LA LEGGENDA DI SANTA FINA - Associazione Idilio …...— E così, Luli le azioni buone — Ma sì,...

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C .M1 W A LA LEGGENDA DI SANTA FINA =*,IDILIO DELL'ERA 4= •S. Gimiffnano era la città delle cento torri. Oggi invece le torri son rimaste poco più di nove. Le altre furon tutte dirocca- te dall'invidia partigiana. Le stradine pe- rò, i palazzi dalle bifore ogivali da cui traboccano garofani e sole, le piazze leg- giadre a forma di conchiglia, son rimaste. E' restato anche dentro le chiese nelle torri dentro le case un silenzio di cose ' lontane sepolte nell'ombra dei ricordi. E torno torno alle mura, per le pendici, a bacio delle vallate gli olivi fanno una bianca ghirlanda, e dove l'aria si spari- sce tepida e dolce le viole vi crescono a mucchi. S. Gimignano la città delle viole. I cipressi come una fuga azzurra nel turchino si mettono ritti sulle poggiate contro il sole e una pieve rossa dal cam- panile piccino e la campana 'dondoloni nell'arco pietra suona senza esser ve- duta. Gli altri monticelli come curve di cielo si rincorrono quasi tutti eguali verso Siena ed hanno trasparenze d'oro i giorni d'estate. I fieni leggeri odorosi di vento, al piede liscio dei cipressi sembrano lo smalto su cui un pittore può ricamare un biondo capriccio. E le fonti zampillano chiare all'ombra dei muri mentre vengono le popolane a riempire le brocche. Le panciute brocche di terra cotta dove l'acqua si mantiene fresca e gorgoglia dal pispolo e canta. Veniva un giorno alla fonte una leggia- drissima fanciulla di nome Fina, e tutti al suo passaggio restavan mirati della sua grazia e della sua bellezza. Perché era Fina una fanciulla gentile dalle lunghe more treccie sparse sulle spalle, dagli oc- chi vivi ed intelligenti e dalla faccia sof- fusa di una bruna luce. 1 suoi quindici anni le davano il profumo dei fiori di prato tinti di sole e di azzurro. E tutto era schietto in lei, semplice e buono. Il personale armonioso come un suono, il cuore vergine simile all'acqua cristalli- na che scintilla fra i sassi del greto, e la voce che scoppia spesso in garrule risate. Amava Fina le creature di Dio, d'ogni pena altrui si accorava più d'ogni suo do- ilore. Quantunque della nobile famiglia dei Ciardi non sdegnava le umili faccende domestiche. Accudiva alla casa, andava *per l'acqua alle fonti ed era lieta di con- solare i poverelli ed i tribolati. Così una sera avvicinandosi alla fonta- 'na, come di consueto, si avvide che Bru- na, una piccola fanciulla sua compagna, piangeva di un pianto dirotto con le ma- ni nei cappelli appoggiata al muro presso la fonte. - Bruna sorella mia - le chiese Fina - perché piangi, che ti è accaduto •di male ? - —• Ah, vedi, - singhiozzò la fanciulla, additandole un mucchio di cacci per ter- ra - la mia brocca si è rotta, e non ho co-} raggio di tornare a casa, certo che la, mamma mi punirà. —• Non piangere sorella mia, non pian- gere. - E raccattati ipoveri cocci li ricom- pone pezzo per pezzo, li palleggia: fra le palme sottili, ci traccia sopra un segno di croce, e la brocca ritorna nuova. —• Senti ? - dice poi sorridendo pic- chiando le nocche sull'orlo del vaso - suona che pare una campana. Eruna crede che Fina voglia scherzare, ma subito si accorge che l'acqua zampilla dentro la sua brocca senza versare nem- meno di una goccia. Fina, Fina tu sei una santa, una grande santa ! - esclamai Bruna asciugan- dosi gli occhi e corre a casa con cuore tremante di gioia. Ora tutti pari virtù. Carnàio suo p< glioso, ma la n, vera non ha pt Quelle parole sa antiche per le mento e di con fondo al -cuore i sa un Angelo Soltanto teme < dietro il fascino E' tanto catti che è riposto tu quindi un poco che vuole che F ta. E Fina torna do i giovanotti rondini razzarli saettio indaffan E' maggio : ti di sole, i piccio', ra con piccoli buttano di sfaci si dondolano s liscio come una Fina scende & ca, se la carica . casa. Nella strada i lano. C'è Fioretto, paese, quello ci me un giullare la brigata. Inde ed il mantello e to sur una spa> gran paniere co ta ridendo a ti- sano. Fina, Fina dulia e tirand strada, due beli glia, per quand- Fina afferra < parai che brilla1 Bimbi moderni E così, Luli le azioni buone Ma sì, cert che rialzano, nuano a ribassa 62

