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N. 6, aprile-giugno 2018 La Biblioteca Rossiana, appartenuta a Giovanni Francesco De Rossi (1796-1854), comprende circa milleduecento manoscritti e più di ottomila volumi a stampa, compresi oltre duemilacinquecento incu- naboli. Alla morte di De Rossi, la raccolta fu donata dalla vedova alla Compagnia di Gesù, a condizione che fosse mantenuta unita e integra e che eventual- mente passasse pro tempore all’Imperatore d’Austria nel caso la Compagnia venisse sciolta (ma tornasse alla Compagnia qualora questa fosse stata ricostitu- ita). La condizione si realizzò, poiché, con l’acquisi- zione di Roma allo Stato italiano, nel 1873 furono soppresse le corporazioni religiose. La collezione fu quindi trasportata alla sede dell’ambasciata austro-ungarica a Roma, per esse- re inviata a Vienna nel 1877 ed essere trasferita nel 1895 nel sobborgo viennese di Lainz. Il viaggio a ri- troso, verso l’Italia, fu possibile dopo la prima guerra mondiale, quando cadde l’Impero austriaco. Si sta- bilì allora che la collezione rientrasse a Roma e fosse posta nella Biblioteca Vaticana. Ma un incunabolo Rossiano prese il volo, per tornare in Vaticana solo in questi giorni. Si tratta della famosa lettera di Cristo- foro Colombo, Epistola de insulis nuper inventis, riguar- dante la “scoperta” dell’America. Partito nell’agosto 1492, Colombo era rientrato in La lettera di Cristoforo Colombo dalle Americhe

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N. 6, aprile-giugno 2018

La Biblioteca Rossiana, appartenuta a Giovanni Francesco De Rossi (1796-1854), comprende circa milleduecento manoscritti e più di ottomila volumi a stampa, compresi oltre duemilacinquecento incu-naboli. Alla morte di De Rossi, la raccolta fu donata dalla vedova alla Compagnia di Gesù, a condizione che fosse mantenuta unita e integra e che eventual-mente passasse pro tempore all’Imperatore d’Austria nel caso la Compagnia venisse sciolta (ma tornasse alla Compagnia qualora questa fosse stata ricostitu-ita). La condizione si realizzò, poiché, con l’acquisi-zione di Roma allo Stato italiano, nel 1873 furono soppresse le corporazioni religiose.

La collezione fu quindi trasportata alla sede dell’ambasciata austro-ungarica a Roma, per esse-re inviata a Vienna nel 1877 ed essere trasferita nel 1895 nel sobborgo viennese di Lainz. Il viaggio a ri-troso, verso l’Italia, fu possibile dopo la prima guerra mondiale, quando cadde l’Impero austriaco. Si sta-bilì allora che la collezione rientrasse a Roma e fosse posta nella Biblioteca Vaticana. Ma un incunabolo Rossiano prese il volo, per tornare in Vaticana solo in questi giorni. Si tratta della famosa lettera di Cristo-foro Colombo, Epistola de insulis nuper inventis, riguar-dante la “scoperta” dell’America.

Partito nell’agosto 1492, Colombo era rientrato in

La lettera di Cristoforo Colombo dalle Americhe

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Europa nel marzo dell’anno seguente. La lettera in cui descrive il viaggio, scritta in spagnolo, fu tradot-ta in latino e stampata più volte già nel 1493. A un attento esame di specialisti statunitensi coadiuvati dal personale della Biblioteca, l’incunabolo della lettera di Colombo appartenente alla Biblioteca Ros-siana, che reca la segnatura Stamp. Ross. 674, si è rive-lato non autentico.

Non è dato sapere quando possa essere avvenuta la sottrazione, forse in fase di interventi sulla legatu-

ra, ma ora si è potuto rintracciare negli Stati Uniti l’incunabolo originario, venduto nel 2004 da un an-tiquario a Robert David Parsons, che ne fece acquisto non conoscendone la provenienza.

