Presentazione sul Drone Journalism - Master Giornalismo di Torino
LA GUERRA NEL 2050€¦ · gets tecnologici (sensoristica avanzata, micro-droni, robot con ruoli di...
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Secondo i pensatori militari statu-
nitensi, il campo di battaglia del
2050 sarà molto differente da
quello odierno per effetto dell’azione con-
giunta di tendenze secolari di sviluppo
dell’arte della guerra. Infatti, l’aumento
della letalità dei sistemi d’arma moderni,
unito a quello dell’aumento del volume di
fuoco e dalla precisione dello stesso, il tut-
to inquadrato da una tecnologia sempre
più integrativa, accresceranno a dismisu-
ra la potenza di fuoco delle piccole unità1.
Già ai tempi della dottrina dell’AirLand
Riccardo CAPPELLI
LA
GUERRA
NEL
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IDEE ED
ESPERIENZE
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Battle s’ipotizzava il diradamento delle
unità operative sul campo di battaglia e la
non linearità del fronte dello scontro2. È
probabile che nel 2050, come sostenuto
dal Capo di Stato maggiore dell’U.S. Army,
Mark A. Milley, corpi d’armata e divisioni
scompariranno dall’ordine di battaglia, so-
stituiti da ben più flessibili brigate modu-
lari, sulla falsariga degli attuali Brigade
Combat Teams (BCT) composti ognuno da
poco più di 4.500 soldati. Attualmente,
esistono tre tipi di BCT: fanteria, Stryker e
corazzati, incentrati su tre battaglioni di
manovra, uno squadrone di cavalleria per
la ricognizione, un battaglione di artiglie-
ria campale, uno di genieri e, infine, uno
di supporto logistico. Lo schema d’impiego
tipico in uno scenario di crisi prevede l’in-
tervento dei leggeri BCT di fanteria che
cercheranno di aprire porti, aeroporti e
corridoi terrestri a favore del successivo
arrivo dei BCT più pesanti. Per gli USA,
combattere in questo scenario signifi-
cherà dover essere in grado di trasportare
velocemente contingenti armati negli an-
goli più remoti del pianeta, assicurarne la
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sopravvivenza durante il viaggio, supera-
re la prevedibile resistenza nemica nei
punti di arrivo nel teatro operativo, offri-
re il necessario sostegno logistico, agire
insieme a forze alleate e, infine, sconfigge-
re il nemico. Uno degli obiettivi primari
dei BCT di fanteria sarà la distruzione di
gran parte delle difese anti accesso e di
negazione d’area (anti-access/area denial,
A2/AD) ovunque esse si trovino. Perciò, le
batterie di artiglieria diventeranno mul-
tiuso, con capacità d’ingaggio di obiettivi
in cielo, terra e nell’area litoranea. Addi-
rittura, alcune di tali batterie troveranno
posto su navi piattaforma della Marina
incrementando così il sostegno di fuoco
disponibile3. Una delle armi di punta per il
tiro a lunga gittata a disposizione dei mili-
tari statunitensi dovrebbe essere il missile
d’artiglieria Long Range Precision Fires,
che forse raggiungerà lo stato di prototipo
nel 2020. Tale missile ogni-tempo dovreb-
be essere in grado resistere alle contromi-
sure elettroniche nemiche e di attaccare,
con precisione bersagli terrestri e navali
in movimento distanti fino a 500 km. Al-
tri missili dovrebbero poi arrivare diretta-
mente dal continente americano, se i pro-
grammi Conventional Prompt Global Strike
e Long-Range Ballistic Missiles andranno a
buon fine4. La scarsa mobilità tattica e
operativa dei BCT leggeri odierni e l’ecces-
siva onerosità in termini di trasporto e so-
stegno logistico di quelli pesanti sono i
problemi principali da risolvere nel futu-
ro5. Va evidenziato che i BCT Stryker ab-
