La letteratura francese e provenzale nell’Italia...

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L’Italia letteraria di espressione volgare, in origine, fu in buona parte una provincia della cultura transalpina. A dimo- strarlo sono la capillarità della diffusione nella nostra peniso- la delle due letterature medievali d’oltralpe – in lingua d’oc (provenzale) e d’oïl (antico-francese), entrambe fiorite e già mature nel xii secolo – e il loro consistente e per molti versi decisivo influsso sulla nascente letteratura italiana (cfr. fig.1). Il fenomeno, nel suo complesso, toccò gran parte delle re- gioni italiane (cfr. fig. 2) e interessò tutti i generi letterari: l’e- pica delle gesta di Carlo Magno e dei paladini di Francia; il romanzo, con le storie dei cavalieri della Tavola Rotonda e con la materia antica, in particolare troiana; la lirica dei tro- vatori provenzali e, sia pure in misura nettamente minore, dei trovieri francesi; il racconto, la storiografia, la letteratura re- ligiosa, la trattatistica didattica e persino i volgarizzamenti dal latino, talora usati come intermediari per il passaggio in italia- no ma in certi casi composti direttamente in francese da ita- liani, così come avvenne anche per gli altri generi. La singo- larità del fenomeno, rispetto ad altre aree pure soggette al- l’irradiazione delle due letterature di Francia, sta proprio nel fatto che in Italia esso non si ridusse al mero consumo dei ma- teriali letterari provenienti d’oltralpe, ma comportò la loro rie- laborazione. Questa assunse talvolta le forme della produzio- ne originale mantenendo a lungo il mezzo linguistico tradi- zionale, considerato come una risorsa espressiva inscindibil- mente legata ai diversi generi letterari: in particolare, il pro- venzale per la lirica e il francese per la narrativa e la lettera- tura didattica. Le prime testimonianze, sia pure indirette, della diffusio- ne della letteratura francese in Italia risalgono già al xii seco- lo, durante il quale cominciò ad affermarsi la moda di impor- re ai figli i nomi dei principali eroi del ciclo carolingio (a que- sto proposito sono particolarmente significativi i casi di fra- telli chiamati Orlando e Olivieri) e di quello arturiano (cfr. fig. 3). Un’altra prova della precoce conoscenza delle leggende epi- che e romanzesche francesi al di qua delle Alpi è fornita da al- cuni reperti epigrafici e soprattutto iconografici, disseminati lungo tutta la penisola – spesso non lontano dal percorso del- la via Francigena – e progressivamente più frequenti nei seco- li successivi (cfr. fig. 4). La lirica trobadorica si diffuse in Italia a partire dalla se- conda metà e soprattutto dagli ultimi decenni del xii secolo, cui risalgono le prime attestazioni tanto della presenza in Ita- lia di trovatori provenzali – in particolare di due tra i più ce- lebri, Raimbaut de Vaqueiras e Peire Vidal, il primo alla cor- te di Malaspina (1185-90) e di Monferrato (1197-1201), il se- condo tra quest’ultima e quella di Saluzzo (1195 circa) – quan- to dell’attività poetica in lingua d’oc da parte di autori italiani, La letteratura francese e provenzale nell’Italia medievale 1140 1120 1160 1180 1200 1220 1240 1260 1280 1300 1320 1340 1360 1380 1400 1420 Tracce indirette francesi Attività e produzione letteraria francese Tradizione manoscritta francese Tradizione manoscritta provenzale Attività e produzione letteraria provenzale Figura 1. Cronologia della letteratura francese e provenzale in Italia.

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L’Italia letteraria di espressione volgare, in origine, fu inbuona parte una provincia della cultura transalpina. A dimo-strarlo sono la capillarità della diffusione nella nostra peniso-la delle due letterature medievali d’oltralpe – in lingua d’oc(provenzale) e d’oïl (antico-francese), entrambe fiorite e giàmature nel xii secolo – e il loro consistente e per molti versidecisivo influsso sulla nascente letteratura italiana (cfr. fig.1).

Il fenomeno, nel suo complesso, toccò gran parte delle re-gioni italiane (cfr. fig. 2) e interessò tutti i generi letterari: l’e-pica delle gesta di Carlo Magno e dei paladini di Francia; ilromanzo, con le storie dei cavalieri della Tavola Rotonda econ la materia antica, in particolare troiana; la lirica dei tro-vatori provenzali e, sia pure in misura nettamente minore, deitrovieri francesi; il racconto, la storiografia, la letteratura re-ligiosa, la trattatistica didattica e persino i volgarizzamenti dallatino, talora usati come intermediari per il passaggio in italia-no ma in certi casi composti direttamente in francese da ita-liani, così come avvenne anche per gli altri generi. La singo-larità del fenomeno, rispetto ad altre aree pure soggette al-l’irradiazione delle due letterature di Francia, sta proprio nelfatto che in Italia esso non si ridusse al mero consumo dei ma-teriali letterari provenienti d’oltralpe, ma comportò la loro rie-laborazione. Questa assunse talvolta le forme della produzio-ne originale mantenendo a lungo il mezzo linguistico tradi-

zionale, considerato come una risorsa espressiva inscindibil-mente legata ai diversi generi letterari: in particolare, il pro-venzale per la lirica e il francese per la narrativa e la lettera-tura didattica.

Le prime testimonianze, sia pure indirette, della diffusio-ne della letteratura francese in Italia risalgono già al xii seco-lo, durante il quale cominciò ad affermarsi la moda di impor-re ai figli i nomi dei principali eroi del ciclo carolingio (a que-sto proposito sono particolarmente significativi i casi di fra-telli chiamati Orlando e Olivieri) e di quello arturiano (cfr. fig.3). Un’altra prova della precoce conoscenza delle leggende epi-che e romanzesche francesi al di qua delle Alpi è fornita da al-cuni reperti epigrafici e soprattutto iconografici, disseminatilungo tutta la penisola – spesso non lontano dal percorso del-la via Francigena – e progressivamente più frequenti nei seco-li successivi (cfr. fig. 4).

