La Lettera Marzo 2016

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La lettera Bollettino della parrocchia prepositurale di san Giovanni Battista in Palazzago e di san Carlo in Burligo MARZO 2016 anno XXX numero 1

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Bollettino Parrocchiale Palazzago marzo 2016

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La letteraBollettino della parrocchia prepositurale di san Giovanni Battista in Palazzago e di san Carlo in Burligo

MARZO2016

anno XXXnumero 1

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E’ la Madonna della cintura o della consolazione. Le mani di Maria, guidate dallo sguardo verso la terra, tendono una cintura a Sant’Agostino, avvolto nel piviale e con la mitria sul capo. Ed è subito strada, ponte, cascata. Di grazia, di misericordia. Accanto Santa Monica, madre di Agostino che, rimasta vedova del marito Patrizio, voleva imitare in tutto -anche nel vestire- la madre del Signore. E Maria glielo farà conoscere, presentandole anche la cintura che raccoglieva la sua vita. Questa diventerà fonte di una forte tradizione, fino a dare il nome ai “cinturati”.Con Santa Monica anche San Francesco, Sant’Antonio e San Tommaso da Villanova (riconoscibile per gli abiti vescovili e il sacchetto delle monete per l’elemosina).Sulle nuvole e nella luce del cielo putti e angeli. Uno, riprendendo il gesto di Maria fa scendere altre cinture, quasi a sottolineare l’abbondanza di grazia.In centro, all’orizzonte, un barlume di luce fa risaltare la sagoma di una costruzione, forse lo stesso convento dell’Annunciata (1506), da cui proviene la tela, soppresso nel 1769 e chiuso nel 1797, di cui rimangono testimonianze qui a Palazzago.Ecco: nell’anno della misericordia tendiamo anche noi le mani per afferrare questa cintura: Strada, ponte, cascata. Di misericordia. Di consolazione.

La Lettera [2] marzo ‘16

Orari Sante Messe Palazzago

Sabatoore 17.00 Beitaore 19.00 Chiesa Parrocchiale

Domenicaore 08.00 Montebelloore 09.00 Beitaore 10.30 Chiesa Parrocchiale ore 18.00 Chiesa Parrocchiale

Giorni FerialiLunedì ore 16.30 Brocchione Martedì ore 16.30 PrecornelliMercoledì ore 16.30 BeitaGiovedì ore 09.00 Chiesa ParrocchialeVenerdì ore 16.30 Ca’ Rosso

Orari Sante Messe Burligo

Sabatoore 18.00 Chiesa Parrocchiale

Domenicaore 09.00 Collepedrinoore 10.30 Chiesa Parrocchiale

Giorni Feriali Lunedì ore 17.00 Chiesa ParrocchialeMartedì ore 17.00 AcquaMercoledì ore 17.00 Chiesa ParrocchialeGiovedì ore 17.00 Chiesa ParrocchialeVenerdì ore 17.00 Chiesa Parrocchiale

Recapiti Don Giuseppe 035.550336-347.1133405Don Roberto 035.540059-348.3824454Don Giampaolo 338.1107970Don Paolo 035.550081

Oratorio e Sagrestia Palazzago 035.551005

www.oratoriopalazzago.itparrocchia@[email protected]@diocesibg.it

Segreteria Parrocchiale (Via Maggiore 108) da martedì a venerdì, dalle 10.00 alle 12.00. Ci si può rivolgere ai volontari per certificati, pratiche, richieste, fotocopie, ritiro materiale,...

Indice

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Tante porte sono state aperte e con esse il cuore di tante persone che accolgono e donano misericordia.Misericordia, appunto, un’arte che si impara, imparando i verbi di Gesù-Buon samaritano.Almeno tre:

vedere, fermarsi, toccare.

Il samaritano vede e si lascia ferire dall’uomo lungo il ciglio della strada, non chiude gli occhi come i primi due che avevano le mani in pasta con il fatto religioso. Una Comunità deve vedere e vederci.

Il samaritano si ferma perché questo è l’unico modo per conoscere un uomo, Dio, un paese, una ferita. Guardare come bambini e ascoltare come innamorati. Una Comunità deve avere il coraggio di cadenzare il proprio passo a partire da chi fa più fatica.

Il samaritano tocca perché quello non è un problema e basta, ma è persona. La misericordia si fa vicina, fascia, versa olio e vino… si prende cura. Una Comunità deve anche “far andare le mani”.

Certo, la misericordia non è immediata, facile e naturale. Ecco perché ha sempre il carattere della sfida che tiene insieme i tre verbi.

Vedere.Fermarsi.Toccare.

Misericordia: voce di tre verbi.

Comunità che vede, si ferma e tocca perché toccata dalla grazia e dalla misericordia della Pasqua.

La vogliamo una Comunità così?

Anonimo: Madonna della cintura con Sant’Agostino, Santa Monica e Santi (1600). Restauro 2005. Parete sinistra della sagrestia della Chiesa Parrocchiale di Palazzago

La Lettera [3]marzo ‘16

Voce del verbo…[Editoriale]

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La Lettera [4] marzo ‘16

Titolo Titolo Titolo[Vescovo Francesco]

Giubileo, la porta è apertama il cuore lo è di più

Il Papa corre. Provato nelle gambe, con andatura scompo-sta, corre e ci precede. E giunto ad un traguardo, ci rivela che si tratta di una tappa e continua la sua corsa. Camminando si apre il cammino, e lui apre la porta e la via.Perché corre? E dove corre? Corre perché il Vangelo corre, corre verso il traguardo del cuo-re d’ogni persona umana, con la stessa premura con cui Gesù ha percorso la sua terra; corre come le donne della Risurre-zione, come l’apostolo Paolo …. Corre come la misericordia, che non può aspettare e non può far aspettare.Ci sono personaggi e narrazioni che segnano l’anima. Tra questi, per me, l’Abbè Pierre. Francese doc, eroe nazionale, frate degli straccioni, aveva imparato da suo padre il servizio accurato ai poveri, e dalle tragedie della vita la premura della vicinanza: chi soffre non può aspettare. Lo aveva imparato, con lezione severa, il giorno che, rimandan-

do una richiesta d’aiuto, arrivò quando la persona che lo aveva chiamato si era già tolta la vita.Il povero, il malato, il pec-catore, l’uomo che grida e quello che tace, am-mutolito nella prova, nel peccato, nel fallimento non possono aspettare.Il Papa corre, perchè il Vangelo non può aspet-tare, perché abbiamo

bisogno di misericordia, perché l’ingiustizia, l’odio, la violenza, la disperazione corrono. E allora bando alle resistenze, alle pigri-zie, alle paure. Dinanzi a scena-ri in cui tutto possiamo vedere, meno che misericordia, deci-diamoci ad accogliere l’annun-cio e il dono di Dio che non si è stancato e non si stanca di amar-ci e perdonarci. Scopriamo la potenza rigene-ratrice dell’amo-re di Gesù Cristo e una volta che vi abbiamo cre-duto, narriamo-la con la nostra esistenza mise-ricordiosa. Met-tiamo in conto che la misericor-dia non si merita e non si compera: si dona e si ri-ceve, si offre e si accoglie.La misericordia precede ogni conversione e la suscita: la vi-cinanza, l’aiuto, il perdono sono

«regali», non premi. Non se ne può approfittare perché svani-rebbero dalle nostre mani. Si può imbrogliare un giudice, un mer-cante o un cliente, ma non colui che ama. Tragicamente stiamo imbrogliando solo noi stessi. Dio non ha paura che approfittiamo del suo amore, ma soffre per la nostra incomprensione. Il Papa ha proclamato un anno di mise-ricordia perché l’uomo contem-poraneo ha bisogno soprattutto di questa. La drammaticità degli eventi di questi ultimi mesi non cancella la misericordia dall’oriz-zonte della Storia, ma ne esige una più coraggiosa declinazione.Lo abbiamo visto e udito nelle parole e nei gesti audaci e co-raggiosi, delicati e forti, del viag-gio in Africa e della straordina-

ria apertura della Porta della Mise-ricordia della Cat-tedrale di Bangui, in Centrafrica. In un antico mona-stero benedetti-no ho visto inci-so sull’architrave dell’ingresso una frase latina: «Ia-nua patet sed cor magis», «la por-ta è aperta, ma il cuore di più». Questo è l’augu-

rio significativo e paterno che vorrei rivolgere a tutte le don-ne e gli uomini di buona volon-tà, capaci di carità, di amore, di speranza, di misericordia.

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Titolo Titolo Titolo

La Lettera [5]marzo ‘16

La Porta

«Io sono la Porta». È il primo annuncio del buon Pastore. Egli è pastore porta e ovile. La por-ta è, da sempre, elemento im-portante nell’architettura: cit-tà, chiese e case trovano nella porta il loro biglietto da visita, il segno di un’identità. Non è fre-quente, nell’arte, l’immagine di Cristo pastore che sta alla porta e bussa. Eppure c’è. C’è nell’ico-nodulia, c’è nelle sacre immagini di un tempo, quelle da conser-vare nei libri di preghiera, ormai scomparsi dall’uso quotidiano. C’è in William Hunt che nel suo «Cristo luce del mondo» dipinge un re Pastore che va girando con un lume, in attesa che qualcuno gli apra.Dietro le sue spalle si vedono alberi nudi, avvolti in un inver-no senza rimedio, ma là dove egli passa, gli alberi rinverdisco-no e la vita fiorisce. Lo dimostra l’edera, simbolo di fedeltà e di eternità, che s’inerpica lungo la porta, proprio davanti a Gesù, lo dimostra il finocchietto selvati-co che annuncia l’inganno in cui è stato tratto il diavolo. Come i dolci al finocchietto erano serviti per cambiare il sapore del vino meno buono e ingannare il clien-te, così l’umanità del Signore ha ingannato il serpente antico.Questi ha addentato la preda per ucciderla, ma poiché Cristo è vita,

e la vita non può morire, ecco che la morte (il serpente antico, il diavolo) è rimasta uccisa. Cristo guarda pensoso, mentre bussa, quasi presentendo che nessuno avrebbe aperto, che il suo richia-mo sarebbe rimasto inascoltato. La porta dove bussa, infatti, non ha maniglia esterna, si apre solo da dentro. L’immagine più potente del Cri-sto alla porta, però, l’ha dipinta Antonio Martinotti, artista italia-no scomparso nel 2004. Non ci è dato di vedere nulla del corpo del Salvatore, se non il volto e la mano dietro a un’impressionate scorcio di porta. Anche questa non ha maniglia, la mano del Cri-sto è allo spiraglio, come canta il Cantico dei cantici, e apre il suo Mistero al nostro mondo, bru-no di terra, come la porta che ci divide. Sopra le nostre oscurità si è aperto uno spiraglio di luce, schegge d’oro ci investono: il Si-gnore ha bussato.Chi gli ha aperto? Qualcuno ha aperto. E dietro l’apertura di quell’uno, ora anche i nostri oc-chi vedono lo sguardo del Re-dentore così carico di dolente attesa e di domanda: «Quan-do tornerò sulla terra, troverò la fede?» Lo sguardo del Cristo tradisce ciò che lo stesso arti-sta aveva visto negli orrori della guerra, nell’esperienza del Lager. Che cosa vedrebbe ora il Pasto-re se tornasse fra le sue pecore? Fa male quello sguardo. Tutta la luce del quadro è lì, negli occhi mesti e profondi di Gesù.È una luce che non ammette ombre, che conosce, che ama

e penetra nell’anima, rivelando quanto il nostro cuore sia lonta-no da quello sguardo. Gli infiniti lager dell’umanità ci danno fa-stidio, ci danno fastidio le perse-cuzioni, le eroiche affermazioni d’essere cristiani. Sono scomo-de, come lo sguardo del Cristo. Esse non accusano, anzi sono il belato di un agnello inerme, ep-pure risuonano in noi come una trafittura potente.E abbiamo l’impressione che quella porta debba restare così, socchiusa all’infinito, fino a che la nostra libertà non la spalan-chi e si lasci abbracciare dal Re-dentore. Sopra il capo del Cristo

c’è un triangolo blu turchino. È il Cielo abbracciato dai martiri, dai confessori della fede, è un Cielo che s’apre anche per noi, bruni di terra, che dietro la porta mendi-chiamo la bellezza di uno sguar-do così.