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LA LEGGENDA DI SANTA FINA=*,IDILIO DELL'ERA 4=

•S. Gimiffnano era la città delle centotorri.

Oggi invece le torri son rimaste pocopiù di nove. Le altre furon tutte dirocca-te dall'invidia partigiana. Le stradine pe-rò, i palazzi dalle bifore ogivali da cuitraboccano garofani e sole, le piazze leg-giadre a forma di conchiglia, son rimaste.E' restato anche dentro le chiese nelletorri dentro le case un silenzio di cose 'lontane sepolte nell'ombra dei ricordi.E torno torno alle mura, per le pendici,a bacio delle vallate gli olivi fanno unabianca ghirlanda, e dove l'aria si spari-sce tepida e dolce le viole vi crescono amucchi.

S. Gimignano la città delle viole.I cipressi come una fuga azzurra nel

turchino si mettono ritti sulle poggiatecontro il sole e una pieve rossa dal cam-panile piccino e la campana 'dondoloninell'arco dì pietra suona senza esser ve-duta.

Gli altri monticelli come curve di cielosi rincorrono quasi tutti eguali versoSiena ed hanno trasparenze d'oro i giornid'estate. I fieni leggeri odorosi di vento,al piede liscio dei cipressi sembrano losmalto su cui un pittore può ricamare unbiondo capriccio.

E le fonti zampillano chiare all'ombradei muri mentre vengono le popolane ariempire le brocche. Le panciute brocchedi terra cotta dove l'acqua si mantienefresca e gorgoglia dal pispolo e canta.

Veniva un giorno alla fonte una leggia-drissima fanciulla di nome Fina, e tuttial suo passaggio restavan mirati della suagrazia e della sua bellezza. Perché eraFina una fanciulla gentile dalle lunghemore treccie sparse sulle spalle, dagli oc-chi vivi ed intelligenti e dalla faccia sof-fusa di una bruna luce. 1 suoi quindicianni le davano il profumo dei fiori di

prato tinti di sole e di azzurro. E tutto eraschietto in lei, semplice e buono.

Il personale armonioso come un suono,il cuore vergine simile all'acqua cristalli-na che scintilla fra i sassi del greto, e lavoce che scoppia spesso in garrule risate.

Amava Fina le creature di Dio, d'ognipena altrui si accorava più d'ogni suo do-ilore.

Quantunque della nobile famiglia deiCiardi non sdegnava le umili faccendedomestiche. Accudiva alla casa, andava*per l'acqua alle fonti ed era lieta di con-solare i poverelli ed i tribolati.

Così una sera avvicinandosi alla fonta-'na, come di consueto, si avvide che Bru-na, una piccola fanciulla sua compagna,piangeva di un pianto dirotto con le ma-ni nei cappelli appoggiata al muro pressola fonte. - Bruna sorella mia - le chieseFina - perché piangi, che ti è accaduto•di male ? -

—• Ah, vedi, - singhiozzò la fanciulla,additandole un mucchio di cacci per ter-ra - la mia brocca si è rotta, e non ho co-}raggio di tornare a casa, certo che la,mamma mi punirà.

—• Non piangere sorella mia, non pian-gere. - E raccattati ipoveri cocci li ricom-pone pezzo per pezzo, li palleggia: fra lepalme sottili, ci traccia sopra un segnodi croce, e la brocca ritorna nuova.

