L’ incontro - Centro Don Vecchi · Come ha fatto l’apostolo dei lebbrosi, lascio in eredità, a...

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IL MIO COMPLEANNO L’ incontro ANNO 10 - N°10 Domenica 9 marzo 2014 Sabato 15 marzo compio 85 anni; una bella e veneranda età! Ho sempre avuto il timore che mi manchi l’opportunità di dare un ultimo saluto ed un ultimo messaggio alla città nella quale ho vissuto la maggior parte dei miei anni. Lo faccio ora con anticipo, dato che il mio compleanno me ne offre l’opportunità. Ringrazio Dio per il magnifico dono della vita e degli uomini che ho incontrato. Sono tutto sommato un uomo ed un prete fortunato e felice per aver potuto seminare a piene mani un messaggio di speranza, di fede e di amore. Ho difeso gelosamente la mia libertà ed ho detto a tutti quello che mi ha suggerito il cuore e la mia coscienza. Ho sempre giocato in attacco perché ero e sono convinto di avere il messaggio più vero e più rispondente alle attese dell’uomo, avendo fatto mio quello di Cristo. Quando sarà la mia ora me ne andrò in pace. Come ha fatto l’apostolo dei lebbrosi, lascio in eredità, a voi miei cari concittadini e fratelli, tutti i sogni e i progetti che non sono riuscito a realizzare, sperando che lo sappiate e possiate fare voi. Se avrò ancora qualche tempo di vita,intendo spenderlo tutto per gli ideali che ho sempre perseguito: i po- veri e gli ultimi, perché in loro ho sempre riconosciuto il volto del Signore. don Armando Settimanale di formazione e d’informazione de: Chiesa della Madonna della Consolazione del Cimitero di Mestre - Pastorale del lutto - Fondazione Carpinetum dei Centri don Vecchi - Associazioni di volontariato “Carpenedo solidale” - “Vestire gli ignudi” - “La Buona Terra” Autorizzazione del Trib. di VE n. 624 del 5/2/1979 - Direttore don Armando Trevisiol - tel. 334.974.1275 - Conto Corrente Postale 12534301 www.fondazionecarpinetum.org - [email protected]

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IL MIO COMPLEANNO

L’ incontro

ANNO 10 - N°10 Domenica 9 marzo 2014

Sabato 15 marzo compio 85 anni; una bella e veneranda età! Ho sempre avuto il timore che mi manchi l’opportunità di dare un ultimo saluto ed un ultimo messaggio alla città nella quale ho vissuto la maggior parte dei miei anni. Lo faccio ora con anticipo, dato che il mio compleanno me ne offre l’opportunità. Ringrazio Dio per il magnifi co dono della vita e degli uomini che ho incontrato. Sono tutto sommato un uomo ed un prete fortunato e felice per aver potuto seminare a piene mani un messaggio di speranza, di fede e di amore.Ho difeso gelosamente la mia libertà ed ho detto a tutti quello che mi ha suggerito il cuore e la mia coscienza. Ho sempre giocato in attacco perché ero e sono convinto di avere il messaggio più vero e più rispondente alle attese dell’uomo, avendo fatto mio quello di Cristo. Quando sarà la mia ora me ne andrò in pace. Come ha fatto l’apostolo dei lebbrosi, lascio in eredità, a voi miei cari concittadini e fratelli, tutti i sogni e i progetti che non sono riuscito a realizzare, sperando che lo sappiate e possiate fare voi. Se avrò ancora qualche tempo di vita,intendo spenderlo tutto per gli ideali che ho sempre perseguito: i po-veri e gli ultimi, perché in loro ho sempre riconosciuto il volto del Signore.

don Armando

Settimanale di formazione e d’informazione de: Chiesa della Madonna della Consolazione del Cimitero di Mestre - Pastorale del lutto - Fondazione Carpinetum dei Centri don Vecchi - Associazioni di volontariato “Carpenedo solidale” - “Vestire gli ignudi” - “La Buona Terra”

Autorizzazione del Trib. di VE n. 624 del 5/2/1979 - Direttore don Armando Trevisiol - tel. 334.974.1275 - Conto Corrente Postale 12534301www.fondazionecarpinetum.org - [email protected]

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DISOCCUPAZIONE NON CI SONO DIRITTI SENZA DOVERI

Questa settimana sento il dovere di fare una qualche rifl essione su un argomento che, mi rendo

perfettamente conto, è un po’ peri-coloso perché mi costringe ad andare controcorrente. D’altronde so pure che il sacerdote, se vuole essere fe-dele al suo ministero, deve rimanere sempre coscienza critica, memore del mandato che ha ricevuto da Dio: “Ti mando per costruire e demolire, per piantare e svellere”. Personalmente ho scelto, fi n dall’ini-zio del mio ministero, di non lasciarmi condizionare dall’opinione pubblica o, peggio ancora, dalle mode di pensiero che di certo non sono meno volubili o futili di quelle della moda che molte delle nostre donne si ritengono quasi obbligate a seguire.Il discorso che voglio affrontare, sulla spinta di un articolo apparso recente-mente sul settimanale “A sua immagi-ne”, è quello dell’occupazione in ge-nere, ma soprattutto dell’occupazione giovanile. Un giorno si e un altro si, po-litici, sociologi, economisti, non fanno che ripetere in maniera giustamente ossessiva, che l’indice della disoccu-pazione ha raggiunto livelli impossibili e che c’è assoluta urgenza di creare posti di lavoro.Io sono assolutamente d’accordo con tutti, però sento il dovere di osserva-re che non mi capita mai di leggere o sentire qualcuno che abbia il coraggio di affermare che attualmente, specie noi italiani, dobbiamo cambiare men-talità ed affrontare questo problema in maniera diversa e più realistica che nel passato. Ricordo che un mio amico, saggio ed altrettanto onesto, afferma-va che dopo Mazzini non c’è stato nes-sun altro che abbia parlato non sola-mente dei diritti ma anche dei doveri del cittadino.Questo discorso vale per tutti, specie per noi italiani, abituati a vivere sopra le righe e a pretendere quello che non si può ragionevolmente ottenere, ma in particolare per il mondo del lavoro e soprattutto per il mondo giovanile che si affaccia a queste realtà. La nostra società deve essere grata di certo ai socialisti che “per vocazione politica” hanno sempre messo l’accento sul-le esigenze e i diritti dell’uomo e del lavoratore. Bradolini, che militava in questo movimento politico, scrisse il famoso codice sui “diritti dei lavo-ratori”, ma forse s’è dimenticato di

accennare, pure di passaggio, ai loro doveri e i sindacalisti, che ormai sono una casta ricca di vantaggi e di privi-legi, non han fatto altro che esaspera-re il problema di questi diritti. Finché s’è vissuto in una stagione di vacche grasse la cosa, pur a stento, poteva an-dare, ma ora viviamo in un tempo di crisi economica e di una concorrenza spietata da parte di lavoratori di altre nazioni che hanno meno diritti o che non ne hanno affatto come in Cina, in India ed in genere nel lontano oriente, la cuccagna è fi nita! I diritti degli ope-rai italiani sono diventati purtroppo causa di disoccupazione, irrequietezza sociale, di frustrazione e soprattutto di impoverimento del Paese.E’ purtroppo vero che da parte dei datori di lavoro, un tempo c’è stato sfruttamento, esasperato ed egoisti-co ed una insipienza sociale, ma ora le cose si stanno invertendo. Chi ha qualche dimestichezza con i proble-mi del lavoro fa presto a scoprire che i salari in genere sono troppo bassi e non garantiscono un vivere civile, ma è purtroppo altrettanto vero che ai salari si aggiungono Tante altre voci quali: tredicesima,quattordicesima,maggiorazioni retributive per il lavoro festivo o notturno, permessi di ogni genere, disimpegno, poca professiona-lità, diffi coltà di licenziamento, man-sionari troppo rigidi, garanzie per l’in-columità, produttività molto ridotta se confrontata non solamente con quella dei lavoratori del lontano oriente, ma anche delle nazioni europee. Inoltre il sovraffollamento negli enti pubblici e quant’ altro hanno creato una crisi dalla quale troppi vorrebbero uscire

non con un rinnovato impegno, ma col tocco di una bacchetta magica.A tutto questo si aggiunge che l’ il-lusione di trovare un lavoro fi sso per tutta la vita, che sia poco faticoso e ben pagato fi n da subito tutto questo ha portato la nostra economia al lumi-cino.A questi mali che riguardano tutti, per i giovani se ne aggiungono altri: una scuola inadatta a preparare concreta-mente i ragazzi ad inserirsi nel mondo del lavoro, la fuga dall’artigianato per-ché l’apprendimento della professione è lungo ed impegnativo, ma soprattut-to perché si svolge sempre sotto l’oc-chio vigile e preoccupato del datore di lavoro. Ed infi ne la poca propensione al rischio, all’iniziativa di avventurarsi in qualcosa di proprio, sono la causa per cui la disoccupazione giovanile ha raggiunto livelli estremamente preoc-cupanti.Concludo: è giusto che chi ha respon-sabilità di ordine sociale faccia quan-to può per risolvere questo problema che preoccupa tutti, ma è altrettanto giusto che si cerchi di promuovere una nuova sensibilità e cultura tra i lavo-ratori, specialmente i giovani, perché il mondo è già cambiato e gli schemi mentali vigenti fi no a quindici, venti anni fa sono assolutamente superati.L’articolo di “A sua immagine”, dal ti-tolo “Impresa bella e possibile”, che illustra il “Progetto Policoro”, può sug-gerire idee e indicazioni quanto mai utili per nuove prospettive di occupa-zione lavorativa.

sac. Armando [email protected]

INCONTRI

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IMPRESA BELLA E POSSIBILE C A D O R O S O L I D A L E

Con lunedì 17 febbraio è iniziato il ritiro dei generi alimentari non più commerciabili dai 5 supermer-cati Cadoro. L’avvio è stato un po’ stenterello perché ogni giorno si sono potuti accontentare in media 70 richiedenti.Speriamo con i prossimi giorni si possano almeno quadruplicare le merci ritirate.