La lirica trobadorica si diffuse in Italia a partire dalla se-conda metà e soprattutto dagli ultimi decenni del xii secolo,cui risalgono le prime attestazioni tanto della presenza in Ita-lia di trovatori provenzali – in particolare di due tra i più ce-lebri, Raimbaut de Vaqueiras e Peire Vidal, il primo alla cor-te di Malaspina (1185-90) e di Monferrato (1197-1201), il se-condo tra quest’ultima e quella di Saluzzo (1195 circa) – quan-to dell’attività poetica in lingua d’oc da parte di autori italiani,

La letteratura francese e provenzale nell’Italia medievale

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Tracce indirettefrancesi

Attività e produzioneletteraria francese

Tradizione manoscrittafrancese

Tradizione manoscrittaprovenzale

Attività e produzioneletteraria provenzale

Figura 1. Cronologia della letteratura francese e provenzale in Italia.

Monferrato

Saluzzo

Savoia

Carretto

Genova

Verona Padova

Este

Milano

Calaone

Ferrara

Treviso

Venezia

Aquileia

Oramala

Pavia

Lunigiana

Pisa

Bologna

Lucca

Siena

Napoli

Messina

Arezzo

Firenze

Pistoia

Biandrate

Principali centri della letteratura francese provenzale in Italia.Dimensioni proporzionali all’importanza

Mantova

Figura 2. I principali centri della letteratura francese e provenzale in Italia.

quali il veilletz lombardtz («vecchietto lombardo») di nomeCossezen deriso nella satira letteraria di Peire d’Alvernhe(1161) e Peire de la Cavarana (o Caravana), autore di un sir-ventese d’intonazione patriottica antitedesca (1194 o forse già1157; cfr. figg. 5 e 6). Un ulteriore indizio della precoce co-noscenza della poesia trobadorica in Italia sembra provenire,per via indiretta, dai recenti affioramenti di una tradizione li-rica di area italiano-settentrionale antecedente alla fiorituradella Scuola siciliana.

La prossimità all’Occitania fece sì che il canto dei trova-tori e dei giullari risuonasse in Italia inizialmente nella regio-ne ligure-piemontese, fra le corti già nominate e quelle di Sa-voia, di Biandrate e del Carretto; ben presto però l’itineran-za costitutiva della loro professione, la fama da essi raggiun-ta o più semplicemente agognata, e la reciproca concorrenza,favorirono il loro spostamento anche verso est: in particolarenel Veneto, presso le accoglienti dimore dei marchesi d’Estee poi dei signori da Romano, celebrati in modo particolare ri-spettivamente da Aimeric de Peguilhan e Uc de Saint Circ (cfr.

fig. 7). La poesia trobadorica in Italia non attecchì comunquesoltanto nelle corti, ma anche in alcuni centri urbani. Il piùduraturo e fecondo cenacolo trobadorico italiano fu infattiquello di Genova: i trovatori italiani furono per la gran partegenovesi (tra i maggiori Lanfranco Cigala, Bonifacio Calvo,Simone Doria, Luchetto Gattilusio, Percivalle Doria), quasitutti uomini di legge. A Genova inoltre, e in particolare nellecarceri cittadine, tra il 1266 e il 1273 si svolse una parte del-l’attività letteraria di uno dei principali trovatori italiani, il ve-neziano Bartolomeo Zorzi: l’unico a cimentarsi, e con succes-so, nell’ardua prova poetica della canzone sestina (cfr. fig. 8).

Tra le corti e le città dell’Italia settentrionale si istituiro-no per giunta, sin dagli inizi del Duecento, scambi proficuiper la diffusione e la tradizione della poesia in lingua d’oc, co-me dimostrano le vicende biografiche del trovatore bologne-se Rambertino Buvalelli, che celebrò Beatrice d’Este e fu po-destà a Brescia, Milano, Parma, Mantova, Modena e Genovanei primi due decenni del Duecento. Ma si dovrà ricordare an-che l’intensa e ricercata attività di ordinamento e compilazio-

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Capua(1131)

Biandrate(1167)

Novara(1161)

Vercelli (1157)

Rovero(1122)

Cremona

Parma(1174)

Vicenza(1181)

Genova

Lucca

Pisa

Pavia

Tortona Ferrara(1176)

Ravenna(1183)

Este (1182)Padova

Monselice

Treviso(1138)

Venezia

la coppia Orlando-Olivieri

Artù

1183

1167

(Liber Maiorichinus)1115-35

1136, 1151, 1157, 1178, 1187

1145 (?)

1181

1114, 1169

1170, 1197

1150, 1172

1114, 1132, 1145, 11481177, 1192

1127, 1178, 1183, 1192

Figura 3. Onomastica carolingia e arturiana in Italia. Le attestazioni più antiche e significative (xii sec.): la coppia Orlando-Olivieri (O); Artù (A).

Domodossola

Frugarolo

Mantova

Modena

Roma

Casaluce

Otranto

Palermo

Brindisi

Nepi

Fidenza

Treviso

Sesto al ReghenaUdine

Pordenone

Verona

Bassano delGrappa

CoredoCastel Rodengo

CastelRoncolo

Manta

I modelli di queste testimonianze sono costituiti dalle versioni medio-altotedesche degli originali francesi

Castello. Ciclo di affreschi con la Fontana della giovinezza,tema ripreso dalla narrativa francese medievale, e personaggi ispirati dallo Chevalier Errant di Tommaso III di Saluzzo, tra i quali Carlo Magno e re Artù, post 1420

Torre di Pio V. Ciclo di affreschi con scene dal Lancelot du Lac,fine del xiv sec.

Torre di destra della facciata della Cattedrale. Bassorilievi con storie diBerta, Milone e Rolandino, 1230-40

Palazzo Chiaramonte. Affreschi con episodi di materia carolingia e arturiana, 1377-80

Abbazia di San Paolo alle Tre Fontane. Ciclo di affreschi di Carlo Magno, 1152-61 circa

Castello. Affreschi con imprese diGuillaume d’Orange, xiv sec.

Mosaico pavimentale della Cattedrale. Scena con re Artù a cavallo di un ariete, 1163

Atrio della Cattedrale. Iscrizione lapidea che riporta il giuramento civico del 1131: per i trasgressori si prevede la pena comminata a Gano di Maganza, il traditore di Orlando

Loggia comunale. Ciclo di affreschi con scenedal Roman de Troie, 1360 circa

Palazzo Ricchieri. Ciclo di affreschi con storie di Tristano e Isotta, e altri temi di soggetto cavalleresco e allegorico, inizio del xv sec.

