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REGIONE CALABRIA COIM IDEA-POLISTENA DEDALO SOCIETÀ COOPERATIVA CATANZARO Università degli Studi “Mediterranea” di Reggio Calabria Dipartimento OASI, Progettazione per il Paesaggio, la città ed il territorio Dipartimento di Architettura e Analisi della Città Mediterranea Dipartimento di Scienze Ambientali e Territoriali POR Calabria 2000/2006 Asse III - Risorse Umane OB. 1 FSE, Misura 3.10 “Adeguamento delle competenze della P.A.”, Corso di aggiornamento dei dipendenti della Pubblica Amministrazione Pianificazione Urbanistica e Governo del Territorio in Calabria. Prof. GIUSEPPE FERA LA LEGGE URBANISTICA REGIONALE E I NUOVI STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE IN CALABRIA Dispensa ad uso didattico Novembre 2009

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REGIONE CALABRIA COIM IDEA-POLISTENA DEDALO SOCIETÀ COOPERATIVA CATANZARO

Università degli Studi “Mediterranea” di Reggio Calabria

Dipartimento OASI, Progettazione per il Paesaggio, la città ed il territorio Dipartimento di Architettura e Analisi della Città Mediterranea

Dipartimento di Scienze Ambientali e Territoriali

POR Calabria 2000/2006 Asse III - Risorse Umane OB. 1 FSE, Misura 3.10 “Adeguamento delle competenze della P.A.”,

Corso di aggiornamento dei dipendenti della Pubblica Amministrazione

Pianificazione Urbanistica e Governo del Territorio in Calabria.

Prof. GIUSEPPE FERA

LA LEGGE URBANISTICA REGIONALE E I NUOVI STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE IN CALABRIA

Dispensa ad uso didattico Novembre 2009

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1. LA NUOVA LEGGE URBANISTICA REGIONALE 1.1. I Principi ispiratori La Legge 19/2002 della Regione Calabria reca come titolo “Norme per la tutela, governo ed uso del territorio”. Non dunque una “legge urbanistica” ma una legge per il governo del territorio, il che sta a significare che alle tradizionali missioni dell’urbanistica (controllo dell’uso del suolo urbano e infrastrutturazione del territorio, tutela), essa considera anche nuove e diverse finalità: l’analisi e la mitigazione dei rischi ambientali, la tutela e valorizzazione del paesaggio, lo sviluppo delle aree agricole, ecc…; ma soprattutto il governo del territorio richiede la capacità di dotarsi di strumenti “di governo” e quindi in grado di superare la logica della separatezza fra la “norma” urbanistica e la concreta capacità di operare e programmare, in altri termini di orientare ed attivare concrete politiche urbane e territoriali. La legge si presenta con una struttura complessa, articolata in 11 Titoli per un totale di 74 articoli. I Titoli I e II dettano alcuni importanti principi generali, mentre il Titolo IV definisce ed illustra gli strumenti di pianificazione ai diversi livelli, regionale, provinciale e comunale. Autonomia e sussidiarietà La nuova LUR del 2002 definisce per l’istituto regionale un nuovo ruolo rispetto al passato nel campo della pianificazione e del governo del territorio; non più una regione capace solo di esercitare un potere di controllo autoritativo, tra l’altro assolutamente discrezionale, sulle realtà locali, mediante il meccanismo di approvazione dei piani, ma incapace di farsi carico dei problemi dei comuni e di orientare il loro operato in funzione di propri obiettivi. L’azione della regione, secondo i dettami della nuova legge si ispira a principi di autonomia e sussidiarietà. Il principio di autonomia stabilisce che ogni ente o comunità locale deve essere responsabile, in generale delle scelte e delle decisioni che riguardano il proprio territorio, nel rispetto delle regole e dei principi fissati da enti territoriali sovrimposti. Il principio di “sussidiarietà” ha avuto largo impulso all’interno delle politiche dell’Unione europea per individuare i poteri degli organismi sovranazionali europei distinguendoli da quelli dei governi nazionali. In tale visione “nei campi che non ricadono nella sua esclusiva competenza la Comunità interviene, in accordo con il principio di sussidiarietà, solo se, e fino a dove, gli obiettivi delle azioni proposte non possono essere sufficientemente raggiunti dagli Stati membri. Il principio di sussidiarietà significa, perciò, che là dove un determinato livello di governo non può efficacemente raggiungere gli obiettivi proposti e questi sono raggiungibili in modo più soddisfacente dal livello di governo sovraordinato (lo Stato nei confronti della Regione, o l’Unione europea nei confronti degli stati nazionali) è a quest’ultimo che spetta la responsabilità e la competenza dell’azione. L’obiettivo della legge urbanistica regionale n. 19 del 2002, che all’art. 4 si occupa del principio di sussidiarietà, è quindi volto a stabilire un equilibrio tra autonomia e sussidiarietà, cioè tra le esigenze di decentramento delle funzioni amministrative e la volontà di delegare le competenze a quello tra gli enti più vicini al cittadino che è maggiormente in grado di raggiungere gli obiettivi prefissati.

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In coerenza con quanto detto sopra l’art. 1 della LUR stabilisce che la Regione: detta norme sull’esercizio delle competenze esercitate ai diversi livelli istituzionali al fine di promuovere

modalità di raccordo funzionale tra gli strumenti di pianificazione e valorizzazione del suolo, attraverso la rimodulazione delle diverse competenze;

favorisce la cooperazione tra la Regione, le Province, i Comuni e le Comunità montane, e valorizza la concertazione tra le forze economiche, sociali, culturali e professionali ed i soggetti comunque interessati alla formazione degli strumenti di pianificazione, o la cui attività pubblica o d’interesse pubblico possa essere incidente sull’assetto del territorio.

Allo stesso tempo l’art 4 stabilisce che Sono demandate ai Comuni tutte le funzioni relative al governo del territorio non espressamente attribuite dall’ordinamento e dalla presente legge alla Regione ed alle Province, le quali esercitano esclusivamente le funzioni di pianificazione che implicano scelte di interesse sovracomunale. I due articoli della legge chiariscono il nuovo ruolo dell’istituto regionale e dei criteri che dovranno regolare i rapporti fra Regione, Province e Comuni. Ogni ente è responsabile per intero della pianificazione del proprio territorio, ovviamente nel rispetto delle regole e delle norme territoriali, paesaggistiche ed ambientali fissate dalla regione, alla quale spetta il compito di orientare e coordinare, in funzione dei propri obiettivi, l’azione dei comuni e, secondo il principio di sussidiarità, fornire ad essi l’assistenza e il sostegno di cui hanno bisogno nell’espletamento del loro compito. Partecipazione e concertazione La legge regionale n.19/02 della Calabria è improntata alla nuova cultura della concertazione e della partecipazione che negli ultimi anni ha segnato fortemente la disciplina urbanistica. Essa, in particolare, individua apposti strumenti consistenti in precise forme procedurali ed amministrative finalizzate alla concreta attuazione di istituti di concertazione istituzionale tra enti nelle diverse fasi della formazione dei piani. Il metodo e gli strumenti con cui si sviluppano tali forme di concertazione istituzionale sono stabilite nel titolo II della legge regionale e sono costituiti:

dalla Conferenza di pianificazione (art. 13) dalle conferenze di servizi (art. 14) e dagli Accordi di programma (art. 15).

L’art. 11 della L.R. 19/02 parla esplicitamente anche di partecipazione dei cittadini alle scelte urbanistiche. I commi 1b, 2, 3 e 5 del detto articolo segnalano possibili strumenti e procedure di partecipazione che saranno richiamati nel seguito.

La Conferenza di pianificazione.

La Conferenza di pianificazione rappresenta una fase necessaria del processo di elaborazione dei piani generali ed ha l’obiettivo principale di realizzare l’integrazione delle diverse competenze degli enti partecipanti per gli aspetti conoscitivi e valutativi.

La conferenza esprime valutazioni preliminari, di natura istruttoria, sugli obiettivi generali e sulle scelte strategiche di piano e sulla individuazione di massima dei limiti e condizioni per lo sviluppo

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sostenibile del territorio, riportate in un documento preliminare ed in uno schema di assetto territoriale. La conferenza consente inoltre un confronto con le associazioni economiche e sociali. Più analiticamente la conferenza di pianificazione è chiamata:

- a verificare la completezza del quadro conoscitivo del territorio e ad esaminarlo al fine di accertare la condivisione, da parte delle amministrazioni partecipanti, dello stato del territorio, dei suoi processi evolutivi e dei limiti e delle condizioni alla sua trasformazione necessari per assicurare lo sviluppo sostenibile;

- a raccogliere ed integrare le valutazioni dei soggetti partecipanti in merito agli obiettivi generali ed alle scelte strategiche presentate nel documento preliminare;

- a pronunciarsi sugli esiti della valutazione preventiva di sostenibilità ambientale e territoriale delle previsioni del documento preliminare.

La conferenza è il principale strumento di concertazione, il passaggio procedurale in cui tutti i soggetti partecipanti sono chiamati a dare un contributo conoscitivo e valutativo sui contenuti di tre specifici documenti di pianificazione elaborati dall’Amministrazione procedente: il quadro conoscitivo del territorio, il documento preliminare e la relazione sulla VAS o quella sulla valutazione di sostenibilità. La conferenza ha la precisa finalità di promuovere la condivisione dell’analisi delle potenzialità d’uso e delle criticità e vulnerabilità del territorio e dei sistemi socio economici, ambientali, paesistici, insediativi ed infrastrutturali, nonché dei conseguenti fabbisogni di tutela e sviluppo delle risorse naturali e antropiche improntate quindi anche a un sistema di scelte condivise. La Conferenza di pianificazione è aperta ai soggetti istituzionali territorialmente interessati (a seconda dei piani e dei livelli di pianificazione: regione, provincia e comuni e comunità montane ed enti di gestione delle aree naturali protette), ai soggetti competenti per legge a rilasciare pareri, intese ed atti di assenso, alle forze sociali ed economiche interessate. Le determinazioni conclusive della conferenza costituiscono il parametro per le scelte di pianificazione sia per la loro formulazione definitiva che per la loro valutazione. La conferenza di servizi e l’Accordo di Programma Si tratta di istituti giuridici già noti all’ordinamento nazionale da molti anni e che non destano particolari problemi interpretativi. La conferenza di servizi rappresenta uno strumento ordinario e di applicazione generale rivolto a consentire l’emersione e la comparazione dei vari profili di interesse pubblico valutabili ai fini dell’adozione di un provvedimento finale. L’istituto in trattazione non determina comunque la costituzione di un organo collegiale straordinario, ma da luogo soltanto ad un modulo procedimentale e perciò il provvedimento finale deve essere imputato alle singole autorità amministrative che formano la conferenza e, soprattutto, che adottano il detto provvedimento. In altri termini, la conferenza si configura alla stregua di un meccanismo di coordinamento e di semplificazione delle procedure di cui le principali funzioni consistono nel coordinamento e nell’organizzazione di fini pubblici, sicché, ponendosi come momento di confluenza delle volontà delle singole amministrazioni, risponde al canone costituzionale del buon andamento dell’Amministrazione pubblica, attribuisce dignità di criteri normativi ai concetti di economicità, semplicità, celerità ed efficacia ed è normalmente caratterizzata dall’assenza di formalismo, nel senso che le forme della stessa vanno osservate nei limiti in cui siano strumentali allo scopo

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perseguito, non potendosi far discendere dalla loro inosservanza l’illegittimità dell’operato della conferenza, se il fine è comunque raggiunto.

L’accordo di programma (art.15) è invece un istituto utile nell’ambito dei moduli di intesa e di convenzione che vengono conclusi tra due o più soggetti pubblici. Siffatta figura di intesa, è infatti importante strumento per la realizzazione del raccordo e del coordinamento delle volizioni e delle attività tra pubbliche amministrazioni operanti in settori contigui, potenzialmente in grado di evitare interferenze e duplicazioni. Esso deve la sua introduzione, sostanzialmente, a due ragioni: la prima è rappresentata dalla necessità di coordinare un sistema amministrativo altamente frammentato sotto il profilo delle competenze riconducendolo, con opportuni strumenti convenzionali, ad unitarietà; la seconda ragione risiede nell’esigenza di dotare la pubblica amministrazione di strumenti e mezzi in grado di assicurare una sempre maggiore elasticità e flessibilità alla pertinente azione.

1.2. Le linee guida della pianificazione regionale Le linee guida della pianificazione regionale sono previste dall’art. 17 della LUR La Giunta regionale, entro 180 giorni dalla entrata in vigore della presente legge, elabora le linee guida della pianificazione regionale e lo schema base della Carta Regionale dei Luoghi. A tal fine, tramite il suo Presidente, indice una apposita Conferenza di pianificazione diretta alla formulazione di un protocollo di intesa con le Province e con le altre Amministrazioni competenti per la predisposizione degli atti e documenti che entreranno a far parte delle linee guida medesime, che dalla data della loro approvazione assumono il valore e l’efficacia del Q.T.R. fino all’approvazione dello stesso anche con funzione di indirizzo per tutto il processo di pianificazione ai diversi livelli. Con una delibera in data 6 giugno 2005 (delibera n. 563) la nuova Giunta regionale decideva di revocare le Linee Guida in precedenza approvate (ma sulle quali vi era stata una ferma opposizione da parte delle province) e di costituire una Commissione alla quale veniva affidato il compito di predisporre il Protocollo di intesa di cui all’art. 17 comma 5 e definire le Linee Guida della pianificazione regionale. Il Protocollo è stato sottoscritto, a seguito di un approfondito e partecipato confronto, dalla Regione Calabria, dall’ANCI e dalle Province a Catanzaro il 23 settembre 2005 (BURC del 7/10/2005 - supplemento straordinario n. 2 al n. 18 dell’1/10/2005). Nel rispetto del fondamentale principio di democratica partecipazione nell’assunzione delle scelte la bozza delle Linee guida è stata sottoposta al vaglio dei soggetti a diverso titolo interessati, nell'ambito delle cinque Conferenze Provinciali promosse dall'Assessorato all'Urbanistica e al Governo del Territorio1. Le linee guida: i riferimenti per la pianificazione regionale La struttura delle linee guida prevede una articolazione in due parti: Riferimenti per la pianificazione regionale e Tematismi ed approfondimenti. La prima parte dopo un richiamo ai Principi e riferimenti ai

1 Le Conferenze sono state tenute: il 24 novembre a Reggio Calabria, il 28 novembre a Catanzaro, il 29 novembre a Cosenza, il 30 novembre a Crotone e l’ 1 dicembre a Vibo Valentia.

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quali deve attenersi la pianificazione regionale a tutti i livelli, ovvero la sostenibilità, la sussidiarietà, la concertazione e la partecipazione, si articola nelle seguenti parti:

Linee generali di assetto del territorio regionale e pianificazione regionale (Capp. II e III) tiene conto del fatto che la Legge connette direttamente il Q.T.R. con le Linee Guida, attribuendo ad esse il valore e l'efficacia del Q.T.R. fino all'approvazione dello stesso. Ciò significa che le Linee Guida devono assumere per un certo periodo di tempo il ruolo di strumento guida per la pianificazione e, quindi, delineano al loro interno uno scenario di assetto del territorio regionale (Lineamenti di un modello di assetto) e forniscono indicazioni più specifiche su alcune questioni cruciali relative a quell'assetto (Aree e progetti pilota).

Pianificazione provinciale (Cap. IV), definisce ed approfondisce le disposizioni legislative relativamente al ruolo, obiettivi ed articolazione dei PTC delle Province, individuando per essi alcuni obiettivi chiave quali la difesa dai rischi ambientali, il coordinamento dell’azione dei comuni, la tutela delle aree protette.

Pianificazione Comunale (Cap. V), esamina in dettaglio tutti gli strumenti urbanistici a scala comunale a partire dal PSC, per i quali vengono indicate alcunee linee interpretative nel merito dei suoi contenuti e degli obiettivi di tutela e riqualificazione del territorio e del paesaggio che alla scala comunale occorre perseguire;

Schema Base della Carta Regionale dei Luoghi (Cap. VI), dove si indica una prima articolazione della stessa.

Le linee guida: tematismi ed approfondimenti La seconda parte - Tematismi e approfondimenti – evidenzia alcuni temi di maggiore rilievo ovvero:

Difesa del suolo rischi geologici e georisorse con annesse Schede tecniche (Cap. I), La pianificazione del paesaggio e le aree di pregio naturalistico (Cap. II), la Pianificazione del territorio agro-forestale (Cap. III) la Valutazione ambientale e di sostenibilità (Cap. IV), le Dinamiche territoriali e le strategie per il riassetto (Cap. V ), la Pianificazione operativa strategica (Cap. VI) e il Sistema cartografico di riferimento (Cap. VII).

1.3. La carta regionale dei luoghi Costituisce parte integrante del Q.T.R. la Carta Regionale dei Luoghi che, in attuazione dei principi identificati al precedente art. 5, definisce: a) la perimetrazione dei sistemi che costituiscono il territorio regionale individuandone le interrelazioni a secondo della loro qualità, vulnerabilità e riproducibilità; b) i gradi di trasformabilità del territorio regionale derivanti dalla individuazione e dalla perimetrazione delle forme e dei modelli di intervento, di cui al precedente art. 5, con la conseguente nomenclatura dei vincoli ricognitivi e morfologici derivanti dalla disciplina statale e regionale sulla tutela e valorizzazione dei beni culturali singoli ed ambientali; c) le modalità d’uso e d’intervento dei suoli derivati dalla normativa statale di settore in materia di difesa del suolo e per essa dal Piano di Assetto idrogeologico della Regione Calabria.

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Il riferimento al termine “luoghi” permette di superare una accezione che predilige esclusivamente le componenti fisiche e morfologiche del territorio, e ne accoglie una più ampia che comprende tutto il sistema di valori del territorio calabrese che contribuiscono a caratterizzare l’identità dei luoghi. Tale accezione è ulteriormente avvalorata dalla legislazione regionale in materia di aree protette (Legge Regionale n. 10 del 14 luglio 2003) e dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (D. Lgs. 42/2004) che prevedono l’integrazione tra la componente umana e naturale attraverso la salvaguardia dei valori antropologici, architettonici, archeologici e storici, nonché delle attività agricole produttive ed agro-silvo-pastorali, e di ogni attività economica tradizionale anche attraverso l’accessibilità a incentivi statali e regionali. In questo contesto, il patrimonio culturale regionale, nel quale i cittadini si identificano, costituisce il sistema di risorse su cui fondare lo sviluppo del territorio, in cui la tutela e la valorizzazione dell’ambiente naturale diventano condizioni necessarie.