—• Senti ? - dice poi sorridendo pic-chiando le nocche sull'orlo del vaso -suona che pare una campana.

Eruna crede che Fina voglia scherzare,ma subito si accorge che l'acqua zampilladentro la sua brocca senza versare nem-meno di una goccia.

— Fina, Fina tu sei una santa, unagrande santa ! - esclamai Bruna asciugan-dosi gli occhi e corre a casa con cuoretremante di gioia.

Ora tutti parivirtù.

Carnàio suo p<glioso, ma la n,vera non ha ptQuelle parole saantiche per lemento e di confondo al -cuore isa un AngeloSoltanto teme <dietro il fascino

E' tanto cattiche è riposto tuquindi un pocoche vuole che Fta.

E Fina tornado i giovanottirondini razzarlisaettio indaffan

E' maggio : tidi sole, i piccio',ra con piccolibuttano di sfacisi dondolano sliscio come una

Fina scende &ca, se la carica .casa.

Nella strada ilano.

C'è Fioretto,paese, quello cime un giullarela brigata. Indeed il mantello eto sur una spa>gran paniere cota ridendo a ti-sano.

Fina, Finadulia e tirandstrada, due beliglia, per quand-

Fina afferra <parai che brilla1

Bimbi moderni— E così, Luli

le azioni buone— Ma sì, cert

che rialzano, 1«nuano a ribassa

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MIA FINA

•ole e di azzurro. E tutto erasemplice e buono.armonioso come un suono,

le simile all'acqua cristalli-'a fra i sassi del greto, e laria spesso in garrule risate.', le creature di Dio, d'ogniaccorava più d'ogni suo do-

della nobile famiglia deilegnava le umili faccendeccudiva alla casa, andavae fonti ed era lieta di can-ili ed i 'tribolati,a avvicinandoci alla fonia-<nsueto, si avvide che Bru-a fanciulla sua compagna,\ dirotto con le ma-appoggiata al muro pressona sorella mia - le chiesepiangi, che ti è accaduto

- singhiozzò la fanciullamucchio dì cacci per ter-

rea si è rotta, e non ho co-are a casa, certo che lamira.ere sorella mia, non pian-'ati ipoveri cacci liricom-pezzo, li palleggia fra le

i traccia sopra un segnorocca ritorna nuova,iice poi sorridendo pic-che sull'orlo del vaso -una, campana.:he Fina voglia scherzare,•orge che l'acqua zampillarocca senza versare nem-ccia.

tu sei una santa, unaesclama Bruna asciugan-corre a casa con cuore

da.

Ora tutti, parlan di Fina e delle suevii'tu.

Cambio suo padre ne è veramente orgo-glioso, ma la madre piuttosto rude e se-vera, non ha per Fina che parole brevi.Quelle parole saggie che usavan le madriantiche per le loro figliole, d'ammoni-mento e di consiglio. Anch'ella però infondo al cuore è contenta di avere in ca-sa un angelo dì bellezza e di bontà.Soltanto teme che la figlia si smarriscadietro il fascino del mondo.

E' tanto cattivo il mondo ! Gesù disseche è riposto tutto nel Maligno. Raffrenaquindi un poco la tenerezza materna per-ché vuole che Fina si faccia davvero san-ta.

E Fina torna alle fonti ogni sera, quan-do i giovanotti stornellano d'amore e lerondini razzano intorno alle torri consaettio indaffarato.

E' maggio : tutte le strade s'infioranodi sole, i piccioni volano rasente atta ter-ra con piccoli arcobaleni incrociati, sibuttano di sfacio su i rami dei peschi, visi dondolano sopra -allungando il colloliscio come una piuma di cielo.

Fina scende alla fonte, riempie la broc-ca, se la carica sulla testa e si avvia versocasa.

Nella strada- i giovanotti giocano e can-tano.