Palazzo Nero. Ciclo di affreschi di materia carolingia, xv sec.

Ciclo di affreschi con scene dall’Iwein di Hartmann von Aue, inizi del xiii sec.

Ciclo di affreschi di materia arturiana, 1388

Abbazia di Santa Maria in Sylvis. Ciclo di affreschi con scene dalla Chanson d’Otinel, inizio del xiv sec.

Dimora ezzeliniana. Affresco cortese di soggetto trobadorico, 1240-60

Portale di San Zeno. Bassorilievi di Orlando e Ferraguto, 1138Portale del Duomo. Bassorilievi di Orlando e Olivieri, 1139

Loggia dei Cavalieri. Ciclo di affreschi con episodi dal Romande Troie e scene di vita cortese, 1276-77.Palazzo Collalto (ora Museo civico). Ciclo di affreschi con scene dalla Chanson d’Otinel, ultimo quarto del xiv sec.

Duomo. Portale della Pescheria: arco e architrave.Bassorilievi con Artù e Galvano e con episodi dal Romande Renart, 1130 circaTorre Ghirlandina. Bassorilievo di Orlando, 1169-79.

Palazzo dei Gonzaga. Pisanello, ciclo di affreschi di materia arturiana, 1447-55

Mosaico pavimentale della Cattedrale. Scene della battaglia di Roncisvalle, 1178

Architrave della collegiata dei Santi Gervasio e Protasio.Bassorilievi con episodi tratti dalla Chanson de Roland, fine del xii sec.

Figura 4. Iconografia ed epigrafia cortese e cavalleresca in Italia.

ne dei testi trobadorici in una serie di manoscritti antologici(canzonieri), svolta soprattutto da alcuni professionisti dellaparola scritta – magistri, giuristi, notai – al servizio dei più va-ri committenti: signori feudali, ottimati cittadini, ricchi mer-canti. Tra questi intellettuali urbani figura Ferrarino da Fer-rara, l’ultimo trovatore italiano, che compilò un florilegio diestratti lirici di contenuto didattico-morale.

Gli stessi canzonieri testimoniano, probabilmente megliodi ogni altro dato, la profondità del legame tra l’Italia e la liri-ca trobadorica, perché la tradizione manoscritta di quest’ulti-ma è in larga parte italiana, e in particolare veneta: si trattadi una ventina di manoscritti risalenti ai secoli xiii-xiv (il piùantico è del 1254), alcuni dei quali decorati da preziose mi-niature che spesso ritraggono i trovatori (cfr. figg. 9 e 10). Percomprendere l’importanza di questi codici per la cultura ita-liana, basti dire che alcuni di essi e altri, perduti, sono statiletti da Dante e Petrarca, e poi studiati – prima che dagli spe-cialisti moderni – da Pietro Bembo e da altri letterati tra Cin-que e Settecento: Colocci, Equicola, Varchi, Barbieri, Ca-stelvetro, Tassoni, Crescimbeni, Tiraboschi.

La diffusione della poesia trobadorica nelle città italianecomportò un suo parziale adeguamento ai valori della nascentesocietà borghese comunale, valori ben diversi e per certi aspet-ti antitetici alla morale cortese di cui tale poesia nel corso delxii secolo era stata la più raffinata espressione letteraria; si ve-rificò pertanto un processo di mediazione tra queste due po-larità ideologiche e culturali, un compromesso sintetizzabilenella definizione – solo apparentemente paradossale – di «cor-tesia borghese» coniata da Aurelio Roncaglia. Le complessitàfilosofiche dell’amore trobadorico – un amore impossibile,ostacolato dalla distanza (sentimentale, sociale o geografica)tra l’amata e l’amante, ma al contempo un amore della di-stanza, un amore dell’amore, cioè di quella tensione spiritua-le che garantisce l’affinamento interiore, tanto etico quantoteoretico, e fa sorgere la stessa poesia – si attenuarono e sistinsero così in una poesia convenzionale, in un’etichetta piùcortigiana che cortese, appannaggio delle ambizioni letterariee delle aspirazioni sociali di borghesi e nobili di basso rango.Tra questi ultimi spicca il mantovano Sordello, il più celebrefra i trovatori italiani: capace di elevarsi, in virtù di una gran-de abilità retorica e di un notevole fiuto politico, dagli irre-quieti esordi giullareschi sino alla singolare affermazione poe-tica e diplomatica nelle corti provenzali, che gli fruttò feudiin Piemonte e in Abruzzo per concessione di Carlo I d’Angiò(cfr. fig. 11).

La poesia trobadorica in Italia non si limitò comunque altema amoroso e al corrispondente genere lirico della canzone,spesso declinato in elogi di maniera delle dame delle corti. Co-me e forse più che in Provenza, si trattò anche di poesia poli-tica: quindi di sirventesi caratterizzati da violente invettive epolemiche prese di posizione sull’attualità, mediante le qualii trovatori furono artefici e strumento di propaganda della vo-lontà dei loro signori. La comune funzione encomiastica per-mise peraltro l’intreccio dei due temi anche all’interno dello

stesso componimento, talora anche in forma metaforica e lu-dica; così nel Carros («Carroccio», 1200-201) di Raimbaut deVaqueiras, che mette in scena una battaglia giocosa tra le da-me eminenti delle corti dell’Italia settentrionale secondo leforme delle guerre comunali dell’epoca, o nella Treva di Gui-lhem de la Tor (1213-15), che rappresenta invece la «Tregua»successiva a un’analoga disputa descritta da Aimeric de Pegui-lhan in un testo andato perduto.

La dimensione ludica costituisce un aspetto significativodella produzione trobadorica d’Italia, che comprende inoltrevarie tenzoni e scambi di coblas («strofe») caratterizzati daaccenti giocosi, polemici e satirici, riconducibili in particola-re alla corte dei marchesi d’Este: là dove Aimeric de Pegui-lhan, Guilhem Figueira, Sordello e altri poeti diedero vita – se-condo l’interpretazione di Gianfranco Folena – a una sorta di«accademia tabernaria» parallela all’«accademia cortese». An-cora, entro l’ambito del filone dialogico della poesia trobado-rica composta in Italia, va segnalata l’occasionale partecipa-zione in prima persona di alcuni signori: il marchese Lanciadi Saluzzo, Alberto Malaspina, Oberto di Biandrate, Alberi-co da Romano, Tommaso di Savoia.

