La lingua italiana attraverso gli articoli dei quotidiani · 2017. 9. 14. · professore ordinario...

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GIOVEDÌ 14 SETTEMBRE 2017 cultura .17 Strumento prezioso per l’indagine culturale e sociale FABIO ROSSI D a anni l’analisi linguistica non può prescindere dai repertori giornalistici co- me fonte dell’italiano dell’uso. Ne sono una prova, tra le tante, le indagini di Carmelo Sca- vuzzo sulla terminologia econo- mica, di Rosaria Stuppia, sui re- gionalismi, di Ilaria Bonomi e An- drea Masini sulla stampa milane- se dei secoli scorsi. Tanto più utili i corpora digitali, ovviamente, dal momento che consentono agili verifiche su mi- lioni di parole. I corpora della «Repubblica» e del «Corriere della Sera» sono stati ampiamente sondati dagli specia- listi, come anche altri quotidiani nazionali. Ancora poco praticata, invece, l’analisi sulla stampa re- gionale, anche per la non facile re- peribilità di archivi digitali. L’Archivio Storico Digitale del quotidiano «La Sicilia», realizzato dalla Fondazione Domenico San- filippo Editore e raggiungibile o- nline, su abbonamento, presso il sito archiviostorico.lasicilia.it, rappresenta dunque una felicissi- ma eccezione. Chi scrive se ne è servito, in collaborazione con le università di Augsburg (Germa- nia) e Sherbrooke (Canada), per u- n’indagine sulle ideologie lingui- stiche, sondando tutti gli articoli delle rubriche curate dal glottolo- go Salvatore Claudio Sgroi per il quotidiano «La Sicilia». Si tratta, come si comprende, di un uso assai specialistico e tutto sommato limitato. Ma pensiamo alle risorse offerte da 72 anni (dal 1945, anno di fondazione del quo- tidiano, a oggi) di articoli intera- mente digitalizzati, e dunque in- terrogabili parola per parola, su argomenti che spaziano dalla cro- naca alla scienza, dalla letteratura allo spettacolo, dalla politica allo sport, scritti dai massimi intellet- tuali del Novecento: Bufalino, Consolo e Sciascia non sono che alcuni dei nomi che hanno contri- buito al quotidiano, nel corso dei decenni. Un vero e proprio osservatorio sulla storia e la cultura italiane del secondo Novecento. Da linguista, non posso che plaudire a uno strumento siffatto. Milioni di forme a disposizione dei ricercatori, da mettere a con- fronto con altri corpora naziona- li. Data la provenienza siciliana di gran parte dei giornalisti della te- stata, la ricerca diventa ancora più preziosa perché consente di sag- “LA SICILIA”, PRIME PAGINE. IL PRIMO NUMERO DEL QUOTIDIANO PORTA LA DATA DEL 15 MARZO 1945 La lingua italiana attraverso gli articoli dei quotidiani Un linguista esplora l’Archivio storico online de La Sicilia. Ecco cosa ha scoperto L’AUTORE. Fabio Rossi (Roma, 1967) è professore ordinario di Linguistica italiana al Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne (Dicam) dell’Università degli studi di Messina. I suoi principali ambiti di interesse sono: la storia della lingua italiana, il parlato dei media, la didattica dell’italiano (anche come lingua straniera). Fra i suoi testi segnaliamo: “Scrivere in italiano. Dalla pratica alla teoria”, Carocci, Roma 2013 (scritto in collaborazione di Fabio Ruggiano) giare, tra l’altro, l’eventuale pre- senza di costrutti regionali. Pro- viamo a darne un paio di assaggi. Il primo è il verbo sconoscere con il significato di ‘ignorare’, possibile in tutta Italia ma senza dubbio più frequente in Sicilia. La ricerca nell’Archivio storico digi- tale ce ne dà confer- ma, con un numero di attestazioni (ol- tre tremila della so- la terza persona sconosce) ben su- periore a quello del- la stampa naziona- le. Un costrutto in- teressante, e poco studiato, anch’esso più frequente in Si- cilia che altrove, è l’uso aspettuale di stare + gerun- dio all’infinito, come per esempio «penso di stare andando», laddove il resto d’Italia preferisce elimina- re stare nell’infinito: «penso di andare». L’archivio digitale della «Sicilia» attesta, tra i molti (5 occorrenze del solo «stare andando»), l’esem- pio seguente: «senza sospettare di stare andando incontro alla morte» (17/08/1989). Linguisti e lessicografi dovreb- bero giovarsi dell’archivio digita- le della «Sicilia», per colmare lacu- ne, retrodatare lemmi e, in gene- rale, fornire della lingua italiana un’immagine più ricca e docu- mentata, non limitata ai soli e- sempi nazionali o tutt’al più di provenienza romana o milanese. Nel suo piccolo, il già citato Sgroi, nelle pagine della «Sicilia,» aveva più volte avvertito i compilatori dei dizio- nari di tener conto di usi ingiustamente di- menticati, spesso di provenienza meridio- nale. In