“BANCO ALIMENTARE”

L’associazione Carpenedo soli-dale, non solo continua la distri-buzione di generi alimentari di prima necessità ai concittadini con reddito inferiore a 700 euro mensili, ma anzi stà aumentando il numero di persone assistite at-tualmente esse sono più di 3000 alla settimana.

ACQUISTIL’apertura del nuovo “spaccio ali-mentare” al don Vecchi ha costret-to la “Fondazione” dei Centri don Vecchi ad acquistare un nuovo furgone un congelatore e un frigo-rifero. Attualmente gli automezzi del “polo solidale del don Vecchi” ammontano a 6 furgoni due doblò e due automobili.

GALLERIA SAN VALENTINO

La galleria “San Valentino” del Cen-tro don Vecchi di Marghera, a mo-tivo delle dimissioni dalla dott.ssa Antonello per motivi professionali, è ancora chiusa per mancanza di un gallerista.In questi giorni abbiamo avuto pro-messe di aiuto da parte dell’architet-to don Matteo Caputo, responsabile dell’uffi cio dei beni culturali della dio-cesi e del signor Faliani dell’U.C.A.I (unione cattolici artisti italiani) di Ve-nezia.

INAUGURAZIONE DEL DON VECCHI 5

AGLI ARZERONI

Il Consiglio di amministrazione della Fondazione carpinetum, nel-la seduta del febbraio, ha delibera-to in via provvisoria che la inaugu-razione del don Vecchi 5 avverrà

SABATO 17 APRILE P.V.

Riservandosi di renderla totalmen-te operativa dopo un po’ di mesi.

Grazie all’intuizione di don Mario Operti, tanti giovani hanno realiz-zato il sogno di essere protagonisti del riscatto della loro terra. Il Progetto Policoro ha dato una spe-ranza concreta a quattromila ragaz-zi italiani, specialmente del Sud, che si sono rimboccati le maniche inventandosi un lavoro onesto.

Bomboniere, regali personalizza-ti, oggetti artistici, tazzine. Tra le mani di Angela Fruci l’argilla

si fa arte, ma soprattutto prende la forma di un sogno coltivato sin da pic-cola. “Lavorare la ceramica è quello che ho sempre desiderato fare e oggi sono felice di poter vivere facendo il mestiere che mi piace”, racconta la giovane imprenditrice. Dieci mesi fa, a Pizzo, in provin cia di Vibo Va-lentia, ha aperto un laboratorio tutto suo. E nel nome dell’attività, Terre al sole, sono racchiusi l’essenza e il si-gnifi cato più pro fondo della sua scel-ta: “Terra - dice - richiama l’argilla, ma anche il fatto che io abbia deciso di non andare via dal mio territorio, mentre il sole ricorda il calore della Calabria”. A dare “coraggio, speranza e forza” al sogno di Angela è stata l’iniziativa della Conferenza episcopale italia-na che dal 1995 promuove percorsi educa tivi e accompagna la creazione di nuove azien de. “Il Progetto Polico-ro, che ho conosciuto in parrocchia attraverso la Gioc, l’associazione del-la gioventù operaia cristiana, mi ha permesso di avere gli strumenti per restare al Sud e per incanalare la mia vocazione, senza mai sentirmi sola”, spiega la giovane calabrese.

RETE DI “GESTI CONCRETI”La voglia di non “scappare”, ma di essere pro tagonista del riscatto della terra in cui è nata lega la storia di Angela a quella di tanti altri giovani italiani, specialmente del Sud, che si sono rimboccati le maniche, nel vero senso della parola, inventando-si un lavoro onesto. Spesso grazie al sostegno del Progetto Policoro, ormai diffuso in 115 diocesi di 14 regioni, che ha dato vita a più di 500 consor-zi e cooperati ve dove lavorano oltre 4mila giovani. Piccole e medie imprese, non a caso chiamate “gesti concreti”, attive nei settori dell’agricoltura, dell’artigia-nato, dell’accoglienza e della cura delle persone, dell’alberghiero e del turistico, della gestione dei musei e dei beni culturali, della comunicazio-

ne e del teatro. Così, ad esempio, in contrada Bucaletto, alla periferia di Potenza, la cooperativa Biofl ores ri-cerca nuova produceda 13 anni miele di ottima qualità e prodotti a base di materie prime pro-venienti dall’alveare, come propoli, polline, pappa reale e cera d’api. A Gragnano, in diocesi di Sorrento-Castel lammare di Stabia, l’ associa-zione A braccia aperte si prende cura di bambini e ragazzi con disturbi del-lo sviluppo, mentre in Ogliastra, in Sardegna, la cooperativa Terraluna lavora per l’inserimento sociale di persone svantaggiate.A Troina, in provincia di Enna, Ene-sol s.r.l, ideata da un team di giovani amici e professio nisti con competen-ze nell’ambito delle energie rinno-vabili e delle tecnologie energetiche alter native, opera specifi catamente nel settore ener getico e della bio-edilizia. Da qualche mese, nella diocesi di Or-vieto-Todi è nata invece la cooperati-va sociale Mir che offre servizi di ac-coglienza turistica e, in particolare, collabora alla segreteria del Giubileo eucaristico dioce sano per gli anni 2013-2014 e alla gestione del museo dei cicli geologici evolutivi, ma realiz-za anche oggetti di artigianato e sta avviando il terzo ambito di interesse

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CERCATE IL REGNO DEI CIELI E LA SUA GIUSTIZIA E IL RESTO VI VERRÀ DATO IN SOVRAPPIÙ

lavorativo costituito dal settore agri-colo. E se uno dei fi ori all’oc chiello, sintesi dello spirito di collaborazione e del signifi cato dell’essere in rete, è il consorzio Nuvola che, nella diocesi di Oria (Brindisi), riunisce 14 coope-rative, con oltre 400 dipen denti e un fatturato in crescita, nella piana di Gioia Tauro, su uno dei terreni con-fi scati alla ‘ndrangheta, la legalità germoglia grazie alla cooperativa Val-le del Marro-Libera Terra.

“DENTRO LA STORIA CON AMORE”Candele di cera d’api, bottiglie di olio, barat toli di pesto di peperon-cino, saponi e creme al bergamotto, articoli religiosi e di arte sacra, tes-suti fi nemente ricamati e capi di alta moda, ma anche ore passate con i più piccoli, con i disabili, il servizio turi-stico o di animazione cul turale sono alcuni dei tanti frutti del Progetto Po-licoro. Che hanno sapore di futuro, legalità, realizzazione, onestà, speranza. E che sono la realizzazione di un sogno. Quello di don Ma rio Operti, sacerdote originario di Savigliano, in provincia di Cuneo, scomparso nel 2001. Dopo essere stato assistente eccle-siastico della Gioventù operaia cri-stiana, nel 1995 è nominato direttore dell’Uffi cio nazionale per i problemi sociali e del lavoro della Cei. Nel suo mandato, imposta e dà slancio a iniziative legate alla pa storale del lavoro e alle questioni della giustizia sociale, come ad esempio la campa-gna giubila re per la remissione del debito estero dei Paesi poveri, ma il suo nome è certamente ricorda to per il Progetto Policoro. Nella convinzione di dover “sta-re dentro la storia con amore”, don Operti ha coinvolto il Servizio nazio-nale per la pastorale giovanile e la Caritas italiana nel primo incontro svolto a Policoro, voluto per rifl ette-re sulla disoccupazione giovanile. In quell’occasione, con la precisa vo-lontà di dare risposte alle domande di tanti giovani in cerca di lavoro, è nato il progetto.

DA SUD A NORDLa formula dell’iniziativa della Cei è racchiusa in alcune parole chiave: lavorare insieme per evangelizzare, educare, esprimere impresa. A par-tire dall’annuncio e attraverso un processo formativo si giunge a valo-rizzare la persona nella sua interezza e nelle sue capacità imprenditoria li, mettendola in condizione di compiere gesti concreti, cioè di avviare coope-rative, consorzi, imprese. In 18 anni, da Basilicata, Calabria

e Puglia, si è passati al quasi totale coinvolgimen to delle altre regioni, con una progressiva diffu sione al cen-tro-nord e un forte consolidamento dei rapporti di reciprocità tra le chie-se del nord e quelle del sud (parti-colarmente attivi quelli tra Calabria e Trentino, Campania e Lom bardia, Sicilia e Piemonte, Puglia ed Emilia-Romagna). Negli anni, inoltre, è cre-sciuto il gruppo degli “animatori di comunità”: i 151 che si sono aggiunti nel 2013 portano a 515 il numero di

giovani che si sono formati per por-tare avanti, a livello locale, l’inizia-tiva e far sì che il sogno continui a realizzarsi, strappando braccia alla criminalità e colorando di speran za l’orizzonte dei giovani. Perché, come don Mario amava ripetere, “non esi-stono formule magiche per creare lavoro: occorre investire nell’intelli-genza e nel cuore delle persone”.