La letteratura francese e provenzale nell’Italia medievale 31

Poesie trobadorichecomposte in Italia o

facenti comunque riferimento a vicende italiane

15%

Totale della produzionetrobadorica conservata

Figura 5. La poesia trobadorica e l’Italia.

Poesie di trovatori italiani6,7%

Totale della produzionetrobadorica conservata

Figura 6. I trovatori italiani.

L’espansione dell’Occitania oltre i suoi effettivi confinicomportò nella sua periferia italiana anche altre, necessarie,forme di mediazione, consistenti in una serie di strumenti disupporto alla lettura e alla composizione della poesia troba-dorica: per esempio il Donatz proensals (1243), una gramma-tica della lingua d’oc a uso degli italiani composta da Uc Fai-dit (forse Uc de Saint Circ), e la Doctrina d’acort (1282-96),un manuale di poetica in versi ricalcato su un modello d’ol-tralpe da Terramagnino da Pisa. In Italia, inoltre, alla poesiasi affiancò la prosa delle vidas e delle razos, brevi biografie de-gli autori e commenti dei loro testi lirici caratterizzati da trac-ce germinali di storiografia letteraria sul modello degli acces-sus ad auctores mediolatini; all’invenzione lirica si sostituì co-sì l’esposizione narrativa, e all’io lirico la terza persona dell’au-tore come personaggio (spesso di vicende inventate, o ricava-te ad arte dalle sue stesse poesie).

Qualche decennio dopo Bartolomeo Zorzi, nelle carceri ge-novesi fu detenuto un altro e ancor più celebre veneziano, Mar-co Polo. Proprio lì egli incontrò Rustichello da Pisa, con il qua-le compose in un francese ricco di italianismi il Devisement doumonde, meglio noto come Milione (1298), straordinario librodi viaggi e di meraviglie in cui realtà e fantasia, descrizione eracconto, esperienza di vita e carica visionaria si fondono co-me in un caleidoscopio: un’opera caratterizzata da un fasci-no suggestivo e da una fortuna capace – attraverso numero-

se traduzioni e rielaborazioni – di travalicare l’epoca medie-vale. La collaborazione di un veneziano e di un pisano a untesto francese così significativo permette di fotografare conbuona approssimazione lo stato della diffusione della linguad’oïl in Italia fra Due e Trecento, una diffusione di cui Ve-nezia e l’entroterra veneto da un lato, Pisa e la Toscana nord-occidentale dall’altro, sono stati i principali centri propulsivi.

A Venezia già intorno al 1205 circolava il Roman de Troiedi Benoît de Sainte-Maure che, assieme ad altri romanzi fran-cesi di materia greca (il Roman d’Alexandre, il Florimont di Ai-mon de Varennes, il Partenopeus de Blois), ha catalizzato pertutto il xiii secolo l’interesse di una classe dirigente natural-mente proiettata verso l’Adriatico e l’oltremare, a maggior ra-gione dopo la quarta crociata e la spartizione dell’Impero bi-zantino. Questa prospettiva politico-culturale si riflesse anchenelle Estoires de Venise (1267-75), una cronaca scritta in fran-cese – essendo ormai questa la lingua di comunicazione inter-nazionale, in particolare nell’Oriente latino – dal venezianoMartin da Canal a esaltazione della sua città, probabilmenteper incarico del doge Ranieri Zeno. Nella propria esigenza diautocelebrazione Venezia non trascurò l’entroterra, contrap-ponendovisi come in uno specchio rovesciato nelle stesse Estoi-res del Canal e ancor più nelle Prophéties de Merlin (1272-79):una sorta di romanzo propagandistico composto da un guelfoveneziano il quale, celandosi sotto il nome fittizio di Maistre

32 L’età di Padova

Albert0, Gugliemoe Corrado Malaspina

Azzo VI eAzzo VII d’Este

Albericoda Romano

Ottone IV del Carretto

Tommaso IIdi Savoia

Manfredi I eManfredi II

Lancia di Saluzzo

Uberto di Biandrate

Bonifacio I di Monferrato

Figura 7. I protettori italiani dei trovatori. Le dimensioni dei quadrati sono proporzionali al numero dei testi che menzionano i relativi signorio che sono stati verosimilmente composti nelle rispettive corti.

Richart d’Irlande, intreccia alla tradizionale materia arturia-na – nota nel Veneto anche attraverso gli altri romanzi delGraal e di Tristano – una ricca messe di allusioni alla recentetirannide di Ezzelino III da Romano nella Marca Veronese-Trevigiana.

L’acclimatazione alla realtà locale contemporanea appareancora più sensibile nel campo dell’epica carolingia, che in areaveneta e più in generale padana andò incontro a una progres-siva metamorfosi ideologica, inquadrabile nel fenomeno del-la «cortesia borghese» cui si è già accennato a proposito dellalirica trobadorica. La chanson de geste francese rifletteva in-fatti il modello cristallizzato della società feudale transalpina,culminante nella figura sacrale e taumaturgica del re, CarloMagno; ma la sua diffusione in un contesto socio-politico or-mai profondamente diverso, quale quello della nuova civiltàborghese comunale dell’Italia settentrionale due-trecentesca,comportò il riuso di modelli alternativi e soprattutto la par-ziale decostruzione e risignificazione di quello principale.

Si spiegano così, da un lato, la fortuna italiana del ciclo deivassalli ribelli (Chevalerie Ogier, Aye d’Avignon, Gui de Nanteuil,Renaut de Montauban) e di quello di Guglielmo d’Orange (Aliscans,Fouque de Candie, Prise de Narbonne), in cui il re appare in tor-to o in difficoltà; dall’altro, l’ampia gamma di scarti e novitàrispetto ai modelli francesi che contraddistingue in manieraprogressivamente crescente le relative trascrizioni e le rielabo-razioni e le produzioni originali effettuate in area padano-ve-neta. Tutte queste opere sono caratterizzate da un grado va-riabile di interferenza dei volgari alto-italiani sulla base lin-guistica francese, oscillante – secondo la minore o maggiore ri-levanza e consapevolezza stilistica di tale fenomeno – tra le due

polarità ideali del cosiddetto francese di Lombardia (nel sensomedievale del toponimo, equivalente cioè all’Italia padana) edel cosiddetto franco-veneto o franco-lombardo (cfr. fig. 12).

