Letteratura arte tecnica scienze storia geografia musica inglese francese.
La letteratura francese e provenzale nell’Italia...
Transcript of La letteratura francese e provenzale nell’Italia...
L’Italia letteraria di espressione volgare, in origine, fu inbuona parte una provincia della cultura transalpina. A dimo-strarlo sono la capillarità della diffusione nella nostra peniso-la delle due letterature medievali d’oltralpe – in lingua d’oc(provenzale) e d’oïl (antico-francese), entrambe fiorite e giàmature nel xii secolo – e il loro consistente e per molti versidecisivo influsso sulla nascente letteratura italiana (cfr. fig.1).
Il fenomeno, nel suo complesso, toccò gran parte delle re-gioni italiane (cfr. fig. 2) e interessò tutti i generi letterari: l’e-pica delle gesta di Carlo Magno e dei paladini di Francia; ilromanzo, con le storie dei cavalieri della Tavola Rotonda econ la materia antica, in particolare troiana; la lirica dei tro-vatori provenzali e, sia pure in misura nettamente minore, deitrovieri francesi; il racconto, la storiografia, la letteratura re-ligiosa, la trattatistica didattica e persino i volgarizzamenti dallatino, talora usati come intermediari per il passaggio in italia-no ma in certi casi composti direttamente in francese da ita-liani, così come avvenne anche per gli altri generi. La singo-larità del fenomeno, rispetto ad altre aree pure soggette al-l’irradiazione delle due letterature di Francia, sta proprio nelfatto che in Italia esso non si ridusse al mero consumo dei ma-teriali letterari provenienti d’oltralpe, ma comportò la loro rie-laborazione. Questa assunse talvolta le forme della produzio-ne originale mantenendo a lungo il mezzo linguistico tradi-
zionale, considerato come una risorsa espressiva inscindibil-mente legata ai diversi generi letterari: in particolare, il pro-venzale per la lirica e il francese per la narrativa e la lettera-tura didattica.
Le prime testimonianze, sia pure indirette, della diffusio-ne della letteratura francese in Italia risalgono già al xii seco-lo, durante il quale cominciò ad affermarsi la moda di impor-re ai figli i nomi dei principali eroi del ciclo carolingio (a que-sto proposito sono particolarmente significativi i casi di fra-telli chiamati Orlando e Olivieri) e di quello arturiano (cfr. fig.3). Un’altra prova della precoce conoscenza delle leggende epi-che e romanzesche francesi al di qua delle Alpi è fornita da al-cuni reperti epigrafici e soprattutto iconografici, disseminatilungo tutta la penisola – spesso non lontano dal percorso del-la via Francigena – e progressivamente più frequenti nei seco-li successivi (cfr. fig. 4).
La lirica trobadorica si diffuse in Italia a partire dalla se-conda metà e soprattutto dagli ultimi decenni del xii secolo,cui risalgono le prime attestazioni tanto della presenza in Ita-lia di trovatori provenzali – in particolare di due tra i più ce-lebri, Raimbaut de Vaqueiras e Peire Vidal, il primo alla cor-te di Malaspina (1185-90) e di Monferrato (1197-1201), il se-condo tra quest’ultima e quella di Saluzzo (1195 circa) – quan-to dell’attività poetica in lingua d’oc da parte di autori italiani,
La letteratura francese e provenzale nell’Italia medievale
11401120 1160 1180 1200 1220 1240 1260 1280 1300 1320 1340 1360 1380 1400 1420
Tracce indirettefrancesi
Attività e produzioneletteraria francese
Tradizione manoscrittafrancese
Tradizione manoscrittaprovenzale
Attività e produzioneletteraria provenzale
Figura 1. Cronologia della letteratura francese e provenzale in Italia.
Monferrato
Saluzzo
Savoia
Carretto
Genova
Verona Padova
Este
Milano
Calaone
Ferrara
Treviso
Venezia
Aquileia
Oramala
Pavia
Lunigiana
Pisa
Bologna
Lucca
Siena
Napoli
Messina
Arezzo
Firenze
Pistoia
Biandrate
Principali centri della letteratura francese provenzale in Italia.Dimensioni proporzionali all’importanza
Mantova
Figura 2. I principali centri della letteratura francese e provenzale in Italia.
quali il veilletz lombardtz («vecchietto lombardo») di nomeCossezen deriso nella satira letteraria di Peire d’Alvernhe(1161) e Peire de la Cavarana (o Caravana), autore di un sir-ventese d’intonazione patriottica antitedesca (1194 o forse già1157; cfr. figg. 5 e 6). Un ulteriore indizio della precoce co-noscenza della poesia trobadorica in Italia sembra provenire,per via indiretta, dai recenti affioramenti di una tradizione li-rica di area italiano-settentrionale antecedente alla fiorituradella Scuola siciliana.
La prossimità all’Occitania fece sì che il canto dei trova-tori e dei giullari risuonasse in Italia inizialmente nella regio-ne ligure-piemontese, fra le corti già nominate e quelle di Sa-voia, di Biandrate e del Carretto; ben presto però l’itineran-za costitutiva della loro professione, la fama da essi raggiun-ta o più semplicemente agognata, e la reciproca concorrenza,favorirono il loro spostamento anche verso est: in particolarenel Veneto, presso le accoglienti dimore dei marchesi d’Estee poi dei signori da Romano, celebrati in modo particolare ri-spettivamente da Aimeric de Peguilhan e Uc de Saint Circ (cfr.
fig. 7). La poesia trobadorica in Italia non attecchì comunquesoltanto nelle corti, ma anche in alcuni centri urbani. Il piùduraturo e fecondo cenacolo trobadorico italiano fu infattiquello di Genova: i trovatori italiani furono per la gran partegenovesi (tra i maggiori Lanfranco Cigala, Bonifacio Calvo,Simone Doria, Luchetto Gattilusio, Percivalle Doria), quasitutti uomini di legge. A Genova inoltre, e in particolare nellecarceri cittadine, tra il 1266 e il 1273 si svolse una parte del-l’attività letteraria di uno dei principali trovatori italiani, il ve-neziano Bartolomeo Zorzi: l’unico a cimentarsi, e con succes-so, nell’ardua prova poetica della canzone sestina (cfr. fig. 8).