Un confronto fra questo incunabolo e quello falsi-ficato conservato in Vaticana ha permesso agli esperti di affermare che l’incunabolo ricomparso negli Stati Uniti coincideva con quello originario conservato nella raccolta di De Rossi. In specie furono decisivi per l’identificazione alcuni dati codicologici, quali l’i-dentico numero e l’identica collocazione dei fori di cucitura nelle piegature interne dei fogli, nell’uno e nell’altro manufatto.

A seguito di ciò, essendo venuto a mancare nel 2014 Robert Parsons, la vedova accolse la richiesta delle autorità statunitensi di restituire alla Biblioteca Vaticana l’originale della lettera di Colombo.

E il 14 giugno l’ambasciatrice degli Stati Uniti d’America presso la Santa Sede, S.E. Callista Gingri-ch, ha consegnato l’incunabolo a mons. Jean-Louis Bruguès, bibliotecario di S.R.C.

La Biblioteca ha espresso vivo apprezzamento alle autorità statunitensi per il prezioso aiuto nell’iden-tificazione dell’incunabolo trafugato; ed è grata alla signora Mary Parsons per aver permesso il ritorno in Vaticana dell’antico documento della Biblioteca Ros-siana.

Al termine della cerimonia la gentile ospite, ac-compagnata dalla famiglia, ha visitato il Salone Sisti-no, la sede storica della Vaticana.

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“Cortegiano” di Baldassarre Castiglione,Venezia, eredi Aldo Manuzio, il Vecchio,

e Andrea Torresano, il Vecchio, 1528Aldine. I. 67censurato da

Matteo Nerone Censore fiorentino

Polifilo che dorme “Hypnerotomachia Poliphili”.

L’opera è considerata uno dei capolavoritipografici di tutti i tempi

Inc. Chig. II. 610 postillato da Fabio Chigi

Aldine. I. 151

Aldus in Vaticana

ei fondi a stampa conservati nella Biblioteca Vati-cana si contano molte migliaia di edizioni antiche e preziose; tra queste le opere realizzate dai Manuzio, storica famiglia di editori e tipografi attiva prevalen-temente a Venezia durante il secolo XVI.

Nel 2017 ha preso avvio il progetto triennale BAV-Aldus per la catalogazione analitica di tali edi-zioni, grazie all’amichevole interessamento di Fredrik Vahlquist, che è stato ambasciatore di Svezia presso la Santa Sede, e alla generosa partecipazione di S.E. Åke Bonnier, vescovo luterano di Skara.

Scopo del progetto è rendere nota e fruibile l’in-tera collezione delle edizioni aldine, le raffinatissime opere stampate dai Manuzio a cominciare dal suo capostipite, Aldo il Vecchio (c. 1450-1515), uno dei maggiori editori di tutti i tempi (introdusse, tra l’al-tro, l’uso del corsivo e il formato in-ottavo). I Manu-zio, che pubblicarono opere in greco, latino ed ebrai-co, furono attivi nell’arco temporale che va dal 1495 al 1597.

La collezione si distingue da analoghe prestigiose raccolte presenti in altre istituzioni perché vi si con-serva una sezione della biblioteca appartenuta ad Aldo il Giovane (1547-1597, figlio di Paolo, 1512-1574),

l’ultimo discendente dei Manuzio. Il numero degli esemplari oggetto di descrizione supera le 2.500 uni-tà, distribuite nei fondi storici della Vaticana oltre che nei fondi Aldine e Aldine.A. Numerose edizioni stampate dai Manuzio si trovano infatti nelle raccolte Barberini, Chigi, De Marinis, De Rossi, Ferrajoli, Propa-ganda Fide, Raccolta Prima, ma anche in talune Raccol-te Generali.

La catalogazione analitica aggiunge alla descrizio-ne delle edizioni anche l’indicazione relativa alle note di esemplare (legature, stemmi, timbri, postille, ex li-bris, decorazioni). Le schede catalografiche saranno visibili a breve in DVL (Digital Vatican Library, digi.vatlib.it), con immagini che riproducono i particolari degli esemplari più significativi.

Il progetto BAV-Aldus nasce come prosecuzione del precedente progetto denominato BAVIC (Bibliothecae Apostolicae Vaticanae Incunabulorum Catalogus), con-dotto dalla Sezione Libri antichi e conclusosi con la pubblicazione online delle descrizioni di circa 6.500 edizioni stampate tra il 1450 e il 1500.

