaggi usati. Per gli an-tidepressivi triciclici, il numero di pazienti datrattare perché un paziente presenti una ridu-zione del 50% del sintomo dolore (NumberNeed to Treat-NNT) per le diverse patologievaria da 2 a 3. I bloccanti selettivi del re-up-take della serotonina (SSRI) e quelli mistibloccanti della serotonina e della noradrenali-na (SNRI) sono stati adeguatamente testatinelle polineuropatie dolorose. Per gli SSRIl’NNT è circa 7. L’SNRI venlafaxina ha unNNTdi circa 4 per le polineuropatie doloro-se. La duloxetina è un SNRI approvato dal-l’FDA per il trattamento della neuropatia dia-betica dolorosa. Il bupropione, un bloccantedella noradrenalina e della dopamina, ha mo-strato, in un piccolo trial, di essere efficace neldolore neuropatico di diversa etiologia.Il numero di pazienti da trattare perchè unsoggetto mostri un effetto collaterale (Num-ber Need to Harm-NNH) è di 14.7 (inter-vallo di confidenza IC 10.2-25.2) per gli an-tidepressivi triciclici, per gli SSRI e gli SNRIil rischio relativo di sospendere il farmaconon è significativo in molti trial (16, 17). Gli effetti collaterali degli antidepressivi tri-ciclici sono secchezza delle fauci, costipazio-ne, disturbi della visione, sensazione di dise-quilibrio, palpitazione, ipotensione ortosta-tica, sedazione. Antidepressivi triciclici piùselettivi come la nortriptilina con meno effet-ti anticolinergici sono meglio tollerati. Unostudio recente ha trovato un lieve aumento dimorti improvvise in pazienti trattati con an-tidepressivi triciclici ad un dosaggio superio-

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re a 100 mg/die (18). Si raccomanda cautelain particolare nei pazienti anziani a rischiocardiovascolare. E’ consigliato iniziare condosaggi bassi ed aumentare progressivamen-te la dose.Per quanto riguarda gli antidepressivi “dualaction” (SNRIs) sono più sicuri degli antide-pressivi triciclici in particolare per i pazienticardiopatici. Gli effetti collaterali più fre-quenti sono, per la duloxetina, nausea, vomi-to costipazione, sonnolenza, secchezza dellabocca, aumento della sudorazione, perdita diappetito e debolezza. La venlafaxina è asso-ciata ad agitazione, diarrea, innalzamento de-gli enzimi epatici, ipertensione ed iponatre-mia, la formulazione a rilascio prolungatoappare meglio tollerata. Il dosaggio ottimaleper la duloxetina è di 60 mg/die, il dosaggiodi 120 mg non ha mostrato essere più effica-ce di quello più basso. Dosaggi più alti dellavenlafaxina (150 -225 mg) hanno mostrato diessere efficaci sul dolore neuropatico al con-trario dei dosaggi più bassi (75mg/die). Il bu-propione è associato a perdita di peso, agita-zione ed insonnia I dosaggi per il controllodel dolore neuropatico variano da 150 a 300mg/die. L’uso di tutti i tipi di antidepressivi èstato correlato ad un aumentato rischio disuicidio in pazienti depressi. E’ importante,quindi, qualora si intraprenda una terapiacon antidepressivi per il dolore neuropaticoindagare la storia di depressione ed eventualiidee suicidiarie (17, 19).

Farmaci antiepiletticiI vecchi trial clinici sulla carbamazepinanon incontrano i criteri metodologici attua-li ma è stato fatto un tentativo di calcolarel’NNT nella nevralgia trigeminale che è pa-ri ad 1.7 (IC 1.3-2.2) e nella polineuropatiadiabetica che è di 2.3 (IC1.6-3.9) a dosaggida 200 a 600 mg al dì. Nel dolore post-stro-ke si è evidenziato un blando effetto con800 mg/die con un NNT di 3.4 (IC1.7-105). L’NNH combinato della carbamaze-pina nel dolore neuropatico è di 21.7(IC12.6-78.5). In trial randomizzati l’ox-carbazepina ha mostrato lo stesso effettoanalgesico della carbamazepina ma con mi-

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nori effetti collaterali (16). Come è noto lacarbamazepina ha molti effetti collaterali trai quali sedazione, disequilibrio, anomaliedella marcia. É necessario monitorare gli en-zimi epatici, l’emocromo controllando glo-buli rossi, bianchi e piastrine per almeno unanno. Un effetto collaterale importante èl’iponatremia. Presenta, inoltre, interferenzecon numerosi farmaci tra i quali altri antie-pilettici, anticoncezionali, anticoagulantiorali. Si associa ad un 10% di incidenza dirash cutanei (17). L’oxcarbazepina non pre-senta induzione enzimatica ed il rischio dialterazioni cutanee è basso. È necessariomonitorare il sodio per il rischio di iponatre-mia. Da ricordare che l’utilizzo della oxcar-bazepina può diminuire l’effetto dei con-traccettivi orali. I dosaggi della carbamaze-pina per il trattamento del dolore neuropati-co vanno da 200 a 1200 mg al dì e per l’ox-carbazepina da 600 a 1800 mg/die (19). Il farmaco con effetti meglio documentati suldolore neuropatico di tipo cronico è il gaba-pentin (3, 16, 19-22). Agisce nel dolore neuro-patico di varia etiologia, in particolare nellanevralgia post-herpetica, nella neuropatia dia-betica dolorosa e nel dolore da lesione spina-le. L’NNT per i diversi tipi di dolore è di 5.1(IC 4.1-6.8), mentre l’NNH è di 26.1 (IC14.1-170). Non vi sarebbero differenze di rispostadel dolore neuropatico tra gabapentin ed ami-triptilina con simili effetti collaterali. L’asso-ciazione del gabapentin con la venlafaxina ocon la morfina è risultata essere più efficacedel gabapentin da solo (16). Il pregabalin mo-dula i neuroni iperattivi legandosi ai neuronipre-sinaptici a livello della subunità α2-δ deicanali del calcio voltaggio-dipendenti conconseguente riduzione dell’ingresso del calcioe quindi riduzione del rilascio di neurotra-smettitori eccitatori. Presenta indicazione nel-la nevralgia post-herpetica e nella neuropatiadolorosa con un NNT per dosi da 150 a 600mg di 4.2 (163.4-5.4) (16). L’uso del pregaba-lin si estende comunque anche agli altri tipi didolore neuropatico periferico in quanto è sta-ta mostrata la sua efficacia in almeno due mo-delli di dolore (criteri dell’European Agencyfor the evaluation of Medicinal Products

2001). Ha mostrato di essere efficace anche suidisturbi del sonno e sulla qualità della vita deipazienti con dolore neuropatico.Presenta un assorbimento lineare e dose in-dipendente per cui si usa a dosaggi più bassidel gabapentin (23).Gli effetti collaterali più frequenti del gaba-pentin e del pregabalin includono sensazionedi disequilibrio, sonnolenza, edema periferi-co e secchezza della bocca con frequenza si-mile per entrambi i farmaci. Non presentanointerazioni con altri farmaci. Il gabapentin ètollerato anche ad alti dosaggi (>2400 mg aldì). I dosaggi efficaci sono di 1200-3600 mgal dì per il gabapentin e 150-600 mg/die peril pregabalin. Quest’ultimo ha un rapido ini-zio di azione (meno di una settimana) e puòessere somministrato due volte al giorno alcontrario del gabapentin che deve esseresomministrato in tre dosi quotidiane. La difenilidantoina per os ha mostrato uneffetto positivo sulla neuropatia diabeticadolorosa ed è autorizzata per il trattamentodella nevralgia trigeminale. In pazienti condolore neuropatico acuto, uno studio con-trollato (24) ha evidenziato l’efficacia dellafenitoina in vena al dosaggio di 15 mg/kg.La lamotrigina è efficace come terapia in as-sociazione (add-on treatment) nella nevral-gia trigeminale al dosaggio di 400 mg al dì econ un NNT di 2.1 (IC 1.3-6.1). E’ inoltreefficace nella polineuropatia diabetica(NNT 4-IC 2.1-42), nel dolore centralepost-stroke e nella neuropatia HIV correla-ta. Ha mostrato di ridurre il dolore anchenelle lesioni spinali incomplete (16). In gene-re è un farmaco ben tollerato può causarenausea, cefalea, vertigine. Il più grave effettocollaterale è a carico della cute, infatti puòprovocare rash cutanei fino alla sindrome diStevens-Johnson e l’epidermolisi bollosa.Per ridurre il rischio di questi disturbi è ne-cessario iniziare con basse dosi 25 mg/die daaumentare di 25 mg ogni settimana. Il dosag-gio analgesico della lamotrigina è di 200-400mg/die. Vari trial con valproato e topirama-to hanno mostrato risultati contrastanti,quindi non hanno ancora un ruolo definitonella terapia del dolore neuropatico (16-17).

Farmaci per uso topico: • capsaicina (25) agisce sui recettori vanilloi-

di della fibre C, è efficace nella nevralgiapost-herpetica, nel dolore causato da dan-no nervoso, ed in condizione di doloreneuropatico misto, nella polineuropatiadiabetica presenta un NNT di 6.7 (IC 4.6-12) ed un NNH di 11.5 (IC 8.1-19.8), deveessere applicata 3 o 4 volte al dì (16).

• lidocaina topica al 5% riduce l’allodinia, agi-sce nella nevralgia post-herpetica e nel doloreneuropatico focale (NNT = 4,4- IC 2.5-17.5).Ben tollerata, con basso rischio di assorbi-mento sistemico è possibile usare 3 patch algiorno per un massimo di 12 ore (16-26).

• aspirina topica: in soluzione di dietil-etere,375/dose 3 volte al dì. In uno studio control-lato (6) è risultata equivalente alla lidocaina.

Gli oppioidiGli oppiodi somministrati in vena sono effi-caci nella neuropatia periferica, nel doloremisto e su alcune componenti del dolorecentrale. Il trattamento orale, più indicato neldolore cronico, è stato testato solo nelle neu-ropatie periferiche. La morfina è superiore al placebo nei pazien-ti con nevralgia post-herpetica, sindromedell’arto fantasma e neuropatia diabetica do-lorosa con un NNT di 2.5 (IC 1.9-3.4). L’oxi-codone è stato testato nella nevralgia post-herpetica e nella polineuropatia diabetica conun NNT di 2.6 (IC 1.9-4.1) comparabile al-l’effetto della morfina. Il tramadolo inibisce il re-uptake di noradrena-lina e serotonina ed ha un blando effetto agoni-sta del recettore μ degli oppioidi. È stato studia-to in due trial nella polineuropatia dolorosa edin un trial nella nevralgia post-herpetica con unNNT di 3.9 (IC 2.7-6.7) ed un NNH di 9 (IC6.0-17.5) (16, 27). I maggiori effetti collateralidegli oppioidi sono costipazione, sedazione,nausea e vomito. La morfina riduce l’attenzio-ne ad alti dosaggi (>300 mg/die). Molti pazien-ti sospendono l’assunzione dopo circa un annoper gli effetti collaterali. Il dosaggio dovrebbe essere aggiustato pa-ziente per paziente bilanciando l’efficacia egli effetti collaterali. La dose efficace è di 10-

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120 mg/die per l’oxicodone e 15-300 mg/dieper la morfina. Si inizia abitualmente con undosaggio equianalgesico rispetto alla morfinadi 5-15 mg per os ogni 4 ore, salendo fino al-la dose utile. Non esiste un chiaro tetto, masopra i 120-180 mg/die è raccomandata unapresa in carico specialistica (11).Il tramadolo può indurre sensazione di dise-quilibrio, secchezza della bocca, costipazione,nausea, sonnolenza. È stato riscontrato un au-mentato rischio di crisi epilettiche in pazienticon storia di epilessia in quanto tale farmacopuò abbassare la soglia epilettogena. Se usatoin associazione con altri SSRI può provocarela sindrome serotoninergica (mioclono, rigidi-tà, confusione, agitazione, disautonomia, feb-bre, diarrea fino a rabdomiolisi e morte). Iltramadolo deve essere iniziato a dosi basse inparticolare negli anziani (50 mg/die), la doseefficace varia da 200 a 400 mg/die (19).

Gli anestetici locali per osMexiletina e tocainide, scarsamente manegge-voli, possono essere utili in casi ben seleziona-ti. La mexiletina sembra avere efficacia nel do-lore da danno nervoso periferico (NNT 2.2IC1.3-8.7). Scarsamente efficace nelle neuro-patie HIV correlate, nel dolore da lesione spi-nale e nel dolore neuropatico con allodinia. E’un farmaco in genere ben tollerato può pro-vocare disturbi gastrointestinali. La memanti-na ed il riluzolo non hanno mostrato efficacianel ridurre il dolore da varia etiologia (16).

AltriLa clonidina, proposta a dosaggi fino a 2,4mg pro die per os, sembra potenziare l’effet-to degli oppioidi ed essere ben tollerata pervia intratecale (28).Gli NMDA antagonisti (memantina, riluzo-lo, destrometorfano) sono stati studiati solo inpiccoli trial con scarsi risultati. Alte dosi didestromorfano hanno effetto sulla polineuro-patia diabetica dolorosa (NNT 2.5 IC 1.6-5.4) ma non sulla nevralgia post-herpetica(16). Anche la ketamina, somministrabile pervia parenterale, o come gel assorbibile tran-scutaneo o transmucoso, non ha per ora unasicura indicazione (29).

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I cannabinoidi recentemente hanno mostratola loro efficacia sul dolore dei pazienti affettida sclerosi multipla (NNT 3.4 IC 1.8-23.4),nel dolore da avulsione del plesso brachiale enel dolore neuropatico misto. La dose di 10mg/die di dronabinolo è ben tollerata soprat-tutto se gli incrementi avvengono lentamente.Effetti collaterali sono secchezza della bocca,sensazione di disequilibro e sedazione. Il ri-schio potenziale di dipendenza pone proble-mi per l’uso a lungo termine (19, 30, 31).La tossina botulinica (infiltrazione di triggerpoints muscolari) ha dato buoni risultati sul do-lore neuropatico dell’arto fantasma in pochistudi in aperto, che tuttavia appaiono notevoliper il grado di riduzione del dolore (60-80%) inuna patologia notoriamente refrattaria (32-33).

Tecniche di stimolazione neuraleNon invasiveLa stimolazione nervosa periferica transcuta-nea (TENS) (34) e l’agopuntura non hannoprove di efficacia nel dolore neuropatico, maessendo prive di effetti indesiderati rappre-sentano una risorsa per pazienti sensibili al-l’effetto placebo. Tecniche di stimolazionemagnetica transcranica sono in fase di speri-mentazione anche se appaiono promettentinelle forme di dolore intrattabile (35-36).

Invasive (stimolatori impiantabili)Stimolazione spinale, stimolazione cerebraleprofonda: hanno una percentuale incerta disuccessi iniziali e una percentuale ancora mi-nore di risultati a lungo termine; inoltre nonsono ben definiti i rischi. Il problema dellaselezione dei pazienti eligibili non è ancorarisolto (37).

Tecniche ablativeLa simpaticectomia ha un rationale nelle sin-dromi regionali complesse (causalgia), manon vi sono prove di efficacia (38).Ablazione della dorsal root entry zone(DREZ; pazienti con lesioni del plesso bra-chiale) (37): gli studi riportano un’alta per-centuale di successi, ma i criteri di inclusioneed esclusione non sono chiari. In alcuni stu-di mancano i gruppi di controllo e non sonochiaramente descritti gli effetti indesiderati.

CAUSE DI DOLORE NEUROPATICOCENTRALE E TERAPIE SPECIFICHE

Mielopatia La causa principale del dolore neuropaticomielopatico è di natura traumatica. In parti-colare, il 60-70% delle lesioni midollari sonodovute ad incidenti stradali. Tra le altre cau-se minori di dolore mielopatico sono da ri-cordare le infezioni, le lesioni iatrogene (adesempio dopo irradiazione per tumori ossei)e quelle su base ischemica. Spesso il dolore non è presente al momentodel trauma ma compare nella fase riabilitati-va. Sono stati identificati tre tipi di doloredopo trauma midollare: 1) con dolore sotto la lesione, che può indi-

care un importante coinvolgimento del-l’intera via spinale posteriore

2) con dolore segmentale: il paziente riferisceun dolore a fascia corrispondente al sitodella lesione, quindi con una distribuzionedermatomerica del dolore

3) dolore a tipo siringomielico, che si presen-ta spesso anni dopo una lesione midollaretraumatica per la comparsa di una cavitàall’interno del midollo spinale con dannodelle vie sensitive midollari coinvolgentevari metameri. Il dolore siringomielico sicaratterizza per perdita della sensibilitàtermico-dolorifica (per interruzione dellefibre della sensibilità esterocettiva che in-crociano la commessura grigia anteriore eformano i fasci spino-talamici anteriore elaterale del lato opposto), ma normale sen-sibilità propriocettiva profonda.

La presenza di dolore spontaneo o provoca-to indicherebbe un coinvolgimento sia dellevie spinali che sovraspinali. Il dolore sponta-neo sarebbe causato dalla lesione delle vieposteriori del midollo con perdita delle viediscendenti che esercitano un controllo ini-bitorio. Inoltre è presente una alterazionedella sensibilità con una anomale percezionedel dolore dovuta a lesione delle vie spino-ta-lamiche (39).Sono stati condotti numerosi studi terapeuti-ci sia sperimentali che clinici con target di-versi, ma molti di questi mirati a ridurre

l’ipersensibilità. Sono stati sperimentati far-maci che agiscono su:• riduzione dell’attivazione dei recettori de-

gli aminoacidi eccitatori (NMDA, metabo-tropi);

• accrescimento dell’inibizione del GABA oagonisti serotoninergici;

• modulazione dei canali del sodio.Per quanto riguarda gli studi clinici sono sta-ti testati numerosi antiepilettici ed antidepres-sivi. Gli antiepilettici hanno numerose azionifarmacologiche (modulazione dei canali delsodio, accrescimento dell’inibizione del GA-BA, soppressione dell’ipereccitabilità patolo-gica). Il gabapentin è spesso sperimentato neldolore neuropatico da lesione spinale, ha unaazione di blocco sui canali del calcio e sui ca-nali del sodio ed ha mostrato di essere effica-ce al dosaggio di 3600 mg/die. Anche il pre-gabalin al dosaggio di 460 mg/die è efficacesul dolore da lesione spinale (19). La lamotri-gina stabilizza i canali del sodio e sopprime ilrilascio del glutammato ed ha mostrato la suaefficacia nelle lesioni incomplete del midollospinale. Gli antidepressivi triciclici (amitripti-lina, imipramina) sono considerati farmaci ef-ficaci anche se il loro uso è limitato dagli ef-fetti collaterali dovuti all’azione anticolinergi-ca. I bloccanti selettivi del re-uptake della se-rotonina e/o della noradrenalina (SSRI) pre-sentano minori effetti collaterali ma hannoanche un’azione meno efficace sul dolore.Nel dolore da lesione spinale le più recenti li-nee guida della European Federation of Neu-rological Societies (EFNS) consigliano gaba-pentin, pregabalin, lamotrigina e gli antide-pressivi triciclici (19). Poiché i meccanismid’azione sono diversi può essere utile l’asso-ciazione di farmaci con diverso meccanismod’azione (ad esempio usare gli antidepressivitriciclici con gli antiepilettici) (40).

RaccomandazioniIn caso di dolore neuropatico in paziente conmielopatia si suggerisce di usare un farmaco adazione antiepilettica come il gabapentin, il prega-balin o la lamotrigina con i dosaggi descritti. Puòessere utile associare anche gli antidepressivisfruttando così il doppio meccanismo d’azione.

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Sclerosi multiplaLa sclerosi multipla (SM) è una malattia de-mielinizzante del sistema nervoso centrale.Oggi è comunemente accettato che il sistemaimmunitario sia coinvolto nella patogenesi diquesta multiforme malattia. Le manifestazio-ni cliniche sono estremamente varie e vannodai disturbi motori a quelli visivi dalle di-sfunzioni bulbari a quelle vescicali, intestina-li e sessuali. Inoltre, vi sono disturbi somato-sensoriali. La SM può causare perdita dellasensibilità con qualunque distribuzione ana-tomica; si può osservare qualsiasi combina-zione di riduzione della sensibilità dolorifica,termica, tattile superficiale, vibratoria o diposizione. La compromissione delle modali-tà sensoriali corticali è rara. Sono comuni an-che fenomeni sensoriali positivi come le pa-restesie, l’iperpatia e le disestesie. L’anestesiaed i sintomi sensoriali positivi di solito si ma-nifestano nella stessa distribuzione, ma pos-sono insorgere in modo indipendente. Comunemente si afferma che la SM non pro-voca dolore, ma questo è un concetto erratoil dolore è infatti un sintomo frequente, unfattore che contribuisce significativamentealla disabilità ed alla riduzione della qualitàdella vita, in queste patologie ha molte fontipotenziali. Il dolore localizzato acuto puòderivare da lesioni infiammatorie attive adia-centi alle meningi nei nervi ottici, nel midol-lo spinale, nel tronco o (meno spesso) nelcervello. Occasionalmente la neurite otticaacuta può essere complicata da fotofobiacronica e dolorosa dopo il recupero della vi-sta. Il dolore acuto al dorso può derivare dauna frattura compressiva a livello di una areadi osteoporosi o essere causato da un’erniadiscale che riflette una patologia degenerati-va, patologie per le quali i pazienti con SMpresentano un rischio aumentato. In presen-za di ipostenia e spasticità di lunga durata sipuò avere un dolore cronico articolare o a li-vello del dorso dovuto ad uno stress mecca-nico od all’immobilità. Le lesioni del midol-lo spinale che coinvolgono le vie sensitivespesso causano fenomeni sensoriali positivifastidiosi o dolore neuropatico cronico epossono essere responsabili di dolore ricor-

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rente agli arti o di spasmi vescicali. Il dolorenevralgico di un nervo cranico con distribu-zione radicolare deriva da lesioni, cioè plac-che, che coinvolgono le regioni di entrata deinervi (vedi nevralgia del trigemino) (41).L’approccio terapeutico dipende essenzial-mente dalla causa e dal tipo di dolore. Nel caso di disestesie dolorose delle estre-mità il dolore è il sintomo più frequente-mente lamentato dai pazienti (circa il 50%),prevalentemente nei casi a decorso progressi-vo. Colpisce distalmente gli arti con nettapredominanza a carico delle gambe. Il dolo-re è descritto come continuo, di tipo urente opuntorio, associato spesso a disestesie, taloraasimmetrico, ed accompagnato da sensazionicrampiformi ed iperpatia. La presenza di unsimile tipo di dolore è comunemente osser-vata nei soggetti con evidenza clinica di coin-volgimento dei cordoni midollari posteriori(spesso con ipoestesia). I farmaci più comu-nemente utilizzati sono gli antidepressivi tri-ciclici, sebbene la risposta clinica non sia co-stante. Le dosi vanno dai 75 ai 125 mg/die.Gli antiepilettici sono stati utilizzati in alcu-ni piccoli studi in aperto (fenitoina, gabapen-tin, lamotrigina) con parziale efficacia. Lamexiletina, bloccante dei canali del sodio si èdimostrata efficace in alcuni casi.Gli spasmi tonici dolorosi colpiscono circail 5–10% dei pazienti. Gli spasmi sono spes-so scatenati da stimoli sensoriali, iperventila-zione o da movimenti e compaiono comecontratture toniche, involontarie, della dura-ta di pochi secondi-qualche minuto in uno opiù arti, particolarmente quelli inferiori,estendendosi anche all’emivolto omolaterale,somigliando a crisi distoniche. Questo tipodi dolore è per lo più notturno e si associa aspasticità, anche se è spesso evidente in sog-getti con disabilità limitata. Possono iniziarecon salve di 20–50 episodi al giorno, tenden-zialmente sono ripetitivi, stereotipati e si as-sociano a dolore irradiato di tipo urente. So-no verosimilmente condizionati da trasmis-sione efaptica transassonale dovuta a demie-linizzazione parziale delle fibre sensitive emotorie a livello midollare o del tronco: gliimpulsi afferenti a livello di una placca pos-

sono lateralmente diffondere a fibre motorieo sensitive generando l’impulso anomalo. Iltrattamento con antispastici (baclofene, ben-zodiazepine) può essere utile per la gestionedel sintomo. In un studio è stata dimostrataanche l’efficacia del gabapentin. Il segno di Lhermitte e dolori bruciantidelle estremità sono altamente suggestivi,anche se non specifici, per SM e si caratteriz-zano per una sensazione transitoria ed auto-limitante a tipo scarica elettrica indotta dallaflessione del collo, irradiata lungo la colonnafino alle estremità. In alcuni soggetti la sensa-zione può essere descritta come dolorosa, in-tensa, accompagnata da una percezione di vi-brazione e seguita da una sensazione spiace-vole di bruciore. Il sintomo deriva da una sti-molazione meccanica delle colonne dorsaliparzialmente demielinizzate e maggiormenteeccitabili. Quando tale sintomo diviene disa-bilitante la terapia con carbamazepina è laprima scelta consigliata, essendosi dimostra-ta efficace (come pure altri farmaci antiepilet-tici quali lamotrigina e gabapentin).Anche altri movimenti del corpo possonoindurre la comparsa di dolori acuti, improv-visi, brucianti specie alle estremità. Tali dolo-ri parossistici possono comparire anchespontaneamente con durata da pochi secon-di a qualche minuto, coinvolgendo qualsiasiparte del corpo, compreso il perineo.Dolori radicolari acuti raramente possonopresentarsi in virtù di una placca a comparsamidollare in regione lombare (zona di in-gresso della radice). Vanno distinti (attraver-so l’esecuzione di risonanze magnetiche mi-rate) da dolori relativi a patologie dell’osso oda dolori legati a compressioni radicolari,plessopatie o radicoliti. Questo sintomo do-loroso risponde bene al trattamento con an-tinfiammatori o al trattamento steroideo. Il cosiddetto mal di schiena è fra i dolori amaggiore prevalenza nei soggetti affetti daSM e spesso deriva da una combinazione dipiù fattori quali posture scorrette, anomaliearticolari secondarie, spasticità condizionan-te una esagerata tensione della muscolaturaparavertebrale e un logorio degenerativo del-le articolazioni stesse. È per lo più considera-

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bile come un dolore secondario, legato al-l’inattività, all’uso di steroidi e alla conse-guente osteoporosi, nonché alla difficoltà dideambulazione provocante atteggiamentianomali nel passo. Spesso risulta in conco-mitanza con un dolore di schiena di naturaneurogena. La prevenzione di questo dolorepuò essere effettuata grazie a specifiche fi-sioterapie da attuarsi non appena il pazientedenoti anche solo la presenza di postureanomale. Nei casi più estremi sono consi-gliate terapie con FANS e con oppiacei. Ildolore viscerale è segnalato dal paziente co-me crampiforme e localizzato in una deter-minata area cutanea. Nei soggetti affetti daSM il quadro più eclatante è quello deglispasmi dolorosi vescicali, solitamente con-comitanti a disfunzioni sfinteriche quali in-continenza urinaria spesso associata a segniclinici come da coinvolgimento midollare(42). I cannabinoidi hanno mostrato di esse-re efficaci nel dolore in pazienti affetti dasclerosi multipla (19, 30, 31).

RaccomandazioniIn caso di sindrome dolorosa in corso di scle-rosi multipla è fondamentale comprendere iltipo di dolore ed i meccanismi sottesi. Quin-di si raccomandano in caso di: • disestesie dolorose delle estremità: antide-

pressivi triciclici; cannabinoidi• spasmi tonici dolorosi: antispastici (blaco-

fene, benzodiazepine);• segno di Lhermitte e dolori brucianti alle

estremità: carbamazepina, gabapentin;• dolori radicolari acuti e mal di schiena:

FANS o steroidi.

Dolore neuropatico post-ictusIl dolore neuropatico centrale è una delleprincipali cause di disabilità si sviluppa in cir-ca l’8% dei pazienti colpiti da ictus e nel 5%dei casi il dolore viene avvertito come mode-rato o grave. Fu descritto per la prima voltanel 1906 da Dejerine e Roussy che sottoli-nearono tra i primi l’iperalgesia e l’allodinianei pazienti con ictus coinvolgente il talamoo la corteccia parietale. In una recente reviewè stato dimostrato come l’11% dei pazienti

con ictus sopra gli 80 anni sviluppa doloreneuropatico centrale. I pazienti presentanoin genere dolore 1 o 2 mesi ma occasional-mente anche 1-6 anni dopo l’ictus. I sintomisono spesso vaghi e difficilmente caratteriz-zabili, rendendo così la diagnosi particolar-mente difficile (43). Altra sindrome dolorosaè quella dovuta all’infarto bulbare laterale oSindrome di Wallemberg.Lesioni delle vie sensitive possono causareuna anomala trasmissione dello stimolo sensi-tivo. Ad esempio è tipico il dolore urente esa-cerbato dal tatto. Le caratteristiche tipiche deldolore centrale post-stroke possono essereidentificate con l’acronimo “MD HAS CP”:• Muscle pains (dolori muscolari) descritti

come crampiformi, sensazione di costri-zione a fascia o di schiacciamento.

• Dysesthesias (disestesie) sono le sensazionipiù comuni. Sensazioni spiacevoli, senzauna chiara localizzazione. Sono fenomeniestremamente stressanti, in quanto impedi-scono una chiara sensibilità discriminativa.Le disestesie di tipo centrale sono caratte-rizzate da ritardo dell’arrivo dello stimolosensitivo dopo evocazione. Questo feno-meno è diverso dalle disestesie associate alesioni di un nervo periferico che non pre-sentano ritardo tra lo stimolo applicato e lasensazione da esso scatenata. Ci sono an-che disestesie continue non evocate da sti-moli che sono sempre caratterizzate da do-lore urente, costrittivo o sensazione dischiacciamento.

• Hyperpathia, (iperpatia) dovuta a disinibi-zione del sistema nervoso centrale, che au-menta la risposta ad uno stimolo doloroso.Lesioni delle vie spinotalamiche sono allabase di questo fenomeno. Stimoli comequelli che avvengono durante esame elet-tromiografico evocano intenso dolore.

• Allodynia (allodinia) è quasi patognomo-nico, è presente in più del 50% dei pazien-ti affetti da dolore post-ictus. In pratica,uno stimolo non doloroso evoca dolore.Ad esempio, uno stimolo termico può evo-care dolore, che può esacerbarsi anche conil clima freddo.

• Shooting/lancinating (dolore a colpo/lan-

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cinante) è un dolore intermittente, che puòessere scarsamente localizzabile.

• Circolatorio: il dolore è descritto comepuntura di aghi e di spilli, come un pungi-glione o come camminare su vetri rotti.Questo dolore può essere confuso con ildolore da neuropatia periferica o come do-lore dovuto a cattiva circolazione.

• Peristaltico/viscerale: il dolore si può pre-sentare come senso di ripienezza della ve-scica o bruciore con urgenza menzionale.

Per quanto riguarda l’approccio terapeuticosono consigliati gli antidepressivi triciclici, inparticolare l’amitriptilina è considerato farma-co di prima scelta. In alternativa, possono es-sere utili anche gli inibitori del re-uptake dellaserotonina. Vengono anche usati gli antiepilet-tici, quali la lamotrigina fino ad una dose di200 mg al giorno raggiunta con dosi scalari. Siricorda che in corso di terapia con lamotriginasono state riportate reazioni avverse cutanee,che si sono generalmente verificate entro leprime 2-8 settimane dall’inizio del trattamen-to. Inoltre possono esservi gravi reazioni cuta-nee come la sindrome di Stevens-Johnson e lanecrolisi epidermica tossica (sindrome diLyell). La lamotrigina può determinare anchedisturbi del sonno ed epatotossicità. Altri an-tiepilettici utilizzati sono il gabapentin ed ilpregabalin. Nei casi più gravi viene consiglia-ta la lidocaina in vena alla dose di 5 mg/kg in30 minuti e gli oppioidi (44).

ParkinsonLa prevalenza del dolore nei pazienti conParkinson si aggira intorno al 40-75%. Nel-le prime fasi di malattia il dolore alla schienao al collo può essere dovuto alla rigidità del-la spalla o del collo, il dolore alle gambe puòessere dovuto alla sindrome delle gambesenza riposo o alla distonia (45). Nelle fasipiù avanzate il dolore può essere correlato al-la discinesia, acatisia, distonia o a dolorimuscoloscheletrici e radicolari. Una valutazione più approfondita della sin-tomatologia rivela che il 10-30% dei dolorinon può essere spiegato dai fenomeni sopraelencati. Questa percentuale include doloreurente, a coltellata, tipo prurito o tipo pizzi-

cotto in una regione non ben definita del cor-po o una sensazione di tensione, di sconfor-to che può precedere i classici sintomi par-kinsoniani e rispondono poco al trattamentocon levo-dopa. Queste sensazioni vengonodenominate “fenomeni dolorosi primari diorigine centrale”. La rigidità degli arti è lacausa più comune di dolore nel Parkinson, èprevalente agli arti inferiori ed è spesso con-fusa con una radiculopatia. Tale dolore non siassocia in genere a debolezza degli arti, puòrispondere alla terapia con levo-dopa ed allaterapia fisica. Il dolore frequentemente è do-vuto alla distonia, all’anomalo movimentodei muscoli agonisti ed antagonisti. La disto-nia del piede è comune nel periodo “off”,specialmente al mattino prima della primadose di farmaco. Può essere comunque pre-sente anche al picco di dose. La somministra-zione di levo-dopa a lento rilascio può esse-re efficace. La distonia da picco di dose ri-sponde ad una riduzione del dosaggio di le-vo-dopa. Una buona risposta si può ottenereanche con la tossina botulinica. La sindromedelle gambe senza riposo in genere ha unabuona risposta alla levo-dopa, alle benzodia-zepine, ai dopaminoagonisti (46).Il dolore centrale è usualmente associato a le-sione del talamo. I nuclei intralaminari del ta-lamo sono coinvolti nello stimolo nocicettivoed hanno una proiezione verso i gangli basali.Altri stimoli nocicettivi arrivano ai gangli ba-sali attraverso vie multiple e parallele che in-cludono le aree sensitive corticali, l’amigdala,la corteccia cingolata. Il dolore parkinsonianoprimario è complesso e può coinvolgere le viesensitive dei circuiti talamocorticali-gangli ba-sali. Il dolore centrale include usualmente undeficit sensitivo. Sebbene l’esame standarddella sensibilità dei pazienti con Parkinsonnon riveli un deficit particolare, studi più det-tagliati mostrano alterazioni delle funzionisensitive come la propriocezione e la sensibi-lità tattile-discriminativa. Il dolore e le dise-stesie vengono alleviate dalla stimolazioneprofonda del pallido. Questo dato supportal’ipotesi di una interazione tra sistema dolori-fico e danno dei gangli basali nel morbo diParkinson (47). In genere il dolore neuropati-

co può rispondere al gabapentin. In sintesi, se il dolore è associato a sindromedelle gambe senza riposo possono essere uti-lizzati: levo-dopa, benzodiazepine, dopami-noagonisti. Il dolore dovuto a rigidità ri-sponde ad innalzamenti della dose di levo-dopa ed alla fisioterapia. Il dolore da distoniapuò essere migliorato con l’uso di levo-dopaa lento rilascio o dalla tossina botulinica. Neldolore centrale sono stati utilizzati gli antie-pilettici in particolare il gabapentin.

Nevralgia trigeminaleÈ il quadro più frequente della patologia deltrigemino. Può essere idiopatica o sintomati-ca. La forma idiopatica colpisce ambedue isessi, ma con maggiore frequenza le donne,raramente prima dei 40 anni. È frequente,con incidenza media di 4/100.000 personeper anno. Il dolore è urente, intensissimo, in-sorge improvvisamente, con localizzazionepreferenziale nel territorio di innervazionedella II e della III branca del nervo; la sede of-talmica è molto rara (5%). Il dolore insorgespontaneamente o in seguito a movimenti deimuscoli della faccia (durante la masticazione,la fonazione) o per stimolazione tattile o ter-mica del volto anche lieve. Il dolore insorgecostantemente in un punto preciso, per poidiffondersi a tutta l’area di innervazione dellao delle branche. Ha durata di pochi secondi ericompare dopo breve tregua (tale sintomato-logia può proseguire per ore o giorni); se gliintervalli sono brevi, può residuare una do-lenza sorda. Il dolore è spesso accompagnatoda iperemia cutanea nella stessa zona, lacri-mazione, fotofobia, ipertono muscolare deimuscoli del volto. Le trigger zone sono rap-presentate dall’angolo della bocca, dalla nari-ce, dalla regione sovra-orbitaria. La diagnosirichiede dolore monolaterale, con sede benprecisa e delimitata, che corrisponde a una so-la branca del trigemino (almeno all’inizio), inassenza di altri sintomi neurologici. Il decor-so è cronico, pur con lunghi periodi di com-pleto benessere. In alcuni casi di nevralgiaidiopatica è presente un conflitto neurova-scolare (compressione meccanica della radicetrigeminale da parte di rami dell’arteria cere-

67Neurologia

brale posteriore o cerebellare superiore) talo-ra evidente all’angioRM.La terapia è medica e chirurgica. I farmaci piùusati sono la carbamazepina (200-1200mg/die) e l’oxcarbazepina (600-1800 mg/die).Il baclofen e la lamotrigina sono farmaci diseconda scelta e vengono usati qualora non visia una risposta ai primi due o come terapiaadd-on. Il baclofen da solo sarebbe in gradodi ridurre il numero degli attacchi. L’intervento neurochirurgico è in genere effi-cace; il trattamento di elezione è la termocoa-gulazione percutanea del ganglio del Gasser,che ha sempre successo nei casi tipici, senzaimportante deficit tattile, per distruzione se-lettiva delle piccole fibre mieliniche e amielini-che della conduzione dolorifica. Altri inter-venti incruenti sono la glicerolisi e la micro-compressione, percutanee, del ganglio delGasser. In presenza di conflitto neurovascola-re, l’intervento di elezione è quello di Jannet-ta, che consiste nell’ispezione delle radici tri-geminali a livello pontino al microscopio ope-ratorio, dopo craniectomia retromastoidea. La forma sintomatica è meno frequente e me-no tipica, non è ben delimitata e il dolore ten-de ad essere continuo e a non recedere con ifarmaci usati nella forma idiopatica. Le causesono la sclerosi multipla, l’herpes zoster, glianeurismi dell’arteria carotide interna, i trau-mi con o senza fratture, i processi flogistici otumorali del cavo orale, nasale, orbitario, deiseni paranasali, delle meningi, delle ossa cra-niche, del ganglio di Gasser, dell’angolo pon-to-cerebellare. È spesso accompagnata da sin-tomi che indicano l’interessamento di altrinervi cranici o di strutture encefaliche. La te-rapia è mirata al processo patologico causale.Sono stati riportati benefici con l’uso di la-motrigina, gabapentin e topiramato nelle for-me secondarie a sclerosi multipla.