Tra le corti e le città dell’Italia settentrionale si istituiro-no per giunta, sin dagli inizi del Duecento, scambi proficuiper la diffusione e la tradizione della poesia in lingua d’oc, co-me dimostrano le vicende biografiche del trovatore bologne-se Rambertino Buvalelli, che celebrò Beatrice d’Este e fu po-destà a Brescia, Milano, Parma, Mantova, Modena e Genovanei primi due decenni del Duecento. Ma si dovrà ricordare an-che l’intensa e ricercata attività di ordinamento e compilazio-
La letteratura francese e provenzale nell’Italia medievale 29
Capua(1131)
Biandrate(1167)
Novara(1161)
Vercelli (1157)
Rovero(1122)
Cremona
Parma(1174)
Vicenza(1181)
Genova
Lucca
Pisa
Pavia
Tortona Ferrara(1176)
Ravenna(1183)
Este (1182)Padova
Monselice
Treviso(1138)
Venezia
la coppia Orlando-Olivieri
Artù
1183
1167
(Liber Maiorichinus)1115-35
1136, 1151, 1157, 1178, 1187
1145 (?)
1181
1114, 1169
1170, 1197
1150, 1172
1114, 1132, 1145, 11481177, 1192
1127, 1178, 1183, 1192
Figura 3. Onomastica carolingia e arturiana in Italia. Le attestazioni più antiche e significative (xii sec.): la coppia Orlando-Olivieri (O); Artù (A).
Domodossola
Frugarolo
Mantova
Modena
Roma
Casaluce
Otranto
Palermo
Brindisi
Nepi
Fidenza
Treviso
Sesto al ReghenaUdine
Pordenone
Verona
Bassano delGrappa
CoredoCastel Rodengo
CastelRoncolo
Manta
I modelli di queste testimonianze sono costituiti dalle versioni medio-altotedesche degli originali francesi
Castello. Ciclo di affreschi con la Fontana della giovinezza,tema ripreso dalla narrativa francese medievale, e personaggi ispirati dallo Chevalier Errant di Tommaso III di Saluzzo, tra i quali Carlo Magno e re Artù, post 1420
Torre di Pio V. Ciclo di affreschi con scene dal Lancelot du Lac,fine del xiv sec.
Torre di destra della facciata della Cattedrale. Bassorilievi con storie diBerta, Milone e Rolandino, 1230-40
Palazzo Chiaramonte. Affreschi con episodi di materia carolingia e arturiana, 1377-80
Abbazia di San Paolo alle Tre Fontane. Ciclo di affreschi di Carlo Magno, 1152-61 circa
Castello. Affreschi con imprese diGuillaume d’Orange, xiv sec.
Mosaico pavimentale della Cattedrale. Scena con re Artù a cavallo di un ariete, 1163
Atrio della Cattedrale. Iscrizione lapidea che riporta il giuramento civico del 1131: per i trasgressori si prevede la pena comminata a Gano di Maganza, il traditore di Orlando
Loggia comunale. Ciclo di affreschi con scenedal Roman de Troie, 1360 circa
Palazzo Ricchieri. Ciclo di affreschi con storie di Tristano e Isotta, e altri temi di soggetto cavalleresco e allegorico, inizio del xv sec.
Palazzo Nero. Ciclo di affreschi di materia carolingia, xv sec.
Ciclo di affreschi con scene dall’Iwein di Hartmann von Aue, inizi del xiii sec.
Ciclo di affreschi di materia arturiana, 1388
Abbazia di Santa Maria in Sylvis. Ciclo di affreschi con scene dalla Chanson d’Otinel, inizio del xiv sec.
Dimora ezzeliniana. Affresco cortese di soggetto trobadorico, 1240-60
Portale di San Zeno. Bassorilievi di Orlando e Ferraguto, 1138Portale del Duomo. Bassorilievi di Orlando e Olivieri, 1139
Loggia dei Cavalieri. Ciclo di affreschi con episodi dal Romande Troie e scene di vita cortese, 1276-77.Palazzo Collalto (ora Museo civico). Ciclo di affreschi con scene dalla Chanson d’Otinel, ultimo quarto del xiv sec.
Duomo. Portale della Pescheria: arco e architrave.Bassorilievi con Artù e Galvano e con episodi dal Romande Renart, 1130 circaTorre Ghirlandina. Bassorilievo di Orlando, 1169-79.
Palazzo dei Gonzaga. Pisanello, ciclo di affreschi di materia arturiana, 1447-55
Mosaico pavimentale della Cattedrale. Scene della battaglia di Roncisvalle, 1178
Architrave della collegiata dei Santi Gervasio e Protasio.Bassorilievi con episodi tratti dalla Chanson de Roland, fine del xii sec.
Figura 4. Iconografia ed epigrafia cortese e cavalleresca in Italia.
ne dei testi trobadorici in una serie di manoscritti antologici(canzonieri), svolta soprattutto da alcuni professionisti dellaparola scritta – magistri, giuristi, notai – al servizio dei più va-ri committenti: signori feudali, ottimati cittadini, ricchi mer-canti. Tra questi intellettuali urbani figura Ferrarino da Fer-rara, l’ultimo trovatore italiano, che compilò un florilegio diestratti lirici di contenuto didattico-morale.
Gli stessi canzonieri testimoniano, probabilmente megliodi ogni altro dato, la profondità del legame tra l’Italia e la liri-ca trobadorica, perché la tradizione manoscritta di quest’ulti-ma è in larga parte italiana, e in particolare veneta: si trattadi una ventina di manoscritti risalenti ai secoli xiii-xiv (il piùantico è del 1254), alcuni dei quali decorati da preziose mi-niature che spesso ritraggono i trovatori (cfr. figg. 9 e 10). Percomprendere l’importanza di questi codici per la cultura ita-liana, basti dire che alcuni di essi e altri, perduti, sono statiletti da Dante e Petrarca, e poi studiati – prima che dagli spe-cialisti moderni – da Pietro Bembo e da altri letterati tra Cin-que e Settecento: Colocci, Equicola, Varchi, Barbieri, Ca-stelvetro, Tassoni, Crescimbeni, Tiraboschi.