Oltre metà delle pubblicazioni aldine sono state catalogate e si conta di completare il progetto con con-gruo anticipo rispetto ai tempi inizialmente stimati.

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Conservazione a lungo termine dei documenti digitali: la Vaticana e l’ESA usano FITS

Lo scorso 16 aprile, presso il Vestibolo della Vati-cana, ha avuto luogo un incontro con la stampa dei rappresentanti della Biblioteca e dell’Agenzia Spazia-le Europea (ESA). Le due istituzioni hanno illustra-to, alla presenza di Philippe Brunet, direttore della Commissione europea responsabile per la Politica spaziale, Copernicus e difesa, le rispettive iniziative riguardanti la conservazione a lungo termine dei dati digitali.

La Vaticana, intraprendendo l’ambizioso progetto di digitalizzare l’intera collezione dei propri mano-scritti, ha dovuto affrontare il problema di preserva-re milioni di immagini ad alta risoluzione nel lungo periodo, 45 milioni di miliardi di byte, e di rendere i testi fruibili online.

L’ESA è impegnata ad assicurare l’accesso, presen-te e futuro, a una grande mole di dati. Con il suo He-ritage Data Programme, ad esempio, l’ESA protegge e assicura i dati di osservazione della Terra acquisiti da

satellite.La tecnologia impiegata da entrambe le istituzioni

è denominata FITS (Flexible Image Transport System), ed è stata sviluppata dalla NASA negli anni ’70 per gestire la gran mole di dati delle missioni spaziali e delle esplorazioni astronomiche.

Il sistema consente di registrare nello stesso file più tipi di informazioni; permette la lettura dei dati senza che debbano essere convertiti in altro formato, evitando, in tal modo, la perdita di informazioni.

Grazie a questa tecnologia i dati saranno dispo-nibili anche nel futuro remoto, a prescindere dalle evoluzioni di software e hardware, poiché contiene le indicazioni per la decodifica da parte dei posteri.

Bibliotecari e astronomi, due mondi tanto lontani fra loro, hanno dunque accorciato le distanze impiegan-do nei rispettivi progetti una tecnologia molto avanzata, uno strumento che ci consente di rivolgere lo sguardo ai secoli a venire.

mons. Cesare Pasini, S.E. mons. Jean-Louis Bruguès, Philippe Brunet, Josef Aschbacher (dietro)

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La prima ferrovia papale

Il Gabinetto della Grafica della Vaticana conserva una preziosa Raccolta Fotografica composta da un nu-cleo di stampe fotografiche di grande formato prove-niente dall’Accademia Polacca delle Scienze di Roma, insieme a un altro corpus di album, portfolio, rotoli, buste e insiemi di fotografie sciolte, per un numero complessivo di circa 150.000 stampe fotografiche.

Il secondo gruppo è costituito da opere inviate ai diversi pontefici dalle missioni di tutto il mondo, da molteplici diocesi e anche da singoli privati; questi documenti rivestono una grande importanza per la storia della Chiesa e del costume per il periodo com-preso tra la fine del XIX la fine del XX secolo.

Non solo ritratti di pontefici e testimonianze di eventi di interesse papale che documentano missioni cattoliche all’estero, eventi celebrativi, inaugurazioni e attività ecclesiastiche, ma soprattutto fotografie di paesaggi (urbani e naturali), opere architettoniche realizzate in luoghi lontani, vedute di città italiane e

straniere, testimonianze storiche di catastrofi (terre-moti, bombardamenti) e scoperte, esplorazioni, in-venzioni, nuovi brevetti, documentazione di scavi, di opere d’arte, di aree archeologiche, di chiese, monu-menti e musei di tutto il mondo. Le foto, raccolte il più delle volte in album con legature e coperte di pregio, venivano inviate come testimonianza e dimo-strazione di affetto e riconoscenza alla Chiesa, e per ricevere una benedizione.