C'è Fioretto, il paggio più vago delpaese, quello che suona la sirvantese co-me un giullare sul liuto, e tiene allegrala brigata. Indossa il corsaletto d'argentoed il mantello di seta rossa gli pende tut-to sur una spalla. Infilato in braccio ungran paniere colmo di aranci, egli ne get-ta ridendo a tutte le fanciulle che pas-sano.

Fina, Fina - grida vedendo la fan-ciulla e tirandole, ritto in mezzo allastrada, due bellissime arance - piglia, pi-glia, per quando sarai sposa.

Fina afferra a volo i due lucidissimipomi che brillano nell'aria, e fra le risate

delle compagne, passa, sorride, ringrazia.Entra m casa e mostra alla mamma

l'innocente regalo di Fiorello.Ma la madre la fissa accigliata, rattie-

ne con forza lo sdegno che le bolle in cuo-re e finalmente le dice : - Ah, sfacciata,ti credevo una santa, e invece non sei cheuna ragazzaccia che t'indugi per le stra-de dietro i giovanotti! Va va, lontano dame, tu non sei degna del mio affetto ! -Fina con gli occhi bassi ascoltò le severeparole della mamma come una voce chevenisse dall'alto, dalla bocca stessa diDio. Il suo volto si tinse di vivo rossore,e un torrente di lacrime scese dai suoiocchi. Poi dato addio a tutte le cose ter-rene andò a nascondersi in un cupo sot-terraneo del più severo e dimenticato ca-stello del paese.

Distesa sulla nuda terra una lunga ta-vola di quercia vi si adagiò sopra a gia-cere.

Nessuno più seppe di lei.Chi pensava che qualche cavaliere l'a-

vesse rapita, chi diceva che essa era par-tita per terra d'oriente, chi infine ritene-va che la fanciulla fosse morta.

Invece in fondo al tugurio dove nongiungeva raggio di sole, né la sana brez-za dell'aurore, Fina aveva, fatto voto aDio di soffrire in tutte le sue membratutte le atroci pene che Gesù Crocifissosuo sposo celeste, aveva patito nella suapassione e morte.

Ora per lei più non cantavan le fontiné i clivi brillavano di fiori e di tramon-ti. Né più voce umana veniva a ferire lesue orecchie. Ma sentiva un linguaggionuovo scorrerle dentro il cuore, come unruscello d'oro che scendeva dalle rupi delcielo. Eran pur lunghe le notti, -anzi erauna infinita notte la sua vita nel fondodel castello, e venivano spesso i topolinicol loro musino a punta a farle compa-gnia, ed ella li accarezzava maternamen-te lasciando che raccatassero una briccio-la di pane avanzata ai suoi digiuni. Ma

Bimbi moderni—• E così, Lulù, sapresti dirmi quali sono

le azioni buone e quali le cattive ?— Ma sì, certo... Le buone sono quelle

che rialzano, le cattive quelle che conti-nuano a ribassare.

Piccolo ipocrita !La mamma : Da bravo Carluccio, ripeti-

mi ciò che stamane hai imparato a scuola.Carluccio : Oh ! Mamma, ho imparato del-

le cose così noiose, che ho promesso albuon Dio di non pensarci mai più, mai piùdavvero...

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Ì'alone di S. Gimignano è dodici savi te-nevan parla/mento in faccia al popolo.

Quando un chiarore d'oro entrò nellatorre di Fina, la fanciulla credette di so-gnare. Ma subito dentro una bianca nubecircondata di angioli riconobbe il dolceaspetto di S. Gregario. Aveva il gran San-to la tiara in capo, e tracciando con le tredita unite della mano destra un segno dibenedizione sulla fronte della fanciulla :- Rallegrati, figlia mia - le disse - poichéil giorno delle tue nozze si avvicina, gliangioli ed i serafini ti aspettano in Cieloesultanti! -

Disse e disyarve. Un profumo di giglirimase in fondo al castello, e la luce se-guitò a brillare per tutta la notte comese fosse entrata l'aurora con un gran pa-niere di fiori maggiaioli.

Sulle mura sono colpi di alabarda, rin-tronar di picconi. Cadono le torri e lungole case non è che rovina e distruzione.Gli ambasciatori domandano la resa.