La diffusione della poesia trobadorica nelle città italianecomportò un suo parziale adeguamento ai valori della nascentesocietà borghese comunale, valori ben diversi e per certi aspet-ti antitetici alla morale cortese di cui tale poesia nel corso delxii secolo era stata la più raffinata espressione letteraria; si ve-rificò pertanto un processo di mediazione tra queste due po-larità ideologiche e culturali, un compromesso sintetizzabilenella definizione – solo apparentemente paradossale – di «cor-tesia borghese» coniata da Aurelio Roncaglia. Le complessitàfilosofiche dell’amore trobadorico – un amore impossibile,ostacolato dalla distanza (sentimentale, sociale o geografica)tra l’amata e l’amante, ma al contempo un amore della di-stanza, un amore dell’amore, cioè di quella tensione spiritua-le che garantisce l’affinamento interiore, tanto etico quantoteoretico, e fa sorgere la stessa poesia – si attenuarono e sistinsero così in una poesia convenzionale, in un’etichetta piùcortigiana che cortese, appannaggio delle ambizioni letterariee delle aspirazioni sociali di borghesi e nobili di basso rango.Tra questi ultimi spicca il mantovano Sordello, il più celebrefra i trovatori italiani: capace di elevarsi, in virtù di una gran-de abilità retorica e di un notevole fiuto politico, dagli irre-quieti esordi giullareschi sino alla singolare affermazione poe-tica e diplomatica nelle corti provenzali, che gli fruttò feudiin Piemonte e in Abruzzo per concessione di Carlo I d’Angiò(cfr. fig. 11).
La poesia trobadorica in Italia non si limitò comunque altema amoroso e al corrispondente genere lirico della canzone,spesso declinato in elogi di maniera delle dame delle corti. Co-me e forse più che in Provenza, si trattò anche di poesia poli-tica: quindi di sirventesi caratterizzati da violente invettive epolemiche prese di posizione sull’attualità, mediante le qualii trovatori furono artefici e strumento di propaganda della vo-lontà dei loro signori. La comune funzione encomiastica per-mise peraltro l’intreccio dei due temi anche all’interno dello
stesso componimento, talora anche in forma metaforica e lu-dica; così nel Carros («Carroccio», 1200-201) di Raimbaut deVaqueiras, che mette in scena una battaglia giocosa tra le da-me eminenti delle corti dell’Italia settentrionale secondo leforme delle guerre comunali dell’epoca, o nella Treva di Gui-lhem de la Tor (1213-15), che rappresenta invece la «Tregua»successiva a un’analoga disputa descritta da Aimeric de Pegui-lhan in un testo andato perduto.
La dimensione ludica costituisce un aspetto significativodella produzione trobadorica d’Italia, che comprende inoltrevarie tenzoni e scambi di coblas («strofe») caratterizzati daaccenti giocosi, polemici e satirici, riconducibili in particola-re alla corte dei marchesi d’Este: là dove Aimeric de Pegui-lhan, Guilhem Figueira, Sordello e altri poeti diedero vita – se-condo l’interpretazione di Gianfranco Folena – a una sorta di«accademia tabernaria» parallela all’«accademia cortese». An-cora, entro l’ambito del filone dialogico della poesia trobado-rica composta in Italia, va segnalata l’occasionale partecipa-zione in prima persona di alcuni signori: il marchese Lanciadi Saluzzo, Alberto Malaspina, Oberto di Biandrate, Alberi-co da Romano, Tommaso di Savoia.
La letteratura francese e provenzale nell’Italia medievale 31
Poesie trobadorichecomposte in Italia o
facenti comunque riferimento a vicende italiane
15%
Totale della produzionetrobadorica conservata
Figura 5. La poesia trobadorica e l’Italia.
Poesie di trovatori italiani6,7%
Totale della produzionetrobadorica conservata
Figura 6. I trovatori italiani.
L’espansione dell’Occitania oltre i suoi effettivi confinicomportò nella sua periferia italiana anche altre, necessarie,forme di mediazione, consistenti in una serie di strumenti disupporto alla lettura e alla composizione della poesia troba-dorica: per esempio il Donatz proensals (1243), una gramma-tica della lingua d’oc a uso degli italiani composta da Uc Fai-dit (forse Uc de Saint Circ), e la Doctrina d’acort (1282-96),un manuale di poetica in versi ricalcato su un modello d’ol-tralpe da Terramagnino da Pisa. In Italia, inoltre, alla poesiasi affiancò la prosa delle vidas e delle razos, brevi biografie de-gli autori e commenti dei loro testi lirici caratterizzati da trac-ce germinali di storiografia letteraria sul modello degli acces-sus ad auctores mediolatini; all’invenzione lirica si sostituì co-sì l’esposizione narrativa, e all’io lirico la terza persona dell’au-tore come personaggio (spesso di vicende inventate, o ricava-te ad arte dalle sue stesse poesie).
Qualche decennio dopo Bartolomeo Zorzi, nelle carceri ge-novesi fu detenuto un altro e ancor più celebre veneziano, Mar-co Polo. Proprio lì egli incontrò Rustichello da Pisa, con il qua-le compose in un francese ricco di italianismi il Devisement doumonde, meglio noto come Milione (1298), straordinario librodi viaggi e di meraviglie in cui realtà e fantasia, descrizione eracconto, esperienza di vita e carica visionaria si fondono co-me in un caleidoscopio: un’opera caratterizzata da un fasci-no suggestivo e da una fortuna capace – attraverso numero-
se traduzioni e rielaborazioni – di travalicare l’epoca medie-vale. La collaborazione di un veneziano e di un pisano a untesto francese così significativo permette di fotografare conbuona approssimazione lo stato della diffusione della linguad’oïl in Italia fra Due e Trecento, una diffusione di cui Ve-nezia e l’entroterra veneto da un lato, Pisa e la Toscana nord-occidentale dall’altro, sono stati i principali centri propulsivi.