Nel redigere l’inventario delle fotografie in for-mato “oblungo”, Oriana Rizzuto, che con passione e grande generosità collabora da tempo con il Gabinet-to della Grafica, ha rinvenuto alcuni documenti di particolare interesse. Tra questi segnaliamo l’immagi-ne della prima ferrovia papale (R. G. Fotografie. Oblun-go. I. 997); sulla scheda che la descrive è riportato: «“Velletri, prima Ferrovia. Ferrovia papale”. Grande foto in buone condioni. Albumina. Foto panoramica ripiegata in due parti.

R. G. Fotografie. Obl. I. 997

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36x77. 1860». La foto rappresenta il grande ponte fer-roviario posto al di sopra di una valle; vi sta passando una locomotiva con carri e si possono osservare di-verse persone in posa per il fotografo.

Il documento merita attenzione sia per motivi tec-nico-artistici, essendo un’albumina in formato pano-ramico, sia per il fatto storico in sé, che rappresenta la realizzazione del primo collegamento fra lo Stato Pontificio e il Regno delle due Sicilie e, di fatto, l’“a-pertura” dello Stato medesimo.

Pio IX era asceso al soglio pontificio nel 1846, l’anno in cui nel regno confinante, dove era già in costruzione la ferrovia, veniva emanata una notifica per la costruzione di quattro linee ferroviarie, tra cui appunto la Roma-Velletri-Segni-Frosinone-Ceprano.

Nel 1849 venne pubblicato il primo atto pontifi-cio di concessione alla società romana Pia-Latina che

avrebbe dovuto «costruire una strada ferrata da Roma al confine del Regno napoletano presso Ceprano». La società non riuscì a mantenere i termini del contrat-to e nel 1853 una nuova società, la Compagnia della strada ferrata da Roma a Frascati, ottenne la facoltà di prolungare la ferrovia fino ad Albano e Velletri, nello Stato Pontificio.

L’11 novembre 1854 furono approvati gli statuti della società e la costruzione fu affidata alla ditta bri-tannica John Oliver York & Co. Nel 1856 apriva il tratto da Roma-Porta Maggiore a Ciampino, il 1º ago-sto del 1859 quello fino a Cecchina e il 1º dicembre 1862 furono aperti i tratti successivi, fino a Velletri, Segni e Ceprano.

La ferrovia fu inaugurata nel 1863 da papa Pio IX, e aperta al pubblico ufficialmente dal 1º dicembre di quell’anno.

Stamp. Barb. PP. VI. 17 (int. 28)

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Pietro Giampaoli, incisore papale

Le opere dell’incisore e medaglista Pietro Giam-paoli (1898-1998), una vita dedicata all’arte incisoria con intensa passione, sono in gran parte conservate nel Medagliere della Biblioteca Apostolica.

Alla morte del padre, avvenuta vent’anni fa, Maria Teresa, Pierluigi, Chiara, Giuseppe e Simona Giam-paoli hanno voluto suggellare con un munifico dono il lungo sodalizio paterno con la Santa Sede, inizia-to pochi anni dopo l’arrivo a Roma «con i suoi po-veri bagagli, con i suoi sogni e una fede incrollabile nell’avvenire», con l’incontro, nel 1929, del segreta-rio di Stato di Pio XI, il card. Eugenio Pacelli e che ha poi visto la realizzazione, nel corso degli anni, di molte piccole e grandi opere.

I fratelli Giampaoli hanno così messo a disposi-zione del Medagliere Vaticano e degli studiosi di nu-mismatica tutti i bronzi, i gessi e i conii prodotti dal padre in 70 anni di attività, tranne quelli che avevano a tema la famiglia (donati al Museo d’arte e della Me-daglia di Buja, luogo natale di Giampaoli), e le opere “valdostane” (donate alla Biblioteca regionale di Ao-sta, dove Giampaoli si trasferì nel 1944 e soggiornò per più di un anno).

A più riprese, tra il 2002 e il 2003, le opere furono consegnate al prefetto di allora, Raffaele Farina, sdb, con il quale furono discusse, ispirate da sentimento d’amicizia, le modalità di redazione di un catalogo che comprendesse anche le altre donazioni. Negli an-

ni successivi l’ultimogenita Simona ha lavorato al catalogo delle opere di Buja e Aosta, pubblicato nel 2010 in collaborazione con il Curatore del Medaglie-re, Giancarlo Alteri. Il catalogo delle opere del “ma-estro insuperabile” conservate in Vaticano è in corso di preparazione.