In base a quanto è possibile ricostruire, queste tre tipolo-gie testuali dovettero susseguirsi nel tempo: le trascrizioni ele rielaborazioni si collocano tra la seconda metà del xiii e l’i-nizio del xiv secolo, mentre le produzioni originali apparten-gono decisamente a quest’ultimo (cfr. fig. 13). Esse, non a ca-so, corrispondono a tre diverse fasi di un processo di evolu-zione storico-letteraria e sociale: la prima, consistente nellecopie di alcune chansons de geste francesi (Roland, Aliscans,Anseïs de Carthage, Aspremont, ecc.), rivela ancora una so-stanziale adesione all’ideologia feudale; la seconda contrap-pone invece alla concezione nobiliare una visione del mondoprevalentemente borghese e popolare, che emerge con una for-za anche ludica e parodica nella Geste Francor, ampia e sugge-stiva compilazione di poemetti ordinati secondo la cronologiadella dinastia carolingia (Bovo d’Antona, Berta da li pè grandi,Karleto, Berta e Milon, Enfances Ogier, Rolandin, ChevalerieOgier, Macaire), rimaneggiati con grande libertà e forse, nelquarto e nel sesto caso, composti anche ex novo; mentre la ter-za riflette la progressiva trasformazione della parte più po-tente della borghesia in una nuova aristocrazia, basata sulcenso anziché sul sangue. Quest’ultima tipologia comprende:l’indiscusso capolavoro di tale produzione, l’Entrée d’Espagne(1330-40), in cui un anonimo padovano dotato di una culturaper certi versi preumanistica racconta l’antefatto della Chan-son de Roland provando a gareggiare con il modello; la conti-nuazione della stessa Entrée (nota anche come Prise de Pampe-lune) da parte di Niccolò da Verona, autore anche della Phar-

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0

10

18

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20

25

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4040

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Sordello

Lanfranco Cigal

a

Bonifacio Calvo

Bartolom

eo Zorzi

Rambertino Buvale

lli

Simone Doria Palais

LuchettoGatti

lusio

Nicoletto

da Torino

Peirede la Mula

AlbertoMalas

pina

Alberico da Rom

ano

Percivall

e Doria

Giacomo Grillo

Dante da Maiano

Umbertodi Biandrate

Figura 8. Numero dei componimenti conservati dei principali trovatori italiani.

sale (1343) e di una Passion; l’Huon d’Auvergne (ante 1341),chanson de geste arricchita da elementi della letteratura di viag-gi e visioni oltremondani, e in particolare dal modello dante-sco; la Guerra d’Attila (1358-68) di Niccolò da Casola, prolis-so collettore di leggende attilane diffuse nell’Italia nord-orien-tale; infine l’Aquilon de Bavière (1379-1407) di Raffaele daVerona, in cui la materia carolingia è rifusa nella forma di unromanzo cavalleresco in prosa e intrecciata a tutti i temi ca-ratteristici di tale genere.

Uno degli aspetti più significativi di tutte queste opere con-siste nella progressiva trasformazione del personaggio di Car-lo Magno, che da eroe epico divenne una figura romanzesca:passibile pertanto di denigrazione o parodia, ma anche di cri-tica e opposizione politica in quanto immaginario alter ego del-l’imperatore tedesco, avversario per antonomasia delle cittàdel Nord Italia. Proprio in contrapposizione alla figura di Car-

34 L’età di Padova

Napolixiii-xiv sec.

Mantovaxiv sec.

Venetoxiii-xiv sec.

Firenzexv sec.

Gubbioxiv sec.

Figura 10. La geografia dei canzonieri trobadorici di origine italiana.

Testimoni di origine italiana

55%

Testimoni di origine provenzale

20%

Testimoni di origine francese

15%

Testimoni di origine catalana

10%

Figura 9. Il ruolo dell’Italia nella tradizione manoscritta trobadorica.

lo Magno, rappresentativa dell’antica nobiltà ereditaria, si ri-scontra poi l’emergere di altri personaggi – a partire da un Or-lando sensibilmente diverso rispetto a quello della tradizionefrancese – eletti invece a campioni della nobiltà d’animo equindi di una nuova cavalleria, fondata borghesemente sul me-rito anziché sulla nascita.

Si deve inoltre osservare l’introduzione di personaggi, luo-ghi (cfr. fig. 14), leggende, temi e motivi specificamente ita-liani, antecedenti o successivi alla vicenda carolingia e capacidi sostituirsi in parte o anche interamente a essa, come peresempio la lotta contro gli unni di Attila o quella tra Imperoe Papato; quindi la graduale riabilitazione dei lombardi (gliitaliani in genere e più in particolare quelli del Nord) dallo ste-reotipo tradizionale di vigliaccheria e scarsa combattività, alpunto che essi divennero anzi una sorta di élite cavalleresca;infine la comparsa della funzione encomiastica in alcune trale opere più tarde, scritte o comunque lette nelle corti dellenascenti signorie padane (Estensi, Gonzaga, Visconti-Sforza),nelle cui ricche biblioteche si è raccolta la gran parte dei ma-noscritti e testi francesi – epici e romanzeschi ma anche di-dattici e religiosi – copiati e composti tra Veneto, Lombardiaed Emilia fra xiii e xiv secolo (cfr. figg. 15 e 16).