A Venezia già intorno al 1205 circolava il Roman de Troiedi Benoît de Sainte-Maure che, assieme ad altri romanzi fran-cesi di materia greca (il Roman d’Alexandre, il Florimont di Ai-mon de Varennes, il Partenopeus de Blois), ha catalizzato pertutto il xiii secolo l’interesse di una classe dirigente natural-mente proiettata verso l’Adriatico e l’oltremare, a maggior ra-gione dopo la quarta crociata e la spartizione dell’Impero bi-zantino. Questa prospettiva politico-culturale si riflesse anchenelle Estoires de Venise (1267-75), una cronaca scritta in fran-cese – essendo ormai questa la lingua di comunicazione inter-nazionale, in particolare nell’Oriente latino – dal venezianoMartin da Canal a esaltazione della sua città, probabilmenteper incarico del doge Ranieri Zeno. Nella propria esigenza diautocelebrazione Venezia non trascurò l’entroterra, contrap-ponendovisi come in uno specchio rovesciato nelle stesse Estoi-res del Canal e ancor più nelle Prophéties de Merlin (1272-79):una sorta di romanzo propagandistico composto da un guelfoveneziano il quale, celandosi sotto il nome fittizio di Maistre
32 L’età di Padova
Albert0, Gugliemoe Corrado Malaspina
Azzo VI eAzzo VII d’Este
Albericoda Romano
Ottone IV del Carretto
Tommaso IIdi Savoia
Manfredi I eManfredi II
Lancia di Saluzzo
Uberto di Biandrate
Bonifacio I di Monferrato
Figura 7. I protettori italiani dei trovatori. Le dimensioni dei quadrati sono proporzionali al numero dei testi che menzionano i relativi signorio che sono stati verosimilmente composti nelle rispettive corti.
Richart d’Irlande, intreccia alla tradizionale materia arturia-na – nota nel Veneto anche attraverso gli altri romanzi delGraal e di Tristano – una ricca messe di allusioni alla recentetirannide di Ezzelino III da Romano nella Marca Veronese-Trevigiana.
L’acclimatazione alla realtà locale contemporanea appareancora più sensibile nel campo dell’epica carolingia, che in areaveneta e più in generale padana andò incontro a una progres-siva metamorfosi ideologica, inquadrabile nel fenomeno del-la «cortesia borghese» cui si è già accennato a proposito dellalirica trobadorica. La chanson de geste francese rifletteva in-fatti il modello cristallizzato della società feudale transalpina,culminante nella figura sacrale e taumaturgica del re, CarloMagno; ma la sua diffusione in un contesto socio-politico or-mai profondamente diverso, quale quello della nuova civiltàborghese comunale dell’Italia settentrionale due-trecentesca,comportò il riuso di modelli alternativi e soprattutto la par-ziale decostruzione e risignificazione di quello principale.
Si spiegano così, da un lato, la fortuna italiana del ciclo deivassalli ribelli (Chevalerie Ogier, Aye d’Avignon, Gui de Nanteuil,Renaut de Montauban) e di quello di Guglielmo d’Orange (Aliscans,Fouque de Candie, Prise de Narbonne), in cui il re appare in tor-to o in difficoltà; dall’altro, l’ampia gamma di scarti e novitàrispetto ai modelli francesi che contraddistingue in manieraprogressivamente crescente le relative trascrizioni e le rielabo-razioni e le produzioni originali effettuate in area padano-ve-neta. Tutte queste opere sono caratterizzate da un grado va-riabile di interferenza dei volgari alto-italiani sulla base lin-guistica francese, oscillante – secondo la minore o maggiore ri-levanza e consapevolezza stilistica di tale fenomeno – tra le due
polarità ideali del cosiddetto francese di Lombardia (nel sensomedievale del toponimo, equivalente cioè all’Italia padana) edel cosiddetto franco-veneto o franco-lombardo (cfr. fig. 12).
In base a quanto è possibile ricostruire, queste tre tipolo-gie testuali dovettero susseguirsi nel tempo: le trascrizioni ele rielaborazioni si collocano tra la seconda metà del xiii e l’i-nizio del xiv secolo, mentre le produzioni originali apparten-gono decisamente a quest’ultimo (cfr. fig. 13). Esse, non a ca-so, corrispondono a tre diverse fasi di un processo di evolu-zione storico-letteraria e sociale: la prima, consistente nellecopie di alcune chansons de geste francesi (Roland, Aliscans,Anseïs de Carthage, Aspremont, ecc.), rivela ancora una so-stanziale adesione all’ideologia feudale; la seconda contrap-pone invece alla concezione nobiliare una visione del mondoprevalentemente borghese e popolare, che emerge con una for-za anche ludica e parodica nella Geste Francor, ampia e sugge-stiva compilazione di poemetti ordinati secondo la cronologiadella dinastia carolingia (Bovo d’Antona, Berta da li pè grandi,Karleto, Berta e Milon, Enfances Ogier, Rolandin, ChevalerieOgier, Macaire), rimaneggiati con grande libertà e forse, nelquarto e nel sesto caso, composti anche ex novo; mentre la ter-za riflette la progressiva trasformazione della parte più po-tente della borghesia in una nuova aristocrazia, basata sulcenso anziché sul sangue. Quest’ultima tipologia comprende:l’indiscusso capolavoro di tale produzione, l’Entrée d’Espagne(1330-40), in cui un anonimo padovano dotato di una culturaper certi versi preumanistica racconta l’antefatto della Chan-son de Roland provando a gareggiare con il modello; la conti-nuazione della stessa Entrée (nota anche come Prise de Pampe-lune) da parte di Niccolò da Verona, autore anche della Phar-
La letteratura francese e provenzale nell’Italia medievale 33
0
10
18
9
6 53 3 3
2 2 2 2 2 2
19
5
15
20
25
35
30
35
4040
45
Sordello
Lanfranco Cigal
a
Bonifacio Calvo
Bartolom
eo Zorzi
Rambertino Buvale
lli
Simone Doria Palais
LuchettoGatti
lusio
Nicoletto
da Torino
Peirede la Mula
AlbertoMalas
pina
Alberico da Rom
ano
Percivall
e Doria
Giacomo Grillo
Dante da Maiano
Umbertodi Biandrate
Figura 8. Numero dei componimenti conservati dei principali trovatori italiani.
sale (1343) e di una Passion; l’Huon d’Auvergne (ante 1341),chanson de geste arricchita da elementi della letteratura di viag-gi e visioni oltremondani, e in particolare dal modello dante-sco; la Guerra d’Attila (1358-68) di Niccolò da Casola, prolis-so collettore di leggende attilane diffuse nell’Italia nord-orien-tale; infine l’Aquilon de Bavière (1379-1407) di Raffaele daVerona, in cui la materia carolingia è rifusa nella forma di unromanzo cavalleresco in prosa e intrecciata a tutti i temi ca-ratteristici di tale genere.