La struttura della carta regionale La struttura della Carta Regionale dei Luoghi, secondo quanto prescritto dall’art. 17 della L.R. 19/02, prevede: a) la perimetrazione dei sistemi che costituiscono il territorio regionale individuandone le

interrelazioni a seconda della loro qualità, vulnerabilità e riproducibilità, attraverso la definizione e l’elaborazione di una cartografia di sintesi che perimetra tutte le parti costitutive del territorio regionale. A tal fine sarà necessario elaborare delle cartografie tematiche per i singoli sistemi: - carta del sistema naturalistico-ambientale; - carta del sistema insediativo; - carta del sistema relazionale; - carta delle interrelazioni (qualità, vulnerabilità, riproducibilità); - carta di perimetrazione degli areali.

b) l’individuazione dei gradi di trasformabilità del territorio regionale derivanti dalla identificazione

delle forme e dei modelli di intervento, di cui all’art. 6 (conservazione, trasformazione e nuovo impianto), con la conseguente nomenclatura dei vincoli ricognitivi e morfologici derivanti dalla disciplina statale e regionale sulla tutela e valorizzazione dei beni culturali singoli ed ambientali, attraverso la definizione e l’elaborazione di una carta dei gradi di trasformabilità del territorio regionale; A tal fine sarà necessario elaborare le seguenti cartografie tematiche: - carta del riconoscimento dei valori; - carta dei vincoli per ogni sistema costitutivo del territorio regionale secondo la normativa

statale e regionale, le prescrizioni in materia di protezione civile previste per ogni provincia; - carta dei gradi di trasformabilità del territorio.

c) la definizione delle modalità d’uso e d’intervento dei suoli derivati dalla normativa statale di

settore in materia di difesa del suolo e per essa dal Piano di Assetto idrogeologico della Regione Calabria, attraverso l’elaborazione di una carta delle modalità d’uso e di intervento dei suoli, che tiene conto delle caratteristiche geomorfologiche, idrologiche e agro-forestali del territorio. A tal fine sarà necessario elaborare le seguenti cartografie tematiche, con eventuali approfondimenti:

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- carta della geologia e morfologia del territorio - carta delle risorse idriche - carta degli schemi irrigui, fabbisogno idrico e approvvigionamento idrico - carta del sistema agroforestale.

Il sistema naturalistico ambientale

a) sistema naturalistico ambientale, costituito dall’intero territorio regionale non interessato dagli insediamenti e/o dalle reti dell’armatura urbana ma con gli stessi interagente nei processi di trasformazione, conservazione e riqualificazione territoriale;

le unità geomorfologiche e paesaggistiche ambientali, che si definiscono quali porzioni di territorio caratterizzate da omogeneità di fattori costitutivi, in relazione: alla conformazione geologica del suolo e del sottosuolo, all’idrografia, alla morfologia, alla copertura vegetazionale ed alle forme d’uso antropico del suolo, storicamente sedimentate.

i corridoi di conflittualità ambientale, che corrispondono a quelle porzioni di territorio in cui si registrano condizioni di rischio e degrado o processi di trasformazione incompatibili, che generano situazioni di conflitto con le caratteristiche naturalistico-ambientali del territorio stesso;

i corridoi di continuità ambientale, che rappresentano gli elementi essenziali a garantire continuità ecologica tra le aree di valore naturalistico-ambientale.

Il Sistema insediativo Il sistema insediativo è costituito dagli insediamenti urbani periurbani e diffusi, residenziali, industriali/artigianali, agricolo-produttivi e turistici;

Gli Ambiti urbani sono ulteriormente suddivisi in:

• suoli urbanizzati, ovvero le parti della città e/o del territorio, anche di carattere storico, caratterizzate dalla presenza di insediamenti organizzati serviti da viabilità ed infrastrutture a rete, come definiti nelle presenti Linee Guida (vedi capitolo VII);

• suoli non urbanizzati, ovvero le parti di territorio prevalentemente costituite da ambiti naturali, seminaturali ed agricoli, non pienamente servite da viabilità ed infrastrutture a rete, solo parzialmente edificate, ma, comunque, all’interno della perimetrazione comunale del centro abitato o delle eventuali frazioni;

• suoli riservati all’armatura urbana, ovvero quelle parti costituite da elementi che nel territorio svolgono funzioni relazionali e che pertanto assumono valore di sistema strutturante del territorio regionale (di seguito approfondite nelle carte del sistema relazionale).

Gli Ambiti periurbani sono ulteriormente suddivisi in:

• suoli agricoli abbandonati contigui agli ambiti urbani, intendendo quei suoli che allo stato attuale non hanno un uso precipuo agricolo;

• sistemi insediativi diffusi extraurbani privi di organicità.

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Il Sistema relazionale Il sistema relazionale è costituito da:

• il sistema della viabilità stradale costituito dalle strade statali, regionali, provinciali, comunali e/o vicinali;

• il sistema ferroviario, costituito dalla rete delle ferrovie statali, regionali e/o in concessione;

• il sistema dei porti ed aeroporti, interporti/centri di scambio intermodale

• il sistema delle reti energetiche, costituito da elettrodotti, metanodotti, oleodotti, acquedotti;

• il sistema delle telecomunicazioni, costituito dalle reti e dai nodi dei sistemi telefonici, informatici e simili.

1.4. L’osservatorio del Paesaggio L’Osservatorio del paesaggio è stato costituito, all’interno delle finalità promosse dalla Carta Calabrese del Paesaggio, in attuazione della Carta europea del Paesaggio, dalla Regione Calabria, dalle cinque Province, dall’Anci, dai Parchi nazionali e Regionali e dalle Università calabresi. Gli obiettivi generali dei sottoscrittori della Carta sono: a) esercitare le loro attribuzioni in materia di paesaggio attenendosi scrupolosamente ai principi contenuti nella Convenzione europea del paesaggio; b) vigilare sull’esercizio delle competenze in materia paesistica da parte degli enti eventualmente da loro sub-delegati, in osservanza dei detti principi e del presente Accordo; c) attivare processi di collaborazione costruttiva fra l'insieme delle pubbliche amministrazioni presenti sul territorio, di ogni livello, aventi competenza istituzionale in materia di paesaggio;

d) attuare tutte le misure specifiche previste dall’art. 6 della Convenzione (Sensibilizzazione - Formazione ed educazione - Individuazione e valutazione - Obiettivi di qualità paesaggistica - Applicazione) in relazione al proprio territorio e al ruolo dell’Ente.

I sottoscrittori in particolare decidono:

a) di promuovere l'elaborazione, a cura della Regione Calabria - Assessorato Urbanistica e Governo del Territorio - di un Documento specifico relativo alla “Politica del Paesaggio” per la Calabria, che indichi i principi generali, le strategie e gli orientamenti che consentano l'adozione, da parte degli enti competenti, di misure specifiche finalizzate a salvaguardare, gestire e/o progettare il paesaggio in tutto il territorio regionale; detto Documento dovrà essere elaborato in sintonia con le “Linee Guida della Pianificazione Regionale in attuazione della Legge Urbanistica Regionale” (cfr. art. 17

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comma 5, LUR 19/02), approvate con Delibera della Giunta Regionale n° 1/06, e costituirà parte integrante del Quadro Territoriale Regionale;

b) di promuovere, nell’ambito della istituzione dell’Osservatorio Regionale delle trasformazioni territoriali, ai sensi dell’art. 8 LUR 19/02, la creazione di una sezione specifica riferita al Paesaggio, con la finalità di supportare a livello regionale la definizione delle misure specifiche per l’applicazione della politica del paesaggio che, secondo quanto previsto dall’art. 6 della Convenzione Europea del Paesaggio, riguarda le seguenti categorie di attività: A. sensibilizzazione; B. formazione-educazione; C. individuazione e valutazione; D. obiettivi di qualità paesaggistica; E. applicazione;

c) l’Osservatorio – Sezione Paesaggio inoltre: I. coordina l'attività culturale, scientifica e organizzativa in materia di

sensibilizzazione, formazione ed educazione, fornendo supporto tecnico e scientifico all'attuazione delle leggi nazionali e regionali in materia, e promuovendo il raccordo con gli organi di competenza statale ed europea;

II. elabora e gestisce strumenti per la tutela-valorizzazione del Paesaggio su tutto il territorio regionale, anche attraverso la redazione di appositi strumenti di rilevazione finalizzati alla identificazione-caratterizzazione degli ambiti paesaggistici della Calabria;

III. coordina, le attività di manutenzione e aggiornamento della Banca Dati appositamente costruita per la identificazione dei sistemi paesaggistici della Regione;

IV. promuove il raccordo tra le azioni della Regione e degli Enti locali per la promozione del territorio partecipando alla definizione degli obiettivi strategici degli Assessorati regionali direttamente o indirettamente interessati ai temi del Paesaggio;

d) di sostenere attivamente la creazione della RECEP (Rete europea degli enti territoriali per l'attuazione della Convenzione europea del paesaggio) sotto l'egida del Congresso dei poteri locali e regionali del Consiglio d'Europa, ed approvata dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano in data 11 novembre 2004, chiedendo conseguentemente a tutti gli enti locali di aderire alla RECEP;

e) di promuovere, al momento opportuno, la partecipazione degli Enti Territoriali della Calabria al Premio del paesaggio del Consiglio d'Europa - previsto all'Articolo 11 della Convenzione europea del paesaggio. Con il Programma "Paesaggi & Identità", finanziato con le risorse assegnate al Dipartimento Urbanistica e Governo del territorio a titolo della delibera CIPE 35/05 e con le risorse del bilancio regionale (L.R. 13/05), si intende intraprendere una serie di azioni per la valorizzazione e fruizione del territorio, attribuendo il giusto valore al ruolo del paesaggio, a partire dagli aspetti ambientali e storici particolarmente rilevanti. L'obiettivo del Programma è creare una "mappa dei paesaggi calabresi" e definire l'intervento su ambiti territoriali compromessi, nell'intento di ricreare condizioni di equilibrio per il risanamento del paesaggio ambientale, anche attraverso interventi sugli "ecomostri" della Regione. Tale scelta riflette una strategia generale avviata dal Dipartimento Urbanistica e Governo del Territorio che individua nella tematica del Paesaggio e dei relativi valori (sociali, culturali, ambientali ed economici) il filo conduttore per la definizione di azioni mirate di sviluppo e valorizzazione.

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1.5. La Valutazione ambientale dei piani La valutazione di sostenibilità Allo scopo di garantire che le scelte del piano siano sostenibili e compatibili con le caratteristiche e le risorse dell’ambiente e del territorio interessati, la legge regionale (art. 10) prevede che: “La Regione, le Province e i Comuni provvedono, nell’ambito dei procedimenti di elaborazione e di approvazione dei propri piani, alla valutazione preventiva della sostenibilità ambientale e territoriale degli effetti derivanti dalla loro attuazione, nel rispetto della normativa dell’Unione Europea e della Repubblica, attraverso le verifiche di coerenza e compatibilità”. Pertanto, anche in sede di redazione del PSC occorrerà in via preventiva procedere alla redazione di una valutazione di sostenibilità che verifichi la coerenza e la compatibilità del piano, in conformità anche a quanto previsto dalla direttiva UE 42/2001 ed espressamente agli artt. 2,3,4,5,6,8,92. Tale valutazione di sostenibilità, proprio per la sua natura preventiva, deve essere vista come parte integrante del piano strutturale. La legge stabilisce anche che alla valutazione di sostenibilità si proceda attraverso la Conferenza di pianificazione, convocata dal comune, alla quale partecipano la Regione, la Provincia e tutti gli enti pubblici o privati che possono avere un qualche ruolo o interesse nella definizione del piano. Per quanto attiene alcuni aspetti più specifici a carattere metodologico e tecnico si rimanda al capitolo “La valutazione ambientale e di sostenibilità” delle presenti linee guida La verifica di coerenza - art. 10 c.2 La verifica di coerenza accerta che i sistemi naturalistico-ambientali, insediativi e relazionali, definiti in base ai principi ed alle procedure di cui alla presente legge, siano coerenti con quelle della pianificazione vigente, ai diversi livelli, e si applica agli obiettivi della pianificazione strutturale ed operativa; vale a dire:

a) alla tutela e conservazione del sistema naturalistico-ambientale; b) all’equilibrio e funzionalità del sistema insediativo; c) all’efficienza e funzionalità del sistema relazionale; d) alla rispondenza con i programmi economici.

La verifica di coerenza, dunque, tende a verificare che gli obiettivi fissati dal piano e definiti per ogni sistema (naturale, insediativo e relazionale) e i programmi economici siano coerenti con gli obiettivi definiti nei livelli di pianificazione sovracomunali (Regione, province), in altre parole tende a verificare che le scelte operate a scala comunale non siano in conflitto con quelle definite nei livelli superiori. La verifica di coerenza è inoltre una verifica “interna”, ovvero deve dimostrare che le strategie, le azioni e gli strumenti di intervento messi in atto dal piano siano coerenti con gli obiettivi indicati. La verifica di compatibilità - art.10 c.3

2 Inserire nota con eventuale riferimento al testo della direttiva o mettere il testo in allegato

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La verifica di compatibilità accerta che gli usi e le trasformazioni del territorio siano compatibili con i sistemi naturalistico-ambientali, insediativi e relazionali, definiti in base ai principi e alle procedure di cui alla presente legge. Essa trova applicazione nelle modalità di intervento della pianificazione strutturale ed operativa ed è rivolta: a) a perseguire la sostenibilità degli interventi antropici rispetto:

• alla quantità e qualità delle acque superficiali e sotterranee, • alla criticità idraulica del territorio ed all’approvvigionamento idrico, • alla capacità di smaltimento dei reflui, • ai fenomeni di dissesto idrogeologico e di instabilità geologica, • alla riduzione ed alla prevenzione del rischio sismico, • al risparmio e all’uso ottimale delle risorse energetiche e delle fonti rinnovabili;

b) a rendere possibile il restauro e la riqualificazione del territorio, con miglioramento della funzionalità complessiva attraverso una razionale distribuzione del peso insediativo della popolazione e delle diverse attività;

c) a realizzare una rete di infrastrutture, impianti, opere e servizi che assicurino la circolazione delle persone, delle merci e delle informazioni, realizzata anche da sistemi di trasporto tradizionali od innovativi, con la relativa previsione di forme d’interscambio e connessione, adottando soluzioni tecniche e localizzative finalizzate alla massima riduzione degli impatti sull’ambiente.

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2.IL QUADRO TERRITORIALE REGIONALE

2.1. La Pianificazione regionale in Italia Il PTR del Piemonte del 1952 Sebbene la Legge urbanistica nazionale del 1942 prevedesse la redazione di PTR (Piano Territoriale Regionale) la pianificazione territoriale a scala regionale ha avuto scarsa applicazione pratica per l'assenza di un livello istituzionalmente competente e di conseguenza per la mancanza di un reale valore prescrittivo normativo all'azione di piano, non esercitando le Regioni, fino alla metà degli anni 70, alcun potere di orientamento e di controllo sulla pianificazione urbanistica a scala inferiore.

Una delle poche esperienze fu la redazione del Piano territoriale di coordinamento della Regione Piemonte, iniziato nei primi anni 50 da Giovanni Astengo, instancabile propugnatore della introduzione della Pianificazione territoriale anche nel nostro paese ed al quale si deve la messa a punto di una metodologia per la redazione dei piani territoriali regionali. Al PTR del Piemonte seguirono negli anni 50 diversi altri piani regionali quasi tutti rimasti sulla carta.

Gli studi per il piano regionale del Piemonte trovano una prima, abbastanza chiara, esposizione in uno scritto apparso sul n. 14 della rivista Metron nel 1947: "Piano regionale Piemontese" (di G. Astengo, M. Bianco, A. Rizzotti e N. Renacco). Successivamente, fra il 1952 ed il 1953, gli intenti teorici e soprattutto quelli pratici dell’operazione confluiranno nei due volumi pubblicati dal Ministero dei lavori pubblici "I piani regionali. Criteri di indirizzo per lo studio dei piani territoriali di coordinamento in Italia" a cura della commissione interministeriale per i piani di coordinamento.

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L’istituzione delle Regioni e la nuova generazione di piani regionali La situazione si è profondamente modificata con l’attuazione delle Regioni nel 1970 e con il DPR 616 del 1976 che trasferiva alle stesse le competenze in materia di Pianificazione territoriale ed urbanistica. A partire dalla fine degli anni 70 numerose regioni hanno proceduto alla redazione di Piani territoriali Regionali. Fra queste il Veneto (dia 3) e la Lombardia (dia 4).

Una nuova generazione di Piani Territoriali regionali si è avviata a partire dalla seconda metà degli anni ’90, quando alcune regioni (Toscana ed Emilia Romagna in primo luogo hanno approvato delle nuove Leggi urbanistiche, innovative rispetto alla vecchia legge del 1942 ed alle leggi regionali che fino a quel momento si erano ispirate ad essa. Fra i nuovi Piani territoriali si segnalano il PIT (Piano di Indirizzo Territoriale della regione Toscana) ed il Piano di Inquadramento Territoriale della Regione Marche.

Gli elementi innovativi rispetto ai vecchi PTR sono rappresentati da una particolare attenzione ai temi del paesaggio e della sostenibilità e la ricerca di una forte integrazione con le politiche ed i programmi di sviluppo economico.

Nel 1993 la Regione Calabria dava incarico all’Università di Reggio Calabria ed a quella di Cosenza di redigere il Piano Territoriale Regionale: il gruppo era coordinato dal Prof. Alessandro Bianchi e concluse i lavori nel 1998. Il piano non venne mai approvato ma rappresenta un importante quadro di riferimento conoscitivo sul territorio regionale.