un articolo del 4 luglio 1992, Risolen- te per errore, per es., correggeva la definizione dell’aggettivo riso- lente in ‘sorridente’, così come rettificava sia l’etimologia sia la prima attestazione nota di rimpa- triata, retrodatato addirittura al 1790. La meritoria operazione di digitalizzazione degli articoli del- la «Sicilia» è servita anche a que- sto: a ricordare l’invito di Sgroi ad allargare la nostra visione della lingua italiana. IL FIL ROUGE DELLA LEGALITÀ Intercettazioni, è inutile vietare il richiamo testuale anzi dannoso L a legge n. 103 del 23.6.2017, la c.d. legge di “riforma del processo pe- nale”, prevede tra l’altro che il governo è delegato ad a- dottare decreti legislativi per modificare la disciplina in mate- ria di intercettazioni. La categoria giuridica ha as- sunto innegabile e delicata cen- tralità nel quadro degli istituti che regolano i mezzi di prova del processo penale e ciò per l’evi- dente potenzialità di rivelazione criminale delle conversazioni in- tercettate e per l’altrettanto no- tevole potenziale pregiudizio al- la sfera privata di soggetti estra- nei alle svelate vicende di rilievo penale. Comprensibile, perciò, la note- vole quantità di commenti se- guiti alla diffusione della bozza di decreto delegato che il Mini- stro della Giustizia - in vista del varo della riforma, entro il 3 no- vembre prossimo – ha sottopo- sto all’esame delle categorie in- teressate: magistrati, avvocati e giornalisti. L’attenzione si è incentrata su un settore della disciplina che pur di dettaglio si è rivelato un punto di osservazione idoneo a individuare esigenze primarie che la riforma deve contempera- re con quella che ne è la principa- le ragione ispiratrice e cioè la tu- tela della sfera privata di soggetti estranei alle vicende penali evo- cate dalle intercettazioni. La boz- za del nuovo art. 291 c.1 del c.p.p. prevede, infatti, che nella richie- sta di misura cautelare presenta- ta dal Pubblico Ministero al G.I.P. “è fatto divieto di riproduzione integrale delle comunicazioni e conversazioni intercettate, ed è consentito soltanto il richiamo al loro contenuto”. Il divieto è inol- tre esteso all’ordinanza del G.I.P. che applica la misura richiesta e all’ordinanza del Tribunale del riesame che statuisce sulla me- desima. Il divieto desta perplessità e preoccupazione. Dal punto di vi- sta strettamente tecnico può ri- velare, infatti, il vizio di eccesso di delega, tenuto conto dei prin- cipi e criteri indicati alla lettera a) del comma 84 dell’unico arti- colo della legge n.103/2017 che non fanno alcun riferimento allo specifico contenuto delle inter- cettazioni. Senza contare la pa- tologia di una disposizione che restringendo il potere di ester- nazione, che è tutt’uno con quel- lo di valutazione, degli elementi di prova non solo del P.M. ma an- che dell’organo giudicante, arre- ca un vulnus all’indipendenza della potestà decisionale del Giudice. Sul piano sostanziale i giorna- listi hanno rilevato che una tale restrizione, formalmente volta a garantire la riservatezza delle comunicazioni, nella sostanza priva l’opinione pubblica del di- ritto di sapere. Il che è irraziona- le, oltre che ingiustificato, tenuto conto che la necessità del richia- mo al contenuto delle intercetta- zioni, con divieto del richiamo testuale, è riferita a conversazio- ni rilevanti sul piano penale e cioè a elementi di prova che gli inquirenti, e anche i giudici, han- no considerato come decisivi per la dimostrazione della colpevo- lezza dell’indagato. Altrettanto marcata l’irrazio- nalità del divieto dal punto di vi- sta dell’ortodossia nel sistema processuale. Ed infatti, a parte che la cogenza del richiamo al contenuto dell’intercettazione non tutela la sfera privata pre- standosi all’opinabilità e alla ma- nipolabilità – anche in buona fe- de - della genuinità del testo del- la medesima, è evidente che non solo è utile ma direi anche neces- sario all’indagato e alle sue ga- ranzie un’esternazione testuale dell’intercettazione che è la base della verità processuale a cui mi- ra il giudizio penale e sulla quale è basata anche la sua stessa inno- cenza. A dirla breve, e com’è sta- to rilevato, “un riassunto non può dire la verità” laddove inve- ce il dato testuale è in primo luo- go la genuina espressione del- l’intercettazione, spesso plasti- camente rappresentativo della vicenda delittuosa evocata e in ogni caso base di partenza, og- gettivamente scolpita, degli ele- menti di prova oggetto della va- lutazione delle parti del proces- so, p.m. e difesa, e della potestà decisionale del giudice. & l ife style GIOVANNI D’ANGELO