CAUSE DI DOLORE PERIFERICO ETERAPIE SPECIFICHE

Sul piano farmacologico i modelli più studiatidi dolore neuropatico periferico sono le poli-neuropatie dolorose, in particolare quella dia-betica e la nevralgia post-herpetica. (Tabella 4)

68 Neurologia

Polineuropatie dolorose diabetiche e nondiabetichePer quanto riguarda le polineuropatie dolo-rose le ultime linee-guida dell’EFNS del2006 (19) raccomandano come trattamentodi prima linea gli antidepressivi triciclici(amitriptilina, clomipramina, desipramina,imipramina), gabapentin (1200-3600 mg/die)e pregabalin (150-600 mg/die). Gli SNRI

venlafaxina e duloxetina sono di secondascelta per la minor efficacia ma sono farmacisicuri con meno controindicazioni dei trici-clici. Altri farmaci efficaci nelle polineuropa-tie dolorosa sono gli oppioidi (oxicodone a37-60 mg/die, tramadolo 200-400 mg/die) ela lamotrigina. Un minimo effetto può aver-si anche con l’uso di capsaicina, mexiletina,oxcarbazepina, SSRI, topiramato. Efficaci

Contesto/ malattia distribuzione del dolore farmaci di prima scelta coadiuvanti

Diabete mellito mononeuropatia,polineuropatia, radicolopatia.

Escludere altre cause (lafrequenza del doloreneuropatico nel diabete ècirca del 16%)

antidepressivi triciclici,antiepilettici (gabapentin,pregabalin, lamotrigina),SNRI(duloxetina,venlafaxina),oppioidi

In sequenza e, se necessario,in associazione.

pomata allacapsaicina

Infezione HIV polineuropatia,mononeuropatia,radicolopatia, mielopatia

Idem in particolarelamotrigina

Sclerosi multipla mielopatia, nevralgiatrigeminale, dolori radicolari

Idem e cannabinoidi

Infiltrazioneneoplastica echemioterapiaantineoplastica

polineuropatie tossiche amitriptilina, gabapentin edoppioidi

Alcoolismo polineuropatia,mononeuropatie

idem

Herpes zoster radicolare, acuto e cronico(nevralgia posterpetica)

gabapentin, pregabalin,valproato, antidepressivitriciclici, oppioidi

pomata allacapsaicina epatch allalidocaina

Nevralgiatrigeminale

in caso di farmacoresistenza,trattamenti neurolesivi o delconflitto neurovascolare

carbamazepina,oxcarbazepina, baclofen,lamotrigina)

Amputazione neuroma, arto fantasma triciclici, antiepilettici,morfina, tossina botulinica

Lombosciatalgia dermatomerico (la lombalgiada sola non rientra nel doloreneuropatico)

FANS, paracetamolo,tramadolo,bupropione. Ilgabapentin non ha specificheprove di efficacia, ma èprescrivibile a carico del SSNper il dolore neuropatico diqualsiasi origine.

Tabella 4 - Le principali cause e le opzioni terapeutiche del dolore neuropatico periferico (50)

sono risultate le associazioni di gabapentin evenlafaxina e gabapentin e morfina.

Nevralgia post-herpeticaE’ una condizione dolorosa che insorge do-po infezione da herpes zoster. L’età avanzatae l’intensità del dolore in fase acuta sono gliunici fattori di rischio per la nevralgia post-herpetica. Il dolore è descritto come brucian-te, lancinante, penetrante. Lo sfioramento in-duce dolore nel 90% dei casi (allodinia). I farmaci con dimostrata efficacia in questacondizione sono l’amitriptilina al dosaggiodi 65-100 mg, la nortriptilina ad un dosaggiodi circa 90 mg, desimipramina a 65-73 mg. Anche il gabapentin, il pregabalin ed il val-proato quest’ultimo al dosaggio di 1000mg/die sono indicati. Trattamenti topici co-me patch di lidocaina al 5% e capsaicina to-pica 0.075% presentano un ottima azione suldolore post-herpetico in particolare se conallodinia ed in zone dolorose poco estese.Oxicodone, morfina, metadone e tramadolosono indicati come farmaci di seconda sceltaa causa degli effetti collaterali, nonostante lanotevole efficacia (19).Nonostante le recenti scoperte sulla patoge-nesi del dolore neuropatico la gestione farma-cologica continua ad essere una sfida. I tratta-menti realmente efficaci per il dolore neuro-patico sono pochi. Un chirurgo francese delXVI secolo, Ambroise Parè, diceva “nulla è ingrado di distruggere le forze quanto il dolo-re”. La conoscenza dell’anatomia e dei mecca-nismi del dolore, l’empatia con il paziente chelamenta dolore sono una sfida per il medico eper le strutture ospedaliere che dovrebberofornire strumenti culturali per affinare l’atten-zione a questo tipo di condizione.

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LINEE GUIDA EUROPEE 2004

Nel settembre 2001 la European Federationof Neurological Societies (EFNS) ha costitui-to una Task Force con il compito di analizza-re la letteratura basata sull’evidenza circa imetodi di valutazione del dolore neuropaticoe della risposta al trattamento. Questa analisiha condotto allo sviluppo di linee guida daimpiegare nella gestione del paziente con do-lore neuropatico. In ambiente clinico un esa-me neurologico che includa un accurato esa-me delle sensibilità è spesso sufficiente a rag-giungere la diagnosi. L’esame elettroneuro-grafico ed i potenziali evocati somatosenso-riali, che non sono in grado di valutare le pic-cole fibre, possono dimostrare e localizzareuna lesione del sistema nervoso periferico ocentrale. I test sensitivi quantitativi (QST) edi potenziali evocati laser (LEP), invece, con-sentono di valutare – investigare le vie dolori-fiche. Per valutare l’efficacia del trattamento,sia nella pratica clinica, sia negli studi control-lati, i metodi migliori sono probabilmente lepiù semplici scale psicometriche e le misure diqualità della vita. Una misura strumentale deldolore, che non sia mediata dal paziente equindi non soggetta ad influenze cognitive,resta una speranza per il futuro.

Premesse e ObiettiviIl dolore neuropatico costituisce una dellemaggiori fonti di disabilità in comuni malat-

71Neurologia

tie neurologiche, come le neuropatie, le mie-lopatie, la sclerosi multipla o l’ictus. Il dolo-re è una sensazione complessa, fortementemodulata da influenze cognitive, e la com-prensione della funzione nocicettiva e dellesue disfunzioni rappresenta un arduo impe-gno per tutti gli algologi. Il dolore neuropa-tico è un disordine neurologico con un’altaprevalenza, quindi è essenziale che il neuro-logo sia consapevole e capace di diagnosti-carlo e gestirlo. Vista la mancanza di lineeguida al riguardo, la nostra Task Force aveval’obiettivo di prendere in esame: I) le defini-zioni di dolore neuropatico proposte dall’In-ternational Association for the Study of Pain(IASP), II) la sensibilità dei vari metodi pervalutare e quantificare i dolori neuropatici,quali le scale psicometriche di intensità equalità, l’esame quantitativo delle sensibilità(quantitative sensory testing, QST), i riflessinocicettivi, i potenziali evocati dolore-corre-lati e le neuroimmagini funzionali, III) esa-minare l’affidabilità dei suddetti metodi nelvalutare la risposta al trattamento e IV) pro-porre, ove necessario, nuove ricerche chepossano chiarire gli argomenti irrisolti.

DefinizioniIl dolore neuropatico (precedentemente“neurogenico”) è definito dalla IASP comedolore causato da una lesione o disfunzionedel sistema nervoso (Merskey e Bogduk1994). La definizione IASP non fa menzionedi quale tipo di lesione. Tuttavia è general-mente inteso che la lesione debba coinvolge-re la vie somatosensoriali ed in particolare lepiccole fibre del nervo periferico o il sistemaspino-talamo-corticale nel SNC. Precedenticlassificazioni del dolore neuropatico si sonobasate sulla sottostante patologia (per es. laneuropatia diabetica, la sclerosi multipla,ecc.), o sulla sede di lesione (cioè nervo peri-ferico, midollo, ecc.). Tradizionalmente ineurologi associano i dolori neuropatici allapresenza di segni certi di lesione nervosa. Ilproblema della definizione è diventato anco-ra più impegnativo da quando è stata propo-sta una classificazione basata sui meccanismi(Woolf e Max 2001). Alcuni aspetti del dolo-

72 Neurologia

re neuropatico, come la sensibilizzazione re-cettoriale, l’allodinia, l’abnorme sommazio-ne temporale, l’irradiazione del dolore al di làdel territorio direttamente affetto, sono pre-senti anche in condizioni di dolore cronicomeno chiare (Hansson et al. 2001, Jensen etal. 2001). La presenza della parola “disfun-zione” nella definizione di dolore neuropati-co indica che altre condizioni, come le sin-dromi dolorose regionali complesse o anchedisturbi muscoloscheletrici con segni di iper-sensibilità, si possano considerare come for-me di dolore neuropatico. Sebbene la defini-zione ristretta (che fa riferimento alla lesione)sia più facile da capire e adeguata per l’attua-le sistema di indicazioni terapeutiche, basatosulle patologie, la definizione allargata (chefa riferimento alla disfunzione) può esserevantaggiosa per alcuni aspetti. Centrandol’attenzione sul meccanismo, rende chiaroche l’ipereccitabilità e la plasticità del sistemanervoso sono fenomeni chiave nel doloreneuropatico e che l’efficacia delle terapie di-pende più dal meccanismo sotteso che dal-l’eziologia (Sindrup e Jensen 1999).

RaccomandazioneTestare la validità della definizione di doloreneuropatico ristretta rispetto a quella allar-gata dovrebbe essere uno dei principali ob-biettivi degli studi futuri. Nel frattempo, pe-rò, suggeriamo di mantenere la definizioneristretta, perché è facilmente comprensibile,anche per evitare il rischio di sovrastimare lecondizioni di dolore neuropatico (racco-mandazione di grado C).

Esame clinico e misure psicofisiologicheL’esame di un paziente con dolore è volto achiarire la patologia responsabile ed a capirese il dolore sia di tipo nocicettivo, neuropati-co, psicogenico, oppure una combinazionedi questi. In caso di dolore neuropatico, i di-sturbi sensitivi dovrebbero essere neuroana-tomicamente logici, cioè compatibili con unadefinita sede di lesione.Occorre valutare la sede, la qualità e l’intensi-tà del dolore. È indispensabile una chiaracomprensione dei possibili sintomi e segni ne-

gativi (come i deficit sensitivi) e positivi (peres. le parestesie). I dolori neuropatici possonoessere spontanei (dolore spontaneo o stimolo-indipendente) o provocati da uno stimolo(dolore evocato o stimolo-dipendente). Ildolore spontaneo è spesso descritto come unasensazione bruciante costante, ma può mani-festarsi con sensazioni parossistiche, intermit-tenti, di dolore lancinante o a scossa elettrica,oppure con disestesie (cioè sensazioni sponta-nee fastidiose). Le parestesie sono sensazionianomale, ma non fastidiose. I dolori stimolo-dipendenti sono evocati da stimoli meccanici,termici o chimici. L’iperalgesia è una eccessivarisposta dolorosa ad uno stimolo che normal-mente provoca dolore (modificazione quanti-tativa), mentre l’allodinia è una sensazionedolorosa indotta da uno stimolo che normal-mente non provoca dolore (modificazionequalitatitiva). L’allodinia meccanica, che èquella più facilmente testabile, si divide ulte-riormente in dinamica (evocata dallo strofi-nio) e statica (evocata dalla pressione).Quando si sospetta che il dolore sia neuropa-tico, l’esame neurologico dovrebbe includerela quantificazione ed il mappaggio dei feno-meni motori, sensitivi e vegetativi, per iden-tificare tutti i possibili segni delle disfunzio-ne nervosa. È consigliabile lasciare per ulti-mo l’esame delle sensibilità. È utile mantene-re una memoria dettagliata, preferibilmenteun diagramma, di qualunque disturbo sensi-tivo, per consentire un immediato confrontoagli esami successivi. Sebbene possa risultaredifficile al non specialista e costi tempo achiunque, è consigliabile disegnare sulla cutedel paziente e fotografare i territori di ognu-na delle anomalie sensitive. La sensibilità tat-tile si valuta con un batuffolo di cotone,quella vibratoria con un diapason a 128 Hz,quella dolorifica puntoria con uno stuzzica-denti e quella termica con oggetti caldi efreddi, per esempio usando il rullo. Oltre al-l’intensità e alla qualità delle sensazioni evo-cate, occorre anche controllarne gli aspettispaziali e temporali, che spesso rivelano ulte-riori anomalie (Hansson 1994). Nelle cartel-le cliniche bisogna sforzarsi di usare terministandardizzati, perché la cultura e le tradizio-

ni mediche possono portare ad attribuire si-gnificati diversi a termini anche simili (Mer-ksey e Bogduk 1994).

RaccomandazioneSebbene non esistano studi validati circal’esame clinico, vogliamo sottolineare comenei pazienti con dolore neuropatico non esi-sta nulla di più importante di un accuratoesame neurologico, particolarmente l’esamedelle sensibilità, e come questa sia prelimina-re a qualunque valutazione strumentale (rac-comandazione di grado C).

Esami strumentaliPoiché il dolore è un’esperienza complessa,fortemente influenzata da fattori culturali,sociali ed emotivi, sarebbe di estrema impor-tanza poter fare affidamento su tecniche ingrado di fornirne la misura strumentale.

Esami elettrofisiologici standardGli afferenti di grande calibro, non nocicetti-vi, hanno una soglia elettrica inferiore a quelladegli afferenti di piccolo calibro, nocicettivi. Ameno che si adottino tecniche speciali (blocchisperimentali) o si stimolino gli organi ad in-nervazione speciale (cornea, polpa dentaria eglande), gli stimoli elettrici inevitabilmente ec-citano anche le fibre afferenti di grande calibroe modalità non nocicettiva. L’input afferentedelle fibre di grande calibro maschera quellodelle fibre piccole lungo le vie di trasmissionee lo inibisce nelle stazioni sinaptiche centrali(International Federation of Clinical Neuro-physiology, IFCN, Recommendations for thepractice of clinical neurophysiology).

RaccomandazioneGli esami elettrofisiologici standard, comel’esame elettroneurografico ed i potenzialievocati somatosensoriali, sono utili per di-mostrare, localizzare e quantificare il dannolungo le vie sensitive, ma detti esami nonesplorano la funzione delle vie nocicettive(raccomandazione di grado A).

Riflessi nocicettiviIl riflesso di flessione RIII del bicipite femo-

73Neurologia

rale ed il riflesso corneale sono riflessi noci-cettivi puri, in quanto sono mediati esclusi-vamente da afferenti nocicettivi e sono de-pressi dai sistemi antinocicettivi endogeni edai farmaci analgesici (Willer et al., 1984,1989; Willer, 1985; Cruccu et al., 1991; San-drini et al., 2000). Sebbene il periodo silentecutaneo (CSP) nei muscoli della mano siaprobabilmente un riflesso nocicettivo, alcunistudi contrastano questo punto di vista, eduno studio ha mostrato che il CSP è insensi-bile agli oppiacei (Serrao et al., 2001; Inghil-leri et al 2002). I principali riflessi trigemina-li da stimolazione elettrica (blink reflex e ri-flesso inibitore del massetere) sono spessostati impiegati negli studi sul dolore, ma laloro natura è fortemente controversa: esisto-no evidenze che questi riflessi sono prevalen-temente mediati da fibre di grande calibro,non nocicettive, e che sono depressi più dal-le benzodiazepine che dagli oppiacei (Cruc-cu et al 1990, 1991).Come indagini diagnostiche nel dolore neu-ropatico, l’uso del riflesso di flessione RIII,del riflesso corneale o del CSP è estrema-mente raro (classe II: Boureau et al. 1991).Per contro, i riflessi trigeminali sono risulta-ti ripetutamente normali nella nevralgia tri-geminale essenziale ed alterati nei dolori tri-geminali secondari a neuropatie, tumori del-l’angolo ponto-cerebellare e sclerosi multipla(livello Ia: IFCN Recommendations for thepractice of Clinical Neurophysiology). Il riflesso di flessione RIII è stato largamenteimpiegato per valutare l’efficacia degli oppia-cei, dei FANS dell’ipnosi e delle procedure dineurostimolazione (classe II: Willer, 1985;Garcia-Larrea et al., 1989, 1999; Willer et al.,1989; Boureau et al., 1991; Sandrini et al.,2000, 2002), ma ci sono pochi dati relativi aipazienti con dolore neuropatico.

RaccomandazioneI riflessi trigeminali da stimolazione elettrica(blink reflex e riflesso inibitore del massete-re) sono diagnosticamente utili per differen-ziare la nevralgia trigeminale essenziale dalleforme sintomatiche (raccomandazione digrado A). Gli altri riflessi nocicettivi hanno

74 Neurologia

scarso valore diagnostico (grado C). Il rifles-so nocicettivo più usato e che appare più af-fidabile nella valutazione dell’efficacia deitrattamenti è il riflesso di flessione RIII (rac-comandazione di grado B).

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VALUTAZIONE E TRATTAMENTO

Aspetti epidemiologiciSi calcola che ogni anno nella Comunità Eu-ropea (1) (anno di riferimento 1990) vi siano1.292.000 casi di cancro. In base ai dati delRegistro Tumori Nazionale si stima che ognianno circa 250.000 persone si ammalano ditumore in Italia. Inoltre ogni anno 150.000persone muoiono per tumore, che rappre-senta la seconda causa di morte in Italia (2).È riportato nei testi ufficiali dell’OMS, che ildolore è presente nel 30-40% dei pazientinella fase iniziale della malattia e nel 60-80%dei soggetti nella cosiddetta “fase terminale”in tutte le forme di neoplasia (3, 4).Si stima, da dati ISTAT, che in Italia l’85%dei ricoveri in fase di malattia avanzata sianoeffettuati solo per cure di supporto o a cau-sa del dolore (5).

Cenni su eziologia e fisiopatologiaIl dolore oncologico può essere determinatoda molteplici cause:1. crescita della massa tumorale e delle meta-

stasi2. sindromi paraneoplastiche3. Terapia antineoplastica (incide per il 20%

circa)4. esiste anche un tipo di dolore associato al

cancro che non dipende né direttamente dal-la massa tumorale né dalla terapia, che si ma-nifesta nel 3-10% dei casi (6) (dolore da pe-riartrite scapolo-omerale, o dolore da HerpesZoster, frequente nei pazienti neoplastici).

Dal punto di vista fisiopatologico, il doloredi origine neoplastica può riconoscere diver-se componenti. La più frequente è quella no-

75LA LOTTA AL DOLORE - Supplemento di “Toscana Medica” - febbraio 2008

cicettiva, determinata generalmente da inva-sione - compressione di strutture somatichee viscerali, è presente nel 90% dei pazientiaffetti da dolore neoplastico.La componente neuropatica dovuta a una le-sione o disfunzione, legate alla malattia neo-plastica o alla terapia, è presente in formapura nel 10% dei pazienti, in oltre il 40% deicasi è associata alla componente nocicettiva.Un aspetto emergente che riguarda la fisio-patologia del dolore è quello della “sensibi-lizzazione centrale”. Questo processo con-siste in una serie di modificazioni funziona-li e talvolta strutturali del sistema nervosocentrale, soprattutto a livello dei neuronidelle corna posteriori del midollo spinale,determinate da stimolazioni algogene inten-se e prolungate il cui risultato consiste inun’aumentata sensibilità al dolore.Vanno inoltre considerate le componentipsicogene che aggravano il dolore.L’interazione fra le diverse variabili biologi-che, psicologiche, ma anche sociali determi-na la genesi e il perpetuarsi del dolore. Esseassumono importanza più o meno rilevantedurante l’evoluzione della malattia.

Valutazione del paziente affetto da dolorecronico di origine oncologica (Allegato 1)Un approccio clinico corretto al malato affet-to da dolore neoplastico prevede un’anamne-si ed una visita accurata per valutare le diver-se componenti cliniche del dolore, quali:a. eziopatogenesi ed origineb. interazione tra componenti sensoriali e

psicologiche del dolore c. stato funzionale del paziente (ipotesi sul

tempo di sopravvivenza)

Oncologia

Raccomandazioni per la valutazione e il trattamentodel dolore cronico nel paziente affetto da malattia neoplastica

R.D. Mediati, A. Messeri, G. Mieli, P. Morino, M. Piazza

76 Oncologia

d. risposta a terapie analgesiche e antineo-plastiche effettuate

e. dinamica movimento/dolore f. frequenza di dolore episodico intenso, cioè

episodi di “aumento transitorio dell’inten-sità del dolore, in un paziente con un dolo-re di base ben controllato da una terapiaanalgesica somministrata in modo conti-nuativo (mediante farmaci oppioidi)”.

g. tolleranza ai farmaci, anamnesi di farma-codipendenza ed alcolismo

h. caratteristiche del dolore (sua tipologia,distribuzione, qualità, intensità e durata).

Inoltre, è necessario misurare l’intensità deldolore. Questa misurazione, effettuata pe-riodicamente, permette di valutare la validi-tà dell’intervento terapeutico.Esistono numerosi metodi di misura del do-lore, che si attuano attraverso domande oquestionari proposti al paziente e che devo-no tener conto di alcuni aspetti:• non esistono soddisfacenti indici obbiettivi

per quantizzare il dolore, che deve essere con-siderato comunque una esperienza soggettiva.

• il dolore è un’esperienza multidimensio-nale, in cui sono coinvolti aspetti diversi ditipo sensoriale, emotivo, cognitivo e com-portamentali, nonché un grado progressi-vamente più elevato di inabilità.

Per la misurazione si possono utilizzare sca-le basate sulla valutazione soggettiva del pa-ziente dell’intensità del dolore (Scala VisivaAnalogica – VAS,) (Allegato 2) e metodi divalutazione che tengono conto dell’impattodel dolore sul comportamento del paziente esulle sue attività quotidiane (Brief Pain In-ventory) (Allegato 3). Nel paziente anziano o con compromissio-ne delle funzioni cognitive può esservi il ri-schio di sottovalutare e quindi trattare il do-lore in modo insufficiente; mentre nel bam-bino sono necessarie metodiche di valuta-zione specifiche.Nota: La task-force della International As-sociation for the Study on Pain (I.A.S.P.) sul-lo studio del dolore da cancro ha proposto epubblicato (7) una classificazione delle sin-dromi dolorose e dei sintomi presenti piùfrequentemente nelle varie fasi della malattia.

Aspetti psicologiciLa caratteristica più evidente dell’esperienzaalgica, sia per il medico che per il paziente, èsenza dubbio il versante sensoriale. Il dolorediviene predominante, richiama immediata-mente l’attenzione, altera il comportamentoe il pensiero in atto, modifica lo stato di co-scienza e costituisce per l’individuo incenti-vo e motivazione ad intraprendere attivitàdirette ad arrestarlo il più rapidamente pos-sibile. Tuttavia, tenere presenti soltanto gliaspetti sensoriali del dolore ignorandone lecaratteristiche motivazionali-affettive e co-gnitive, semplifica eccessivamente e porta avalutare solo una esigua parte del problema.La difficoltà nella definizione dell’enigmadolore nasce dalla non completa conoscenzadei fenomeni correlati a questo processo. Ta-li approssimazioni non permettono di consi-derare universali le acquisizioni anatomo-fi-siologiche sulle teorie recettoriali e sullecomplesse vie del dolore, frustrando così lanostra insopprimibile esigenza di “misurare”i fenomeni che osserviamo. Siamo in gradodi valutare solo l’inizio e la fine di questocomplicato iter nocicettivo che, filtrato, ma-nipolato, distorto e amplificato viene “tra-sformato” in sofferenza e quindi espresso invario modo in rapporto a molteplici fattori:fisici, mentali, ambientali, etico-culturali, re-ligiosi o legati a precedenti esperienze. Le misurazioni algometriche in ambito clini-co sono gravate da variabili emotive e cogni-tive e appare chiaro che non sempre esiste re-lazione fra stimolo fisico e intensità della per-cezione, questo determina una implicita dif-ficoltà nella misurabilità del dolore.Altra cosa è cercare di classificare il dolore inacuto e cronico. Il dolore acuto ha in genereuna causa identificabile, un’eziologia ade-guata a spiegare la gravità del dolore stesso,ed una sindrome associata che comprendegli effetti dell’ansia e di un predominio del-l’attività simpatico-adrenergica. Se il dannoo la sorgente di stress persiste, il dolore ini-zia ad essere percepito come intollerabile, neconsegue uno stato di elevata ansietà e de-pressione che può condurre al successivostadio di dolore cronico.

È possibile che alcuni tratti di personalitàpredispongano alcuni individui, di fronte adun dolore acuto, ad una maggiore sofferen-za e abbiano, in presenza di un dolore persi-stente, un effetto ancora maggiore. Il dolorecronico si mantiene oltre il periodo di tem-po richiesto per la guarigione ed è più de-struente, a causa della sua potenzialità diesercitare un sostanziale impatto sul benes-sere psicologico e sociale del paziente. Il fal-limento dei meccanismi biologici di guari-gione e gli sforzi per sottoporsi alle conven-zionali terapie mediche possono lasciare ipazienti seriamente frustrati e depressi. Ac-canto a queste modificazioni dell’umore sipresentano disturbi del pensiero e del com-portamento. Il dolore tende a focalizzare e adominare l’attenzione della persona. I pa-zienti sono preoccupati e tendono ad evitareogni contatto sociale. Si configura cioèun’articolata situazione di handicap psico-fisico, con minorazioni-menomazioni diuna o più funzioni e disadattamento sul ver-sante psico-comportamentale. Il dolore di-viene non tanto un “sintomo”, quanto unaspetto caratterizzante il quadro clinico, equindi la “malattia”.È ormai di chiara evidenza come fattori etni-ci, culturali, psicoaffettivi ed emotivi modifi-chino la soglia algica e l’espressione della sof-ferenza: il dolore può quindi essere opportu-namente controllato agendo anche su emo-zioni, motivazioni, aspettative e vantaggi, equindi anche le metodiche psicologiche do-vrebbero sempre far parte di una moderna ecorretta strategia di trattamento antalgico.

STRATEGIA TERAPEUTICA

Un’efficace terapia antalgica dovrebbe se-guire i seguenti principi generali: 1. Valutare se vi è spazio per eventuali tratta-

menti volti all’eradicazione, al controllo o alrallentamento dell’evolutività neoplastica.

2. Elaborare sin dalla prima visita una o piùstrategie terapeutiche, adeguandole neltempo all’evoluzione della patologia.

3. Prevenire l’insorgenza del dolore median-te la somministrazione degli analgesici ad

77Oncologia

orari regolari. Mantenere l’analgesia pertutto l’arco delle 24 ore, nel rispetto delritmo sonno-veglia.

4. Nei pazienti che assumono regolarmenteoppioidi a rilascio controllato, può essereconveniente trattare l’eventuale doloreepisodico intenso con somministrazionedi farmaci “al bisogno”. È necessario uti-lizzare formulazioni caratterizzate daestrema rapidità e breve durata d’azione(per es. fentanyl transmucosale orale,morfina orale a rilascio immediato). Que-sto consente di controllare rapidamente ildolore e di evitare che gli effetti collatera-li del farmaco somministrato al bisogno sisommino a quelli della terapia di base.

5. Utilizzare la via di somministrazione piùsemplice e meno invasiva possibile.

6. Personalizzare la terapia in base anche al-lo stato funzionale del paziente.

7. Prevenire e controllare in modo energicogli eventuali effetti collaterali dei farmaci.

8. Somministrare ai bambini e ai neonatiadeguate dosi di oppioidi.

9. Rispettare il dosaggio massimo dei farma-ci caratterizzati da “effetto tetto”.

10. Non usare placebo per determinare lanatura del dolore.

11. Riconoscere lo sviluppo della dipenden-za fisica e prevenire le crisi di astinenza.

12. Non classificare un paziente come tossico-mane (psicologicamente dipendente) quan-do, invece, è semplicemente fisicamente di-pendente o tollerante agli oppioidi.

13. Informare sempre il paziente, e/o i fami-liari autorizzati a ricevere notizie clini-che (in conformità alla legge sulla priva-cy), sulle strategie terapeutiche propostee sui risultati attesi dei trattamenti pro-grammati, ponendo particolare attenzio-ne alle modalità comunicative. L’infor-mazione deve essere completa e com-prensibile in relazione alla tossicità po-tenziale delle terapie, agli effetti collate-rali attesi ed alle possibili sequele sull’au-tonomia del paziente, limitando però alminimo l’eventuale impatto psico-emo-tivo sul paziente e sui familiari.

14. Il livello informativo deve essere ulte-

78 Oncologia

riormente approfondito qualora si inten-dano utilizzare metodiche invasive, inparticolare se lesive (ad es. neurolesione).

15. Nel caso di uso non registrato di farma-ci, si raccomanda di rispettare le disposi-zioni contenute nella normativa vigente.

Da quanto emerge dai dati della letteraturainternazionale, una percentuale di pazientivariabile dal 25 al 100%, a seconda del Pae-se considerato, non riceve alcun sollievo daldolore per “mancanza o inadeguatezza” del-la terapia.Al fine di garantire un approccio terapeuticoerogabile a livello mondiale, anche da partedi paesi con sistemi sanitari a limitate risor-se, nel 1986 l’Organizzazione Mondiale del-la Sanità (OMS) ha pubblicato delle lineeguida per il trattamento del dolore da can-cro, basate su una scala analgesica a tre gra-dini (Allegato 4) (8, 12). Questa scala stabili-sce una sequenza terapeutica che va gradual-mente dagli analgesici meno forti a quelli piùforti, in funzione della persistenza del dolo-re e della sua intensità. Essa va considerata,più che un rigido protocollo terapeutico,una serie di principi sui quali impostare, conampia libertà e flessibilità nella scelta dei far-maci, la strategia terapeutica (1).

TERAPIA FARMACOLOGICA (Tabella 1)

Dalla letteratura emerge che scelte terapeuti-che basate sull’integrazione della valutazio-ne dell’intensità del dolore e del meccanismopredominante nella genesi del dolore (Alle-gato 1), possono determinare un utilizzo piùappropriato dei farmaci e quindi garantirerisultati migliori (13).

FANSTradizionalmente si attribuisce ai FANS unmeccanismo d’azione periferico. Tuttavia visono evidenze sperimentali, nell’animale enell’uomo, che sostengono un’azione anal-gesica dei FANS anche a livello spinale e so-praspinale, anche se il meccanismo d’azionecentrale non è stato ancora chiarito con cer-tezza (14, 18).In accordo con la loro potente attività biolo-

gica, studi clinici, condotti utilizzando unadose unica o dosi multiple, hanno dimostra-to un significativo effetto analgesico nel do-lore da cancro (19, 20).

Paracetamolo Il paracetamolo è un efficace analgesico nonoppioide, un antipiretico, ma solo un debo-le antinfiammatorio. A differenza dell’aspi-rina e degli altri FANS, il paracetamoloesplicherebbe il suo effetto terapeutico, nona livello periferico, ma principalmente a li-vello del sistema nervoso centrale (21). Allenormali dosi terapeutiche il paracetamolo èdi solito ben tollerato, non è gastrolesivo enon interferisce con la funzione piastrinica.La dose di paracetamolo consigliata per viaorale e rettale non deve superare, nell’adul-to, i 4 grammi nelle 24 ore. I pochi effetticollaterali riguardano una lieve stipsi e unpossibile lieve rialzo degli enzimi epatici, re-versibile, durante l’assunzione cronica. Il paracetamolo viene utilizzato da solo o inassociazione con codeina oppure ossicodo-ne. Trova indicazione, soprattutto, nei casidi diatesi emorragica o trombocitopenia, neipazienti con ulcera peptica o con intolleran-za gastrica all’acido acetilsalicilico e aiFANS. I FANS e il paracetamolo trovano indica-zione nel dolore da lieve a moderato (I°-II°gradino della scala OMS)

Oppioidi In base alle linee guida dell’OMS la sceltadella terapia antalgica si deve basare sull’in-tensità e il perdurare del dolore.Attualmente abbiamo a disposizione diversemolecole in diverse formulazioni e dosaggiche permettono di affrontare adeguatamen-te la maggior parte delle situazioni caratte-rizzate da dolore intenso.

Gli oppioidi deboli sono utili nel trattamen-to del dolore lieve-moderato, tuttavia la loroefficacia analgesica è più bassa rispetto ai far-maci non oppioidi22 o agli oppioidi forti. Illoro utilizzo risulta maneggevole per il mi-glior profilo degli effetti collaterali.

Tabella 1: Farmaci utilizzati per la terapia del dolore in pazienti affetti da dolore di origine

neoplastica

Categoria Farmaci più

utilizzati

(principio attivo)

Via di

somministrazione

Modalità di

somministrazione

Principali effetti indesiderati

FANS Ac. Acetilsalicilico

Diclofenac

Flubiprofen

Ibuprofen,

Dexibuprofen

Indometacina

Ketoprofene

Ketorolac

Naprossene

Nimesulide

Piroxicam

Altri

Paracetamolo

Inibitori COX 2

Celecoxib

Etericoxib

Orale

Intramuscolare

Endovenosa

Rettale

Topica

Sottocutanea

Al bisogno

Ad orario

Infusione continua

PCA

Reazioni allergiche

Disturbi gastro-intestinali

Alterazione dell’aggregazione

piastrinica

Alterazione della funzionalità renale

Alterazione della funzionalità

epatica

Leucopenia, pancitopenia *

Altri effetti*

Dermatiti, Cefalea, Scompenso

cardiaco

Oppioidi Codeina

Tramadolo

Morfina

Morfina a lento

rilascio

Meperidina

Fentanyl

Metadone

Ossicodone

Orale

Orale a rilascio

controllato

Intramuscolare

Endovenosa

Rettale

Sottocutanea

Transdermica

Perimidollare

Transmucosale orale

Al bisogno

Ad orario

Infusione continua

PCA

Nausea e vomito

Stipsi

Sedazione

Disturbi cognitivi

Prurito

Depressione respiratoria*

Ritenzione urinaria

Spasmo dello sfintere di Oddi

(colica biliare)*

Assuefazione*

Reazioni allergiche

Agonisti-

antagonisti

Agonisti parziali

Pentazocina

Buprenorfina

Orale

Intramuscolare

Transdermica

Endovenosa

Sottocutanea

Rettale

Al bisogno

Ad orario

Nausea e vomito

Stipsi

Sedazione

Disturbi cognitivi

Prurito

Depressione respiratoria*

Ritenzione urinaria

Spasmo dello sfintere di Oddi

(colica biliare)*

Assuefazione*

Reazioni allergiche

* = molto rari

79Oncologia

Idromorfone

80 Oncologia

Si raccomanda che gli oppioidi deboli ven-gano utilizzati in maniera corretta, a dosipiene giornaliere, rispettando i tempi disomministrazione e l’effetto “tetto”, inter-rompendone la somministrazione in pre-senza di manifesta inefficacia antalgica,per passare agli oppioidi forti.

La codeina si trova spesso in formulazionicon il paracetamolo, ed è raramente utilizza-ta in preparazioni a lento rilascio. Il vantag-gio principale è rappresentato dalla sua otti-ma efficacia se somministrata per via entera-le. La codeina in associazione al paracetamo-lo è considerata efficace nel trattamento deldolore acuto e cronico (22, 23).

Il tramadolo svolge attività oppioide ed ini-bisce il reuptake della serotonina. La som-ministrazione del tramadolo per via oraleproduce un buon effetto analgesico, inoltrenel controllo del dolore cronico le formula-zioni a lento rilascio risultano più efficaci ri-spetto a quelle a rilascio immediato (24, 25).Sembra essere valida anche l’associazionecon il paracetamolo (26).

È corretto curare il dolore moderato anchecon oppioidi forti a basso dosaggio. Oggisono disponibili alcune formulazioni di op-pioidi a basso dosaggio, anche in associazio-ne a paracetamolo (come l’ossicodone), chesono indicate nel trattamento del doloremoderato di diversa origine.