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La Lettera [6] marzo ‘16

[Il cammino dell’uomo come cammino del credente]

Il viaggio della vita

Parlare di viaggio, o di cammino, significa parlare della vita umana. L’uomo nasce sulla terra come nomade: senza una città, né accampamenti. Que-sto aspetto fa parte della sua nudità radicale: l’uo-mo nasce senza difese e senza patria. Questo suo marchio gli rimane in qualche modo scolpito nelle profondità, per poi emergere a ogni occasione che si presenti: l’uomo rimane nomade, rimane un essere sempre in moto, come d’altron-de è sempre in movimento la natura intera. Il suo perenne vagabondare dimostra che il nomadismo appartiene alla sua natura. E’ quel moto interio-re sempre impaziente e incapace di stasi … è quel moto interiore mai sazio che si chiama desiderio che fa dell’uomo un essere irrequieto. La fatica dell’uomo, per tutta la vita, sarà quella di disciplinare il proprio desiderio; di orientarlo e di dargli un senso, una direzione. La fatica dell’uo-mo sarà quella di trasformare in itinerario ciò che rischia di essere solo erranza; la sua fatica sarà di rendere via ciò sembra precipizio; di aprire un cammino, là dove tutto è segnato dal vuoto; di far crescere una comunione, una “compagnia di viag-gio” in quel terreno informe e sterile del vagabon-dare.In verità è la vita stessa, nelle sue necessità og-gettive che impone all’uomo di viaggiare: a volte per ragioni solo commerciali e cercare di vendere i propri manufatti; per ragioni politiche, per stipula-re nuove alleanze e rinnovarle; o per ragioni di cru-da sussistenza e cercare acqua, cibo, benessere e pace, là dove tutto questo non è dato. Il fenomeno delle recenti migrazioni continua a testimoniarci

con viva durezza la verità di tutto questo.

Il doloreQuando il cammino è segnato dalle sole ragioni della necessità è il dolore che prevale. Solo a noi occidentali che apparteniamo all’emisfero ricco del mondo è concesso il lusso di poter camminare e viaggiare per ragioni di piacere, di cultura, di stu-dio, di curiosità. Spesso il cammino non ha nulla di romantico; non di rado nasce dal dolore. Il cammi-no rivela all’uomo tutta la sua incapacità di porre rimedio alla sua inquietudine. Il cammino comporta sempre un dolore. Il più evidente è il dolore del distacco dai luoghi amati, dalle persone amate. Non esiste cammino senza prezzo. Non c’è cammino fatto di sole gioie. Sant Agostino descrive con grande capacità letteraria questo aspetto paradossale del cammino: l’unio-ne degli opposti speranza e sofferenza. Così scrive Agostino nel Discorso IV,256:

Come sogliono cantare i viandanti: Canta e cammina. Non amare la pigrizia: cammina! Ma consolati dalla fatica: canta! Cosa vuol dire “Cammina”? Avanza e non fermarti. Cosa vuol dire “Canta”? Avanza nel bene! Come sogliono ripetere i viandanti: Canta e cammina. Il rischioOltre a chiedere un prezzo, un dolore, il cammino comporta anche un rischio, il rischio che non acca-

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La Lettera [7]marzo ‘16

da nulla, che non vi sia nessun incontro o peggio che tutto diventi vano. Si possono percorrere mol-te strade e attraversare molti paesi, senza però mai scalfire nessun luogo e peggio senza neanche mai sfiorare chi vi abita. Senza mai entrare in rela-zione con ciò che ci circonda e senza mai incontra-re chi incrocia il nostro andare. Il cammino, per essere autentico, prevede l’incon-tro con l’altro, l’incontro con il diverso. Anzi richie-de il rischio dell’incontro con l’altro: l’altro che è la strada stessa, la terra, la natura; l’altro che è il fra-tello in umanità. Sì, perché di rischio si tratta. E per accettare questo rischio occorre coraggio, occorre vincere le paure che ci abitano. Si parte pensando di trovare accoglienza. Ci si mette in cammino credendo che se il viaggia-tore farà la sua parte, la risposta sarà assicurata e troverà corrispondenza. La porta però a volte rimane chiusa, perché non si sa bussare o perché non c’è nessuno che possa aprirla. Il cammino è fatto anche di tante occasioni mancate.

La solitudine L’incontro ha però potenzialità infinite e nascoste. L’incontro può avvenire anche nella solitudine più completa. E’ un incontro speciale, con cose, luoghi, momenti, persone e affetti. E’ l’incontro possibile nella memoria, è l’incontro che si consuma nella solitudine di un cuore attento, caldo, vivo. Solo l’uomo che sa lottare contro la distrazione, contro la negligenza, contro la smemoratezza, può ac-cedere a questo infinito spazio di incontro, dove regnano libertà e pace.

Scrive un mistico medioevale: Il desiderio del cammino ti porterà alla solitudine. Unico tuo compagno sarà il dolore della solitudine. Non temere la solitudine.

Il coraggio si rivela nell’andare. Alzati, uomo, e cammina verso il tuo Dio. Parla a Lui, questo Amico cha sa parlare al tuo cuore. E il tuo cuore ti condurrà al tuo cuore. La tua anima ti accompagnerà alla tua anima. Non aver fretta di liberarti della solitudine. Sarà la solitudine stessa a indicarti con quale rimedio potrà essere addomesticata. (Rumi)

Il pellegrinaggio Tra le varie tipologie del viaggiare il più conosciuto e praticato rimane il cammino a scopo religioso; tanto sviluppato e meditato da ricevere una ter-minologia sua propria: il pellegrinaggio. Se è vero che l’uomo ha bisogno di camminare in quanto uomo, è ancor più vero che ne ha bisogno in quan-to “uomo religioso”. Molte civiltà antiche conoscono i pellegrinaggi: pensiamo ai pellegrinaggi ai templi della Mesopo-tamia, dell’Egitto, della Grecia, dell’India, alle diver-se città sante dell’Islam. Pensiamo al pellegrinag-gio al Tempio di Gerusalemme, tanto importante da far nascere un’apposita serie di preghiere: la raccolta dei Salmi delle Salite, i cosiddetti salmi graduali, entrati poi a far parte del Libro dei Salmi dell’Antico Testamento. Il pellegrinaggio testimonia che il cammino è il mezzo più diretto per incontrare la divinità. In al-tra forma potremo dire che è la fede stessa che impone un cammino. Basti pensare alle tre grandi religioni monoteistiche, il giudaismo, il cristiane-simo e l’islam: tutte e tre affondano le loro radici nella figura di Abramo, “un arameo errante”, come lo definisce il libro della Genesi, che inizia la sua vicenda con Dio, uscendo dalla sua patria e intra-prendendo un cammino che terminerà solo con la sua morte.

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La Lettera [8] marzo ‘16

L’IslamInteressante che l’Islam ha sempre indicato come suo inizio e origine la cosiddetta “ègira”, la migra-zione, il pellegrinaggio di Maometto dalla Mecca a Medina, dove fonda la sua prima comunità. Anco-ra oggi all’inizio di ogni anno liturgico i musulmani sono chiamati a compiere il pellegrinaggio a una delle tre città sante dell’Islam: La Mecca, Medina e Gerusalemme. Sempre il viaggio esteriore è figura e occasione per compiere quel viaggio più difficile e decisivo che è il viaggio interiore, tema particolarmente sviluppato nella mistica islamica della confrater-nita dei Sufi. Si pensi solo a ciò che scrive Galal al-Din Rumi, l’iniziatore della confraternita dei “Dervisci Ruotanti”. In una sua splendida quartina, Rumi descrive la distanza tra Dio e il creato come una “via”. Una via che porta al Creatore e che ogni uomo deve percorrere, una via che non è solo di-stanza, bensì anche sospiro di Dio, desiderio di Dio: Tu hai reso ogni parte della terra splendente come la luna,poi hai reso la luna una regina, infine hai sospirato, perché entrambe, terra e luna, sono ormai lontane.E da questo sospiro è nata una strada che porta a Te.

L’Ebraismo Come Abramo, padre della fede nel Dio unico, così i Figli di Israele diventeranno popolo durante un cammino; durante quel particolare cammino che inizia con l’esodo dall’Egitto e che ha come meta la terra promessa. E’ proprio in quel cammino di uscita che Dio metterà alla prova il suo popolo, e si rivelerà come padre misericordioso e compas-sionevole, padre sollecito a intervenire a ogni dif-ficoltà e attento a ogni necessità. E’ durante quel cammino che Dio si legherà al popolo di Israele

con un’alleanza eterna. E’ lì in cammino che i due partner dell’alleanza impareranno a conoscersi. L’esperienza dell’Esodo sarà talmente importante da entrare in modo indelebile nella storia e nella memoria di quel popolo. Tutte le volte che ci sarà bisogno di rinnovare l’alleanza con Dio, e di risve-gliare quell’amore per Dio che sempre si assopisce e si raffredda, si ritornerà a rinnovare la memoria di quel cammino. Sentite cosa dice l’autore del li-bro del Deuteronomio: “Ti ricorderai per tutta la vita della via per la quale il Signore tuo Dio ti ha fatto camminare in questi qua-rant’anni nel deserto, per umiliarti, per provarti, per conoscere ciò che abita nel tuo cuore.” Israele è il popolo dell’Esodo, è il popolo del cam-mino nel deserto. Israele è divenuto popolo ed è divenuto Figlio di Dio viaggiando. Ecco la sua iden-tità profonda. Per tutti i quarant’anni nel deserto guiderà il suo popolo di giorno con una colonna di fumo e di notte con una colonna di fuoco. Il Dio di Israele è il Dio del cammino.