E il maggio maturo sorride fra gli uli-vi, fra i grani rialti,-sulle siepi in fiore.Ma ad un tratto il cielo si copre di nubi,scrosciano saette e lampi ed un vento im-pettuoso si leva. Le strade e le piazze so-no avvolte nel buio, cade a .^torrenti lapioggia'U vento la insegue come una fu-ga dì demoni.

— Sì sì sono i demoni che fuggono "-pensa Beldie seduta presso la tavola diFina, e rimira la fanciulla accendersi tut-ta di luce celeste.

I bifolchi ristanno pensosi sulla sogliadei casolari, le madri si stringono al senoi fanciulli, e le vecchine corrono a butta-re nel fuoco un ramoscello d'ulivo bene-detto.

Poi dalla parte dì Siena il cielo si apre,torna il sereno, le nubi migrano comebianchi greggi lontani. L'aria trasparenteingioiellata di diamanti si stende sui pra-ti, l'acqua piovana brilla fra i sassi deltorrente in una risata di sole.

Allora tutte le campane cominciano asuonare senza che nessuno le tocchi, conaccordi dolci e lunghi nella sera comeuna musica di paradiso. Gli angioli sonosaliti in cima alle torri, su i campanili Kcantano a distesa : - E' morta la Santa !

Su i campi, nelle strade, sulle piazze,sopra gli scalini delle case è sbocciatauna pioggia di viole.

Tutti corrono alla torre di Fina e tro-vano la bella fanciulla addormentata conle mani 'incrociate sul petto, e la sua po-vera tavola è tutta un giardino di viole,,i suoi capelli allungati sino ai piedi, man-dano una morbida luce di sogno.

— La vogliamo vedere! la vogliamo-veder-e J - gridano le fanciulle accalcan-dosi intorno alla torre.

Dalle finestre pendono drappi in festa,le campane suonano ancora, e lutti gli al-tari della pieve si accendono al tocco di

.una fiammella misteriosa che gira comeuna fondine sotto le agili arcate.

Passa la dolce addormentata portata a:spalle sulla tavola fiorita. ' -*

Cento occhi si posano su di lei. :E'' così bianca, tutta bianca come un

petalo di giglio. [

Fina umile e mite viola del Signorecresciuta per cinque anni nell'ombra diuna torre, le buone fanciulle toscane san-no che i pìccoli fiori dei campi odoranedi te.

A. ciascuno secondo il ineritoII francese A. Scholl, conosciuto per il suo

spirito mordace e anche crudele, incontrò ungiorno un suo amico, A. H..., celebre autoredrammatico. Costui Io invitò a cena per quel-la stessa sera. Ma, sai, - gli disse - è una ce-na ordinaria. Fu portato in tavola un tacchi-no riempito di marroni. Scholl mormora : -Alcuni vi mettono dentro dei tartufi ! - Con-trariata per quell'uscita poco conveniente, la sì-

gnora A. H. si volta verso l'ospite e dice ::- Avete ragione, caro amico, ma... ciò dipendedalla qualità degli invitati.

Quella sera, contrariamente alla sua abitudi-ne, Scholl restò tranquillo.

* * . *

Creditore : Quando mi restituisci quelle cen-to lire ?

Debitore : Cosa pretenderesti ? che fossi an-che profeta ?

Contemplavo merad'acqua irrompente cinato, attorno agli scogva, con un pauroso sivoragine.

« Gom'è bella - -pensta' ! E come allieta il pgento splendente al sesenza fine ! O cascata,e mandi i tuoi spruz:Iosa, bianca strada,rappresenti l'uomo gìa tutto un secolo ».,Gseguendo il camminomonte.

Il sole, alto nel eieraggi infocati, e mi d;schiena. Ansante, io ele pietraie grigiastre, jsentivo sfinito ; la setidente... Non una stilleombra fresca ; soltantbero del sole sulla pi

«Oh, potessi correifondo, sino a quella CEstamattina, io ho tar

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