A tal proposito, se risulta spesso difficile precisare in ter-mini puntuali l’origine di diversi manoscritti e testi francesid’Italia, che per necessità devono quindi essere attribuiti ge-nericamente all’area padana, è comunque possibile riconosce-re il ruolo importante svolto da Bologna nella storia dell’e-spansione del francese nella nostra penisola. Al capoluogo emi-liano rimandano infatti vari dati relativi alla copia e alla cir-colazione di codici francesi tra xiii e xiv secolo: circolazionesituabile lungo un asse che lega appunto Bologna a Padova, eprobabilmente connessa alla presenza negli studia di entram-be le città di nationes universitarie transalpine. Durante la pri-gionia bolognese di re Enzo (1249-72), inoltre, il cremonese Da-niele Deloc volgarizzò per lui in francese le versioni latine delMoamin e del Ghaatrif, due trattati sulla caccia con cani e fal-coni, di origine rispettivamente araba e persiana. Allo stessoarco di tempo risale poi la testimonianza di canti de dominoRolando et Oliverio nel cortile del comune di Bologna, men-tre di poco più tardi sono alcuni testi lirici d’oïl conservati neiMemoriali bolognesi. Né va dimenticato, al di là del confinenord-orientale della Marca Trevigiana, il Friuli, interessatoanch’esso dalla circolazione di codici francesi (di materia ar-turiana) e probabilmente anche provenzali: una circolazione

La letteratura francese e provenzale nell’Italia medievale 35

Goito

Novara

Abruzzo

Civitaquana

Palena

Oramala (?)Provenza

Saragozza

León

Mauléon

Aix

Marsiglia BrignolesPignansSaint-Rémy

AupsReiz

Rodez

Montlaur

Foix

Tolosa PosquièresMontpellier

Baus

Narbona

Galizia

Brescia

Mantova Este

Verona Vicenza

AixA

Goito: n. 1200 circaMantova: nel 1215-16 vi è podestà il trovatore

bolognese Rambertino BuvalelliEste: 1220 circaBrescia: (?) 1220-21Verona: 1222-26 (nel 1226 rapisce Cunizza,

moglie di Rizzardo di San Bonifacio)Treviso: 1227 (matrimonio con Otta di Strasso)Vicenza: 1227-28Provenza: 1228-29Saragozza: 1230 circaLeón: 1230 circaGalizia: (?) 1230 circa. È comunque certa la fama di

Sordello presso alcuni trobadores galego-portoghesiLeón: 1230 circaMauléon: 1231

Provenza: 1231-66Aix: sede della corte di Raimondo Berengario IV di Provenza

(m. 1245) e poi di Carlo d’Angiò (fino al 1266), dove Sordello visse per molti anni

Rodez: sede della corte di una dama (Guida) celebrata da SordelloAups: sede della corte di Blacatz, signore compianto da Sordello

in una celebre poesiaBaus: 1252-57Montpellier: 1241Marsiglia: 1252Riez: 1257Saint-Rémy: 1257Brignoles: 1259Pignans: 1259Novara: 1266 (dove fu anche in prigione)Abruzzo: m. 1269

Figura 11. L’itinerario di Sordello da Goito, l’unico trovatore italiano ad avere avuto successo oltralpe.

favorita dal mecenatismo della corte patriarcale plurilingue diAquileia, dove agli inizi del Duecento, sotto il patriarcato diWolfger von Erla (1204-18), Tommasino da Cerclaria com-pose in medio-altotedesco il Wälscher Gast (1215-16), in cuirielaborò un suo precedente poema didattico-morale scritto inprovenzale, purtroppo non conservato.

Il già citato Rustichello da Pisa, prima di redigere il De-visement dou monde con Marco Polo, aveva già scritto in fran-cese una compilazione romanzesca in prosa, nota corrente-mente con il titolo di Meliadus (1270-74), in cui rielaborò me-diante un abile uso dell’entrelacement la materia e l’ideologiaarturiana desunte dai tre grandi cicli in cui queste avevanopreso forma nella narrativa francese primo-duecentesca: il Tri-stan en prose, il Lancelot-Graal e il Guiron le Courtois. Questitre cicli si diffusero ampiamente in Italia, in particolare nellaLiguria e nella Toscana nord-occidentale, attraverso un assetra Genova e Pisa. La compilazione di Rustichello svolse unruolo importante nella fortuna di tale letteratura, contribuen-do a fornire agli autori dei successivi volgarizzamenti e dei ri-facimenti italiani – non solo toscani – una modalità di riela-borazione dell’universo arturiano consistente nella selezionee nel montaggio di episodi particolarmente significativi svin-colati dal contesto narrativo originario e spesso dotati di nuo-ve forme e funzioni, a seconda anche del diverso pubblico:aristocratico, borghese o popolare.

Allo stesso Rustichello risale inoltre un nucleo tematico-ideologico peculiare della tradizione italiana: la distinzione ela contrapposizione tra la «Tavola Rotonda» dei cavalieri dire Artù e la «Tavola Vecchia» dei loro antenati.

Parallela ai volgarizzamenti e ai rifacimenti, riguardantisoprattutto la materia tristaniana, è la ricca tradizione mano-scritta di questi cicli romanzeschi, spesso particolarmente at-tiva e quindi dovuta a copisti dotati di una discreta padro-nanza del francese: tale è, in particolare, il caso di alcuni te-stimoni del Guiron le Courtois, il romanzo arturiano proba-bilmente più diffuso nelle corti italiane fra xiv e xv secolo. Latradizione manoscritta francese d’Italia non si limitò comun-que ai romanzi in prosa o – per dirla con Dante – alle prose diromanzi: comprese tanto i testi in versi, soprattutto quelli dimateria greca già citati per la loro fortuna veneziana (il Ro-man de Troie si diffuse comunque anche nelle versioni prosi-ficate), quanto prose di altro argomento, storiografico, reli-gioso e in senso lato didattico, ovvero le alie ystorie ac dotrinecon cui Dante conclude l’esposizione degli usi letterari dellalingua d’oïl nel De vulgari eloquentia.

Le conoscenze francesi e provenzali di Dante dovettero es-sere buone, ma i luoghi di tale apprendimento non possonoessere individuati con precisione, dati i numerosi spostamen-ti del poeta. L’autore della Commedia scrisse in lingua d’oc iversi 140-47 del canto XXVI del Purgatorio e si servì del fran-

36 L’età di Padova

francese di Lombardia

Realizzazioniintermedie

franco-veneto o franco-lombardo

antico-francese

antico-francese

antico-italiano

settentrionale

Interferenzalinguistica

Lingua mista

antico-italiano

settentrionale

Figura 12. Due polarità linguistiche ideali: francese di Lombardia e franco-veneto o franco-lombardo.