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2.2. Il Quadro Territoriale Regionale L’art. 17 della LUR Il Quadro Territoriale Regionale (Q.T.R.) è lo strumento di indirizzo per la pianificazione del territorio con il quale la Regione, in coerenza con le scelte ed i contenuti della programmazione economico-sociale, stabilisce gli obiettivi generali della propria politica territoriale, definisce gli orientamenti per la identificazione dei sistemi territoriali, indirizza ai fini del coordinamento la programmazione e la pianificazione degli enti locali. Il Q.T.R. ha valore di piano urbanistico-territoriale, ed ha valenza paesaggistica riassumendo le finalità di salvaguardia dei valori paesaggistici ed ambientali di cui all’art. 143 e seguenti del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004 n. 4221. Il Q.T.R. prevede:

a) la definizione del quadro generale della tutela dell’integrità fisica e dell’identità culturale del territorio regionale, con l’individuazione delle azioni fondamentali per la salvaguardia dell’ambiente; b) le azioni e le norme d’uso finalizzate tanto alla difesa del suolo, in coerenza con la pianificazione di bacino di cui alla legge n. 183/89, quanto alla prevenzione ed alla difesa dai rischi sismici ed idrogeologici , dalle calamità naturali e dagli inquinamenti delle varie componenti ambientali; c) la perimetrazione dei sistemi naturalistico-ambientale, insediativi e relazionale costituenti del territorio regionale, individuandoli nelle loro relazioni e secondo la loro qualità ed il loro grado di vulnerabilità e riproducibilità; c bis) la perimetrazione delle terre di uso civico e di proprietà collettiva , a destinazione agricola o silvo-pastorale, con le relative popolazioni insediate titolari di diritti22; d) le possibilità di trasformazione del territorio regionale determinate attraverso la individuazione e la perimetrazione delle modalità d’intervento di cui al precedente articolo 6 nel riconoscimento dei vincoli ricognitivi e morfologici derivanti dalla legislazione statale e di quelli ad essi assimilabili ai sensi del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004 n. 4223 e della legge 6 dicembre 1991, n. 394; e) il termine entro il quale le Province devono dotarsi od adeguare il Piano Territoriale di Coordinamento di cui all’articolo 18; f) il termine entro il quale le previsioni degli strumenti urbanistici comunali debbono adeguarsi alle prescrizioni dei Q.T.R.; g) l’analisi dei sistemi naturalistici ambientali ai fini della loro salvaguardia e valorizzazione; h) l’individuazione degli ambiti di pianificazione paesaggistica ai sensi dell’art. 143 del Dlgs 42/0424.

Art. 17 bis. Valenza Paesaggistica del Q.T.R. e Piani Paesaggistici di Ambito 1. La valenza paesaggistica del Q.T.R., come indicato al comma 4 bis del precedente articolo, si esercita anche tramite Piani Paesaggistici d’Ambito.

2. I Piani Paesaggistici d’Ambito (PPd’A) sono strumenti di tutela, conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale e ambientale del territorio ai sensi dell’art. 143 del Dlgs 42/04 operanti su area vasta sub-provinciale o sovra-comunale.

3. Gli ambiti di cui ai PPd’A sono indicati dal Q.T.R..

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4. I PPd’A hanno funzione normativa, prescrittiva e propositiva, a seconda dei livelli di qualità del paesaggio nei vari ambiti individuati dal Q.T.R., assunti dai P.T.C.P.

5. Il quadro conoscitivo relativo al PPd’A dettaglia le analisi del Q.T.R. e30 può essere completato dalle indagini relative al P.T.C.P.

6. Gli scenari prospettici e gli apparati normativi dei PPd’A saranno determinati nell’elaborazione degli strumenti stessi. Il Documento di avvio Nell’aprile 2007 è stato presentato dal gruppo incaricato3 il Documento di avvio che fissa gli obiettivi del QTR, la metodologia ed il programma di lavoro. Il documento è finalizzato ad orientare le prime fasi di lavoro per la redazione del piano all'interno di una programmazione complessiva delle attività per raggiungere i risultati auspicati nel rispetto delle scadenze assunte ( 12 mesi per la presentazione del documento preliminare comprensivo del quadro conoscitivo, schema delle scelte di pianificazione e valutazioni di sostenibilità ). In base alla legislazione regionale vigente si può assumere che il Quadro Territoriale Regionale, tenuto conto delle Linee Guida di cui alla DCR 10 novembre 2006, n.106, debba assolvere a cinque funzioni fondamentali: - di organizzazione del territorio; - di tutela e valorizzazione del paesaggio; - di coerenza per le strategie di settore; - di attivazione dei progetti di sviluppo sostenibile del territorio e delle città; - di indirizzo alla pianificazione degli enti locali. Il Piano provvede all’organizzazione generale del territorio, ovvero alla definizione della sua trama relazionale e all’ articolazione in parti individuate da specifici caratteri identitari e da profili di sviluppo coerenti con le potenzialità locali. L’ individuazione delle reti di relazioni e delle parti del territorio fa da cornice agli altri strumenti pianificatori a livello locale e provinciale, anche al fine di promuovere ragionevoli forme di raccordo tra i sistemi di governo del territorio ai diversi livelli, con particolare riferimento ai Piani Strutturali comunali, ai Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale, al Quadro Territoriale Regionale a valenza paesaggistica, ai Piani dei Parchi ( L.R.15/1994, art.15, comma 7) . In particolare l’organizzazione del territorio ricomprende la definizione del sistema naturalistico-ambientale, del sistema insediativo e del sistema relazionale della regione Calabria secondo quanto previsto all’art.5 della LR 19/2002. L'orientamento che si propone è di favorire la convergenza dei diversi strumenti di governo nella prospettiva riassunta dalla formula “un territorio-un piano”, armonizzando le previsioni ai diversi livelli in modo

3 La Regione Calabria ha avviato le procedure per la redazione del QTR nel 2007, insediando il Gruppo di lavoro così composto: Arch. Rosaria Amantea (RUP); Prof. Ing. Alberto Clementi (coordinatore); La direzione tecnico – scientifica: Prof. Arch. Giuseppe Fera, Prof. Arch. Giuseppe Scaglione, Prof. Ing. Alberto Ziparo; Segreteria Tecnica: Arch. Maria Grazia Buffon, Arch. Antonio Dattilo Consulenti: Arch. Antonio Riverso, Geol. Beniamino Tenuta, Dott. Domenico Marino (aspetti economici)

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da ridurre i rischi di frammentazione e sovrapposizione contraddittoria delle molteplici strategie di regolazione dello sviluppo. Un ruolo importante a questo scopo è da attribuire al riconoscimento condiviso dei valori identitari e delle potenzialità di sviluppo dei singoli territori, che dovrebbero essere recepite organicamente dai diversi strumenti di piano. Inoltre l’ identificazione delle parti (o unità di riferimento per la pianificazione) dovrebbe essere finalizzata agli obiettivi di gestione operativa che si intende perseguire, all’interno di un sistema di governo del territorio orientato ai principi del partenariato interistituzionale e della sussidiarietà, come espressamente previsto dal “Patto di governo del territorio” siglato il 23.09.2005 . La tutela e la valorizzazione del paesaggio Il QTR assume la valenza di piano urbanistico-territoriale con specifica considerazione dei valori paesaggistici ( art.135 del D.L. 42/2004). Attua i contenuti della Carta Calabrese del Paesaggio sottoscritta il 22 giugno 2006, secondo i contenuti del previsto “Documento relativo alla Politica del Paesaggio per la Calabria” che dovrà integrare le Linee Guida per gli aspetti paesaggistici. Questa delicata funzione di tutela paesaggistica del piano, soggetta spesso a controverse interpretazioni da parte delle regioni e del ministero per i Beni e le Attività Culturali, deve tradursi in una riconoscibile e pertinente articolazione dei quadri conoscitivi e delle regolamentazioni degli aspetti paesaggistici, onde evitare il rischio di una subordinazione dei contenuti paesistici a quelli propri dello sviluppo urbanistico e territoriale. Infatti , se ben esercitata, questa funzione consente di migliorare l’efficacia delle strategie di paesaggio favorendo la convergenza delle politiche urbanistiche rispetto ai comuni obiettivi di qualità fondati sul valore del patrimonio paesaggistico e ambientale, come espressamente richiesto dalla Convenzione Europea del Paesaggio. Diversamente, la separazione tra strumenti di governo del paesaggio e territorio, pur offrendo potenzialmente la possibilità di una gestione specifica dei vincoli per alcune situazioni di particolare pregio, indebolisce seriamente la prospettiva di miglioramento complessivo dei valori di paesaggio in tutti gli atti amministrativi di trasformazione del territorio. In definitiva si propone di assumere le qualità del paesaggio come valori fondativi del QTR, all’interno di una prospettiva di reintegrazione delle qualità paesaggistiche e urbanistico-territoriali che mantiene tuttavia la riconoscibilità e le interdipendenze dei quadri conoscitivi e interpretativi adoperati rispettivamente per gli aspetti paesistico-ambientali e urbanistico-territoriali. Un ruolo importante in questa prospettiva sarà svolto in particolare dai Piani Paesaggistici di Ambito, concepiti come strumenti integrati di tutela e valorizzazione del paesaggio ai sensi dell’art.143 del DL 42/2004, in grado di regolare le trasformazioni del paesaggio contestualmente con le previsioni urbanistiche ed edilizie. Tali PPd’A saranno applicati soprattutto nei contesti di maggior rilevanza ai fini della conservazione e trasformazione sostenibile dei paesaggi di valore. Il QTR detta gli obiettivi generali delle politiche territoriali regionali, in coerenza con le scelte e i contenuti della programmazione economico-sociale ( L.R.n. 19/2002 integrata dalla LR n.14/2006, art. 17, comma 1 ). Questa funzione è rafforzata dagli obiettivi di integrazione del paesaggio nelle politiche di pianificazione del territorio, urbanistiche e in

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quelle di carattere culturale, ambientale, agricolo, sociale ed economico. Il QTR diventa così un quadro di coerenza programmatica per le diverse strategie di settore che hanno rilevanza ai fini di un corretto sviluppo del territorio e della tutela del paesaggio. A questo scopo si propone di concentrare il Piano su una griglia articolata di temi prioritari di importanza strategica ai fini dello sviluppo competitivo, coeso e sostenibile del territorio regionale, curando la integrazione delle strategie urbanistico-territoriali e paesaggistiche con le politiche di settore e con i programmi di sviluppo socioeconomico al fine di assicurare piena operatività agli obiettivi previsti. In questa prospettiva andrebbero verificate ed eventualmente reindirizzate le previsioni dei “piani strategici” in corso di elaborazione sia a livello comunale che di area vasta. Gli indirizzi per la pianificazione comunale Spetta al Piano la responsabilità di indirizzare opportunamente il processo di revisione della strumentazione urbanistica locale attivato dalla LR n.19/2002 e successive Linee Guida di cui alla LR n.14/2006. In particolare il piano, anche alla luce delle Linee Guida suddette, dovrebbe individuare alcuni criteri di fondo quali “invarianti programmatiche” a cui dovrebbero obbligatoriamente fare riferimento i Comuni nelle loro procedure di formazione dei rispettivi Piani Strutturali Comunali, a partire da quanto previsto dalla LR14/2006, art.65, comma 2. Si propone di assumere tempestivamente alcuni criteri-invarianti in approfondimento delle Linee Guida, per interagire efficacemente con i processi di revisione dei piani comunali in corso o in programma per i prossimi mesi, prima della loro decadenza prevista dalla legge. Tali criteri urgenti dovrebbero in particolare riguardare:

tutela delle aree di valore ambientale e paesaggistico; dotazioni preventive di opere di urbanizzazioni indispensabili per realizzare

nuovi interventi; priorità della riqualificazione urbana; messa in sicurezza del territorio dai rischi locali più rilevanti. Individuazione di progetti pilota (progetti urbani, di paesaggio, di territorio )

di qualità, con ricadute territoriali positive relativamente alla utilizzazione dei fondi POR 2007-2013, prevedendo anche incentivi di premialità per i programmi più efficaci .

Il sistema della conoscenza E’ costituito dall’insieme degli atti conoscitivi, interpretativi, valutativi che sostanziano il piano. In particolare l’apparato “conoscenze” si articola nei seguenti due dispositivi: Quadro Conoscitivo, distinto per gli aspetti territoriali e quelli paesaggistici. Utilizza il SITO, sistema Informativo Territoriale e Osservatorio delle Trasformazioni territoriali di cui all’art.8 della LR 19/2002, nonché la “Carta Regionale dei Luoghi” introdotta dal Protocollo d’Intesa “Un patto di governo del Territorio” del 23.9.2005; l’”Atlante dei Paesaggi” insieme all’Osservatorio di Paesaggio ( LR 14/2006, art.8-bis) e altre indagini prodotte a vario titolo

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sulle dinamiche di trasformazione del territorio, sulle azioni in corso o in programma, sugli scenari futuri, quali in particolare le “linee metodologiche per la redazione dei piani di utilizzazione degli arenili e dei Piani Spiaggia”, “Individuazione dei Centri Storici”, Programma “Paesaggi & Identità” . Il QC si avvale dell’assistenza e continua collaborazione del Centro Cartografico Regionale, per la dotazione di sistemi cartografici aggiornati e la costruzione, in forma coordinata, di una cartografia informatizzata con le informazioni fino ad oggi prodotte. La predisposizione del sistema cartografico di base, adeguatamente georeferenziato come previsto dalle Linee Guida, dovrà consentire alcune estrapolazioni specifiche da utilizzare ai fini della più ampia comunicazione del Piano, in particolare per ciò che concerne le proposte progettuali e le previsioni paesaggistiche. Sistema di valutazione integrata, comprensivo della VAS, valutazione ambientale strategica, e della ValSost, valutazione di sostenibilità, articolata in valutazioni di compatibilità e di coerenza ( LR 19/2002, art.10 ). La valutazione non si esercita a posteriori, ma interviene già nelle fasi di impostazione delle scelte del piano al fine di garantire la sostenibilità. Il sistema previsionale rappresenta il nucleo chiave del QTR, definendo gli orientamenti strategici, gli schemi strutturali, le progettualità di riferimento del piano. L’apparato “previsioni” si articola nei seguenti tre dispositivi:

2.3. Il metodo della concertazione. La concertazione interistituzionale è il metodo che il Gruppo di lavoro ha scelto per poter giungere ad una ipotesi di QTR condivisa con le Province ed i Comuni. La concertazione, inoltre, è prevista attraverso l’istituzione di due organismi permanenti di consultazione Comitato interistituzionale. Il Comitato Interistituzionale di consultazione, previsto dalla D.G.R. n. 16 del 19/01/07, è finalizzato a garantire il confronto con singole istituzioni o rappresentanti di istituzioni sui contenuti e sulle scelte strategiche del QTR e il coordinamento e la convergenza degli strumenti in atto e degli orientamenti assunti. Ai lavori del Comitato, presieduto dall’Assessore all’Urbanistica e Governo del territorio, partecipano il Coordinatore del GTL, il RUP, il Responsabile della Segreteria tecnica, la Direzione tecnico-scientifica. Il Comitato interistituzionale è composto da: - un rappresentante per ciascuna provincia; - un rappresentante dell' ANCI regionale; - un rappresentante regionale dei piccoli comuni; - il Direttore regionale dei Beni culturali e Paesaggistici della Calabria; - un rappresentante dell’Autorità Regionale Ambientale. Il Forum regionale. Il Forum è lo strumento di partecipazione allargata e confronto tra il Gruppo Tecnico di Lavoro per l’elaborazione del QTR e le rappresentanze di enti e istituzioni pubbliche, associazioni, professionisti e organizzazioni sindacali. Ai lavori del Forum, presieduto dall’Assessore all’Urbanistica e Governo del Territorio, partecipano il Nucleo di Coordinamento dell’Ufficio del Piano, la Direzione tecnico-scientifica esecutiva e la Direzione Tecnica. Il forum regionale è composto dai rappresentanti delegati delle seguenti istituzioni e/o organizzazioni:

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- A.N.C.I. Calabria - U.P.I. Calabria - Associazione Nazionale Piccoli Comuni – sezione Calabria; - U.N.C.E.M. - A.N.C.E. - Direzione Regionale Beni culturali e paesaggistici della Calabria - Soprintendenza per i Beni Architettonici e il Paesaggio - Soprintendenza per i Beni Archeologici - Università degli stranieri Dante Alighieri - Autorità di Bacino - Unione regionale delle bonifiche e delle Irrigazione per la Calabria - La Consigliera regionale di parità - Un rappresentante unitario dei Parchi nazionali e regionali - Un rappresentante unitario degli ordini professionali provinciali degli Architetti PPC - Un rappresentante unitario degli ordini professionali provinciali degli Ingegneri - Un rappresentante dell’ordine professionale dei geologi della Calabria - Un rappresentante unitario degli ordini professionali provinciali dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali - Un rappresentante unitario dei collegi provinciali dei Geometri - Un rappresentante unitario dei collegi provinciali dei Periti Agrari - Un rappresentante unitario delle Università calabresi - Un rappresentante unitario delle associazioni ambientaliste e protezioniste - Un rappresentante unitario delle organizzazioni sindacali dei lavoratori - Un rappresentante regionale delle organizzazioni professionali agricole - Un rappresentante della Lega delle Autonomie Locali.

La concertazione con le Province. Il gruppo di lavoro per la redazione del QTR, ha avviato le attività di confronto e programmazione con le province calabresi e i rispettivi gruppi di lavoro impegnati nella redazione dei PTCP. Obiettivo generale degli incontri è stato l’individuazione di un percorso comune per la redazione coerente dei piani ai diversi livelli, tendendo conto anche dello stato di avanzamento nella elaborazione dei PTC Provinciali. Al tempo stesso è stata avviata la verifica delle criticità relativamente alle questioni di maggior rilevanza su cui confrontare i rispettivi punti di vista, anche al fine di selezionare i temi e i territori prioritari sui quali la Regione può impegnarsi a prevedere azioni mirate da introdurre nel QTR, anche a supporto dei PTCP, creando le condizioni di riferimento e le reti di coinvolgimento più adeguate rispetto alla natura e alla scala delle questioni in gioco. Inoltre si è cercato di definire una prima ipotesi di visione strategica regionale tenendo conto delle specificità e delle potenzialità dei singoli territori provinciali e delle loro proiezioni rispetto al contesto regionale complessivo. Infine, la sostanziale condivisione di alcune scelte strategiche, in parte già delineate dalle stesse province e in parte emerse grazie ai tavoli di confronto, ha consentito di individuare in quasi tutti

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i territori provinciali i progetti di rilievo regionale che possono essere elaborati attraverso i laboratori di progetto previsti dal QTR, con il supporto della Provincia interessata ed eventualmente dei Comuni coinvolti e di altri soggetti competenti. 2.4. Lo Schema di Assetto del Territorio e del Paesaggio. Lo schema di assetto del territorio delinea la organizzazione dello spazio con riferimento ai sistemi territoriali e ai sistemi di paesaggio, e alle loro articolazioni in strutture naturalistico-ambientali, insediative e relazionali. I diversi sistemi vengono individuati in base ai caratteri identitari, valori, alle dinamiche di mutamento e rischi conseguenti. Per ciascun sistema si definiscono gli Obiettivi di Qualità nonché gli obiettivi prestazionali da raggiungere, con le eventuali condizioni e vincoli per la gestione del territorio. Lo SCATP è articolato in tre componenti:

- SCHEMA TERRITORIALE, fondato sulla Carta regionale dei Luoghi e sul riconoscimento delle unità territoriali da assumere come riferimento per le politiche insediative e infrastrutturali, rispetto a cui lo STERR specifica gli obiettivi prestazionali e le dimensioni di riferimento (Vedi Allegato 2). - SCHEMA PAESAGGISTICO-AMBIENTALE, fondato sull’Atlante dei Paesaggi da assumere come riferimento per le strategie di tutela e valorizzazione del paesaggio, rispetto a cui lo SPAE specifica gli obiettivi di qualità e le condizioni della trasformazione (Vedi Allegato 3 punto 2). - SCHEMA DI COERENZA DELLE RETI, mirato a mettere in coerenza i programmi di sviluppo delle reti infrastrutturali più rilevanti (mobilità e logistica, energia, telecomunicazioni, acque, trattamento dei rifiuti, prevenzione del rischio ambientale).