Il Cristianesimo I primi cristiani, come attesta il libro degli Atti degli Apostoli, erano chiamati ”quelli della via” (tes ho-dou) (cf. At 9,2; 19,9.23; 22,4). Erano “quelli della via” perché erano seguaci non tanto di una dottri-na o di un insegnamento, ma seguaci di una “via”, e quindi di un “modo” di comportarsi, un modo di vivere, di parlare, di operare: erano quindi un po-polo in cammino. Dietro questa definizione antica dei cristiani si trova una terminologia ebraica che oggi ci sfugge: per indicare “comportamento”, “modo di vivere”, veniva usato il termine antico “halakà”, che let-teralmente significa “cammino”, “via”. I primi cri-stiani venivano chiamati “quelli della via”, perché discepoli di un maestro anch’egli itinerante: Gesù

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La Lettera [9]marzo ‘16

di Nazareth, che aveva detto di sé: “Io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14,6). Per tutto il suo ministero pubblico Gesù di Naza-reth aveva condotto una vita itinerante. Lo vedia-mo sempre spostarsi: da Nazareth al deserto, poi verso il Giordano, poi a Cafarnao e in tutti i villaggi della Galilea, poi nella regione della Samaria, poi nel territorio pagano di Cesarea di Filippo e infine lo vediamo intraprendere il suo ultimo viaggio at-traverso le città della Giudea: il suo pellegrinaggio verso il Tempio di Gerusalemme. E’ Sulla strada che incontra le persone, le guarisce e suscita in loro la fede. E sulla strada che instan-cabilmente continua a insegnare e annunciare che Regno dei Cieli è vicino. E’ Gesù stesso che dice nel vangelo di Matteo: “Le volpi hanno le loro tane, gli uccelli del cielo hanno i loro nidi, ma il Figlio dell’Uo-mo non ha dove posare il capo” (Mt 8,20). L’immagine del discepolo di Cristo come pellegrino attraverserà tutta la storia del cristianesimo. Si-gnificativo notare che l’autore della Prima Lettera di Pietro si rivolge ai cristiani della sua comunità usando non solo l’immagine della “peregrinazio-ne”, ma anche quella della “stranierità”. Così si leg-ge al capitolo secondo: “Carissimi, io vi esorto come stranieri e pellegrini a tenere una condotta esempla-re … fra i pagani, perché mentre vi calunniano come malfattori, al vedere le vostre buone opere, diano gloria a Dio.” (1Pt 2,11). In questo testo emerge il linguaggio metaforico del comportamento buono paragonato a un pel-legrinaggio. L’immagine è forte: camminare sulla via del comportamento buono rende i cristiani non solo pellegrini, ma uomini diversi dagli altri uomini, tanto differenti da divenire come stranieri ai loro occhi. È interessante a questo proposito menzionare un altro testo molto importante, la Lettera a Diogne-

to. E’ uno dei testi più antichi della letteratura cri-stiana, risalente alla fine del secondo secolo dopo Cristo, quindi coevo ad alcuni scritti poi entrati a far parte del Canone del Nuovo Testamento. Leg-go un passo dal capitolo quinto: “I cristiani abitano sì una loro patria, ma come stra-nieri. A tutto partecipano come cittadini, ma a tutto sottostanno come stranieri. Ogni terra straniera è per loro patria e ogni patria è per loro terra straniera.” (A.D. 5,5). La fede cristiana domanderà sempre a chi si pro-fessa discepolo la disponibilità di farsi straniero accanto a colui che è lo Straniero per eccellenza: Gesù Cristo. Non dimentichiamo che i vangeli si-nottici, Marco, Matteo e Luca, quando narreranno l’episodio del ritorno di Gesù a Nazareth, la sua patria (Mc 6,1-6) non parleranno di accoglienza, di affetto, di riconoscimento, di intimità. A Nazareth tutti conoscono Gesù, il mestiere che fa, chi è sua madre e chi sono i suoi parenti. Ep-pure questa conoscenza così ordinaria e consueta della persona di Gesù non conduce alla fede quegli uomini, ma allo scandalo. Il timbro di quell’episo-dio è oscuro: Gesù riceve derisione, incomprensio-ne, totale non-accoglienza e tutti si scandalizzano di lui. Gesù è divenuto straniero tra i suoi concittadini, straniero nella sua stessa patria. La fede non è mai un dato acquisito una volta per tutte e si configu-ra sempre come cammino, come quell’incessante passaggio dal cadere al rialzarsi, dalla non-cono-scenza alla conoscenza, dal male alla salvezza. La fede cristiana chiede continuamente al cre-dente di lottare contro la tentazione della pretesa, la pretesa di essere arrivati e di aver raggiunto il Signore; perché il Signore è sempre oltre i nostri confini, oltre la nostre patrie, oltre le nostre ef-fimere comprensioni di lui. La fede spinge il cre-

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La Lettera [10] marzo ‘16

dente a mettersi in cammino come aveva fatto Abramo e lo invita a uscire dalla sua terra, dalla sua parentela e dalla casa di suo padre (cf Genesi 11). Sempre pellegrini e ovunque stranieri: ecco lo statuto dei primi cristiani della chiesa nascente e di ogni cristiano nella storia.

ConclusioneLa metafora del viaggio, del cammino, è meta-fora della vita. Nella sua miopia l’uomo spesso vede il cammino solo come ciò che lo separa

dalla meta. L’uomo nella sua miopia spesso non comprende che la meta è già lì, disseminata per frammenti lungo quella stessa strada che sta percorrendo. La meta sempre è già presente in ogni luogo e in ogni istante che compongono il cammino. E’ nel cammino stesso che bisogna cercare la meta e imparare a ricomporla nel si-lenzio nascosto del cuore.

Emiliano Biadene

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La Lettera [11]marzo ‘16

Quaresima con le opere di Bonfanti

Maurizio Bonfanti, figlio del pit-tore Angelo Bonfanti, è nato a Bergamo nel 1952. Inizia la sua formazione artistica presso il Li-ceo Artistico di Bergamo ed in contemporanea frequenta i corsi di acquaforte presso l’Accademia di Belle Arti di Bergamo. Maurizio prosegue gli studi frequentando il corso di lettere moderne pres-so l’Università Statale di Milano. Lascia gli studi nel 1973 per im-pegnarsi maggiormente nella pit-tura. Dal 1976 al 1983 insegna presso il liceo artistico di Berga-mo e successivamente nel corso di moda e grafica pubblicitaria in una scuola di indirizzo professionale, con sede sempre a Bergamo. Dalla fine degli anni 70, per circa un decennio, lavora prevalentemente all’acquaforte, tecnica che poi abbandona per dedicarsi esclusiva-mente alla pittura. Come pittore, sperimenta tecniche diverse su tematiche come la corporeità, la natu-ra, il paesaggio urbano. Ha realizzato alcuni cicli, legati in particolare al tema del Sacro. Dal 1978 espone le proprie opere in numerose mostre personali e collettive, partecipando a rassegne d’ arte nazionali e internazionali. Svolge la sua attività di artista nello studio in via Martinella, 8 a Bergamo.

Oggi brancoliamo un po’ tutti in un’inconsistenza vaga, sia filosofica che politica. Le promesse fatte dagli altri si sono avverate quasi tutte fasulle. Non si può credere a nulla, e meno ancora ad una delega generica che vorrebbe l’arte come una invenzione dei demiurghi del pensiero e della finanza. Vogliamo dei pensatori solidi, anche se solitari, che ci diano delle indicazioni, non da condividere necessariamente, ma almeno da discutere. Cerchiamo gli sciamani che hanno ritrovato le chiavi interpretative durante le lunghe sedute delle loro solitudini. I prestidigitatori non ci illudono più, manco ci divertono. Vorremmo gli scavatori della memo-ria e dell’essere. Nelle aree prealpine, oltre le autostrade, le ferrovie, gli aeroporti, i supermercati, gli iper-mercati, i centri commerciali e le nuove urbanizzazioni, oltre i rumori, i successi, i clamori e i decessi, oltre le mode e le liturgie, i consumi e le fobie, se ne sono nascosti alcuni, sacerdoti solo di loro medesimi. Alcuni ho già avuto la fortuna d’incontrarli... In realtà drammaticamente romantico, il Bonfanti. Come sono romantici tutti quelli che pensano di trovare in fondo alle proprie viscere la forza del fare. Philippe Daverio

È sempre al centro dei suoi quadri. Nudo, solo, in piedi, seduto, rannicchiato. Imbevuto di buio. E senza volto. Maurizio Bonfanti da anni ha messo l’uomo lì, davanti a sé, sotto i riflettori della sua attenzione di pittore. L’ha messo lì perché si veda meglio. Perché la materia fragile e perfetta di cui è fatto si faccia specchio d’altro. Così. Senza parole. Si faccia muta scena di un altro-ve. Dove il corpo, infine, diventa dono, nodo che si scioglie. Che de-raglia dagli stretti binari della carne. E dilagando assorbe - sempre più, del resto - il denso, taciturno impasto dell’intero spazio intorno.

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La Lettera [12] marzo ‘16

[Le Via Crucis del Venerdì]I volti di Gesù nella passione

Il cammino di Quaresima è segnato dalla Via Crucis: tutti i giorni alle ore 15.00 (alcune persone garantiscono l’animazione in chiesa parrocchiale a Palazzago), alle 17.30 a Burligo, alle 19.45 alla Beita e alle 20.30 a Palazzago. Quest’ultima, legge il racconto della Passione di Gesù secon-do la versione del Vangelo di Luca che è il vangelo guida di questo anno C. Tale racconto - tutto intero - ci viene proposto nella Domenica delle Palme, la festa che apre la Settimana Santa. Ogni venerdì invece, abbiamo scelto di dedicare la preghiera ad un solo passaggio della Passio, scan-dito in tre stazioni, meditandone il testo, contemplato anche con alcune opere d’arte. Emerge così il volto di Gesù, il volto della misericordia. Nel secondo venerdì, ad esempio, meditando l’a-gonia di Gesù nell’orto degli ulivi, al terzo momento ci siamo soffermati sui sentimenti di Cristo con lo splendido inno di Filippesi 2,5-11. L’opera proposta è di Giulio Campi.

Questa volta non abbiamo davanti agli occhi un vero ca-polavoro. Si tratta di un’ope-ra di Giulio Campi, un pittore cremonese nato nel 1502 e morto, sempre nella sua cit-tà, a settant’anni. Non è stato un grandissi-mo artista. Ma è stato un pittore stimato da san Carlo Borromeo. Questa tavola dunque ha un valore più spiri-tuale che artistico. Ma per noi è importante: essa è una delle ope-re che san Carlo aveva tenuto dopo che ave-va deciso di cambiare vita, di spogliare la sua casa di tutto ciò che ri-chiamasse a una vita agiata e benestante. Nella camera spoglia di mobili, cimeli e gioielli san Carlo aveva volu-to mantenere proprio questo quadro. Qui abbiamo un notturno dove Gesù sta meditando sulla cro-ce imminente: alle sue ginoc-chia sta una piccola croce, indicazione dell’immediato

futuro. Davanti al suo volto provato splende un angelo che con la sua luce squarcia l’oscurità. È la luce della con-solazione di Dio. Sotto una luna ridotta a uno

spicchio e semicoperta da una nuvola, un corteo di sagome umane attraversa l’oscurità: sono armati e portano delle torce. Le loro corazze rilucono

alla flebile luce lunare. Sono coloro che, guidati da Giuda, arresteranno Gesù. In primo piano vediamo gli apostoli dormire: non comprendono, non sono in grado di esprime-

re anche solo una mini-ma solidarietà a Gesù che pure gliela aveva richiesta. Sono amici solo del momento feli-ce, non riescono ad es-sere amici nella prova. Non sanno cos’è la vera amicizia. Non ricordano o non hanno inteso le parole che Gesù aveva loro rivolto poco prima la sua trasfigurazione: Se qualcuno vuole ve-nire dietro a me, rin-neghi se stesso, pren-da la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la pro-pria vita, la perderà, ma chi perderà la pro-pria vita per causa mia,

la salverà (Lc 9,23-24). Ma la cosa più importante di questo dipinto è la scritta che sta in fondo e che fu fatta mettere dal cardinal Federico Borro-

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La Lettera [13]marzo ‘16

meo, cugino di san Carlo e suo successore, intorno al 1588 che dice così: Carolus mentis corporisque oculos in hac ta-bella defixos habens, animam Deo reddidit e cioè: Avendo gli occhi della mente e del corpo fissi su questa tavola, Carlo

ha ridato a Dio la sua anima. Nella prova più grande che san Carlo ha dovuto affron-tare e cioè la sua agonia, gli ultimi giorni della sua vita, ha voluto avere davanti agli occhi proprio questa immagine. Da essa questo santo ha cercato

di imparare ad avere gli stessi sentimenti di Gesù; ha cerca-to radicamento nel suo pieno abbandono, nella consegna di sé nella mani del Padre, nel morire a favore di un intero popolo, la chiesa milanese che a Carlo era stata affidata.