Uno degli aspetti più significativi di tutte queste opere con-siste nella progressiva trasformazione del personaggio di Car-lo Magno, che da eroe epico divenne una figura romanzesca:passibile pertanto di denigrazione o parodia, ma anche di cri-tica e opposizione politica in quanto immaginario alter ego del-l’imperatore tedesco, avversario per antonomasia delle cittàdel Nord Italia. Proprio in contrapposizione alla figura di Car-
34 L’età di Padova
Napolixiii-xiv sec.
Mantovaxiv sec.
Venetoxiii-xiv sec.
Firenzexv sec.
Gubbioxiv sec.
Figura 10. La geografia dei canzonieri trobadorici di origine italiana.
Testimoni di origine italiana
55%
Testimoni di origine provenzale
20%
Testimoni di origine francese
15%
Testimoni di origine catalana
10%
Figura 9. Il ruolo dell’Italia nella tradizione manoscritta trobadorica.
lo Magno, rappresentativa dell’antica nobiltà ereditaria, si ri-scontra poi l’emergere di altri personaggi – a partire da un Or-lando sensibilmente diverso rispetto a quello della tradizionefrancese – eletti invece a campioni della nobiltà d’animo equindi di una nuova cavalleria, fondata borghesemente sul me-rito anziché sulla nascita.
Si deve inoltre osservare l’introduzione di personaggi, luo-ghi (cfr. fig. 14), leggende, temi e motivi specificamente ita-liani, antecedenti o successivi alla vicenda carolingia e capacidi sostituirsi in parte o anche interamente a essa, come peresempio la lotta contro gli unni di Attila o quella tra Imperoe Papato; quindi la graduale riabilitazione dei lombardi (gliitaliani in genere e più in particolare quelli del Nord) dallo ste-reotipo tradizionale di vigliaccheria e scarsa combattività, alpunto che essi divennero anzi una sorta di élite cavalleresca;infine la comparsa della funzione encomiastica in alcune trale opere più tarde, scritte o comunque lette nelle corti dellenascenti signorie padane (Estensi, Gonzaga, Visconti-Sforza),nelle cui ricche biblioteche si è raccolta la gran parte dei ma-noscritti e testi francesi – epici e romanzeschi ma anche di-dattici e religiosi – copiati e composti tra Veneto, Lombardiaed Emilia fra xiii e xiv secolo (cfr. figg. 15 e 16).
A tal proposito, se risulta spesso difficile precisare in ter-mini puntuali l’origine di diversi manoscritti e testi francesid’Italia, che per necessità devono quindi essere attribuiti ge-nericamente all’area padana, è comunque possibile riconosce-re il ruolo importante svolto da Bologna nella storia dell’e-spansione del francese nella nostra penisola. Al capoluogo emi-liano rimandano infatti vari dati relativi alla copia e alla cir-colazione di codici francesi tra xiii e xiv secolo: circolazionesituabile lungo un asse che lega appunto Bologna a Padova, eprobabilmente connessa alla presenza negli studia di entram-be le città di nationes universitarie transalpine. Durante la pri-gionia bolognese di re Enzo (1249-72), inoltre, il cremonese Da-niele Deloc volgarizzò per lui in francese le versioni latine delMoamin e del Ghaatrif, due trattati sulla caccia con cani e fal-coni, di origine rispettivamente araba e persiana. Allo stessoarco di tempo risale poi la testimonianza di canti de dominoRolando et Oliverio nel cortile del comune di Bologna, men-tre di poco più tardi sono alcuni testi lirici d’oïl conservati neiMemoriali bolognesi. Né va dimenticato, al di là del confinenord-orientale della Marca Trevigiana, il Friuli, interessatoanch’esso dalla circolazione di codici francesi (di materia ar-turiana) e probabilmente anche provenzali: una circolazione
La letteratura francese e provenzale nell’Italia medievale 35
Goito
Novara
Abruzzo
Civitaquana
Palena
Oramala (?)Provenza
Saragozza
León
Mauléon
Aix
Marsiglia BrignolesPignansSaint-Rémy
AupsReiz
Rodez
Montlaur
Foix
Tolosa PosquièresMontpellier
Baus
Narbona
Galizia
Brescia
Mantova Este
Verona Vicenza
AixA
Goito: n. 1200 circaMantova: nel 1215-16 vi è podestà il trovatore
bolognese Rambertino BuvalelliEste: 1220 circaBrescia: (?) 1220-21Verona: 1222-26 (nel 1226 rapisce Cunizza,
moglie di Rizzardo di San Bonifacio)Treviso: 1227 (matrimonio con Otta di Strasso)Vicenza: 1227-28Provenza: 1228-29Saragozza: 1230 circaLeón: 1230 circaGalizia: (?) 1230 circa. È comunque certa la fama di
Sordello presso alcuni trobadores galego-portoghesiLeón: 1230 circaMauléon: 1231
Provenza: 1231-66Aix: sede della corte di Raimondo Berengario IV di Provenza
(m. 1245) e poi di Carlo d’Angiò (fino al 1266), dove Sordello visse per molti anni
Rodez: sede della corte di una dama (Guida) celebrata da SordelloAups: sede della corte di Blacatz, signore compianto da Sordello
in una celebre poesiaBaus: 1252-57Montpellier: 1241Marsiglia: 1252Riez: 1257Saint-Rémy: 1257Brignoles: 1259Pignans: 1259Novara: 1266 (dove fu anche in prigione)Abruzzo: m. 1269
Figura 11. L’itinerario di Sordello da Goito, l’unico trovatore italiano ad avere avuto successo oltralpe.
favorita dal mecenatismo della corte patriarcale plurilingue diAquileia, dove agli inizi del Duecento, sotto il patriarcato diWolfger von Erla (1204-18), Tommasino da Cerclaria com-pose in medio-altotedesco il Wälscher Gast (1215-16), in cuirielaborò un suo precedente poema didattico-morale scritto inprovenzale, purtroppo non conservato.