Un critico presente alla Biennale cui l’artista, an-cora giovane, aveva partecipato, affermò: «Le meda-glie di Giampaoli bisogna vederle: ogni racconto non farebbe che dare un’idea molto imprecisa di questi piccoli capolavori materiali sul duro metallo ... In ogni medaglia di questo artista friulano c’è tutto il suo cuore, tutta l’anima sua ...». Dopo tanti anni e innumerevoli opere eseguite, a maggior ragione l’af-fermazione ha ancora piena e più compiuta validità.

Mt. Repubblica Italiana, XI, 55,1 D Mt. Repubblica Italiana, XI, 55,1 R

Bozzetto per la moneta argentea delle 500 lire, 1958 (ritratto della moglie Letizia)

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Md. Giampaoli. 128A. D Md. Giampaoli. 128A. R

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Ritratti di artisti

Tra i molti fondi conservati nel Gabinetto della Grafica della Vaticana c’è anche una cu-riosa raccolta che comprende 193 ritratti foto-grafici, prevalentemente di attori e cantanti ita-liani del XIX e XX secolo, registrata con il titolo Ritratti di artisti.

I Ritratti comprendono un arco cronologico che va dalla metà del secolo XIX agli anni Ven-ti del secolo successivo. Di origine prevalente-mente italiana, e in particolar modo torinese, la raccolta consiste di quattro tipologie di ele-menti: biglietti da visita, cartoline, cabinet-cards e souvenirs teatrali. Ciò indica che le foto appar-tenevano a un collezionista di “curiosità” tea-trali del periodo, identificato, grazie ad alcuni elementi evidenziati in corso di catalogazione, con Giuseppe Giovanni Cauda (1855–1936), critico teatrale della Gazzetta di Torino dal 1876 al 1911 circa, e di altri giornali teatrali. La sua carriera e il luogo in cui la svolse rivelano il mo-tivo della collezione. Come invece la collezione giunse in Vaticana è meno certo e saranno ne-cessarie ulteriori indagini per saperlo.

I primi settanta ritratti della raccolta hanno ora un inventario completo con rinvii, dati bio-grafici e note. La compilazione del repertorio in italiano, realizzato dalla studiosa australiana Monique Webber, è in linea con le esigenze ca-talografiche della Vaticana e tiene conto delle strategie di ricerca che si attivano nel mondo anglofono.

Nuove e diverse aree d’interesse e di studio vengono offerte dall’antica Biblioteca papale.

Arturo Garzes, 1856-1915Giacinta Pezzana, 1841-1919Ruggero Leoncavallo, 1857-1919Elvira, Enrica, Pia Zoppetti, sec. XIX-XXVincenzo Scarpetta, 1877-1952Adelina Patti, 1843-1919Teresa Burchi, 1887-1963Adele Borghi, c. 1860-?Armando Falconi, 1871-1954Edoardo Scarpetta, 1853-1925Jane Hading, 1859-1941Gemma De Santis, sec. XIX-XXEmma Nevada, 1859-1940Ermete Zacconi, 1857-1948Teresa Boetti Valvassura, 1851-1930

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Sottoscrizione di G. S. Assemani, 1711Vat. sir. 361, f. 44

Giuseppe Simonio Assemani (1687-1768)

a 250 anni dalla morte

L’evento, organizzato dal Pontificio Collegio Ma-ronita fondato da Gregorio XIII, di cui Assemani fu allievo, ha visto gli interventi di S.E. il card. Leonar-do Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, mons. François Zeki Eid, rettore del Colle-gio Maronita, S.E. mons. Jean-Louis Bruguès, biblio-tecario di S.R.C., del prefetto, mons. Cesare Pasini, e dello scriptor orientale della Biblioteca Apostolica, Delio Vania Proverbio. La commemorazione ha an-ticipato il convegno dedicato all’illustre personaggio che si terrà in Libano il 15 e il 16 agosto prossimi.