PREGHIERA AL CROCIFISSO

Ciò che mi attira verso di voi, Signore, siete Voi!Voi, solo, inchiodato alla Croce,con il corpo straziato tra agonie di morte.E il vostro amore si è talmente impadronito del mio cuore che, quand’anche non ci fosse il Paradiso,io vi amerei lo stesso.Nulla avete da darmi per provocare il mio amore perché,quand’anche non sperassi ciò che spero,pure vi amerei come vi amo. Amen.

San Carlo Borromeo

Artefede 5 ci ha svelato un ca-polavoro della terra bergama-sca, con la visita guidata alla chiesa di San Bernardino a Lal-lio. E’ la più antica chiesa costru-ita in onore del santo senese, nello stesso anno della canoniz-zazione (1450). E’ sorta a Lallio per volontà di Eustacchio Licini detto “Cacciaguerra”, frate non professo del convento delle Grazie fondato da San Bernardi-no durante la sua permanenza a Bergamo. Divenuta monumen-to nazionale per l’importanza storica ed artistica, è conside-rata un pregevole documento del manierismo lombardo ed una delle rarissime rimaste in

Lombardia dall’interno com-pletamente affrescato, con cicli dedicati alla vita della Madonna, S. Caterina d’Alessandria, di San Bernardino e alla passione, mor-te e resurrezione di Cristo. I 99 dipinti di cui è adornato l’interno sono opera di Gerolamo Colleoni (1500 - 1570), di Cristoforo Ba-schenis il Vecchio (1520 - 1613) e di un autore ignoto (certo T.L.) del 1600. Nel tardo pomeriggio domenicale abbiamo poi con-cluso la visita guardando gli af-freschi strappati dalla facciata di San Bernardino e visibili nella sagrestia della chiesa parroc-chiale. Accanto l’Oratorio, ultima meta per per la merenda.

[Sorpresa 5]Artefede: San Bernardino

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La Lettera [14] marzo ‘16

[Incontri nelle case e ritiro di comunità]

Casa e Chiesa

Cosa si fa nella festa di San Va-lentino? Un bel gesto d’amore. Eccoci allora, domenica 14 feb-braio presso il centro della Ma-rigolda per il ritiro comunitario d’inizio Quaresima: presenti gran parte degli animatori dei “gruppi delle case” unitamen-te ad altri parrocchiani, accolti dal singolare portale in legno della chiesa a forma di grembo gravido di vita per il volo dello Spirito.L’incontro è stato guidato dal Superiore del Patronato S. Vin-cenzo: don Davide Rota con il tema della Misericordia. Don Davide, con lo stile diretto che caratterizza la sua comu-nicazione, ha esordito ripor-tando una esperienza vissuta nell’ambito della propria attivi-tà: “...avvicinato da un giovane marocchino mi sono sentito chiedere mille euro e di fronte alla mia richiesta di motiva-zione mi è stato risposto che, spostando quel denaro dal-le mie tasche alle sue , la mia vita non sarebbe cambiata ma la sua sì....”. Su questa provo-cazione don Davide ha avviato la riflessione, sottolineando il fatto che l’esercizio della Mi-sericordia deve segnare la vita di chi la esercita e di chi la rice-ve. La prima parte dell’incontro ha quindi visto come concetto portante l’affermazione che un gesto può dirsi appartenente alla Misericordia solo se tocca nel profondo i soggetti coinvol-ti. E’ seguito un tempo di ado-razione eucaristica e poi una seconda riflessione durante

la quale don Davide ha voluto alimentare la speranza di tutti coloro che avvertono i limiti del proprio agire. Lo ha fatto affer-mando che anche i piccoli gesti hanno valore in quanto segni di una presa di distanza dalla indifferenza. Ovviamente, alla coscienza di ognuno è deman-data la valutazione del proprio agire in rapporto alla propria si-tuazione...Credo che l’argomento, di as-soluta attualità e reso vivo dall’esposizione efficace del relatore e dalla sua testimo-nianza, rappresenti uno stimo-lo adatto ad accompagnare le nostre meditazioni quaresimali e anche l’animazione dei gruppi nelle case.Nel mese di febbraio infatti, si è concluso il secondo ciclo di incontri nelle case che ha visto confermata la partecipazione del primo, all’inizio dell’anno pa-storale. Si invitano comunque le persone che non hanno ancora vissuto questa esperienza ad aderire all’iniziativa. Gli incontri avvengono in sette luoghi del paese, in giorni diversi, proprio con l’intento di favorire la par-tecipazione di tutti. L’occasione offre l’opportunità di catechesi, preghiera, conoscenza e con-fronto sul significato dell’esse-re cristiani nella quotidianità del nostro agire. Fanno da guida le schede preparate dalla Diocesi “Fa’ questo e vivrai” come ap-profondimento della lettera del Vescovo ”Donne e uomini ca-paci di carità”.

Antonio

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La Lettera [15]marzo ‘16

[Avvento - Natale 2015]Manovali, non capomastri…

Affidiamo ad una preghiera del cardinale Dearden, la stessa che il Papa ha proposto per gli auguri ai membri della Curia Romana, la memoria dell’intenso tempo di Avvento e Natale. Questa parole sono risuonate anche tra noi, circondati dall’originale presepio inserito tra quat-tro diorami, dal Bambino adagiato in una grande mano color di cielo, da stelle di Natale e abeti imbiancati. E an-che a Burligo, con il presepe ambientato in un caratteri-stico paese di montagna e alla Beita, sullo sfondo di una grande strada. Ma non possiamo dimenticare le dome-niche d’Avvento, unite dai passi che ci hanno condotto a far nostro il Vangelo e alcune opere di misericordia; l’ora di adorazione quotidiana, i ritiri, le confessioni, la Veglia ritmata dall’In principio, il concorso presepi, il gigantesco albero di Natale acceso davanti alla casa di Comunità per non dimenticare l’opera che si sta realizzando, i costumi di pastori, magi e angeli, il corteo dell’Epifania…

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Ogni tanto ci aiuta il fare un passo indietro e vedere da lontano.Il Regno non è solo oltre i nostri sforzi, è anche oltre le nostre visioni.Nella nostra vita riusciamo a compiere solo una piccola partedi quella meravigliosa impresa che è l’opera di Dio.Niente di ciò che noi facciamo è completo.Che è come dire che il Regno sta più in là di noi stessi.Nessuna affermazione dice tutto quello che si può dire.Nessuna preghiera esprime completamente la fede.Nessun credo porta la perfezione.Nessuna visita pastorale porta con sé tutte le soluzioni.Nessun programma compie in pieno la missione della Chiesa.Nessuna meta né obbiettivo raggiunge la completezza.Di questo si tratta:noi piantiamo semi che un giorno nasceranno.Noi innaffiamo semi già piantati, sapendo che altri li custodiranno.Mettiamo le basi di qualcosa che si svilupperà.Mettiamo il lievito che moltiplicherà le nostre capacità.Non possiamo fare tutto,però dà un senso di liberazione l’iniziarlo.Ci dà la forza di fare qualcosa e di farlo bene.Può rimanere incompleto, però è un inizio, il passo di un cammino.Una opportunità perché la grazia di Dio entrie faccia il resto.Può darsi che mai vedremo il suo compimento,ma questa è la differenza tra il capomastro e il manovale.Siamo manovali, non capomastri,servitori, non messia.Noi siamo profeti di un futuro che non ci appartiene.

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La Lettera [17]marzo ‘16

Concorso Presepi

Poteva mancare il tradi-zionale concorso prese-pi? Certamente no! Ed ecco che anche i par-tecipanti ci hanno mo-strato presepi di diverse dimensioni, alcuni fedeli alla tradizione e ai pae-saggi tipici ed altri invece in tema con il cammino dell’Avvento, “Passi di misericordia”. Molto apprezzati sono stati l’impegno e l’origi-nalità messi nella realiz-zazione, caratteristiche che han fatto sì che ogni presepe risultasse dav-vero un piccolo capola-voro; proprio per questo motivo ci siamo trovati in difficoltà nello scegliere i vincitori: tutti meritavano davvero di essere pre-miati, e non è una frase di circostanza!Oltre ai presepi visti nel-le varie famiglie, dobbia-mo anche dare merito ai bambini della scuola dell’infanzia, nelle Sezio-ne dei Gialli e dei Verdi, per la fedeltà alla parteci-pazione al concorso. Ringraziando tutti i par-tecipanti, vi diamo ap-puntamento al prossimo Natale per il nuovo con-corso, ancora più nume-rosi e con ancora più ori-ginalità!

La giuriaDaniele, Leonardo,

Luca e VanessaPREMIO FEDELTA’ E ORIGINALITA’Sezione Gialli e Sezione Verdi scuola dell’Infanzia

PRESEPI TRADIZIONALI:1- Davide e Leonardo Mazzoleni2- Antonio Mazzoleni

PRESEPI SIMBOLICI1- Ilaria e Gaia Annovazzi2- Lorenzo e Nicholas Vecchi3- Giorgia Agazzi

PREMIO EFFETTI SPECIALIDaniele Pedretti

PREMIO HOMEMADELorenzo Manzoni

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[Camposcuola Adolescenti]Turisti? No, viaggiatori...

Qualche mese fa, nell’artico-lo sulla vacanza adolescen-ti a Cesenatico, chiedevamo a don Roberto di pensare a una nuova meta per la pros-sima estate. A causa di un incidente last-minute, anche per il campo invernale ci è ca-pitata una nuova meta: dalla brembana Piazzatorre ci sia-mo spostati a Grumes, in pro-vincia di Trento. E’ stata una sorpresa piacevole: la casa

nuovissima, il bel paesaggio (niente prati coperti di neve, solo una potente copertura wi-fi), poi le visite al Museo delle Scienze di Trento e allo Stadio del ghiaccio di Cavale-se. Sembrerebbe un racconto da “turisti”, ma preferiamo chia-marci “viaggiatori”. Così ci sia-mo immaginati anche durante i nostri laboratori: viaggiatori alle prese con un grande zaino

da portarci dietro e tre canzo-ni per ispirarci. Il primo giorno lo abbiamo svuotato dai pesi inutili (“Prima di partire per un lungo viaggio […] prova a pensare se stai bene tu”). Il secondo giorno lo abbiamo riempito delle cose che con-tano davvero (“Devi mostrarti invincibile, collezionare trofei, ma quando piangi in silen-zio, scopri davvero chi sei”). Alla fine l’abbiamo riaperto, per condividere con gli altri qualcosa di importante (“Chi ha detto che tutto quello che cerchiamo, non è sul palmo di una mano”). Sullo sfondo avevamo la storia vera di un giovane bergamasco, Samue-le Bonetti: il suo viaggio-vita è finito quando lui aveva solo 19 anni, interrotto dalla ma-lattia, ma il suo zaino non si è mai fermato né chiuso. Perché il viaggio continua…

Michail e animatori Ado

Saliamo a Santa Maria degli Angeli, sul Monte Tamaro. Troviamo le mani con le litanie che hanno guidato la veglia di Natale e quelle che hanno fatto da culla al Bambino. Ci colleghiamo anche al cammino di Quaresima con tante mani che cercano di diventare mani di misericordia.