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GIOVEDÌ 14 SETTEMBRE

LA SICILIALUNEDÌ 22 FEBBRAIO 2016

.57la PPOLITICA

2017

cultura .17

Strumento preziosoper l’indagineculturale e sociale

FABIO ROSSI

Da anni l’analisi linguisticanon può prescindere dairepertori giornalistici co-me fonte dell’italiano

dell’uso. Ne sono una prova, tra letante, le indagini di Carmelo Sca-vuzzo sulla terminologia econo-mica, di Rosaria Stuppia, sui re-gionalismi, di Ilaria Bonomi e An-drea Masini sulla stampa milane-se dei secoli scorsi.

Tanto più utili i corpora digitali,ovviamente, dal momento checonsentono agili verifiche su mi-lioni di parole.

I corpora della «Repubblica» edel «Corriere della Sera» sono statiampiamente sondati dagli specia-listi, come anche altri quotidianinazionali. Ancora poco praticata,invece, l’analisi sulla stampa re-gionale, anche per la non facile re-peribilità di archivi digitali.

L’Archivio Storico Digitale delquotidiano «La Sicilia», realizzatodalla Fondazione Domenico San-filippo Editore e raggiungibile o-nline, su abbonamento, presso ilsito archiviostorico.lasicilia.it,rappresenta dunque una felicissi-ma eccezione. Chi scrive se ne èservito, in collaborazione con leuniversità di Augsburg (Germa-nia) e Sherbrooke (Canada), per u-n’indagine sulle ideologie lingui-stiche, sondando tutti gli articolidelle rubriche curate dal glottolo-go Salvatore Claudio Sgroi per ilquotidiano «La Sicilia».

Si tratta, come si comprende, diun uso assai specialistico e tuttosommato limitato. Ma pensiamoalle risorse offerte da 72 anni (dal1945, anno di fondazione del quo-tidiano, a oggi) di articoli intera-mente digitalizzati, e dunque in-terrogabili parola per parola, suargomenti che spaziano dalla cro-naca alla scienza, dalla letteraturaallo spettacolo, dalla politica allosport, scritti dai massimi intellet-tuali del Novecento: Bufalino,Consolo e Sciascia non sono chealcuni dei nomi che hanno contri-buito al quotidiano, nel corso deidecenni.