Stefania Caredduda “A Sua Immagine”

Sicuramente spesso abbiamo in-contrato e letto questo “promet-tente” versetto nel Vangelo di

Matteo (6:33). E’ così che Gesù con-clude il suo discorso sulla Provviden-za. La sua interpretazione non lascia al-cun dubbio: Gesù ci rivolge l’invito a cercare, qui sulla terra, il suo Regno e la sua giustizia e in cambio ci verrà dato tutto il resto, cioè tutto ciò che ci serve per la nostra vita. Conclu-sione estremamente consolante che racchiude una promessa condiziona-ta: non dipende, infatti, che da noi benefi ciarne. C’è qui una specie di patto bilatera-le: da parte nostra dobbiamo lavorare per la gloria del Padre celeste; da par-te sua, il Padre si impegna a sovveni-re ai nostri bisogni materiali. Risulta dunque ben chiaro che dobbiamo get-tare le nostre preoccupazioni che noi consideriamo primarie per attenerci al patto che Dio ci propone.”Pensa a me - disse il Signore a santa Caterina da Siena - e io penserò a te”. Beato

allora il cristiano che si conforma – con fede - a questa massima del Van-gelo! Egli cerca Dio e Dio si cura dei suoi interessi con la sua onnipotenza: di cosa potrebbe mancare? Da quanto sopra detto, possiamo dedurre quin-di che l’unica attività intelligente per l’Uomo non è quella di dedicar-si ai propri affari terreni, quanto di cercare il Regno di Dio in terra. Già Gesù lo aveva detto a Marta, quando questa si lamentava perché la sorella non la aiutava nei servizi domestici. E Gesù le aveva risposto:” Marta, Marta, tu ti affanni e sei agitata per molte cose, ma una cosa sola è neces-saria. Maria ha scelto la parte buona che non le sarà tolta». (Luca 10, 41). Anche in questo episodio la risposta di Gesù è univoca: non devono esse-re le nostre attività terrene la nostra preoccupazione primaria, bensì il compiere la volontà di Dio e la ricerca della sua giustizia. A questo punto, una questione si pone necessariamente: dove si trova que-sto Regno di Dio che dobbiamo cer-care prima di tutto? “Esso è in voi” risponde il Vangelo. Regnum Dei intra vos est. “Cercare il Regno di Dio” si-gnifi ca dunque intraprendere un de-terminato lavoro nella nostra anima; signifi ca convertire il nostro atteg-giamento attuale per sottometterci interamente alla volontà divina, cer-cando la giustizia di Dio. Attenzione, però: la giustizia di Dio non è quella degli uomini! Essa va ben oltre quello che noi riteniamo “giu-sto”. Essa supera ogni istinto indivi-dualistico per esprimersi con pienezza nell’amore verso gli altri; non dunque amore in senso emotivo, sentimen-tale, bensì concreto che consiste nel condividere le fatiche e i bisogni degli altri. In questa nostra attività di rina-scita, la nostra intelligenza tuttavia si ricordi continuamente della presenza di Dio e della sua promessa; la nostra volontà, il nostro cuore si slancino

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frequentemente verso di Lui con atti di carità ardente e sincera, senza ti-more. Praticheremo allora quella giustizia che nel linguaggio della Scrittura si-gnifi ca perfezione della vita interio-re. Seguiremo allora alla lettera il consiglio di Gesù; cercheremo il re-gno di Dio, con la conseguenza certa che…”… il resto ci sarà dato in so-vrappiù”. Prestiamo dunque la massima atten-zione alle parole di Gesù, quel Gesù che, risorto, entrò a porte chiuse nel Cenacolo, e che è lo stesso che con-tinua a bussare alle porte chiuse dei nostri cuori e tenta di aprirsi un varco nella selva inestricabile dei nostri ti-mori e resistenze. Chi di noi non vorrebbe, almeno una volta, liberarsi da tutta questa za-vorra, e vivere una vita in pienezza, eliminando ogni paura, dubbio, me-diocrità e grigiore; spiccare il volo

verso cieli più puri, dare la piena mi-sura di quel che siamo e che portia-mo dentro,che resta invece nascosto o soffocato dagli egoismi e ripiega-menti. Dobbiamo – senza esitazioni - avere il coraggio di mettere in pratica i consi-gli che ci vengono dati da Gesù e che leggiamo nel Vangelo, perché diver-samente saremo “come coloro che ascoltano la Parola ma non la metto-no in pratica”, e in questo modo non entreremo mai nella pienezza della vita che Gesù ci offre e che ha pro-messo a coloro che lo seguono. Solo seguendo le sue orme, l’uomo giungerà a liberarsi, penetrando il mi-stero divino e ritornando alla propria origine: luce da Luce, luce seconda che rifrange la Luce prima da cui pro-cede e a cui tornerà nell’ultimo gior-no per non separarsene mai più.

Adriana Cercato

Povera Italia, è fra gli ultimi fa-nalini di coda persino alle Olim-piadi.

Don Armando vorrebbe veder stampa-te su queste pagine delle note positi-ve e serene, testimonianze di “santi dei nostri giorni” che, come mosche bianche, emergano dal groviglio, dal disordine, dalla spregiudicatezza, per recuperare fede e valori perduti, a spendersi per il prossimo e “lascia-re il mondo un po’ migliore di come l’hanno trovato”.C’era, tanti ma tanti anni fa, un co-smonauta italiano che, sorvolando il globo, riusciva a vedere nel puzzle dei paesi del vecchio continente, la bella linea della sua terra: uno stivale perfetto, circondato da un mare blu, con le sue montagne fresche, profu-mate di verde, spruzzate di neve, con le spiagge infi nite, con i variopinti fazzoletti di terra coltivata nelle am-pie pianure.Era il protagonista di un mio racconto che, estasiato dalla visione di tanta bellezza che Dio aveva profuso nel suo Paese, considerava le opere che l’ uomo aveva nei secoli seminato in quella terra e le menti che a larghe mani avevano fruttato all’Italia il ti-tolo di “terra di artisti, poeti e na-vigatori”. Orgoglioso della sua Patria, rivedeva le opere dei grandi maestri – palazzi, monumenti, quadri, statue, - risentiva le note di Puccini e di Ver-di, e cercava nella memoria il nome di scienziati e inventori che il mondo ci invidiava.D’improvviso il cosmonauta ritornava alla realtà del suo stato di uomo ap-

POVERA ITALIA, SI BELLA E PERDUTA!

peso nel vuoto dell’universo e faceva questa considerazione: “Com’è bella l’Italia! Peccato che ci siano gli ita-liani!”Ancora non immaginava, il nostro omarino, che razza di patapum avrebbe fatto la povera Italia in que-sti anni.Proviamo a prendere una bilancia, una di quelle bilance dei vecchi tempi a due piatti, quella appesa alle spal-le del giudice, in mano alla Giustizia nell’aula dei tribunali. E mettiamo in un piatto le notizie buone, nell’altro quelle cattive, insomma quelle che ogni mattina, appena alzati dal letto, il quotidiano locale e la televisione ci

propinano. Da che parte cominciamo?Oggi le notizie sono pressappoco in quest’ordine: Veneto in ginocchio sotto metri di acqua, due sciatori travolti da una valanga (la monta-gna, il mare, i terremoti..., le forze della natura sono sempre assassine), ancora un piccolo industriale suici-dato per disperazione, in Danimarca una giraffa “di troppo” viene uccisa e data in pasto ai leoni davanti agli occhi dei bambini, una mamma ucci-de il suo piccolo di 18 mesi: incapace ma innocua, viene liberata (pronta per uccidere il suo prossimo bimbo?). Voltiamo pagina: c’è ancora qualche tragedia famigliare, un femminicidio, lo stupro di classe ad una studentessa sedicenne (i compagni la accusano di aver rovinato la vita degli amici stu-pratori con la sua denuncia). E anco-ra una notizia allucinante: secondo un’indagine un italiano su tre (il 33% degli italiani) considera accettabile la pedofi lia.Credo che non abbiamo dimenticato quella gentile svampita signora che possiede 1300 appartamenti e due al-berghi e non ha pensato che bisogna pagare le tasse, né la povera ragaz-za vittima del bullismo che si suici-da. C’è in sospeso la vicenda dei due marò che rischiano la pelle in India. Questo è tutto!Bene, anzi male, perché a tutto que-sto pare che ci siamo abituati. Quello che a noi italiani dà più malessere è il malgoverno, sono i continui litigi, i voltafaccia, le tresche dei nostri “onorevoli” che ci disonorano di fron-te al mondo, sono gli sperperi, la di-soccupazione, l’incertezza sul futuro del nostro Paese e soprattutto dei no-stri ragazzi. Accidenti, quanto è sceso questo piatto!Ma per fortuna ci sono anche le buone notizie: sono stati trovati gli evasi dal carcere, abbiamo un bimbo eroico e dai nervi saldi che ha salvato la fa-miglia dalle esalazioni di gas, ci sono fi nora tre medaglie dei nostri atleti alle Olimpiadi di Sochi e un bel ser-vizio sulle adozioni a distanza (com’è fi nita la vicenda dei genitori adottivi trattenuti in terra d’Africa?) e gli af-fi damenti. C’è un tassista che resti-tuisce diecimila euro persi nella sua auto da un cliente e c’è un restau-ratore di mobili che restituisce ben 200.000 euro trovati nel fondo di un vecchio armadio: “Sono stato edu-cato alla vecchia maniera”, sembra quasi giustifi carsi il vecchio artigiano.Mi resta un punto interrogativo: dove lo mettiamo il Festival di San Remo? E’ un’opera buona o una disgrazia per i telespettatori? Mi voglio rovinare, nonostante le “parolacce”, c’è l’iro-nia della Littizzetto e la simpatia di