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“ C ’ è d e l s a n t o t r a l e m a n i ”

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“ C ’ è d e l s a n t o t r a l e m a n i ”

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Titolo Titolo Titolo

La Lettera [23]marzo ‘16

[Il cammino tra ARTE e FEDE dei cresimandi

di Palazzago e Barzana]

Passo dopo passo...alla scoperta di Roma

Roma: meta importante nell’an-no del giubileo straordinario del-la misericordia, capitale d’Italia, centro della cristianità, cuore del mondo, città eterna, con il fascino di leggende e di tradi-zioni, ricca di opere d’arte ma soprattutto di testimonianze. Noi ci siamo messi proprio alla ricerca delle tracce che ci testi-moniano la grandezza e il valore della fede di chi ci ha preceduto nella storia e di chi continua oggi a credere nel vangelo di Gesù. Nelle catacombe abbiamo sco-perto il coraggio e la forza dei primi martiri e abbiamo rivissuto l’emozione di celebrare l’eucare-stia. Siamo scesi sottoterra, nei cunicoli, abbiamo camminato su lastre di marmo e sul tufo e ab-biamo visto le tombe dei primi martiri cristiani, i resti delle la-pidi, delle lampade a olio e degli affreschi con i simboli cristiani sulle pareti: il pesce, l’anco-ra, la colomba, l’alfa e l’ome-ga, la fenice e il pavone, il buon pastore e l’a-gnello, l’orante, il pane e il vino e alcuni episodi biblici. Tutto richiamava la gran-de speranza nella risurrezione e la pace divina in cielo. Que-sta fede tramandata nei secoli, di generazione in generazione, l’abbiamo poi ritrovata nei me-daglioni dei papi nella Basilica di San Paolo fuori le Mura che ri-

percorrono la storia della chiesa in 2000 anni, nelle tombe degli apostoli Pie-tro e Paolo, nelle tombe dei papi a noi più cari: san Giovanni XXIII e san Gio-vanni Paolo II ed ora in papa Francesco. E’ lui al timone di questa barca che è la chiesa, o meglio il nocchiero di questa bar-ca è il Cristo Glorioso che abbiamo ammirato in alto sulla Basilica di San Pietro, è la forza dello Spirito che abbiamo visto nella grande colomba posta so-pra la cattedra di San Pietro. Che grande emozione sapere che siamo anche noi popolo di Dio in cammino e spetta anche a noi portare avanti la staffetta della testimonianza. Siamo un anel-lo di questa catena che non si spezzerà mai, per grazia di Cri-sto, ma a noi tocca fare la nostra

parte. Lo Spirito Santo ci plasma e ci fortifica in questa missione se siamo docili e attenti alla sua azione. Come ci ricordava don Giuseppe, attraverso un con-fronto con le opere d’arte, noi siamo come un blocco di marmo che deve essere lavorato per

fare emergere la bellezza del nostro cuore e del nostro animo. Michelangelo diceva che la figu-ra era già contenuta nel blocco di marmo, il suo compito era solo quello di scolpirla per renderla visibile. Con la forza dello Spi-rito Santo, che libera dal male, anche noi possiamo far traspa-rire il bello e il buono che c’è in noi. Sicuramente non è una via facile, a Roma abbiamo visto anche i simboli della passione di nostro Signore: la Scala San-ta e alcune reliquie nella chiesa di Santa Croce in Gerusalemme: le spine della corona, le schegge del legno della croce, la scritta “INRI”, una copia della Sindone. Tutto ciò a ricordarci che la via della salvezza non è senza per-secuzioni. Lo stesso Pietro vo-leva fuggire dalla morte e nella chiesetta del “Quo vadis”, le im-pronte dei piedi lasciate da Gesù indicano il cambio di direzione dell’apostolo dopo l’incontro. Anche a noi è posta la domanda: “Dove stai andando?”. Il legno è un materiale presente non solo durante la passione, ma lo tro-

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La Lettera [24] marzo ‘16

viamo anche all’inizio della vita di Gesù e nella sua vita ordinaria come falegname. Nella chiesa Aracoeli abbiamo pregato il Gesù Bambino ligneo; il legno è un materiale povero, semplice che sta ad indicare l’umiltà di Dio. Ol-tre al marmo e al legno, abbiamo ammirato anche le decorazioni barocche in oro presenti sui sof-fitti a cassettoni delle basiliche di San Giovanni in Laterano e di Santa Maria Maggiore, e il bron-zo delle colonne tortili dello stu-pendo baldacchino del Bernini e della statua dell’apostolo Pietro. Anche le porte sante delle basi-liche son in legno e bronzo. Noi siamo entrati attraverso la Por-ta Santa in S. Pietro, è stato un bel gesto di professione di fede: ”Io riconosco in Gesù la por-ta della mia salvezza e il volto della misericordia di Dio”. Inoltre abbiamo scoperto la devozione dei romani e dei papi a Maria. Ci siamo soffermati davanti all’ico-na “Salus Populi Romani”, luogo tanto caro a papa Francesco. Tra i capolavori di arte sacra abbia-mo ammirato il Mosè e la Pietà

di Michelangelo, la “Vocazione di San Matteo” del Caravaggio che ci invita a riflettere sulla chia-mata di Gesù nella nostra vita e inoltre la Cappella Sistina con le scene del Giudizio Universale e del dito creatore di Dio che tra-smette il suo spirito ad Ada-mo. Infine, uno sguardo alle piazze famose di Roma, ai pa-lazzi del potere, al Pantheon, al Colosseo e ai Fori romani con l’Arco di Costantino e la Colon-na Traiana. L’ultimo sforzo prima della partenza è stata la salita alla Cupola di San Pietro che ci ha offerto un panorama suggestivo della città. Avevamo iniziato il nostro pellegrinaggio scenden-do molti gradini sottoterra, giù verso il basso e abbiamo con-cluso il nostro cammino, salen-do per molti gradini in alto, con uno sguardo verso l’orizzonte e verso il cielo. Come ci ricordava don Giuseppe gli stessi obelischi presenti in molti punti di Roma

stanno ad indicare il centro, il perno, l’ombelico, sono appog-giati alla terra ma si erigono verso il cielo. Un messaggio pre-zioso che raccogliamo da questo pellegrinaggio, in particolare per i cresimandi, potrebbe essere

questo: diven-tare dei testi-moni significa imparare a ve-dere le cose in profondità, a vivere nella comunione e

nella condivisione con gli altri, a mettere al centro della vita quei valori che hanno ereditato e do-vranno a loro volta trasmettere, tenendo fisso lo sguardo verso il cielo e sapendo che possono sempre contare sulla presenza degli angeli custodi: i loro geni-tori che hanno dimostrato di sa-pere vegliare su di loro durante questo viaggio. Un grazie a tutti: ai genitori, ai catechisti, ai ragaz-zi e alla nostra guida artistica e spirituale: don Giuseppe.

Patrizia

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La Lettera [25]marzo ‘16

LE IMPRESSIONI DEI RAGAZZIPer me questo pellegrinaggio a Roma è stata un’esperienza bella, istruttiva e grazie alle persone che sono venute con me, mi sono diver-tita tanto. Le cose che mi sono piaciute di più sono state: il Colosseo, Piazza San Pietro e vedere la salma di Papa Giovanni XXIII. Poi mi è spiaciuto non vedere Papa Francesco, ma sono stata felice di vedere la sua mano e un po’ del suo sorriso! (Zoe)Questa esperienza a Roma mi è piaciuta molto. E’ stato bello visitare la nostra capitale e le meraviglie di Roma che col tempo sono diventate sempre più preziose. Mi è piaciuto vedere Piazza San Pietro e vederla dal vivo è un’altra cosa rispetto alla televisione. Mi è piaciuto anche ve-dere le cose che avevo studiato come la Cappella Sistina e il Mosè. Vale la pena andare a visitare Roma. Anche se non abbiamo visto il Papa è stato bello fare questa esperienza con il mio gruppo di catechismo (Michela C.)

E’ stata un’esperienza fantastica e mi sono divertita tantissimo. L’unica cosa che non mi è piaciuta sono state le lunghe camminate, ma comun-que ho apprezzato tantissimo questa città che resterà per sempre nel mio cuore! (Carlotta)

Mi è piaciuto molto il Colosseo e la Basilica di San Pietro: la cosa che mi è piaciuta di più è stata la Cupola (tranne a salire). Non mi è piaciuto il fatto che si è camminato tanto (…troppo) e che non abbiamo visto il Papa (Marco)

Per me è stata una gita fantastica e indimenticabile e mi sono divertita tantissimo. L’unica cosa che non mi è piaciuta è stato quando abbiamo visitato tutti i quadri… Infine non siamo riusciti a vedere il Papa e mi è dispiaciuto molto…(Nicole)

E’ stata una bellissima esperienza vissuta con i miei compagni; il don è stato un’ottima guida, peccato che non siamo riusciti a vedere Papa Francesco. Grazie a tutti (Michele)

E’ stata un’esperienza indimenticabile e interessante perché mi ha dato l’opportunità di vedere Roma con le sue bellezze non solo attraverso la tv, ma nella realtà provando così emozioni completamente differenti e fantastiche. Vogliamo ritornarci! (Giorgia A.)

Mi è piaciuto quando ho consegnato il salame al monsignore! (Luca)E’ stata un’esperienza indimenticabile e mi sono divertita tantissimo con le mie amiche! (Luana)

Abbiamo imparato molte cose ed è stato tutto stupendo! (Daniele)

Esperienza unica! Mi sono piaciute tantissimo le catacombe, la salita alla cupola e la scala santa. (Leonardo)

E’ stato un pellegrinaggio fantastico! (Lorenzo)

Un’esperienza indimenticabile! (Andrea)

E’ stato stupendo! (Mirko)

E’ stato bellissimo! (Giorgia G.)

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La Lettera [26] marzo ‘16

Titolo Titolo Titolo[Martedì 2 febbraio 2016]

Consiglio Pastorale di Palazzago e Burligo

Dopo la preghiera, don Giusep-pe presenta Sara, una operatri-ce della parrocchia di Lurano che lavora per la cooperativa Ruah - cooperativa che da 25 anni e che si occupa di accoglienza e, dal 2011, dell’emergenza pro-fughi. Sara illustra la situazione della Caritas nella diocesi di Ber-gamo. Le persone che richiedo-no asilo provengono dalla parte nord-ovest dell’Africa e dall’Afri-ca sud-sahariana, dal Pakistan, dal Bangladesh e dal Medio Oriente; in genere sono ragazzi dai 18 ai 35 anni che partono per vari motivi: - guerre, pover-tà, corruzione, discriminazione... molti scappano dalla Libia, un paese ove c’è lavoro, ma vi sono continue sparatorie e tentano di arrivare in Europa via mare, approdando in Italia. La prima responsabilità è il salvataggio, poi c’è la richiesta di asilo po-litico: una forma di protezione internazionale per discrimina-zioni varie; vi sono anche altre due forme di protezione: una protezione sussidiaria per per-sone che provengono da luoghi in cui c’è violenza generalizzata (ex. Siria) e una protezione uma-nitaria (solo per l’Italia) per per-sone vulnerabili per problemi di salute, fisici o psicologici (donne incinte, minori…). Il permesso di soggiorno per i primi due tipi di protezione è di 5 anni, per quella umanitaria è di 2 anni. A Berga-mo il Ministero dell’Interno e la Caritas hanno steso un proget-to di accoglienza territoriale e la

cooperativa Ruah ha il compito pratico dell’assistenza, gesten-do l’accoglienza di 1300 persone in 18 centri comunitari (che pos-sono ospitare da 17 a 130 per-sone circa) e 17 appartamenti (che ospitano da 3 a 6 persone). Dopo la prima esperienza di ac-coglienza comunitaria, ora si sta sperimentando l’accoglien-za diffusa cioè l’accoglienza in appartamenti in vari paesi della nostra provincia (Lurano, Mar-tinengo, Mapello, Terno d’Iso-la, quartiere di Loreto, Sarnico, Sovere, Costa Volpino, Nembro, Ponte S. Pietro, Gandino, Pa-gazzano). La prima accoglienza in un centro comunitario per-mette agli immigrati di far fron-te alle esigenze primarie quali il mangiare e il dormire e di pren-dere consapevolezza di trovarsi in un paese diverso dal proprio.Vi sono tuttavia regole condivise nella gestione di queste struttu-re, come i turni per le pulizie o la cucina. La gestione della strut-tura è in mano agli operatori (24 h) che fanno una sorta di ac-compagnamento burocratico e sanitario (visite, vaccinazioni) e seguono le procedure per i do-cumenti. Per la richiesta di asi-lo politico c’è una commissione territoriale che valuta la situa-zione. Dopo questa fase iniziale, per gli immigrati c’è la possibilità di essere inseriti in una comuni-tà che li accoglie e dove seguo-no corsi di italiano e fanno del volontariato in parrocchia o per il comune, al fine di restituire in