Un vero e proprio osservatoriosulla storia e la cultura italiane delsecondo Novecento.

Da linguista, non posso cheplaudire a uno strumento siffatto.Milioni di forme a disposizionedei ricercatori, da mettere a con-fronto con altri corpora naziona-li.

Data la provenienza siciliana digran parte dei giornalisti della te-stata, la ricerca diventa ancora piùpreziosa perché consente di sag-

“LA SICILIA”, PRIME PAGINE. IL PRIMO NUMERO DEL QUOTIDIANO PORTA LA DATA DEL 15 MARZO 1945

La lingua italianaattraverso gli articolidei quotidianiUn linguista esplora l’Archivio storico onlinede La Sicilia. Ecco cosa ha scoperto

L’AUTORE.Fabio Rossi (Roma, 1967) èprofessore ordinario diLinguistica italiana alDipartimento di Civiltà Antiche eModerne (Dicam) dell’Universitàdegli studi di Messina. I suoiprincipali ambiti di interessesono: la storia della linguaitaliana, il parlato dei media, ladidattica dell’italiano (anchecome lingua straniera). Fra i suoitesti segnaliamo: “Scrivere initaliano. Dalla pratica alla teoria”,Carocci, Roma 2013 (scritto incollaborazione di FabioRuggiano)

giare, tra l’altro, l’eventuale pre-senza di costrutti regionali. Pro-viamo a darne un paio di assaggi.

Il primo è il verbo sconoscerecon il significato di ‘ignorare’,possibile in tutta Italia ma senzadubbio più frequente in Sicilia. Laricerca nell’Archivio storico digi-tale ce ne dà confer-ma, con un numerodi attestazioni (ol-tre tremila della so-la terza personasconosce) ben su-periore a quello del-la stampa naziona-le. Un costrutto in-teressante, e pocostudiato, anch’essopiù frequente in Si-cilia che altrove, èl’uso aspettuale di stare + gerun-dio all’infinito, come per esempio«penso di stare andando», laddoveil resto d’Italia preferisce elimina-re stare nell’infinito: «penso diandare».

L’archivio digitale della «Sicilia»attesta, tra i molti (5 occorrenzedel solo «stare andando»), l’esem-pio seguente: «senza sospettaredi stare andando incontro allamorte» (17/08/1989).

Linguisti e lessicografi dovreb-bero giovarsi dell’archivio digita-le della «Sicilia», per colmare lacu-ne, retrodatare lemmi e, in gene-rale, fornire della lingua italianaun’immagine più ricca e docu-mentata, non limitata ai soli e-sempi nazionali o tutt’al più di

provenienza romanao milanese. Nel suopiccolo, il già citatoSgroi, nelle paginedella «Sicilia,» avevapiù volte avvertito icompilatori dei dizio-nari di tener conto diusi ingiustamente di-menticati, spesso diprovenienza meridio-nale. In un articolo del4 luglio 1992, Risolen-

te per errore, per es., correggevala definizione dell’aggettivo riso-lente in ‘sorridente’, così comerettificava sia l’etimologia sia laprima attestazione nota di rimpa-triata, retrodatato addirittura al1790. La meritoria operazione didigitalizzazione degli articoli del-la «Sicilia» è servita anche a que-sto: a ricordare l’invito di Sgroi adallargare la nostra visione dellalingua italiana.

IL FIL ROUGE DELLA LEGALITÀ

Intercettazioni,è inutile vietareil richiamo testualeanzi dannoso

La legge n. 103 del23.6.2017, la c.d. legge di“riforma del processo pe-nale”, prevede tra l’altro

che il governo è delegato ad a-dottare decreti legislativi permodificare la disciplina in mate-ria di intercettazioni.