In accordo con le raccomandazioni per lasomministrazione della morfina e degli altrioppioidi dell’E.A.P.C. (European Associationfor Palliative Care) (27), si può affermare che:1. l’oppioide di prima scelta per il dolore da

cancro da moderato a severo è la morfina;2. la via di somministrazione ottimale della

morfina è quella orale. Sono disponibilidue tipi di formulazioni: a rilascio imme-diato ed a rilascio controllato (per tratta-menti di mantenimento);

3. il metodo più semplice per raggiungere ladose efficace è l’utilizzo di una dose di mor-fina a rilascio immediato somministrata ogni

4 ore, aggiungendo dosi extra qualora si pre-senti il dolore prima di questo intervallo. Ladose totale di morfina deve essere rivalutatagiornalmente fino ad individuare quella effi-cace per almeno 4 ore. A questo punto si puòstabilire il dosaggio di morfina a rilascio con-trollato da somministrare regolarmente;

4. in linea generale, la morfina a rilascio im-mediato deve essere somministrata nonpiù spesso che ogni 4 ore e quella a rilasciocontrollato non più spesso di ogni 12 (se-condo la durata della formulazione);

5. per i pazienti che ricevono morfina a rila-scio immediato ogni 4 ore, una dose dop-pia può essere somministrata di sera tardi,questa è una maniera efficace per evitareche il paziente venga svegliato dal dolore;

6. se i pazienti sono incapaci di assumere far-maci per os, la via di somministrazione al-ternativa preferita è quella sottocutanea;generalmente non c’è alcuna indicazioneper la somministrazione di morfina per viaintramuscolare nel dolore cronico oncolo-gico poiché la somministrazione sottocu-tanea è più semplice e meno dolorosa;

7. il rapporto relativo di potenza della mor-fina orale nei confronti di quella sottocu-tanea è tra 1:2, 1:3 (per esempio una dosedi 20-30 mg di morfina per via orale èequianalgesica ad una dose di 10 mg iniet-tata sottocute);

8. nei pazienti che richiedono morfina per viaparenterale continua, la via di somministra-zione preferita è l’infusione sottocutanea;

9. l’infusione endovenosa di morfina deveessere preferita in pazienti:a. che hanno già un accesso centrale o unalinea periferica;b. con edema generalizzato;c. che sviluppano eritema, edema locale, oascesso sterile dopo somministrazioned. sottocutanea;e. con disturbi della coagulazione;f. con cattiva circolazione periferica;

10. il rapporto relativo di potenza della mor-fina orale nei confronti della sommini-strazione endovenosa è tra 1:2, 1:3;

11. il successo del controllo del dolore conoppioidi richiede un’analgesia adeguata

senza eccessivi effetti collaterali. L’appli-cazione delle linee guida dell’OMS e del-l’EAPC, mediante l’utilizzo di questi cri-teri, permette un efficace controllo deldolore cronico oncologico in un’elevatapercentuale di pazienti. Nei pazienti nonresponsivi agli oppioidi, l’adeguato sollie-vo dal dolore senza eccessivi effetti colla-terali può dipendere dall’utilizzo di unoppioide alternativo, dalla somministra-zione spinale di analgesici o da metodinon farmacologici di controllo del dolore;

12. durante trattamenti stabilizzati, con op-pioidi a rilascio controllato, è necessariomettere a disposizione del paziente unoppioide a rilascio immediato per con-trollare l’eventuale dolore episodico(breakthrough pain);

13. un’alternativa terapeutica molto utile inalcune condizioni in cui i farmaci sopradescritti non siano in grado di dare com-pleta analgesia o causino eccessivi effetticollaterali (nausea, vomito, stipsi, ecc.), è ilmetadone. Questo farmaco presenta alcu-ni vantaggi dati dalla facilità di sommini-strazione (per os), dall’elevata biodisponi-bilità per via enterale, dall’efficacia sul do-lore neuropatico, dal rapido effetto, dallalunga emivita (tendenza ad accumularsinei tessuti, richiede monitoraggio attentoper terapie croniche), dalla ridotta indu-zione della tolleranza e dal basso costo;

14. il fentanyl transdermico è un’efficace al-ternativa alla morfina orale ma è meglioriservarlo ai pazienti nei quali le richiestedi oppioidi sono stabili. Può essere van-taggioso per i pazienti incapaci di assu-mere oppioidi per via orale o come alter-nativa alla infusione sottocutanea;

15. l’idromorfone o l’ossicodone, se dispo-nibili, sono alternative efficaci allamorfina per os in entrambe le formula-zioni a rilascio normale o modificatoper la somministrazione orale;

17. il citrato di fentanyl transmucoso orale(OTFC) è un trattamento efficace per leriacutizzazioni dolorose in pazienti stabi-lizzati con morfina orale regolare o conun oppiaceo alternativo del “III step”.

81Oncologia

Il vantaggio principale degli oppioidi forti èche non hanno effetto “tetto”, quindi il dosag-gio può essere progressivamente aumentato,fino ad ottenere il controllo totale del dolore. I dosaggi di questi farmaci possono raggiun-gere livelli molto elevati, indispensabili per ilcontrollo del dolore oncologico severo, davalutare sempre in relazione ad eventuali ef-fetti collaterali.La necessità di aumentare le dosi e la poten-za dei farmaci somministrati è, in genere, de-terminata da un aumento progressivo deldolore legato all’aggravarsi della patologiatumorale, più che all’instaurarsi di una con-dizione di assuefazione (Allegato 6).

La rotazione degli oppioidiL’uso corretto degli analgesici oppioidi ne-cessita di individualizzare la terapia in basealla risposta del paziente. Frequentemente aparità di caratteristiche fisiche e di dosaggiodi analgesici oppioidi corrispondono rispo-ste cliniche molto diverse. In alcuni casi l’aumento della dose del farmaconon è sempre la risposta adeguata.Talora la sostituzione dell’oppioide o l’associa-zione di farmaci non oppioidi risulta più efficace.Sulla base di queste premesse è stata svilup-pata la metodica nota come “rotazione deglioppioidi”. Questa metodica prevede che, nelcaso in cui l’analgesia sia insufficiente o glieffetti collaterali della terapia siano incon-trollabili, si possa sostituire il farmaco conuno della stessa categoria (in genere oppioi-di forti) ristabilendo l’analgesia e o riducen-do in modo efficace gli effetti collaterali. Il principio su cui si basa la metodica è quel-lo della “tolleranza incrociata incompleta”,che può essere spiegata con: azione su sot-totipi recettoriali diversi (considerando chepossono esistere notevoli differenze interin-dividuali del profilo recettoriale), differenzegenetiche interindividuali; presenza di meta-boliti attivi diversi. Stabilire la dose corretta del nuovo oppioidepuò essere talora difficoltoso. Esistono alcu-ne tabelle d’equianalgesia, frutto di moltistudi clinici, che però mal si adattano a pa-zienti caratterizzati da spiccata tolleranza

82 Oncologia

verso l’oppioide da sostituire; è buona rego-la ridurre la dose equianalgesica del nuovooppioide del 50%-75%.

ADIUVANTI (Tabella 2)

AntiepiletticiPur non essendoci studi controllati sull’effi-cacia dell’impiego degli anticonvulsivantinel dolore oncologico, si ritiene che essi de-terminino un buon controllo della sua com-ponente neuropatica (28).La carbamazepina è il farmaco capostipite, madeve essere impiegata con cautela in tutti queipazienti che presentano una compromissionedella funzione emopoietica del midollo osseoo sottoposti a terapie inibenti tale funzione(chemioterapia, radioterapia). Da qualche an-no sono entrati nell’impiego clinico nuovi an-tiepilettici quali il gabapentin (29), e il prega-balin che non interagiscono con la funzionali-tà midollare e sembrano possedere un’effica-cia analgesica superiore alla carbamazepina.

AntidepressiviGli antidepressivi triciclici sono utili nel trat-tamento del dolore oncologico in quanto so-no in grado di migliorare il tono dell’umore,potenziano l’azione degli oppioidi (30) eposseggono un’azione analgesica diretta.Vi sono evidenze cliniche in letteratura chedimostrano che l’amitriptilina (31), posse-dendo effetto analgesico diretto, è il farmacoantidepressivo più utile a fini antalgici. In ca-so di contemporaneo utilizzo di oppioidi,gli antidepressivi triciclici devono essere im-piegati con prudenza per la possibilità che siverifichino fenomeni di tossicità additiva, inparticolare nei pazienti debilitati e negli an-ziani. In casi di effetti collaterali non tollera-ti, si può ricorrere all’impiego di altre mole-cole quali la desipramina o la nortriptilina(32, 33). Gli antidepressivi di recente intro-duzione (biciclici e SSRI) risultano anch’essiefficaci nel dolore neuropatico, benché, co-me per i precedenti, non sia stato ancora di-mostrato un loro effetto analgesico direttonel paziente oncologico.

CorticosteroidiL’impiego dei corticosteroidi nel dolore onco-logico trova un suo razionale nell’osservazio-ne che questi farmaci possiedono attività an-tinfiammatoria e antiemetica e inoltre miglio-rano il tono dell’umore e stimolano l’appetito.Risultano efficaci nel lenire il dolore da inte-ressamento osseo o da compressione di nervio plessi nervosi (plessopatia brachiale o lom-bosacrale), riducono l’edema cerebrale e delmidollo spinale, risultando quindi fondamen-tali nel trattamento dell’ipertensione endocra-nica e della compressione del midollo spinale(34). Il desametasone e il prednisone sono glisteroidi maggiormente impiegati.

NeuroletticiI neurolettici sono impiegati per trattare lanausea, l’ansia e le psicosi nel paziente onco-logico. Un effetto analgesico diretto è statodimostrato solo per la metotrimeprazina,ma non per le altre fenotiazine. La terapiacon fenotiazine può provocare effetti colla-terali quali sedazione e ipotensione (35).

Anestetici localiGli anestetici locali per via orale o per via to-pica possono risultare utili nel trattamentodel dolore oncologico di tipo neuropatico.Per via orale dovrebbero essere impiegatiesclusivamente quando sono risultati ineffi-caci antidepressivi triciclici e anticonvulsi-vanti. Per via topica invece rappresentanouna valida soluzione in molte sindromi didolore neuropatico periferico (36).

BifosfonatiIl trattamento specifico e mirato al tratta-mento delle metastasi ossee accompagnateda sintomatologia algica prevede il ricorso aibifosfonati. I bifosfonati agiscono soprattut-to determinando un’inibizione del riassorbi-mento osseo indotto dagli osteoclasti.In pazienti con sintomatologia algica impor-tante da lesioni metastatiche ossee (normo oipercalcemiche) hanno evidenziato una ridu-zione del dolore sin dalle prime due settima-ne di trattamento (riduzione del consumo dianalgesici) ed un miglioramento della qualità

83Oncologia

Categoria

Farmaci utilizzati più

frequentemente

Effetti Vie di

somministrazione

Principali effetti indesiderati

Corticosteroidi Azione:

Antinfiammatoria

Antalgica

Oressizzante

Miglioramento del

tono dell’umore

Orale

Intramuscolare

Endovenosa

Sottocutanea

Perimidollare

Topica

Disturbi gastro-intestinali

Iperglicemia

Ipertensione

Edemi

Antidepressivi

Triciclici, SSRI, SNRI

Agiscono sul tono

dell’umore.

Attivi sul dolore

neuropatico

Orale

Intramuscolare

Endovenosa

Secchezza delle fauci

Ritenzione urinaria

Tachicardia

Sedazione

Confusione mentale

Ipotensione posturale

Anticonvulsivanti

Gabapentin

Pregabalin

Carbamazepina

Oxcarbazepina

Azione analgesica

nel dolore

neuropatico

Orale Sedazione

Nausea

Vertigini

Carbamazepina

Alterazioni della crasi ematica

Aumento delle transaminasi

Anestetici locali Potenziano l’effetto

degli analgesici

Orale

Endovenosa

Perimidollare

Topica

Reazioni allergiche

Reazioni da iperdosaggio

Ipotensione

Aritmie cardiache

Sonnolenza

Vertigini

Parestesie

Altri

Bifosfonati Riducono il dolore

da metastasi ossea

Orale (poco

utilizzata in

oncologia)

Intramuscolare

Endovenosa

Gastralgia e lesioni esofagee se

assunti per os

Ipocalcemia

Ipofosforemia

Rialzo termico

Flebite in sede d’infusione

Tranquillanti

Benzodiazepine

Tranquillanti maggiori

Antiemetici e Procinetici

Lassativi

Antispastici

(Anticolinergici)

Miorilassanti

Tabella 2: Farmaci Adiuvanti

di vita (37). Dal punto di vista clinico è statoevidenziato un rallentamento e/o stabilizza-zione delle lesioni osteolitiche ed una nor-malizzazione della calcemia. Sembra, inoltreche possano inibire la produzione di prosta-glandine E2 ed enzimi proteolitici (37, 39).

Altri adiuvantiPer controllare il dolore e i sintomi associa-ti, sono spesso utili altri farmaci quali:• benzodiazepine• antiemetici e procinetici• lassativi

84 Oncologia

• antispastici (anticolinergici)• miorilassanti.

TERAPIE EZIOLOGICHE

Il trattamento convenzionale della malattiaossea metastatica prevede l’impiego di Ra-dioterapia sulle sedi ossee interessate in as-sociazione ad un trattamento sistemico (or-mono e chemioterapia) e ad una terapia disupporto con analgesici (40).L’area di interesse chirurgico nel controllodel dolore oncologico riguarda il trattamen-to del dolore associato alle metastasi osseeed alle fratture patologiche.

TERAPIA INVASIVA

Nei casi in cui il dolore non sia controlla-bile con la terapia sistemica, o nel caso incui questa non sia più tollerata per gli effet-ti collaterali, vanno prese in considerazio-ne le terapie antalgiche più invasive (per es.cateteri peridurali, spinali, pompe d’infu-sione ecc.). La somministrazione spinale(epidurale o subarcnoidea) di oppioidi inassociazione agli anestetici locali o alla clo-nidina può essere presa in considerazionenei pazienti con inadeguata analgesia o col-piti da effetti collaterali intollerabili nono-stante l’uso ottimale di oppioidi e non-op-pioidi per via sistemica.Recenti dati della letteratura (41), dimostra-no l’efficacia, per il trattamento del doloresevero da cancro, dell’utilizzo di tecnicheinvasive quali la somministrazione spinaledi farmaci.

Le neurolesioniLa terapia neurolesiva si propone, agendo adiversi livelli del sistema nervoso, di abolirela trasmissione dell’impulso nocicettivo at-traverso la distruzione irreversibile delle vienervose centrali o periferiche tramite l’uti-lizzo di mezzi meccanici, chimici o fisici. Il ruolo delle tecniche neurolesive si è note-volmente ridimensionato negli ultimi anni.

PERCORSO ASSISTENZIALE

In base alla Delibera Regionale n° 99626/9/2000 si possono fornire le indicazionispecifiche delle cure palliative:l’ambito di applicazione delle Cure Palliati-ve riguarda di norma il controllo del doloree degli altri sintomi nella fase terminale dipatologie evolutive e irreversibili, definibilesecondo i seguenti criteri:• criterio terapeutico: assenza, esaurimento, non

opportunità di trattamenti curativi specifici• criterio sintomatico: presenza di sintomi

invalidanti che condizionano la riduzionedi performance al di sotto del 50% dellascala di Karnofsky (Allegato 5)

• criterio evolutivo temporale: da determi-narsi in fase di valutazione specifica delquadro evolutivo temporale della malattia.

Per quanto concerne le specifiche indicazioniinerenti i bisogni assistenziali, dovranno esse-re attuati tutti i trattamenti che permettono lavalutazione ed il controllo dei sintomi. Oltreal dolore dovranno essere contenuti e, ovepossibile, risolti tutti i sintomi che provocanosofferenza come profonda astenia, dispnea,tosse e singhiozzo, stipsi, nausea e vomito,edemi e versamenti, incontinenza.Una delle principali finalità delle Cure Pal-liative risulta inoltre il mantenimento dellostato funzionale del malato il più a lungopossibile. È tuttavia inevitabile che si mani-festi una progressiva incapacità. Occorrepertanto aiutare il malato e la sua famiglia atrovare soluzione a questi problemi fornen-do- nei limiti delle competenze, delle nor-mative e delle risorse disponibili- supportiumani professionali e materiali. A tal fineoccorre sviluppare l’integrazione dell’inter-vento sanitario con quello sociale, svilup-pando la collaborazione tra i servizi disponi-bili. L’Asl dovrà provvedere a soddisfare ibisogni relativi ai presidi sanitari per l’assi-stenza del malato al proprio domicilio.Per quanto concerne le specifiche indicazio-ni inerenti i processi comunicativi, l’infor-mazione al malato presuppone un atteggia-mento di costante attenzione e ascolto deimolti messaggi che il malato continuamente

trasmette. Di fronte alle richieste di infor-mazione il medico deve stabilire un rappor-to comunicativo nel quale le risposte devo-no trascendere l’asetticità dell’informazionestessa. Comunicare con il malato non signi-fica “dare notizie” in maniera unidireziona-le ma instaurare una relazione che coinvolgasul piano emotivo tutti gli interlocutori.Spesse volte è il malato stesso che rinunciacompletamente all’informazione tecnica a fa-vore di un bisogno di protezione globale: ciòcorrisponde quasi sempre alla concessione almedico di una delega assoluta etica e terapeu-tica. In particolare, nella comunicazione dellaprognosi- quanto mi resta da vivere?-il medi-co abituato a ragionare in termini di curva disopravvivenza, può dare una risposta che fariferimento alla probabilità stimata, ma innessun caso riuscirà a prevedere il destino delsingolo paziente; nel suo rapporto con il ma-lato deve quindi razionalmente accettare que-sto limite predittivo, collocandosi totalmentenella dimensione dell’ignoto che è, in defini-tiva, l’unica veramente propria della morte.Permettere al malato di affrontare l’angosciadi morte significa, infatti, identificarsi congiusta empatia nella sua condizione, per aiu-tarlo ad accettare la sua personale verità sul-l’esistenza e il suo termine, l’unica verità chein quel momento egli è effettivamente in gra-do di comprendere, affrontare ed elaborare.Nei processi di comunicazione sono pertantoaspetti irrinunciabili:• l’ascolto• la relazione empatica• la condivisione del programma• la partecipazione totale dell’équipe• i momenti di verifica dell’efficacia dell’in-

tervento• l’attenzione a trasmettere messaggi di spe-

ranza

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Allegato 1

87Oncologia

Approccio valutativo clinico

L’inquadramento diagnostico della sindrome algica deve derivare in modo dinamico dauna precisa definizione del dolore che contenga almeno le seguenti variabili:

Definizione patogenica

1) Dolore nocicettivo- somatico superficiale (cutaneo e mucoso)- somatico profondo (ossa, articolazioni, tendini, legamenti, eccetera)- viscerale- neurogeno (nerve trunk pain) da flogosi nervosa

2) Dolore non nocicettivo- neuropatico (da lesione delle strutture nervose)- periferico- centrale

3) Psicogeno (di riscontro eccezionale nel paziente oncologico)

4) Misto (inteso come dolore che riconosca più meccanismi patogenetici di base, traquelli precedentemente descritti).

Si raccomanda di descrivere le seguenti caratteristiche:

Topografia

- sedi- irradiazione- proiezione

Cronologia

- modalità di esordio- durata- variazioni dell’intensità- periodicità (periodico e senza remissioni)- continuità-intermittenza

Caratteri

- incidente (sinonimo: incident), intendendo come tale l’algia che compare in seguito amodifica posturale

- breakthrough pain (sinonimo: episodico). Intendendo come tale il dolore che comparein modo intervallare senza chiari rapporti causali, nei pazienti nei quali e’ in atto untrattamento con oppioidi in grado di controllare la sintomatologia di base.

Il VAS

88 Oncologia

Allegato 2

Dolore assente Dolore insopportabile

10 cm

Allegato 3

89Oncologia

segue Allegato 3

90 Oncologia

Allegato 4

Allegato 5

Scala OMS per la terapia del dolore

oncologico

Non oppioidiNon oppioidi

+/- Adiuvanti+/- Adiuvanti

Oppioidi deboliOppioidi deboli

+/- Non oppioidi +/- Adiuvanti+/- Non oppioidi +/- Adiuvanti

Dolore persistente o aumentato

Dolore persistente o aumentato

Oppioidi fortiOppioidi forti

+/- Non oppioidi +/- Adiuvanti+/- Non oppioidi +/- Adiuvanti

Libertà dal doloreLibertà dal dolore

Karnofsky performance status

100= Attività lavorativa: completa

Attività quotidiane: complete

Cura personale: completa

Sintomi supporto sanitario: nessuno

90= Attività lavorativa: lieve difficoltà

Attività quotidiane: lieve difficoltà a camminare

Cura personale: completa

Sintomi e supporto sanitario: calo ponderale <5%, calo energie, sintomi minori

80= Attività lavorativa: difficoltà lieve grave

Attività quotidiane: difficoltà lieve-moderata a camminare e/o guidare

Cura personale: lieve difficoltà

Sintomi e supporto sanitario: sintomi, calo ponderale <10%, dimin. moderata energia

70= Attività lavorativa: inabile

Attività quotidiane: difficoltà moderata (si muove prevalentemente in casa)

Cura personale: moderata difficoltà

Sintomi e supporto sanitario: sintomi, dimin. grave energia

60= Attività quotidiane: grave difficoltà a camminare e guidare

Cura personale: moderata-grave difficoltà

Sintomi e supporto sanitario: sintomi, dimin. grave energia, calo ponderale >10%

50= Attività quotidiane: alzato per più 50% ore del giorno

Cura personale: grave difficoltà

Supporto sanitario: frequente (Paziente ambulatoriale)

40= Attività quotidiane: a letto per più 50% ore del giorno

Cura personale: limitata cura di sé

Supporto sanitario: assistenza san. straordinaria per frequenza e tipologia di intervento

30= Attività quotidiane: inabile

Cura personale: inabile

Supporto sanitario: molto intenso, indicazione ricovero o ospedalizzazione domiciliare

20= grave compromissione delle funzioni organiche e vitali (irreversibile)

10= rapida progressione processi biologici mortali

0= morto

91Oncologia

Allegato 6

INTRODUZIONE

La epidurale come tecnica elettivaper l’analgesia del partoL’analgesia epidurale (AE), che attualmente èil metodo più efficace per il controllo del do-lore nel travaglio del parto, non è ancora mol-to diffusa nel nostro Paese per molteplici ra-gioni. Innanzitutto di ordine culturale: permolte popolazioni, la nostra compresa, il par-to è strettamente legato ad un concetto di sof-ferenza biblica e non viene facilmente accetta-to che l’analgesia in qualche modo vi interfe-risca. Vi è anche scarsa conoscenza della me-todica che genera talora disinformazione e inmolti casi vi sono carenze di tipo organizza-tivo legate alla disponibilità in ospedale di unanestesista “dedicato” 24 ore su 24, per cui difatto i centri dove si pratichi questo tipo di

analgesia, sono ancora pochi. Sebbene il con-trollo del dolore del travaglio possa venire er-roneamente considerato come qualcosa dinon necessario, se non un optional potenzial-mente pericoloso, in realtà l’analgesia epidu-rale si è dimostrata apportare sicuri beneficisia alla madre che al nascituro. Il dolore delparto infatti di per sé può assumere effetti ne-gativi quando sia molto intenso e prolungato(1). Non è certo il caso di definire l’analgesiaepidurale necessaria per il parto, né d’altron-de le risorse attuali potrebbero permetternel’esecuzione indistintamente su tutte le parto-rienti. Esistono comunque delle situazioniabbastanza precise che possono essere consi-derate delle vere e proprie indicazioni. Que-ste insieme alle poche controindicazioni chenon sono di carattere ostetrico, sono riporta-te nella Tabella 1.

Ostetricia e Ginecologia

L’analgesia del partoL. Aringhieri, U. Bitossi, C. Buffi, L. Cianferoni, P. Ciolini, A. Veneziani

Tabella 1. Effetti, indicazioni e controindicazioni alla analgesia peridurale continua nel travaglio di parto

Benefici per la madreeccellente controllo del doloreriduzione del consumo di ossigenoriduzione dell’iperventilazionecontrollo dell’acidosi metabolicariduzione dell’increzione di cateco-lamine e di ormoni da stressmiglioramento del circolo placentareriduzione dell’ansiamadri più rilassate e cooperanti

Benefici per il feto(riflessi da quelli materni)ridotta acidosi metabolicamigliorata circolazione placentarecome risultato della vasodilatazioneriduzione del consumo di O2 e mi-glioramento dell’ossigenazione

Indicazioni alla analgesiapresentazione occipito-posterioreipertensione indotta dalla gravidanzaprematurità, ritardo della crescita in-trauterinatravaglio prolungatocontrattilità uterina non coordinatatravaglio indottopregresso taglio cesareoparto strumentaleefisiotomia rimozione manuale di placentapost-partumparto prematuromalattie cardiache o respiratoriedella madrediabete mellitorecenti interventi addominali

Controindicazioni all’analgesiarifiuto della donnaassenza di condizioni organizzativesicuresepsi locale nel sito di puntura o si-stemicaipovolemiaterapia con anticoagulantidiatesi emorragicamalattie del SNC

92LA LOTTA AL DOLORE - Supplemento di “Toscana Medica” - febbraio 2008

93Ostetricia e Ginecologia

Tabella 2. Complicanze possibili con la epidurale

• ipotensione• puntura della dura• iniezione spinale accidentale (blocco

spinale totale)• iniezione intravascolare• ematoma epidurale• reazioni tossiche all’anestetico locale• reazioni allergiche • rottura del catetere epidurale • analgesia inadeguata• analgesia unilaterale• dolore lombare residuo

La tecnica è di per sé poco dolorosa, ed inmani esperte di facile, rapida e sicura esegui-bilità: i rischi di possibili complicanze, elen-cati nella Tabella 2, sono di fatto limitati allapuntura accidentale della dura madre chepuò generare una fastidiosa cefalea. La bassadose di anestetico locale oggigiorno impie-gata e le routinarie precauzioni garantisconodai rischi di complicanze più temibili, chehanno un’incidenza estremamente limitatain tutte le casistiche mondiali.Per queste ragioni l’analgesia epidurale si èaffermata come la tecnica più efficace e sicu-ra per abolire il dolore del parto consenten-do allo stesso tempo una completa parteci-pazione materna alla nascita del proprio fi-glio. Essa infatti unisce i requisiti che ne fan-no una tecnica ideale: sicurezza (minima tos-sicità materna e fetale per i sempre più bassidosaggi farmacologici impiegati, minimocoinvolgimento delle forze impiegate nellanormale dinamica del travaglio), flessibilità(il catetere posizionato nello spazio epidura-le permette di modulare le opzioni farmaco-logiche e posologiche a seconda della fasedel travaglio e dell’intensità del dolore, ri-spetto della fisiologica dinamica del partocon l’impiego di opzioni farmacologicheadeguate ad ogni singola fase del parto che

riducono al massimo la medicalizzazionepermettendo persino in molti casi la norma-le deambulazione della madre.

Evoluzione dell’analgesia epidurale (AE)per il travaglio ed il partoFino a dieci anni fa chi praticava l’anestesiaper il travaglio ed il parto andava alla ricercadella “formula ideale”, che andasse bene pertutte le partorienti. La letteratura riportavaricerche che dimostravano la bontà di unacerta dose o concentrazione di anestetico lo-cale, senza però riportare il contesto ostetri-co in cui la ricerca era stata condotta. Fonda-mentali i lavori dei gruppi europei (2) cheper primi alla fine degli anni ‘70 riportavanol’efficacia della bupivacaina 0.125%, unaconcentrazione fino allora ritenuta insuffi-ciente per l’analgesia del parto dalla maggio-ranza degli autori del mondo anglosassone.Negli anni successivi, in seguito al diffonder-si dell’interesse degli oppiacei spinali, furonopubblicate numerosissime ricerche che stu-diavano la possibile applicazione in analgesiaostetrica degli oppioidi per via epidurale e/ospinale (3). I vari gruppi di ricerca impiega-rono oppioidi differenti (morfina, sufenta-nyl, fentanyl, meperidina, buprenorfina, os-simorfone) in dosi e per vie diverse (spinaleo epidurale) con risultati (ed effetti collatera-li!) non univoci, ma tutti i ricercatori furonoconcordi nel ritenere gli oppioidi veramenteefficaci solo nel primo stadio del travaglio.L’intuizione successiva fu quindi quella diassociare un oppioide all’anestetico locale,come si stava facendo anche in altri campidella terapia antalgica, in modo da poter ri-durre le dosi di ciascuno (e quindi gli even-tuali effetti secondari) ottenendo lo stesso ef-fetto analgesico.

I primi studi associarono dosi di anesteticolocale che già di per sè avevano un buon ef-fetto antalgico (ad esempio bupivacaina0.25% o 0.125%) (4,5) con gli oppioidi (adesempio il fentanyl) ottenendo una duratad’azione maggiore, ma non potendo però di-mostrare un effetto sinergico che fu dimo-strato solo più tardi, quando si associarono

94 Ostetricia e Ginecologia

dosi sub-analgesiche (ad esempio bupivacai-na 0.0625% o 0.003%) agli oppioidi (fenta-nyl o sufentanyl) dimostrando un’efficaciaanalgesica sorprendente se la miscela venivaimpiegata in volumi adeguati (>20 mL) (6).Negli anni ‘90 in alcuni ospedali inglesi ve-niva introdotto il concetto di “mobile epi-dural”, cioè di analgesia che permetteva allapartoriente di deambulare. Questo venivaottenuto con l’impiego della tecnica combi-nata spinale-epidurale (7), iniettando unapiccola dose di un oppioide (usualmente ilfentanyl) per via spinale e somministrandopoi solo successivamente la dose di anesteti-co locale qualche ora più tardi, attraverso ilcateterino epidurale. Oggi sappiamo che ciòè ugualmente possibile, evitando di pungereintenzionalmente la dura, usando la sola viaepidurale ed impiegando degli oppioidi edelle dosi di anestetico locale molto diluiteanche molto precocemente, all’inizio del tra-vaglio e continuando l’analgesia con un’infu-sione epidurale continua a bassissima con-centrazione che permette alla partoriente dideambulare senza problemi. In questo modosi evitano anche i fastidiosi effetti collateralidegli oppioidi spinali (nausea e vomito) e ci simette al riparo da eventuali rare, ma possibi-li, complicanze quali l’estensione craniale ec-cessiva del blocco (sufentanyl spinale), la gra-ve ipotensione materna o l’insufficienza re-spiratoria materna (oppioidi spinali).

È recente l’introduzione del concetto di do-se minima efficace (MLAC, minimum localanalgesic concentration) applicata all’aneste-tico locale (8). Con la definizione della doseminima efficace come la dose che produceuna adeguata analgesia nella metà del cam-pione di partorienti preso in esame (EC50),si apre una nuova era nella scelta della con-centrazione di anestetico locale da usare peril travaglio. Infatti la conoscenza del MLACdi un anestetico locale permette di conosce-re sia il MLAC 95%, cioè la concentrazioneefficace per il 95% delle partorienti (e ciò èdi notevole importanza clinica), sia permet-te di valutare l’effetto dei vari farmaci poten-zialmente sinergici (in particolare gli oppioi-

di) sul MLAC stesso, consentendone unadefinizione scientifica di potenza e di siner-gia (9). Permette inoltre di paragonare dueanestetici locali fra loro in termini di poten-za analgesica. Con il modello MLAC si èinoltre compreso che una analgesia instaura-ta più precocemente necessita di dosi mino-ri di quella che venga instaurata più tardiva-mente durante il travaglio (10).

RAZIONALE DI POSSIBILIPROTOCOLLI FARMACOLOGICI

La conoscenza della fisiologia del dolore delparto ha permesso di comprendere appienocome il dolore viscerale del I stadio trasmes-so dalle fibre C amieliniche possa essere trat-tato con successo almeno nelle fasi inizialidai soli oppioidi e poi da una combinazionedi questi con gli anestetici locali (AL). Nelsecondo stadio dove il dolore è in prevalen-za somatico e mediato dalle fibre A delta, lascelta razionale sarà rappresentata dai soliAL. Ecco che quindi la migliore AE è quel-la che sfrutta al meglio il criterio della suamodulabilità che indubbiamente rappresen-ta la dote maggiore: superando il concettodella minima dilatazione cervicale necessariaper somministrare la dose epidurale saràpossibile impiegare i soli oppiacei nell’earlylabor, ottimizzare le dosi con ampi volumi ebasse concentrazioni ma soprattutto modu-lare le dosi sulla base della fase di travaglio edell’intensità del dolore. Questo ha permes-so di diversificare nel corso degli anni le do-si: non più la stessa dose per ogni donna perogni fase del travaglio, ma una dose appro-priata, personalizzata al soggetto e alla situa-zione ostetrica che rappresenta il razionaledei protocolli relativi ai dosaggi attualmentein uso come ad esempio quelli proposti dalClub Italiano Anestesisti Ostetrici(www.ciao.cc). Solo così si potrà ottenereuna analgesia ottimale ovvero soddisfacente,priva di effetti ipotensivi posturali, di bloccomotorio agli arti inferiori, che rispetti la fi-siologia del parto e che consenta la deambu-lazione della donna. Sulla base di questiprincipi a seconda dello stadio del travaglio

95Ostetricia e Ginecologia

in cui viene chiamato, l’anestesista è in gradodi dare una risposta adeguata al dolore dellapartoriente in modo differenziato e flessibi-le, rispettando la massima sicurezza maternae fetale.

L’ANALGESIA EPIDURALE

I stadio - periodo dilatantePer iniziare un’analgesia epidurale non è ne-cessario raggiungere una determinata dilata-zione cervicale ma è sufficiente che il trava-glio sia avviato. Inoltre, in accordo con la fi-siopatologia, quanto più precocemente siinizia una analgesia meno farmaco occorreper abolire il dolore.

Di norma l’analgesia epidurale si può quindieffettuare all’inizio del travaglio, quandocioè la frequenza delle contrazioni uterinepercepite come dolorose è da 2 a 3 in 10 mi-nuti, il collo uterino è appianato, centraliz-zato con una dilatazione di almeno 2 cm. Inquesta situazione i farmaci somministratiper via epidurale possono essere diversi se-condo la posizione della testa fetale.

Alcune donne riferiscono un dolore impor-tante ed intenso anche durante la fase latente(che nella primipara dura in media da 6 ad 8ore) quando la frequenza delle contrazioni èdi 1-2 in 10 min. Anche in questi casi è pos-sibile intervenire con farmaci appropriati.

Nella prima fase del travaglio al fine di otte-nere una buona analgesia è necessario unblocco delle fibre C non mielinizzate consoluzioni di anestetico locale a bassa con-centrazione. All’inizio del primo stadio deltravaglio, quando la testa non è ancora im-pegnata, possono essere impiegati solo i far-maci oppioidi.

Il collo uterino possiede una innervazionesimpatica che lo rende sensibile agli effettidell’analgesia epidurale che favorisce la dilata-zione cervicale se la testa fetale è impegnata.Durante la seconda fase del travaglio, invece,le fibre nervose da bloccare sono rappresen-

tate dalle A-delta: ciò giustifica l’utilizzazio-ne di anestetico locale più concentrato.

Nella grande maggioranza dei casi è utilizza-ta l’associazione oppioide-anestetico locale.Infatti, l’aggiunta di un oppioide (sufentanyl)alla ropivacaina determina una riduzione deltempo di latenza, prolunga ed intensifical’analgesia, riduce il dosaggio totale di ane-stetico locale, aumenta la sicurezza in caso diiniezione intravascolare o subaracnoidea ac-cidentale, e permette una ottima analgesiacon un blocco motorio minimo o assente.Questa associazione non è correlata con ef-fetti collaterali materni e/o fetali se non conun modesto e transitorio prurito. Attual-mente la soluzione analgesica epidurale èrappresentata dalla ropivacaina (naropina)allo 0.10% associata al sufentanyl (fentanti-nyl) (10 μg) in un volume totale di 20-25 ml.Come ogni atto medico anche l’analgesiaepidurale necessita di alcuni monitoraggimaterni e fetali (PA, Fc, SaO2, tococardio-gramma) che possono tuttavia essere limita-ti ai primi 15-20 minuti dopo l’esecuzionedel blocco e, successivamente, dopo ognisomministrazione di farmaco, salvo diversaindicazione medica.

L’uso dell’ossitocina va riservato ai casi incui ci sia una precisa indicazione ostetrica(ad esempio: un numero di contrazioni ute-rine inferiori a 2/10 min nella fase attiva do-po un monitoraggio di almeno 30 min). Vatenuto presente che l’analgesia epiduralemantiene o aumenta lievemente la dominan-za fundica, cioè il gradiente di pressione trafondo e segmento inferiore dell’utero, percui può determinare un transitorio aumentodel tono uterino di base. Per questo motivola somministrazione di ossitocina immedia-tamente dopo un’analgesia epidurale neces-sita di particolare cautela.

L’analgesia epidurale a basso dosaggio è disolito compatibile con la deambulazionedella partoriente (previo consenso dell’ane-stesista e dell’ostetrico) accompagnata dalpartner. I possibili vantaggi della deambula-

96 Ostetricia e Ginecologia

zione durante il travaglio sono: aumento del-l’attività uterina, diminuzione del dolore, mi-nore durata del primo stadio del travaglio, ri-dotta incidenza di anomalie del battito car-diaco fetale e di parti operativi, minor ricor-so all’ossitocina, maggiore soddisfazionematerna.