qualche modo ciò che ricevono. Vivere in appartamenti offre la possibilità di creare delle reti, delle relazioni con il territorio e con la gente rispetto alla vita in una struttura grande, che crea a volte più scontro che incon-tro (ad es. il centro accoglienza a Botta di Sedrina che ospita 130 persone). Nella nostra dio-cesi si sta passando a questa accoglienza diffusa con la pro-spettiva di affidare un gruppo di persone o una famiglia per ogni parrocchia (il nostro vica-riato comprende 22 parrocchie). Come ha ribadito il Papa nella Giornata Mondiale dei migranti e dei rifugiati e il nostro Vesco-vo nella Lettera “Donne e uomi-ni capaci di carità” occorre farsi interpellare da queste situazioni e vivere l’accoglienza con gesti concreti di solidarietà. A segui-to di alcune domande poste dai membri del consiglio, Sara riba-disce che ogni operatore segue 2 ore a settimana ogni ospite e spiega che, prima di avere il permesso di soggiorno, passa-no dei mesi; in caso di risposta negativa della commissione ter-ritoriale vi sono i ricorsi e i tem-pi si allungano. Alla domanda di come trascorrono la giornata, l’operatrice risponde che fre-quentano la scuola di italiano, fanno dei lavori di volontariato, supportando alcuni pensionati, in modo che possano diventa-re autonomi e il progetto non si riduca solo ad un’opera di assi-stenzialismo. Infine precisa che

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La Lettera [27]marzo ‘16

la Caritas riceve 35 euro al giorno dai fondi euro-pei per questi ospiti: i sol-di servono per pagare gli affitti, il cibo, gli stipendi degli operatori, le prati-che burocratiche e le visi-te sanitarie. Agli immigrati vengono dati 2,50 euro al giorno per le spese e in più 30 euro settimanali per il cibo e l’igiene personale. Nell’accoglienza diffusa i costi per le parrocchie e il comune non sono economici, ma riguar-dano il creare situazioni di pros-simità all’altro e tessere una rete di relazioni. Alla domanda riguardante i problemi che pos-sono insorgere, l’operatrice ri-sponde che si creano tensioni e rabbia soprattutto nelle struttu-re grandi, mentre nell’accoglien-za diffusa, vi sono all’inizio delle difficoltà di inserimento e qual-che problema legato alla diver-

sità culturale (come ad esempio la percezione del tempo e l’atte-sa dei documenti lunga un anno che demotiva molto).Al termine della presentazione e del confronto sull’accoglienza diffusa, i lavori dei Consigli pro-seguono con l’itinerario quare-simale, riportato sul pieghevole che sarà poi stampato per tutti. Per quanto riguarda il calenda-rio e i lavori in corso si ricorda il pellegrinaggio a Roma, 13-17 giugno, con le fiaccole del cuo-re; il palio delle frazioni, che su-birà dei cambiamenti per la non

praticabilità del campo di calcio occupato per molta parte dal cantiere; i lavori della casa di co-munità con l’avanzamento lavo-ri mensile che sta impegnando economicamente la Parrocchia; l’aggiornamento settimanale del cantiere sulla Letterina e sul sito, anche con foto; il sopral-luogo per la chiesa di Beita, per la parrocchiale di Burligo e per il cantiere della casa parrocchiale da parte del Direttore dell’Uffi-cio dei Beni Culturali a marzo.

Patrizia Lomboni

Per il progetto di accoglienza diffusa si sono fatti altri passi in vicariato, al Consiglio Presbiterale; inoltre in due incontri, uno a Ponte San Pietro (4 febbraio) e uno a Mapello (28 febbraio), nei quali c’è stato un bel confronto tra le parrocchie presenti e un aggiornamento dei lavori del Consiglio Pastorale Diocesano da parte del rappresentante del nostro Vicariato, Angelo Ubiali.

Dall’antico testamento arri-va il nome Ruah, dall’ebraico “soffio, spirito”.Questa parola è condivisa dalle religioni ebraica, cristia-

na ed islamica e torniamo alle radici dei libri sacri per elaborare una filosofia comune d’agire: la no-stra responsabilità verso gli uomini e le donne che incontriamo e verso ciò che ci circonda.Di queste radici si riempie il nostro lavoro. La Cooperativa Impresa Sociale Ruah nasce nel 2009 dall’evoluzione dell’Associazione Comunità Immigrati Ruah che ha lavorato nel territorio di Bergamo dal 1991 (il 2016 è perciò il 25° anni-versario). La Cooperativa ha lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promo-

zione umana e all’integrazione sociale dei cittadini italiani e stranieri.I servizi attivi vanno dall’accoglienza, all’inseri-mento lavorativo di persone svantaggiate a inter-venti di formazione sui temi del dialogo e dell’in-contro interculturale per creare un nuovo senso comune basato sul rispetto e il riconoscimento di ogni essere umano.Nel nostro lavoro ci sentiamo impegnati a realiz-zare inclusione sociale nel territorio di Bergamo e a promuovere la collaborazione tra enti pubblici, privati e del terzo settore. Vogliamo essere testi-moni coerenti di un contesto sociale libero in cui le persone possano vivere i propri diritti naturali e sociali, promuovendo le loro capacità e risorse personali.

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La Lettera [28] marzo ‘16

Titolo Titolo TitoloSan Giovanni Boscoe il segreto della spugna

San Giovanni Bosco parlava spesso di due segreti: quello dei muli e quello della spugna. Nella festa del 31 gennaio, siamo partiti dal secondo, dando poi a tutti i ragazzi, al termine delle cele-brazioni, una spugna . Lasceremo al prossimo anno quello dei muli, anche se sarà difficile poterne trovare tanti… (qualcuno malignava che sarebbe più semplice trovare i cugini dei muli…) Ma la spugna rappresenta anche il cuore di don Bosco, imbevuto dell’amore del Signore e per questo capace di arrivare anche ai ragazzi e ai giovani come padre e compagno di viaggio.Così abbiamo ripercorso la sua vita, trovando che:

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La Lettera [29]marzo ‘16

Nel pomeriggio, in sintonia con ciò che anche don Bosco faceva, il mago Bruno ci ha intrattenuto con numeri divertenti fino a lasciarci a bocca aperta.

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La Lettera [30] marzo ‘16

Titolo Titolo Titolo[Di corsa all’11° Convegno Missionario Ragazzi]

“I piedi del messaggero di lieti annunci”

21 marzo, ore 8, si parte dal nostro piaz-zale degli al-pini: direzione Bergamo.Il Convegno m i s s i o n a r i o d i o c e s a n o

sta diventando, da un po’ di anni a questa parte, l’obiettivo dei nostri ragazzi, dalla 4° elementare alla 1° media. Ci siamo accorti essere molto im-portante per i ragazzi avere dei momenti speciali che scandiscano le loro tappe all’interno del per-corso di catechesi anche tra Comunione e Cresi-ma e questa occasione ci pare sempre più adatta a questo scopo.Che cosa è?Il Convegno missionario è un momento in cui tutte le parrocchie, o quasi, della bergamasca si riuni-scono in diversi parti della città con laboratori a tema missionario guidati dagli animatori del CMD (Centro Missionario Diocesano). Spesso consi-stono in giochi, attività leggere ed interattive che mettono in gioco i ragazzi invitandoli ad agire e pensare alla missione. Poi seguono una testimo-nianza di un missionario, momento sempre molto apprezzato e seguito con una certa meraviglia, e la Messa tutti insieme, che quest’anno abbiamo celebrato nella chiesa di S. Alessandro in colonna. Il pomeriggio è caratterizzato, invece, dal pranzo con pausa più che meritata, un altro piccolo mo-mento di attività e i saluti finali del vescovo o del direttore del CMD.Perché?Gli obiettivi di questa bella giornata sono moltepli-ci: il primo, quello cardine, è ovviamente creare nei ragazzi uno spazio di riflessione sul tema missio-nario (per capire un po’ di più le diverse situazioni di povertà nel mondo e per lasciarsi contagiare dalla carità di tanti animatori, giovani e missio-nari). Inoltre, uno degli scopi di questo incontro, è quello di “far stare insieme” i ragazzi che a prima

vista può sembrare banale, ma spesso è difficile coltivare delle belle relazioni e trovare il luogo e il tempo per farlo.Per concludere questo scritto, ci pare bello pre-sentarvi le opinioni a caldo dei nostri ragazzi rac-colte sulla via del ritorno a Palazzago, la sera.• È stato bello giocare e capire che l’unione fa

la forza. • In compagnia si sta meglio che da soli. • Io valgo, il mio aiuto conta. • Risate a crepapelle con la banda di Parre che

ci ha intrattenuti con spettacoli comici diver-tentissimi.

• La Messa è stata come una festa. Noi come gruppo eravamo sull’altare, proprio dietro al vescovo e proprio da lui abbiamo ricevuto la comunione con particole particolari perché erano state fatte da alcuni detenuti di un pe-nitenziario di Milano. Poi, alla fine, gli anima-tori hanno fatto rimbalzare tra di noi 5 grandi globi che rappresentavano i 5 continenti.

• Abbiamo ascoltato delle testimonianze che ci hanno fatto notare che non esiste solo il do-lore fisico, ma anche uno che spesso non vie-ne considerato: la solitudine. Basta aprire gli occhi per vedere persone e bambini che han-no bisogno di un sorriso un abbraccio, essere ascoltati etc… sembrano gesti scontati, ma non è così! Condividere un po’ del nostro tem-po con chi ha bisogno vale più di una medicina.

Leonardo

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La Lettera [31]marzo ‘16

Resoconto Economico Palazzago

RENDICONTO ENTRATE anno 2015

Rendite Immobiliari € 1.880,36 Offerte festive Parrocchia Offerte chiese frazioni

€ 20.000,76 € 6.754,00

Offerte Celebrazione Sacramenti… € 9.590,00 Offerte per candele € 5.215,37 Offerte raccolte straordinarie € 23.962,45 Offerte varie (buste…) € 23.840,70 Erogazioni libere deducibili (per Casa) € 17.845,00 Interessi depositi bancari € 144,23

Totale offerte € 107.352,51 Contributi da Comune Contributi da Enti Pubblici Contributi da Curia (F.di CEI ristr. canonica e vari)

€ 1.250,00 € 3.250,00

€ 75.375,00

Totale Contributi € 79.875,00 Feste Oratorio (serate, feste patronali, festa di Comunità..)

€ 119.343,55

Iniziative estive Oratorio (Cre, Baby Cre,Mare ado, Biciclettata…)

€ 46.819,05

Totale entrate attività Parrocchiali e Oratoriali € 166.162,60 Entrate Bar Oratorio € 11.702,26

Altre entrate € 1.833,37 TOTALE ENTRATE ANNO CORRENTE € 368.806,10

Disavanzo (perdita) esercizio corrente (Uscite-Entrate) € 51.812,74 Totale a pareggio € 420.618,84

RENDICONTO USCITE anno 2015 Manutenzione (Sist. Campaniele e campane Brocchione; Restauro Addolorata; Lavori oratorio - montacarichi cucina - sist. aule oratorio - opere murarie ed idrauliche; manutenzione antincendio,...)