In Vaticana l’Assemani fu scriptor per il siriaco e l’arabo dal 1710; nel 1730 fu promosso a secondo cu-stode (vice prefetto) e dal 1739 primo custode. Insie-me al nipote Stefano Evodio Assemani (1707-1782), che gli succedette, fu l’unico prefetto orientale nella storia della Biblioteca Vaticana. Con il nipote intra-prese la compilazione e la pubblicazione dei cataloghi riguardanti i manoscritti ebraici, samaritani e siriaci delle collezioni conservate in Biblioteca e nel 1756 fu pubblicata l’opera Bibliothecae apostolicae Vaticanae co-dicum manuscriptorum catalogus in tres partes distributus, dedicata ai manoscritti ebraici e siriaci.

Il 17 maggio, presso la Sala Barberini della Bi-blioteca, è stato commemorato il 250° della morte di Giuseppe Simonio Assemani (1687-1768), arcive-scovo, prefetto della Vaticana, nipote dell’omonimo vescovo di Tripoli, figlio illustre della Chiesa Maro-nita e del Libano, che fu precoce promotore ed ese-cutore di importanti lavori scientifici, in particolare nell’ambito degli studi siriaci. Quattro i volumi della sua fondamentale Bibliotheca Orientalis: De scriptoribus Syris Orthodoxis, 1719; De scriptoribus Syris Monophysitis, 1721; De scriptoribus Syris Nestorianis, 1725; De Syris Ne-storianis, 1728. Fu particolarmente competente anche nelle culture greca e latina; pubblicò il Codex canonum Ecclesiae Graecae, 1762, primo tomo della Bibliotheca Iuris Orientalis Canonici et Civilis.

G. S. Assemani, caricatura di Pier Leone Ghezzi, Ott. lat. 3117, f. 51r

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Rinnovati gli opac della Biblioteca

Da lunedì 30 aprile sono stati cambiati i link ai cataloghi della Bi-blioteca Apostolica: l’accesso agli opac degli stampati, dei materiali grafici, delle monete e medaglie e dei manoscritti (questi ultimi dal 10 maggio), è garantito anche dal sito della biblioteca digitale (digi.vatlib.it), oltre che dal sito ufficiale della Vaticana, che sta per essere profon-damente rinnovato.

Si aspettava da tempo una nuova pagina opac, come sanno bene gli studiosi della Biblioteca: uno stru-mento più agile, efficiente ed effi-cace, che consentisse un approccio “amichevole” a coloro che consulta-no i cataloghi della Vaticana.

Dalla nuova pagina si accede non solo alle notizie bibliografiche rela-tive alle edizioni, ma anche ai dati relativi agli esemplari e alle relazioni tra di essi, e alle schede di autorità.

Nato dall’impegno di molti e dalla collaborazione con NTT Data, il nuovo accesso è intuitivo, con la possibilità di usare vari filtri durante le ricerche.

Si tratta di un tassello importan-te entro due prospettive più ampie: rendere meglio fruibili i servizi che la Biblioteca offre, in particolare nel sito web, e rendere più funzionali i software e le altre strumentazioni usate dagli uffici di catalogazione.

Visita dell’ambasciatore di Corea presso la Santa Sede

Il nuovo ambasciatore della Re-pubblica di Corea presso la Santa Sede, S.E. Giuseppe Lee Baek Man, è stato recentemente gradito ospite del-la Biblioteca Vaticana.

L’ambasciatore, che aveva pre-sentato le credenziali al Santo Padre nell’Udienza del 16 febbraio, nel pomeriggio del 15 maggio, accompa-gnato dalla gentile consorte, signora Myung Sook Park Lee, dal ministro consigliere Soo Deok Park e consor-te, signora Anna On Park, e dalla si-gnorina Hyun Sook Nam, terzo segre-tario, ha visitato gli ambienti storici dell’Istituzione, inclusa la Galleria Lapidaria, con i suoi innumerevoli “testi” su pietra disposti sulle pare-ti come su scaffali. Gli ospiti hanno potuto prendere visione e apprezzare alcuni importanti documenti mano-scritti provenienti dalla Corea conser-vati nelle collezioni estremo-orientali della Biblioteca.