II stadio - periodo espulsivoDurante il secondo stadio del travagliol’analgesia non interferisce con i meccanismidi discesa e di rotazione della testa fetale, la-sciando alla partoriente la sensazione del ri-flesso di spinta e di pressione perineale. L’in-tegrità e la conservazione di queste sensazio-ni sono segni indiretti dell’assenza di bloccomotorio dei muscoli perineali e consentonola collaborazione della partoriente nella fasefinale del travaglio. In pratica, se si è mante-nuta una buona analgesia per tutto il trava-glio, il passaggio dal primo al secondo stadioè avvertito dalla donna come la trasforma-zione della sensazione (non dolorosa) dicontrazione addominale in sensazione (nondolorosa) di pressione sul retto. Nel caso chel’analgesia si esaurisca in questa fase, e cioèprima che sia avvenuta la rotazione della te-sta fetale, occorre fare molta attenzione aprevenire il dolore prima che diventi troppoforte e si rendano quindi necessarie dosi piùelevate di anestetico locale che potrebberodeterminare una transitoria ipotonia del pa-vimento pelvico. In questo modo è possibilecontrollare il dolore del secondo stadio age-volmente con basse concentrazioni di aneste-tico locale. È fondamentale che l’anestesistaabbia un’ottima conoscenza dei tempi e del-le modalità di discesa e di rotazione della te-sta fetale per poter intervenire correttamentein caso di dolore in questa fase del travaglio.Talvolta nella convinzione errata che l’anal-gesia epidurale possa interferire con la cor-retta rotazione della testa fetale, si richiedeall’anestesista di lasciare che l’effetto analge-sico della epidurale si esaurisca. Una similecondotta appare eticamente discutibile escorretta nei confronti della donna la qualesi trova costretta ad affrontare gli sforzi

espulsivi e a collaborare attivamente proprioquando il dolore si riaffaccia violentementeed improvvisamente.In questi casi il ginecologo deve motivare al-la donna il suo parere ed ottenere il suo con-senso alla interruzione dell’analgesia.

Nel secondo stadio del travaglio le spintevolontarie della partoriente non vanno con-sentite e/o incoraggiate fino a quando la par-te presentata non ha superato il piano dellostretto medio o livello 0 e la rotazione dellatesta fetale non è completata, altrimenti si ri-schia di rallentare la rotazione della testa fe-tale stessa. Se non intervengono alterazionitococardiografiche indicative di sofferenzafetale tali da consigliare un intervento stru-mentale od operativo d’urgenza, il secondostadio deve essere caratterizzato dall’osser-vazione della progressione della parte pre-sentata che nella primipara può durare fino adue ore. La diagnosi di mancata progressio-ne della parte presentata può essere postadopo tale limite temporale.

Nel caso si voglia far partorire la donna inposizione accovacciata o si voglia far disten-dere il perineo in modo adeguato, può esse-re utile somministrare una dose ulteriore dianestetico locale, che può favorire una mi-nore incidenza di lacerazioni e di ricorso al-l’episiotomia.

Anche in caso di parto vaginale spontaneotalvolta l’ostetrica accompagna l’espulsionedel bambino con la manovra di pressione sulfondo uterino (manovra di Kristeller), cheva comunque riservata soltanto ai casi digrave sofferenza fetale con parte presentataal piano perineale. Occorre ricordare che ol-tre a non essere scevra da complicanze (peri-colo di rottura d’utero o di fratture costali)questa manovra è comunque dolorosa ancheper la partoriente in analgesia epidurale.

L’analgesia epidurale a basso dosaggio ècompatibile con qualsiasi posizione la gravi-da voglia assumere per effettuare efficace-mente la spinta.

97Ostetricia e Ginecologia

PRIMIPARA

dilatazione

cervicale

Posizione

della testa

dose iniziale dose successiva

cm Farmaco e dose volume totale

(ml)

farmaco e

dose

Volume

(ml)

2-3 -2 / -1 sufentanyl 10�g

o fentanyl 50 �g

5 -10 ropivacaina

0.10% o

bupivacaina

0.0625%

20

3-5 -1 ropivacaina

0.10% e

sufentanyl 10�g o

fentanyl 50 �g

20 - 25 ropivacaina

0.10% o

bupivacaina

0.0625%

20 ml

Infusione

continua

ropivacaina

0.05% o

bupivacaina

0.0300% e

sufentanyl

0.5�g/ml*

10 ml/ora

>6 ropivacaina

0.10% e

sufentanyl 10�g

20 - 25 ml ropivacaina

0.15%-0.20%

10

dilataz.

completa

-1 / 0 ropivacaina

0.15%

20

Infusione continua epidurale

Loading dose: ropivacaina 0.10% + sufenta-nyl 10 mg o fentanyl 50 mg in un volume di20 ml

Infusione continua: ropivacaina 0.10%10 ml/h fentanest 2,5 mg/ml (25mg/h) o su-fentanyl 0.5 mg/ml (5 mg/ora).

Soluzione analgesica per l’infusione epidu-rale continua con pompa elastomerica da

250 ml/a 10 ml/h o con Pompa GemstarAbbott impostata su infusione continua a10 ml ora.

(Connettere l’infusore dopo circa 30 minutidalla loading dose)volume totale = 60 mlropivacaina 0.2% = 60 mg (30 ml)soluzione fisiologica = 30 mlsufentanyl 30 mg o fentanyl 150 mg

Analgesia perineale: mepivacaina 2% 5 ml

ANALGESIA EPIDURALE IN TRAVAGLIO DI PARTODosi, volumi e concentrazioni

PROCOCOLLO PER L’ANALGESIA IN TRAVAGLIO DI PARTO

98 Ostetricia e Ginecologia

SECONDIPARA

Dilatazione

cervicale

posizione

della testa

dose iniziale dose successiva

Cm farmaco e

dose

volume totale

(ml)

farmaco e

dose

Volume

(ml)

4-5 -1 ropivacaina

0.10-0.15% e

sufentanyl

10μg o fentanyl

50 μg

20-25 ropivacaina

0.15%

15-20

6-7 -1 ropivacaina

0.15-0.20%

20 ropivacaina

0.20%

20

dilatazione

completa

ropivacaina

0.20%

20

BIBLIOGRAFIA(1) G.Capogna, D. Celleno, A. Zangrillo: Analgesiae Anestesia Epidurale per il Parto; 1995, Mosby Ed.(2) Bleyaert A, Soetens M, Vaes L et Al. Bupiva-caine 0.125% in obstetric epidural analgesia. Ex-perience in three thousand cases. Anesthesiology51:435, 1979(3) Carrie LES, Sullivan GM, Seegobin R. Epidu-ral fentanyl in labour. Anaesthesia 36:965, 1981(4) Youngstrom P, Eastwood D, Patel H et Al.Epidural fentanyl and bupivacaine in labor: dou-ble blind study. Anesthesiology 67:A4141, 1984(5) Celleno D, Capogna G. Epidural fentanylplus bupivacaine 0.125% for labour: analgesic ef-fects. Can J Anaesth 35:375, 1988(6) Williams D, Kwan W, Chen D et Al. Compa-rison of 0.0312% bupivacaine plus sufenta and0.0625% bupivacaine plus sufenta for epidural

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Paul Cézanne, (Aix-en-Provence, 1839-1906), Natura morta con bricco del latte, caraffa e ciotola (particolare), 1879-1880

99Ostetricia e Ginecologia

so del travaglio e del parto.Alcuni di questi fattori sono definiti modifi-cabili in quanto con la messa in atto di stra-tegie positive si ottiene un livello accettabiledi contenimento del dolore, soprattuttoquando è presente l’autostima della donnarispetto alla “capacità di farcela”. È stata ri-levata una diversità qualitativa del dolore inun contesto di mancanza di aiuto rispetto adun contesto caratterizzato da senso di ac-compagnamento e dall’attivazione dellesuddette “strategie”.È stato anche rilevato che le richieste delladonna sono molto influenzate dalle infor-mazioni ricevute in gravidanza che potreb-bero stimolare dei “bisogni indotti”. Perquesto motivo si auspica un uso equilibra-to dell’analgesia peridurale, il cui frequenteuso smentirebbe le raccomandazioni degliorientamenti di salute sul sostegno dellanaturalità di questo evento nell’ambito del-la fisiologia.Resta la convinzione che un vissuto di be-nessere in gravidanza infonde sicurezza nel-la donna e aumenta la possibilità di nonescludere di “potercela fare”. In questo casodiventa importante la Promozione della Sa-lute (ostetrica protagonista della Salute) checonsente alla donna di esercitare un maggiorcontrollo sulla propria salute attraverso lasollecitazione di “competenze” (empower-ment) che aumentano l’autostima e la capa-cità di gestire il benessere legato ad una gra-vidanza fisiologica (health consumer).Nello stesso tempo se l’ostetrica assumessenei confronti dell’analgesia farmacologia unatteggiamento tecnico e incondizionatamen-te favorevole, negherebbe il ruolo primarioprofessionale definito da competenze utili alsostegno e rispetto della fisiologia.Metodi non farmacologici:• agopuntura• ipnosi• bagno caldo• aromoterapia• musicoterapia• massaggio• TensL’uso dell’analgesia peridurale rappresenta

IL RUOLO DELL’OSTETRICA

Luciana Aringhieri, ostetrica Coord. OSMADelegata dal Collegio ProfessionaleInterprovinciale (Firenze-Arezzo)

Partorire con dolore, partorire senza dolore……quale salute?

A metà del secolo scorso (1848) è stato unostetrico inglese, Sir James Young Simpson,ad affermare come fosse possibile “partoriresenza dolore” attraverso la prima applica-zione efficace di cloroformio.Questo evento fece esplodere polemiche edisquisizioni da parte dei teologi, che mise-ro in discussione la liceità di un interventoche smentiva l’ingiunzione divina di “par-torire nel dolore”. I conservatori laici so-stenevano che il dolore era “fisiologico enecessario”. Un retaggio culturale che for-se si tramanda fino ad oggi perché il doloredel travaglio e del parto è tutt’ora oggettodi discussioni nell’ambito di varie correntidi pensiero.Da questa considerazione nasce il titolo diquesta relazione: chi decide se è meglio par-torire con dolore o senza dolore?Qual è il ruolo dell’ostetrica di fronte alla ri-chiesta della donna di “non soffrire” in tra-vaglio di parto?Mentre è indiscutibile il trattamento del do-lore legato alle patologie, il dolore del trava-glio di parto si presta ad essere analizzatoperché legato ad un “lieto evento”, ma nonper questo deve essere sottovalutato, tanto-meno enfatizzato.L’esperienza del parto è complessa e alta-mente soggettiva per cui diventa difficileprevedere le emozioni e l’intensità del dolo-re. Tuttavia i fattori che possono influenzareempiricamente il dolore sono molteplici, co-me la paura, l’ansia, il livello sociale e cultu-rale, la cognizione, la presenza del partner, lacapacità di sostegno affettivo del partner, ilrapporto che si instaura con i professionistied altri fattori ambientali. Questa complessi-tà rende difficile predire, da parte della don-na e della professionista che la assiste, qualepotrà essere l’esperienza del dolore nel cor-

100 Ostetricia e Ginecologia

comunque una importante opportunità perla donna che trovi inefficaci tutti i metodi estrategie suddetti e per la quale il dolore rap-presenti una difficoltà in più che impediscedi vivere in modo sereno questo momento.Per concludere il ruolo moderno della pro-fessionista ostetrica si articola non solo tra lecompetenze tecniche ma attraverso le com-petenze comunicativo-relazionali, che ga-rantiscano un’informazione corretta edequilibrata ed un atteggiamento rispettosodella soggettività e delle motivazioni indivi-duali, per facilitare una scelta libera e consa-pevole per la donna.

BIBLIOGRAFIA• P.S.R. 2005-2007 - Progetto 5 – “Nascere in

Toscana”• Lowe NK. The nature of labor pain. AM J Ob-

stet Gynecol 2002• The Cochrane Collaboration• Linee Guida OMS (WHO)

METODI NON FARMACOLOGICI

Il dolore che accompagna il travaglio ed ilparto è da tempo oggetto d’interesse e distudi volti ad alleviare le sofferenze delladonna; si è perciò pensato a come ridurre ildolore durante il travaglio ed il parto, senzaprovocare effetti negativi alla madre ed albambino.Esistono sistemi farmacologici indubbia-mente efficaci nel combattere il dolore, manon privi di effetti collaterali, legati all’azio-ne farmacologica negativa su madre e neona-to nonchè sulla dinamica del parto e sisteminon farmacologici, che non presentano par-ticolari controindicazioni, ma che spessohanno una efficacia relativa.Peraltro esistono osservazioni interessantirispetto all’importanza che avrebbero laconsapevolezza e la partecipazione attivadella donna al proprio parto, sulla futura re-lazione affettiva col neonato.Winnicott, facendo incontrare la propriaesperienza di pediatra con quella di analistadi pazienti gravi, propose una formulazionesugli eventi dei primissimi giorni di vita del

bambino; secondo questo Autore, la madreè in grado di essere una madre adeguata se èin buona salute e non è soggetta ad interfe-renze esterne. È in quest’ultimo aspetto cheassume un’importanza particolare la qualitàdell’assistenza al parto, il poter offrire sicu-rezza senza prescrizioni, poter proteggere ladonna che partorisce dalle interferenze ester-ne, dalle pratiche sanitarie non necessarie, daun’organizzazione ospedaliera spesso nonadatta alle necessità della nuova coppia.Diceva Dick Read circa cinquanta anni fa:“Non si permette alla donna moderna di fa-re esperienza cosciente delle proprie sensa-zioni fisiche e della loro eco emotiva, deru-bandola così della ricompensa data dalla con-sapevolezza della forza del proprio parto”.Il parto può rappresentare per la donnaun’occasione eccezionale per incontrare sestessa, per acquistare quel potere personale equella forza che sono necessarie per assu-mersi la piena responsabilità dell’essere ma-dre e donna, la forza futura di allevare unbambino.Secondo queste considerazioni, il dolore delparto non sarebbe inutile; non sarà indispen-sabile per far nascere un bambino, ma con-tribuisce certamente alla nascita della madre(Schmid V.) Queste considerazioni possono essere con-divise da alcune partorienti, ma qualora ladonna richieda di poter attenuare la sensa-zione dolorosa del travaglio e parto, l’offer-ta di tecniche alternative non farmacologi-che può essere una valida risposta.Il dolore nel travaglio è legato all’attivazionedei recettori sensoriali che si trovano a livel-lo dell’utero, della cervice, dei tessuti molli edelle articolazioni della pelvi.Il dolore nella prima fase del travaglio(preparatoria e dilatante) è conseguente aifenomeni dinamici di dilatazione, disten-sione e stiramento, che si verificano nellestrutture del segmento uterino inferiore edel collo dell’utero durante la contrazione(Bonica 1984).Secondo Moir (1939) e Dick-Read (1953) ildolore sarebbe causato dall’ischemia delmiometrio che si verifica durante le contra-

101Ostetricia e Ginecologia

zioni; tale dolore potrebbe essere accresciu-to dalla iperattività simpatica provocata dal-la paura e dalla tensione della donna.Gli impulsi dolorosi vengono trasmessi me-diante fibre nervose sensitive provenienti dalcollo e dal corpo uterino, dal perineo e dallavagina; tali fibre accompagnano quelle mo-torie dei nervi simpatici e, attraverso i plessiuterino, pelvico, ipogastrico inferiore-me-dio-superiore, raggiungono i segmenti tora-cici inferiori e lombari delle catene simpati-che. Da lì le fibre afferenti passono nei ramicomunicanti bianchi del 10°-11°-12° nervotoracico e 1°-2° lombare per raggiungere ilmidollo spinale attraverso le radici posterio-ri dei nervi spinali corrispondenti (T10-L2).Nelle corna posteriori del midollo spinale sitrovano sinapsi delle fibre afferenti nocicet-tive con i neuroni di 2° ordine dei fasci spi-notalamici e spinoreticolari, che sono depu-tati alla conduzione centrale degli stimolidolorosi. Dal talamo gli stimoli vengono tra-smessi alla corteccia dove divengono co-scienti.Nella seconda fase del travaglio (periodoespulsivo) lo stiramento all’interno dellapelvi e la distensione del perineo e della va-gina sono ulteriore causa di dolore. Questiimpulsi dolorosi vengono trasmessi dalle fi-bre nervose sensitive dei nervi pudendi cheraggiungono il midollo spinale a livello diS2-S4.Inoltre nel corso del travaglio le ovaie, le tu-be ed i legamenti pelvici vengono stirati du-rante la contrazione dando luogo a sensazio-ni dolorose, mediate dai nervi sensoriali delplesso ovarico le cui fibre afferenti entranonel midollo spinale a livello di L1.L’attivazione delle popolazioni cellulari del-le colonne dorsali da parte delle afferenzenocicettive può essere inibita, secondo ilmodello del gate-control (Melzak 1973;Wall 1978) da afferenze concomitanti localidi tipo sensitivo, da circuiti inibitori intra-spinali locali e multisegmentari e da vie ini-bitorie discendenti di tipo fasico o tonico. Sipuò pertanto pensare di agire su questi di-versi livelli di inibizione attraverso tecnichefarmacologiche e soprattutto non farmaco-

logiche di controllo del dolore (Tabella 1).

Tab. 1 Tecniche non farmacologiche

Riduzione dello stimolo doloroso

• libertà di movimento e di cambiamento di po-sizione

• contropressione• decompressione addominale

Attivazione dei recettori sensoriali periferici

• freddo e caldo• idroterapia• pressione e massaggio• agopuntura e agopressione• TENS (stimolazione elettrica transcutanea)• iniezione sottocutanea di acqua sterile

Aumento delle vie inibitorie

• focalizzazione dell’attenzione e distrazione• ipnosi• audioanalgesia e musica

Per evitare i rischi e gli effetti collaterali del-l’analgo-anestesia in ostetricia, si è tentato diutilizzare tecniche alternative per alleviare ildolore nel travaglio e parto.Le tecniche alternative si basano sul concet-to che la donna in travaglio ha un comporta-mento che varia da soggetto a soggetto infunzione della propria personalità, della so-glia individuale del dolore e della differenteelaborazione centrale delle sensazioni dolo-rose. Bisogna inoltre tener presente che ildolore può essere influenzato dall’ansia, dal-la paura dell’ignoto, dalla cultura e da nume-rosi fattori in grado di accrescere la sensibi-lità della partoriente. In effetti è stato dimo-strato da studi effettuati sui neurotrasmetti-tori e sugli ormoni responsabili dell’attiva-zione del travaglio di parto che lo stress am-bientale influenza in modo decisivo il partonei topi (Newton 1971), nei ratti (Leng1987) e nelle scimmie Rhesus (Kalin 1985)diminuendo la secrezione di ossitocina.L’evento indotto da stress esterni è sicura-mente mediato da oppioidi endogeni, alme-no nei ratti (Russel 1991). A conferma di ciò

102 Ostetricia e Ginecologia

è stato sperimentato che la somministrazio-ne di farmaci oppioidi inibisce sia la secre-zione di ossitocina che il parto (Russel 1991)suggerendo un ruolo fisiologico dei peptidioppioidi endogeni nel controllo in senso ini-bitorio della secrezione di ossitocina duran-te il travaglio.Dagli studi di Read (1933) si cominciò apensare all’importanza della conoscenza daparte della gestante dei fenomeni connessicon la gravidanza ed il parto, affinché potes-se affrontare tali situazioni senza paura e conconsapevolezza. Da queste conoscenze e dairisultati dell’esperienza della scuola russa suiriflessi condizionati di Pavlov è nata la psi-coprofilassi ostetrica di Lamaze.Tra le tecniche non farmacologiche messe inatto per ridurre l’esperienza dolorosa deltravaglio e del parto si evidenziano quelleche agiscono sulla riduzione dello stimolodoloroso, quelle che attivano i recettori sen-soriali periferici e quelle che amplificano levie inibitorie (Tabella 1).Le tecniche che riguardano la riduzione del-lo stimolo doloroso (possibilità di cambia-mento di posizione, contropressione a livel-lo lombare e decompressione addominale)non sono confortate da dati significativi inletteratura, sono, soprattutto per quanto ri-guarda il cambiamento di posizione e la li-bertà di movimento, acquisizioni che si ba-sano sull’osservazione del comportamentodella donna in travaglio, che se lasciata libe-ra di muoversi, assume naturalmente le po-sizioni più antalgiche, si accovaccia, cammi-na ecc.Tra le tecniche che attivano i recettori senso-riali periferici (meccanismo del gate-control)esistono studi randomizzati, anche se talvol-ta le casistiche non sono sufficienti perchésono studi difficili da programmare, che insintesi dimostrerebbero una efficacia signifi-cativa per quanto riguarda l’uso dell’ago-puntura e della TENS (Smith CA; CollinsCT 2003), che hanno ridotto la sensazionedolorosa e l’uso di farmaci antalgici.L’idroterapia avrebbe, secondo alcuni studi(Alderdice 1995 e Rush 1996), efficacia nelridurre lo stimolo doloroso e di conseguen-

za l’uso di farmaci analgesici durante il tra-vaglio, e comporterebbe un buon grado disoddisfazione per le donne che l’hanno usa-ta; Nikodem (1999) non ha segnalato nessuneffetto negativo per la madre e per il neona-to anche se non ha riscontrato diminuizionesignificativa del dolore. L’acqua come analgesico in travaglio è statausata da molte generazioni di donne (Walker1994) e l’effetto rilassante di un bagno caldoè generalmente riconosciuto.La diminuzione della sensazione dolorosa èinoltre dovuta alla maggior libertà di movi-mento (Walker 1994) e alla capacità di assu-mere e mantenere il più a lungo possibileposizioni antalgiche ed efficaci per il prose-guimento del parto, nonché all’effetto delladecompressione addominale (Brown 1982).Il galleggiamento, dovuto alla riduzione del-la forza di gravità, permette un risparmiod’energia altrimenti destinata al sostegno delpeso corporeo. Ciò ha anche un effettoemodinamico con riduzione del carico car-diaco dal momento che la pompa deve lavo-rare meno per spingere il sangue dalle estre-mità inferiori.Nel travaglio di parto in acqua si è eviden-ziato un effetto metabolico ed emodinamicopositivo per il risparmio di energia (Page1989), la riduzione del carico cardiaco(Hemplemann 1989) e la diminuzione del-l’incidenza della sindrome di ipotensionesupina derivante dalla compressione dellacava inferiore e dell’aorta discendente. Lapressione su questi vasi è ridotta perché ilcorpo è più leggero, compreso il carico ute-rino ed i vasi non sono compressi controuna colonna spinale tesa e rigida. Anche se ladonna si appoggia sulla schiena, nell’acqua lapressione è minima e può farlo tranquilla-mente senza compromettere le condizionidel feto. La riduzione della tensione musco-lare addominale faciliterebbe contrazioniuterine più efficaci e una migliore ossigena-zione (Brown 1982).Inoltre secondo gli studi di Katz (1990) sievidenzia una riduzione dell’edema ed unincremento della diuresi. Secondo Doniec-Ulman (1987) e Goodlin (1984) si ha una di-

103Ostetricia e Ginecologia

minuzione significativa della pressione arte-riosa nelle pazienti gestosiche mentre non sievidenziano variazioni pressorie significati-ve nelle donne normo tese (Schorn 1993).È stato dimostrato che la posizione accovac-ciata può aumentare i diametri pelvici fino al28% (Russel 1982), questo effetto nell’acquaè ridotto dalla diminuzione del peso corpo-reo (Page 19, Walker 1994). Secondo alcuniautori la spiegazione dell’effetto antalgicodel bagno riguarderebbe la diminuzione del-le catecolamine, prodotte nella donna dallostress e dalla paura, con conseguente aumen-to dei livelli di endorfine (Odent 1983, Mil-ner 1988): ipotesi di questo tipo non hannoperò né un valore esplicativo né possono in-dirizzare la ricerca verso obiettivi realistici. Bisogna segnalare che le casistiche sono an-cora caratterizzate da piccoli numeri e laprogrammazione di questo tipo di studionon risulta facile, di conseguenza i pochitrials esistenti risultano non risolutivi.Non esistono dati significativi sull’effettodel massaggio sulla riduzione del dolore du-rante il travaglio ed il parto (Smith CA; Col-lins CT 2003).Una prospettiva interessante viene dall’os-servazione che l’iniezione di acqua sterilesottocutanea a livello lombare diminuirebbela sensazione dolorosa durante il travaglio;occorrerà però una maggior evidenza primadi proporla come routine nella pratica clini-ca (Pradhan P, Johanson R 2001).Per quanto riguarda i sistemi di attivazionedelle vie sensoriali inibitorie i trials che di-mostrano un’efficacia nella riduzione signi-ficativa dello stimolo doloroso sono quelliche riguardano l’ipnosi, nessun effetto é sta-to dimostrato per la musicoterapia ed au-dioanalgesia (Smith CA, Collins CT 2003).Per tutte questi metodi non farmacologici,atti a ridurre lo stimolo doloroso in travaglio,non sono stati evidenziati effetti negativi.

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104 Ostetricia e Ginecologia

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ISTEROSCOPIA DIAGNOSTICA

L’isteroscopia è una tecnica diagnostica in-vasiva che consente di visualizzare la cavitàuterina e guidare eventuali prelievi biopticiendometriali. Il suo impiego è volto a darerisposta a specifici quesiti clinici. L’esame isteroscopico è di breve durata (unoo due minuti), è generalmente eseguito inambulatorio, senza alcuna anestesia; puòprovocare comunque un certo fastidio, lega-to ad una sintomatologia crampiforme ad-dominale di lieve entità. Dopo l’esame lamaggior parte delle pazienti non ha alcunproblema e può riprendere le normali attivi-tà lavorative entro poche ore.

L’utilità clinica dell’isteroscopia è ampia-mente validata per indagare le pazienti steri-li o con abortività ricorrente, in pazienti consanguinamenti uterini anomali ed in quellemastectomizzate che devono cominciare oche stanno eseguendo il trattamento con ta-moxifene. È inoltre molto utile come indagi-ne di secondo livello per dirimere dubbi dia-gnostici sulla presenza e la natura di patolo-gia endocavitaria uterina documentata da al-tri esami (eco TV, RMN, isterografia).L’isteroscopia pur affiancata nello studiodella patologia endometriale dall’uso dellaecografia transvaginale, resta un’indaginemolto diffusa nella pratica clinica: nella sola

area fiorentina si eseguono circa mille istero-scopie diagnostiche ambulatoriali l’anno. Trattandosi di una tecnica diagnostica inva-siva piuttosto complessa si rende necessarioun adeguato training da parte degli opera-tori. La qualità dell’esame infatti, è in rap-porto diretto all’esperienza degli operatoristessi, certificata dall’accreditamento pro-fessionale.

Per quanto riguarda il controllo del doloreche si accompagna all’esecuzione dell’esameisteroscopico è necessario fare alcune racco-mandazioni che tengano conto non solo del-l’aspetto farmacologico ma anche di aspettiorganizzativi senza i quali non sarà possibi-le controllare il distress della paziente:• adeguato counseling ed informazione del-

la paziente• selezione dei casi da escludere dall’indagi-

ne ambulatoriale e da avviare direttamentealla esecuzione in narcosi

• organizzazione dell’ambulatorio con di-sponibilità di attrezzature e tecnologia ap-propriata, in particolare la dotazione distrumenti di piccolo diametro. Esistono,infatti, isteroscopi diagnostici con calibrivariabili dai 2.5mm ai 5mm. Il solo utiliz-zo di strumenti adeguati può essere suffi-ciente a ridurre il dolore

• organizzazione ambulatoriale che prevedal’esecuzione dell’isteroscopia solo da partedi personale medico esperto e dedicato.

Il discomfort causato dall’isteroscopia oltreche al tipo di esame è correlato ai seguentifattori:• durata dell’esame (dipendente dall’espe-

rienza)• esperienza dell’operatore (correlata alla

durata dell’esame) • apparecchiatura utilizzata • ed infine caratteristiche cliniche della pa-

ziente che possono comportare difficoltàtecniche od anatomiche.

Solo dopo queste necessarie premesse pos-siamo parlare dell’aspetto farmacologico delcontrollo del dolore.

Ostetricia e Ginecologia 105

In alcuni casi può essere opportuno ricorre-re all’anestesia locale o generale. Questa ènecessaria in circa il 10% delle donne chenon hanno mai partorito per via vaginale, oche hanno subito interventi chirurgici al col-lo dell’utero (ad esempio la conizzazione).In tali casi infatti è possibile che la cerviceuterina non sia facilmente attraversabile dal-l’isteroscopio, senza provocare dolore.In casi selezionati queste difficoltà tecnichelegate alla stenosi cervicale possono essereridotte con l’uso di prostaglandine locali:Gemeprost candelette vaginali da 1mg circa1 ora prima dell’esame nei casi sopra indica-ti, a maggior rischio di difficoltà tecnica.

AnalgesiaCirca 1 ora prima dell’esame (pre-emptyanalgesia) possono essere utilizzati a scelta iseguenti farmaci: • paracetamolo 1000mg supposte: 1 suppo-

sta 1 ora prima dell’esame • ketorolac 30mg im o sublinguale 1 ora pri-

ma dell’esame• diclofenac 100mg supposte: 1 supposta 1

ora prima dell’esame

Al momento dell’esameInfiltrazione di circa 8ml di carbocaina 2%(4 tubofiale da 1.8ml) intracervicali alle ore3-6-9-12, utilizzando aghi “carpule” di0.4mm x 38mm da iniezioni gengivali ed at-tendere circa 10 minuti. In alternativa alletubofiale di carbocaina può essere utilizzatalidocaina 1-2%, circa 10cc utilizzando unanormale siringa ed aghi da insulina. Questaoffre il vantaggio di una maggiore rapidità di

Alfredo Muller, (Livorno 1869 - Parigi, 1939), Interno, 1890 ca.

azione rispetto alla carbo.Questo tipo di analgesia è sufficiente nellamaggior parte dei casi ed è eseguibile diret-tamente in un ambulatorio attrezzato per lachirurgia (ambulatoriale dal ginecologo sen-za assistenza anestesiologica.

Nei casi in cui occorra un maggior control-lo del dolore può essere utilizzato:

Blocco paracervicale. La tecnica è semplice eutilizza l’ago di Kobach, un ago speciale conuna guida che lascia protrudere la punta persoli 5mm per evitare il rischio di iniezioneintravascolare. L’ago è introdotto nei fornicilaterali alle ore 3 e 9, iniettando circa 10cc diLidocaina 1% per lato. Questa tecnica vieneancora poco utilizzata nella pratica clinica.

Anestesia endovenosa. Propofol 0.5mg/kg e.v.e breve soggiorno nella recovery room. Talemanovra deve essere eseguita da un anestesistain ambulatori adeguatamente attrezzati.

Atropina. Una considerazione a parte deveessere fatta per l’uso dell’atropina in istero-scopia diagnostica. Non esiste in letteraturaevidenza scientifica riguardo alla necessità diutilizzarla come premedicazione. Infatti, lapremedicazione con atropina o altro sup-porto farmacologico non è da tutti conside-rata mandatoria. Potendo comunque l’iste-roscopia determinare anche gravi reazionivagali, può essere opportuno almeno in al-cuni casi considerati a maggior rischio pre-medicare con atropina solfato (1 fiala da1mg\ml i.m.) circa 30 minuti prima.

106 Ostetricia e Ginecologia

ALLEGATI

ASPETTI ORGANIZZATIVI(Tratti dalle Linee Guida del Club Italiano Anestesisti Ostetrici)

PersonaleL’attività di anestesia ostetrica deve avere, oltre al dirigente di II livello, almeno un anestesi-sta responsabile esperto in anestesia ostetrica il quale deve organizzare il servizio stesso man-tenendone e migliorandone la qualità, farsi responsabile della formazione teorico-pratica ditutto il personale afferente, stabilendo degli incontri prefissati e regolari. Un anestesista deveessere prontamente disponibile per la sala parto 24 ore al giorno. Una chiara linea di comu-nicazione deve essere assicurata in ogni momento tra l’anestesista presente ed il responsabi-le. Prima di poter prestare questa attività, l’anestesista deve avere accumulato una sufficienteesperienza pratica in anestesia ostetrica.

Analgesia loco-regionaleUn servizio con un organico insufficiente ad offrire una sicura ed efficiente attività di analgesiain travaglio, pur potendo offrire prestazioni occasionali, deve informare, eventualmente ancheper iscritto, le pazienti delle sue reali potenzialità. Ginecologo ed ostetrica, adeguatamente adde-strati, devono provvedere all’assistenza ed al monitoraggio materno e fetale per tutta la duratadell’analgesia epidurale. Il blocco epidurale non può essere effettuato se in ospedale non è pre-sente un’équipe ostetrica, che possa far fronte alla comparsa di qualunque tipo di emergenza.Se in qualsiasi momento lo staff ostetrico si rendesse inadeguato, l’anestesista deve essere ra-pidamente informato di questa evenienza.L’anestesia regionale deve essere indotta e mantenuta solo in ambienti idoneamente attrezzaticon presidi e farmaci atti a trattare e risolvere i problemi che possono insorgere.Deve essere prontamente disponibile materiale per la rianimazione: sorgente di O2, aspiratore,equipaggiamento per mantenere la pervietà delle vie aeree e per praticare la ventilazione artificia-le, nonché i farmaci ed i presidi per la rianimazione cardiopolmonare materna e neonatale.

Monitoraggio materno-fetale durante l’analgesia regionaleInduzione dell’analgesia regionale. Si deve stabilire un accesso venoso prima di indurre un’ane-stesia regionale, che deve essere poi mantenuto durante tutta la durata del blocco stesso.La pressione arteriosa e la frequenza cardiaca materne e la frequenza cardiaca fetale devonoessere registrate prima di effettuare il blocco.Le donne da sottoporre ad una tecnica di anestesia locoregionale devono essere adeguatamen-te informate circa i benefici ed i rischi della procedura, anche se ciò era già stato fatto in prece-denti colloqui con l’anestesista.L’esecuzione di una anamnesi anestesiologica deve essere sempre effettuata prima dell’esecu-zione del blocco. Devono essere attuate tutte le manovre atte a prevenire la compressioneaorto-cavale.Mantenimento dell’analgesia regionale. Le madri devono essere seguite con particolare atten-zione almeno nei primi 30 min. successivi ad ogni somministrazione di farmaco. La pressionearteriosa e la frequenza cardiaca materne devono essere monitorizzate e registrate frequente-mente dopo la dose iniziale e successivamente come stabilito dall’anestesista fino all’espleta-mento del parto. La diuresi dovrebbe essere controllata per prevenire la distensione vescicale.La frequenza cardiaca fetale deve essere registrata almeno per i primi 30 min. dopo ogni dosedi farmaco. L’anestesista deve verificare periodicamente il blocco sensoriale e motorio. L’ane-stesista è sempre responsabile del blocco che ha effettuato e della sorveglianza che deve esserecommisurata al tipo di blocco stesso.

107Ostetricia e Ginecologia

Il consenso informatoMolto spesso la partoriente, disturbata dal dolore e dallo stress del travaglio può non esserein grado di recepire pienamente le informazioni fornite dall’anestesista se queste vengono da-te immediatamente prima dell’esecuzione del blocco, quando cioè questo viene richiesto perabolire dei dolori che si sono fatti insopportabili. D’altra parte, in questa situazione è estre-mamente difficoltoso procedere ad una anamnesi corretta ed una visita anestesiologica puòdivenire facilmente superficiale o incompleta.Inoltre, le partorienti hanno spesso delle aspettative riguardanti il loro parto che non semprecorrispondono alla realtà: un parto sereno, fisiologico, tollerabile e/o comunque senza compli-canze, un bambino sano, ecc. L’accadere di qualsiasi evento che non corrisponda a queste aspet-tative può essere talvolta percepito come una mancanza di assistenza da parte dei sanitari.La conoscenza delle tecniche di analgesia può variare grandemente tra le partorienti e può es-sere influenzata da pregiudizi o dal tipo di informazione fornita dai mass-media, nonché dafattori culturali e socioeconomici.Sebbene vi siano sentenze negli USA che attribuiscono scarso valore al fatto che il consensovenga ottenuto durante lo stress del travaglio (Knapp RM. Legal view of informed consent foranesthesia during labor. Anesthesiology 1990; 72:211) è nostra opinione che tutte le gestanti do-vrebbero ricevere un’adeguata informazione sulle tecniche di analgesia per il travaglio ed ilparto, comprendente i rischi ed i benefici, i vantaggi e le eventuali complicanze, molto primadel momento del travaglio ed in particolare durante l’ultimo trimestre della gravidanza. Inquesto modo il consenso ottenuto al momento del travaglio sarà realmente informato, inquanto la partoriente avrà avuto a sua disposizione tutto il tempo per ricevere e valutare le in-formazioni fornite dall’anestesista.È perciò auspicabile che il consenso informato per l’analgesia del parto si svolga in due tempi: • il tempo dell’informazione, durante i corsi di preparazione al parto, mediante appositi in-

contri con l’anestesista• il tempo del consenso, che è sempre individuale e non collettivo, ottenuto durante la visita

pre-parto, e confermato poi, questa volta anche solo oralmente, durante il travaglio (e spes-so accompagnato dalla richiesta esplicita dell’analgesia).