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Fazio. Mettiamolo pure nel piatto dei “buoni”, purché poi non ci entri pure “Il Grande Fratello”. Questa è buona! Clint Eastwood ha salvato un tale che si stava soffo-cando per un pezzo di formaggio che gli si era fermato in gola. Anche mia mamma in calle della Bissa a Venezia salvò dal soffocamento, prendendolo per i piedi a testa in giù, un bambino che si stava soffocando per un pezzo di “mozzarella in carrozza” rimasto-gli in gola. Ma non fece notizia. Caro don Armando, non ci siamo! Io per ultimo ci provo a mettere su que-sto piatto un peso massimo, addirit-tura Papa Francesco, che è un pezzo d’ uomo e con la sua mole e la sua calda, cara umanità riesce ad abbrac-ciare nella fede e nell’amore tutto il mondo e con le sue battute ogni gior-no ci sorprende e ci tiene su di mo-rale (l’ultima di ieri quando ha rac-comandato alle migliaia di fi danzati convenuti in piazza San Pietro per la festa degli innamorati di volersi sem-

pre bene, di voler bene a tutti, anche alla suocera). Ma ancora questo piat-to non scende.Siamo stanchi, anzi esausti di vivere una vita angustiata da tanta bruttura, dove ai nostri problemi personali – e chi non ne ha? - si aggiunge l’angoscia di un mondo che potrebbe essere feli-ce se tutti lo volessimo, mentre inve-ce soffre di miseria, di ingiustizia, di sopraffazione, di delinquenza, di vio-lenza, di superfi cialità, di disonestà, di corruzione. Vorremmo tutti poter salvare non solo questa nostra povera Italia, ma tutto il mondo che soffre come e molto più di noi. Non è facile essere dei santi al giorno d’oggi, non è facile trovare esempi di bontà, di onestà di sacrifi cio, di altruismo; si-curamente ci sono, ma come “l’albe-ro che cresce” non fanno notizia. Gli uomini di oggi cercano i colori forti, la notizia eclatante. E i mass media li accontentano.

Laura Novello

IL DIARIO DI UN VECCHIO PRETE

LUNEDÌ

ALTERNATIVE

Questo pomeriggio, dato che in cimi-tero s’è chiuso alle 12, mi sono pre-so qualche ora di libertà. Dopo aver pranzato con mio fratello Roberto e le mie sorelle Rachele, Severina e Lucia al Seniorestaurant del “don Vecchi”, assieme ai pochi residenti superstiti dagli inviti di prassi dei loro famiglia-ri, ho prima fatto un pisolino, senza la preoccupazione di dover celebrare nella mia “cattedrale fra i cipressi”, poi ho seguito per intero il concerto di capodanno da Vienna trasmesso in Eurovisione. Ogni anno, quando seguo questo concerto, ho la sensazione di immergermi nella vecchia Vienna ro-mantica; sono affascinato da quella sala in cui trionfa il barocco nel suo maggior splendore, dalla magia degli stucchi, dai grandi lampadari di Bo-emia, ma soprattutto dall’immensa orchestra e dal pubblico composto e partecipe che vibra letteralmente e si lascia coinvolgere fi no in fondo dalla musica che è tipicamente viennese.I primi brani non li conoscevo, ma quando il maestro ha alzato la bac-chetta per dare il via al “Bel Danubio blu”, commentato dalle immagini di due ballerini di danza classica che volteggiavano leggeri e leggiadri, ve-ramente ho avvertito qualcosa di su-blime in cui danza, poesia e musica

si fondevano in un’ unica armonia. Quanta bellezza! Di quanta dolcezza soave sono capaci la donna e l’uomo!Purtroppo, per una strana e inspie-gabile associazione di idee, a questa visione si sono sovrapposte le tristi e tragiche immagini che avevo visto il giorno prima, sempre alla televi-sione, di giovani soldati congolesi in tuta mimetica che scorrazzavano con i fuoristrada, armati di mitragliatri-ci, nelle strade polverose di Kinsasa nel Congo martoriato da un’ennesima guerra civile, a caccia di altri giova-

ni che indossano una tuta mimetica diversa, ma pronti, con le loro armi micidiali, ad uccidere, forse non sa-pendo, né gli uni né gli altri, il motivo di quella caccia spietata ed omicida.Ebbi la stessa emozione tanti anni fa a Redipuglia, visitando il grande ci-mitero della prima guerra mondiale, dove sono sepolti, gli uni accanto agli altri, soldati italiani ed austroungari-ci, vedendo i prati verdi trapuntati dai sassi bianchi. Mi sono chiesto perché questi ragazzi, invece che spararsi a vicenda, non hanno giocato una bella partita a caccia al tesoro e, semmai, perché non hanno sparato a chi li ha mandati a morire senza alcun motivo!Chissà che prima o poi gli uomini ab-bandonino la triste arte della guerra per dedicarsi alla musica, alla poesia e al gioco!

01.01.2014

MARTEDÌ

API OPEROSE

Una delle cose che mi piacciono di più alla televisione sono i documentari sulle specie vegetali, ma soprattutto su quelle animali. Ogni tanto alla sera riesco a “beccare”, quasi sempre per caso, questi programmi che mi fanno sognare e che offrono una immagine di Dio non solamente sapiente, ma so-prattutto pieno di estro e di fantasia, un Dio tanto più simpatico di quello che i miei docenti di teologia, ai tempi del seminario, mi han fatto conoscere e che assomigliava ad un professore di matematica, fi sica o chimica, tutto serio e compassato che dà solo lezio-ni di logica. Penso alle cinque prove sull’ esistenza di Dio di san Tommaso, un Dio tanto diverso da quello ricco di fantasia, un po’ sornione e geniale, che si diverte come un bambino con il lego, a costruire creature quanto mai interessanti – vedi i miliardi di uomini e donne tutti diversi e tutti meravigliosi, e altrettanti miliardi di animali e di piante tutti diversi e tutti di una ricchezza e di una ingegnosità sorprendente.Mentre però l’uomo, il più elevato in grado tra le creature di Dio, per poca umiltà, e soprattutto per la sua supponenza, s’è pressoché rovinato usando male del dono della libertà, piante ed animali, che pare non ab-biano commesso il peccato originale, sono rimasti tali e quali, come erano usciti dalla infi nita intelligenza della mente di Dio e perciò sono di una in-gegnosità e di una bellezza sorpren-denti.L’altro ieri ho seguito una “lezione” sulle formiche e i loro formicai che rappresentano, nella loro specie, del-

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le vere cattedrali. Era un vero spet-tacolo vedere una folla di formiche portare nei loro magazzini degli enor-mi – per loro – fi li d’erba. All’interno del formicaio questi fi li si decompon-gono e fanno nascere così un fungo di cui esse sono ghiotte e che, al tempo stesso, produce anidride carbonica che mantiene a temperatura la loro dimora collettiva.Quante volte, camminando per i pra-ti, non ho dato un calcio a qualche piccola montagnola di terra che mi sembrava un qualcosa di banale e di insignifi cante, mentre ora ho appre-so che ogni formicaio rappresenta una struttura quanto mai complessa, funzionale ed articolata, costruita con intelligenza da “vari ingegneri” e da “docenti” di fi sica. Questi dati sono poi i più macroscopici, ma ad una analisi più approfondita anche un semplice formicaio e i suoi abitanti rappresentano un mondo affascinan-te da scoprire.Queste esperienze mi aiutano a libe-rarmi da un concetto statico, freddo e compassato di Dio e lo sostituisco-no col volto sorridente e divertito di Chi ha costruito un mondo così vario e complesso, perché io non fi nisca mai di scoprire quanto sia infi nito e sapiente il Dio che volle che io fossi suo fi glio.