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Una giornata di studi per ricordare mons. Paul Canart

(1927-2017)

La Biblioteca Apostolica commemorerà l’illustre studioso mons. Paul Canart a un anno dalla scom-parsa. Il 21 settembre prossimo, nella Sala Barberi-ni, si terrà una giornata di studio in ricordo dello scriptor graecus che ha trascorso sessant’anni della sua vita presso la Biblioteca. All’organizzazione della ma-nifestazione partecipa il Comitato Vaticano di Studi Bizantini (CVSB).

Paul Canart era nato a Cuesmes, in Belgio, il 25 ottobre 1927 e aveva compiuto gli studi di filosofia e lettere all’Università Cattolica di Lovanio, tra il 1944 e il 1953. Aveva studiato Teologia nel Seminario di Malines ed era stato ordinato sacerdote il 1° aprile 1951. Nel 1979 aveva conseguito il dottorato alla Sor-bona.

Nel 1956 la Biblioteca Vaticana gli offrì di entrare a far parte del proprio staff scientifico per lo studio e la catalogazione dei manoscritti greci. Così mons. Canart nel 1957 divenne scriptor graecus; dal 1993 al 1998 fu vice prefetto della Biblioteca.

È stato scritto che mons. Canart si era «fatto da solo», e con grandi risultati; con puntuale cadenza quinquennale pubblicava un volume del Catalogo che gli era stato affidato, e non solo. Tra i suoi lavori più impegnativi, la preparazione del volume di com-

mento che accompagnò la pubblicazione del fac-simile del Vat. gr. 1209 (Codice B), presentato al Santo Padre, Giovanni Paolo II, nell’anno giubila-re 2000.

Secondo il ricordo del card. Raffaele Farina, bi-bliotecario emerito di S.R.C., mons. Canart «ave-va una serenità di fondo straordinaria, che è stata il segreto del suo successo e del suo comunicare con gli altri. È stato in molti Consigli, Comitati e Commissioni e, infine, nel Governo della Bibliote-ca. È stato spesso, per tempi lunghi, da solo. Era un buon sacerdote, di una religiosità fortemente inte-riore, che non disturbava nessuno; gran lavoratore, per senso del dovere, ma anche per appresa effi-cienza, preparazione scientifica e modello di vita».

Diversi studiosi gli renderanno onore parteci-pando all’iniziativa insieme al prefetto della Biblio-teca, mons. Cesare Pasini, e al vice prefetto, Am-brogio Piazzoni. Brigitte Mondrain, presidente del Comité International de Paléographie Grecque, membri dello staff scientifico della Biblioteca, componenti del CVSB e altre personalità del mon-do accademico saranno presenti alla manifestazio-ne, riuniti presso il luogo di studio per eccellenza per ricordare un grande studioso.

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Digitization & Libraries the future of the past

Il completamento del progetto realizzato dalla Biblioteca Apostolica e dalle Bodleian Libraries di Oxford, finalizzato a rendere consultabili le rispet-tive collezioni di testi antichi, ha fornito lo spunto per una giornata di approfondimento sul tema della digitalizzazione nelle biblioteche quale strumento di studio e di conservazione della cultura per le future generazioni.

La prima sessione del convegno, intitolata Oxford, the Vatican and the Polonsky Project, ha inteso ricolle-garsi alla riuscita collaborazione fra le istituzioni par-tecipanti. Il progetto, realizzato tra il 2012 e il 2017, ha reso consultabili online oltre un milione e mezzo di pagine dai 2256 manoscritti e 667 incunaboli scel-ti nelle collezioni di testi greci, ebraici e latini delle rispettive istituzioni. Un tale risultato è stato reso possibile dal generoso sostegno della Fondazione Po-lonsky.

La Fondazione, fortemente impegnata nel proces-so di diffusione dell’informazione, ha in tal modo consentito di compiere un significativo passo in avan-ti nella condivisione, su scala globale, di straordinarie risorse intellettuali.

Una seconda sessione del convegno è stata dedica-ta al futuro delle biblioteche digitali, con la parteci-pazione dei rappresentanti di alcune fondazioni, cui

è seguita una tavola rotonda sul tema delle sovven-zioni ai progetti di digitalizzazione; una connessione evidente con il tema proposto, perché il futuro della digitalizzazione richiederà che vi sia chi creda a simili progetti e provveda a sostenere anche finanziariamen-te imprese tanto impegnative e costose.