Durante tale colloquio l’informazione data alla partoriente dovrebbe comprendere:• una breve illustrazione delle tecniche di anestesia e/o analgesia proposte o possibili in alterna-

tiva, una descrizione che comprenda i vantaggi e gli svantaggi di ciascuna, i rischi e le compli-canze, specificandone la frequenza ed il grado di gravità. A tal proposito è auspicabile l’ausi-lio di tabelle e/o note informative scritte che facciano riferimento a dati recenti della lettera-tura e a dati dell’Ospedale stesso. Questa informazione deve permettere alla partoriente di ca-pire la natura, le conseguenze ed ogni rischio sostanziale del trattamento proposto. Infatti peresprimere un consenso eticamente e legalmente valido, la partoriente deve ricevere informa-zioni sufficienti a rendere possibile un suo assenso informato:

• la possibilità per la gestante di porre liberamente domande• l’informazione fornita deve essere corretta e precisa, sufficientemente tecnica per non dare

adito ad interpretazioni controverse, ma sufficientemente semplice per essere compresa datutte le gestanti

• dovrebbe essere presentata in forma tale da non spaventare o mettere in ansia la gestante.Sistemi informativi scritti (depliant) o audiovisivi possono essere un valido aiuto e sono altresìincoraggiati, ma non sostituiscono l’informazione individuale data dallo specialista. La qualità ela quantità di informazioni da fornire alla partoriente possono variare a seconda dell’urgenza del-la procedura e dallo standard cui fa riferimento il medico (Bush DJ. A comparison of informedconsent for obstetric anaesthesia in the USA and UK. Intern J Obstet Anesth 1995; 4:1-6).Il concetto di consenso informato presuppone infatti che l’informazione venga sempre for-

108 Ostetricia e Ginecologia

nita dal sanitario competente. Benché per alcuni il consenso orale sia valido dal punto di vi-sta etico e legale quanto quello scritto, (Gild WM. Informed consent: a review. Anesth Analg1989; 68:649-653) questo Comitato raccomanda fortemente il consenso scritto che è partico-larmente opportuno quando vi siano trattamenti che comportino un certo grado di rischioed è certamente maggiormente documentabile. Inoltre è stato dimostrato che il ricordo di ciòche è stato detto nel colloquio con l’anestesista nel corso dell’ottenimento del consenso èmaggiore se accanto all’informazione verbale viene fornita anche un’informazione scritta(Grice SC. Evaluation of informed consent for anesthesia for labor and delivery. Anesthesio-logy 1988;69:A664).Il tipo di informazione ricevuta ed il consenso dovrebbero anche essere annotati in cartellaclinica (cartella anestesiologica) e firmati dalla partoriente. D’altra parte il fatto che la parto-riente abbia firmato un consenso scritto non sgrava il medico dalle sue responsabilità. Inol-tre tale consenso scritto può essere revocato dalla partoriente in qualsiasi momento. Si po-trebbe legittimamente porre il problema se sia corretto e possibile eseguire una analgesia intravaglio su una paziente che non abbia mai frequentato un corso di preparazione al parto oche non abbia parlato mai con l’anestesista prima di quel momento, ma che richieda l’analge-sia mentre sta soffrendo forti dolori e quindi quando è più disposta a ricevere sollievo che adare un consenso realmente informato. La validità di un consenso, anche scritto, ottenuto inqueste condizioni è infatti discutibile.

LINEE GUIDA PER L’ANALGESIA, L’ANESTESIA E LA RIANIMAZIONEOSTETRICA DELLA SIAARTI

(Società Italiana Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva)

La paziente che richiede l’analgesia epidurale dovrebbe essere visitata in ambulatorio dal-l’anestesista. Devono essere richiesti prima del ricovero della stessa gli esami e le consulenzespecifiche eventualmente mancanti (è imperativo un assetto della coagulazione ed un emocro-mo recente completo della conta piastrinica).La paziente deve ricevere una spiegazione semplice e chiara delle procedure alle quali verràsottoposta, che include la natura e lo scopo delle stesse, come pure i rischi ad esse legati e de-ve esprimere il proprio consenso informato, che non differisce in alcuna misura da quelloespresso per qualunque altra procedura medica o chirurgica.

Composizione dello staff dell’Unità di anestesia ostetricaOgni unità ostetrica deve comprendere l’anestesista, il ginecologo-ostetrico, l’ostetrica, il pe-diatra, l’infermiere professionale.L’anestesista responsabile ha il compito di organizzare il servizio, revisionare le attrezzature,mantenere e migliorare gli standards, aggiornare e seguire il personale medico e paramedico. Un obiettivo fondamentale è quello della formazione dell’équipe, che deve essere perseguitanon solo attraverso la pratica, ma anche attraverso incontri, corsi di aggiornamento, stagespresso strutture specializzate (ricordiamo che il contratto di lavoro prevede l’aggiornamentoobbligatorio).L’anestesista in servizio per l’unità ostetrica deve essere disponibile 24 ore al giorno per 3 tur-ni; un altro deve essere reperibile e pronto ad intervenire se il collega di turno è impegnato.L’anestesista in sala parto ha la responsabilità continua dell’atto medico dall’inizio dell’anal-gesia fino al momento dell’espletamento del parto; per questa ragione deve tenere una docu-mentazione e rimanere a disposizione per tutta la durata del travaglio e per il postpartum. Un’ostetrica esperta deve fornire assistenza e monitoraggio fetale continui per tutta la dura-ta del blocco. La presenza del ginecologo ostetrico è richiesta in ospedale per poter pronta-

109Ostetricia e Ginecologia

mente intervenire in caso di complicanze sopraggiunte durante il travaglio.Il team di anestesia-rianimazione - con tempo di risposta immediato - deve essere in ogni mo-mento disponibile per le emergenze materne e neonatali. Il materiale ed i farmaci per la ria-nimazione devono essere pronti in reparto e regolarmente controllati.

Monitoraggio materno-fetale in corso di analgesia epidurale per travaglio di partoPrima di iniziare la procedura per l’analgesia epidurale è essenziale:• assicurarsi un accesso venoso che dovrà essere mantenuto in situ fino all’espletamento del parto• monitorizzare:

la pressione arteriosala frequenza cardiacala saturimetria a polsola frequenza cardiaca fetale e l’attività uterina.

Durante il mantenimento dell’analgesia la paziente non deve essere lasciata senza sorveglian-za per tutta la durata del travaglio e del parto.L’anestesista è l’unico responsabile del blocco regionale e deve verificare il grado del blocco,il VAS e far fronte alle eventuali complicanze che possono verificarsi. Controllare la donnasolo su chiamata dell’ostetrica non è sufficiente.

Attrezzature per la ventilazione e la rianimazione cardio-polmonare dell’adulto e delneonato devono essere disponibili e funzionanti in sala parto.L’anestesia epidurale può essere potenziata in caso di parto operativo urgente.Se il taglio cesareo viene eseguito in anestesia generale è consigliabile:• la presenza di due anestesisti, per l’assistenza durante l’induzione della narcosi e per la ria-

nimazione primaria del neonato • tenere pronto il set per intubazione difficile • eseguire la profilassi della Sindrome di Mendelson • posizionare la paziente sul letto operatorio in maniera tale da evitare l’ipotensione supina • preossigenare in ventilazione spontanea fino a saturazione 100% Si devono monitorizzare anche i seguenti parametri:• ETCO2 • FiO2 • diuresi e perdite ematiche Una recovery room, adiacente alla sala travaglio e alla sala operatoria, deve essere predispo-sta (con personale e con apparecchiature di monitoraggio) per la sorveglianza del post-par-tum e del post-operatorio fino alla dimissione dalla recovery room (circa 2 ore, a discrezio-ne dell’anestesista).Un’Unità di terapia intensiva per pazienti gravide e/o puerpere portatrici di patologie (pre-gresse e/o concomitanti alla gravidanza) deve essere a disposizione nello stesso ospedale oraggiungibile tramite ambulanza attrezzata.

InformazioneLa conoscenza delle tecniche d’analgesia può variare notevolmente tra le partorienti secondo ifattori culturali e socioeconomici, mentre tutte dovrebbero ricevere notizie chiare sia sulle tec-niche d’analgesia del travaglio e del parto, che sui possibili benefici e sui possibili rischi e com-plicanze. Sarebbe opportuno che tali notizie fossero fornite fuori dal periodo del travaglio cosìda avere una più facile comprensione, con l’aiuto di brevi guide illustrative, e dando la possibi-lità alle pazienti di fare domande chiarificatrici così da poter ottenere un consenso informatoeticamente e legalmente valido; questo può avvenire durante il corso di preparazione al parto.Successivamente, verso la fine del terzo trimestre, è utile programmare una visita anestesio-

110 Ostetricia e Ginecologia

logica per valutare le condizioni della pazienti che già prevedono di richiedere l’analgesia oper le quali è programmato un parto strumentale.

ValutazionePrima di avviare un’analgesia/anestesia locoregionale è indispensabile l’esecuzione diun’anamnesi finalizzata a un esame obbiettivo fisico che potrebbe contribuire a ridurre even-tuali complicanze materne e fetali.Durante tale valutazione si provvederà sia a completare l’informazione, sia al controllo degliesami del terzo trimestre, e ad ottenere il consenso informato.È corretto procedere ad un’ispezione delle vie aeree per garantirsi un eventuale corretto ap-proccio respiratorio e ad un esame del dorso per evidenziare eventuali anomalie della colon-na e l’integrità della cute.

Esami richiestiPer l’esecuzione dell’analgesia del parto si richiedono i seguenti controlli:• emocromo, in particolare la conta delle piastrine • PT, PTT, Fibrinogeno • azotemia, glicemia, protidemia La validità di tali esami è di almeno quattro settimane in assenza di patologia clinica accertata.

Consenso informatoPuò essere ottenuto durante la valutazione pre - operatoria e deve essere confermato al mo-mento del travaglio, anche solo verbalmente, e può essere revocato dalla paziente in qualsia-si momento. Il foglio del consenso deve quindi contenere note informative sulle tecniched’analgesia, i rischi e i benefici di tali tecniche e le eventuali complicanze.

MonitoraggioPrima di indurre l’analgesia è indispensabile posizionare un catetere venoso che va tenutopervio per tutta la durata del blocco.• P.A. e F.C. materna, diuresi • B.C. fetale ed attività contrattile uterina con cardiotocografia, vanno registrate prima del

blocco e nei primi trenta minuti dopo ogni somministrazione di farmaco. Tali dati devonoessere controllati frequentemente, fino all’espletamento del parto, inoltre va valutata la diu-resi per prevenire la distensione vescicale.

Protocolli farmacologiciDevono essere definiti all’interno dell’équipe che opera nel blocco ostetrico, confrontati coni dati della letteratura e con quelli di altre unità ostetriche. La tecnica selezionata dovrebbe ri-flettere le necessità della paziente e le sue preferenze, lo stato attuale ed il tempo del travaglio;le preferenze e la pratica di chi la esegue e le risorse disponibili.Quando è selezionato un anestetico locale per la peridurale, l’aggiunta di un oppioide potreb-be permettere l’uso di una concentrazione più bassa così da ottenere una durata d’azione pro-lungata evitando un blocco motorio.Dovrebbero essere disponibili risorse appropriate per il trattamento di complicanze correla-te agli anestetici locali per via peridurale (ipotensione, tossicità, tossicità sistemica, blocco spi-nale elevato). Se sono stati aggiunti oppioidi deve essere possibile trattare le relative compli-canze (prurito, nausea, depressione respiratoria).Nota:• non somministrare oppiacei in fase espulsiva • non superare il dosaggio massimo di fentanyl 75Y e di sufentanyl 30Y. Allegati nelle pagine successive i protocolli per il consenso e la valutazione pre-analgesia inuso all’Ospedale Nuovo San Giovanni di Dio di Firenze

111Ostetricia e Ginecologia

Gentile Signora, la informiamo che ogni mercoledì alle ore 12 presso l’aula Muntoni diquesto ospedale verrà proiettato un videotape riguardante la tecnica della analgesia peridurale per iltravaglio di parto. In tale occasione sarà presente un medico anestesista per fornire tutte leinformazioni e i chiarimenti del caso. La Sua presenza è indispensabile qualora desideri usufruiredi tale tecnica anestesiologica perché solo in tal modo potrà eventualmente sottoscrivere il suo consenso scritto qui allegato pienamente valido da un punto di vista legale e che comunque rimanenon vincolante.

Ad integrazione del colloquio con l'anestesista che la informerà correttamente sulla tecnica dellaanalgesia peridurale per il travaglio di parto, Le chiediamo di riempire questionario allegato cherimarrà strettamente confidenziale e verrà utilizzato per una migliore valutazione dell’eventualeanalgesia/anestesia cui potrà (o dovrà) essere sottoposta.

CONSENSO INFORMATO

COGNOME…………………………………..…………

NOME …………………………………..

Il giorno ………………… ho partecipato al colloquio con il medico anestesista e sono stataesaurientemente informata sulla tecnica dell’analgesia di parto con peridurale continua. Ho inoltrevisto il filmato sull’argomento e ho potuto chiarire gli eventuali dubbi. Sono stata inoltre informatasul numero di analgesie effettuate all’interno di questo ospedale e sull’incidenza dellecomplicazioni che sono state osservate. Dichiaro di essere consapevole delle complicanze chepossono derivare da tale procedura e di essere consenziente all’analgesia del parto qualora decida dieffettuarla durante il travaglio.

Sono stata inoltre informata che l’esecuzione dell’analgesia potrebbe essere condizionata dalladisponibilità dell’anestesista che, se impegnato in altre urgenze contemporanee, dovrà optareseguendo criteri di priorità.

Firma della paziente Firma del medico anestesista

MODULISTICA UTILIZZATA PRESSOL’OSPEDALE NUOVO SAN GIOVANNI DI DIO - FIRENZE

112 Ostetricia e Ginecologia

QUESTIONARIO PRE-PARTO

Questo questionario da compilare preferibilmente dopo la 36° settimana, non è riservatosoltanto a chi dovrà fare un taglio cesareo o a chi desidera ricevere l’analgesia epidurale intravaglio, ma a tutte le partorienti, in modo che per ogni evenienza si possa, anche d’urgenza,ricorrere all’anestesia con la massima sicurezza possibile. Potrà eventualmente farsi aiutare nellacompilazione dal proprio medico curante. E' importante che questo questionario venga visionatodall'anestesista al termine del colloquio il mercoledì mattina, e riportato al momento del suoricovero presso la divisione di Ostetricia di questo Ospedale.

Nome_______________________Cognome______________________Età__________peso attuale kg _______ peso prima della gravidanza kg ____altezza(cm) _______Settimana di gestazione:___ questa è il primo figlio ho già avuto almeno un parto

1.Ha / ha avuto problemi a carico del cuore e della circolazione?pressione alta prima della gravidanzapressione alta durante questa gravidanzapalpitazionivene varicoseho la pressione molto bassa/mi sento svenire se assumo la posizione supinaho le caviglie molto gonfiealtro____________________________________________________

2. Ha / ha avuto problemi respiratori?asmabronchite/polmonite negli ultimi tre annialtre malattie polmonari ______________________________________

3. Ha / ha mai avuto problemi renali?valori elevati di albumina nelle urinenefriteinfezioni delle vie urinarie frequentidialisi / insufficienza renalealtro _______________________________________________________

4. Ha / ha avuto problemi gastrointestinali ?senso di bruciore, di rigurgito acido e/ difficoltà digestive negli ultimi due mesiulcera gastroduodenaleernia iatalealtro _____________________________________________________

5. Ha / ha avuto problemi neurologici o malattie muscolari?epilessia (piccolo o grande male) e/o convulsionivertiginisvenimenti frequentiictusaltro _____________________________________________________

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113Ostetricia e Ginecologia

6. Ha / ha avuto?diabete prima della gravidanzadiabete durante questa gravidanzaartrosisciatica prima della gravidanzasciatica durante questa gravidanzaernia del disco lombarescoliosi grave

altro _______________________________________________________7. Le si gonfiano i piedi e le caviglie? no si8. Ha affanno quando sale le scale? no si9. Con quanti cuscini dorme?______10. Si è mai svegliata di notte con l’affanno? no si11. Ha mai avuto la febbre reumatica o le è mai stato detto che ha un soffio al cuore? no si12. Ha mai avuto intorpidimenti, diminuzione della forza,paralisi alle braccia o

alle gambe? no si13. Fumava prima della gravidanza? no si quanto?___ Fuma? no si, quanto?________14. Ha avuto recentemente tosse o febbre? no si15. Beve abitualmente vino e superalcoolici? no si16. E’ stato recentemente in contatto con qualcuno con ittero od epatite? no si17. Ha mai avuto una visione doppia? no si18. Ha frequenti mal di testa? no si19. Sanguina facilmente se si produce una ferita? no si20. Le sanguinano facilmente i denti quando li lava? no si21. Ha protesi fisse o mobili (lenti a contatto, protesi dentarie, ecc) no si22.Ha mai fatto uso di droghe e/o stupefacenti? no si23. Assume abitualmente medicine? no siquali?_____________________________________________________24. Ha mai ricevuto un’anestesia? no siE’ mai stata operata ? (specificare l’intervento e l’anno) no si__________________________________________________________________________________________________________________25. Ha mai ricevuto un’anestesia locale per cure dentarie ? (Specificare anche se ha avutoproblemi) ___________________________________________________________26. Qualcuno della sua famiglia ha mai avuto problemi con l’anestesia? no si27. Ha qualche allergia (specificare) no si___________________________________________________________28. E’ allergica a qualche medicina (specificare) no si___________________________________________________________

Analgesia epidurale eseguita il ……………………dal Dr. ………………………………..

Catetere introdotto a livello di : L1-L2 L2-L3 L3-L4 Nessuna difficoltà tecnica

Difficoltà introduzione: ago catetere Parestesie Puntura vascolare Puntura accidentaledura

Note_______________________________________________________________________

___________________________________________________________________________ Firma del medico anestesista

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INTRODUZIONE

L’interesse per il “problema dolore” in età pedia-trica è sicuramente aumentato negli ultimi annidopo un lungo periodo in cui è stato sottostima-to e sottovalutato da tutti gli operatori sanitari.In questi anni hanno giocato a favore di unapiù completa presa in carico del dolore nellavita del bambino diversi fattori:• una maggior comprensione della fisiologia

del dolore e migliori capacità diagnostiche • l’aumento della frequenza di malattie cro-

niche e invalidanti, spesso dolorose, per lecapacità della Medicina di affrontare con-dizioni un tempo fatali

• lo sviluppo di scale adeguate per la valuta-zione del “dolore dalla parte del bambino”

• la maggiore disponibilità di farmaci piùspecifici, più potenti e sicuramente anchemeglio compresi nel loro meccanismod’azione, indicazioni e limiti

• la possibilità di utilizzare altre risorse nonfarmacologiche per il controllo del dolore.

Il dolore interessa molti operatori, a diversi li-velli e con diverse competenze per cui abbiamoriteniamo opportuno focalizzare alcuni aspetti:• le nuove acquisizioni sul dolore• il ruolo del pediatra di famiglia• il ruolo dell’ospedaleIn appendice sono raccolti diversi protocol-li operativi sulle condizioni pediatriche chepiù di frequente necessitano del controllodella sintomatologia dolorosa

LE NUOVE ACQUISIZIONISUL DOLORE

In estrema sintesi possiamo dire che il dolo-re é un’esperienza psicologica complessa do-

ve i meccanismi cognitivi e affettivi sonospesso non meno importanti del danno or-ganico che causa la stimolazione del sistemanocicettivo. Il dolore viene percepito anchedal feto ed è dimostrabile già nel neonato. Cisono dati che fanno pensare anzi che, a dif-ferenza di quanto creduto dai medici fino apochi anni fa, nella primissima infanzia lapercezione del dolore sia più acuta, datal’immaturità dei meccanismi discendenti dicontrollo che più avanti nell’età inibisconola trasmissione del dolore. Nella Tabella 1 sono riassunti i momenti piùsignificativi della sequenza evolutiva del do-lore nel bambino che, come tutti gli appren-dimenti, si modifica nel tempo. L’espressionedel dolore cambia con gli anni. I lattanti e ibambini in età prescolare rispondono soprat-tutto con pianto, movimenti globali e tentati-vi di fuga dallo stimolo doloroso. In età sco-lastica e nell’adolescenza invece, pianto e pro-teste vigorose sono più rare, mentre sono piùcomuni smorfie di dolore, trasalimenti o de-scrizioni verbali delle sensazioni di malessere.Non è certamente facile definire l’approcciomigliore al dolore del bambino: approccioche deve essere in ogni caso globale ed indivi-dualizzato per essere efficace.

Le scale di valutazione del doloreMolti progressi sono stati fatti in algometria peroggettivare e quantificare il dolore nel bambino. I metodi di misurazione del dolore possonoessere classificati come comportamentali, fi-siologici o psicologici, in base al tipo di rispo-sta al dolore che viene misurata (Tabella 2).Tra i metodi di autovalutazione molto usataè la “affective facial scale” (P.A. McGrath),che consiste in una serie di facce con diverse

Pediatria

Il dolore nel bambinoG.A. Grisolia, A. Messeri, M. Pierattelli

LA LOTTA AL DOLORE - Supplemento di “Toscana Medica” - febbraio 2008114

Tab.1 - Sequenza evolutiva nel concetto del dolore

Età Concezione prevalente

0-3 mesi Nessun concetto apparente del dolore; memoria del doloreprobabile ma non dimostrata definitivamente. Le risposte sonodominate dagli aspetti percettivi

3-6 mesi Risposta del dolore del neonato più risposta di rabbia del lattantee divezzo.

6-18 mesi Sviluppo di un chiaro timore delle situazioni dolorose.Compaiono parole comuni per il dolore, p.es. "bua".Localizzazione di alcuni dolori.

Fino a 6 anni Pensiero prelogico caratterizzato da ragionamento concreto,egocentrismo e logica trasduttiva.

7-10 anni Operazioni concrete: il bambino é in grado di distinguere sestesso dall’ambiente. Uso di strategie comportamentali per fronteggiare il dolore.

11 anni e oltre Operazioni formali: capacità di pensiero astratto ed’introspezione. Maggior uso di strategie mentali o cognitive per fronteggiare il dolore.

Gaffney, 1988

Tab.2 Metodi per stimare il dolore in bambini.

Psicologici

Proiettivo Self-reportComportamentali osservazionali

Posizione del corpo

Comportamenti specifici del dolore

Espressioni facciali

Pattern di vocalizzazione o pianto

Fisiologici

Riflessi

Frequenza Cardiaca

Frequenza Respiratoria

Indice di fatica

Livello di endorfine

Colori

Forme

Illustrazioni

Disegni

Visual analog scales

Interviste

Questionari

Termometri

Facial scales

115Pediatria

Fig. 1

116 Pediatria

espressioni che sono usate per valutare le di-mensioni affettive del dolore. (Fig. 1).

Le nuove acquisizioni sui farmaci più po-tenti, in particolare gli oppioidiMolti studi di farmacocinetica e farmacodina-mica hanno puntualizzato indicazioni e limitiall’uso di farmaci antalgici; l’OMS ha stabilitouna scala graduata d’interventi in base alle ca-ratteristiche e all’entità del dolore; le paure le-gate alla dipendenza ed alla tolleranza dei far-maci narcotici sono state ridimensionate; leindicazione all’uso dei FANS sono state pun-tualizzate, la positività dell’uso dei farmaciadiuvanti è stata ormai confermata come purel’efficacia di molte tecniche anestesiologiche. Molti farmaci non sono ancora registrati inItalia per l’uso in tutte le fasce di età pedia-trica. Anche se il loro uso è riportato in let-teratura e sono normalmente utilizzati inmolti ospedali pediatrici.Senza entrare nei particolari i farmaci oppioi-di vanno usati, quando indicati, con tranquil-lità, senza quelle remore che ne hanno limita-to l’uso fino ad oggi. Durante il trattamentocon gli oppiacei è comunque necessario misu-rare anche il livello di sedazione per non in-correre nel rischio di ottenere una buona anal-gesia con una eccessiva sedazione che deve es-sere evitata quando non attivamente ricercata.A tal proposito sono in uso scale per la valu-tazione del livello di sedazione (Tabella 3).

logici la strategia corrente si basa su 4 concet-ti fondamentali, seguendo il modello di scalaa gradini indicato dalla World Health Orga-nization (WHO), e cioè deve essere eseguita:1. “BY THE LADDER” ovvero impiegan-

do farmaci e dosaggi proporzionati al li-vello di dolore riferito dal paziente. Con-siderando la scala WHO si inizia dal pri-mo step (“dolore moderato”) impiegan-do analgesici non oppioidi e si sale di stepin step fino ad arrivare agli oppioidi po-tenti, adiuvanti e terapie invasive per lagestione del dolore severo o intrattabile.

2. “BY THE CLOCK” ovvero i farmacivanno somministrati ad orari prefissati emai al bisogno, perchè solo in questo mo-do si ottiene uno steady-state terapeuticoche garantisce un costante controllo deldolore e lo sviluppo graduale della tolle-ranza verso gli effetti collaterali. La som-ministrazione al bisogno va riservata sol-tanto ai casi estemporanei di dolore inten-so (“breakthrough pain”).

3. “BY THE MOUTH” cioè impiegando lavia di somministrazione meno invasivapossibile, considerando sempre età e livel-lo di cooperazione del bambino e della fa-miglia. Le vie sono numerose:

• Orale – da ricordare che gli oppioidi subi-scono un primo passaggio epatico, quindi ladose orale deve essere maggiore della pa-renterale, ma possiedono una lunga durata(da 8 a 12 ore per morfina solfato e ossico-done cloridrato a rilascio prolungato).

• Sublinguale• Orale transmucosa• Rettale .• Transdermica – da ricordare che i cerotti di

Fentanyl possiedono un tempo di onset di12-18 ore alla prima dose quindi non sonoimpiegabili per il controllo del dolore inacuto; la durata è di 72 ore.

• Intramuscolare/sottocutanea• Endovenosa (PCA)• Epidurale/caudale/intratecale – utile quando

gli oppioidi per via generale risultano ineffica-ci nella gestione del dolore o quando sono gra-vati da intollerabili effetti collaterali (es. nau-sea/vomito eccessivi, miocloni, stipsi severa).

Scala di Lawrie(utilizzata ogni 2h in pazienti in terapia con narcotici)

0. sveglio1. apre gli occhi spontaneamente2. apre gli occhi se chiamato3. apre gli occhi se stimolato4. non risvegliabile

Recentemente sono state semplificate anchele regole per la ricettazione, per chi lavorasul territorio. La terapia del dolore si avvale di mezzi far-macologici e non farmacologici.Per quanto concerne gli interventi farmaco-

Tab. 3

117Pediatria

4. “BY THE CHILD” cioè non basandosi sudosi standard, ma sulle necessità di ciascunbambino, in modo da creare un piano tera-peutico personalizzato che mantenga il pic-colo libero dal dolore, prevenendone l’in-sorgenza tra una dose e l’altra. Al primo ap-proccio con l’impiego di oppioidi è possibi-le iniziare scegliendo la morfina ad imme-diato rilascio per via orale, istruendo i geni-tori alla sua somministrazione, se necessa-rio, ogni 2 ore; si calcola poi la quantità to-tale di farmaco impiegata nelle 24 ore e siconverte infine la dose totale con un farma-co a rilascio prolungato (morfina solfato) inmodo da migliorare la compliance. In casosia necessario cambiare l’oppioide impiega-to (es. con Fentanyl) è fondamentale impie-gare le specifiche tabelle di conversione.

Alcune considerazioni particolari devono es-sere fatte in merito al bambino morente.In questi casi è imperativo mantenere lo stes-so livello di monitoraggio e di attenta gestio-ne del dolore durante tutta la fase finale del-la loro vita. I bambini affetti da tumori solidio metastasi hanno dolore di diversa eziologia(viscerale, osseo, nervoso), che insorge du-rante le varie fasi della loro storia clinica, ibambini affetti da malattie ematologiche in-vece provano rapidamente l’esperienza “do-lore” che origina dall’ infiltrazione del mi-dollo osseo; tutti questi pazienti devono es-sere trattati con una combinazione multipladi farmaci oppioidi, adiuvanti e terapia inva-siva per riuscire a dar loro sollievo. L’obiettivo che ci si deve porre in questo ca-so è il miglioramento della qualità della vitarimanente. A questo scopo è necessario:• garantire il sollievo dal dolore quando il

piccolo è sveglio• garantire al bambino la possibilità di muo-

versi liberamente e giocare senza provaredisconfort

• permettere al bambino di poter riposareindisturbato

• prevenire o minimizzare gli effetti collate-rali delle terapie impostate

• coinvolgere la famiglia nella scelta dellapiù appropriata strategia terapeutica percombattere il dolore

• educare la famiglia a riconoscere il dolorecrescente e a somministrare farmaci anal-gesici per garantire sollievo.

Ovviamente, anche se la famiglia gioca unruolo molto importante in questi casi, è ne-cessario che un medico esperto di cure pal-liative continui a seguire il paziente, effet-tuando valutazioni complete del grado disofferenza nel tempo, modulando la terapiafarmacologica in base agli step WHO e con-siderando in ogni momento l’eventuale ne-cessità di farmaci adiuvanti.In caso di dolore acuto di nuova insorgenzasu una situazione fino a quel momento con-trollata (“breakthrough pain”) è necessariosomministrare dosi aggiuntive di farmaci e ri-valutare il dolore ogni 30 minuti, continuandoa modificare le dosi fino alla sua risoluzione. Nel rispetto della volontà del bambino è ne-cessario trovare la via per lui meno trauma-tica di somministrare i farmaci.In rari casi di dolore implacabile nonostante laterapia massimale può essere presa in conside-razione la possibilità di una sedazione, ricor-dando sempre però che sedazione non signifi-ca analgesia e che quindi è necessario continua-re tutte le terapie effettuate fino a quel momen-to per il controllo del dolore. E’ il medico re-sponsabile delle cure palliative che discriminaun dolore incontrollato da un dolore sotto-trattato e si preoccupa di rendere partecipe lafamiglia e i medici che seguiranno il bambinodella possibilità di procedere alla sedazione, at-traverso un dialogo aperto e umano e nel ri-spetto della volontà del paziente e dei familiari.È fondamentale non confondere e non farconfondere la sedazione con l’eutanasia; essanon rappresenta un modo per accelerare lamorte, ma solo per cercare di far trovare sol-lievo e pace al piccolo paziente inducendone ilsonno. Ogni sforzo deve essere effettuato peralleviare le sofferenze del piccolo malato ed ilsuccesso terapeutico si misura proprio conquesto: con la qualità della vita rimanente cheogni paziente trascorre con i suoi cari e, quan-do il momento, con la qualità della morte.

Specifiche tecniche non farmacologicheOltre a ciò sempre più frequenti sono le se-

118 Pediatria

gnalazioni in letteratura riguardo l’efficacia ela validità antalgica, anche in età pediatrica,delle metodiche non farmacologiche (psico-logiche e fisiche).L’impiego mirato di parole e immagini, letecniche basate sulla distrazione (compresi ilracconto di storie e l’ascolto di musica), letecniche ciberfisiologiche (rilassamento-im-maginazione, autoipnosi, biofeedback), lastimolazione elettrica transcutanea del nervo(TENS), compatibilmente con l’età del bam-bino, sono in grado di aggiungere molto al-la terapia con i soli farmaci.Tutti questi metodi richiedono una prepara-zione specifica e una certa pratica, sia da par-te degli operatori che del paziente. Il temponecessario per gli operatori va da un minimodi tre giorni di seminario intensivo, per ac-quisire una competenza iniziale nell’autoip-nosi, a vari mesi per imparare a usare i diver-si apparecchi per il biofeedback. Anche ilpaziente é opportuno che riceva un trainingarticolato e specifico: ciò favorisce un sensodi competenza e fiducia in se stessi, soprat-tutto per i bambini con malattie croniche,che spesso sentono di non avere quasi nes-sun controllo sulla propria vita.Tecniche di distrazione. Le tecniche di distra-zione si basano sul principio che all’individuoé difficile, se non impossibile, concentrarel’attenzione su più di uno o due stimoli sen-soriali alla volta. Vari tipi di metodi basati sul-la distrazione si prestano a un pronto impie-go con i bambini in presenza del dolore.Racconto di storie. Per molti bambini ascolta-re favole e racconti richiama alla mente la si-tuazione di benessere che vivono in casa. Sipossono leggere ad alta voce le storie tratte daun libro, ma si può anche domandare al bam-bino qual è la sua storia preferita - magari in-vitandolo a raccontarla per primo - e poi ridir-gliela. Si può inventare un raccontino tagliatosu misura della situazione del momento. Bolle di sapone. La semplice tecnica del-le bolle di sapone é stata divulgata dallaDr.ssa Leora Kuttner all’ospedale pediatricodi Vancouver. Ai bambini in età prescolasti-ca piace fare le bolle di sapone e guardarlementre si librano nell’aria: ciò serve a di-

strarli dal dolore di una procedura medica.Ascolto in cuffia. A molti bambini piaceascoltare in cuffia musica o racconti registra-ti. In situazioni di dolore sia acuto che cro-nico la musica offre un’efficace distrazione.Distrazione visiva. Le fonti di distrazione vi-siva che si possono usare con i bambini sonodi vario genere: pitture o manifesti applicati alsoffitto, visori tridimensionali con una sceltadi foto interessanti, televisione o cassette vi-deo sono tutti elementi che possono aiutare adistrarre il bambino durante una proceduradolorosa o altro episodio di dolore acuto.Videogiochi. Alcuni bambini più grandicellipossono apprezzare la distrazione offerta daun videogioco, magari da eseguire su uncomputer tascabile.

Riassunto dei metodi psicologiciLe diverse strategie psicologiche sono classifi-cate in base a gruppi dolore-età nella Tabella 4.

Bambini piccoli (0-1 anno): cullare, accarezzare,dare dei colpetti affettuosi, usare il succhiotto, ilcibo, la distrazione, la musica, una voce rassicu-rante, un giocattolo nuovo o quello preferito.1-3 anni: cullare, accarezzare, dare dei colpetti af-fettuosi, il mangiare, la distrazione, la musica, larassicurazione, il dialogo, le storie preferite letteda un genitore o registrate su nastro.Età prescolare ed elementari: parlarsi, esercizi dirilassamento, controllo, distrazione, musica o sto-rie registrate su un nastro.Adolescenti: risoluzione dei problemi, dialogo,esercizi di rilassamento, controllo.

Tab. 4

IL RUOLO DEL PEDIATRADI FAMIGLIA

Il dolore acuto nella patologia acuta banale siferma di solito in pediatria di famiglia.Le coliche dei primi mesi di vita, i dolori delladentizione, le tonsilliti dolorose, le otalgie, idolori muscolo-tendinei, i piccoli traumi sonoargomento di quotidiana consultazione ambu-latoriale. Ad oggi numerosi studi confermanoche il bagaglio terapeutico a disposizione delpediatra è sufficiente per la gestione della mag-gior parte di questi problemi.(Tabella 5)

119Pediatria

Da anni inoltre è drasticamente ridotto l’uti-lizzo di farmaci per via intramuscolare (do-lore da terapia) che un altro dolore aggiun-gevano al piccolo paziente, spesso gratuito(vitamine e ricostituenti in primo piano!!!). Ipochi antibiotici che vengono utilizzati pervia IM sono riservati alle patologie infettivegravi, oggi sicuramente più rare di un tempo. Esiste però un nuovo scenario che si affacciaall’orizzonte della pratica medica oggi sem-pre più spostata fuori dall’ospedale: sonosempre più numerose infatti le patologiechirurgiche minori che vengono operate inday surgery e che permettono al bambino ditornare a casa dopo poche ore dalla fine del-l’anestesia. Questo significa che viene spo-stata sul territorio la gestione del dolore postoperatorio, anche se per periodi brevi.La patologia del dotto peritoneo-vaginale, ilcriptorchidismo, il varicocele, l’ipospadia, lafimosi, le cisti mediane del collo, l’asportazio-ne di piccole formazioni cutanee, le adenoton-sillectomie, prevedono oggi degenze di pocheore e dimissione di solito nel secondo pome-riggio, con consegna di un piano terapeuticosufficiente per affrontare le successive 12 ore.È quindi necessario che vengano concordatiprotocolli comuni di comportamento fral’Ospedale e il pediatra di famiglia, aggiun-gendo anche la possibilità di contatti facilitatiper via telefonica o telematica, per ulterioriproblemi che potessero sorgere. Un proble-ma quindi organizzativo che necessita anchedi implementare nuove conoscenze e quindi,

in ultima analisi, di formazione mirata.Esiste poi il dolore ricorrente: la cefalea, idolori addominali ricorrenti, i dolori agli ar-ti (“di crescita”) rientrano in questo capitolo.Sono sintomi responsabili di un numero ele-vato di visite ambulatoriali, alla ricerca di unasoluzione che spesso tarda a venire. Al di làdel fatto che queste patologie hanno una di-gnità clinica specifica e prevedono precisiprotocolli diagnostici e terapeutici già suffi-cientemente concordati, il pediatra di fami-glia non può non tenere conto delle innume-revoli ripercussioni relazionali, sociali che ildolore comporta con riduzione della fre-quenza scolastica, aumento del numero deiricoveri e tanti altri indicatori di disagio.Questo significa che il problema va conside-rato nel suo complesso dando una rispostapiù integrata che superi il solo trattamentodel sintomo.Il dolore da procedura è un argomento alquale il pediatra deve fare forse più attenzio-ne: le nuove e numerose possibilità strumen-tali diagnostiche e terapeutiche (esami ema-tici, medicazioni, biopsie, indagini endosco-piche, radiografiche etc,) sono spesso moltoinvasive anche se indispensabili e sono tal-volta più temute e problematiche della stessapatologia per la quale vengono proposte.L’ansia e la paura derivano soprattutto dalla ca-renza di informazione nei confronti della pro-cedura e dal ricordo negativo di esperienzeprecedenti. Diventa quindi necessario concor-dare e preparare la famiglia e il bambino infor-

Paracetamolo , paracetamolo+ codeina nei casi più resistenti

VIA ETÀ <12 ANNI ETA’ > 12 ANNI FREQUENZA NOTE

Orale 10-15 mg/kg/dose 500 mg-1 gr Ogni 4-6 ore Dose massima nelle24 ore: 80 mg/kg

Rettale 20 mg/kg/dose 500 mg-1 gr Ogni 4-6 ore Dose massima nelle24 ore: 90 mg/kg

Ibuprofene

VIA ETÀ <12 ANNI ETA’ > 12 ANNI FREQUENZA NOTE

Orale 5 mg/kg/dose 200-600 mg 3-4 volte al di Dose massima nelle24 ore: 2,4 gr/die

Tab. 5 Da: Guida all’uso dei farmaci nei bambini – Ministero della Salute 2003

120 Pediatria

mandoli correttamente, non dimenticando diadoperarsi perché vengano eseguiti solo gliesami strettamente necessari e con il massimodelle garanzie rispetto al problema “dolore”.A questo riguardo emerge la necessità di unamaggiore attenzione soprattutto per il neo-nato, delle cui reazioni e ripercussioni al do-lore sappiamo ben poco.Il dolore cronico riguarda per lo meno 2 fa-sce di bambini: quelli che soffrono di malattiecroniche non mortali ma invalidanti (peresempio l’artrite reumatoide) dove il dolore ècentrale, moderato o severo, e quelli che inve-ce sono affetti da patologia tumorale grave oin fase terminale. In questi casi il pediatra difamiglia non lavora da solo ma è necessaria-mente integrato con gli specialisti e/o l’équi-pe ospedaliera che si occupano della gestionedel bambino e i suoi problemi diventanoquelli che hanno i colleghi dell’Ospedale, conobiettivi comuni che devono essere condivisi.In generale nella gestione del dolore cronicoè necessaria una informazione onesta e chia-ra con il bambino (quando possibile) e la fa-miglia, sulle scelte terapeutiche e sui proba-bili risultati ed è indispensabile una forma-zione personale sui singoli casi, sia per gliaspetti organizzativi che culturali, che per-metta la condivisione fra i diversi operatoridel programma di cura.È qui che sono da apprendere le maggiorinovità, mutuate dai colleghi che si occupanodi dolore in ambiente ospedaliero.