Il Piano individua le azioni progettuali di rilevanza strategica per lo sviluppo sostenibile del territorio nonché per la tutela e valorizzazione del paesaggio. Tali azioni progettuali vanno considerate come ambito prioritario di concertazione tra gli attori istituzionali di governo del territorio, e in particolare della Regione, delle Province, della Comunità montane, dei Comuni, dei Parchi. In alcuni territori di interesse nazionale ed europeo, quali la “piattaforma meridiana” tra Gioia Tauro e Reggio, la concertazione dovrà estendersi alle amministrazioni centrali e comunitarie competenti. Assumendo la prospettiva di “ un territorio chiave-un progetto”, i progetti del piano dovrebbero applicarsi prioritariamente alle aree critiche per lo sviluppo competitivo, coeso e sostenibile della regione, in conformità con quanto previsto dalle Linee Guida regionali e dal Quadro Strategico Territoriale Regionale recentemente approvato dalla Giunta con riferimento al Quadro Strategico Nazionale 2007-2013. I progetti, costruiti attraverso il metodo dell'accordo tra i diversi soggetti istituzionali interessati, e recepiti negli strumenti di pianificazione vigenti, diventano occasione prioritaria per il reperimento e l’ utilizzazione dei finanziamenti a vario titolo disponibili sia presso la Regione che altrove. Lo strumento principale per sviluppare un’attività organica di proposte progettuali è la istituzione di “Laboratori progettuali” promossi dalla Regione nell’ambito del QTR e aperti alla partecipazione delle istanze provinciali e comunali.

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I Laboratori progettuali sono finalizzati in particolare alla predisposizione di pacchetti integrati di proposte prioritarie , utili ad elevare la efficacia dei Programmi di Sviluppo Urbano e le ricadute positive di sviluppo sui territori, nella prospettiva della programmazione POR 2007-2013. La rete delle città calabresi. La Calabria è una regione di piccoli e piccolissimi centri con circa 3 comuni su 4 al di sotto della soglia dei 5000 abitanti e un solo comune, Reggio Calabria che supera i 100 mila. L’aspetto negativo principale di questo quadro è la incapacità dell’armatura urbana di erogare, per assenza di soglia dimensionale, un livello di servizi superiori, tipici delle grandi concentrazioni urbane e in ultima istanza di rappresentare dei decisivi motori di sviluppo, se è vero, come ormai tutti i documenti e gli studi in tal senso tendono a sottolineare, le città sono i luoghi privilegiati dell’innovazione tecnologica, della ricerca e dello sviluppo. L’obiettivo generale del QTR deve essere dunque quello di creare la rete delle città calabresi, di immaginare la nostra regione come fosse un sistema integrato di 2 milioni di abitanti e con un livello di servizi ed infrastrutture adeguato a tale dimensione insediativa. Una rete urbana composta non da una trama omogenea, ma da una maglia principale con pochi significativi nodi, che dovrà comprendere al suo interno delle maglie più fitte. La maglia principale è rappresentata dai più importanti nodi urbani regionali e dalle principali infrastrutture di trasporto e dalle principali reti energetiche; le trame secondarie relazionano fra di loro centri di dimensioni minori, creando unità territoriali di livello inferiore e possono collegarsi a quella principale con un numero diverso e variabile di nodi. La creazione della rete delle città calabresi, in altri termini il potenziamento del sistema urbano e relazionale dovrà rispondere a due distinti ma fondamentali obiettivi, ovvero migliorare la qualità della vita degli abitanti della regione e promuovere al contempo lo sviluppo economico e produttivo. Quest’ultimo obiettivo in particolare comporta necessariamente l’individuazione di strategie che definiscano obiettivi ed aree prioritarie di intervento, ovvero l’individuazione di quei territori strategici che dovranno rappresentare il motore principale dello sviluppo regionale, ovvero l’interfaccia della regione con il sistema economico nazionale ed internazionale. Questa rete delle reti delle città calabresi dovrà fondarsi sul principio che le funzioni rare e di livello superiore potranno necessariamente localizzarsi solo in alcuni nodi piuttosto che in altri, in altri termini i diversi centri regionali dovranno necessariamente specializzarsi e le funzioni superiori da essi erogate interesseranno territori vasti. Questa integrazione fra sistemi e reti urbane diversamente specializzate potrà garantire per ogni servizio o infrastruttura quelle soglie demografiche necessarie ma presuppone anche un forte incremento del sistema relazionale che dovrà garantire un adeguato livello di accessibilità ai diversi nodi di servizi specializzati da ampie aree del territorio regionale. Secondo importante obiettivo, dunque, è quello di una politica dei servizi e delle attrezzature del territorio mirata, che sappia cogliere le specificità e le potenzialità che ogni sistema territoriale offre e puntare su specializzazione e integrazione fra funzioni e territori diversi. Da quanto sopra emerge il terzo fondamentale obiettivo che è quello di un rafforzamento del sistema relazionale onde garantire adeguati livelli di accessibilità a tutto il territorio ed in particolare ai nodi principali erogatori di servizi.

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2.5. Il sistema insediativo regionale e i Sistemi Territoriali Unitari. Il primo passo nella costruzione dello Schema territoriale è rappresentato dalla individuazione dei Sitemi Territoriali Unitari in cui si articola il sistema insediativo regionale. Con STU si intende indicare un sistema territoriale a carattere prevalentemente insediativo (distinto per questo dai sistemi naturali ed ambientali) che presenta al suo interno degli elementi di complessità, variabile (disomogeneo) da un punto di vista dei caratteri dell’insediamento, della geografia e del paesaggio, ma che nel suo complesso si presenta come un sistema unitario da un punto di vista funzionale, ovvero del sistema dei flussi di relazione che lo caratterizzano. Un STU può presentarsi in altri termini come il bacino funzionale e gravitazionale di uno o più centri urbani principali erogatori di servizi (aree metropolitane, sistemi policentrici) o, al contrario, come un sistema di centri che presentano fra loro una omogeneità da un punto di vista sociale ed economico o ancora un significativo livello di interrelazione interno. Allo scopo di individuare i STU si è partiti da una analisi delle caratteristiche funzionali ed economiche dei singoli centri urbani della regione e si è proceduto ad una prima classificazione degli stessi in base alle loro caratteristiche funzionali, ovvero alla loro capacità di porsi come centri di erogazione di servizi e di organizzazione del territorio circostante. A tale proposito si è proceduto ad una analisi di carattere statistico (Censimenti 2001) sulla distribuzione della popolazione dei comuni, secondo le differenti attività economiche, considerando la percentuale degli addetti ai diversi settori terziari sul complesso della popolazione. I settori considerati sono:

il commercio e le attività finanziarie ed assicurative; la logistica ed i trasporti; la pubblica amministrazione ed i servizi sociali; l’istruzione e la ricerca scientifica (relativamente ad Università e scuole superiori); la sanità

La somma complessiva degli addetti ai settori terziari considerati è stata moltiplicata per un coefficiente correttivo che tenesse conto del peso demografico del singolo centro; sulla base del punteggio ottenuto è stata stilata una graduatoria dei centri urbani calabresi, che abbiamo articolato in 5 differenti tipologie:

1. Centri urbani di livello regionale; sono quei centri che per la pluralità (le funzioni erogate interessano diversi settori di attività) ed il livello (alcune di queste funzioni esercitano la loro influenza su l’intera regione o su territori di più province) di funzioni erogate rappresentano dei poli funzionali attrattori per l’intero territorio regionale. Essi sono: Catanzaro, Cosenza, Reggio Calabria

2. Centri urbani di livello sub – regionale; sono dei centri che esercitano la loro capacità attrattiva in ambiti territoriali provinciali o, per una specifica funzione, su territori che interessano più province. Fanno parte di questa categoria: Crotone, Rende, Vibo Valentia, Lamezia Terme;

3. Centri urbani di livello comprensoriale; sono centri erogatori di un significativo numero di funzioni con effetti su ampie porzioni del territorio provinciale;

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4. Polarità urbane minori. Sono centri che esercitano una funzione attrattiva su un ridotto bacino di comuni di dimensioni minori

5. Centri secondari privi di funzioni attrattive. Sono centri con un livello di funzioni terziario direzionale pressocchè irrilevanti, e che formano i bacini gravitazionali dei centri maggiori di attrazione. Appartiene a questa categoria la quasi totalità dei comuni della regione, circa 350 su un totale di 409.

I Sistemi territoriali Unitari. Sono stati nel complesso individuate 20 Sistemi territoriali unitari, secondo le seguenti tipologie:

Sistemi urbani regionali, ovvero quei sistemi territoriali a forte caratterizzazione urbana organizzati attorno ai poli urbani regionali di Reggio Calabria, Cosenza, Catanzaro;

Sistemi urbani sub-regionali, ovvero quei sistemi territoriali a forte caratterizzazione urbana organizzati attorno ai poli urbani sub-regionali di Crotone, Lamezia e Vibo Valenzia;

Sistemi complessi policentrici; sono dei sistemi territoriali complessi, caratterizzati dalla presenza di più polarità urbane, comprendenti in buona parte quelli che abbiamo definito centri urbani di livello comprensoriale, con i rispettivi bacini gravitazionali, collegate da un sistema di relazioni che tendono a configurare una unità geografico funzionale.

Sistemi territoriali minori. Sono delle unità territoriali demograficamente ed economicamente meno rilevanti, caratterizzate da specializzazione funzionale, con forte presenza di aree a caratterizzazione rurale o agricola.

LE AREE METROPOLITANE Area metropolitana dello Stretto. Occupa la parte più meridionale della Calabria, quella che si affaccia appunto lungo la costa prospiciente lo Stretto di Messina ed il cui territorio risale sino ad interessare l’intero versante meridionale del massiccio aspromontano. Il sistema è imperniato sull’area urbana del comune di Reggio Calabria che con i suoi 180.000 abitanti circa rappresenta il più popoloso comune della regione. Il nucleo centrale del sistema è rappresentato dalla conurbazione costiera di Reggio Calabria, Campo Calabro e villa S. Giovanni, nodo centrale di trasporto in quanto terminale di transito per l’attraversamento dello Stretto. Attorno a tale sistema urbano costiero si dispone una cerchia di 6 piccoli comuni collinari, alcuni dei quali giungono fino ai primi contrafforti montani (circa 18.000 abitanti complessivamente). Aggregato all’area metropolitana un sistema insediativo imperniato sui centri di Scilla e Bagnara Calabra (16.406 abitanti complessivi), un tratto di costa alta di grande suggestione paesaggistica (la Costa Viola) e di grandi potenzialità turistiche. Il Sistema in esame rappresenta una delle massime concentrazioni di funzioni di servizio della regione (Università, Attività amministrative, produttive e commerciali) e forse la massima concentrazione da un punto di vista dei trasporti (Autostrada A3, Aeroporto, porto commerciale, scali ferroviari di Reggio Calabria e Villa S. Giovanni e si pone ad essere la naturale piattaforma logistica della regione verso la Sicilia e le coste meridionali del Mediterraneo). La popolazione complessiva assomma a 227.593 abitanti, la più alta dimensione insediativa della regione.

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Area metropolitana di Cosenza – Rende e dei Casali (ab. 216.000 circa). Rappresenta il sistema territoriale più complesso ed articolato della regione per il numero dei centri interessati. Da un punto di vista geografico interessa la parte mediana della valle del fiume Crati e le sue propaggini collinari, anche se una porzione di territorio di alcuni comuni interessati si spinge sino agli altipiani silani. Il nucleo centrale della conurbazione è imperniato sui centri di Cosenza e Rende con rispettivamente 80 e 35 mila abitanti circa. Attorno alla conurbazione gravita un sistema di 15 comuni minori, fra i quali emergono per dimensione demografica e livello di servizi i centri di Castrolibero e Montalto Uffugo, storicamente indicati come i Casali, alcuni dei quali mantengono la loro originaria funzione agricola, altri ormai individuabili come una vera e propria periferia suburbana. Attorno a questo sistema principale gravitano due sotto sistemi secondari. Il primo rappresentato dai 10 comuni della Comunità montana Silana, che pure inglobati nell’area metropolitana cosentina presentano una ampia porzione di territorio montano caratterizzato dalla presenza del polo turistico di Camigliatello e Lorica. Il secondo sistema aggregato è rappresentato dai comuni che occupano la parte settentrionale della media valle del Crati. Si tratta di un sistema di 10 piccoli comuni fra i quali Bisignano rappresenta l’unico centro con una minima dotazione di servizi ed attività terziario direzionali. Il sistema territoriale si caratterizza da un punto di vista funzionale per la presenza dell’Università della Calabria, la più importante della regione, e dal suo ruolo trainante nel campo delle attività formative e di ricerca. L’area urbana di Catanzaro (146.668 abitanti). Il sistema territoriale occupa il versante ionico del cosiddetto istmo catanzarese, ovvero la porzione di territorio regionale con minima distanza fra la costa tirrenica e quella ionica. Da un punto di vista funzionale l’area è imperniata sul comune di Catanzaro, che rappresenta la massima concentrazione amministrativa della regione, in quanto capoluogo e sede della Giunta regionale, con tutte le attività di servizio e direzionali ad essa connesse. Il comune stesso si presenta come una piccola area metropolitana con il centro urbano- storico principale, in posizione collinare a pochi chilometri dalla costa, ed una serie di centri minori cresciuti lungo la vallata del Corace (Germaneto, S. Maria, Catanzaro Lido) oggi interessati da forme di urbanizzazione diffusa dove si stanno decentrando importanti attività di carattere direzionale (Università, Regione) e produttivo (PIP di Germaneto). Attorno al capoluogo si distribuisce una cintura di comuni di piccole dimensioni, con una popolazione complessiva di circa 25.000 ab., fra i quali Tiriolo sembra essere l’unico con una minima presenza di funzioni urbane. Lungo la costa ionica, a nord ed a sud del centro di Catanzaro Lido, sono individuabili due piccoli sistemi insediativi costieri, caratterizzati dalla presenza diffusa di seconde case, quello meridionale con il centro di Borgia e quello settentrionale, composto da 5 centri fra i quali nessuno sembra presentare un livello significativo di servizi a scala urbana. I SISTEMI URBANI SUB REGIONALI Crotone ed il Marchesato (121.000 ab.). Il sistema territoriale urbano di Crotone occupa la parte costiera e pianeggiante del Marchesato, quella porzione del territorio regionale, storicamente caratterizzata dalla presenza del Latifondo, compresa fra la Sila da un lato e la costa ionica dall’altro, oggi corrispondente grossomodo con l’attuale provincia di Crotone. Il nucleo centrale è rappresentato dal centro urbano di Crotone (60.000 abitanti circa), mentre l’area di gravitazione è caratterizzata dalla presenza di due grossi centri di origine rurale – feudale, oggi con una discreta presenza di funzioni urbane, Cutro ed Isola Capo Rizzato. A questo sistema principale è funzionalmente aggregato il sub-sitema insediativo imperniato sul centro urbano di Cirò,

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caratterizzato per la presenza dgli omonimi vigneti Doc, una delle produzioni agricole più importanti della regione. L’area di Crotone ha rappresentato a partire dagli anni ’50 il polo industriale più importante della Calabria (polo chimico della Pertusola), attività oggi in crisi. Il sistema nel suo complesso presenta ottime potenzialità di sviluppo legate alla produzione agricola, alla presenza di importanti aree archeologiche, alla tradizione imprenditoriale, e dispone anche di un sistema infrastrutturale adeguato (aree industriali, porto, aeroporto), ma paradossalmente insufficiente per quanto riguarda i collegamenti ferroviari e stradali; quest’ultimo aspetto ha costretto quest’area ad una relativa forma di isolamento rispetto alle altre “aree forti” del territorio regionale. Lamezia Terme. L’area urbana di Lamezia Terme (112.476 abitanti) occupa il versante tirrenico dell’istimo catanzarese ed è morfologicamente caratterizzata dall’ampia pianura creata dal corso del fiume Amato, una delle più grandi della Calabria ed una delle aree a maggiore produttività agricola. Nella cerchia collinare attorno alla piana si sono storicamente localizzati i centri abitati, compreso il nucleo principale di Nicastro, nonché un gruppo di centri minori che oggi gravitano su Lamezia Terme. Un sub sistema insediativo aggregato è rappresentato da una serie di comuni costieri, oggi caratterizzati da una diffusa quanto devastante presenza di seconde case. La favorevole morfologia pianeggiante ha favorito lo sviluppo di un’agricoltura ad elevata produttività e l’insediamento di una delle principali aree industriali della Calabria. La posizione baricentrica rispetto alla regione, la vicinanza di Catanzaro e Cosenza, hanno favorito lo sviluppo di Lamezia Terme come principale nodo di trasporto con la localizzazione dell’aeroporto regionale. Di conseguenza l’area sta in parte fungendo da localizzazione per attività decentrate dal capoluogo, in virtù dell’elevata accessibilità e tende sempre più a saldarsi funzionalmente con il sistema catanzarese. I SISTEMI URBANI POLICENTRICI La piana di Sibari. Il sistema urbano policentrico della piana di Sibari (133.407 abitanti) occupa la parte più settentrionale del versante costiero ionico della regione, fino al confine con la Basilicata; un’ampia pianura creata dal tratto finale del corso del fiume Crati. Storicamente i centri urbani erano localizzati lungo le prime pendici collinari attorno alla piana, ma oggi l’urbanizzazione ha maggiormente interessato la pianura costiera con forme insediative diffuse. La parte centrale del sistema è caratterizzata dalla presenza di due centri di medie dimensioni, con una popolazione di 35-38 mila abitanti ciascuno, Rossano e Corigliano, che rappresentano i poli organizzatori dell’intero sistema. Lungo la costa nord, al margine dell’area centrale sono individuabili due sub sistemi minori, il primo organizzato attorno al polo di Cassano allo Ionio (17.565 ab.), il secondo attorno a quello di Trebisacce (9000 ab.) che assommano complessivamente circa 45.000 abitanti. La pianura ha favorito lo sviluppo di una delle aree agricole più produttive della regione (agrumi, clementine), di attività produttive (area industriale di Schiavonea – Corigliano) ed oggi il sistema della piana di Sibari rappresenta una delle aree più dinamiche della regione e l’interfaccia regionale verso la Basilicata e la Puglia. Il sistema costiero turistico del tirreno cosentino. Si tratta di un sistema insediativo lineare costiero che si estende per circa un centinaio di chilometri senza soluzione di continuità da un punto di vista dell’edificato e che interessa nel complesso una trentina di comuni. I nuclei originari preesistenti erano tradizionalmente localizzati a pochi chilometri dalla costa sulle prime propaggini