€ 67.967,16

Assicurazioni € 2.670,00 Imposte e tasse € 2.673,39 Remunerazioni professionisti € 7.476,48 Spese Generali e Amministrative (Elettricità, acqua, telefoni, gas, gasolio, rifiuti, cancelleria…)

€ 39.697,23

Interessi passivi su mutuo € 3.349,28 Arredi (tavoli e sedie aule oratorio ...) € 3.452,16 Bar Oratorio € 12.770,14 Feste Oratorio € 93.634,95 Iniziative estive Oratorio € 37.645,95 Carità – Missionari € 5.025,50

Totale Uscite Attività Pastorali Oratoriali € 136.306,40 Tributi Curia € 20.798,00

Ristrutturazione Casa di Comunità € 123.458,60 TOTALE USCITE ANNO CORRENTE € 420.618,84

Mutuo - Debiti Verso Istituti di Credito (Capitale originario € 535.000,00; Capitale rimborsato al 31/12 € 31.878,88)

€ 503.121,12

“I numeri parlano” si dice. Allora, guar-dando i numeri del bilancio annuale cosa si può dire? Che la Comunità è un po’ come le nostre case, nelle quali c’è chi si impegna e lavora e chi va a ruota perché ancora piccolo, perché il suo im-pegno in quella stagione della vita è un altro, perché non si sente parte o per-ché non ne ha voglia…Posso vedere questo bilancio dicendo: “certo che ne girano di soldi in Parroc-chia!”. Vero. Come girano tante storie e persone intrecciate tra loro e con il Vangelo del Signore, come sono tante le iniziative e le proposte che danno spessore al tessuto comunitario. Op-pure “ma quante spese!” Vero anche questo. La casa è grande (chiese, ora-torio, patrimonio artistico, impianti, manutenzioni ordinarie e straordinarie, utenze, carità, missioni, emergenze…). E anche che “siamo sotto”: verissimo (anche se sui conti della Parrocchia e delle frazioni qualcosa c’è). Dobbiamo risalire, in un periodo tra l’altro in cui abbiamo anche il mutuo per la casa, aperto proprio nel 2015 (€ 535.000,00) Questo ci impegnerà per alcuni anni (almeno 8), sapendo che ci sono ancora delle urgenze:• accatastamento delle proprietà;• abbattimento ultime barriere ar-

chitettoniche in Oratorio;• sistemazione pavimento Teatro;• interno della chiesa della Beita.Come sempre, non possiamo non dire grazie a tutti coloro che già fanno tanto, secondo le possibilità e a volte anche oltre; grazie ai volontari che riducono la voce spese dandosi concretamente da fare. La loro passione e la loro disponi-bilità siano di stimolo anche per altri.E grazie alla Provvidenza che arriva sempre. Questo però è un altro bilancio…

Confrontando gli ultimi tre anni, si ha questo prospetto:• anno 2013 entrate €243.224,09 - uscite € 242.137,57• anno 2014 entrate €413.960,66 - uscite €261.941.70

(qui è inclusa la vendita di un terreno)• anno 2015 entrate €368.806,10 - uscite €420.618,84

[Fabrizio per il C.P.A.E.]

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La Lettera [32] marzo ‘16

Resoconto Economico Burligo

Per ora ci accontentiamo di questo inciso, ma ci ritorneremo. Suor Katia. E’ lei che sta guidando il percorso “Ti amo così” rivolto ai giovani dai 19 ai 35 anni del Vicariato. La terza Domenica del mese, nella chiesa di Pre-sezzo, con la possibilità di vivere alle 18.00 la celebrazione eucaristica, poi la cena a buffet in oratorio e l’incontro serale. E’ stato un crescendo di partecipazione che anche alcuni giovani di Palazzago hanno constatato: da 180, a 250, a 350 giovani. Una forza della natura questi giovani. Ma anche Suor Katia. In lei però c’è anche la forza della… Grazia.

Ti amo così [Suor Katia]

Nel bilancio troviamo alcune voci riassunti-ve che caratterizzano la vita comunitaria di Burligo:• le offerte (messe,

celebrazioni, sacra-menti…)

• le buste (di Natale)• la festa della cam-

pagna (di gran lunga l’entrata più cospi-cua)

Nelle uscite sono con-template alcune spe-se per gli spazi liturgici (mensa, ambone, re-stauro crocefisso, to-vaglie…) e ovviamente le utenze per la gestio-ne ordinaria.Il deposito bancario ci aiuterà a sostenere alcuni interventi per la chiesa parrocchiale e per le strutture della festa.Doveroso il grazie a tutti coloro che contri-buiscono in modi diver-si e danno una mano nei vari settori.

RENDICONTO ENTRATE anno 2015Offerte domenicali e feriali € 3.042,17Offerte Celebrazione Sacramenti… € 1.272,97

Offerte per candele € 1.929,51

Offerte raccolte straordinarie € 5.083,71

Erogazioni libere deducibili (per Casa) € 2.390,00 Totale offerte € 13.718,36

Contributi da Enti Diocesani € 35,54Attività pastorali e Feste € 52.190,00Entrate Circolo e entrate straordinarie € 2.264,12TOTALE ENTRATE ANNO CORRENTE € 68.208,02

RENDICONTO USCITEManutenzione € 1.395,37

Assicurazioni € 583,00 Imposte e tasse € 85,35

Remunerazioni professionisti € 2.888,00Spese Generali e Amministrative

Elettricità, acqua, gas, gasolio, rifiuti, cancelleria € 12.628,28

Attività pastorali e feste € 21.556,21Circolo € 400,30

Mobili, arredi… € 3.750,00Carità – Missioni € 1.639,04

Altre uscite straordinarie € 2.688,00Tributi Curia € 761,00

TOTALE USCITE ANNO CORRENTE € 48.374,55 Avanzo esercizio corrente

(Entrate- Uscite) € 19.833,47

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La Lettera [33]marzo ‘16

[Incontri di QuaresimaZona Pastorale]

Il Calice torna a casaQuesto è il calice che Mons. Daniele Rota aveva ri-cevuto in dono per il 50° anniversario di ordinazio-ne sacerdotale, dagli Alpini di Palazzago il 4 giugno 2005. Ora, come lui stesso ha detto nella riflessione della concelebrazione del 14 febbraio, è tornato a casa. Infatti, Mons. Daniele ha deciso di regalarlo alla Parrocchia San Giovanni Battista. Nella festa degli Alpini, il calice è stato portato all’offertorio proprio da loro, continuando così quella stima e amicizia che li lega a Monsignore e al Monte Linzone. Questo prezioso vaso sacro va ad aggiungersi al pregevole dono del la Veronica del Guercino, ai tondi di Salvador Dalì e ai mobili che arrederanno alcune sale della Casa di Comunità. Ancora una volta esprimiamo la nostra gratitudine per tutta questa manifestazione di attenzione e affetto.

Dopo le tre A, le tre T , le tre C, le tre S, le tre D, ecco le tre M (testimoni di Misericordia). Con le parrocchie della zona pastorale in Quaresima abbiamo conosciuto la vita e la spiritualità di tre giganti della carità: • Don Bepo Vavassori, attraverso le parole di don Davide Rota, Su-periore del Patronato S. Vincenzo;• S. Gerolamo Emiliani con Padre Mario Testa, Somasco;• il Beato Luigi Maria Palazzolo dalle riflessioni di due suore Po-verelle : Suor Marilena e Suor Annamaria.

Possiamo raccogliere il percorso con una frase del Beato Palazzolo - la cui figura è proposta anche nei sussidi diocesani quaresimali- decisamente in sintonia con don Bepo, San Gerolamo e papa Francesco: ”Io cerco e raccolgo il rifiuto di tutti gli altri”. Questo, grazie ad una grande fiducia nella Provvidenza e con la capacità di inaugurare vie nuove nella carità. Oggi diventa la necessità della misericordia come responsabilità. Al prossimo anno con un’altra lettera dell’alfabeto.

Le tre “M”

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La Lettera [34] marzo ‘16

Pillole

E poteva esserci una festa dell’Immacolata senza Mons. Patrizio? Eccolo puntuale, l’8 di-cembre, nella bella chiesa della frazione, sempre coinvolgente e appassionato nello spezzare Parola e Pane.

Abituati ai tre banchi del “mercato del lunedì” (se non piove e tira vento) sembrava di essere in un altro paese sotto Natale, quando le vie del centro hanno accolto i mercatini di Natale: gruppi, asso-ciazioni e privati hanno esposto i loro prodotti e animato la giornata con nenie natalizie, Babbo Natale e amici.

La notte più lunga che ci sia: Santa Lucia. Tanta attesa e trepidazione, insieme a stupore e meraviglia sui volti di tantissimi bambini e ragazzi nell’accogliere la Santa, quest’anno anche con una corona di sette can-dele per ricordare un particolare della sua vita: Lucia portava del cibo di nascosto ai cristiani perseguitati a Roma. Per orientarsi nelle catacombe, mantenendo le mani libere per gli alimenti, usava, appunto, una corona di candele. Lucia, “colei che porta la luce”, ha portato tanta gioia e…calore, passando da Ca’ Quarengo e Precornelli per prendersi un bel mantello rosa, fino alla chiesa parrocchiale gremita all’inverosimile.

Una famiglia ha regalato l’addobbo dell’ imponente cedro che si innalza davanti alla casa parrocchiale, trasformandolo in albero di Natale: un modo origina-le per “tenere accesa” l’attenzione ai lavori della casa parrocchiale per la quale è stato “acceso” un cospi-cuo mutuo. Grazie a coloro che hanno avuto questo pensiero. E mentre si spegneva l’albero ci si chiedeva: quando “spegneremo” il mutuo?

Era il 10 gennaio quando una signora di via Sant’Antonino in Bergamo alzava leggermente la tapparella per capire quale fosse la causa di tan-to vociare la domenica mattina. È il 31 gennaio e per la quarta domenica consecutiva la vicenda si ripete. La signora è ancora lì, questa volta con le braccia appoggiate alla finestra aperta. Non si è fatta cogliere impreparata e si è svegliata di buon mattino per poter osservare il volto dei 175 adole-scenti che hanno varcato la soglia della scuola S.B. Capitanio per il Corso Centrale Animatori. Sei intrepidi anche da Palazzago: Sara, Alice, Lorenzo, Mauro, Nicola e Andrea. Qualcuno, dicono, ha anche allargato il… cuore…

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La Lettera [35]marzo ‘16

Diciassette coppie hanno partecipato al per-corso di preparazione al matrimonio, ritrovan-dosi il sabato sera in Oratorio: tra presenta-zioni, lavori di gruppo, confronto e riflessioni, si è giunti all’ultimo appuntamento, introdot-to dalla cena insieme e da un tempo di “ritiro”, nel quale la Parola di Dio ha aiutato a rileggere la storia personale e di coppia, anche attra-verso alcuni segni che sono presenti nella ce-lebrazione nuziale. Ma chi prepara le torte per la prossima volta?

”Donne di chi con un tocco d’eleganza sanno dirti di sì donne e magia sono tutte un po’ madonne con il nome Maria”…Così canta Gigi D’Alessio in “La forza delle donne” che doveva essere ospite alla festa delle donne (Palazzago 5 marzo-Burligo 12 marzo). Ma si sa: questi cantanti non possono arrivare dap-pertutto. Però, la forza, quella sì (delle donne, ovviamente).

E i papà? Be, anche loro hanno tanta forza (anche solo nel “sopportare” le interessate della pillola pre-cedente). E allora festa anche per loro, il 19 marzo, con l’immancabile piatto di cervo e polenta. Pove-retti…(chi? I papà o i cervi? I cervi, ovviamente).