IL RUOLO DELL’OSPEDALE

In un ospedale pediatrico il problema “dolo-re” si presenta sotto multiformi aspetti chedevono trovare una risposta ben al di là dellasemplice somministrazione, peraltro impor-

tante, di farmaci analgesici. È infatti necessa-rio un approccio integrato e multiprofessio-nale che permetta di capire, misurare e, quin-di, adeguatamente trattare il fenomeno dolo-re in tutte le sue forme. Spesso accade che, ol-tre al dolore fisico vero e proprio, si debbatrattare la paura e l’ansia che scaturiscono neibambini dal semplice ingresso in ospedale. Le problematiche inerenti al dolore in pa-zienti di età pediatrica si possono evidenzia-re sinteticamente nel dolore acuto, nel dolorecronico e nel dolore da procedura (Tabella6). Per combattere adeguatamente il doloreanche in età pediatrica è quindi prioritariomettere a punto un sistema organizzativoche permetta di:• far prendere coscienza a tutti gli operatori

dell’esistenza del dolore in ogni bambinonella sua complessità e nelle varie formenelle quali si manifesta

• individuare e monitorare le cause del dolo-re presenti nelle diverse realtà dell’ospedale

• omogeneizzare i criteri di valutazione emisurazione del dolore

• definire un modello organizzativo d’inter-vento per contenere il dolore in tutte le sueforme e nei diversi contesti dell’ospedale

• diffondere all’esterno dell’ospedale la con-sapevolezza delle problematiche del dolore.

In pratica si tratta di:• sensibilizzare ed educare il personale• garantire disponibilità di tutti i farmaci

analgesici• introdurre chiari protocolli operativi• fornire servizio di consulenza e trattamen-

to di casi particolari.Queste linee di principio sono attualmentein via di realizzazione con l’introduzione delCOSD (Comitato ospedale senza dolore),dove gli operatori si stanno adoperando so-

DOLORE ACUTO DOLORE CRONICO DOLORE DA PROCEDURA

- nel post-operatorio* nota 3- nelle ustioni* nota 4

- in oncoematologia* nota 2- nelle ustioni * nota 4- in fase terminale

- in onco-ematologia (lombare, aspiratomidollare, biopsia ossea)* nota 2

- per la medicazioni delle ustioni * nota 4- per il dolore in pronto soccorso* nota 1- per le endoscopie- per gli esami diagnostici radiologici

(* vedi protocolli allegati).

Tab. 6 Interventi clinici specifici di tipo farmacologico e non farmacologico e protocolli operativi at-tualmente in uso

121Pediatria

prattutto per meglio definire le condizioniche necessitano di nuovi approcci terapeuti-ci e per proporre anche soluzioni innovative.Il COSD e il suo braccio operativo che èrappresentato dal Centro di terapia del do-lore e cure palliative, sono impegnati soprat-tutto a proporre nuovi protocolli operativiche possano progressivamente essere estesi atutte le realtà ospedaliere dove sia necessariauna terapia del dolore.

Il dolore acuto.Il dolore acuto è localizzato, dura per alcunigiorni, tende a diminuire con la guarigione edè essenzialmente rappresentato, in ospedale,dal dolore legato all’intervento chirurgico.Il dolore post-operatorio è una complicanzadell’intervento chirurgico (al pari delle infe-zioni, degli squilibri elettrolitici, ecc.) e co-me tale va trattato. È stato calcolato che ognianno circa 3 milioni di bambini negli StatiUniti sono sottoposti ad intervento chirur-gico e i dati indicano che il controllo del do-lore nel bambino, come anche nell’adulto èinadeguato anche per una serie di pregiudizie difficoltà organizzative.Tali problemi possono essere superati dachiari e condivisi protocolli operativi (vediprotocollo assistenziale –terapeutico “Iltrattamento del dolore post-operatorio”).

Il dolore cronicoIl dolore cronico continua ad essere percepi-to come una anomalia del carattere, piutto-sto che una patologia grave che diventa ma-lattia nella malattia; la mancata comprensio-ne di come un dolore persistente viene am-plificato ed ingranato nel SNC fa sì che amolti pazienti vengono a mancare i necessa-ri supporti terapeutici che consentono lorodi riguadagnare il controllo della propria vi-ta e di ritornare ad una normale attività.Il dolore cronico e ricorrente nei bambini enegli adolescenti ha una percentuale di pre-valenza del 15% e i casi più comuni sonopresentati nella Tabella 7.Il tipo di dolore cronico più comunementeosservato in ospedale è quello derivato dapatologia neoplastica che è caratterizzato da

più componenti.Il dolore somatico origina da ossa, legamen-ti, muscoli, cute o tessuto connettivo, è lan-cinante e ben localizzato. La causa più co-mune è il dolore osseo da infiltrazione delperiostio, fratture patologiche, crescita tu-morale con invasione dei tessuti circostantio stimolazione nervosa da agenti chimici ri-lasciati dall’osso malato (prostaglandine,bradikinina, sostanza P e istamina). Anchel’infiltrazione del midollo osseo da celluletumorali causa dolore, che viene descrittocome sordo o penetrante e può essere loca-lizzato o interessare più aree.Il dolore viscerale risulta scarsamente loca-lizzato e può originare da infiltrazione tu-morale della capsula o da ostruzione viscera-le, che causa un dolore forte e crampiforme(intestino, vie biliari, tratto urinario es. ure-tere nei tumori del retroperitoneo); oppureancora da ulcerazioni mucose o attivazionedei nocicettori dai mediatori dell’infiamma-zione prodotti dai visceri infetti.Il dolore neuropatico può avere origine siaperiferica (infiltrazione o compressione dinervi periferici, neuropatia da vincristina)che centrale (dolore da deafferentazione: ar-to fantasma dopo amputazione) e si manife-sta con disestesie (sensazione di bruciore opunture di spilli), iperalgesia, allodinia. Oltre a queste cause dobbiamo considerare glieffetti delle terapie sostenute da questi bambi-ni come la chirurgia, la chemioterapia (neuro-patie da vincristina, mucositi da antracicline,agenti alchilanti, antimetaboliti ed epipodofil-lotossine) e la radioterapia (mucositi, dermati-ti, fibrosi del connettivo e danno secondario

1. Mal di testa 2. Dolore addominale ricorrente3. Dolore neuropatico

Algodistrofia riflessaDanno nervoso perifericoDolore da amputazioneDolore da deafferentazione

4. Dolore da mal di schiena 5. Dolore toracico6. Dolore da cancro7. Casi dolorosi nell’anemia cellule falciformi

Tab. 7

122 Pediatria

alle strutture nervose, disfagia).Qualunque sia la forma di dolore che afflig-ge i piccoli pazienti la problematica princi-pale sta nel fatto che questo viene spesso sot-totrattato a causa di miti che circolano inmateria di dolore e sul suo trattamento, pau-re dei familiari e del personale medico eun’inadeguatezza nella valutazione del do-lore con scale appropriate.

Il dolore da proceduraLe procedure invasive rappresentano eventimolto traumatici sebbene siano esperienzedi breve durata; queste, soprattutto se ripe-tute più volte, si accompagnano ad un inten-so grado di paura ed ansietà. Alcuni accorgi-menti fondamentali sono l’uso di un’apposi-ta stanza adibita a questo scopo, la presenza

ed il coinvolgimento dei genitori, e le tecni-che comportamentali.È mandatorio ricorrere alla sedazione cheviene classificata in lieve-moderata, profon-da ed anestesia generale.I farmaci utilizzati a questo scopo sono glianestetici locali, i sedativi, gli oppiacei ed ifarmaci dell’anestesia generale. Molto utile,da solo od in combinazione, è il protossidod’azoto che viene erogato o attraverso uncircuito d’anestesia oppure in sistemi a con-centrazione fissa con l’ossigeno quali ilMeopa/Kalinox nel quale sono presenti50% di O2 e 50% di N2O.Altri farmaci molto utili sono il midazolamed il fentanyl per i quali esistono anche anti-doti specifici. (Tabella 8).

FARMACO DOSE EFFETTI COLLATERALI ANTAGONISTI

Midazolam:benzodiazepina a brevedurata d’azione, deprimeil SNCOnset: 1-5minEffetto max 3-5 min e.v.Emivita: 1.5-12 h

Per OS: 0.2-0.5mg/kg;30-45min. prima dellaprocedura; max: 20mg

E.V.: 0.05mg/kg 3 min.prima della procedura;max 2mg dose

Depressione respiratoria,apnea, amnesia, visionealterata, ipereccitabilità

Flumazenil: 0.2mg/doseogni min.; max dosaggiocumulativo = 1mg

Fentanyl:oppiaceo di sintesiOnset:1-5minEffetto max:Emivita: 1.5-6 h

E.V.: 0.5-2mcg/kg/dose;ripetibile dopo 30-60 min.;max: 50mcg/doseUsare dosi più basse seusato insieme ad altrisedativi come ilmidazolam

Depressione respiratoria,apnea, convulsioni,rigiditàtoracica (più frequenteper alte dosi o infusionerapida)

Naloxone: 5-10mcg/kg/doseMax.: 0.2mg

Morfina:oppiaceoOnset: 1-5minEffetto max: 30-60minEmivita: 1.5-2 h

E.V.: 0.05-0.1mg/kg 5min prima dellaproceduraMax: 10mg/dose

Sedazione, sonnolenza,depressione respiratoria,prurito, nausea, vomito

Naloxone: 5-10mcg/kg/doseMax.: 0.2mg

Propofol:anesteticoOnset: 30 secEffetto max:3-10 minEmivita: (secondo ilmodello a 3compartimenti)Iniziale: 2-8minRidistribuzione 40 minTermine: 200 min

E.V.: 1-2mg/kg seguiti da75-100mcg/kg/min

ANESTESISTA

Dolore all’iniezione,movimenti involontari,ipotensione, apnea (piùfrequente per alte dosi oinfusione rapida)

Nessuno

Ketamina:anesteticoOnset: 30 sec (e.v.); 20-45 min (per os)Effetto max: 5 minEmivita: sconosciuta

Per OS: 4-6mg/kg 30 minprima della procedura

E.V.: 0.25-0.75mg/kgANESTESISTA

Laringospasmo,ipo/ipertensione, depressionerespiratoria,apnea,ipersalivazione

Nessuno

Anestetici inalatori:(alotano, sevoflurano) ANESTESISTA

Tab. 8 Farmaci per la gestione del dolore in pronto soccorso

123Pediatria

TERAPIA FARMACOLOGIA

Farmaci analgesici non steroideiFin dall’antico Egitto erano conosciute le pro-prietà benefiche delle foglie del mirto e del sa-lice, ma dobbiamo arrivare al 1859 per potersintetizzare l’acido salicilico ed al 1897 per tra-sformarlo in acido acetilsalicilico meno tossi-co e più utilizzabile. Al farmaco immesso sulmercato venne dato il nome di Aspirina chedivenne il capostipite di una classe di sostanzetra le più note e diffuse in tutto il mondo.Tra i farmaci disponibili possiamo citare:Ibuprofene: 6-10 mg/kg/6 hr.Naproxene: 5-6 mg/kg/12 hr.Aspirina: 10-15 mg/kg/ 4 hr. (considerare ilrischio della sindrome di Reye e le restrizio-ni all’uso che ne derivano).Ketorolac:Possibilità di somministrare via EV, i.m.oper OS.Dosaggio consigliato:- EV o IM 0.5 mg/kg/ prima dose (max 30mg)poi 0.2-0.3mg/kg/dose (max 20mg) 4-6H per5 giorni, poi 0.2mg/kg/dose (max 10mg) 6H- OS 0.2 mg/kg (max 10mg) 4-6H (max0.8mg/kg/die o 40mg/die).La terapia non dovrebbe superare i 5 gg(EV) o i 7 gg (per OS).Paracetamolo: merita un discorso a parteper la sua attuale importanza in età pediatri-ca. Non è un Fans ma possiede proprietàanalgesiche ed antipiretiche.Dosaggio consigliato:Per os o endovena la prima dose è di 15-20mg/kg seguita da 10-15 mg/kg, mentre pervia rettale la prima dose è 30-40 mg/kg se-guita da 15-20 mg/kg.Il paracetamolo come anche i Fans può esse-re combinato con gli oppioidi negli schemidi terapia antalgica.Il paracetamolo può essere usato anche nelpretermine e nel neonato ai seguenti dosaggi.PRETERMINE: dose singola 15 mg/Kg perevitare accumuli sierici; eventuali ulteriorisomministrazioni ad intervalli non inferiorialle 12 ore.NEONATO: OS, EV: dose start 15-20mg/Kg seguita da 10 mg/Kg ogni 8-12 ore.

ER: 20 mg/Kg seguita da 15 mg/Kg ogni 8-12 ore

Farmaci oppioidiStoricamente queste sostanze derivano dalsucco estratto dalla capsula del papaversomniferum che contiene morfina, codeina epapaverina. Oltre a queste, numerose altresostanze sono state ottenute in laboratoriomediante processi di semisintesi o sintesi.Farmaci disponibili:Morfina: è il prototipo degli analgesici oppioi-di; ha un’emivita di 2-3.5 ore con durata diazione di 4-6 ore. Questa differenza rispettoall’emivita, che contribuisce ad evitare l’accu-mulo, è spiegata dalla formazione del morfina6 glucoronide che presenta attività analgesica.La durata di azione si prolunga fino a 8-12ore nelle preparazioni orali a lento rilascio.La morfina è il farmaco di scelta per il con-trollo del dolore forte.La dose iniziale raccomandata è di 0.2-0.3mg/kg per via orale ogni 4 ore, modifica-ta poi individualmente sino al controllo deidolore. Sono disponibili sia le preparazioniorali a immediato rilascio che a rilascio con-trollato che parenterali.La farmacocinetica della morfina nei bambi-ni piccoli è differente rispetto a quella deipiù grandi; conseguentemente, il dosaggioiniziale degli oppioidi (basato su mg/kg) neibambini con meno di sei mesi di età dovreb-be essere tra 1/4 e 1/3 della dose iniziale deibambini più grandi.Se la somministrazione per via orale non èpossibile, l’infusione continua, endovenosa(EV) o sottocutanea (SC), è efficace, nel pro-durre un adeguato e costante effetto analge-sico ad una dose compresa tra 10 e50mcg/kg/h (in pratica si prende 0.5mg/kg esi porta a 50 ml di soluzione fisiologica e siinfonde ad una velocità tra 1 e 5ml/h,1ml/h=10mcgkg/h 2ml/h=20mcg/kg/h ecosì via). In alternativa, dosi intermittenti,inizialmente di 0.05- 0.1 mg/kg possono es-sere somministrate ogni 2-4 ore via SC o EV.La conversione da dose parenterale a doseorale di morfina (in mg/kg) è approssimati-vamente tre volte la dose parenterale. Una

124 Pediatria

volta che si è trovato il dosaggio “giusto” dimorfina si può passare alle preparazioni dimorfina orale a rilascio controllato che puòessere somministrata ad intervalli di 12 ore.Le compresse variano da 10 a 100mg. I bam-bini dovrebbero essere avvisati che la pro-prietà del rilascio controllato viene persa sela compressa è masticata. Sono anche dispo-nibili formulazioni a lento rilascio in granu-li; queste preparazioni non perdono la pro-prietà del rilascio controllato se la capsulaviene aperta. La dose iniziale raccomandataè 0.6 mg/kg ogni 12 ore. La “titration” (mo-dulazione bilanciata o titolazione) è più dif-ficile con le preparazioni a lento rilascio ri-spetto alla morfina a rilascio immediato.Per una corretta “titration” si dovrebbe ini-ziare con la morfina a rilascio immediatopresa ogni 4 ore, e la dose dovrebbe esseremodulata sino a raggiungere il controllo deldolore nel periodo delle 24 ore. Quindi pas-sare alla morfina a rilascio controllato.Idromorfone: simile alla morfina può essereusato per via enterale o parenterale in solu-zioni concentrate in modo da limitare laquantità di liquidi impiegata.Ha effetti simili all’eroina in quei paesi in cuiquesto farmaco è disponibile.Dosaggio: 0.05-0.1 mg/kg/dose per os/4 h.0.01-0.02 mg/kg/dose ev lenta/6 h.Ossicodone: disponibile in preparazioni arapido o lento rilascio è usato anche in com-binazione con analgesici non oppioidi neldolore moderato (depalgos compresse: pa-racetamolo 325 mg.+ossicodone 5-10-20mg.). Dosaggio: 0.1-0.2 mg/kg/dose(adulto5-10mg) ogni 4-6h per via orale, aumentarese necessario. Formula a lento rilascio: 0.6-0.9mg/kg/dose (adulto 10mg) ogni12h per via orale, aumentare se necessario.Meperidina: dosi ripetitive possono portare adaccumulo di metaboliti tossici con attività ecci-tatoria sul SNC. Emivita 2-4 hr. Dosaggio: 0.5-1mg/kg/dose (adulto25-50mg) per endovena,0.5-2mg/kg/dose(adulto 25- 100mg) IM.Fentanyl: sostanza sintetica molto lipofila cir-ca 100 volte più potente della morfina. Ha unadurata di azione breve ed è utilizzabile per viaparenterale, epidurale, transdermica e tran-

smucosa. Dosaggio: 1-2mcg/kg/dose (adulto50.100mcg) IM o EV. I.C. 2-4mcg/kg/hr(<25kg: 100mcg/kg in 50 ml a 1- 2 ml all’ora; >25kg: fiala da 50mcg/ml a 0.04-0.08ml/kg/hr).Cerotto transdermico (durata 72hr) con rila-scio di 25-50-75-100 mcg/hr. Non adatto per ildolore acuto; il tempo tra applicazione ed ef-fetto analgesico è di 8-12 hr; cautela al di sottodei 15-20 kg. Per via epidurale: 0.5mcg/kg do-se start oppure 0.4mcg/kg/hr.Buprenorfina: agonista parziale sui recettoridegli oppiodi e quindi compatibile con re-scue doses di fentanyl o morfina. Disponibi-le per uso transdermico.Dosaggio: 3-12mcg/kg/dose (adulto 200-600mcg) ogni 6-8hr per via sublinguale, IMo lentamente per EV.Tramadolo: noto da circa 30 anni non è sta-to molto usato in età pediatrica.Presenta una affinità debole per i recettorimu ed inibisce la ricaptazione sia della sero-tonina che della noradrenalina aumentandoanche la liberazione di questi due neurotra-smettitori. Ha una potenza analgesica me-dio-bassa e presenta una minor incidenzadegli effetti collaterali tipici degli oppioidi.Viene usato attualmente più nel controllodel dolore acuto post-operatorio che nel do-lore cronico. Dosaggio: per via orale: 1-2mg/kg/dose (adulto 50-100mg) ogni 4-6hr(max 400mg al giorno). Per EV lenta o IM:1-2mg/kg/dose (adulto 50-100mg) ogni 4-6hr (max 600mg al giorno) oppure 2-8mcg/kg/min per IC.Codeina: La codeina e l’oppioide di sceltaper il dolore da leggero a moderato.La dose di partenza raccomandata è 0.5-1.0mg/kg (preparazione galenica) ogni 3-4 oreper via orale per bambini di età superiore a 6mesi. Come per gli oppioidi forti, la dose dipartenza della codeina per i bambini di età in-feriore a 6 mesi dovrebbe essere tra un-quartoe un-terzo della dose (mg/kg) rispetto ai bam-bini più grandi. La codeina è di solito sommi-nistrata in associazione fissa con i non-oppioi-di (generalmente il paracetamolo). La sommi-nistrazione parenterale non é raccomandata.Se il controllo del dolore non è raggiunto alladose raccomandata, la codeina dovrebbe es-

125Pediatria

sere sospesa e sostituita con un oppioide for-te: le dosi eccedenti i livelli raccomandati pos-sono incrementare gli effetti collaterali senzaun significativo aumento della analgesia.Anche perché circa il 10% della popolazio-ne non possiede geneticamente gli enzimiper la trasformazione da codeina a morfina(metabolita attivo).Altri farmaci oppioidi con emivita medio-breve come i precedenti sono la pentazoci-na, il butorfanolo, la nalbufina scarsamenteutilizzati nel bambino.Metadone: ha una biodisponibilità per ospari all’85%; l’emivita è di circa 24 ore conuna variabilità da 13 a 50 ore mentre la dura-ta dell’analgesia è di circa 8 ore. Questa ca-ratteristica può portare ad accumulo in se-guito a dosi ripetute per cui è necessario unlungo periodo di osservazione del pazienteche può protrarsi fino a 10 giorni. Questasostanza presenta un’attività sperimentale diblocco dei recettori NMDA. Dosaggio: 0.1-0.2 mg./kg/dose (adulto 5-10 mg.) 6-12 hr.per os.Levorfanolo: può essere usato sia per via en-terale che parenterale ma presenta rischio diaccumulo per dosi ripetute. 0.03-0.1mg/kg/dose 12-24 hr. Per OS o SC.Altri oppioidi con lunga emivita sono ilpropoxifene, la normeperidina.In generale la rotazione dei farmaci oppioidiche sono numerosi e disponibili per molte-plici vie di somministrazione è consideratautile al fine di migliorare l’effetto analgesicolimitando gli effetti collaterali. Questi sono

sedazione, nausea-vomito, costipazione edepressione respiratoria. Più raramente pos-sono intervenire confusione mentale, riten-zione urinaria, mioclonie e allucinazioni;tutti gli effetti collaterali possono esserebloccati dagli antagonisti che però interrom-pono anche l’analgesia.La depressione respiratoria rappresenta lacomplicanza più temibile ma rapidamente sisviluppa tolleranza per questo come per lamaggior parte degli altri effetti collaterali percui possiamo affermare che il trattamentodel dolore cronico non presenta rischio didepressione del respiro.Gli oppioidi inducono tolleranza per cui permantenere l’originale effetto analgesico oc-corrono progressivamente dosi crescenti. Losviluppo di tolleranza è molto variabile e puòrichiedere da alcuni giorni a mesi di tempo.Le associazioni con farmaci di classe diversasono in grado di ritardare il fenomeno ed an-che la rotazione è in grado di limitarlo.Un altro problema è quello della dipendenzache può essere sia psicologica che fisica.L’esperienza dimostra che l’uso medico diquesti farmaci raramente conduce ad abuso.La sindrome di astinenza, che si manifesta ingenere dopo 6-12 ore dopo l’interruzionedella morfina (la latenza è più lunga per il me-tadone) con il picco a 24-72 ore, può essereprevenuta con un quarto della dose giornalie-ra assunta che sarà diminuita della metà ognidue giorni fino al raggiungimento di 10-15mg. di morfina al giorno. A questo punto sa-remo in grado di cessare la somministrazione.

PROTOCOLLI

1. Il trattamento del dolore post-operatorioProtocollo assistenziale-terapeutico in uso all’AOU Meyer

Periodo pre-operatorio• È opportuno che bambini e genitori sianoinformati sul programma di prevenzione deldolore che sarà impiegato e rassicurati che, seil bambino dovesse provare dolore, questosarà riconosciuto e trattato adeguatamente.• La prevenzione del dolore post-operatoriopuò iniziare già con la preanestesia, se si

somministrano farmaci ad azione analgesica(narcotici e non).

Periodo intra-operatorio• È opportuno scegliere le tecniche aneste-siologiche che offrono una maggior prote-zione intra e post-operatoria nei confrontidel dolore acuto, cioè l’anestesia loco-regio-

126 Pediatria

nale (quando è possibile applicarla) e l’ane-stesia generale con oppioidi.Se non è possibile realizzare un blocco loco-regionale, è utile che la ferita chirurgica siainfiltrata pre o post-operatoriamente conanestetici locali a lunga durata d’azione (es.bupivacaina+adrenalina). Questa tecnica èestremamente semplice e offre vantaggi inmolti tipi di chirurgia: p. es. nell’interventodi stenosi ipertrofica del piloro l’infiltrazionedella ferita chirurgica con bupivacaina+adre-nalina garantisce un significativo risparmiodi analgesici nel post-operatorio.

È auspicabile che il paziente sia trasferito inreparto libero da dolore, con una terapiaadeguata ed il più possibile automatica, conun programma di monitoraggio del dolore edella sedazione differenziato in base all’in-tervento chirurgico eseguito, all’età del pa-ziente e alle sue condizioni cliniche.

Periodo post-operatorioDi seguito è riportato il flusso delle attivitàed i parametri da valutare nella scelta dellascheda di protocollo da applicare:

Fine dell’intervento operatorio

Il bambino esce dalla sala operatoria

Compilazionedellaschedadianalgesiapost -operatoriaper laprescrizionedeglianalgesici

ANESTESISTA

InterventocomponentealgicaMINORE :• chirurgiacanale inguinale ,• fimosi ,• cistie fistoledelcollo ,

• adenoidectomia ,• piccolachirurgiaortopedica ,• ipospadia 1°grado

InterventocomponentealgicaMEDIA :• tonsillectomia ,• appendicectomia ,

• piccole laparatomie ,• laparo -toracoscopia ,• ipospadiadi 2°grado ,

• derivazioneventricolo -peritoneale ,craniostenosi

InterventocomponentealgicaMAGGIORE :• toracotomie ,• sternotomie ,

• pettoescavato ,• laparatomieestese .• chirurgiaperinealemaggioreedegliarti

inferiori ,• ipospadiadi terzogrado

Applicazione

schedan . 1

Applicazionescheda n . 2/ae

2/b

Applicazione

schedan . 3

Trasferimentodelbambinonel repartodichirurgia

Somministrazionedei farmaciprescritti

INFERMIERE

Misurazionedeldolore

Misurazionedellasedazionenelcasodisomministrazionedioppiacei

INFERMIERE

Il dolore > 4

Fine

Il dolore < 4

127Pediatria

SCHEDA N. 1

CHIRURGIA A COMPONENTE ALGICA MINORE

• Chirurgia del canale inguinale• Fimosi• Cisti e fistole del collo• Adenoidectomia• Piccola chirurgia ortopedica• Ipospadia di 1°grado

Farmaco di scelta: paracetamolo + codeina

Via di somministrazione: inizialmente rettale, non appena il paziente può cominciare a bere,se lo preferisce, anche per os. Per via rettale, (lonarid supposte).

Dosaggi: I dose paracetamolo 20 – 30 mg/kg + codeina 0.5 – 1 mg/kg Dosi successive paracetamolo 15 mg/kg + codeina 0.5 – 1 mg/kgSupposte Lattanti, bambini da 3 a 10 kg, (paracetamolo mg. 60, codeina mg, 2,5)Supposte Pediatriche, bambini da 10 a 20 kg, (paracetamolo mg. 200, codeina mg.5)Supposte Adulti, ragazzi con peso oltre i 30 kg, (paracetamolo mg 400, codeina mg20) (2/3 supposte adulti per bambini con peso tra i 20 e i 30 kg)

Per os, (tachidol sciroppo, lonarid compresse o bustine, coefferalgan compresse effervescenti).

Dosaggi: (paracetamolo 10-15 mg/kg, codeina 0,5mg/kg)Lattanti da 6 a 10 kg tachidol sciroppo 3-4 mlBambini da 10 a 15 kg tachidol sciroppo 4-6 mlBambini da 15 a 20 kg tachidol sciroppo 6-8-mlBambini da 20 a 30 kg lonarid 1 cp. Bambini oltre i 30 kg tachidol 1 bustina o 1 cp. di coefferalgan

Somministrazioni: prima somministrazione a fine intervento, le successive ogni 4-6-8 ore.Misurare il dolore per il controllo dell’efficacia dell’analgesia dopo un’ora dalla prima som-ministrazione. In seguito misurare il dolore dopo 4 ore. Secondo le scale adottate, se il dolo-re risulta inferiore a 4 si considera un’analgesia adeguata, se invece superiore a 4 si considerainsufficiente. Dopo due algometrie negative consecutive, aumentare l’intervallo delle sommi-nistrazioni, fino a sospensione.

In caso di analgesia insufficiente:Farmaco di scelta: tramadolo, (contramal)Dosaggio: 1mg/kg

Se è possibile per os: contramal gocce, (1gt = mg 2,5), altrimenti rettale o endovena lenta stes-so dosaggio. Controllare analgesia dopo 1 ora. Se risultasse insufficiente contattare anestesista.

128 Pediatria

SCHEDA N. 2/a

CHIRURGIA A COMPONENTE ALGICA MEDIA

• Tonsillectomia• Piccole laparotomie• Laparo-toracoscopie• Ipospadie di II grado• Derivazione ventricolo-peritoneale• Craniostenosi• Appendicectomia

Farmaco di scelta: paracetamolo + codeina e ketorolac.

Via di somministrazione: paracetamolo + codeina: inizialmente rettale, (lonarid) non appenail paziente può cominciare a bere, se lo preferisce, anche per os. Ketorolac: via endovenosa lenta, (lixidol, toradol).

Dosaggio: paracetamolo + codeina: vedi schema protocollo n. 1 pag. 1, più Ketorolac: 0.2- 0.4 mg/kg/ev, (max 20 mg) max per 5 giorni.Prima somministrazione a fine intervento, le successive dopo 4-6 ore.Misurare il dolore per il controllo dell’efficacia dell’analgesia dopo un’ora dalla prima som-ministrazione. In seguito misurare il dolore ogni 4 ore. Secondo le scale adottate, se il dolo-re risulta inferiore a 4 si considera un’analgesia adeguata, se invece superiore a 4 si considerainsufficiente.Dopo due algometrie negative consecutive, aumentare l’intervallo delle somministrazioni, fi-no a sospensione.

In caso di analgesia insufficiente: tramadolo (vedi scheda n. 1)

SCHEDA N. 2/b

IPOSPADIE DI II GRADO particolarmente dolorose, interventi di ortopedia minore

Farmaco di scelta: associazione di paracetamolo e tramadolo.

Dosaggi: paracetamolo: vedi protocollo n. 1Tramadolo: 1 mg/kg per os, rettale o endovena, (contramal)Somministrazioni: ogni 4 / 6 oreIn caso di analgesia insufficiente: ketorolac 0,2-0,4 /Kg/ e.v. infusione lenta Controllo dell’analgesia come da schema protocollo.

129Pediatria

SCHEDA N. 3

CHIRURGIA A COMPONENTE ALGICA MAGGIORE

• Toracotomie, sternotomie, petto escavato• Laparatomie estese• Chirurgia perineale maggiore• Chirurgia maggiore degli arti inferiori• Ipospadia di 3°

Farmaco di scelta: paracetamolo EV (perfalgan), 20 mg/kg, ad infusione lenta, oppure

paracetamolo rettale 40 mg/kg nella prima somministrazione, che si riduce nelle sommini-strazione successive a 20-25 mg/kg.Più una delle seguenti opzioni:1. Infusione continua di morfina (diluizione secondo schema allegato)2. PCA, (Patient, controlled analgesia) con morfina, secondo schema allegato compilato

dall’anestesista.

Modalità:• PCA pura. (solo chiamata bolo da parte del pz)• Continua + PCA, (continua + chiamata bolo da parte del pz)

Requisiti necessari per applicazione PCA:• Bambini con età scolare• Colloquio pre-operatorio• Non deficit intellettivi• Comprensione della lingua italiana

Programma PCA:• Morfina 0.5 mg/kg in 50 ml di soluzione fisiologica, o glucosata 5%, (equivalenti a 10

mcg/kg)• Dose massima in 4 ore: 400 mcg/kg• Dose carico 50-100 mcg/kg, (da somministrare a fine intervento, meglio se in Sala operatoria)• Infusione 20-40 mcg/kg/h• Boli 10-20 mcg/kg/h• Lock out 5-10 minuti

3. Peridurale in continua:secondo schema allegato compilato dall’anestesista

In caso di analgesia insufficiente: • Somministrare Ketoralac 0.2-0.4 mg/kg/ev, (max 20 mg)• Controllo dell’analgesia come da schema protocollo• Nelle situazioni 2 e 3 è necessario un monitoraggio ogni due ore:• Clinico e parametri vitali• Sedazione tramite la scala GOS• Saturazione

130 Pediatria

Il trattamento del dolore da ferita in PS pre-vede le seguenti fasi: • anestesia locale• applicazione tecniche non farmacologiche

(presenza dei genitori, tecniche di distra-zione e respirazione).

ANESTESIA LOCALE

• ANESTESIA TOPICA: tutte le ferite de-vono essere tamponate con anestetico lo-cale (lidocaina 2%). Durante il triage dal-l’infermiere del DEA. L’anestesia per con-tatto può anestetizzare solo gli strati su-perficiali, non idonea da sola per le feritepiù profonde (che richiedono una sutura adoppio strato). Un tamponcino di cotonesaturato di lidocaina incerottato offre mi-glior contatto della garza. L’effetto massi-male si ha dopo 20 minuti.

• ANESTESIA PER INFILTRAZIONE:dopo l’anestesia per contatto la ferita puòessere infiltrata con l’anestetico, (lidocainaal 2%), dal lembo cruento (senza pungerela cute) da parte del medico che effettueràla sutura.

La somministrazione dell’anestetico deveessere la più indolore possibile, applicandoalcuni accorgimenti: • scegliere l‘ago più sottile (27 o anche 30

gauge); • tamponare l’anestetico locale (1 cc di bi-

carbonato + 9cc di lidocaina al 2%); • riscaldare l’anestetico locale; • iniettare lentamente, poiché è la velocità di

iniezione che provoca dolore; • attendere almeno 2-3 minuti dopo l’infil-

trazione per ottenere l’effetto voluto.

Norme di sicurezza: • utilizzare dosaggi inferiori al dosaggio tos-

sico:• carbocaina 5-10 mg/Kg;• lidocaina 3-5 mg/Kg; (lidocaina 2%=20

mg/ml=2 cc ogni 8 kg);• verificare la non aspirazione di sangue;

• gli effetti tossici e collaterali sono effetti dineuro e cardiotossicità (agitazione, tremo-ri, convulsioni in primis).

APPLICAZIONE DI TECNICHENON FARMACOLOGICHE

Gli accorgimenti non farmacologici che sipossono usare in un PS per diminuire il do-lore e la paura sono essenzialmente: • la preparazione e l’informazione di genito-

ri e bambino;• incoraggiare una presenza attiva del geni-

tore durante la procedura;• la distrazione;• l’uso delle bolle di sapone;• il rilassamento;• la respirazione e il coinvolgimento attivo.

I bambini, sia in età prescolare che scolare,più di ogni altra cosa vogliono i loro genitoriaccanto durante una procedura dolorosa, an-che se sono consapevoli del fatto che possonofare ben poco per alleviare il dolore della pro-cedura. I familiari, da parte loro, sono con-vinti del fatto che la loro presenza possa esse-re di aiuto durante la procedura dolorosa. Nella grande maggioranza dei casi i genitoriaccettano le indicazioni sul modo migliore disostenere e confortare il bambino durante pro-cedure impegnative o dolorose, oltre a fornirepreziose informazioni sul bambino e sullestrategie che si sono rivelate più efficaci in ana-loghe situazioni passate. Assegnare un ruolo algenitore spesso serve a “preparare il terreno”.Il tempo di apprendimento e di realizzazio-ne delle tecniche psicocomportamentali va-ria notevolmente; sarà compito degli opera-tori sanitari valutare, in base al tempo a di-sposizione e alla situazione che devono af-frontare, qual è la tecnica migliore da usareper ottenere i risultati più efficaci. Per esempio 2 tecniche immediatamente ese-guibili sono la respirazione e l’uso delle bolledi sapone. Favorire la respirazione nel bambi-no lo aiuta ad allontanare la paura e il dolore

2. Trattamento del dolore da ferita in Pronto Soccorso.Protocollo assistenziale-terapeutico, in uso all’AOU Meyer

131Pediatria

causato, per esempio, da un prelievo. Già al-l’età di 4 anni alcuni bambini possono esserein grado di effettuare profonde inspirazioni edespirazioni guidati dal genitore o dall’infer-miere. È possibile insegnare al bambino a faredei respiri profondi, soffiar via lentamente tut-to ciò che lo infastidisce, come il dolore o lesensazioni che lo spaventano (nuvola rossa).Fare bolle di sapone è una tecnica moltosemplice da eseguire in un DEA e allo stes-so tempo estremamente efficace che rilassa edistrae. La maggior parte dei bambini sa fa-re questo gioco. Il bambino può contare lebolle che vagano nella stanza, può farle

scoppiare, soffiarle via o semplicementeguardare dove vanno. Insieme alla respirazione può essere abbina-to il rilassamento muscolare. Per ottenere ilrilassamento dei lattanti e dei prematuri ènecessario cullarli, tenerli in una posizioneconfortevole, fargli succhiare il ciuccio o af-ferrare qualcosa.Il rilassamento muscolare è usato per dimi-nuire la tensione fisica e mentale. E’ efficacesoprattutto con adolescenti e bambini piùgrandi, poiché coinvolge il rilassamento deimuscoli scheletrici volontari.