03.01.2014

MERCOLEDÌ

UN VECCHIO PROBLEMA IRRISOLTO

Qualche giorno fa, come avviene di frequente, un’impresa di pompe fu-nebri mi ha fatto prelevare da parte di alcuni dipendenti per andare nel-le sale mortuarie dell’Ospedale dell’ Angelo, a dare la benedizione ad un concittadino defunto, prima che il le-gno coprisse per sempre il suo volto. E’ questo un servizio ormai poco gra-dito da parte dei miei colleghi perché dicono di non avere tempo, mentre io – un po’ perché sono ancora un prete vecchio stampo ed un po’ perché so che molti concittadini lo gradiscono – lo faccio volentieri. In macchina con me c’erano tre ne-crofori, mentre uno aspettava all’ ”Angelo”. Attualmente le norme en-trate in vigore il novembre scorso, prevedono che ad ogni funerale sia-no presenti quattro addetti con una preparazione specifi ca. Quasi tutte le imprese si sono adeguate a questa norma.Mentre eravamo in macchina, uno di questi, che aveva in famiglia una qualche diffi coltà, mi chiese se i sa-cerdoti usano ancora visitare e be-nedire le famiglie. Come sempre, da

cosa nasce cosa, risultò che nessuno dei tre, abitanti in parrocchie diver-se, aveva mai visto un prete a casa loro, pur abitandovi da molti anni.Ora i preti son pochi ed ogni parroc-chia quasi sempre ha soltanto il par-roco, quindi una visita programmata a tutte le famiglie risulta obiettiva-mente diffi cile, a parte che con qual-che sacrifi cio io sono riuscito, per ben 35 anni di seguito, a visitare tutte le mie 2400 famiglie. So che qualche parroco lo fa ancora, ma credo che in ogni caso sia assolutamente necessa-rio che almeno nel lasco di due o tre anni il parroco incontri tutte “le sue pecore”. Questo da un lato perché non rimanga in parrocchia un “illu-stre sconosciuto” e dall’altro perché, lasciandosi assorbire totalmente dal piccolo gruppetto dei “soliti devoti”, non arrischi di immaginare che tutti la pensino come loro, mentre le cose stanno ben diversamente. Se poi ogni parrocchia mandasse in ogni casa un pur modesto mensile informativo e formativo - anche questa una cosa possibile – vi sarebbe almeno un dia-

logo in qualche modo aperto ed una qualche presenza nel territorio.Io non sono più aggiornato sulle stra-tegie degli uffi ci di curia e dei vari consigli vicariali, presbiteriali o pa-storali, e dei progetti relativi, però ritengo che questa presenza e questo minimo di dialogo sia assolutamente indispensabile, altrimenti lo “Stato d’anime”, se qualche parrocchia ce l’ha ancora, invece delle quattro, cinquemila “anime”, lo si può ridurre a tre, quattrocento “parrocchiani”.Perché dico queste cose? Si domande-rà qualcuno. Perché i vecchi devono almeno essere la coscienza critica della comunità; anche questo è un servizio ed un atto d’amore per i col-leghi e per le comunità relative.

04.01.2014

GIOVEDÌ

OPERAI AL LAVORO

C’è un passo della Bibbia che mi tor-na sovente alla mente quando incon-tro persone di buona volontà che si danno da fare per il prossimo o che semplicemente tentano di far bene il loro dovere: “Quanto sono belli i pie-di degli operatori di pace!”.Un paio di settimane fa ho fatto una capatina in quel degli Arzeroni per vedere come vanno i lavori per la costruzione del “don Vecchi 5”. La mattinata era umida e fredda per una nebbia insistente, eppure, una volta entrato nel cantiere, ebbi una bellis-sima impressione. Quando si trattò di costruire gli altri quattro Centri pre-cedenti, un po’ perché ero più giova-ne e un po’ perché ero direttamente responsabile, visitavo molto più di frequente i relativi cantieri e mi in-teressavo direttamente dei problemi; ora, un po’ perché sono più lento, un po’ perché c’è qualcuno più giovane ed intraprendente che ha responsa-bilità dirette, vado più raramente nel cantiere e mi informo in maniera più sommaria.Comunque, durante l’ultima visita, nonostante la giornata uggiosa, ebbi una bellissima impressione. Siccome s’è accelerato il tempo della conse-gna del manufatto, sono attualmente impegnati una trentina di operai tra muratori, idraulici, elettricisti, fer-raioli. Il cantiere sembrava un for-micaio quanto mai operoso: tutti con l’elmetto di plastica gialla, intenti al loro lavoro, diretti da un capomastro intelligente e quanto mai esperto. Penso che quando l’impresa è seria e il committente è responsabile e paga a tempo debito, l’effi cienza si mani-festi in una operosità veramente ap-prezzabile.

IL FILO DEL VESTITONella mia comunità Signore aiuta-mi ad amare, ad essere come il fi lo di un vestito. Esso tiene insieme i vari pezzi e nessuno lo vede se non il sarto che ce l’ha messo. Tu Signore mio sarto, sarto della co-munità, rendimi capace di essere nel mondo servendo con umiltà, perché se il fi lo si vede tutto è riu-scito male. Rendimi amore in que-sta tua Chiesa, perché è l’amore che tiene insieme i vari pezzi.

Madeleine Delbrel

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Questi operai mi hanno dato l’ im-pressione di essere consci della for-tuna di avere un lavoro remunerato, di essere guidati da persone respon-sabili e competenti e di costruire un qualcosa di valido a livello sociale, un qualcosa che dà loro una dignità ed una consapevolezza della validità del loro lavoro.Quanta differenza tra questo stile operoso ed impegnato e quello dei dipendenti di certi enti pubblici che sembrano degli sbandati, annoiati e inconcludenti che aspettano che arri-vi sera o la fi ne del mese.Ho sentito che l’apparato burocra-tico di certi Stati, quali l’Austria, la Germania o la Francia, è preparato ed effi ciente, cosa che non possiamo certo dire della nostra Italietta. Un mio amico, ora in Paradiso, era solito affermare che non solo molti dei di-pendenti pubblici sono inconcludenti, ma col loro cattivo esempio rovinano anche gli altri. A Cacciari, all’inizio di uno dei suoi mandati a sindaco, dissi che se fosse solamente riuscito a ren-dere effi ciente il Comune, sarebbe passato alla storia come un sindaco meritevole. Temo che nonostante tutta la sua fi -losofi a, sia stato ben lontano dall’es-serci riuscito.

05.01.2014

VENERDÌ

UN DIALOGO PARTICOLARE

Una signora che collabora con “L’ In-contro” con degli articoli brillanti e piacevoli, un giorno mi confi dava che a lei piace rimanere sola a casa e che, mentre provvede al suo riordino e alla pulizia degli ambienti, le piace chiacchierare con quanto c’è nel suo ambiente domestico. Non mi ha detto in che cosa consiste il suo dialogo, ma mi è sempre piaciuta l’idea e l’imma-gine di questa donna intelligente e sensibile che dialoga con la macchina da cucire, la macchina del caffè, o semplicemente con la scopa o con la tazzina da tè. La sua casa dev’esse-re veramente viva! Anche mia mam-ma, a cui chiedevo come mai i suoi fi ori erano sempre splendidi mentre i miei erano sempre tanto poverelli e dimessi, con un fare affettuoso e sornione, mi diceva: «Ai fi ori bisogna volergli bene e soprattutto parlargli».Ho capito da tempo che in fatto di poesia e di sentimenti le nostre don-ne posseggono una marcia in più di noi uomini. Comunque, forse non per scelta cosciente, ma per associazione di idee, o semplicemente per sene-scenza, capita anche a me, in que-sti mesi, di parlare a dei fi ori che mi

sono molto cari. Forse non pronuncio parole, ma sento che mantengo vivo un dialogo di amore tenero e affet-tuoso con loro.In tempi in cui ero forse un po’ più romantico, ho accennato più volte ad una accentuata simpatia che nu-tro, forse da decenni, nei riguardi di piccoli fi ori bianco latte che sboccia-no con i primi freddi e che durante i mesi del ghiaccio la fanno da re nei cortili del “don Vecchi”. Gli scorsi anni ne possedevo parecchi e face-vano da bordatura ad un marciapiede tra la struttura ed un parco interno. La primavera scorsa però li ho fatti togliere per sostituirli con una siepe sempreverde, perché d’estate di quei fi ori non rimanevano che le foglie, spesso insignifi canti e miserelle. Me n’è rimasta, di queste piante inverna-li, solamente una decina nelle aiole di una corte interna.Da un paio di settimane, dopo che sono sfi oriti nel tardo novembre i cri-santemi, questi fi orellini bianco latte sono bellissimi, sembra che dicano “guardateci!” a noi vecchi che li in-

contriamo andando in sala da pranzo. Queste piccole chiazze bianche color latte sulle piante verde scuro sem-brano perle vere. Quando passo non trascuro mai di dir loro “grazie” per il loro sorriso d’inverno. A primavera tutti i fi ori sfoggiano la loro bellezza, ma nelle giornate ug-giose e fredde di questi mesi i miei fi ori bianchi sono semplicemente me-ravigliosi. Altro che le donne che, per via della moda, quest’anno sembrano diventate tutte dei trampolieri che camminano malsicuri con certe gam-buzze da merlo o da gru di Chichibio del Decamerone di Boccaccio!