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della Catena costiera paolana, una catena montuosa in prossimità appunto della costa tirrenica, mentre nella stretta fascia costiera fra la catena ed il mare negli ultimi 30 – 40 anni si sono sviluppati insediamenti di seconde case alimentate dalla domanda interna ma soprattutto da quella proveniente da regioni limitrofe (Campania in primo luogo). Questo sviluppo incontrollato di insediamenti edilizi e turistici rappresenta la più grave alterazione che sia stata fatta al territorio ed al paesaggio della regione. Centro principale del sistema è Paola, mentre altri nuclei urbani di una certra importanza sono amantea, Cetraro, Belvedere, Diamante, Scalea, Praia a Mare. Il sistema configura certamente il più importante comprensorio turistico della regione, ma presenta, proprio per questo rilevanti problemi di recupero ambientale e paesaggistico. La Piana di Gioia Tauro. Il sistema territoriale della Piana di Gioia Tauro (140.000 abitanti circa) interessa il territorio della omonima pianura creata dal corso dei fiumi Metramo e Mesima e delimitata a sud dal massiccio aspromontano ed a nord dalle Serre. Presenta un sistema insediativo piuttosto articolato nel quale si possono individuare tre fasce, una costiera, una centrale ed una pedemontana. La fascia costiera presenta un sistema insediativo imperniato sui due principali centri, Palmi e Gioia Tauro, ambedue con una popolazione che sfiora i 20.000 abitanti e che assieme rappresentano il poro organizzatore del sistema. La parte interna che dalla pianura vera e propria giunge a lambire la prime aree collinari è caratterizzata dalla presenza di alcuni centri di medie dimensioni e con una discreta dotazione di funzioni urbane, fra i quali spicca Polistena (12.000 ab. circa), e quindi Taurianova e Cittanova con popolazione ciascuna attorno ai 15.000 abitanti. La terza fascia interessa un insieme di piccoli comuni pedemontani con caratteristiche rurali. Storicamente sede delle più importanti attività agricole del reggino (oliveti, agrumi) il sistema fonda le sue principali prospettive di sviluppo sulla presenza del grande porto container di Gioia Tauro entrato in funzione da poco più di un decennio. Il sistema urbano lineare della Locride. La Locride rappresenta storicamente quella porzione di territorio del versante ionico reggino, dominio dell’antica colonia greca di Locri, geograficamente compresa fra Capo Bruzzano a Sud, il corso dello Stilaro a Nord e verso l’interno dalla catena aspromontana, che si spinge, con le sue propaggini collinari, fino a pochi chilometri dalla costa. Il sistema insediativo è caratterizzato da un sistema lineare costiero dove si situano i principali centri urbani e da una corona di piccoli comuni collinari gravitanti sulla costa. Il cuore del sistema è rappresentato da una piccola conurbazione che interessa i centri di Locri, Siderno, Gioiosa Ionica e Marina di Gioiosa (una piccola conurbazione con circa 40.000 abitanti e che rappresenta il polo organizzatore dell’intero sistema. A nord ed a sud del sistema principale si possono individuare due sub sistemi minori facenti perno rispettivamente sui centri di Bovalino a sud e Roccella Jonica a Nord. Storicamente considerata una delle aree economicamente più depresse della regione, caratterizzata da una agricoltura di sussistenza, la Locride deve oggi le sue maggiori prospettive di sviluppo ad una costa ancora in parte conservata, alla presenza di importanti resti archeologici, alla prossimità del parco d’Aspromonte, che possono rappresentare delle risorse turistiche da valorizzare. I SISTEMI INSEDIATIVI MINORI Sistemi a carattere prevalentemente rurale.

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L’alta Valle del Crati e la comunità Arbereshe. Il sistema territoriale dell’Alta Valle del Crati (71.118 abitanti) comprende 22 comuni ed interessa la parte finale del fiume Crati, prima che quest’ultimo inizi ad attraversare la piana di Sibari. Si tratta di centri con caratteristiche rurali e semi rurali, privi di significative funzioni di livello urbano con l’unica eccezione di S. Marco Argentano. All’interno del sistema territoriale ricade una decina di piccoli comuni agricoli di origine albanese, che compongono il nucleo più importante della comunità Arbereshe della regione. La Valle del Savuto. Con appena 26.000 abitanti apprestante il più piccolo sistema territoriale unitario della regione. Comprende in tutto 18 comuni di piccole dimensioni, tutti facenti parte della Comunità montana del Savuto, alcuni dei quali all’interno dei primi contrafforti silani. L’unico centro con un minimo livello di erogazione di servizi è Rogliano (5.892 abitanti). Il fiume ha dato il nome alla più importante e caratteristica risorsa dell’area, il vino DOC Savuto, i cui vigneti si ritrovano in particolare nei comuni di Rogliano e Scigliano. L’Alto Marchesato. Il sistema territoriale dell’Alto Marchesato (52.106 abitanti) riguarda la metà interna della provincia di Crotone e comprende due sistemi insediativi che si identificano con due diverse comunità montane a sud e a nord della valle del Neto: L’alto Crotonese e l’Alto Marchesato. Il centro più importante, anche se non considerabile in assoluto di livello urbano è Petilia Policastro con circa 10.000 abitanti. Le Pre Serre catanzaresi. Interessa la parte meridionale della provincia di Catanzaro, al confine con il Parco regionale delle Serre, che interessa in larga misura la provincia di Vibo. La popolazione complessiva è di circa 32.000 abitanti, distribuiti su 15 comuni, il più importante dei quali per livello di funzioni urbane e servizi offerti è Chiaravalle Centrale con circa 7.000 abitanti. I sistemi a prevalente carattere turistico Soverato e la costa ionica catanzarese. Si tratta di un sistema costiero a carattere prevalentemente turistico imperniato sul centro urbano di Soverato (10.000 abitanti circa) con una popolazione complessiva di 44.468 abitanti ed interessa una fascia di circa 30 chilometri a partire dal confine con la provincia di Reggio Calabria, dove le seconde case si alternano a tratti di spiaggia con insediamenti turistico ricettivi. Il sistema turistico di Tropea ed il monte Poro. Rappresenta un sistema territoriale (49.263 abitanti) caratterizzato morfologicamente dal grande massiccio del monte Poro con le sue propaggini lungo la costa, che presenta scorci di straordinaria bellezza paesaggistica. Per tale ragione rappresenta il più importante bacino turistico della regione, dopo la costa tirrenica cosentina, incentrato sul centro Tropea (6.836 ab.), di rilevante valore storico paesaggistico e su una serie di comuni che gravitano su di esso, che rappresenta un sottosistema individuabile all’interno del sistema complessivo. Un altro piccolo sottosistema fa perno sul comune di Nicotera, nella parte al confine con la provincia di Reggio Calabria, mentre all’interno nei pianori del Poro si localizzano una serie di piccoli centri a carattere rurale luoghi di produzione di alcuni tipici prodotti enogastronomici (‘nduia e pecorino del Poro). Le aree dei parchi naturali

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Castrovillari ed il Pollino. Il sistema territoriale (60.000 abitanti circa) interessa il versante calabro del massiccio del Pollino, dall’area montana interna sino alle prima propaggini collinari che affacciano lungo l’Alta valle del Crati. L’intero sistema è articolabile in tre diverse sotto unità. Un’area centrale, al confine con l’Alta valle del Crati e la Piana di Sibari, contiene al suo interno l’unico centro di dimensioni urbane dell’intero sistema, Castrovillari (circa 22.000 abitanti), sede di attività di trasformazione agricola e di un’importante area ASI in località Cammarata. Sul versante tirrenico insistono 6 comuni per complessivi 13.000 abitanti, l’unico dei quali con un discreto livello di servizi sembra essere Mormanno. Il versante ionico presenta solo comuni con caratteri esclusivamente rurali. La Sila. Il massiccio della Sila rappresenta il sistema montano più esteso della regione; il sistema insediativo (94.369 abitanti) può essere suddiviso in tre distinte aree. La prima, la più importante comprende la parte più interna, in territorio cosentino, e presenta un numero ridotto di centri due dei quali raggiungono dimensioni e livelli di servizio significativi: Acri con circa 22.000 abitanti ed S. Giovanni in Fiore con 19.000 circa, i quali rappresentano gli unici poli erogatori di funzioni urbane per l’intero sistema. Tale area è in gran parte contenuta all’interno del perimetro del Parco nazionale della Sila. Sempre in provincia di Cosenza è possibile individuare un distinto sotto sistema insediativo che interessa il versante ionico del massiccio, con un centro principale di servizi urbani rappresentato dal comune di Cariati. Un terzo sottosistema riguarda la cosiddetta Sila catanzarese all’interno del quale ricadono 17 comuni per un totale di circa 30.000 abitanti. Le Serre. La catena delle Serre occupa la parte orientale della provincia di Vibo Valenzia, saparata dal massiccio del monte Poro dal corso del fiume Mesima. Si tratta di un’area di grandissimo valore naturalistico, inserita all’interno dell’omonimo parco regionale. Il sistema insediativo è composto da 16 comuni in totale con 34.238 abitanti. Si possono individuare due distinti sottosistemi, il primo comprendente i comuni che ricadono all’interno del parco, fra cui il più importante Serra S. Bruno che ospita la celebre Abbazia; il secondo sottosistema riguarda i comuni che occupano il versante orientale del bacino del Mesima. L’Aspromonte. L’Aspromonte rappresenta il tratto terminale della catena appenninica ed occupa la parte interna del territorio della provincia di Reggio Calabria. Da un punto di vista insediativo si tratta di un sistema composto da 19 piccoli comuni, tutti con caratteristiche rurali. Il sistema si può suddividere in tre differenti sotto aree. La prima riguarda il versante che affaccia sullo Stretto di Messina, con la stazione sciistica di Gambarie, la seconda interessa il versante che affaccia sulla piana di Gioia Tauro e la terza con i comuni che affacciano sul versante ionico. Pur inclusi all’interno di un unico sistema territoriale i centri privi di una adeguato livello di funzioni urbane sono costretti a gravitare, anche per le funzioni meno rare sui comuni della costa. Le prospettive di sviluppo sono legate alla valorizzazione delle straordinarie risorse naturali e ai prodotti tipici dell’agricoltura, oggi comunque a livelli di sussistenza. L’Area Grecanica. Rappresenta una ridotta pozione di territorio della provincia di Reggio Calabria, compresa fra l’area metropolitana reggina e la Locride, in parte gravitante sulle due aree più forti, ma individuabile come un sistema unitario in virtù del particolare valore storico culturale, essendo un’area storicamente abitata da popolazioni di lingua greca. La volontà del mantenimento e della valorizzazione di tale patrimonio ha creato una spinta dal basso da parte dei

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comuni verso la formulazione di una comune politica di sviluppo. Sono individuabili due sottosistemi organizzati attorno ai due bacini fluviali che l’attraversano: quello del Melito, dove si situa il centro di Melito Porto Salvo (10.500 abitanti), che rappresenta il principale polo di servizi dell’area, e quello della fiumara dell’Amendolea, di straordinario valore paesaggistico, dove sono concentrati i centri più significativi della cultura grecanica. La popolazione complessiva assomma a 31.615 abitanti. 41-42 CARTA DEI SISTEMI TERRITORIALI UNITARI

2.6. Lo schema di Assetto del Territorio Lo schema di assetto del territorio delinea l’organizzazione dello spazio regionale con riferimento ai sistemi territoriali e alle loro articolazioni in strutture naturalistico-ambientali, insediative e relazionali. I diversi sistemi vengono individuati in base ai caratteri identitari, ai valori, alle dinamiche di mutamento e rischi conseguenti. Per ciascun sistema si definiscono gli Obiettivi di Qualità nonché gli obiettivi prestazionali da raggiungere, con le eventuali condizioni e vincoli per la gestione del territorio. Esso è articolato in tre componenti: lo schema territoriale; lo schema paesaggistico – ambientale; lo schema di coerenza della reti. Lo Schema territoriale rappresenta, dunque, il quadro di riferimento per le politiche insediative ed infrastrutturali (mobilità, servizi, aree produttive) all’interno del territorio regionale. Come già evidenziato in un precedente documento dell’aprile 2007, l’obiettivo principale delle politiche di assetto del territorio regionale è quello di costruire una articolata rete di relazioni fra i diversi centri della regione che, nell’unire fra loro centri di dimensioni minori, tenda a superare uno dei principali gap del territorio regionale, ovvero l’assenza di un articolato sistema urbano di centri di medio – grandi dimensioni. La bozza rappresenta una prima sintesi di un processo di elaborazione articolato in due momenti paralleli: da un lato una serie di analisi e studi che il gruppo di lavoro ha rielaborato in proprio a partire dallo Schema base della Carta dei luoghi e da documenti di programmazione e pianificazione già elaborati dalla regione fra i quali in primo luogo Le linee guida della pianificazione regionale, il Quadro Strategico Regionale, il POR Calabria 2007-13. Dall’altro lato lo schema proposto è il risultato di un processo di concertazione avviato con le Province regionali ed i comuni capoluogo dal quale sono emerse alcune strategie di assetto condivise. La carta schematizza le principali strategie di sviluppo nell’assetto del territorio emerse sino ad oggi. Sistema insediativo. La carta evidenzia i principali sistemi urbani presenti nella regione, distinguendo gli ambiti di maggiore concentrazione insediativa (le conurbazioni di Reggio Calabria – Villa S. Giovanni e di Cosenza- Rende, i sistemi urbani di Catanzaro, Lamezia, Crotone e Vibo Valenzia) e gli ambiti territoriali caratterizzati dalla presenza di un sistema urbano policentrico e reticolare (la piana di Sibari, il sistema lineare del Tirreno cosentino, la Piana di Gioia Tauro, il sistema urbano lineare della Locride). In questi ambiti territoriali si individuano i motori per lo sviluppo economico e sociale della regione, le aree di massima concentrazione degli investimenti in attività direzionali, produttive ed infrastrutture. In particolare si sono individuate cinque aree territoriali strategiche che saranno

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oggetto di successivi approfondimenti progettuali mediante Laboratori di progetto cui saranno chiamati a partecipare le province, i comuni interessati le forze imprenditoriali e culturali.

1. Sistema territoriale dell’istmo catanzarese:

2. Sistema territoriale della Valle del Crati- Piana di Sibari.

3. Sistema territoriale di Crotone:

4. Il sistema territoriale Vibo Valenzia – Tropea – Parco delle Serre.

5. L’area metropolitana dello Stretto, Il sistema relazionale. Coerentemente con gli obiettivi sopra esposti il sistema delle reti di collegamento stradale e ferroviario viene pensato allo scopo di coniugare le migliori prestazioni in termini di efficienza del servizio con le finalità della sostenibilità ambientale. Lo schema territoriale prevede, pertanto, un significativo sviluppo del trasporto pubblico, massimamente quello ferroviario, per migliorare la mobilità interna ai sistemi urbano - territoriali precedentemente individuati e per collegare questi ultimi fra di loro. Si ipotizza, pertanto, un sistema di ferrovie metropolitane lungo le seguenti direttrici:

Melito – Reggio Calabria – Gioia Tauro; Lamezia Terme – Catanzaro – Soverato; Cosenza – Rende Corigliano – Rossano – Cassano allo Jonio;

Si prevede, inoltre, il potenziamento delle direttrici Gioia Tauro – Lamezia Terme e Catanzaro Lido – Crotone. Il sistema naturalistico. Il “Cuore verde” della regione rappresenta una delle massime risorse da valorizzare a fini turistici e produttivi. Esso è incentrato sui grandi parchi nazionali (Pollino, Sila, Aspromonte) e sul parco regionale delle Serre. Questi principali polmoni verdi saranno adeguatamente collegati fra loro con “corridoi ambientali” in modo da formare un continuum ambientale lungo la dorsale montana interna. Sarà questa la spina portante principale, cui si agganceranno le innumerevoli aree di pregio ambientale e paesaggistico esistenti nella regione. 2.7. Lo Schema di Assetto del Paesaggio

Il diagramma illustra la metodologia per la redazione dello schema paesaggistico. Il quadro conoscitivo si articola lungo tre filoni:

individuazione dei contesti di paesaggio; previsione dei rischi e vulnerabilità;

attribuzione dei valori.

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In particolare, l’ elaborazione prevede due livelli di indagine, l’ atlante dei paesaggi regionali e quello di scala ampia ( sovralocale o subprovinciale) . La scala locale, o comunale, viene rinviata a successive fasi di integrazione del QTR. Si prevede:

Atlante dei paesaggi regionali

Atlante dei paesaggi d’area locali.