Il già citato Rustichello da Pisa, prima di redigere il De-visement dou monde con Marco Polo, aveva già scritto in fran-cese una compilazione romanzesca in prosa, nota corrente-mente con il titolo di Meliadus (1270-74), in cui rielaborò me-diante un abile uso dell’entrelacement la materia e l’ideologiaarturiana desunte dai tre grandi cicli in cui queste avevanopreso forma nella narrativa francese primo-duecentesca: il Tri-stan en prose, il Lancelot-Graal e il Guiron le Courtois. Questitre cicli si diffusero ampiamente in Italia, in particolare nellaLiguria e nella Toscana nord-occidentale, attraverso un assetra Genova e Pisa. La compilazione di Rustichello svolse unruolo importante nella fortuna di tale letteratura, contribuen-do a fornire agli autori dei successivi volgarizzamenti e dei ri-facimenti italiani – non solo toscani – una modalità di riela-borazione dell’universo arturiano consistente nella selezionee nel montaggio di episodi particolarmente significativi svin-colati dal contesto narrativo originario e spesso dotati di nuo-ve forme e funzioni, a seconda anche del diverso pubblico:aristocratico, borghese o popolare.
Allo stesso Rustichello risale inoltre un nucleo tematico-ideologico peculiare della tradizione italiana: la distinzione ela contrapposizione tra la «Tavola Rotonda» dei cavalieri dire Artù e la «Tavola Vecchia» dei loro antenati.
Parallela ai volgarizzamenti e ai rifacimenti, riguardantisoprattutto la materia tristaniana, è la ricca tradizione mano-scritta di questi cicli romanzeschi, spesso particolarmente at-tiva e quindi dovuta a copisti dotati di una discreta padro-nanza del francese: tale è, in particolare, il caso di alcuni te-stimoni del Guiron le Courtois, il romanzo arturiano proba-bilmente più diffuso nelle corti italiane fra xiv e xv secolo. Latradizione manoscritta francese d’Italia non si limitò comun-que ai romanzi in prosa o – per dirla con Dante – alle prose diromanzi: comprese tanto i testi in versi, soprattutto quelli dimateria greca già citati per la loro fortuna veneziana (il Ro-man de Troie si diffuse comunque anche nelle versioni prosi-ficate), quanto prose di altro argomento, storiografico, reli-gioso e in senso lato didattico, ovvero le alie ystorie ac dotrinecon cui Dante conclude l’esposizione degli usi letterari dellalingua d’oïl nel De vulgari eloquentia.
Le conoscenze francesi e provenzali di Dante dovettero es-sere buone, ma i luoghi di tale apprendimento non possonoessere individuati con precisione, dati i numerosi spostamen-ti del poeta. L’autore della Commedia scrisse in lingua d’oc iversi 140-47 del canto XXVI del Purgatorio e si servì del fran-
36 L’età di Padova
francese di Lombardia
Realizzazioniintermedie
franco-veneto o franco-lombardo
antico-francese
antico-francese
antico-italiano
settentrionale
Interferenzalinguistica
Lingua mista
antico-italiano
settentrionale
Figura 12. Due polarità linguistiche ideali: francese di Lombardia e franco-veneto o franco-lombardo.
12601250 1270 1280 1290 1300 1310 1320 1330 1340 1350 1360 1370 1380 1390 1400 1410 1420
Trascrizioni
Rielaborazioni
Produzionioriginali
Figura 13. L’epica carolingia nel Veneto: un’evoluzione storico-letteraria.
cese, alternandolo al latino e al volgare materno, nella canzo-ne Aï faux ris, che ormai la critica tende ad attribuirgli conmeno dubbi rispetto al passato. In ogni caso, le due lettera-ture d’oltralpe raggiunsero certamente anche Firenze, desti-nata a succedere a Pisa come centro economico e culturale del-la Toscana, e innervarono di temi, motivi e forme la produ-zione nel volgare autoctono, ormai assurto a piena legittimitàletteraria, anche grazie al fondamentale contributo di nume-rosi gallicismi.
In lingua d’oc poetarono eccezionalmente anche Dante daMaiano e il pistoiese Paolo Lanfranchi, impiegando però laforma tutta italiana del sonetto; mentre l’uso della lingua d’oïlda parte del fiorentino Brunetto Latini per il suo enciclope-dico Tresor (1260-66) va almeno in parte visto sotto un’altraluce: quella del suo esilio in Francia, che rese il francese nonsoltanto lingua di cultura internazionale ma anche lingua del-l’emigrazione; e non solo per Brunetto, come testimoniano icasi all’incirca coevi di Aldobrandino da Siena, medico in Fran-
La letteratura francese e provenzale nell’Italia medievale 37
Teatro di molti episodi, in quasi tutte le branches dell’opera
Vi passano Berta e Milone
Vi passano Berta e Milone
Principale teatro dell’azione in terra italiana.Nella chiesa di Santa Sofia si rifugia il giovane Carlo per difendersi dall’assalto dei soldati del papa
Vi passano Berta, Milone e Orlando,poi Carlo Magno con il suo esercito, infine vi si celebrano le nozze tra Berta e Milone
Luogo di passaggio tra la Lombardiae Roma in diversi punti dell’opera
Nel testo è chiamata Besgora e vi passa Uggeri il Danese
Vi passa Carlo Magno con il suo esercito
Luogo di nascita di Aleris, portatoredell’orifiamma dei francesi
Vi passano Berta e Milone; vi nasce Orlando, loro figlioed eroe principale delle gesta francesi
Luogo d’imbarco per l’Oriente, prima per gli ambasciatori diCarlo Magno, poi per il boscaiolo Varocher e la regina Biancofiore
Nel testo è chiamata Marmora e suo signore è Maximo Çude (Massimo Giudeo), epiteto dietro cui si cela probabilmente Ezzelino III da Romano il Tiranno
Vi passano Berta e Milone,Uggeri il Danese, Orlando
Lombardia(Italia padana)
Romagna
Toscana
Puglia
Pavia
Vercelli
Torino
Susa
Monginevro
Santiagode Compostela
Sacra diSan
Michele
Ivrea
Gran San Bernardo
Mantova
RavennaImola
VeronaVenezia
Roma
Gerusalemme
Valle di BaccanoSutri
Viterbo
Siena
San Gimignano
Lucca
Genova
Imperia
Ventimiglia
FidenzaPiacenza
Percorso della via Francigena
Figura 14. I paladini di Francia in Italia. La geografia italiana della Geste Francor.