La categoria giuridica ha as-sunto innegabile e delicata cen-tralità nel quadro degli istitutiche regolano i mezzi di prova delprocesso penale e ciò per l’evi-dente potenzialità di rivelazionecriminale delle conversazioni in-tercettate e per l’altrettanto no-tevole potenziale pregiudizio al-la sfera privata di soggetti estra-nei alle svelate vicende di rilievopenale.

Comprensibile, perciò, la note-vole quantità di commenti se-guiti alla diffusione della bozzadi decreto delegato che il Mini-stro della Giustizia - in vista delvaro della riforma, entro il 3 no-vembre prossimo – ha sottopo-sto all’esame delle categorie in-teressate: magistrati, avvocati egiornalisti.

L’attenzione si è incentrata suun settore della disciplina chepur di dettaglio si è rivelato unpunto di osservazione idoneo aindividuare esigenze primarieche la riforma deve contempera-re con quella che ne è la principa-le ragione ispiratrice e cioè la tu-tela della sfera privata di soggettiestranei alle vicende penali evo-cate dalle intercettazioni. La boz-za del nuovo art. 291 c.1 del c.p.p.prevede, infatti, che nella richie-sta di misura cautelare presenta-ta dal Pubblico Ministero al G.I.P.“è fatto divieto di riproduzioneintegrale delle comunicazioni econversazioni intercettate, ed èconsentito soltanto il richiamo alloro contenuto”. Il divieto è inol-tre esteso all’ordinanza del G.I.P.che applica la misura richiesta eall’ordinanza del Tribunale delriesame che statuisce sulla me-desima.

Il divieto desta perplessità epreoccupazione. Dal punto di vi-sta strettamente tecnico può ri-velare, infatti, il vizio di eccessodi delega, tenuto conto dei prin-cipi e criteri indicati alla letteraa) del comma 84 dell’unico arti-colo della legge n.103/2017 chenon fanno alcun riferimento allospecifico contenuto delle inter-cettazioni. Senza contare la pa-tologia di una disposizione cherestringendo il potere di ester-nazione, che è tutt’uno con quel-

lo di valutazione, degli elementidi prova non solo del P.M. ma an-che dell’organo giudicante, arre-ca un vulnus all’indipendenzadella potestà decisionale delGiudice.

Sul piano sostanziale i giorna-listi hanno rilevato che una talerestrizione, formalmente volta agarantire la riservatezza dellecomunicazioni, nella sostanzapriva l’opinione pubblica del di-ritto di sapere. Il che è irraziona-le, oltre che ingiustificato, tenutoconto che la necessità del richia-mo al contenuto delle intercetta-zioni, con divieto del richiamotestuale, è riferita a conversazio-ni rilevanti sul piano penale ecioè a elementi di prova che gli

inquirenti, e anche i giudici, han-no considerato come decisivi perla dimostrazione della colpevo-lezza dell’indagato.

Altrettanto marcata l’irrazio-nalità del divieto dal punto di vi-sta dell’ortodossia nel sistemaprocessuale. Ed infatti, a parteche la cogenza del richiamo alcontenuto dell’intercettazionenon tutela la sfera privata pre-standosi all’opinabilità e alla ma-nipolabilità – anche in buona fe-de - della genuinità del testo del-la medesima, è evidente che nonsolo è utile ma direi anche neces-sario all’indagato e alle sue ga-ranzie un’esternazione testualedell’intercettazione che è la basedella verità processuale a cui mi-ra il giudizio penale e sulla qualeè basata anche la sua stessa inno-cenza. A dirla breve, e com’è sta-to rilevato, “un riassunto nonpuò dire la verità” laddove inve-ce il dato testuale è in primo luo-go la genuina espressione del-l’intercettazione, spesso plasti-camente rappresentativo dellavicenda delittuosa evocata e inogni caso base di partenza, og-gettivamente scolpita, degli ele-menti di prova oggetto della va-lutazione delle parti del proces-so, p.m. e difesa, e della potestàdecisionale del giudice.

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GIOVANNI D’ANGELO