06.01.2014

SABATO

“LA BONTÀ INSENSATA”

Ho già raccontato che una quindicina di anni fa invitai un gruppo di signori ormai sulla cinquantina, quasi tutti sposati e sistemati da un punto di vi-sta professionale, familiare ed econo-mico, dei quali ero stato l’assistente scout ai tempi della loro adolescenza. Non volli però dare all’incontro il so-lito taglio “amarcord” del ricordare assieme momenti intensi della loro e della mia avventura giovanile, ma proposi invece di fare una verifi ca schietta e concreta su che fi ne aves-sero fatto le proposte ideali che avevo fatto loro, rifacendomi alla conosciu-tissima frase di quel grande pedagogo che fu il fondatore dello scoutismo: “Cercate di lasciare il mondo un po’ migliore di quello che avete trovato venendo a questo mondo!”.Non sto a riferire il risultato di que-sta confessione collettiva, però deb-bo dire che, tranne qualcuno, molti si erano adeguati al pensiero medio che ha sempre proposto la carriera e il successo, il quieto vivere, unifor-mandosi agli standard dell’opinione pubblica e relegando nel mondo ovat-tato dei ricordi i valori ideali che noi educatori avevamo loro proposto.Questa esperienza fu, francamente, un po’ deludente, per uno come me che crede ai valori che ha tentato di passare. Pur cosciente dell’afferma-zione vera e realistica che “è quanto mai comprensibile il rivoluzionario ventenne, ma è da chiedersi se è del tutto giusto che uno rimanga tale anche a quaranta”, mi sono chiesto: “Che cosa è rimasto del sognatore, del rivoluzionario, dell’integrista e del “ribelle per amore”? Questo in-contro mi ha costretto infi nite volte a fare un serio e talvolta uno spietato esame di coscienza sulla mia espe-rienza personale. Nella vita di certo ci sono modalità diverse di “resisten-

PREGHIERAseme di

SPERANZA

NON FIDARTI DI ME,

SIGNORE

Signore Gesù, vorrei amarti sempre, con tutto il cuore.Ma non fi darti di me, Signore! Signore, te lo dico: se non mi aiuti, io non farò mai nulla di buono.Qualche volta non ti riconosco;ti cerco e non ti trovo. Vieni tu a me, Signore.Se ti conoscessi veramente,conoscerei anche me stesso. Non ti ho amato, ma vorrei amarti, o Signore Gesù. Voglio fare solo la tua volontà. Diffi do di me stesso, ma insieme a te, Signore, confi do anche in me.

San Filippo Neri

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L’incontro 9

za”, di impegno, di servizio e di coe-renza, però tutto sommato devo dire che sono costretto giorno dopo gior-no a difendere coi denti i miei ideali umani, civili e religiosi e che spessis-simo mi ritrovo solo e perdente. Se ragiono umanamente, la mia seppur piccola rivoluzione è fallita e mi ri-trovo a vivere con quel mondo piccolo borghese e perbenista che spesso mi ha etichettato come un sognatore, mai contento, illuso, con la testa per aria ed avvocato delle cause perse.Da qualche tempo, un po’ scoraggiato e solo, mi crogiolavo su questi pensie-ri, domandandomi sempre più spesso se ho sbagliato tutto e se sono un per-dente. La Provvidenza mi ha buttato per Natale “il salvagente”, avendo pietà del mio sconforto. Una cara si-gnora mi ha regalato un volume del-la Mondadori di Gabriele Nissin: “La bontà insensata”. La tesi di fondo si rifà, con una documentazione sconfi -nata, a persone “perdenti”, ma che come i profeti rimangono un “faro”, un punto di riferimento, una spina sulla coscienza ed una proposta per ogni tipo di società per quanto piatta ed opaca possa essere.Non è molto, però credo che sia suffi -ciente per giustifi care un sogno o una visione ideale della vita.

07.01.2014

DOMENICA

IL BUIO OLTRE LA SIEPE

La legge dei centri concentrici credo che abbia molto da insegnare a chi è in costante ricerca del senso della vita, e soprattutto si sente parteci-pe di ciò che avviene sia vicino che lontano da noi, ma che comunque è legato ai problemi del nostro vivere. Quando una persona lancia un sasso nello stagno, nel punto dell’impatto nasce un’onda rilevante che, man mano si allarga, diventa sempre più tenue fi no a scomparire, almeno alla visione dell’occhio umano.Questo fenomeno, che obbedisce ad una legge della fi sica, si realizza pure per quanto riguarda gli atti, i com-portamenti o le scelte che avvengono in ogni angolo, anche il più remoto, del mondo. Oggi il fenomeno dei cen-tri concentrici provocati dalle scelte dell’uomo sono ancora più evidenti in un mondo che, a motivo dei mass me-dia, è diventato un villaggio globale. Oggi nessuno può dire “non sapevo”, “non mi riguarda” e “non mi interes-sa”, perché le nostre responsabilità sono ormai globali, essendo informati in ogni momento di quanto avviene in ogni angolo della terra. Una gran-de regista francese ha intuito quasi

trent’ anni fa questo fenomeno di corresponsabilità denominato in un suo fi lm rimasto famoso “Siamo tutti assassini”.In questi giorni i mass media ci han-no informato che il giovane e crudele despota della Corea del Nord avrebbe fatto sbranare, da un branco di cani affamati, un suo zio che pensava tra-masse per spodestarlo dal potere, e l’altro ieri ho letto che si sono riem-pite due grandi navi di gas e prodotti chimici che l’altro satrapo della Siria ha accumulato nei suoi arsenali e che avrebbe usato per sterminare i suoi oppositori fi nendo poi per uccidere dei cittadini inermi del suo paese.Questi non sono che due episodi di quello che sta avvenendo nel mondo,

mentre i governi continuano a fare, senza scomporsi più di tanto, gli inte-ressi dei loro popoli, mentre all’ONU si discute per niente, mentre i paci-fi sti sembrano totalmente impegnati per la TAV e le “grandi navi”, men-tre perfi no le comunità cristiane sono tutte dedite a celebrare i sacri riti.Qualcuno è tentato di pensare che la strage degli innocenti di Erode sia una storiella del passato, mentre pur-troppo nel nostro mondo si sono mol-tiplicati a dismisura gli Erodi disposti a tutto pur di rimanere al potere, mentre attorno a Gesù, venuto per ripeterci ancora una volta il discorso della montagna, ci sono solo poche “voci che gridano nel deserto”.

08.01.2014

I L G I O R N A L E

LA FAVOLA DELLA SETTIMANA

Avevo camminato per più di sei ore quando mi resi conto che il sole sarebbe presto tra-

montato, decisi quindi di fermarmi, di montare la tenda per poi mangiare qualcosa perché avevo una fame da lupi. Mi tolsi quindi lo zaino dalle spalle, ne estrassi la piccola tenda e la in-stallai al riparo di una grande roccia, accesi poi il fuoco e mi preparai la cena. Me ne stavo tranquillo a contemplare la danza sinuosa delle lingue di fuoco, subito dopo aver terminato di man-giare una zuppa di verdura in sca-tola ed una fetta di formaggio con del pane, quando una voce mi colse di sorpresa perché non avevo udito

nessun rumore: “Posso sedermi ac-canto a lei? L‛aria si è rinfrescata”. “Certamente si sieda accanto al fuo-co. Sa che mi ha spaventato, non l‛ho proprio sentita arrivare.”“Mi dispiace ma sono abituato a muo-vermi per i boschi senza far rumo-re fi n da quando ero giovane, ero un etologo e studiavo il comportamento degli animali e come può ben immagi-nare per scorgerli dovevo diventare parte integrante del bosco, dovevo cioè diventare invisibile ”.“Fantastico, la sua deve essere sta-ta una vita molto interessante, chis-sà quante cose ha imparato e quanti comportamenti sconosciuti alla mag-gior parte della gente ha potuto os-servare”.“Lo può ben dire. A proposito io mi chiamo Aldo.”.“Ed io Silvano”.“Possiamo darci del tu Silvano? Mi viene più spontaneo”. “Con piacere, se vuoi ho una scato-letta di carne ed un po‛ di formag-gio”.“Ti ringrazio ma ho le mie provviste”.“Non vedo la tua tenda, dove dor-mirai? Non posso ospitarti nella mia perché è troppo piccola”.“Non ti devi preoccupare per me, è da molti anni che dormo ammirando il cielo.”“Posso sapere se ti è mai capitato di assistere a qualche scena strana?”“Non solo vi ho assistito ma ne sono stato uno dei protagonisti. Se hai voglia di ascoltare ti racconterò la mia avventura e poi potrai anche giu-