12601250 1270 1280 1290 1300 1310 1320 1330 1340 1350 1360 1370 1380 1390 1400 1410 1420

Trascrizioni

Rielaborazioni

Produzionioriginali

Figura 13. L’epica carolingia nel Veneto: un’evoluzione storico-letteraria.

cese, alternandolo al latino e al volgare materno, nella canzo-ne Aï faux ris, che ormai la critica tende ad attribuirgli conmeno dubbi rispetto al passato. In ogni caso, le due lettera-ture d’oltralpe raggiunsero certamente anche Firenze, desti-nata a succedere a Pisa come centro economico e culturale del-la Toscana, e innervarono di temi, motivi e forme la produ-zione nel volgare autoctono, ormai assurto a piena legittimitàletteraria, anche grazie al fondamentale contributo di nume-rosi gallicismi.

In lingua d’oc poetarono eccezionalmente anche Dante daMaiano e il pistoiese Paolo Lanfranchi, impiegando però laforma tutta italiana del sonetto; mentre l’uso della lingua d’oïlda parte del fiorentino Brunetto Latini per il suo enciclope-dico Tresor (1260-66) va almeno in parte visto sotto un’altraluce: quella del suo esilio in Francia, che rese il francese nonsoltanto lingua di cultura internazionale ma anche lingua del-l’emigrazione; e non solo per Brunetto, come testimoniano icasi all’incirca coevi di Aldobrandino da Siena, medico in Fran-

La letteratura francese e provenzale nell’Italia medievale 37

Teatro di molti episodi, in quasi tutte le branches dell’opera

Vi passano Berta e Milone

Vi passano Berta e Milone

Principale teatro dell’azione in terra italiana.Nella chiesa di Santa Sofia si rifugia il giovane Carlo per difendersi dall’assalto dei soldati del papa

Vi passano Berta, Milone e Orlando,poi Carlo Magno con il suo esercito, infine vi si celebrano le nozze tra Berta e Milone

Luogo di passaggio tra la Lombardiae Roma in diversi punti dell’opera

Nel testo è chiamata Besgora e vi passa Uggeri il Danese

Vi passa Carlo Magno con il suo esercito

Luogo di nascita di Aleris, portatoredell’orifiamma dei francesi

Vi passano Berta e Milone; vi nasce Orlando, loro figlioed eroe principale delle gesta francesi

Luogo d’imbarco per l’Oriente, prima per gli ambasciatori diCarlo Magno, poi per il boscaiolo Varocher e la regina Biancofiore

Nel testo è chiamata Marmora e suo signore è Maximo Çude (Massimo Giudeo), epiteto dietro cui si cela probabilmente Ezzelino III da Romano il Tiranno

Vi passano Berta e Milone,Uggeri il Danese, Orlando

Lombardia(Italia padana)

Romagna

Toscana

Puglia

Pavia

Vercelli

Torino

Susa

Monginevro

Santiagode Compostela

Sacra diSan

Michele

Ivrea

Gran San Bernardo

Mantova

RavennaImola

VeronaVenezia

Roma

Gerusalemme

Valle di BaccanoSutri

Viterbo

Siena

San Gimignano

Lucca

Genova

Imperia

Ventimiglia

FidenzaPiacenza

Percorso della via Francigena

Figura 14. I paladini di Francia in Italia. La geografia italiana della Geste Francor.

cia e autore del Régime du corps, e di Filippo da Novara, au-tore di storia, diritto e morale in lingua d’oïl vissuto sin dagiovane negli stati crociati al servizio delle dinastie francesiivi regnanti. A questi si può inoltre aggiungere il caso moltopiù tardo di Tommaso III di Saluzzo, che scrisse Le chevaliererrant (1394-96 o 1401-405) – un vasto romanzo allegorico-di-dattico che mescola versi e prosa, storia e finzione, eroi anti-chi e cavalieri medievali con un gusto enciclopedico e nostal-gico tipicamente tardo-gotico da autunno del Medioevo – du-rante il suo lungo soggiorno parigino: ciò che limita l’effetti-va produzione francese in Piemonte alla sola Bataille de Ga-menario, un poemetto anonimo che narra in stile epico-storicolo scontro militare del 1345 tra i guelfi e i ghibellini locali.

Tornando a Rustichello, andrà notato che egli rivela di averscritto il Meliadus su commissione di Edoardo I d’Inghilterra.

Il presunto incontro tra i due avvenne probabilmente in Sici-lia, o forse in Terra Santa; se invece si trattasse soltanto di unartificio retorico volto a conferire autorità all’opera, comun-que esso rientrerebbe idealmente in quella grande direttriceche, nell’età delle crociate, congiunse l’Inghilterra e la Fran-cia all’Italia e quindi all’Oriente latino. Tale linea è stata fon-damentale per la stessa espansione del francese nella penisolaitaliana, che riguardò – non a caso – soprattutto le aree più at-tive nelle imprese militari-commerciali d’Oriente. Tra queste,per ragioni non solo logistiche, fu anche la Sicilia normanna,dove nell’ultimo quarto del xii secolo i legami con la madre-patria e l’Inghilterra s’intensificarono grazie alle nozze di Gio-vanna, figlia di Enrico II Plantageneto ed Eleonora d’Aqui-tania, con Guglielmo II d’Altavilla (1177), e grazie al soggior-no di Riccardo Cuor di Leone, fratello di Giovanna, a Messi-na prima della terza crociata (1190-91).

Se pure la Sicilia normanna non fu, verosimilmente, un cen-tro di effettiva produzione letteraria francese, assieme alla Ca-labria e alla Puglia – soggette alla stessa corona – essa diven-ne comunque lo scenario di alcuni testi d’oïl coevi: tra questila Bataille Loquifer, l’Ipomedon e soprattutto la Chanson d’A-spremont, che ebbe grande fortuna in Italia, oltre al più tardoFloriant et Florete, che narra della sopravvivenza di Artù sul-l’Etna riprendendo la leggenda divulgata per la prima volta inlatino da Gervasio di Tilbury, di cui è documentata la pre-senza alla corte di Guglielmo II (cfr. fig. 17).