Il primo filone inerisce l’analisi paesaggistica in termini di componenti e assetti. Nello specifico si procederà dapprima alla ricostruzione dei sistemi morfologici regionali (profili idrogeomorfoligici) con l’individuazione delle unità e dei sistemi emergenti. Successivamente tale analisi si integrerà con la lettura delle reti ecologiche per la determinazione dei macroecosistemi e delle unità ambientali. Al tempo stesso si svilupperanno le indagini riferite al patrimonio storico-culturale, comprensive dell’ individuazione dei beni paesaggistici, dei centri storici, nonché dei beni culturali, etnoantropologici, archeologici . Infine verranno individuate le caratteristiche delle trame insediative, delle reti di comunicazione, dei sistemi di uso del suolo, integrate dalle analisi sui caratteri estetici e percettivi del paesaggio. La combinazione tra caratteri morfologico-ambientali, storico-culturali e insediativi porterà ogni volta al riconoscimento dei contesti di paesaggio ai diversi livelli : regionale, area vasta, locale. Tali analisi danno luogo alle seguenti rappresentazioni da base:

Unità e sistemi morfologico-ambientali

Unità e sistemi storico-culturali

Unità e sistemi insediativi.

Contesti di paesaggio

All’interno della fase di individuazione dei caratteri e qualità dei paesaggi verrà approfondita anche la rappresentazione dei vincoli e delle tutele che già interessano il territorio regionale, finalizzata alla individuazione dei Beni paesaggistici. Questa costituirà il supporto al disegno dei vincoli e delle tutele che confluiranno nella disciplina paesaggistica del QTR. In prima istanza tale sezione elaborativa può comportare:

Carta dei vincoli idrogeologici e difesa del suolo .

Carta dei rischi idrogeologici e ambientali.

Carta dei beni paesaggistici.

L’Atlante verrà completato dagli due altri filoni di indagine:

la ricostruzione dei rischi associati alle dinamiche di trasformazione territoriale e delle previsioni della pianificazione ed della programmazione ai vari livelli ( art.135 nuovo DLGS 42/2004) con la relativa “carta dei rischi;

l’attribuzione dei valori ai contesti individuati , aprendosi ad un processo di partecipazione che verrà inquadrato nell’ambito delle procedure VAS da attivare contestualmente. In definitiva si prevedono due ulteriori elaborati:

Dopo la produzione dell’Atlante, si procederà all’ elaborazione dello schema di assetto del paesaggio, SPAE, articolato in:

Strategie di paesaggio, con schede di approfondimento relative ai diversi contesti

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Carta delle tutele : I. Beni paesaggistici

II. Ambiti di paesaggio

Le tutele ed il sistema dei vincoli. In coerenza con quanto previsto dalla normativa comunitaria, nazionale e regionale, il Quadro Territoriale Regionale affianca ai suoi indirizzi i vincoli riferiti ai beni paesaggistici, alla difesa del suolo e alla conservazione della natura. Nel complesso tali vincoli fanno riferimento a:

• Le aree di notevole interesse pubblico, istituite con i cosiddetti “Galassini” e messe a punto dalla Legge 481/85 e dai Codici seguenti; esse riguardano beni paesaggistici isolati o estesi; in questa fase sono state classificati i seguenti componenti ambientali e culturali:

o Centri storici o Aree archeologiche o Ambiti costieri o Boschi e foreste o Aree montane o Aree agricole terrazzate

• Le aree a rischio idrogeologico individuate dal Piano d’Assetto Idrogeologico, rispetto all’assetto geomorfologico, relativo alla dinamica dei versanti e al pericolo di frana, e all’assetto idraulico, relativo alla dinamica dei corsi d’acqua e al pericolo d’inondazione;

• Le aree protette ai sensi della L. 394/91 in cui si applicano le disposizioni di tutela del D. Lgl. 42/04 e quelle comunque discendenti da piani o provvedimenti dell’Autorità di Gestione; vengono individuati:

o Parchi Nazionali o Parchi Regionali o Riserve Naturali o Riserve Marine o Riserve Regionali o Zone umide o Oasi di protezione

• I vincoli connessi alla Rete Natura 2000 che comprendono:

o Zone a Protezione Speciale o Siti d’Interesse Comunitario o Siti d’Interesse Nazionale o Siti d’Interesse Regionale

L’individuazione dei diversi tipi di vincoli è avvenuta utilizzando gli archivi informativi già approntati nelle diverse sedi regionali (Centro Cartografico Regionale, Autorità di Bacino, Assessorato all’Ambiente) o in altri progetti avviati da questo stesso assessorato (Carta dei Luoghi, Individuazione dei centri storici della Calabria).

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2.8. I Laboratori di progettazione territoriale COSENZA – RENDE, ALTO CRATI, SIBARITIDE Il Laboratorio che interessa Cosenza-Rende, l’alta Valle del Crati e poi Corigliano-Rossano e la Piana di Sibari, si configura come una lunga piattaforma interna trasversale, che partendo, a sud dal Savuto, interseca il cosentino e la Valle Crati, a comprendere Rende, l’Università della Calabria e numerosi altri centri, fino alla sibaritide. E’ un Laboratorio che riguarda territori di un unica ampia provincia, ma con differenti modalità di sviluppo e socio-economiche, e che identifica e asseconda la propensione alla creazione di un sistema policentrico regionale lungo l’asse trasversale della Salerno-Reggio, la più importante infrastruttura che attraversa queste parti di territorio. Proprio la A3, infrastruttura portante della regione e di questo tratto di territorio, tende ad essere ripensata nel progetto, come asse di sviluppo territoriale e di collegamento veloce tra le diverse parti di questo Laboratorio, insieme al rafforzamento e definzione di un sistema metropolitano di trasporto, ad alcune altre trasversali esistenti o in corso di progettazione e al sistema ferroviario Taranto-Sibari-Cosenza. All’interno di questo Laboratorio, i progetti, in coerenza con le politiche regionali, potranno prevedere ulteriori e più significative forme di connessione tra i diversi territori, ipotesi di riqualificazione urbana, di paesaggi, di luoghi dell’archeologia e della storia, forme di valorizzazione di alcune grandi infrastrutture (porto di Corigliano) e creazione di pittaforme intermodali e decentramento dei flussi di sviluppo della Salerno-Reggio verso la Piana di Sibari e da qui verso Basilicata e Lucania e viceversa. E’ questo un laboratorio, come secondo ambito-snodo insieme alla piattaforma dell’Istmo, che presenta al suo interno interessanti dinamiche di sviluppo soprattutto di attività agricole e industriali, di recerca e innovazione. Non secondarie, in questo contesto, sono le relazioni tra il porto di Corigliano, e i due porti, a nord, di Taranto e di Gioia Tauro, a sud, in una logica di relazioni tra porti regionali e mediterranei. CITTÀ DELLO STRETTO Si tratta di un Laboratorio che tende principalmente alla razionalizzazione dei sistemi urbani lungo l’asse costiero tirrenico, dal capoluogo Reggio Calabria e del suo areale dello Stretto, fino a Villa San Giovanni, a comprendere la conurbazione a nord e poi a giungere fino a Gioia Tauro. Il Laboratorio si attua attraverso la possibilità di costruzione, dentro una vera e propria “città territorio”, di nuove e differenti relazioni tese al rafforzamento della competitività all’interno e fuori l’ambito regionale; nonchè alla definizione di differenti ruoli per Reggio e il suo tessuto urbano, anche in relazione alla funzione nella “Città dello Stretto” e di Gioa Tauro e del suo retroporto. Il Laboratorio fonda la sua oportunita e attualità di progetto intorno al tema di un uso delle reti infrastrutturali (Ferrovia, Autostrada, Porti, Aeroporto) come occasione di ridefinizione di nuove funzioni e luoghi lungo la fascia territoriale interessata, attraverso la creazione di nuove centralità, la riqualificazione di tratti di paesaggio costiero, la costruzione di alcune nuove strutture e lavorando su quelle esistenti (stazioni ferroviarie, caselli e svincoli autostradali, ecc.) per definire una strategia in grado di configurare un sistema territoriale di ampio raggio con nuovi servizi e attrezzature, più punti di attrazione e nuove e più razionali modalità di fruizione e funzionamento sia per le merci che per le persone dell’insieme dei centri interessati. CITTÀ DELL’ISTMO

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Per il Laboratorio della “Città Territorio dell’Istmo”, che riguarda le città di Catanzaro, ad est, e Lamezia Terme, ad ovest, si ipotizza un ambito di sviluppo integrato, come piattaforma strategica, che può costituire il perno dell’intero territorio calabrese, il quale, attraverso un rafforzamento del sistema dell’istmo come importante ruolo mediano della regione, può assumere un ruolo di “scambio” plurilivello e intersettoriale. Si tratta di un laboratorio che, attraverso la messa in atto di politiche in più settori (agricoltura produzione, commercio, università e ricerca, pubblica ammnistrazione e terciario) e con una serie di progetti interscalari, tende a coinvolgere le differenti parti di territori che affacciano e insistono sull’istmo (sistemi appenninici collinari e costieri). E’ ipotizzato inoltre, un definitivo rafforzamento delle connessioni infastrutturali (metropolitana di superficie, ferrovia e mobiolità interurbana, ecc.) e tecnologico-virtuali, una maggiore incisività delle relazioni trasversali, la creazione di un sistema di interscambio dei traffici merci e passeggeri e progetti di riqualificazione urbana di parti di territorio degradate e compromesse o perifericizzate.

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3. IL PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE

3.1. La legge 142 del 1990

Il Piano territoriale di coordinamento provinciale è stato introdotto nella legislazione urbanistica italiana con la legge 142/90 che ridisegnava in parte il sistema delle autonomie locali, creando le province regionali. A tale proposito la Legge in questione recita:

La provincia, inoltre, predispone ed adotta il piano territoriale di coordinamento che, ferme restando le competenze dei comuni ed in attuazione della legislazione e dei programmi regionali, determina indirizzi generali di assetto del territorio e, in particolare, indica: a) le diverse destinazioni del territorio in relazione alla prevalente vocazione delle sue parti; b) la localizzazione di massima delle maggiori infrastrutture e delle principali linee di comunicazione; c) le linee di intervento per la sistemazione idrica, idrogeologica ed idraulico-forestale ed in genere per il consolidamento del suolo e la regimazione delle acque; d) le aree nelle quali sia opportuno istituire parchi o riserve naturali. Con tale provvedimento si interveniva finalmente per introdurre un livello di pianificazione intermedio fra quello regionale e i piani urbanistici comunali. La legge ha iniziato ad essere operativa a partire dalla seconda metà degli anni ’90 con la redazione di diversi piani territoriali provinciali.

3.2. La Legge urbanistica della Calabria: finalità e contenuti del PTCP

Le finalità ed i contenuti del PTCP sono definite dall’art. 18 che definisce il PTCP come

lo strumento intermedio che articola sul territorio di competenza le indicazioni della programmazione regionale, dal QTR alle altre previsioni, adeguandola alle specificità locali ed alla consistenza, vulnerabilità e potenzialità delle risorse naturali ed antropiche presenti. Esso:

recepisce altresì gli indirizzi programmatici e normativi del QTR per quanto riguarda la valenza paesaggistica e collabora alla stesura dei Piani paesaggistici di ambito (PPd’A), attraverso la prima fase di indagine conoscitiva;

indirizza condizioni e limiti di sostenibilità delle previsioni urbanistiche a scala comunale;

costituisce lo scenario di riferimento condiviso dai comuni per il loro sviluppo sostenibile;

costituisce riferimento per la pianificazione comunale, in particolare per gli aspetti di interesse sovracomunale e che attengono a localizzazioni e scelte che non possono essere pianificati solo a scala locale; stabilisce in proposito localizzazione e dimensionamento di strutture e servizi di interesse provinciale e sovracomunale;

costituisce, infine, quadro di riferimento per la perequazione territoriale nell’ambito provinciale: la dove il territorio si può definire come una rete di opportunità locali basata sulla differente distribuzione di risorse, vincoli, opportunità.

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3.4. Le Linee guida della pianificazione regionale.

Alla pianificazione provinciale, ai suoi obiettivi ed al ruolo che essa dovrà assumere le Linee guida dedicano il Cap IV. Il Capitolo affronta tre temi fondamntali:

Finalità e contenuti generali

il ruolo del PTCP nel sistema della pianificazione del Paesaggio; Competenze provinciali di organizzazione e controllo della pianificazione di livello

comunale;

struttura del PTCP; Processo metodologico di redazione e approvazione del PTCP.

La perequazione territoriale Fondi di compensazione;

Opere pubbliche cofinanziate;

Oneri di tutela abientale

PTCP, difesa del suolo e rischi ambientali.

Per l’approfondimento dell’argomento si rimanda all’allegato Capitolo IV delle Linee guida

3.5. I temi centrali della pianificazione provinciale

Il PTCP, come strumento di accompagnamento e promozione dello sviluppo locale, dovrà costruire un insieme di scenari che evidenzino coerenze e conflitti e le confrontino con obiettivi e strategie, relativamente ad alcune priorità quali:

- politiche insediative;

- politiche della mobilità;

- politiche della valorizzazione;

- politiche del welfare.

Per questa specifica ragione, e seguendo anche il principio enunciato di sostenibilità, ha senso inoltre introdurre il tema dei paesaggi sociali, ossia è importante considerare il quadro paesaggistico come lo scenario fondamentale all’interno del quale debbano collocarsi anche la lettura dei processi socio-economici, nonché essere assunti come elementi del progetto territoriale. Nel quadro conoscitivo del piano è importante la relazione tra destinazioni d’uso, carattere delle risorse essenziali del territorio e grado di vulnerabilità e riproducibilità dei sistemi ambientali e degli apparati paesistici locali. Dal quadro conoscitivo scaturisce l’individuazione, l’articolazione e le linee di evoluzione dei sistemi territoriali, urbani, rurali e montani della provincia: su di essi vanno proiettate le strategie di sviluppo, fondate sulle strutture locali, rispetto a cui il PTCP ha tra l’altro i compiti di coordinamento e di indirizzo.

Il paesaggio come motore dello sviluppo

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Come più volte evidenziato in numerosi documenti prodotti dall’Assessorato all’Urbanistica e governo del territorio e più volte sottolineato nelle Linee guida della pianificazione regionale.

I caratteri dell'ambiente e del paesaggio calabrese, sono di tale rilevanza da costituire elemento strutturante di qualunque configurazione si immagini per il territorio regionale. Dalle grandi emergenze naturalistiche alle minute nicchie ecologiche; dai complessi montani alle aree costiere; dai grandi scenari visuali alle unità floro-faunistiche, alle singolarità geologiche, innumerevoli ambienti e paesaggi riempiono di segni e significati il territorio della Calabria. E’ indubbio, quindi, che l'ambiente costituisce in Calabria una sorta di tessuto connettivo, di elemento aggregante di tutto quanto sul territorio si dispiega: insediamenti urbani, reti di infrastrutture, emergenze storiche, aree produttive. Coerentemente con tali principi la Regione ha inteso procedere alla redazione di un Quadro territoriale regionale a valenza paesaggistica, a voler sottolineare non la separatezza ma l’assoluta integrazione fra assetto del territorio, strategie di sviluppo e politiche di tutela e valorizzazione del paesaggio.

I sistemi paesaggistici, intesi come paesaggi sociali, inscindibile integrazione di valori naturali ed antropici, ovvero percettivi, storici ed identitari, rappresentano l’elemento base in cui si struttura il territorio della regione Calabria, siano essi paesaggi naturali o urbanizzati, ed il quadro conoscitivo da elaborare dovrà indicare i diversi paesaggi in cui si articola il territorio provinciale.

L’individuazione delle aree sottoposte a vincolo ambientale e paesaggistico non può assolutamente esaurire il quadro conoscitivo di lettura del sistema paesaggistico provinciale, ma ne può rappresentare esclusivamente la base di partenza, anche per la individuazione delle cosiddette invarianti strutturali. La definizione di un quadro dei paesaggi provinciali, all’interno del più generale quadro conoscitivo, dovrà inoltre prefigurare le aree da sottoporre, da parte della regione a Piano paesaggistico d’ambito.

Abbiamo più volte e evidenziato la duplice valenza del piano provinciale come modello di assetto del territorio da un lato e strumento di promozione dello sviluppo locale dall’altro. Questo secondo aspetto richiede, a livello metodologico, la costruzione di visioni o scenari di riferimento che indichino, i primi una sorta di traguardo finale, obiettivo ultimo cui tendere attraverso le previsioni del piano, i secondi le diverse condizioni di riferimento in cui muoversi. Scenari diversi serviranno a valutare ipotesi alternative di assetto o di sviluppo diverse. La costruzione dei diversi scenari dovrà necessariamente muovere da un quadro conoscitivo, appositamente realizzato, che indichi le risorse utilizzabili per lo sviluppo, gli ostacoli che ne impediscono l’utilizzo e la valorizzazione, gli elementi positivi o negativi derivanti da tutte le condizioni esterne al contesto provinciale. Scenari diversi dovranno essere fra loro confrontabili in termini di risorse da impegnare, compatibilità ambientale delle azioni proposte, benefici economici ed ambientali.

Un principio fondamentale del nuovo sistema della pianificazione regionale è quello di garantire la sostenibilità e la compatibilità nell’uso del territorio e delle risorse ambientali. Il metodo di compatibilità e conservazione delle risorse si basa sul principio che forme diverse di trasformabilità ed uso del territorio possono essere favorite dalle condizioni ambientali e, viceversa, innescare nell’ambiente processi di modifica più o meno profondi ed irreversibili. E’ questo il principio di vulnerabilità ed ogni sistema ambientale si presenta con gradi di vulnerabilità diversa rispetto agli interventi di trasformazione; più un sistema è vulnerabile, maggiori sono le precauzioni necessarie per la sua trasformazione. La costruzione di quadri di vulnerabilità e

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compatibilità a scala provinciale rappresenta un indispensabile orientamento per la pianificazione a scala comunale.

Analisi e valutazione dei rischi ambientali. La valutazione di vulnerabilità delle risorse è un aspetto rilevante anche rispetto alla valutazione dei cosiddetti rischi ambientali. La difesa del suolo e la mitigazione dei rischi ambientali più rilevanti cui è sottoposta la nostra regione (rischio sismico, idrogeologico, erosione delle coste, ecc..) è uno degli obiettivi prioritari del sistema della pianificazione regionale cui devono concorrere tutti i livelli istituzionali. Il ruolo delle province sotto tale aspetto è di assoluta rilevanza in quanto l’analisi e la valutazione dei rischi a scala provinciale è di indirizzo ed orientamento, per la scala comunale e rappresenta la base conoscitiva, considerata la difficoltà dei piccoli comuni ad elaborare in proprio adeguati processi di valutazione del rischio, anche per motivi di carattere geografico.