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dicarmi uno che racconta frottole oppure potrai credermi: lo deciderai tu. Ero giovane ed il mio primo incarico fu quello di studiare i comportamen-ti delle api da quando creavano l‛al-veare a quando, sciamando con una nuova regina, una parte di loro lo ab-bandonava. In un pomeriggio inoltrato il foto-grafo ed io eravamo appostati ben nascosti in un cespuglio quando ina-spettatamente dalla boscaglia ap-parve una grande orsa che si diresse senza nessuna esitazione verso l‛al-veare, vi infi lò una zampa per rubare il miele ma le api erano pronte e la attaccarono. Devi sapere che io, quando vedo un animale in diffi coltà, non riesco a rimanere indifferente senza ten-tare di fare qualcosa per aiutarlo e fu per quello che uscii allo sco-perto emettendo un sibilo che mi aveva insegnato uno zio apicoltore, lui lo usava sempre quando doveva distrarre le api per raccogliere il miele. In quell‛occasione però impa-rai a mie spese che le api selvatiche sono molto più agguerrite delle no-stre infatti le vidi volare verso di me in formazione pronte per aggre-dirmi. Pur sapendo che sarei morto se mi avessero punto non riuscivo a muovere neppure un muscolo, ero completamente paralizzato dal ter-rore, quando all‛improvviso mi sentii afferrare e mi ritrovai a correre a perdifi ato mano nella mano con l‛orsa che letteralmente mi trascinava. Ci tuffammo in un vicino laghetto senza poter riaffi orare perché le api continuavano a rumoreggiare arrab-biatissime sopra l‛acqua e per poter respirare l‛orsa mi infi lò in bocca un sottile pezzo di legno cavo. Non riuscivo a pensare a nulla tanto ero spaventato e stordito: mi trova-vo sott‛acqua, mano nella mano con un‛orsa enorme mentre api assassine volavano sopra la mia testa pronte ad uccidermi. Alla fi ne però si stan-carono e se ne andarono. A quel punto l‛orsa mi tirò fuori dall‛acqua come se fossi un cucciolo, mi sospinse all‛ombra di un grande albero dove rimanemmo seduti, l‛uno accanto all‛altra per qualche attimo per riprenderci dallo spavento poi, mentre ero ancora sotto shock, mi sentii abbracciare da due possen-ti zampe che mi avvicinarono al suo muso e poi, occhi negli occhi, mi

scoccò un sonoro bacio sulla bocca. Il fotografo sempre coraggiosamen-te nascosto nel cespuglio scattò mol-te fotografi e di quel magico momen-to, fotografi e che in seguito fecero il giro del mondo e che mi resero famoso. L‛orsa, dopo il bacio alquanto calo-roso, si dileguò in un istante. Deci-si di abbandonare la postazione ed il lavoro per qualche giorno perché avvertivo urgentemente la necessità di rimanere un po‛ da solo per ripren-dermi da quell‛orrenda esperienza, percepivo ancora l‛odore dell‛animale e del suo alito, mi sentivo dolorante in ogni parte del mio corpo per quell‛ab-braccio appassionato ma soprattutto non vedevo l‛ora di allontanarmi dal mio compagno e dalle sue fragorose risate. Ritornai quindi nella foresta anche per sfuggire alle continue ri-chieste di interviste da parte di giornalisti che mi avevano sopranno-minato “Rubacuori”, camminando ero giunto in un punto che non avevo mai visto quando improvvisamente udii dei rumori. Mi nascosi all‛istante per il terrore di ricevere qualche altro gesto di affetto ed invece assistetti ad una scena a dir poco strana. In una radura potei osservare un orso gigantesco che tratteneva la mia “amica” mentre le sventolava sot-to il naso un giornale, si caro amico hai capito bene un giornale, sul qua-le potevo scorgere la fotografi a che riportava il bacio galeotto. Lei si scherniva, tentava di sfuggirgli ma alla fi ne si lasciò abbracciare e te-neramente si allontanarono nel fi tto della boscaglia. Si allontanarono ma prima “lei” si girò e schiacciò l‛occhio e tu non indovineresti mai a chi, no, no, lei non schiacciò l‛occhio a me, dal momento che non mi aveva nep-pure visto, ma bensì all‛ape regina. In quel momento pensai di aver avu-to le traveggole, pensai che lo shock fosse stato talmente forte da farmi perdere la testa ma … ma quando la mia ricerca terminò e l‛alveare ven-ne abbandonato da tutte le api io lo sezionai per poterne studiare il suo interno e ritrovai, nella stanza della regina, un portaritratti con inseri-to un dipinto di lei posata sul naso dell‛orsa che la guardava.”.“Aldo, devi scusarmi, ma a questa storia non posso proprio credere, sei veramente un burlone”. Aldo a quel punto scoppiò in una ri-sata fragorosa ed utilizzando lo zai-

no come un cuscino si addormentò di colpo. Al mattino, quando un raggio di sole bussò ai miei occhi, io mi sve-gliai, cercai il mio cantastorie ma mi accorsi con disappunto che se ne era già andato. Riattizzai il fuoco per potermi preparare un caffé quando notai che Aldo aveva appoggiato sul mio zaino alcune cose. Le presi e ciò che vidi mi lasciò esterrefatto. C‛era un giornale di molti anni prima che riportava in prima pagina una foto-grafi a, la fotografi a di lui mentre ve-niva baciato appassionatamente da un‛orsa. Il giornale portava chiara-mente le tracce dell‛impronta della zampa di un orso che doveva essere stato molto, ma molto grosso, ritro-vai anche un portaritratti minusco-lo nel quale era inserita l‛immagine di un‛orsa che con gli occhi strabici guardava il proprio naso sul quale era appoggiata un‛ape. Insieme al resto trovai anche un biglietto sul quale era scritto: “Ci credi ora?”. Io, con quelle prove in mano, creden-ti a tutta la storia e voi?

Mariuccia Pinelli

Scrivere con la testa ingombra di parole non è semplice, comun-que ci provo.

A quanto sembra, non è bastato re-legare l’ultima versione della tradu-zione nell’angolo più lontano della scrivania e, infatti, continuo a pen-sare a quella frase che non è ancora abbastanza fl uida o all’ennesimo pa-ragrafo da accorciare.M’impongo di voltare pagina e, dal

SUL FILO

DEI PENSIERI

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L’incontro 11

momento che chi la dura la vince, riparto armata di penna, o meglio di mouse, anche se sono in ritardassimo sulla tabella di marcia! Qualche settimana fa mi è successa una cosa che non mi capitava da tem-po: un versetto del vangelo ascoltato a messa ha continuato a tornarmi in mente nei giorni successivi. «Voi siete il sale della terra….Voi sie-te la luce del mondo» (Matteo 5, 13-16).L’ho sentito proclamare moltissime volte, eppure quel sabato pomerig-gio, ha destato la mia attenzione come il trillo di un campanello.Chissà forse dipende dal fatto che, da quando ho saputo che sarò madrina di Elena, insieme ad Anna, mi sono ritrovata a rifl ettere sul signifi cato di questo ruolo e soprattutto su che cosa vorrei provare a trasmetterle.Il battesimo offre l’opportunità d’in-camminarsi su una strada, seguendo dapprima le orme degli adulti per poi imboccare una direzione precisa, scelta in autonomia.Ma perché scegliere di credere?Pur non sapendo se Elena ci porrà questa domanda da grande, azzardo qualche risposta sia per una mia ne-cessità sia perché… è sempre meglio non farsi cogliere impreparati!Per me la fede è la certezza di essere amata così come sono.

È un dono che non deve essere custo-dito ma speso.È la consapevolezza che nessuno è troppo piccolo o troppo fragile per poter fare la differenza.È l’impegno a vivere, senza limitarsi a lasciar scorrere i giorni. È il fulcro della serenità, che non di-venta mai rassegnazione.È un sostegno prezioso nei momenti di fatica, che rende ogni gioia più vi-vida.È la risposta che ancora non ho tro-vato e che non smetterò di cercare…Mentre i pensieri si susseguono ra-pidi, m’imbatto in un’affermazione di Papa Francesco e capisco di aver trovato un epilogo signifi cativo per la mia rifl essione. Il Papa ha detto che “il vangelo è un messaggio di amore e dolcezza”, dol-cezza spogliata di qualsiasi connota-zione mellifl ua e intesa, invece, come capacità di accoglienza e apertura verso l’altro.Ancora una volta, il Santo Padre è ri-uscito a racchiudere in poche parole un aspetto fondamentale del nostro essere cristiani.Possibile che sia uno dei molti modi per diventare sale della terra? Credo proprio di sì.