Al seguito dei loro signori diretti verso la Terra Santa, nel1190-91 passarono per la Sicilia alcuni trovatori provenzali,tra cui Giraut de Borneil: un testo del quale è trasmesso an-che da un testimone siciliano extravagante che costituisce l’u-nica reliquia della circolazione della lirica trobadorica nell’i-sola. Essa è documentata indirettamente anche dalle nume-rose riprese tematiche e formali da parte dei rimatori dellaScuola poetica sorta attorno all’imperatore svevo Federico II.La corte itinerante di quest’ultimo conobbe sicuramente testiprovenzali e anche francesi, come il Guiron le Courtois cui fariferimento una lettera imperiale del 1240. Tuttavia nessuntrovatore, nemmeno il più ghibellino, fu mai accolto presso lacuria federiciana: e ciò nonostante le molte lusinghe e i ripe-tuti tentativi di avvicinamento (cfr. fig. 18), respinti con fa-stidio e imperiale distacco da Federico, il cui progetto politi-co-culturale consisteva nella promozione del volgare locale.

Dopo la fine dell’esperienza sveva, l’insediamento della di-nastia angioina sul trono di Napoli e di Sicilia (1266) rese il fran-cese la lingua ufficiale della corte e dell’amministrazione regia,a fianco del latino; sul piano dell’espressione letteraria, inoltre,esso sostituì ogni possibile opzione a favore del volgare locale,aulico e curiale o meno, proprio perché quest’ultimo era statoil veicolo privilegiato del progetto federiciano, di cui furono ri-mosse completamente le tracce. Al seguito di Carlo I d’Angiò,che in precedenza era stato conte di Provenza e che fu ancheautore di versi, giunsero a Napoli e nel Mezzogiorno trovatoriprovenzali e trovieri francesi: tra questi uno dei maggiori poe-ti in lingua d’oïl, Adam de la Halle, che morì proprio a Napo-

38 L’età di Padova

Gonzaga(1407)

Estensi(1436)

Visconti-Sforza(1459)

1000 80604020

Libri latini Libri francesi

Libri greciLibri italiani

Figura 15. La parte dei libri francesi nelle biblioteche signorili del-l’Italia settentrionale del Quattrocento.

Gonzaga(1407)

Estensi(1436)

Visconti-Sforza(1459)

1000 80604020

Letteratura didattica

Letteratura religiosa

Epica

Storia

Lirica

Romanzo:

di materia arturiana

di materia antica

Altra narrativa

Figura 16. I generi letterari dei libri francesi conservati nelle biblio-teche signorili nell’Italia settentrionale del Quattrocento.

La letteratura francese e provenzale nell’Italia medievale 39

Ducato di Normandia

Stati crociati

MessinaCapo d’Orlando

CapoOlivieriMongioia

MonteGioiosa

Aspromonte

BagnaraCalabra

Etna

Palermo

1130-94

1194-1250

xii-xiiisec.

Regno normanno

d’Inghilterra

Imperodegli

Hohenstaufen

I paladini di Carlo Magno protettori dei pellegrini lungo un tratto difficoltoso della strada fra Palermo e Messina

Toponimo ricollegato dalla leggenda al paladino Rinaldo di Montalbano

Teatro leggendario di un incantesimo della Fata Morgana, sorellastra di re Artù

Dimora leggendaria di re Artù

Principali luoghi dell’azione della Chanson d’Aspremont

Toponimo ricollegato dalla leggenda al francese monjoie, orifiamma e grido di guerra di Carlo Magno

Toponimo ricollegato dalla leggenda a Gioiosa, nome della spada di Carlo Magno

Montalbano

Gerusalemme

Figura 17. La Sicilia, al centro di una direttrice politico-militare tra il Nord Europa e la Terra Santa, è con la Calabria teatro di leggende ca-rolinge e arturiane.

li nel 1288, dove fra l’altro curò la rappresentazione scenica delsuo Jeu de Robin et Marion e compose la Chanson du roi de Sici-le, celebrazione poetica della vittoria angioina contro gli Svevi.

Nella prima età angioina, Napoli fu soprattutto un im-portante e fecondo centro di copia di codici francesi e in mi-sura minore anche provenzali, oltre che uno spazio privile-giato di produzione letteraria per gli autori ospiti della corteprovenienti dalla Francia. Più tardi, nel corso del Trecento,l’uso del francese si estese ad autori del luogo, riconoscibilicome tali, nonostante l’anonimato, su base linguistica: la loroproduzione è costituita per lo più da volgarizzamenti di ope-re latine – morali (le Lettere di Seneca) e storiografiche, tra cuil’Historia Normannorum di Amato da Montecassino e l’ano-nima Historia sicula – commissionate da un’aristocrazia loca-le ormai adeguatasi ai gusti culturali di quella transalpina.

Al termine di questa panoramica, si può insomma condivi-dere il giudizio di Benedetto Croce il quale, a quanti sottoli-neavano l’estraneità della letteratura d’oltralpe rispetto alla cul-tura italiana, faceva notare che «già la sua stessa divulgazionee penetrazione in ogni angolo d’Italia testimonia del contrario»;e inoltre che essa «era bene indigena e nazionale in quanto gl’i-taliani, appartenenti al mondo romano-germanico, vi ritrova-vano i loro ideali o uno dei loro ideali, e se la appropriavano».

luca morlino

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40 L’età di Padova

12151210 1220 1225 1230 1235 1240 1245 1250 1255

Esortazioni alla crociata

1212Incoronazione reale

1220Incoronazione imperiale

1250Morte

1226-27Prima fase della lotta

contro i comuni lombardi1212-20

Permanenza in Germania e lotta contro Ottone IV

1229-41Seconda fase della lotta contro i comuni lombardi

1241-50Scontro con la Chiesa e il papa Innocenzo IV

1220-26Permanenza in Sicilia

1228-29Crociata

Consigli, elogi e critiche in relazione alle vicende italiane

Attese, speranze, consigli, elogi, nuove esortazioni alla crociata

Riferimenti generici a vicende italiane

Figura 18. Le principali vicende della storia di Federico II e i relativi echi nella poesia dei trovatori.