Definizione di un quadro di assetto reticolare e per comprensori. Obiettivo principale del QTR è quello di creare la rete delle città calabresi, di immaginare la nostra regione come fosse un sistema integrato di 2 milioni di abitanti e con un livello di servizi ed infrastrutture adeguato a tale dimensione insediativa. Una rete urbana composta non da una trama omogenea, ma da una maglia principale con pochi significativi nodi, che dovrà comprendere al suo interno delle maglie più fitte, o in altri termini una rete di reti.

La maglia principale è rappresentata dai più importanti nodi urbani regionali e provinciali e dalle principali infrastrutture di trasporto e dalle principali reti energetiche; le trame secondarie possono collegarsi a quella principale con un numero diverso e variabile di nodi, a seconda del livello di integrazione necessario in considerazione del ruolo specifico svolto dalla sotto rete. Relazioni e forme di integrazione fra le reti secondarie sono possibili ed auspicabili senza necessariamente dover passare attraverso un nodo o la rete principale.

Questa rete delle reti delle città calabresi dovrà fondarsi sul principio che le funzioni rare e di livello superiore potranno necessariamente localizzarsi solo in alcuni nodi piuttosto che in altri, in altri termini i diversi centri regionali dovranno necessariamente specializzarsi e le funzioni superiori da essi erogate interesseranno territori vasti. Questa integrazione fra sistemi e reti urbane diversamente specializzate potrà garantire per ogni servizio o infrastruttura quelle soglie demografiche necessarie ma presuppone anche un forte incremento del sistema relazionale che dovrà garantire un adeguato livello di accessibilità ai diversi nodi di servizi specializzati da ampie aree del territorio regionale. Secondo importante obiettivo, dunque, è quello di una politica dei servizi e delle attrezzature del territorio mirata, che sappia cogliere le specificità e le potenzialità che ogni sistema territoriale offre e puntare su specializzazione e integrazione fra funzioni e territori diversi.

Da quanto sopra emerge il terzo fondamentale obiettivo che è quello di un rafforzamento del sistema relazionale onde garantire adeguati livelli di accessibilità a tutto il territorio ed in particolare ai nodi principali erogatori di servizi.

Il quadro conoscitivo e il Quadro di assetto a scala provinciale dovranno essere coerenti con gli obiettivi e le finalità sopra esposte.

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La perequazione territoriale. Condizione indispensabile ai fini della costruzione di un sistema di assetto reticolare ed integrato è l’adozione di adeguate misure di perequazione territoriale. La perequazione, presupponendo una contestuale domanda di interventi d’interesse privato e di strutture e servizi pubblici a scala sovracomunale, dovrà assumere un ruolo essenziale e fondante nelle azioni nella pianificazione territoriale (scala vasta), con l’obiettivo di predisporre atti che distribuiscano i benefici a tutti i Comuni interessati da episodi e/o impianti di trasformazione territoriale.

I valori generali del territorio unitamente al riconoscimento dei benefici derivanti dalla tutela, ai fini paesaggistici ed ambientali, di porzioni di territorio urbanizzato e non, devono necessariamente comportare, per i Comuni (ed i privati) limitazioni e vincoli all’uso incondizionato del territorio.

Ai vincoli e ai comprensibili disagi dovuti per l’ubicazione in alcuni territori comunali di impianti “problematici”, deve corrispondere una politica territoriale finalizzata al raggiungimento dell’equità ed efficacia delle politiche territoriali di area vasta. La Pianificazione sovraordinata (PTCP), fondandosi sui principi di solidarietà e perequazione territoriale, prevedendo meccanismi compensativi di vario genere, deve ricercare da una parte la eliminazione degli effetti deleteri dovuti all’insensata concorrenza che i Comuni si fanno in materia insediativa, dall’altra sostenere l’equa distribuzione dei costi e dei benefici, correlati al progetto di sviluppo del territorio di area vasta, fra tutti gli Enti coinvolti.

Le Province devono pertanto introdurre e fissare, alla scala provinciale, i meccanismi della perequazione territoriale, al fine di rendere equo e solidale il processo di pianificazione a scala vasta, e di evitare che l’autonomia finanziaria dei Comuni sia ancora costretta a sopravvivere fondandosi sull’imposizione e la fiscalità immobiliare. L’assenza di misure perequative e compensative e scala territoriale è fra le cause del disastro dei rifiuti in Campania.

Sussidiarietà e condivisione delle scelte. La premessa di una adeguata politica di perequazione territoriale e di misure compensative è rappresentata dalla estesa e chiara applicazione dei principi di sussidiarietà e condivisione delle scelte. E’ obiettivo irrinunciabile della pianificazione urbanistica regionale che le scelte siano condivise alle diverse scale fra tutti gli attori e i portatori di interesse. Alla scala della pianificazione provinciale il dibattito ed il confronto fra l’amministrazione della provincia e i comuni diventa l’elemento più rilevante, il cuore del metodo di costruzione delle scelte di piano. Oltre alla finalità di garantire l’interazione provincia – comuni il ruolo dell’ente provinciale sarà anche quello di favorire l’interazione fra i diversi comuni per favorire la costruzione di sistemi insediativi reticolari.

3.6. Prime ipotesi dei PTCP

REGGIO CALABRIA

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La redazione del PTCP è stata appena avviata. In questa fase iniziale del procedimento appaiono dunque ancora poco definiti i sistemi portanti di cui si dovrà fare carico la Regione attraverso il QTR, ad eccezione del nodo Gioia Tauro.

Visioni strategiche di rilievo regionale Il ruolo che la provincia di Reggio dovrà svolgere nel contesto regionale è sicuramente segnato dalla presenza del porto di Gioia Tauro e dalla potenzialità del rafforzamento del sistema territoriale Reggio-Gioia.

La visione strategica dovrà tenere conto delle molteplici scale d’intervento in gioco, tra grandi flussi mediterranei e internazionali, relazioni nazionali, interregionali, regionali e locali.

Una Visione strategica di livello territoriale condivisa comunque appare ancora prematura per lo stato iniziale del processo pianificatorio.

Il paesaggio assume funzione fondamentale, non solo in termini di tutela, ma, in generale, per la riqualificazione e la valorizzazione del territorio. In questo senso sono previsti progetti di rafforzamento delle relazioni tra il nucleo centrale aspromontano, la locride, lo Jonio reggino, l’area dello Stretto, la piana di Gioia Tauro: le fiumare significano collettori ecologici su cui si incardinano le crescite relazionali tra le aree indicate con processi di ridisegno e di ristrutturazione anche “ a grana più fine”.

Alcune linee di azioni ipotizzate a livello locale da mettere a sistema 1) Realizzazione di due trasversali (Grecanica - Vallata dello Stilaro) e del raccordo urbano Gioiosa-Siderno-Locri;

2) Recupero del sistema delle linee ferrate della Piana di Gioia abbandonata (ex calabro-lucana) per potenziare il sistema dei collegamenti con i centri interni ;

3) Potenziamento delle molteplici vocazioni produttive della Piana di Gioia Tauro (in particolare la filiera del legno);

4) Creazione di forti sinergie tra il Parco nazionale dell’Aspromonte e il PTCP, assegnando all’Aspromonte e alle Fiumare un peso determinante nel disegno degli assetti territoriali provinciali;

5) Rafforzamento del sistema dell’armatura urbana dei centri diffusi in maniera integrata con il sistema produttivo locale;

6) Mettere a sistema tutte le risorse possibili per fare massa critica.

VIBO VALENTIA

La provincia ha redatto il PTCP nel 2004 , quindi è necessario adeguare il piano alle Linee Guida. Il quadro conoscitivo è ben sviluppato, e la visione strategica del territorio provinciale appare delineata in modo compiuto e in sintonia con gli strumenti di livello regionale. Nell’ambito dell’incontro sono state tracciate le necessità di approfondimento della strategia ipotizzata.

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Visioni strategiche di rilievo regionale La visione delineata dal PTCP sposta lungo l’asse della autostrada SA-RC la gravitazione del sistema industriale-produttivo . Qui si prevedono due nuovi importanti poli di servizio attrezzati, con la prospettiva di rafforzare l’asse Gioia Tauro-Lamezia nel contesto regionale, e di indirizzare i grandi flussi in prossimità dell’asse autostradale.

Il corridoio attrezzato potrebbe porsi come direttrice intermedia tra due grandi sistemi ambientali: la costa, che dovrà essere concepita come un’ area parco di elevate qualità turistico-ambientali e il Parco delle Serre, come articolazione di Appennino Parco d’Europa che tenderebbe ad integrare anche il Monte Poro (cipolla di Tropea). La connessione diretta tra i due sistemi dovrebbe avvenire attraverso appositi attraversamenti a valenza eco-naturalistica.

La forte vocazione turistica di questo territorio nel suo insieme induce ad assumere come criteri guida :

- la connessione costa-montagna al fine di renderne maggiormente interdipendenti le rispettive economie;

- la valorizzazione dei collegamenti via mare (considerato anche il piano di espansione del Porto);

- la riqualificazione paesaggistica del sistema costiero;

- la definizione di schemi di coerenza per il sistema insediativo costiero e per quello propriamente urbano di Vibo .

Linee di azione di livello regionale

- definizione di uno strumento normativo che orienti la riqualificazione del sistema costiero come area parco a sostegno di una politica ambientale e turistica;

- supporto alla provincia per la convergenza delle politiche comunali sia rispetto al sistema costiero che all’area urbana;

- verifica delle potenzialità di sviluppo dell’autostrada del mare e dei collegamenti turistici via mare.

CATANZARO

Dal documento di indirizzo elaborato nel 2005 dalla provincia, e dalla proposta tecnica del gruppo che si è aggiudicata la redazione del piano emergono comunque alcuni profili di specificità locali (identità uniche, come chiamate sul documento tecnico) e, per grandi linee, una visione strategica implicita rispetto al contesto regionale.

Visioni Strategiche di rilievo regionale La visione delineata dalla provincia è caratterizzata dalla presenza di una grande città territorio lunga 35 Km ( il territorio dell’ istmo), imperniata sul corridoio ferroviario e stradale , circoscritta da due mari (jonio- tirreno) e due parchi (Parco Sila – Parco delle Serre). La città si articola in tre centri urbani di rilievo (LT-CZ-Sov) e numerosi centri abitati satellite connessi tra loro e con

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l’asse portante. Questi centri minori dovrebbero organizzarsi a sistema come reti locali, ovvero come quartieri integrati e specializzati, appartenenti alla grande città-territorio centrale.

Il territorio provinciale , articolato in 5 sistemi ( due costieri, due di montagna e uno propriamente urbano ) vuole acquisire il ruolo di “cuore strategico della Calabria”, in grado di fungere da spazio di elevata centralità a cui dovrebbero essere ricondotti i sistemi territoriali contigui di KR – CS e VV , per l’attrazione esercitata dall’aeroporto e dai servizi avanzati e dalle funzioni logistiche associate. In particolare questa visione dello sviluppo, coerente con lo scenario dettato dalla Regione nella predisposizione delle Proiezioni territoriali del QSR, rafforza la necessità di attivare lo sviluppo di collegamenti veloci su ferro e su strada da KR verso LT.

In particolare si prevedono le seguenti linee strategiche:

- progettazione della città territorio dell’Istmo con l’individuazione condivisa dai singoli comuni dei differenti ruoli delle sue articolazioni interne, tenendo conto delle specificità delle vocazioni e della necessità di rafforzare connessioni e interdipendenze funzionali, nella prospettiva di un sistema integrato formato da microdistretti produttivi e spazi di elevata centralità;

- rafforzamento della mobilità su ferro e strategia delle interconnessioni per garantire l’accessibilità delle infrastrutture a tutti i livelli;

- potenziamento delle stazioni quali poli di centralità di servizi e occasione di progetti di sviluppo.

Si riconosce il sistema costiero Gizzeria-Falerna come un ulteriore sistema territoriale, con un profilo di sviluppo relativamente autonomo.

L’area agricola e industriale di Lamezia potrebbe diventare luogo di sperimentazione e innovazione con il supporto dell’UNICAL di CS.

Linee di azione di livello regionale

- infrastrutture adeguate per garantire la mobilità su ferro (metropolitana) e su strada nel sistema KR-CZ-LT;

- supporto alla provincia per l’individuazione dei poli di sviluppo lungo l’asse LT-CZ

- individuazione dei paesaggi che potranno nascere dal nuovo disegno territoriale e delle tutele necessarie;

- rafforzamento infrastrutture UNICAL-area produttiva lametina.

CROTONE

E’ in fase di conclusione la redazione del Documento preliminare. A questo vanno affiancati una serie di strumenti di cui si è dotata la Provincia negli ultimi anni; in particolare il Piano Strategico della Provincia, il Piano ambientale, il Piano del lavoro e del sociale e il Piano energetico.

Di interesse inoltre è il Protocollo che la Provincia di Crotone ha sottoscritto con la Provincia di Lecce, come località termine della Via Egnazia (aggancio al corridoio 8). Tutti questi strumenti pongono il territorio provinciale di Crotone in un visione proiettata verso il Mediterraneo.

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Visioni strategiche di rilievo regionale La provincia di Crotone si pone nel sistema regionale come territorio che vuole emergere per le sue concrete potenzialità culturali-ambientali-paesaggistiche finora scarsamente utilizzate.

Sta investendo in particolare nella valorizzazione del patrimonio archeologico, nell’innovazione in campo energetico-ambientale-culturale, dove sta creando un tessuto produttivo di rilievo, in particolare nel settore delle energie rinnovabili (solare, biomassa, idroelettrica) e nel settore dell’educazione ambientale (laboratorio sperimentale).

Si vuole attrezzare in maniera adeguata per tutta la filiera del turismo.

Per uscire dall’isolamento punta ad integrarsi maggiormente con il territorio lamentino, e a collegare lo sviluppo del porto con Gioia Tauro.

Crotone in particolare vuole valorizzare i seguenti profili identitari a livello regionale:

- Polo per l’innovazione in campo energetico (energia rinnovabile: solare, biomassa, idroelettrica) e in campo culturale (progetti di valorizzazione del sistema archeologico attraverso ricostruzioni virtuali e sperimentazione di tecniche di conservazione dell’archeologia subacquea);

- laboratorio per l’educazione ambientale attraverso la valorizzazione della rete ecologica : parco della Sila – riserva marina/ centro di biologia marina – 21 aree SIC – parco fluviale del Neto (potenzialità termali);

- potenziale scalo di itinerari di crociera come tappa dei percorsi della Magna Graecia;

In questo disegno territoriale un ruolo importante potrebbe svolgere l’area del Cirò come luogo di produzione ma anche come paesaggio identitario da tutelare e valorizzare e come strumento di internazionalizzazione.

Linee di azione di livello regionale

- Realizzazione di infrastrutture adeguate per l’aggancio veloce su strada e su ferro con Lamezia Terme e con Sibari;

- Riorganizzazione dei porti per la nautica da diporto su tutto il tratto jonico;

- Predisposizione di strumenti normativi che orientino gli investimenti privati verso il recupero dell’esistente, disincentivando il consumo di altro territorio;

- PPdA con il supporto del QTR per introdurre Piani di rottamazione in contesti di rilievo paesaggistico che necessitano di riqualificazione;

- Prescrizioni di tutela particolarmente rigorose per il paesaggio del Cirò.

COSENZA

La provincia ha redatto il Documento preliminare, attraverso un’ intensa attività di dialogo e confronto con i comuni. Oggi il Documento è in fase di modifica e integrazione a seguito delle osservazioni pervenute .

Gli incontri hanno costituito occasione per verificare le possibili aperture del territorio provinciale verso il contesto regionale, anche con possibili relazioni transregionali (Campania e soprattutto Puglia), valorizzando le potenzialità di aggancio all’intero sistema calabrese, rispetto al quale la provincia di Cosenza può assumere ruolo fondamentale anche in termini di sviluppo complessivo.

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Visioni strategiche di rilievo regionale La Visione delineata individua molteplici sistemi da rafforzare attraverso specifiche azioni di raccordo e messa a sistema. L’asse portante dell’insieme appare il sistema CS-Rende verso Sibari e il porto di Corigliano, sul quale si stanno concentrando numerosi interventi per potenziare infrastrutture e mobilità. Questo asse centrale è pensato come spazio privilegiato per la produzione di tecnologia e innovazione, a servizio delle strutture scientifico-tecnologiche superiori, dovute anche all’ Università e dell’area archeologica, arricchito dalla posizione di confluenza dei due parchi del Pollino e della Sila. Di particolare rilievo è la presenza dei parchi che, opportunamente collegati da corridoi ecologici, potrebbero svolgere un ruolo determinante come sistema APE (Appennino Parco d’Europa), offrendo l’opportunità di agganciare anche i Parchi delle Serre e dell’Aspromonte.

A parire dalle strategie individuate sarà necessario:

- rafforzare il potenziale competitivo che viene riconosciuto al nucleo territoriale CS-Rende, incluso il sistema universitario e della ricerca che comprende complessivamente circa 25 comuni;

- assegnare alla UNICAL il ruolo di motore della ricerca nell’intero sistema regionale come nucleo che coinvolge le altre università calabresi e promuove ricerca per l’innovazione a servizio anche della produzione nei territori regionali emergenti (p.e. Piana di Lamezia- Crotone – Gioia Tauro).

- Sviluppare un’azione di potenziamento/valorizzazione del sistema dei parchi, con riferimento all’intera rete ecologica regionale.

Con riferimento ad un’importante porzione del territorio provinciale, quale la piana di Sibari, è opportuno sottolineare come essa possa giocare un importante ruolo per la proiezione al corridoio 8 attraverso la Basilicata e la Puglia e per le potenzialità agricole e archeologiche collegate alla valorizzazione del Metaponto. In questo quadro va ricordato il porto di Corigliano ed il progettato aereoporto di Sibari.

E’ possibile rilanciare anche il sistema costiero tirrenico, che appare oggi staccato dal resto del territorio, riqualificando la sua vocazione di spazio turistico di media qualità. A questo scopo dovrebbe essere avviata un’azione sperimentale di riprogettazione del paesaggio costiero con interventi da attuare anche con modalità perequative, con processi di rottamazione- demolizione- trasferimento delle volumetrie e nuove edificazioni che potrebbero rendere più competitivo questo territorio per la sue valenze turistiche.