cia e autore del Régime du corps, e di Filippo da Novara, au-tore di storia, diritto e morale in lingua d’oïl vissuto sin dagiovane negli stati crociati al servizio delle dinastie francesiivi regnanti. A questi si può inoltre aggiungere il caso moltopiù tardo di Tommaso III di Saluzzo, che scrisse Le chevaliererrant (1394-96 o 1401-405) – un vasto romanzo allegorico-di-dattico che mescola versi e prosa, storia e finzione, eroi anti-chi e cavalieri medievali con un gusto enciclopedico e nostal-gico tipicamente tardo-gotico da autunno del Medioevo – du-rante il suo lungo soggiorno parigino: ciò che limita l’effetti-va produzione francese in Piemonte alla sola Bataille de Ga-menario, un poemetto anonimo che narra in stile epico-storicolo scontro militare del 1345 tra i guelfi e i ghibellini locali.
Tornando a Rustichello, andrà notato che egli rivela di averscritto il Meliadus su commissione di Edoardo I d’Inghilterra.
Il presunto incontro tra i due avvenne probabilmente in Sici-lia, o forse in Terra Santa; se invece si trattasse soltanto di unartificio retorico volto a conferire autorità all’opera, comun-que esso rientrerebbe idealmente in quella grande direttriceche, nell’età delle crociate, congiunse l’Inghilterra e la Fran-cia all’Italia e quindi all’Oriente latino. Tale linea è stata fon-damentale per la stessa espansione del francese nella penisolaitaliana, che riguardò – non a caso – soprattutto le aree più at-tive nelle imprese militari-commerciali d’Oriente. Tra queste,per ragioni non solo logistiche, fu anche la Sicilia normanna,dove nell’ultimo quarto del xii secolo i legami con la madre-patria e l’Inghilterra s’intensificarono grazie alle nozze di Gio-vanna, figlia di Enrico II Plantageneto ed Eleonora d’Aqui-tania, con Guglielmo II d’Altavilla (1177), e grazie al soggior-no di Riccardo Cuor di Leone, fratello di Giovanna, a Messi-na prima della terza crociata (1190-91).
Se pure la Sicilia normanna non fu, verosimilmente, un cen-tro di effettiva produzione letteraria francese, assieme alla Ca-labria e alla Puglia – soggette alla stessa corona – essa diven-ne comunque lo scenario di alcuni testi d’oïl coevi: tra questila Bataille Loquifer, l’Ipomedon e soprattutto la Chanson d’A-spremont, che ebbe grande fortuna in Italia, oltre al più tardoFloriant et Florete, che narra della sopravvivenza di Artù sul-l’Etna riprendendo la leggenda divulgata per la prima volta inlatino da Gervasio di Tilbury, di cui è documentata la pre-senza alla corte di Guglielmo II (cfr. fig. 17).
Al seguito dei loro signori diretti verso la Terra Santa, nel1190-91 passarono per la Sicilia alcuni trovatori provenzali,tra cui Giraut de Borneil: un testo del quale è trasmesso an-che da un testimone siciliano extravagante che costituisce l’u-nica reliquia della circolazione della lirica trobadorica nell’i-sola. Essa è documentata indirettamente anche dalle nume-rose riprese tematiche e formali da parte dei rimatori dellaScuola poetica sorta attorno all’imperatore svevo Federico II.La corte itinerante di quest’ultimo conobbe sicuramente testiprovenzali e anche francesi, come il Guiron le Courtois cui fariferimento una lettera imperiale del 1240. Tuttavia nessuntrovatore, nemmeno il più ghibellino, fu mai accolto presso lacuria federiciana: e ciò nonostante le molte lusinghe e i ripe-tuti tentativi di avvicinamento (cfr. fig. 18), respinti con fa-stidio e imperiale distacco da Federico, il cui progetto politi-co-culturale consisteva nella promozione del volgare locale.
Dopo la fine dell’esperienza sveva, l’insediamento della di-nastia angioina sul trono di Napoli e di Sicilia (1266) rese il fran-cese la lingua ufficiale della corte e dell’amministrazione regia,a fianco del latino; sul piano dell’espressione letteraria, inoltre,esso sostituì ogni possibile opzione a favore del volgare locale,aulico e curiale o meno, proprio perché quest’ultimo era statoil veicolo privilegiato del progetto federiciano, di cui furono ri-mosse completamente le tracce. Al seguito di Carlo I d’Angiò,che in precedenza era stato conte di Provenza e che fu ancheautore di versi, giunsero a Napoli e nel Mezzogiorno trovatoriprovenzali e trovieri francesi: tra questi uno dei maggiori poe-ti in lingua d’oïl, Adam de la Halle, che morì proprio a Napo-
38 L’età di Padova
Gonzaga(1407)
Estensi(1436)
Visconti-Sforza(1459)
1000 80604020
Libri latini Libri francesi
Libri greciLibri italiani
Figura 15. La parte dei libri francesi nelle biblioteche signorili del-l’Italia settentrionale del Quattrocento.
Gonzaga(1407)
Estensi(1436)
Visconti-Sforza(1459)
1000 80604020
Letteratura didattica
Letteratura religiosa
Epica
Storia
Lirica
Romanzo:
di materia arturiana
di materia antica
Altra narrativa
Figura 16. I generi letterari dei libri francesi conservati nelle biblio-teche signorili nell’Italia settentrionale del Quattrocento.
La letteratura francese e provenzale nell’Italia medievale 39
Ducato di Normandia
Stati crociati
MessinaCapo d’Orlando
CapoOlivieriMongioia
MonteGioiosa
Aspromonte
BagnaraCalabra
Etna
Palermo
1130-94
1194-1250
xii-xiiisec.