Federica Causin

La luce acerba del primissimo mat-tino penetra tra le fessura della persiana, nella stanza diventata

studio, e lambisce l’ icona di pel-tro ricordo di un anziano cugino che non c’è più. Ne accarezza gli sbalzi dandone una intensità e morbidezza non rilevata prima, sotto il crocifi sso scolpito da un vecchio intagliatore di Corvara, poco più su nella parete, tra i libri. Così in questo giorno che inizia proseguo la mia preghiera a Te, Signo-re e a Tua madre che Ti stringe tra le braccia in un tutt’ uno . E’ il Rosario che scopro rivelare in questo luogo e in quest’ ora una nuova intimità per essere vissuto, rispetto ad altre oc-casioni della giornata e della notte, come è stato sinora. Compagno in viaggio e nelle attese, nelle veglie, nel raccoglimento e nella guida: ho sostituito anche i grani della corona numerando gli Ave Maria nella mente per aver libere le mani e mantenerne la sequela nelle distrazioni improvvi-se tutt’ altro che rare.E’ una preghiera che ho vissuto spesso con diffi coltà, quando misteri, invo-cazioni e suppliche nella loro ripeti-tività sono rimasti spesso formula più

R O S A R I O

che intimo coinvolgimento. Oggi in particolare ho percepito questo coin-volgimento di cui sento bisogno. Ne ho ritrovato il cuore in quel “Donna, ecco il tuo fi glio-poi disse al discepo-lo- ecco la tua madre “ Gv 19,26-27. in cui Gesù nell’ ultimo sguardo ver-so sua Madre affi da noi tutti in Gio-vanni e in cui Maria avrà ritrovato lo sguardo del Padre che aveva guardato la sua piccolezza e umiltà e dice an-che a noi che possiamo lasciargli fare grandi cose malgrado la nostra debo-lezza. “Madre donaci il tuo sguardo !” ha detto Papa Francesco, uno sguardo che ci porta a Dio che ci attende e a Gesù che ci salva, uno sguardo che ci unisce ai fratelli, come è avvenuto a Lei con i primi discepoli e a noi in-segna la piena fi ducia in Dio e nella sua misericordia, nella potenza gran-de della preghiera. Anche quando le parole scorrono e non ce ne avvedia-mo, perché se il pensiero corre dove il mondo ci chiama, in realtà mante-niamo intatto quel legame del cuore lasciandolo trasparire assiduamente, così che ora invocazioni e suppliche si fanno corona ai Misteri e alla nostra fragilità diventando espressione di

abbandono nelle sue braccia, al suo calore di Mamma, piena di tenerez-za e che ci offre la forza della con-solazione e ci fa solidali tra tutti: il Mistero si svela nel nostro affi darci, attraverso i suoi occhi e il suo cuore. Si è ora accesa nuova luce in Lei, fat-tasi grembo alla Fede e strada in cui ci apriamo alla relazione col Padre: La riconosco guida al mio sentire e La cerco per seguirla.

Enrico Carnio

Il nipote di Milena Chicco ha sottoscrit-to quattro azioni, pari ad € 200, per onorare la memoria della zia.

Il fi glio della defunta Erminia Bazasi ha sottoscritto un’azione, pari ad € 50 in ricordo della madre.

La signora Ines Bressanello ha sotto-scritto un’azione, pari ad € 50.

La signora Augusta Camillo ha sotto-scritto altre tre azioni, pari ad € 150.

Una signora, martedì 31 dicembre, ha sottoscritto un’azione, pari ad € 50, per onorare la memoria dei suoi defunti Angelo, Angela, Giovanni e Teresa.

SOTTOSCRIZIONE CITTADINA

PER IL DON VECCHI 5 PER GLI ANZIANI

IN PERDITA DI AUTONOMIA

Page 12: L’ incontro - Centro Don Vecchi · Come ha fatto l’apostolo dei lebbrosi, lascio in eredità, a voi miei cari concittadini e fratelli, tutti i sogni e i progetti che non sono

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I signori Gino Simoni e Lucia Veronese hanno sottoscritto un’azione, pari ad euro 50.

La signora Cinzia Zanon di Campalto ha sottoscritto 10 euro.

La signora Gianna ha sottoscritto un’azione, pari ad € 50.

Il signor Lino Zanatta ha sottoscritto un’azione, pari ad € 50.

La signora Claudia Toniolo ha sotto-scritto un’azione, pari ad € 50.

Il signor Eugenio Cecchinato ha sotto-scritto due azioni, pari ad € 100.

Il signor Piergiorgio Beraldo ha sot-toscritto quasi mezza azione, pari ad euro 20.

Le fi glie del defunto Gino Bressan han-no sottoscritto un’azione abbondante, pari ad € 60, per onorare la memoria del loro padre.

La signora Daniela Benvenuto e il ma-rito hanno sottoscritto due azioni, pari ad € 100, in ricordo della madre Luigia Zuin.

La signora Manuela ha sottoscritto un’azione, pari ad € 50.

La signora Natalina Michielon ha sot-toscritto un’azione, pari ad € 50, in ri-cordo del marito Gianni e di suo padre Natale.

I coniugi Bronazzo hanno sottoscritto due azioni, pari ad € 100, in memoria dei loro cari defunti Gianna, France-sco, Agostino e Maria.

In occasione del primo anniversario della morte di Vanda, è stata sotto-scritta un’azione, pari ad € 50, in sua memoria.

La signora Maria Balestrazzo ha sot-toscritto due azioni, pari ad € 100, in memoria del caro marito Bruno.

E’ stata sottoscritta un’azione, pari ad € 50, in ricordo dei defunti Mario, Gio-vanni ed Adele.

La famiglia Barzazzi Doria ha sotto-scritto quasi un’azione e mezza, pari ad € 70, in memoria della defunta Er-minia Barzazzi vedova Zabeo.

Il signor Bimonte ha sottoscritto un’en-nesima azione, pari ad € 50, in memo-ria della sua amata consorte Rosetta.

Le signore Antonietta Agnoletto e Or-nella Ormenese del Centro don Vecchi di Marghera hanno sottoscritto due azioni, pari ad € 100.

I signori Dina e Mario Tenderini hanno sottoscritto 2 azioni, pari ad € 100.

E’ stata sottoscritta quasi un’azione, pari ad € 40, in ricordo di Vittoria Ter-ren.

L’Ingegner Paolo Piovesana ha sotto-scritto 20 azioni, pari ad € 1000.

All’inizio di questo nuovo anno riteniamo opportuno pubblicare questo signifi cativo racconto di

Dino Buzzati. L’autore, con fantasia, ma pure con un sano realismo, ci fa prendere coscienza di tutte le oppor-tunità che ci sono offerte dalla vita e dal buon Dio e che rischiano di essere buttate come fossero cose di nessun conto, mentre in realtà sono dei doni veramente preziosi.La nostra società occidentale, con i suoi ipermercati stracolmi di ogni bene, in maniera tanto dissennata e sprecona destina alla spazzatura montagne e montagne di generi ali-mentari, mentre ci sono popoli interi che muoiono di fame. Purtroppo pure noi che ci sentiamo persone perbene e di buon senso, praticamente elimi-niamo, senza neppure averne valuta-to l’ importanza e la preziosità, ore, giorni, e perfi no anni della nostra vita, invece di trasformarli in dono e solidarietà per chi ne ha assoluto bisogno.Invitiamo i lettori a rifl ettere e me-ditare seriamente su questo raccon-to per non continuare a sperperare le infi nite possibilità di un impiego, saggio e generoso, delle grandi risor-se che il Signore ci mette a disposi-zione gratuitamente ogni giorno, e perché ne facciamo buon uso per noi e per gli altri. Se dovessimo malaugu-ratamente concludere che anche noi abbiamo buttato via “cassoni di vita non utilizzata”, ricordiamoci sempre che “sbagliare è umano, ma conti-nuare nell’errore è diabolico!”.

La Redazione

Qualche giorno dopo aver preso possesso della sontuosa villa, Ernst Kazirra, rincasando, avvi-

stò da lontano un uomo che con una cassa sulle spalle usciva da una por-ticina secondaria del muro di cinta, e caricava la cassa su di un camion. Non fece in tempo a raggiungerlo pri-ma che fosse partito. Allora lo inseguì in auto. E il camion fece una lunga strada, fi no all’estrema periferia

I GIORNI PERDUTIdella città, fermandosi sul ciglio di un vallone. Kazirra scese dall’auto e andò a vedere. Lo sconosciuto scari-cò la cassa dal camion e, fatti pochi passi, la scaraventò nel baratro che era ingombro di migliaia e migliaia di altre casse uguali. Si avvicinò all’uomo e gli chiese: - Ti ho visto portar fuori quella cassa dal mio parco. Cosa c’era dentro? E cosa sono tutte queste casse?Quello lo guardò e sorrise: - Ne ho an-cora sul camion, da buttare. Non sai? Sono i giorni.— Che giorni?— I giorni tuoi.— I miei giorni?— I tuoi giorni perduti. I giorni che hai perso. Li aspettavi, vero? Sono venu-ti. Che ne hai fatto? Guardali, intatti, ancora gonfi . E adesso?Kazirra guardò. Formavano un muc-chio immenso. Scese giù per la scar-pata e ne aprì uno.C’era dentro una strada d’autunno, e in fondo Graziella, la sua fi danza-ta, che se n’andava per sempre. E lui neppure la chiamava.Ne aprì un secondo. C’era una came-ra d’ospedale, e sul letto suo fratello Giosuè che stava male e lo aspettava. Ma lui era in giro per affari.Ne aprì un terzo. Al cancelletto del-la vecchia misera casa stava Duk, il fedele mastino, che lo attendeva da due anni, ridotto pelle e ossa. E lui non si sognava di tornare.Si sentì prendere da una certa cosa qui, alla bocca dello stomaco. Lo sca-ricatore stava diritto sul ciglio del vallone, immobile come un giustizie-re.- Signore! - gridò Kazirra. - Mi ascolti. Lasci che mi porti via almeno questi tre giorni. La supplico. Almeno que-sti tre. Io sono ricco. Le darò tutto quello che vuole. Lo scaricatore fece un gesto con la destra, come per in-dicare un punto irraggiungibile, come per dire che era troppo tardi e che nessun rimedio era più possibile. Poi svanì nell’aria, e all’istante scompar-ve anche il gigantesco cumulo delle casse misteriose. E l’ombra della not-te scendeva.

Dino Buzzati