«Ma, come è comprensibile, il futuro delle biblio-teche digitali non può essere ridotto a una mera que-stione finanziaria. Il suo significato e la sua importan-za derivano dai benefici che se ne potranno trarre», ha sottolineato mons. Cesare Pasini nell’introdurre i lavori, poiché oltre ai benefici legati alla conservazio-ne e alla divulgazione, ci sono anche quelli che deri-vano dalle tecnologie che vengono impiegate.

E dunque il riferimento alla cosiddetta interopera-bilità, la possibilità cioè di far circolare liberamente le immagini digitali nel web insieme a tutto il materiale documentario di dati descrittivi (con l’aggiunta dei metadati alle immagini, nell’ambito del progetto Po-lonsky sono state inserite 10.765 nuove descrizioni e 3256 nuove voci di autorità).

Grazie al protocollo elaborato dall’Università di Stanford, noto come IIIF (International Image Intero-perability Framework), è possibile visualizzare sul pro-prio computer, in un’unica videata, uno o più oggetti digitali presenti in rete, compatibili con lo standard, anche se messi online su differenti piattaforme, sem-plicemente richiamandone l’indirizzo web assegnato, senza passare per il sito dell’istituzione che lo ha pro-dotto e che lo rende visibile nella propria base dati.

Insomma, «l’evoluzione dei metodi e delle tecni-che e lo sviluppo delle scienze offrono al “passato” un ulteriore avvincente “futuro” grazie alle più raffinate e perfezionate tecniche di digitalizzazione e di conser-vazione digitale».

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Buona Estate!

Arriva l’estate

Arriva l’estate. È incoronata di spighe maturee tutta vestita d’oro; i suoi grandi occhi colordel fiordaliso sfavillano. Diffonde intorno a sé lo splendore e allegria del sole.Dinanzi a lei tutti si presentano con fiducia, ei poveri specialmente la tengono per loro grande amica; il buon caldo allora non costa nulla!Quando arriva nell’aia, l’estate si siedesu un mucchio di grano falciato e canta.Gli uomini la guardano e dicono:«Benedetta, tu ci porti il pane»

Giuseppe Fanciulli, 1881-1951

Giulio Bonasone (?), Cerere e Amore (o Allegoria della Terra),prima metà sec. XVI, incisione a bulino. BAV, Riserva S. 6, tav. 101a, particolare

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Ringraziamo - Alan Baron- Pina Bartolini- Åke Bonnier - Michele Canzoneri- Laura Cretara- Simona Giampaoli e familiari- Angelo Grilli - Frank Hanna- Warren Kirkendale- Bernadette Lane- Edwin Mok- Pierino Monassi- Chiara e Giovanna Montauti- Mariastella Pellicioli Lorioli- Paolo Portoghesi- Francesco Parisi- Marco Petreschi- Bill Teuber- Patrizio Turi- Scott & Lannette Turicchi- Luciana e Francesco Varisco- Paola Veroi- Bruna Volpi Fumagalli

- Ars Graphica- Borri S.p.A.- Dedanext S.r.l - Dedagroup S.p.A.- Digita Vaticana Onlus- Gladis Krieble Delmas Foundation- Heydar Aliyev Foundation- IAPS-Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziale, Roma- INAF-Istituto Nazionale di Astrofisica- Jacob Wallenbergs Stiftelse- Von Mallinckrodt Foundation- NTT Data- Panduit Corporation- Piql AS- Polonsky Foundation- Samuel H. Kress Foundation - Metis Systems- Sanctuary of Culture Foundation- SCG Chemicals- SemAr s.r.l.- Seret S.p.A.- Stiftelsen Konung Gustav VI Adolfs fond för svensk kultur- Stiftelsen Marcus och Amalia Wallenbergs Minnesfond- Fritz Thyssen Stiftung- Universitätsbibliothek Heidelberg

Sigfrido Bartolini, “La ricerca di Gesù”, 1999 acquerello. BAV, Disegni generali 50

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