Linee di azione di livello regionale

- Definire uno strumento normativo che indirizzi i sistemi costieri verso il recupero e la riqualificazione paesaggistica;

- infrastrutture di collegamento e mobilità nell’asse Sibari-CS Rende-UNICAL-LT

- infrastrutture di collegamento e mobilità KR-Sibari;

- connessione delle due aree Parco

- rafforzamento delle aree urbane CS-Rende e Corigliano-Rossano.

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4. IL PIANO STRUTTURALE COMUNALE

L’idea di un piano urbanistico generale composto da due distinti strumenti, uno a carattere strutturale e l’altro a carattere operativo, è stata introdotta per la prima volta nella legislazione urbanistica regionale con la L.r. della Toscana del 1995. Si avviava così un processo di profonda innovazione nella legislazione urbanistica del nostro paese che ha visto negli anni coinvolte numerose altre regioni, che hanno seguito la strada inaugurata dalla regione Toscana, fra cui l’Emilia, l’Umbria, la Basilicata; anche la Calabria, con la legge n° 19 del 2002 ha intrapreso il difficile percorso di una nuova strumentazione urbanistica, sostituendo il vecchio Prg con il nuovo Piano strutturale comunale. L’idea di una revisione sostanziale della strumentazione urbanistica nel nostro paese aveva iniziato a farsi strada già all’inizio degli anni ’90, quando, in occasione dei 50 anni dalla LUN, appunto nel 1992, erano emersi con assoluta evidenza i limiti e le inadeguatezze del modello di pianificazione vigente. Uno strumento, il Prg, che dimostrava per intero i suoi 50 anni, ideato in condizioni storiche, sociali ed economiche completamente diverse, pensato per governare i processi di crescita urbana espansiva, ma assolutamente inadeguato al governo della riqualificazione urbana e soprattutto scarsamente permeabile ed aperto alle nuove e crescenti esigenze derivanti dall’emergere delle tematiche ambientali (mitigazione dei rischi, protezione delle risorse naturali, inquinamenti, ecc..) e dalla necessità di avviare processi di sviluppo sostenibile. Le principali critiche che venivano rivolte al Prg possono essere brevemente sintetizzate come segue:

un eccesso di previsioni e norme a carattere quantitativo ma scarsissima attenzione agli aspetti legati alla qualità morfologica degli insediamenti ed al “progetto urbano” come strumento di controllo della qualità;

una visione esclusivamente autoritativa senza alcuna apertura verso forme di pianificazione condivise e partecipate;

approccio a carattere esclusivamente regolativo-normativo ma scarsissima capacità operativa;

scarsa flessibilità, burocratismo, rigidità procedurali, derivanti dall’essere il Prg uno strumento fin troppo connotato e configurato dagli interessi legati ai diritti edificatori ed alle rendite fondiarie.

Quest’ultimo punto rappresenta certamente un aspetto cruciale della questione ed uno dei motivi fondamentali che hanno spinto verso la ricerca di soluzioni alternative. Il valore conformativo dei diritti edificatori del Prg, concentrando su tale aspetto l’attenzione di tecnici, politici ed operatori, portava inevitabilmente ad una non adeguata attenzione a temi quali la tutela del paesaggio e dell’ambiente, la sicurezza dei cittadini, la promozione dello sviluppo economico e sociale. Inoltre ciò ha generato un infinito contenzioso con i privati, in buona parte alimentato dall’annosa e mai risolta questione dei vincoli espropriativi e della loro decadenza, con conseguenti tempi lunghissimi di elaborazione e di approvazione dei piani. Risultato: i piani regolatori venivano approvati dalle regioni quando ormai le condizioni nelle quali erano stati pensati ed elaborati erano ormai non più attuali. Recenti ricerche in proposito hanno evidenziato come i tempi medi in Italia per l’approvazione di un Prg siano intorno ai 6-7 anni (in Sicilia circa 10 anni). Il Prg di Roma è stato avviato nel 1993 ed adottato 10 anni dopo; ha richiesto quasi un anno per la pubblicazione e l’integrazione delle oltre 4000 osservazioni ed opposizioni. Il Prg di Messina ha richiesto quasi 20 anni dalla data di

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affidamento dell’incarico nel 1983 alla sua definitiva approvazione nel settembre del 2002; nel frattempo si sono dovute esaminare e si è dovuto rispondere ad oltre 1200 opposizioni di proprietari di aree. Ed ancora, con le norme che prevedono che i consiglieri comunali, che abbiano un legame di parentela fino al 4° grado con proprietari di aree interessati dal piano, non possono partecipare alla seduta per l’adozione del Prg, si è creata una situazione tale per cui, nei comuni più piccoli dove tutti sono parenti di tutti, per adottare un Prg si deve fare ricorso alla nomina di un commissario ad acta. In sintesi il Prg così concepito ha prodotto quella che Marco Romano definiva “l’urbanistica dei ragionieri”4, ovvero la trasformazione della disciplina da “arte di progettare la città” in una asfissiante e noiosa serie di calcoli di cubature, procedure burocratiche e contenzioso legale. La risposta alla inadeguatezza del piano regolatore generale è sembrata essere quella di immaginare uno strumento urbanistico generale a carattere strutturale, ovvero“a maglie larghe”, snello che potesse essere pensato ed approvato in un lasso di tempo accettabile. Perché ciò fosse possibile occorreva una condizione preliminare ed imprescindibile: che il piano strutturale non creasse né diritti né aspettative in termini edificatori; aspetti da valutare e considerare in una fase successiva, nella elaborazione dei piani urbanistici di dettaglio. E’ questa sostanzialmente la grande scommessa delle nuove leggi urbanistiche regionali e dei piani strutturali. Ma, come ha recentemente sottolineato Federico Oliva5, nell’applicazione dei principi contenuti nelle nuove leggi urbanistiche di Emilia Romagna, Toscana e Lombardia, sono emersi diversi elementi contraddittori, interni alle leggi stesse, che rischiano di frenare la portata innovatrice della pianificazione strutturale; tali contraddizioni danno spazio ed argomenti ad una interpretazione del PSC che ricorda molto il vecchio Prg. Così, ad esempio, il complesso apparato normativo della Legge emiliana (52 articoli) presenta in alcune parti “un carattere del tutto regolativo che inquina la stessa forma innovativa del piano comunale, tripartito in Piano strutturale, Piano operativo e Regolamento edilizio, consentendo ai tanti nostalgici del Prg, spesso presenti nella struttura pubblica, di far rientrare dalla finestra ciò che è stato fatto uscire dalla porta (Cfr: Oliva, op. cit.). Fra queste contraddizioni, sempre per Oliva, emergono alcuni elementi di particolare rilievo, ovvero:

il non aver chiarito fino in fondo il carattere non conformativo dei diritti edificatori del Psc;

la sopravvivenza dei vecchi Piani attuativi che potrebbero, anzi andrebbero, agevolmente essere sostituiti da Programmi integrati a carattere operativo, liberati della loro portata deregolativa ed inseriti nel processo di pianificazione strutturale;

la non risolta questione di regole certe e semplici di governo della perequazione che costringe spesso ad un anacronistico ritorno all’uso dell’esproprio.

Le contraddizioni e le difficoltà interpretative riscontrate in Toscana ed Emilia stanno caratterizzando anche l’applicazione della nuova Legge 19/2002 della Regione Calabria, “Norme

4Cfr: Marco Romano, L’urbanistica in Italia nel periodo dello sviluppo, Marsilio, Padova 1980 5 Federico Oliva, “Il cammino solitario dell’urbanistica riformista”, in Urbanistica n°123, 2004

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per la tutela, governo ed uso del territorio”. Una legge sicuramente ambiziosa, che alle tradizionali missioni dell’urbanistica (controllo dell’uso del suolo urbano e infrastrutturazione del territorio, tutela), aggiunge anche nuove e diverse finalità: l’analisi e la mitigazione dei rischi ambientali, la tutela e valorizzazione del paesaggio, lo sviluppo delle aree agricole, ecc… Una Legge che richiede la capacità di dotarsi di strumenti “di governo” e quindi in grado di superare la logica della separatezza fra la “norma” urbanistica e la concreta capacità di operare e programmare, in altri termini di orientare ed attivare concrete politiche urbane e territoriali. La principale innovazione sta tutta qui, anche se, come già detto, permangono alcune incertezze ed alcuni nodi debbono ancora essere definitivamente risolti. Le principali novità della Legge regionale possono essere brevemente sintetizzate nei seguenti punti:

il coniugare l’assetto del territorio con la promozione di uno sviluppo sostenibile; il favorire a tutti i livelli i processi di concertazione e partecipazione; il promuovere forme di perequazione in grado di dare maggiore efficacia al piano; l’introduzione del principio della valutazione degli strumenti di pianificazione ad ogni

livello. Queste innovazioni riguardano la pianificazione a tutti i livelli, compreso il livello comunale che rappresenta, nella sostanza, la scala in cui di fatto si realizzano in concreto le previsioni della pianificazione urbanistica, in una regione in cui esistono oltre 400 comuni chiamati nei prossimi anni ad adeguare il loro vecchio Prg e a redigere un Piano strutturale comunale. La Legge urbanistica della Calabria disegna il seguente sistema di pianificazione a scala comunale:

• Piano strutturale comunale: sostituisce il vecchio Prg e interessa l’intero territorio comunale; ha valore a tempo indeterminato; oltre che strumento urbanistico a carattere normativo – regolativo è anche uno strumento di promozione dello sviluppo locale (a carattere strategico) e di indirizzo ed orientamento per quanto riguarda l’assetto del territorio (carattere strutturale).

• Regolamento Edilizio ed Urbanistico. E’ strumento annesso e quindi integrato e complementare al P.S.C.; esso ha carattere normativo – regolativo;

• Piano Operativo Temporale. Rappresenta una innovazione sostanziale della nuova legge urbanistica. E’ un piano a carattere operativo – programmatico ed ha validità limitata ad un arco di 5 anni;

• Piani Attuativi Unitari. Sono degli strumenti di dettaglio e riassorbono tutte le prerogative assegnate dalla legge del 1942 ai piani particolareggiati. Tuttavia, diversamente da questi ultimi, essi non sono strumenti meramente “esecutivi”, in quanto non si limitano a “dettagliare” le rigide previsioni del piano strutturale, ma possono “interpretare” le norme meno rigide e più “flessibili” dettate dal PSC,

• Comparti edificatori. Sono strumenti di attuazione e controllo urbanistico del PSC del POT e dei PAU la cui predisposizione ed attuazione è demandata ai proprietari singoli ed associati.

Come si vede, ne emerge un sistema di pianificazione decisamente più complesso ed articolato del vecchio sistema Prg – Piani particolareggiati, ma che rappresenta un significativo importante passo in avanti per una regione nota in questi anni per essere stata la patria dell’abusivismo. Al di là delle doverose e ben fondate dichiarazione di ottimismo emerge tuttavia un dubbio, il più importante, relativamente alla concreta attuabilità di tale sistema in una regione in cui non esiste una tradizione consolidata nel campo della pianificazione urbanistica e nella quale su 409 comuni solo 37 superano i 10.000 abitanti, mentre circa la metà (200) sono compresi fra i 2000 e 5000 abitanti e ben 170 sono al di sotto della soglia dei 2000.abitanti, quindi con strutture tecnico –

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amministrative inadeguate a svolgere i complessi compiti che il nuovo sistema di pianificazione affida loro. In tale quadro la necessità di coniugare sviluppo sostenibile e assetto del territorio, di procedere alla parallela valutazione di sostenibilità, di promuovere forme di partecipazione e concertazione, di considerare le complesse questioni legate alla tutela del paesaggio, al controllo dei rischi ambientali, l’introduzione di misure perequative, ecc.., in altre parole tutte le importanti innovazioni previste dalla legge, rischiano di trasformarsi in un appesantimento del processo di pianificazione comunale e dunque in una sua sostanziale paralisi. Emerge, anche in Calabria, un nodo centrale che riguarda il ruolo ed il significato del Piano strutturale comunale ovvero se esso debba essere considerato come uno strumento con effetti immediati e diretti sul regime dei suoli e della proprietà o, al contrario uno strumento di “indirizzo” senza alcun effetto conformativo sul regime dei suoli; nel qual caso tale ruolo andrebbe affidato ai Piani attuativi o ai POT. Va detto che in questo senso la Legge urbanistica ha lasciato aperta la porta a diverse interpretazioni dal momento che in alcuni articoli sembrerebbe sposare l’ipotesi di un piano a “maglie larghe”, mentre in altre parti sembrerebbe di fatto si debba immaginare il PSC come uno strumento molto simile al vecchio Prg. Del resto un piano che sia in qualche misura conformativo della proprietà dei suoli rischierebbe in un certo qual modo di limitare la portata innovativa del Piano strutturale rispetto al vecchio Prg, comporterebbe un evidente appesantimento dello stesso, ma avrebbe l’innegabile vantaggio di essere più speditamente operativo non obbligando i piccoli comuni alla redazione dei piani attuativi o di un POT, laddove le ridotte dimensioni insediative non rendono tale passaggio indispensabile. Dall’altro lato un piano strutturale non conformativo della proprietà privata, che demandasse l’esatta definizione degli usi del suolo ai Piani attuativi o ai POT, che perseguisse obiettivi di sviluppo sostenibile e si presentasse in buona parte come uno strumento programmatico e di orientamento per la pianificazione attuativa, coglierebbe senz’altro in pieno la portata innovativa della legge, consentirebbe una migliore applicazione dei principi perequativi, si presenterebbe come uno strumento più agile e di facile redazione, favorirebbe l’introduzione del progetto come strumento di controllo delle trasformazioni urbane. Una soluzione certamente auspicabile per i comuni di medio – grandi dimensioni dove una progettazione “per parti” rappresenta certamente un obiettivo da perseguire, ma rappresenterebbe per i piccoli comuni un impegno alla redazione di strumenti di pianificazione alla scala di dettaglio. Probabilmente uno dei nodi non pienamente risolti dalla Legge del 2002 e dalle successive Linee guida6 sta proprio nel fatto che occorrerebbe pensare strumenti e modalità di pianificazione differenziate per i piccoli comuni da un lato e per quelli di medio – grandi dimensioni dall’altro, un limite che purtroppo caratterizza tutte le nuove leggi urbanistiche approvate dalle altre regioni. In una situazione insediativa fatta di comuni con meno di 5000 abitanti le Linee guida hanno cercato di compiere un piccolo ma significativo passo nella direzione di rendere il quadro normativo della pianificazione comunale maggiormente aderente alla realtà insediativa della Calabria, introducendo il PSA, il Piano Strutturale Associato. Uno degli obiettivi della pianificazione regionale, infatti, è quello di “unire” i piccoli comuni, che non significa certamente accorpamento

6Cfr: Regione Calabria, Linee guida della pianificazione regionale, Bollettino ufficiale della Regione calabria, Catanzaro 4 dicembre 2006.

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amministrativo, ma creazione di sistemi territoriali reticolari di relazioni (materiali ed immateriali) in grado di superare il gap che oggi questi soffrono per la loro dimensione demografica e spesso per la loro localizzazione nel territorio (si tratta per lo più di comuni montani). Ovviamente la creazione di tali sistemi urbani reticolari è al centro delle politiche di pianificazione e riordino del territorio ed uno degli obiettivi per promuovere tale politica di sistema è quello di favorire l’associazione fra comuni per la redazione di un Piano Strutturale in associazione. Ciò dovrebbe portare degli innegabili vantaggi:

• migliore e più efficace governo del territorio soprattutto delle risorse naturali (bacini idrografici, aree boscate, paesaggio);

• costruire programmi di sviluppo locale in grado di utilizzare al meglio risorse che acquistano valore solo ad una scala sovracomunale;

• possibilità di realizzare e gestire in associazione servizi ed infrastrutture che richiedono, per essere economicamente realizzabili, soglie di popolazione che spesso i piccoli comuni da soli non raggiungono;

• possibilità di dotarsi di adeguate strutture tecniche di pianificazione e progettazione che comuni di piccole dimensioni non sono in grado di mantenere con proprie risorse.

Il Piano strutturale in forma associata si compone di 2 distinte parti: • una generale comune, a carattere strategico e programmatico, con riferimento di norma al

paesaggio, alle aree naturali, al territorio agricolo, alla difesa del suolo e alle infrastrutture di rilevanza sovracomunale;

• una parte specifica per ogni comune, a carattere più specificamente normativo, con particolare riferimento alle aree urbanizzate, ai servizi ed alle infrastrutture a scala comunale.

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GIUSEPPE FERAIL PIANO STRUTTURALE

COMUNALE 6

ARTICOLAZIONE DELLA PIANIFICAZIONE COMUNALE

PIANO STRUTTURALE

REGOLAMENTO EDILIZIO ED

URBANISTICO

PIANO OPERATIVO TEMPORALE

PIANI ATTUATIVIUNITARI

PROGRAMMIOPERATIVINEGOZIATI

COMPARTIEDIFICATORI

GIUSEPPE FERAIL PIANO STRUTTURALE

COMUNALE 12

Finalità del PSCpromozione dellosviluppo locale mediantela tutela e valorizzazionedel paesaggio e dellerisorse ambientali, naturalied antropiche (storicoculturali).

miglioramento della qualitàdella vita e della sicurezza deicittadini mediante lapromozione della qualitàambientale ed il controllo deirischi.

indirizzo dell’assetto delterritorio e dell’uso delsuolo sulla base dellespecifiche caratteristiche dellecondizioni ambientali einsediative.

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GIUSEPPE FERAIL PIANO STRUTTURALE

COMUNALE 17

QUADRO DI RIFERIMENTO

NORMATIVO E DI PIANIFICAZIONE

CENSIMENTO, CARATTERI E VALORI DELLE

RISORSE AMBIENTALI

QUADRO STRUTTURALE MORFOLOGICO

QUADRO STRUTTURALE ECONOMICO -

SOCIALE

SCENARIODI

RIFERIMENTO

DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI E DELLE STRATEGIE

VERIFICA DI COERENZA

VERIFICA DI COMPATIBILITA’

DOCUMENTO PRELIMINARE

VALUTAZIONE DI SOSTENIBILITA’

SCHEMA DI MASSIMA DELPIANO STRUTTURALE