Regno normanno
d’Inghilterra
Imperodegli
Hohenstaufen
I paladini di Carlo Magno protettori dei pellegrini lungo un tratto difficoltoso della strada fra Palermo e Messina
Toponimo ricollegato dalla leggenda al paladino Rinaldo di Montalbano
Teatro leggendario di un incantesimo della Fata Morgana, sorellastra di re Artù
Dimora leggendaria di re Artù
Principali luoghi dell’azione della Chanson d’Aspremont
Toponimo ricollegato dalla leggenda al francese monjoie, orifiamma e grido di guerra di Carlo Magno
Toponimo ricollegato dalla leggenda a Gioiosa, nome della spada di Carlo Magno
Montalbano
Gerusalemme
Figura 17. La Sicilia, al centro di una direttrice politico-militare tra il Nord Europa e la Terra Santa, è con la Calabria teatro di leggende ca-rolinge e arturiane.
li nel 1288, dove fra l’altro curò la rappresentazione scenica delsuo Jeu de Robin et Marion e compose la Chanson du roi de Sici-le, celebrazione poetica della vittoria angioina contro gli Svevi.
Nella prima età angioina, Napoli fu soprattutto un im-portante e fecondo centro di copia di codici francesi e in mi-sura minore anche provenzali, oltre che uno spazio privile-giato di produzione letteraria per gli autori ospiti della corteprovenienti dalla Francia. Più tardi, nel corso del Trecento,l’uso del francese si estese ad autori del luogo, riconoscibilicome tali, nonostante l’anonimato, su base linguistica: la loroproduzione è costituita per lo più da volgarizzamenti di ope-re latine – morali (le Lettere di Seneca) e storiografiche, tra cuil’Historia Normannorum di Amato da Montecassino e l’ano-nima Historia sicula – commissionate da un’aristocrazia loca-le ormai adeguatasi ai gusti culturali di quella transalpina.
Al termine di questa panoramica, si può insomma condivi-dere il giudizio di Benedetto Croce il quale, a quanti sottoli-neavano l’estraneità della letteratura d’oltralpe rispetto alla cul-tura italiana, faceva notare che «già la sua stessa divulgazionee penetrazione in ogni angolo d’Italia testimonia del contrario»;e inoltre che essa «era bene indigena e nazionale in quanto gl’i-taliani, appartenenti al mondo romano-germanico, vi ritrova-vano i loro ideali o uno dei loro ideali, e se la appropriavano».
luca morlino
b. croce, Poesia popolare e poesia d’arte. Studi sulla poesia italiana dalTre al Cinquecento (1933), a cura di P. Cudini, Bibliopolis, Napoli 1991,p. 173; a. roncaglia, Civiltà cortese e civiltà borghese nel Medio Evo,
in v. branca (a cura di), Concetto, storia, miti e immagini del Medioe-vo, Sansoni, Firenze 1973, pp. 269-86, specialmente p. 286; g. fole-na, Tradizione e cultura trobadorica nelle corti e nelle città venete (1976),in id., Culture e lingue nel Veneto medievale, Editoriale Programma,Padova 1990, pp. 1-137, specialmente p. 66; l. renzi, Il francese co-me lingua letteraria e il franco-lombardo. L’epica carolingia nel Veneto,in Storia della cultura veneta, a cura di G. Arnaldi e M. Pastore Stoc-chi, vol. I. Dalle Origini al Trecento, Neri Pozza, Vicenza 1976, pp. 563-589; s. asperti, Carlo I d’Angiò e i trovatori. Componenti “provenzali” eangioine nella tradizione manoscritta della lirica trobadorica, Longo, Ra-venna 1995; g. brunetti, La “Chanson d’Aspremont” e l’Italia: notesulla genesi e ricezione del testo, in «Critica del testo», VIII (2005), pp.643-68; g. holtus e p. wunderli, Franco-italien et épopée franco-ita-lienne, Winter, Heidelberg 2005; aa.vv., Modi e forme della fruizionedella materia arturiana nell’Italia dei sec. xiii e xiv, Istituto Lombardodi Scienze e Lettere, Milano 2006; m. lecco (a cura di), Poeti e poe-sia a Genova (e dintorni) nell’età medievale, Edizioni dell’Orso, Ales-sandria 2006; m. l. meneghetti, Alessandro e famiglia. La circolazio-ne dei romanzi di materia greca nell’Italia della prima metà del xiii seco-lo, in aa.vv., Mito e storia nella tradizione cavalleresca, Cisam, Spole-to 2006, pp. 347-62; s. m. barillari (a cura di), Dalla Provenza al Mon-ferrato. Percorsi medievali di testi e musiche, Edizioni dell’Orso, Ales-sandria 2007; g. lachin (a cura di), I trovatori nel Veneto e a Venezia,Antenore, Roma-Padova 2008; s. conte (a cura di), I viaggi del ‘Mi-lione’. Itinerari testuali, vettori di trasmissione e metamorfosi del ‘Devi-sement du monde’ di Marco Polo e Rustichello da Pisa nella pluralità del-le attestazioni, Tiellemedia, Roma 2008; c. di girolamo, Un testimo-ne siciliano di “Reis glorios” e una riflessione sulla tradizione stravagante,in «Cultura Neolatina», LXX (2010); Per la storia del francese e del pro-venzale nell’Italia medievale. Una bibliografia ragionata, http://www.si-fr.it/bibliografia.
40 L’età di Padova
12151210 1220 1225 1230 1235 1240 1245 1250 1255
Esortazioni alla crociata
1212Incoronazione reale
1220Incoronazione imperiale
1250Morte
1226-27Prima fase della lotta
contro i comuni lombardi1212-20
Permanenza in Germania e lotta contro Ottone IV
1229-41Seconda fase della lotta contro i comuni lombardi
1241-50Scontro con la Chiesa e il papa Innocenzo IV
1220-26Permanenza in Sicilia
1228-29Crociata
Consigli, elogi e critiche in relazione alle vicende italiane
Attese, speranze, consigli, elogi, nuove esortazioni alla crociata
Riferimenti generici a vicende italiane
Figura 18. Le principali vicende della storia di Federico II e i relativi echi nella poesia dei trovatori.