3. Trattamento del dolore da procedura in patologie oncologicheProtocollo assistenziale-terapeutico, in uso all’AOU Meyer

Il bambino con patologia oncologica va in-contro a stati di sofferenza e di dolore in va-rie fasi della malattia e del trattamento. Il do-lore da cancro nel bambino è riconosciutocome un sintomo significativo che influenzala qualità di vita. Nella maggioranza dei casi è possibile ga-rantire una adeguata analgesia con un ampiomargine di sicurezza.E’ documentato come le procedure invasivesiano vissute dai bambini come eventi asso-lutamente traumatici e dolorosi. Sebbene ildolore legato alle procedure rappresentiesperienza di breve durata, a questo si ac-compagna un intenso grado di paura e di an-sietà. Ad esempio, alcuni ricercatori (Broo-me, Rehwaldt e Gogg, 1998; Broome e altri,1990) si sono resi conto che le aspirazioni dimidollo osseo, biopsie e punture lombarisono percepite come estremamente doloro-se dai bambini malati di cancro.• Per il trattamento del dolore da procedure

in pediatria è opportuno seguire alcuniprincipi di base schematizzati di seguito:1. preparare il bambino e i genitori con in-terventi specifici (vedi modulo di informa-zione allegato);2. assicurare il massimo trattamento deldolore e dell’ansia da prima procedura inmodo da ridurre l’insorgere dei sintomi da

ansia anticipatoria;3. assicurare un’adeguata conoscenza delcomportamento e dei trattamenti farmaco-logici del dolore acuto e dell’ansia da partedel personale sanitario addetto alle proce-dure;4. utilizzare un appropriato monitoraggioe l’attrezzatura di rianimazione nella stan-za dove si esegue la procedura, quando vie-ne eseguita la sedazione;5. assicurarsi che vi sia una buona abilitàmanuale in coloro che eseguono le proce-dure pediatriche;6. effettuare una valutazione dei comporta-menti del bambino per stimare l’efficaciadel trattamento del dolore e dell’ansia;7. ricreare un ambiente più piacevole pos-sibile nel luogo addetto ai trattamenti.

• Le tecniche usate per il controllo del dolo-re da procedura sono principalmente di ti-po farmacologico e non farmacologico.

• Per ogni bambino è necessario “persona-lizzare” il trattamento, trovare cioè la tec-nica migliore per il controllo del dolore, aseconda dei suoi bisogni e delle caratteri-stiche personali.

• Parte essenziale del trattamento del doloreè la misurazione del dolore stesso, attra-verso specifici strumenti adeguati a secon-da dell’età del bambino. Accanto alla mi-

132 Pediatria

sura del dolore è opportuno anche effet-tuare la misura della sedazione per verifi-care l’efficacia del metodo usato per il con-trollo del dolore e monitorare i possibilieffetti collaterali.

TECNICHE FARMACOLOGICHE

Il trattamento farmacologico per il doloreda procedura deve garantire sia una sedazio-ne che una analgesia efficace. Gli approccifarmacologici possibili sono la sedazioneleggera o moderata e la sedazione profondao l’anestesia generale. L’anestesia locale non va mai dimenticata(vedi in seguito) sia che si usino tecniche far-macologiche che non farmacologiche. Nel bambino il limite tra i vari livelli di seda-zione talvolta non è facilmente definibile. Ivari gradi di profondità della sedazione rap-presentano un continuum in cui il confine èmolto sfumato, specialmente tra sedazioneprofonda e anestesia generale (vedi allegato 1). Le “prime procedure dolorose” rappresenta-no un momento fondamentale nel percorsodiagnostico terapeutico di un bambino affet-to da un tumore. Pertanto è opportuno ese-guirle in una sedazione profonda possibil-mente nel reparto stesso in presenza dei ge-nitori, se sono in grado e vogliono assistere ilbambino durante le manovre di induzione. Una sedazione più leggera può essere utiliz-zata nelle fasi successive del trattamento, do-po che il bambino acquisisce familiarità conle procedure ed è in grado anche di associa-re le tecniche non farmacologiche, riducen-do così l’uso di farmaci.

ANESTESIA LOCALE

Uso della crema EMLA (prilocaina/lidocaina):è un anestetico topico che anestetizza la cute.Deve essere applicata almeno un’ora, un’orae mezzo prima della procedura e la sua azio-ne non persiste dopo le quattro ore. Questapomata deve essere sempre applicata per tut-te le procedure. In caso di Aspirato midollare e biopsia os-sea è necessaria un’anestesia sottocutanea

con lidocaina, che penetra più profonda-mente dell’EMLA con i seguenti accorgi-menti:• miscelare 2 ml di lidocaina con 0.2 ml di

sodio bicarbonato per modificare il pH eprevenire il bruciore durante l’iniezione;

• eseguire l’infiltrazione lentamente nel tes-suto sottocutaneo, usando un ago da 25gauge;

• attendere due minuti per poi cambiarel’ago con uno più grande ed iniettare la li-docaina direttamente sulla superficie delperiostio;

• attendere ancora due o tre minuti, temponecessario perché il farmaco anestetizzi lazona.

SEDAZIONE

Una sedazione moderata può essere effet-tuata con più tecniche farmacologiche, mol-te delle quali prevedono la combinazione diun oppioide con una benzodiazepina. L’as-sociazione oppioide-benzodiazepina è ca-ratterizzata da una risposta d’azione diversada paziente a paziente. Un farmaco oppioide e/o una benzodiazepi-na possono essere predisposti individual-mente, a seconda della risposta offerta dalpaziente e possono essere contrastati confarmaci antagonisti (naloxone: da 5 a 10mcg/Kg/dose e flumazenil: 0.2 mg/dose)che devono essere disponibili ogni volta cheuna analgesico oppioide o una benzodiaze-pina vengono somministrati prima di unaprocedura (allegato.1). Una possibile alternativa all’uso dei farmacie.v. per la sedazione più leggera è l’utilizzodi una miscela di O2 e protossido d’azoto al50% (vedi PrTD0001).

Effetti collaterali e trattamento:

Sedazione tardivaCon la sedazione moderata esiste la possibili-tà per i pazienti pediatrici di sviluppare unasindrome definibile come “sedazione tardi-va”. Quest’ultima può avvenire nei casi in cuiil bambino, durante e al termine della proce-

133Pediatria

dura non sembra essere sedato, ma dopo laprocedura con la fine dello stimolo dolorosopossono comparire gli effetti sedativi. Per questi motivi il bambino deve essere po-sto sotto osservazione in appropriati locali peralmeno un’ora prima di essere dimesso e de-vono essere ottemperati i criteri di dimissione.

Ipossia o apneaPrima o contemporaneamente a un risvegliodalla sedazione, i pazienti che sono diventatiipossici o apneici durante la procedura devono: 1) essere stimolati e incoraggiati a respirare

profondamente; 2) ricevere una ventilazione con pressione

positiva se la respirazione spontanea è in-sufficiente;

3) ricevere un supplemento di ossigeno. Dopo il risveglio i pazienti devono esserecontrollati almeno 1 ora.

TECNICHE NONFARMACOLOGICHE

Sono tecniche psicologiche che permettonodi ottenere risultati molto efficaci per i bam-bini che devono essere sottoposti alle proce-dure. Hanno lo scopo di guidare e focalizza-re la mente del bambino e la sua attenzione,lontano dallo stato fisico di dolore legato al-la procedura dolorosa. Queste tecniche sonofacili da apprendere e possono essere usate dachiunque (infermieri, genitori) per aiutare ilbambino nel controllo del dolore. È possibi-le apprendere le tecniche non farmacologicheall’interno dei corsi di formazione perma-nenti organizzati dell’Azienda OspedalieraMeyer (Corso tecniche non farmacologiche).Le tecniche sono: la distrazione, il rilassamen-to muscolare, l’immaginazione guidata e pos-sono essere usate con i bambini, anche piccoli.

4. Trattamento del dolore nel bambino ustionato

La componente dolore nel bambino ustiona-to è stata ritenuta di secondaria importanza fi-no a non tanto tempo fa. In questo tipo di pa-ziente il dolore ha invece un posto di partico-lare rilievo nella manifestazione clinica e deveessere tenuto ben presente nel programma te-rapeutico dal momento in cui si verifica l’inci-dente fino alla guarigione completa. L’intensi-tà del dolore è molto alta nelle prime fasi e poisi attenua spontaneamente, anche se nonscompare, in quelle successive, rimanendo pe-rò molto alto nelle ustioni estese e riducendo-si fin quasi a scomparire in quelle limitate. È maggiore nelle ustioni di 2° grado che inquelle di 3° grado. Nel bambino ustionato, inparticolare, il problema “dolore” non può es-sere distinto dal contesto psicologico del pa-ziente e dei suoi familiari che di fronte all’even-to traumatico formano un’unità inscindibile, ilcosì detto nucleo “paziente-familiari”. Lo sta-to psicologico di questo nucleo influisce mol-tissimo sulla risposta del paziente al dolore esulla valutazione della sua intensità.Nell’ustionato si distinguono tre tipi princi-pali di dolore.

a) dolore continuo, legato alle lesioni, assai in-tenso all’inizio, che permane per quasi tutta ladegenza e che presenta un’intensità variabile, piùalta nelle forme più estese e non a tutto spessore,talvolta trascurabile in quelle limitate, soprattut-to se trattate con “medicazioni avanzate”.b) dolore da procedura, limitato nel tempo,perché legato alle pratiche mediche, infer-mieristiche e fisioterapiche giornaliere ese-guite per il trattamento locale delle lesioni(medicazione, balneoterapia, fisioterapia, ri-mozione punti di sutura).c) dolore legato allo stato ansioso e/o allapaura.Il trattamento deve essere rivolto sia al dolo-re vero e proprio che alla componente psico-logica che influenza moltissimo l’intensitàdella manifestazione dolorosa.

A) TRATTAMENTO FARMACOLOGICO

Trattamento del doloreacuto post-ustione• forme a componente algica minore: para-

cetamolo 20-30 mg/kg + codeina1 mg/kg

134 Pediatria

PR (o per os 15-20 mg/kg)• forme a componente algica maggiore:

morfina 0.1-0.2 mg/kg ev

Trattamento del dolore continuo• componente algica minore: paracetamolo

20-30 mg/kg + codeina1 mg/kg PR (o peros) a orario. Ketorolac 0.2-0.4 mg/kg ev aorario (max 5 giorni)

• componente algica maggiore: morfina ev10-20 μg/kg/h mediante PCA/NCA

Trattamento mediante dolore da proceduraa) medicazioni• In generalemidazolam 0.2 mg/kg ev +/- fentanyl 1-2mg/kg o ketamina 0.5-1 mg/kg +/- protossi-do (NO2 + O2) + anestetici locali: • Nel caso di medicazione di limitate aree

ustionate, usiamo l’applicazione locale diEMLA crema basata sull’associazione di li-docaina con prilocaina, che dà una ottimaanestesia di superficie dopo circa 60 minu-ti dalla sua applicazione;

• In caso di medicazione di superfici piùestese, il cui trattamento provocherebbedolore di notevole intensità e forte stress albambino sveglio, ricorriamo all’anestesiagenerale o alla ketamina che viene utiliz-zata solo per manovre che necessitano diun tempo limitato di esecuzione (medica-zioni complesse durante la balneoterapia,rimozione di un elevato numero di puntidi sutura. Non usiamo la ketamina più lar-gamente, come in altri Centri, perché è al-lucinogena e provoca incubi talvolta mol-to sgradevoli.

b) interventi chirurgici In caso di trattamento chirurgico di super-fici particolarmente estese (dermoabrasio-ne, innesti cutanei) associamo all’anestesiagenerale un tipo particolare di anestesia lo-cale, la tumescent local anaesthesia (TLA)che si basa su una ampia infiltrazione sotto-cutanea di una soluzione a base di lidocainae adrenalina. Tale metodica permette di otte-nere una anestesia locale che dura per molteore dopo l’intervento risparmiando l’usodella analgesia.

B) TRATTAMENTO NON FARMACO-LOGICOCome nelle altre patologie

C) TRATTAMENTO PSICOLOGICOEsso va esteso anche ai familiari del bambi-no perchè la loro tranquillità si riflette posi-tivamente sulla reazione al dolore. Il Tratta-mento è molto articolato, ma i punti princi-pali sono, per il bambino:• fornire un supporto psicologico fin dal ri-

covero;• fornire al bambino più grande solo le in-

formazioni sulle procedure da eseguire abreve distanza di tempo, cioè nella giorna-ta e nel giorno successivo, senza inganni onascondimenti;

• coinvolgere attivamente, quando possibi-le, il bambino nelle medicazioni;

• distrarre il paziente più piccolo durante lemanovre dolorose con i mezzi di distrazio-ne a disposizione come musica, film, giochi;

• lodare il bambino per la sua fattiva colla-borazione;

• stimolare il bambino a prendere confidenzacon il personale infermieristico e medico;

• rispettare il più possibile la privacy del pa-ziente anche se piccolo.

Per i familiari:• fornire un supporto psicologico fin dal ri-

covero;• informare fin dall’inizio i familiari sulla

patologia dell’ustione, il suo trattamento, iproblemi che dovranno essere affrontati;

• fornire ai familiari quotidianamente e findal primo colloquio una chiara informa-zione sulle condizioni del paziente, sulleprocedure da intraprendere nella giornata esu quelle già stabilite per i giorni successivi;

• mantenere un familiare, consenziente, ac-canto al bambino durante tutto il tempodel trattamento doloroso;

• coinvolgere attivamente, quando possibi-le, il familiare nelle medicazioni.

D) TRATTAMENTO LOCALE NONSTRESSANTERendere le medicazioni meno dolorose estressanti riducendole come numero e usan-

135Pediatria

do presidi moderni che riducono o tolgonola componente dolore quando devono esse-re cambiati.Il fatto che la medicazione sia meno doloro-sa non ci deve però esimere da eseguirlaugualmente in analgesia, magari scegliendoun analgesico minore.

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136 Pediatria

Il rapporto del neonato con il dolore è estre-mamente particolare e articolato, poichè:• il neonato sente il dolore in modo più in-

tenso che l’adulto;• il neonato non può esprimere verbalmente

le sue necessità e sensazioni;• il neonato ospedalizzato va incontro ad

una serie di interventi potenzialmente do-lorosi.

Le conoscenze scientifiche degli ultimi annihanno aggiunto sempre più robuste eviden-ze che il neonato, soprattutto se pretermine,si dimostra più sensibile allo stimolo noci-cettivo a cui risponde con una reazione fisio-logica e comportamentale ben evidente econ una cascata ormonale e metabolica, il cuireiterarsi può comportare effetti destabiliz-zanti a breve e medio termine. Questa fragi-lità e vulnerabilità allo stimolo doloroso so-prattutto del neonato pretermine è spiegabi-le dal punto di vista neurofisiologico con ilfatto che, a scapito di un apparato sensorialeper la nocicezione ben sviluppato a partiredal secondo trimestre di gravidanza, i siste-mi discendenti inibitori e i loro neurotra-smettitori preposti alla modulazione delleafferenze nocicettive sono deficitari ed im-maturi fino anche a dopo la nascita a termi-ne. Inoltre esistono sempre maggiori segna-lazioni degli effetti a lungo termine di unaesposizione precoce e ripetitiva a stimola-zioni nocicettive in un momento così fonda-mentale per lo sviluppo del sistema nervoso.Sono state segnalate modificazioni compor-tamentali a lungo termine e riduzioni di vo-lume delle aree cerebrali sensitive in ex pre-termine ricoverati in TIN, simili a quelleevidenziate nel modello sperimentale di rat-

to di pari età gestazionale, sottoposto a sti-moli dolorosi precoci e ripetitivi.Nonostante queste evidenze a tutt’oggi iltrattamento del dolore da procedura rimanelimitato nel neonato. Secondo recenti dati,un neonato ricoverato in TIN viene sotto-posto in media a 14 procedure dolorose algiorno. Inoltre sempre più frequentementenelle nostre TIN vengono eseguite manovrechirurgiche come il posizionamento di cate-teri venosi centrali, la legatura del dotto ar-terioso pervio, la laser o crioterapia per laretinopatia del pretermine. È desolante con-statare come la maggior parte di queste pro-cedure siano ancora eseguite senza un’ade-guata analgesia e sedazione.

Dobbiamo considerare che fino alla fine de-gli anni ’80 solo pochi anestesisti e pediatrisostenevano che il neonato potesse “provaredolore”, e i farmaci oppioidi erano usati rara-mente negli interventi chirurgici su questipiccoli pazienti (1). Ancora oggi c’è resisten-za verso il trattamento analgesico dei neona-ti, come emerge da una recentissima rassegna(2) che mostra che linee-guida scritte per iltrattamento del dolore acuto sono presentisolo nel 25% delle terapie intensive neonata-li italiane, che un’anestesia preventiva vieneusata solo nel 13% dei casi per l’intubazionetracheale e solo nel 68% dei casi per l’inseri-mento di un drenaggio toracico.Oggi abbiamo a disposizione una serie difarmaci analgesici e di procedure non farma-cologiche che mettono in evidenza come ildolore del neonato sia:• prevenibile• riconoscibile• curabile

Il dolore del neonatoG. Buonocore, C.V. Bellieni

137Pediatria

Prevenire il doloreUna volta ottenuta la certezza che il neonatoè in grado di provare dolore, bisogna mette-re in atto le misure più idonee per creare unambiente confortevole, non stressante, in cuile manovre indaginose ed invasive venganoridotte al minimo. Uno dei diritti principalidel neonato è quello di non essere soggettoad “attenzioni” non necessarie (come visitemediche ripetute nell’ambito della giornata oeccessivi prelievi di sangue) o eseguite in mo-do scorretto (per esempio bagnetto con ac-qua a temperatura non idonea o punture ese-guite senza analgesia). Il neonato è da pocouscito da un ambiente protetto, l’utero ma-terno, e ancora per diverso tempo avrà biso-gno di ritrovarne le caratteristiche di tepore eaccoglienza, pena l’insorgere di stress e soffe-renza (3). Paradossalmente più piccolo e ma-lato è il bambino, più numerose sono le inda-gini di cui necessitiamo per curarlo, e questedevono essere ridotte ad un minimo accetta-bile e raggruppate come orario.

Riconoscere il doloreGli studi degli ultimi anni hanno permessodi riconoscere le capacità espressive del neo-nato. Recentemente è stato da noi dimostra-to come il pianto del neonato diventi ritmi-co e acuto solo se si supera una certa sogliadi dolore, e questo può essere uno strumen-to per riconoscere una specie di “protolin-guaggio” del piccolo (4). Su questa base èstata inoltre creata una scala di valutazionedell’intensità del dolore (5). Questa scala che misura il dolore da 0 (dolo-

re assente) a 6 (dolore massimo), non preve-de valori intermedi per l’acutezza del primogrido e per la ritmicità del pianto. È stata va-lidata statisticamente studiando la rispostadi decine di neonati al dolore. Tuttavia ancora pochi centri usano strumen-ti affidabili per valutare il dolore del neona-to e si rischia così di considerare sufficiente-mente sedato un prematuro che non reagiscesolo perché è del tutto spossato, così comedi credere che il bambino che piange sentadolore mentre sta piangendo per altri moti-vi. Proprio a questo fine esistono delle scaledi valutazione del dolore nel post-operato,quali la scala EDIN (6) o la CRIES (6), uti-lissime perché solo su una base oggettiva sipuò dare un’effettiva terapia antalgica.

Curare il doloreI principali farmaci che usiamo per la terapiadel dolore del neonato sono: paracetamolo,morfina, fentanyl e, per la terapia locale,anestetici (prilocaina/lidocaina) in crema(EMLA) o in cerotto anestetico (EMLApatch). Per una rassegna completa ci si puòrifare alla recente pubblicazione edita a curadel gruppo di studio sul dolore della SocietàItaliana di Neonatologia (6). Bisognerà evi-tare i più comuni errori nel loro uso, qualisovra- o sotto-dosaggi, la brusca sospensio-ne degli oppioidi che può in certi casi provo-care crisi d’astinenza, la mancanza di ben-daggio occlusivo o del necessario tempo diattesa (almeno 45 minuti) nell’uso dell’EMLA,ed altri che ogni pediatra e anestesista dovràconoscere.

Acutezza del primo grido No Sì

Ritmicità del pianto No Sì

Stabilità nel tempodell’intensità del pianto No Non costante Sì

(breve lamento (ma più prolungatoo silenzio) che un semplice lamento) (costante nel tempo)

Tab 1: Scala ABC:

0 1 2

138 Pediatria

Negli ultimi anni si è sviluppato l’uso di unaterapia non-farmacologica per l’analgesia incaso di procedure “minori” (prelievi di san-gue in primis). Nei primi studi eseguiti inquesto campo si è dimostrato che l’instilla-zione di una soluzione dolce in bocca o l’usodel succhiotto riducono il tempo di pianto ogli indici di dolore del bambino durante ilprelievo di sangue. Tuttavia negli ultimi annisi è ormai accertato che, per avere una scom-parsa quasi totale del dolore, bisogna unire aquesti alcuni stimoli di altro tipo. E’ il casodell’uso della suzione al seno materno (7) odella saturazione sensoriale (8,9).

Saturazione sensorialeQuesta tecnica consiste nel fornire stimoli albambino che competano con lo stimolo do-loroso inibendo il suo arrivo alla coscienzatramite un meccanismo di controllo a cancel-lo. In pratica si basa sul principio che il cer-vello agisce come un filtro: lascia passare allacoscienza delle informazioni, ma blocca varistimoli sensoriali: questi si inibiscono a vi-cenda, soprattutto quando alcuni distraggo-no in modo importante l’attenzione del sog-getto. E’ dunque la duplice azione della di-strazione e della carica affettiva che agisconocalmando, rassicurando il bambino e iniben-do lo stimolo doloroso. I risultati sono cosìimportanti che questo sistema, ideato dallaNeonatologia senese è ormai entrato in mol-te linee-guida internazionali, ultima dellequali la Società di Neonatologia Australiana,nel 2006. Si tratta di somministrare una solu-zione dolce in bocca al bambino, ma al tem-po stesso di attrarne l’attenzione parlandogli,attraendone lo sguardo per distrarlo, mas-saggiarlo e contenerne le braccine sulla lineamediana del corpo. Distrarre e rassicurare unbambino è ciò che ogni mamma o ogni ope-ratore dovrebbe fare al momento di un inter-vento fastidioso o potenzialmente doloroso:nel caso del neonato la distrazione e il rassi-curamento del bambino hanno anche l’effet-

to di potenziare e moltiplicare l’effetto anal-gesico della suzione di zucchero.Crediamo che questa tecnica sia da imple-mentare in ogni occasione potenzialmentedolorosa, quale ad esempio il prelievo di san-gue dal tallone per gli screenings neonatali.

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IL DOLORE NON È UNA FATALITÀ: IL DOLORE SI PUÒ EVITAREIl dolore può essere collegato ad una malattia ma può anche essere provocato dai trattamen-ti sanitari che il medico deve usare per curare la malattia.Il dolore può essere un segnale d’allarme utile per la comprensione della malattia: ma molti do-lori sono inutili e devono essere eliminati.Alcuni tipi di dolore sono legati a situazioni di disagio nei rapporti con gli altri: ne scaturisceuna situazione che deve essere riconosciuta come problema e trattata non solo farmacologi-camente. È importante esprimere le proprie emozioni, paure, timori ad un medico che ti puòascoltare e comprendere.

PERCHÉ IL MEDICO POSSA COMPRENDERE CHE COSA SI PROVAÈ necessaria la collaborazione del paziente ed è importante che il dolore venga comunicatoper come viene percepito.Ogni persona conosce il suo proprio dolore ed è importante che lo esprima e che sia creduto.Non si tratta di essere forti o deboli o rassegnarsi alla sofferenza: i medici e gli infermieri pos-sono aiutarti a ridurre il dolore fino a renderlo sopportabile utilizzando vari metodi.

COME FARE E DOVE ANDARE PER RICEVERE UN TRATTAMENTOPER RIDURRE IL DOLOREOgni cittadino ha il diritto di conoscere le modalità, i servizi e le tipologie di trattamento deldolore cui può accedere in modo confidenziale e gratuito.

QUANDO SI HA MENO PAURA SI PROVA MENO DOLORESpesso il dolore è associato alla paura di quello che può succedere (un esame invasivo, un in-tervento chirurgico, un distacco dal proprio ambiente di vita….).Il cittadino ha diritto di conoscere ciò che gli/le viene proposto come trattamento sanitario edeve poter esprimere le sue emozioni, le sue paure, i suoi timori in un setting rassicurante econfidenziale.

CHI SA QUALE E QUANTO DOLORE PROVA È SOLO LA PERSONA CHE LO VIVEVarie sono le modalità e le tecniche con cui si può “misurare” il dolore, ma ogni cittadino hail diritto che gli operatori sanitari gli/le credano quando ne parla.Se lo desidera, può decidere di coinvolgere anche un’altra persona di fiducia per sentirsi più soste-nuto e più facilmente compreso nei suoi bisogni sia biologici che psicologici e sociali.

Il Dolore nel rapporto medico-pazienteAlcune regole

G. Mieli, M. Orsi, L. Polenzani

LA LOTTA AL DOLORE - Supplemento di “Toscana Medica” - febbraio 2008 139

140 LA LOTTA AL DOLORE - Supplemento di “Toscana Medica” - febbraio 2008

In questo lavoro l’attenzione è stata dedica-ta principalmente a quelle sindromi doloro-se di maggior interesse scientifico, come di-mostrato dai numerosi studi presenti nellaletteratura internazionale, quali ad esempioil low back pain e altre sindromi caratteriz-zate da dolore muscolo-scheletrico.Le terapie fisiche considerate sono, anch’es-se, quelle che più di frequente vengono cita-te nella letteratura internazionale e per lequali è stato possibile trovare dati sufficientiper dare almeno una indicazione valida. So-no state considerate: l’esercizio fisico, lamasso-terapia, la TENS, le trazioni mecca-niche, gli ultrasuoni, la magneto-terapia, lalaser-terapia, la termoterapia, l’emg-biofeed-back, le onde d’urto extracorporee, i tratta-menti combinati.

Esercizio fisico L’esercizio fisico è risultato essere efficacenel dolore lombo-sacrale e nel dolore cervi-cale cronico oltre che per alcune patologiearticolari, anch’esse croniche. Vi è qualcheevidenza sulla sua efficacia nel periodo post-operatorio, dopo interventi sulla colonnavertebrale lombare nell’accelerare il recupe-ro funzionale. Importante per il recupero funzionale sem-bra essere, inoltre, il rapido ritorno alle nor-mali attività.Anche nei pazienti affetti da gonartrosi vi èuna buona evidenza scientifica dell’efficaciadell’esercizio fisico nel sollievo dal dolore enel miglioramento delle condizioni clinichegenerali, invece risultati dubbi sono riporta-ti per quanto riguarda il recupero funziona-le dell’articolazione.L’esercizio fisico si è dimostrato efficace nel

ridurre la sintomatologia algica di pazientiaffetti da patologie dolorose aspecifiche del-la spalla (1, 29).

TENSSono stati trovati in letteratura diversi studiscientifici che dimostrano l’efficacia dellaTENS sul dolore e sul miglioramento dellecondizioni generali dei pazienti affetti daosteoartrosi del ginocchio; in pazienti con ar-trosi dell’anca e del ginocchio è risultata effi-cace anche una applicazione particolare dellaTENS impiegata sui punti utilizzati dall’ago-puntura (“Acupunture-like TENS”). LaTENS è efficace nel controllare il doloreneuropatico di origine periferica. Questa tecnica, invece, risulta inefficace nel-la terapia del dolore di pazienti affetti dalombalgia subacuta o cronica (30, 46).

UltrasuoniGli ultrasuoni, impiegati sia in modo conti-nuo che pulsato, non si sono dimostrati effi-caci nella cura del dolore di pazienti affettida patologie dolorose aspecifiche della spal-la (borsiti, capsuliti, tendinite), nemmeno intrattamenti combinati con l’elettroterapiabipolare interferenziale.C’è scarsa evidenza scientifica per quanto ri-guarda invece benefici a breve termine sul do-lore da tendinite calcifica della spalla (47, 56).

MagnetoterapiaQuesta tecnica si è dimostrata efficace neldeterminare riduzione del dolore in patolo-gie acute cervicali come dopo trauma cervi-cale da “colpo di frusta”. Scarsa evidenzascientifica si riscontra sull’efficacia nel dolo-re cervicale cronico.

Terapia fisica: EBM reviewR. D. Mediati

141Terapia e dolore: EBM review

Benefici della magnetoterapia sono stati evi-denziati nella terapia del dolore di pazientiaffetti da gonartrosi.E’ risultata non efficace, invece, nella terapiadel dolore in pazienti affetti da patologiacronica aspecifica della spalla (periartrite,tendinite della cuffia dei rotatori) (57-64).Per quanto riguarda altre terapie fisiche qua-li massoterapia, trazioni meccaniche, termo-terapia, onde d’urto extracorporee, laser-te-rapia, emg-biofeedback e altri trattamenticombinati non vi sono in letteratura studiclinici sufficienti per permettere di dare rac-comandazioni valide sulla loro efficacia inpatologie dolorose croniche.

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Paul Cezanne, “Il frutteto”

144 LA LOTTA AL DOLORE - Supplemento di “Toscana Medica” - febbraio 2008

Nel 2007 sono state apportate modifiche allanormativa riguardante la prescrizione deifarmaci stupefacenti per la terapia del dolore.In particolare sono attualmente prescrivibili icosiddetti “derivati della cannabis”, già uti-lizzati in altri paesi europei, che si sono rive-lati utili, tra l’altro, nel trattamento di sindro-mi dolorose refrattarie, come il dolore neu-ropatico, e di importanti effetti collateralidella chemioterapia, come ad esempio il vo-mito non controllato da altri antiemetici.Un’ulteriore innovazione, che potrà facilitareil trattamento del dolore moderato/severo, èquella introdotta dal disegno di legge1249/2007, già approvato al Senato e in di-scussione alla Camera, i cui punti di maggiorimpatto sulla pratica clinica quotidiana sonoriportati qui sotto. Tra questi è da rimarcare laproposta di abolizione del ricettario specialedei farmaci stupefacenti dell’Allegato IIIbis.

DECRETO MINISTERIALE DEL 18 APRILE 2007Tutti gli stupefacenti e le sostanze psicotropesono suddivisi in due Tabelle:Nella Tabella I sono comprese tutte le so-stanze con potere tossicomanigeno ed ogget-to di possibile abuso.Nella Tabella II sono inserite le sostanze chehanno attività farmacologica e pertanto sonousate in terapia (farmaci). Alcune sostanzecompaiono in entrambe le tabelle.La Tabella II è suddivisa in cinque sezioni(A, B, C, D, E) in cui sono distribuiti i farma-ci in relazione al decrescere del loro poten-ziale d’abuso.I farmaci dell’Allegato III bis, nel quale so-no elencate le sostanze per le quali è previstala semplificazione delle modalità prescrittiveper la terapia del dolore, sono contrassegnatinella Tabella II con due asterischi (**).In tal caso rimangono valide le regole de-

scritte di seguito:•ciascuna ricetta può contenere fino a duepreparazioni o dosaggi per un trattamentocomplessivo di 30 giorni;• poiché il medico di medicina generale deve es-sere in grado di far fronte ad urgenze, può ricor-

Tabelle e scale analogiche

Normativa per la prescrizione dei farmaci stupefacentiper la terapia del dolore

rere all’autoricettazione dei farmaci che usufrui-scono delle modalità prescrittive semplificate;• il medico è tenuto alla conservazione di unregistro delle prestazioni effettuate in condi-zione di urgenza;• il personale infermieristico e i familiari so-no autorizzati a ricevere dal farmacista ed atrasportare le quantità prescritte;• i farmaci trasportati devono essere accom-pagnati dalla certificazione medica che neprescrive la posologia e l’utilizzazione nel-l’assistenza domiciliare.

I farmaci per i quali è prevista la prescrizionefacilitata sono:

1. Buprenorfina2. Codeina3. Diidrocodeina4. Fentanyl5. Idrocodone6. Idromorfone7. Metadone8. Morfina9. Ossicodone10. Ossimorfone

Vengono inseriti nella Tabella II sezione B i“derivati della Cannabis”: Delta-9-tetrai-drocannabinolo, Trans-delta-9-tetraidro-cannabinolo (Dronabinol) e Nabilone.

ART. 9. DISEGNO LEGGE N. 1249/ 2007Viene abolito l’obbligo del “ricettario a ri-calco”. I farmaci dell’Allegato III bis posso-no essere prescritti sul ricettario regionale,fermo restando il limite massimo dei 30giorni per la prescrizione.Il farmacista deve conservare copia della ri-cetta e riportare la dispensazione del far-maco sul registro di scarico.È abolito l’obbligo di specificare l’impiegodel farmaco nel registro di scarico.Il registro di scarico non deve essere più vidi-mato in ogni pagina Lo stato di tossicodipendenza da oppiacei chenecessita di trattamento domiciliare rientra trale condizioni che consentono la consegna deifarmaci stupefacenti a domicilio da parte delpersonale sanitario dei servizi domiciliari.