La pioggia non ci ha permesso di fare la sfila-ta di Carnevale da Precornelli all’Oratorio, ma non ci ha impedito di vivere un colorato pome-riggio, tuffandoci nella magia di Frozen grazie ai bravissimi adolescenti e in tanti altri mondi evocati dai travestimenti delle frazioni e dei ragazzi. Un gruppo di “Algide” con tanto di ge-lataio hanno regalato caldi gelati, mentre En-rico friggeva frittelle a volontà in olio bollente. Come dice qualcuno:” vai a farti friggere in olio bollente” E così è stato, vista la giornata.

Il 10 febbraio 2016, prima domenica di Quaresima, è entrato in vigore, su di-sposizione del nostro vescovo Francesco, il Direttorio Liturgico Pastorale. Il testo, consegnato all’intera Diocesi ed in particolare ai sacerdoti, alle comuni-tà parrocchiali e ai gruppi liturgici, è frutto di un cammino lungo e significativo e desidera porsi a servizio della comunione ecclesiale. L’intera comunità dei fedeli è quindi invitata a mettersi alla scuola della liturgia, nei molteplici e sva-riati servizi suscitati dallo Spirito Santo. Come ricordato nella Premessa al Direttorio, «la liturgia è sempre relativa alla carità; essa trova il suo senso in riferimento a Dio, carità infinita, essendo ren-dimento di grazie a Colui che, per amore, ha donato tutto se stesso. La litur-gia è poi per il bene della Chiesa, essendo via per la santificazione dei fedeli, perenne fonte di grazia, alimento e sostegno per ogni opera di misericordia».

Una Domenica sera, alla messa vespertina, qual-cuno commenta il richia-mo “pacato” di don Giu-seppe sulla necessità di “venire avanti” durante la messa, dicendo che sem-brava di sentire don Mi-gliorini… E’ vero: i parroci cambiano, ma la gente di Palazzago?

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La Lettera

Titolo Titolo Titolo Titolo

[36] marzo ‘16La Lettera

Casa di comunità

• sgombero macerie• demolizione muri divisori a piano terra e formazione di una porta • messa in sicurezza della struttura• posa di tre pali sul lato est e tre sul lato ovest di mt. 11,00 di lunghezza• prova di tenuta dei pali. Risultato della prova: i pali est hanno una portata inferiore del 40% in meno

rispetto a quelli ovest -ora si sta procedendo alla palificazione (115 pali di mt.9,00).

Posa di pali: • N° 8 lungo la parete Ovest;• N° 11 lungo la parete a Nord• N° 16 lungo la parete EstSono stati posizionati complessivamente N° 35 pali su N° 115 previsti nel progetto! 15 novembre 2015

In settimana e’ continuata l’opera per la palificazione; dopo tutto il perimetro esterno ora si sta lavorando all’interno. Abbiamo avuto anche il sopralluogo di due tecnici dell’ Italcementi per valutare la richiesta gia’ fatta a suo tempo dalla Parrocchia, di cemento e/o calcestruzzo.

In settimana e’ continuata l’opera per la palificazione interna.acconto lavori lavori € 9.014,81

Continuata l’opera per la palificazione interna, demolita la scala tra il piano terra e il primo piano, recuperando i gradini in pietra.

Terminata l’opera per la palificazione interna.Entrera’ ora a pieno ritmo la Ditta Bonfanti. Primo pagamento avanzamento lavori € 45.537,43

E’ stato demolito il primo solaio e parte del muro portante dove verra’ collocato l’ascensore. Sono in corso i lavori di rimozione terriccio all’interno di tutto l’edificio per la formazione del vespaio e del cordolo in cemento armato (sia interno che esterno) di collegamento di tutti i pali di sostegno della casa.

L’impresa edile in questa settimana:• ha fatto la platea in calcestruzzo “magrone” all’interno dell’edificio;• lungo tutta la parete, verso il campo sportivo e via Ca’ Curti, ha posizionato nel muro i tiranti in ferro

di collegamento del cordolo interno ed esterno della casa.• Ha armato i cordoli che saran gettati settimana prossima.

2015

08novembre

Armatevi di pazienza se volete leggere tutte le tappe che stanno interessando il cantiere della Casa di Comunità. I lavori, iniziati negli ultimi mesi dell’anno 2015 con la Ditta specializzata per le palificazioni, stanno continuando a ritmo sostenuto con la Ditta Bonfanti. Ogni settima la Rina aggiorna lo stato avanzamento lavori, anche dal punto di vista economico. Gli stessi dati, illustrati da fotografie, si trova-no sul sito www.oratoriopalazzago.itAllora cominciamo:

2015

15novembre

2015

22novembre

2015

29novembre

2015

05dicembre

2015

19dicembre

2016

09gennaio

2016

16gennaio

Page 37: La Lettera Marzo 2016

La Lettera [37]marzo ‘16

• armato e gettato i cordoli lungo tutto il perimetro interno ed esternoStato avanzamento lavori (n° 2) € 30.174,28

Gettato:• il vespaio interno,• la buca del vano ascensore• la soletta del locale caldaia.• All’esterno i 6 pilastri di sostegno della soletta di copertura del giardino pensile compreso tra la casa e

la piazza.

• gettato la soletta di copertura del giardino pensile compreso tra la casa e la piazza• ha armato la scala dal piano terra al primo piano e gettato il vano ascensore fino al secondo piano

La ditta:• ha gettato la scala dal piano terra al primo piano• ha demolito le solette del primo piano• ha montato i ponteggi all’esterno di tutta la costruzione.Avanzamento lavori n° 3 € 28.651,52

L’impresa edile in questa settimana ha:• posato le travi e l’assito in legno del primo piano con relativi pannelli isolanti e armature;• continuato il vano ascensore• rimosso ringhiera e pilastrini del terrazzo di ingresso

L’impresa edile in questa settimana ha:• gettato le solette del primo piano e la continuazione del vano ascensore;• ha demolito la scala interna restante e armata la nuova• demolite le solette del secondo piano e del solaio

• L’impresa edile in questa settimana ha armato, posizionato le travi a vista con assito e gettato le solette del secondo piano.

• Pagamento n° 4 Avanzamento lavori € 31.516,67

2016

16gennaio

2016

30gennaio

2016

06febbraio

2016

13febbraio

2016

20febbraio

E la storia continua, continua, continua… E come si conclude ogni volta: Avanti, forza e coraggio

2016

27febbraio

2016

03marzo

Page 38: La Lettera Marzo 2016

DefuntiCIMADORO GIANFERMOdi anni 67,deceduto il 26 novembre 2015

“Questa notte, non è più notte davanti a Te, il buio come luce risplende”.

I tuoi cari

ANGELA BALIO vedova ROTA BULO’di anni 90,deceduta il 9 gennaio 2016

“La mamma è la prima persona nella qua-le abbiamo sperimentato la misericordia del Padre perche’ ci ha accolto, generato, educato e, tante volte, perdonato”.

Con affetto, i tuoi cari

CAMILLO BANDIERIdi anni 89,deceduto a Tavernola il 28 febbraio 2016funerato a Palazzago il 1 marzo

Nessuno muore sulla terra, finchè vive nel cuore di chi resta. Sempre ti ricorderemo.

I tuoi cari

ETTORE AMBONIdi anni 75,deceduto a Curnoil 28 novembre 2015

La comunità di Palazzago lo ricorda per l’operato svolto du-rante il suo ministero dal 1966 al 1970.

FERRUCCIO EZIO MILESIdi anni 76,deceduto a Pontida il 18 febbraio 2016funerato a Palazzago il 20 febbraio

“Quando la tristezza ti assale, non muoverti, chiudi gli occhi... ascolta il mio passo nel tuo cuo-re. Non me ne sono andato, cammino con te”.

I tuoi cari

IVANA ROTA BULO’in ELIOPIdi anni 61,deceduta il 9 dicembre 2015

Il tuo sorriso ci accompagnerà sempre.

I tuoi cari

VINCENZA LOSA ved. BELOLIdetta VINCENZINAdi anni 91,deceduta ad Airuno il 18 febbraio 2016funerata a Burligo il 20 febbraio

Ti ricordiamo sempre con tanto amore, sei con noi nel più dolce pensiero di ogni giorno, aiutaci nel nostro cammino.

I tuoi cari

SANTE MANGILI TAMPIERIdi anni 76,deceduto il 9 gennaio 2016funerato a Burligo l’11 gennaio

Rimanga nel cuore di chi lo co-nobbe il ricordo della sua vita onesta e laboriosa.

I tuoi cari

MANGILI AGOSTINO detto GUSTOdi anni 92,deceduto il 25 febbraio 2016funerato il 27 febbraio

Siamo sicuri che sei nella luce e che guidi il no-stro cammino: l’amore per te non finirà mai.

I tuoi cari

ROTAFRANCESCO(16-03-198116-03-2016)

ROTA

Il vostro ricordo rimarrà sempre vivo nei nostri cuori.I vostri cari

CEREDA LUIGIAvedova ROTA(5-02-20065-02-2016)

BENEDETTIPIETRO

(1997-2016)

BENEDETTI

Il dolce ricordo con il vostro dolce sorriso; ci proteggete ovunque nei nostri passi. I vostri figli

POMAARIELE

(1953-2016)

BENEDETTICESARE

(2010-2016)

Anniversari

Page 39: La Lettera Marzo 2016

DIONISIA MINOTTIvedova ROTA SCALABRINI (NINI’)(15-2-2014 15-2-2016)

Sono già passati due anni ma ti sentiamo sempre accanto, sei stata per noi un esem-pio di vita. Tu che tanto ci hai amato veglia sempre su di noi.

I tuoi cari

CASTELLI PRIMO(6-3-2014 6-3-2016)

In questi due anni ci sono stati momenti in cui avremmo voluto richiamarti con noi per trascorrere ancora qualche altro momento per darti un abbraccio, per rivedere un tuo sorriso e per sentire un’ultima volta la tua voce… ci manchi tanto nonno.

I tuoi cari

ZONCA AMBROGIO(9-02-2008 9-02-2016)

I tuoi insegnamenti ed il tuo esem-pio continuino a guidare i nostri passi e ad accompagnare i nostri giorni.

I tuoi cari

PASQUINA INVERNIZZIved. GHEZZI(23-03-1991 23-03-2016)

“E ora per sempresarò con il Signore”.

Figlia e nipoti

VISCONTI AMALIAved. INVERNIZZI(15-02-2015 15-02-2016)

“Io ti conoscevo sol per sentito direma ora i miei occhi ti hanno veduto”.

I tuoi cari

MARIA BAMBINA BONACINAved. PANZA(2011-2016)

La morte sembra distruggere la speranza; ma in realtà ci provoca nella fede e ci sti-mola a una più forte speranza. A tutti co-loro che la conobbero e l’amarono rimanga vivo il suo ricordo.

I tuoi cari

MAZZOLENI PIETRO(11-03-2010 11-03-2016)

I buoni se ne vanno sempre per pri-mi, in silenzio, senza fare rumore.Svaniscono i sogni e i desideri ma non i ricordi.Resterai sempre nel nostro cuore.

Con affetto,Maria, Simone, Silvia

PELLEGRINELLI DONATO(16-03-2008 16-03-2016)

Sei sempre nei nostri pensieri e nei nostri cuori. Con amore ti ricordia-mo.

I tuoi cari

Battesimi

Domenica 10 gennaioKevin Mazzoleni

di Nicola e Sonia Bosco, nato il 22 ottobre 2015

Domenica 7 febbraio 2016, ore 11,30Grace Agazzi di Massimo e Maria del Carmine Amarante Minaya,

nata il 12 agosto 2015Alessia Todeschini di Marco e Susanna Rota, nata il 6 dicembre 2015

Alice Citterio di Paolo e Loretta Putti, nata il 22 giugno 2015Agata-Dionisia Corbetta di Andrea e Silvia Rota Scalabrini,

nata il 23 ottobre 2015

Page 40: La Lettera Marzo 2016