145

Scale analogiche visive

John Singer Sargent (Firenze, 1856 - Londra, 1925), Il giardino dei bambini Vickers, 1884

PROVINCIA DI AREZZOArezzo (Asl 8)MEDICINA DEL DOLORE E CURE PALLIATIVE (Struttura Dipartimentale – Dip. Oncologico – ITT)presso Centro Oncologico, Ospedale S. DonatoVia P. Nenni n° 20, 52100 ArezzoTel. 0575.255627, 0575.255438, Fax 0575.255435, e-mail: [email protected] MEDICO: Pierdomenico Maurizi

1. Assistenza ambulatoriale, domiciliare e consulenze ospedaliere• Arezzo:

SCUDO (Servizio Cure Domiciliari) presso Centro Oncologico Ospedale S. DonatoVia P. Nenni n. 20, 52100 Arezzo, Tel. 0575.254859 (anche fax)REFERENTE MEDICO: Ori IshiwaAMBULATORIO: lunedì-sabato 8.00 - 14.00ATTIVITÀ: assistenza medica 30 h/settimana, assistenza infermieristica h 24

• Valdarnopresso Hospice, Ospedale S. Maria alla Gruccia52025 Montevarchi (AR)REFERENTE MEDICO: Pierdomenico Maurizi, Tel. 055.9106607

• Valdichianapresso Nucleo Oncologico, Ospedale Santa MargheritaLoc. La Fratta n. 15 - 52040 Cortona (AR)REFERENTE MEDICO: Cecilia Corbacelli, Tel. 0575.639602

• Valtiberinapresso Nucleo OncologicoVia Santi di Tito 24, Ospedale della Valtiberina, 52037 Sansepolcro (AR)REFERENTE MEDICO: Cosetta Gasparri, Tel. 0575.757361

• Casentinopresso TIMVia F. Turati, Ospedale del Casentino, 52012 Bibbiena (AR)REFERENTE MEDICO: Giuliana Fognani, Tel. 0575.568021Presso A.D.I.Zona-Distretto, Via G. Di Vittorio, 52012 Bibbiena Stazione (AR)REFERENTE MEDICO: Antonella Mencucci - Tel. 0575.568315 – 568319

2. Centro Residenziale per le Cure Palliative - Hospice:presso Ospedale S. Maria alla Gruccia, Montevarchi (AR)REFERENTE MEDICO: Pierdomenico Maurizi - Tel. 055.9106607

CENTRI DI TERAPIA DEL DOLORE E CURE PALLIATIVEIN TOSCANA

Elenco aggiornato al 31 ottobre 2007

147LA LOTTA AL DOLORE - Supplemento di “Toscana Medica” - febbraio 2008

Centri terapia del dolore e cure palliative in Toscana148

3. Assistenza ambulatoriale• Presso Centro Oncologico Arezzo, Ospedale S. Donato - Tel. 0575.255436 (ITT) -

0575.255438 - Fax 0575.255435AMBULATORIO: giovedì 15.00 – 17.00

• Presso Centro Oncologico Valdarno, Ospedale S. Maria alla GrucciaMontevarchi (AR) - Tel. 055.9106295 (ITT) - 055.9106283 - Fax 055.9106295AMBULATORIO: lunedì 15.00 – 17.00

CALCIT, Comitato Autonomo Lotta contro i Tumori - OnlusPiazza S. Jacopo 272, 52100 Arezzo Tel. 0575.22200, Fax 0575.370080, e-mail: [email protected]; sito: www.calcitarezzo.itASSISTENZA DOMICILIAREATTIVITÀ: cure palliative, servizio di assistenza e cura domiciliare gratuita 24/24 h: attraverso il progettoSCUDO, in collaborazione con l’Azienda USL 8 Arezzo

Rete Aziendale di Terapia del Dolore

• Arezzo: Sezione Terapia Antalgica, Ospedale S. DonatoVia P. Nenni n° 20, 52100 Arezzo, Tel. 0575.255428 - Fax 0575.255429REFERENTE MEDICO: Maurizio MoriAMBULATORIO: dal lunedì al venerdì 8.00 - 14.00

• CasentinoPresso TIM, Ospedale del CasentinoVia F. Turati, 52011 Bibbiena (AR), Tel. 0575.568021REFERENTE MEDICO: Claudio MazziAMBULATORIO: martedì e giovedì 10.00 - 11.00

• ValtiberinaPresso Servizio di Anestesia e RianimazioneOspedale ValtiberinaVia Santi di Tito, 24, 52037 Sansepolcro (AR)Tel. 0575.757334 - 0575.757021 - 0575.757027REFERENTE MEDICO: Gabriella BlasiAMBULATORIO: venerdì 9.00-10.00

• ValdichianaPresso Servizio di Anestesia e RianimazioneOspedale Santa MargheritaLoc. La Fratta n° 15 - 52040 Cortona (AR)Tel. 0575.639574 - 0575.639575 (Centr. 0575.6391)REFERENTE MEDICO: Ivana LiberatoriAMBULATORIO: lunedì e venerdì 8.30-10.30

• ValdarnoSezione Terapia Antalgica, Ospedale S. Maria alla Gruccia52025 Montevarchi (AR)Tel. 055.9106259, Fax 055.9106614, e-mail: [email protected] MEDICO: Sergio BartucciAMBULATORIO: dal lunedì al venerdì 8.00-13.00

Comitato Ospedale senza dolorePresso Sezione Terapia AntalgicaOspedale S. Maria alla Gruccia52025 Montevarchi (AR)Tel. 055.9106259, Fax 055 9106614, e-mail: [email protected]: Sergio Bartucci

Centri terapia del dolore e cure palliative in Toscana 149

Fondazione ANT Italia ONLUSTel. 3483102832REFERENTE MEDICO: Italo MalavasiASSISTENZA DOMICILIAREATTIVITÀ: assistenza medica per pazienti oncologici. Servizio gratuito, attivo 24/24, tutti i giorniCOMPETENZE TERRITORIALI: Valdarno (da Incisa - FI fino a Terranuova Bracciolini- AR)

A.V.A.D. Associazione Volontari Assistenza Domiciliare - OnlusVia G. Monaco, 48 - 52100 ArezzoTel. 0575.21700, Fax 0575.300886REFERENTE MEDICO: Angelo AgnolucciATTIVITÀ: assistenza psicologica, spirituale, umanitaria e sociale nel territorio del comune di Arezzo

PROVINCIA DI FIRENZEFirenze (Asl 10)

In collaborazione con Fondazione Italiana di Leniterapia, Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori,CALCIT Chianti Fiorentino, CALCIT Tavarnelle Val di Pesa e Barberino Val d’Elsa

Zona Firenze

Unità di Cure palliative - leniterapia, Ospedale Istituto Ortopedico ToscanoV.le Michelangelo 41, 50100 FirenzeTel. 055.6577609, 055.6577557, Fax 055.6577628REFERENTE MEDICO: Piero Morino, e-mail: [email protected]À: Cure palliativeAMBULATORIOCONSULENZE INTRAOSPEDALIERE: Istituto Ortopedico Toscano, Santa Maria Nuova. ASSISTENZA DOMICILIARECOMPETENZE TERRITORIALI: Firenze

Zona Nord-Ovest

Unità di Cure palliative - leniterapia, Ospedale di CamerataVia della Piazzola 68, 50100 FirenzeTel. 055.571834, Fax 055.2758561 REFERENTE MEDICO: Mauro Fallai (Cell. 3296507654), e-mail: [email protected]À: Cure palliativeAMBULATORIOCONSULENZE INTRAOSPEDALIERE: Nuovo Ospedale di San Giovanni di Dio (Torregalli)ASSISTENZA DOMICILIARECOMPETENZE TERRITORIALI: Calenzano, Campi Bisenzio, Fiesole, Lastra a Signa, Scandicci, Sesto Fiorenti-no, Signa, Vaglia

Zona Sud-Est

Unità Cure palliative - leniterapia, Ospedale S. M. Annunziata (Ponte a Niccheri) e Ospedale SerristoriVia Antella 58, 50012 Bagno a Ripoli Tel. 055.2496469, Fax 055.2496545REFERENTE MEDICO: Massimo Piazza, e-mail: [email protected]À: Cure palliativeAMBULATORIOCONSULENZE INTRAOSPEDALIERE: Santa Maria Annunziata, SerristoriASSISTENZA DOMICILIARECOMPETENZE TERRITORIALI: Bagno a Ripoli, Barberino Val d’Elsa, Figline, Greve, Impruneta, Incisa, Pelago,Pontassieve, Reggello, Rignano, Rufina, San Casciano, Tavarnelle Val di Pesa

Centri terapia del dolore e cure palliative in Toscana150

Zona Mugello

Unità di Cure palliative - leniterapia, Ospedale del MugelloV.le della Resistenza, 50032 Borgo San LorenzoTel. 055.8494321REFERENTE MEDICO: Maurizio Mannocci (Cell. 3294205355),e-mail: [email protected]À: Cure palliativeAMBULATORIOCONSULENZE INTRAOSPEDALIERE: Ospedale del Mugello, RSAASSISTENZA DOMICILIARECOMPETENZE TERRITORIALI: Barberino di Mugello, Borgo S. Lorenzo, Dicomano, Firenzuola, Londa, Marra-di, Palazzuolo sul Senio, Scarperia, San Godenzo, San Piero a Sieve, Vicchio

Algologia e Terapia del dolore

Ospedale Istituto Ortopedico ToscanoStruttura semplice di Algologia, V.le Michelangelo 41, 50100 FirenzeTel. 055.6577331, Fax 055.6577345; e-mail: [email protected] MEDICI: Basilio Sassu (responsabile), Paolo Scarsella AMBULATORIO: dal lunedì al mercoledì 7.30-20.00 (il pomeriggio solo trattamenti); giovedì e venerdì ambu-latorio 8.00-14.00; 14.00-20.00 sala operatoria di algologia, venerdì 8.00-14.00

AOU Careggi, Pronto soccorso di Chirurgia generale Servizio di Terapia Antalgica, Viale Pieraccini 17, 50134 FirenzeTel. 055.7947586, Cell. 3382807613, Fax 055.7947977e-mail: [email protected] MEDICO: Antonino Fiumanò AMBULATORIO: martedì 10.00-12.00 previo appuntamento telefonicoATTIVITÀ: Terapia antalgica VOLONTARIATO: collaborazione con l’Associazione Tumori Toscana

AOU Careggi, Dipartimento Oncologico Struttura Organizzativa Dipartimentale (SOD) di Cure Palliative e Terapia del Dolore, V.le Morgagni 85,50134 FirenzeTel. 055.7947734-031, Cell. 3488512120;e-mail: [email protected], [email protected] MEDICI: Epifanio Busà (direttore), Rocco Mediati, Renato VellucciAMBULATORIO: dal lunedì al venerdì 8.00-15.00ATTIVITÀ: ambulatoriale e di Day hospital. COLLABORAZIONE: Associazione Volontari Ospedalieri (AVO), UF di Cure Palliative dell’Asl dell’areafiorentina

AOU Careggi, Centro Traumatologico OrtopedicoLargo Palagi 1, 50134 FirenzeTel. 055 7948358REFERENTI MEDICI: P. Pippa, A. Lepri, R. Coppini, S. Catinelli, C. Rivituso

AOU Meyer, Ospedale Pediatrico Meyer Centro per la Terapia del Dolore, U.O. Anestesia e Rianimazione, Via Luca Giordano 13, FirenzeTel. 055.5662456 Fax 055.5662400; e-mail: [email protected] MEDICO: Andrea Messeri AMBULATORIO: dal lunedì al venerdì 8.00-19.00, il sabato 8.00-14.00 DAY HOSPITALATTIVITÀ: Terapia antalgica, cure palliative

Centri terapia del dolore e cure palliative in Toscana 151

Ospedale del Mugello, Zona Mugello, Ambulatorio di Terapia Antalgica, V.le della Resistenza, 50032 Borgo San LorenzoTel. 055.8451308 nei giorni in cui c’è l’ambulatorio; oppure Tel. 055.8451306 negli altri giorni: risponde larianimazione; e-mail: [email protected] MEDICI: Caterina Amaducci e Tiziana FrattiAMBULATORIO: 12 ore la settimana: mercoledì dalle 8.00 alle 14.00 ed il giovedì dalle 14.00 alle 20.00

Fondazione ANT Italia onlusVia Del Bersaglio 9/a, 50133 Firenze, Tel. 055.5000210, Fax 055.579722, e-mail: [email protected]: www. antitalia.orgREFERENTE MEDICO: Alessandra PellegriniASSISTENZA DOMICILIAREATTIVITÀ: ospedalizzazione domiciliare completa per pazienti oncologici. Servizio di psicologia. Servizio dicura della persona. Servizio gratuito, attivo 24 ore su 24, tutti i giorni.COMPETENZE TERRITORIALI: Firenze e provincia

Fondazione ANT Italia OnlusTel. 3483102832REFERENTE MEDICO: Italo MalavasiASSISTENZA DOMICILIAREATTIVITÀ: assistenza medica per pazienti oncologici. Servizio gratuito, attivo 24/24, tutti i giorniCOMPETENZE TERRITORIALI: Valdarno (da Incisa - FI fino a Terranuova Bracciolini - AR)

A.T.T. Associazione Tumori Toscana Via Benedetto Varchi 63, 50136 FirenzeTel. 055.2466666, Fax 055.2466237; e-mail: [email protected], sito: www.associazio-netumoritoscana.itREFERENTE MEDICO: Francesco FilippelliATTIVITÀ: Assistenza medico-infermieristica e supporto psicologico 24/24 h per tutti i giorni dell’anno. Ser-vizio gratuito.

Associazione scientifica Pallium – OnlusOspedale Montedomini, Via dei Malcontenti 6, 50122 FirenzeTel. 055.2001292, Cell. 3478626688, 3386766503, e-mail: [email protected],sito: www.palliumonlus.itREFERENTE MEDICO: Valeria CavalliniATTIVITÀ: Assistenza domiciliare medico-infermieristica e sociale ai malati cronici e oncologici

Empoli (Asl 11)

Asl 11, Ospedale S. GiuseppeUOS Terapia del Dolore e Cure Continuative, Via Paladini 40, 50053 Empoli Tel. 0571.702625, Fax 0571.702658REFERENTE MEDICO: Riccarda Di GrancioAMBULATORIO: lunedì e venerdì 8.00-14.00; martedì terapia antalgica invasiva ambulatoriale; mercoledì14.00-20.00, giovedì visite domiciliari e consulenze ospedaliereASSISTENZA DOMICILIAREATTIVITÀ: terapia antalgica, cure palliative VOLONTARIATO: ADI progetto ARCO (integrazione fra Usl e volontariato, assistenza al malato terminale)Tel. 800335500

Centri terapia del dolore e cure palliative in Toscana152

PROVINCIA DI GROSSETOGrosseto (Asl 9)Unità di Cure Palliative, Via don Minzoni 7, 58100 GrossetoTel. 0564.483732, Fax 0564.483731, e-mail: [email protected] MEDICO: Bruno MazzocchiCentro Residenziale di Leniterapia, c/o Ospedale “Misericordia”,Via Senese, 58100 Grosseto – Tel. 0564.483471/3/4REFERENTE MEDICO: Bruno Mazzocchi

Ambulatori di Terapia del dolore • Grosseto lunedì 8.30-13.00, martedì 14.00-20.00 (M.E. Simone)

collaborazione con Associazione Serena ... Mente• Orbetello martedì 14.30-17.30, giovedì 14.30-19.30 (L. Di Bello)

anche agopuntura• Massa Marittima martedì e venerdì 8.00-12.00 (F. Righi) • Castel del Piano martedì e giovedì 8.30-13.00 (M.G. Pisani)

PROVINCIA DI LIVORNOLivorno (Asl 6)Spedali RiunitiServizio Anestesia e Rianimazione, Sezione di Terapia Antalgica, Viale Alfieri 37, 57100 LivornoTel. 0586.223261-223427, Fax 0586.223062-223045REFERENTE MEDICO: Gian Paolo PulleràASSISTENZA DOMICILIAREAMBULATORIO: lunedì, martedì e venerdì 15.00-19.00ATTIVITÀ: terapia antalgica e cure palliative

Spedali RiunitiUnità Funzionale di Cure Palliative, Viale Alfieri 37, 57100 LivornoTel. 0586.223062-223462-223656-223469, Fax 0586.223062-223469, e-mail: [email protected] MEDICO: Antonia MazzoniAMBULATORIO: Coordinato dal CORD lunedì e giovedì mattina (9.00-13.00); consulenze nei repartiASSISTENZA DOMICILIARE: attiva 7/7 giorni con turni mattina/pomeriggio. Reperibilità medica notturnaPersonale dedicato: 5 medici (a contratto), 6 I.P., 4 OSS, 1 psicologa,1 fisioterapista, 1 musicoterapista.Volontari dell'AVO e dell'Associazione Cure palliative di Livorno-onlus per assistenza domiciliare,call-center, distribuzione dei farmaci a domicilioHOSPICE: situato presso il 1°Padiglione 2° Piano, consta di n°10 posti letto (ogni camera singola ha il postoletto per il parente, bagno in camera, angolo cottura). Centro di coordinamento dell'attività domiciliare e del-la formazione volontari. Sede dell'Associazione Cure palliative di Livorno - onlus, che finanzia l'assistenzadomiciliare.Personale dedicato: 3 medici a TP, 1 AFD, 6 I.P. , 11 OSS. Consulenze psicologiche, fisioterapiche.Volontari AVO e dell'Associazione Cure palliative di Livorno

Associazione Cure palliative di Livorno -onlusSede: presso l'HospiceSegreteria: (dott. M. Savelli ) aperta: lunedì, mercoledì, venerdì mattina (ore 9.00-13.00), martedì, giovedì po-meriggio (ore 15-19) – Tel: 0586.223363, e-mail:[email protected], sito: www.curepalliative.org

Ospedale di CecinaVia MontanaraAmbulatorio Cure Palliative presso il CORD (Sezione di Oncologia): mercoledì pomeriggio (ore 15-19)Telefono: 0586.614328ASSISTENZA DOMICILIARE: attiva 6 gg/7 gg, 3 I.P., 2 OSS, 2 fisioterapiste, 2 medici a contratto, 1 psicologa acontratto finanziati dall’Associazione Cure palliative di Livorno - sezione Cecina

Centri terapia del dolore e cure palliative in Toscana 153

Associazione Cure palliative di Livorno - onlus (Sezione Cecina)Segreteria: Tel. e Fax 0586.614328 aperta tutte le mattine, e-mail :[email protected]

Fondazione ANT Italia onlusVia dei Cavalletti 6, 57100 LivornoTel. e Fax 0586.211830, e-mail: [email protected];REFERENTE MEDICO: Italo Malavasi (348 3102832)ASSISTENZA DOMICILIAREATTIVITÀ: Assistenza domiciliare medica e psicologica per pazienti oncologici. Servizio gratuito, attivo 24/24 h,tutti i giorni.COMPETENZE TERRITORIALI: Livorno e Provincia

PROVINCIA DI LUCCALucca (Asl 2)Ospedale Campo Marte Centro di Terapia del dolore e cure palliative, Via dell’Ospedale 55100 LuccaTel. 0583.970906, Fax 0583.970478, e-mail: [email protected] MEDICO: Vincenzo Piacentino AMBULATORIO: martedì, giovedì e sabato 8.00-14.00. Ambulatorio di terapia antalgica: Tel. 0583.449587

Forte dei Marmi (LU) (Asl 12 - Versilia)Casa di Cura “S. Camillo”Servizio di Anestesia e Terapia del dolore, Via P. Ignazio da Carrara 37, 55042 Forte dei MarmiTel. 0584.7391, reperibilità Tel. 0584.739300 Fax 0584.739301,e-mail:[email protected]; [email protected], sito: www.arpnet.itREFERENTI MEDICI: Luigi Vignale (responsabile), Carlo Dondoli. AMBULATORIO: su prenotazione telefonicaATTIVITÀ: Terapia del dolore avanzata

Lido di Camaiore (LU) (Asl 12)Nuovo Ospedale della Versilia Unità Cure Palliative, Via Aurelia 335, 55043 Lido di CamaioreTel. 0584.6058698 (con segret. tel.) - 0584.6057139, Fax 0584.6058696,e-mail: [email protected] MEDICO: Aurelio BuonoAMBULATORIO: dal lunedì al venerdì 8.00-14.00 e su appuntamentoASSISTENZA DOMICILIAREATTIVITÀ: terapia antalgica e di supporto in cure palliative, medicina del dolore, consulenza nei reparti ospe-dalieriVOLONTARIATO: Associazione Volontari Versiliesi delle Cure Palliative a domicilio Onlus (AVV) (Cell.3333534649)

Nuovo Ospedale della Versilia Ambulatorio di Terapia del dolore (UOC Anestesia Rianimazione Terapia del dolore),Via Aurelia 335, 55043 Lido di CamaioreTel. 0584.6059612 - 0584.6057171REFERENTE MEDICO: Franco DolfiAMBULATORIO: martedì e venerdì; attività invasiva: mercoledì presso il day surgery.Per appuntamenti Tel. 0584.6057171 ore 9.00-13.00

Centri terapia del dolore e cure palliative in Toscana154

PROVINCIA DI MASSA CARRARAMassa Carrara (Asl 1)Zona Apuane Ospedale di MassaUnità di Cure Palliative e Terapia Antalgica Via Sottomonte 1, 54100 Massa CarraraTel. e Fax. 0585.493244, e-mail: [email protected]

Ospedale di CarraraUnità di Cure Palliative e Terapia Antalgica - Cell. 3380602020REFERENTE MEDICO: Vincenzo MondelloAMBULATORIO: lunedì, mercoledì e venerdì 8.00-14.00 (Carrara); martedì, giovedì e sabato orario 8.00-14.00(Massa)ASSISTENZA DOMICILIAREATTIVITÀ: terapia antalgica, cure palliative VOLONTARIATO: collaborazione con la Lega per la Lotta Contro i Tumori e con Volto della Speranza

Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori – Sez. di Massa Carrara, Via A. Ghirlanda 41Tel. 0585.43221, Fax 0585.488739 e-mail: [email protected]: Carlo CeccopieriASSISTENZA DOMICILIAREATTIVITÀ: Terapia antalgica, Cure palliative, tecniche di rilassamento e reiki, corsi antitabagismo

Volto della Speranza Via XX Settembre n. 46, 54033 Carrara (MS)Tel. e Fax 0585.844644

Pontremoli (MS)Zona Lunigiana, Ospedale S. Antonio AbateU.O. di Anestesia, Rianimazione e Terapia Antalgica, Ambulatorio di Terapia del Dolore,Via Nazionale,54027 Pontremoli - tel. 0187 462305 - fax 0187 462302 - cell. 335 7728517 - 340 2541323, e-mail: [email protected] MEDICO: Antonella BattagliaAMBULATORIO: dal lunedì al venerdì 8.00-14.00; mercoledì pomeriggio ad Aulla 16.00-18.00ASSISTENZA DOMICILIAREATTIVITÀ: attività di palliazione mediante disponibilità di posti letto per attività in regime di day hospital edegenza week hospital, gestione del paziente a fine vita in ospedalizzazione e domiciliare.

PROVINCIA DI PISAPisaAOU Pisana, Ospedale Santa Chiara Servizio del dolore acuto, Via Roma 67, 55100 PisaTel. 050.993154, Fax 050.550162REFERENTE MEDICO: Adriana Paolicchi (Tel. 050.992076)AMBULATORIO: 8.00-20.00ATTIVITÀ: servizio del dolore acuto per pazienti operati

AOU Pisana, Ospedale Santa Chiara U.O. di Terapia Antalgica e Cure Palliative, Via Roma 67, 55100 PisaTel. 050.992161, Fax 050.992910, e-mail: [email protected] MEDICO: Paolo Poli AMBULATORIO: 24/24 h ATTIVITÀ: terapia antalgica, cure palliative VOLONTARIATO: collaborazione con Lega Tumori Italiana e AVO

Centri terapia del dolore e cure palliative in Toscana 155

AOU Pisana, Ospedale Santa ChiaraU.O. Radioterapia, Via Roma 67, 55100 Pisa Tel. 050.992445-718, 992514, Fax 050.553391REFERENTE MEDICO: Stefano Moda AMBULATORIO: dal lunedì al venerdì, orario 8.30-13.00DAY HOSPITALATTIVITÀ: terapia antalgica, cure palliative, trattamenti chemioterapiciVOLONTARIATO: collaborazione con la Lega Tumori Toscana e Associazione Oncologica Pisana

Volterra (PI) (Asl 5)Ospedale Civile S. Maria Maddalena Ambulatorio Terapia Antalgica e Cure Palliative, Via Borgo S. Lazzaro 5, 56048 VolterraTel. 0599.91906, e-mail: [email protected] MEDICI: Alessandro Tani, Paolo Bencini AMBULATORIO: dal lunedì al venerdì 8.00-14.00VOLONTARIATO: collaborazione con ADI di Volterra

Fondazione ANT Italia onlusVia Belfiore 2, PontederaTel. 0587.53993, Fax 0587.52198REFERENTE MEDICO: Marco CartaASSISTENZA DOMICILIAREATTIVITÀ: Assistenza domiciliare medica e psicologica per pazienti oncologici. Servizio gratuito, attivo24/24 h, tutti i giorni.COMPETENZE TERRITORIALI: Pontedera, Valdera e Pisa

AOU Pisana, Associazione Oncologica Pisana “P. Trivella”, c/o CORDdell’Ospedale S. Chiara, Via Roma 67 56122 PisaTel. 050.46217, Fax 050.46217, e-mail: [email protected] MEDICI: Maria Giovanna Trivella, Romana Prosperi Porta, Mauro BertoliASSISTENZA DOMICILIAREATTIVITÀ: presenza dei volontari all’interno della struttura ospedaliera, in collaborazione con ADI Usl 5VOLONTARIATO: progetto “cittadinanza solidale” con AVO e SALUS (reinserimento nel territorio del ma-lato che vive solo), Gruppo donna (accoglienza e riabilitazione psicofisica delle donne operate al seno), for-mazione

Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori – Sez. di PisaVia T. di Camaino 13 55100 PisaTel. 050/830684 e-mail: [email protected]: Luca CioniniASSISTENZA DOMICILIAREATTIVITÀ: Terapia antalgica, Cure palliative, tecniche di rilassamento e reiki, corsi antitabagismo

PROVINCIA DI PISTOIAPistoia (Asl 3)Ospedale di PistoiaAmbulatorio di Terapia del Dolore e Cure Palliative, Viale Matteotti 9, 51100 PistoiaTel. 0573.352020, Fax 0573.352424, e-mail: [email protected] MEDICO: Luca Lavacchi (3486972374), MEDICI DEDICATI: Stefano Giani, Giovanna BracciottiAMBULATORIO: lunedì, mercoledì e venerdì, orario 15.00-18.00ASSISTENZA DOMICILIAREATTIVITÀ: Consulenza intraospedaliera, Terapia antalgica, Cure palliative DAY HOSPITAL: attività di posizionamento accessi vascolari centrali e manovre invasive algologiche (sa-la dedicata il giovedì pomeriggio)

Centri terapia del dolore e cure palliative in Toscana156

UCP Aziendale REFERENTE MEDICO: Luca Lavacchi (Cell. 3486972374), ASSISTENZA DOMICILIARE: 12 ore diurne.Zona Pistoia: Luca Lavacchi Zona Valdinievole: Alberto Bologna (Cell. 3477504307)

Ospedale SS. Cosma e DamianoAmbulatorio Terapia del Dolore, Via Cesare Battisti, PesciaTel. 0572.460534, Fax 0572.460595, e-mail: [email protected] MEDICI: Lucia Lari (responsabile), Paola Del Chiaro, Marco La Grua, Fabrizio Benanti, LucaArenaAMBULATORIO: lunedì pomeriggio presso Day Hospital - Oncologia, giovedì mattina presso il Poliambula-torio, giovedì pomeriggio principalmente partorienti, venerdì pomeriggio e/o sabato mattina interventisticaalgologicaATTIVITÀ: Consulenze nei reparti, consulenze telefoniche. Interventi territoriali in ADI

Associazione Valdinievole Lotta Contro i TumoriVia Cesare Battisti 10, 51017 PesciaTel. e Fax 0572.460282, e-mail: [email protected], sito internet: www.asvalt.itSEGRETARIATO: per screening citologico, mammograficoCENTRO DI ASCOLTO SOCIALE: dal lunedì al venerdì 9.00-13.00 e 13.30-17.00

Fondazione ANT Italia onlusc/o Misericordia di Pistoia, Via del Canbianco 35, Pistoia, Tel e Fax. 0573.20106REFERENTE MEDICO: Alessandra PellegriniASSISTENZA DOMICILIAREATTIVITÀ: ospedalizzazione domiciliare completa per pazienti oncologici. Servizio di psicologia. Serviziogratuito, attivo 24/24 h, tutti i giorni.COMPETENZE TERRITORIALI: Pistoia e Provincia

Lega Italiana per la Lotta contro i TumoriViale Adua 39, 51100 PistoiaTel. e Fax 0573.365280PRESIDENTE: Isabella Balducci

PROVINCIA DI PRATOPrato (Asl 4)Ospedale Misericordia e DolceU.O. di Anestesia e Rianimazione, Sezione di Terapia Antalgica e Cure Palliative, P.zza dell’Ospedale 5,59100 Prato. Tel. 0574.434037-38, Fax 0574.434037,e-mail: [email protected]; [email protected] MEDICI: Maria Ciampolini (responsabile), Gioia Pastacaldi (referente COSD) AMBULATORIO:tutti i giorni feriali 8.30-13.30ATTIVITÀ: Terapia antalgica, cure palliative, assistenza domiciliare, collaborazione con Dipartimento OncologicoASL 4 PratoVOLONTARIATO: collaborazione con l’associazione di volontariato “Il Ceppo” (sez. locale della Lega Tumori)

Fondazione ANT Italia onlusVia F. Ferrucci 18, 59100 Prato Tel. 0574.448525REFERENTE MEDICO: Alessandra PellegriniASSISTENZA DOMICILIAREATTIVITÀ: ospedalizzazione domiciliare completa per pazienti oncologici. Servizio di psicologia. Servizio dicura della persona. Servizio gratuito, attivo 24 ore su 24, tutti i giorni.COMPETENZE TERRITORIALI: Prato e Provincia

Centri terapia del dolore e cure palliative in Toscana 157

A.T.T. Associazione Tumori Toscana Via E. Boni 17/d, 59100 PratoTel. 0574.570835, Fax 0574.563259,e-mail: [email protected], sito: www.associazionetumoritoscana.itREFERENTE MEDICO: Francesco MagnelliATTIVITÀ: Assistenza medico-infermieristica e supporto psicologico 24 su 24 per tutti i giorni dell’anno. Ser-vizio gratuito

Lega italiana per la Lotta contro i Tumori – Sez. Provinciale di PratoVia Firenze 40/C, 59100 PratoTel. 0574.572798, Fax 0574.572648, e-mail: [email protected],sito: www.legatumoriprato.it REFERENTE MEDICO: Maria CiampoliniAMBULATORIO: dal lunedì al venerdì, orario 8.30-12.30 e 14.30-18.30ASSISTENZA E CURE PALLIATIVE DOMICILIARIATTIVITÀ: Terapia antalgica, Cure palliative, Prevenzione, Corsi antitabagismo ed educazione alimentare

PROVINCIA DI SIENASienaAOU Senese, Le Scotte,Dipartimento di Anestesia e RianimazioneStruttura Complessa Terapia Antalgica e Terapia Post-Operatoria, Via delle Scotte 16 53100 SienaTel. 0577.585872, Fax 0577.586872, e-mail: [email protected] MEDICO: Amerigo Brogi (Direttore)PERSONALE MEDICO: Stefano LippiPERSONALE INFERMIERISTICO: Luana Frati (I.P.), Anna Maria Morrichelli (O.S.S.)COUNSELLING (in sala d’aspetto): assicurata tutti i giorni da volontari dell’Associazione AVOAMBULATORIO: per appuntamenti tel. 0577.585628-0577.585027 o tramite CUP tel. 0577.585858, aperto tut-ti i giorni dal lunedì al venerdì dalle ore 8.00 alle 14.00. Le attività invasive vengono effettuate nel pomerig-gio in Sala Operatoria, quelle più impegnative o che richiedono un controllo post-intervento vengono ese-guite in regime di Day Hospital, di Day Surgery o One Day Surgery (ricovero fino al giorno successivo)ASSISTENZA DOMICILIARE: per consulenze richieste dai medici di medicina generale o dall’AssociazioneQ.U.A.V.I.O. (a domicilio o all’Ospedale di Comunità)ATTIVITÀ: Terapia Antalgica, Cure Palliative, Coordinamento Progetto Ospedale senza Dolore per l’AreaVasta Sud-EstVOLONTARIATO: Associazione Q.U.A.V.I.O., Associazione AVO, Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori

AOU Senese, Le Scotte Dipartimento di Scienze Odontostomatogiche Sezione di Anestesiologia e Terapia del Dolore, Viale Bracci ,153100 SienaTel. 0577. 585611/55021 Fax 0577.586155, e-mail: [email protected] MEDICO: A. Di MassaAMBULATORIO: lunedì e martedi 9.00-13.00; disponibilità per il giovedìATTIVITÀ: dolore orodentale e sedazione

QUA.VI.O, Qualità della Vita in Oncologia,Via Don Minzoni 43, 53100 SienaTel. 0577/219049, Fax 0577/247133, e-mail: [email protected] DOMICILIAREATTIVITÀ: Terapia antalgica, cure palliative

Centri terapia del dolore e cure palliative in Toscana158

Montepulciano (Asl 7)

COTSD di Presidio unico per i due ospedaliREFERENTE MEDICO: Daniela Castellani

Ospedali Riuniti della Valdichiana SeneseLoc. Nottola MontepulcianoAmbulatorio di terapia del doloreRESPONSABILE MEDICO: U.O.C. Anestesia e Rianimazione Dr. Criscuolo SalvatoreREFERENTE MEDICO: Daniela CastellaniTel 0578.713540-713407, e-mail [email protected]: martedì ore 14.30-20.00; giovedì 14.30-20.00MEDICI DEDICATI: Daniela Castellani, Marco FiorenziINFERMIERE DEDICATE: Anna Cammardella, Monica Gonnelli, Marisa Terrazzano

Terapia antalgica post operatoriaConsulenze nei reparti 24/24Sistemi centrali venosi e neoconduzione spinale: Salvatore CriscuoloAssistenza domicilare integrata di cure palliative: Mauro Todini (oncologo)

Ospedale Abbadia San SalvatoreAmbulatorio di terapia del dolore: Salvatore CriscuoloREFERENTE MEDICO: Castellani DanielaAmbulatorio di terapia del dolore con cadenza quindicinale

SienaComitato Ospedale senza dolore CAOSDPresso sede Azienda USL 7 via Roma, 75 53110 SienaCOORDINATORE: Daniela Castellani, e-mail: [email protected]

A.T.T. Associazione Tumori Toscana Via Strada di Pescaia 54/56 int. 2, 53100 SienaTel. 0577.289223, e-mail: [email protected], sito: www.associazionetumoritoscana.itREFERENTE MEDICO: Claudia Pelagalli

Poggibonsi (Asl 7)Ospedali Riuniti Alta Val d’Elsa - Poggibonsi Ambulatorio di Terapia del Dolore, località Campostaggia 53036 PoggibonsiREFERENTE MEDICO: Valerio Cassone (Anestesia e Rianimazione) Tel. 0577.994332, 3396664361, e-mail: [email protected] DEDICATI:

• Antonia Loiacono (Anestesia e Rianimazione)Tel. 0577.994332, e-mail: [email protected];

• Salvatore Viggiani (Anestesia e Rianimazione)tel.:0577.994332;

• Annalia Giallombardo (Oncologia)tel.:3480584916

AMBULATORIO:• martedì 8.30-14.00 dedicato ai pazienti oncologici e posizionamento di sistemi venosi

centrali totalmente impiantabili e non (dr. V. Cassone, dr.ssa A. Loiacono) • mercoledì 14.30-20.00 ambulatorio di agopuntura (dr. S. Viggiani) • venerdì ore 8.30 - 14.00 ambulatorio dolore cronico benigno

(comprese terapie invasive: blocchi centrali e periferici) ( dr. V. Cassone)• Consulenze nei reparti 24/24 h

ASSISTENZA DOMICILIARE: cure palliative (dr.ssa A. Giallombardo, U. O. Oncologia)

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COMPOSIZIONE DEI GRUPPI DI LAVORO SUL DOLOREDELL’ORDINE DEI MEDICI CHIRURGHI E ODONTOIATRI DI FIRENZE

Hanno collaborato e coordinato i gruppi:

Epifanio BusàCentro di Terapia del Dolore, AOU Careggi Firenze

Claudio GalantiFondazione Alitti Firenze

Alessandro MugelliPresidente del Corso di laurea in Medicina e Chirurgia Univ. di Firenze

CHIRURGIA-ORTOPEDIA -TRAUMATOLOGIA

Gianfranco Cotugno Dirigente medico II livello, Direttore SOD Ortopedia traumatologica,Centro traumatologico, AOU Careggi Firenze

Marco Dal Dosso Dirigente medico I livello, Anestesia e rianimazione, Referente Comitato Ospedale senza Dolore, Ospedale S.M. Annunziata Firenze

Paolo Fabbrucci Responsabile Area Funzionale Chirurgica, Presidio Ospedaliero Zona FirenzeSud-Est, Direttore UO Chirurgia generale Ospedale S.M. Annunziata Firenze

Antonella Lepri Dirigente Medico, Dip. di Anestesia e Rianimazione AOU Careggi FirenzeEnrico Lumini Infermiere, AOU Careggi FirenzeAdriana Paolicchi Acute Pain Service, Anestesia e Rianimazione IV Coordinatore COSD

Azienda Ospedaliero Universitaria PisanaPasquale Pippa Dirigente medico I livello, AOU Careggi CTO FirenzeAlberto Rutili U.O. Anestesia e Rianimazione Apuane, Coordinatore COSD

ASL 1 Massa e CarraraAndrea Veneziani Direttore UO Anestesia e Rianimazione Ospedale di Poggibonsi

ENDOSCOPIA DIGESTIVA

Luca Manneschi Responsabile della SS di Endoscopia Digestiva Aziendale ASL 10, Firenze

GERIATRIA

Mauro Di Bari Dip. di area critica medico-chirurgica UF Gerontologia e geriatria, Univ. di Firenze e AOU Careggi Firenze.

Epifanio Busà Centro di Terapia del Dolore, AOU Careggi FirezeLuciano Gabbani UO di Geriatria, AOU Careggi FirenzeMarco Inzitari Dip. di area critica medico-chirurgica, UF Gerontologia e geriatria, Univ. di

Firenze e AOU Careggi Firenze. Loredana Macchi Fisioterapista, UO Rieducazione funzionale, AOU Careggi FirenzeMonica Marini Infermiere, UO di Geriatria, Asl 3 PistoiaPaola Polcaro Dip. di area critica medico-chirurgica, UF Gerontologia e geriatria, Univ. di

Firenze e AOU Careggi Firenze. Claudia Pozzi Dip. di area critica medico-chirurgica UF Gerontologia e geriatria, Univ. di

Firenze e AOU Careggi Firenze.

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NEUROLOGIA

Alfio Cantini UO Neurologia, Ospedale “Misericordia e Dolce”, PratoRenato Corradetti Dipartimento di Farmacologia clinica e preclinica, Università di FirenzeDomenico Inzitari Dipartimento Cuore e vasi, Clinica neurologica III Stroke Unit,

AOU Careggi Firenze Maria Lamassa Dipartimento Cuore e vasi, Clinica neurologica III Stroke Unit,

AOU Careggi Firenze

ONCOLOGIA

Teresita Mazzei Professore Ordinario di Chemioterapia presso Dip. di Farmacologia, Univ. di FirenzeRocco D. Mediati Centro di terapia del dolore e cure palliative, AOU Careggi FirenzeAndrea Messeri Responsabile Servizio terapia del dolore e cure palliative, AOU A. Meyer FirenzeGrazia Mieli Psicologo psicoterapeuta Asl 10 FirenzePiero Morino Responsabile Unità Cure palliative - leniterapia zona Firenze, Asl 10 FirenzeEugenio Pattarino Medico di medicina generale FirenzeMassimo Piazza Responsabile Unità di Cure palliative - leniterapia zona sud-est, Asl 10 Firenze

OSTETRICIA E GINECOLOGIA

Luciana Aringhieri Ostetrica coordinatrice, Ospedale S. M. Annunziata, FirenzeUbaldo Bitossi Responsabile Terapia del dolore e cure palliative, UO Oncologia medica ginecologica,

UO Anestesia Rianimazione DAI Materno infantile AOU Careggi, FirenzeCarlo Buffi Direttore UO di Ostetricia e ginecologia, Ospedale di PoggibonsiLuciano Cianferoni Dirigente Medico 1° livello UO Ostetricia e Ginecologia Ospedale

S. M. Annunziata, Responsabile Day Surgery Ginecologica IOT FirenzePaolo Ciolini Direttore UO Ostetricia e ginecologia, Ospedale di PratoAndrea Veneziani Direttore UO Anestesia e Rianimazione Ospedale di Poggibonsi

PEDIATRIA

Giuseppe Buonocore Direttore UO di Pediatria Neonatale, Policlinico Universitario Le Scotte, SienaCarlo V. Bellieni Dirigente medico, Dip. di Terapia Intensiva Neonatale,

Policlinico Universitario Le Scotte, SienaGiovanni A. Grisolia già Responsabile Centro ustioni pediatrico regionale ToscanoAndrea Messeri Responsabile Servizio Terapia del Dolore e Cure palliative AOU A. Meyer FirenzeMonica Pierattelli Pediatra di famiglia FIMP Firenze Asl 10 Firenze

IL DOLORE NEL RAPPORTO MEDICO-PAZIENTE

Grazia Mieli Psicologo psicoterapeuta Asl 10 FirenzeMariella Orsi Vice presidente Commissione Regionale di BioeticaLoretta Polenzani Medico di medicina generale, Prato

ORDINE PROVINCIALEDEI MEDICI CHIRURGHIE DEGLI ODONTOIATRIDI FIRENZE

REGIONETOSCANA

“...battersi contro il dolore, e con tutti i mezzi leciti a disposizione,non è forse questo il dovere di ogni medico?”

Jean-Marie Besson, Il dolore

“L’omissione del sollievo del doloreè moralmente ed eticamente inaccettabile”

Royal College of Surgery and of Anaesthetics