bisognano quasi delle stesse risorse dei
BCT corazzati per gli spostamenti e la lo-
gistica e ciò li rende candidati ideali per
l’estinzione. Inoltre, in Iraq i ben più leg-
geri Light Armored Vehicle (LAV) si sono
mostrati più efficaci degli Stryker nel
combattimento ravvicinato6. A questo
punto, tatticamente, conviene optare per
un BCT corazzato, ben più protetto, letale
e polifunzionale di uno Stryker. Comun-
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que, per l’immediato futuro, si sta provve-
dendo a “bradleyzzare” gli Stryker, instal-
landoci cannoni da 30 mm o lanciamissili
anticarro Javelin. La maggior parte dei
veicoli dell’U.S. Army (M1 Abrams, M2/
M3 Bradley e HMMVV) è ormai sene-
scente, risale agli anni della Guerra fredda
e il suo rinnovamento non è più procasti-
nabile. Però, mancando le risorse econo-
miche per la sostituzione in toto di un così
vasto numero di mezzi, i pianificatori mi-
litari statunitensi hanno deciso per una
modernizzazione mista, cioè la progressi-
va introduzione in servizio dei nuovi vei-
coli. Ciò complicherà la catena logistica e il
processo di addestramento, oltre ovvia-
mente a mantenere in servizio mezzi ob-
solescenti. I BCT di fanteria diventeranno
così la punta di lancia dell’U.S. Army ed è
probabile che tali brigate siano destinate a
combattere “disaggregate” sul territorio,
suddivise in compagnie indipendenti e in
continuo movimento. Alcuni indizi di ciò
sono le indicazioni d’investire nella ricer-
ca e sviluppo di reti di comunicazioni tat-
tiche sicure e nel concetto di assured re-
supply a livello di compagnia e inferiore7.
Da segnalare anche uno studio commis-
sionato a un ben informato ex generale, in
cui si fa l’ipotesi per l’immediato futuro di
creare joint task forces modulari, di livello
battaglione (1.000-1.200 soldati), com-
prendenti fanteria, blindati, forze speciali
e aviazione. Verso la metà del secolo il
campo di battaglia sarà così ricco di senso-
ri che le grandi formazioni avranno vita
breve: una volta individuate, tempo due o
tre ore e saranno colpite. Così, si punterà
su compagnie in grado di condurre colpi
di mano, oppure coagularsi con unità si-
milari per attaccare in massa, per poi rapi-
damente eclissarsi suddivise in singoli
plotoni o squadre e, magari, riformarsi in
qualche luogo distante molti km8. Qual-
che ottimista ha addirittura profetizzato
che una squadra di 5-8 soldati sarà in gra-
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do di mettere in sicurezza 300-400 miglia
quadrate di territorio col sostegno di
un’intelligence avanzata, velivoli a pilo-
taggio remoto e appropriato sostegno al
combattimento: un soldato avrebbe così la
potenza di fuoco di un carro armato9. Del
resto, il programma Squad X del DARPA è
incentrato proprio su come potenziare la
squadra di fanteria con avveniristici gad-
gets tecnologici (sensoristica avanzata,
micro-droni, robot con ruoli di supporto,
dispositivi anti-drone, ecc.). Magari, tra
non molto tempo, sarà rispolverato anche
il concetto di super mobili unità tattiche
“aero-anfibie”, con elicotteri e convertipla-
ni al posto dei veicoli terrestri10. Il futuro
s’immagina incerto e complesso con un
nemico “scalabile”: da quello a bassa inten-
sità del miliziano male armato a quello ve-
ramente pericoloso del nemico alla pari o
quasi, che combatte con tattiche ibride e,
in alcuni settori, è perfino dotato di supe-
riorità tecnologica. Il modello offensivo
americano dà per scontato che tale nemi-
co scalabile combatta in maniera specula-
re, con una difesa non lineare, frammen-
tata. L’assunto è che il nemico non possa
concentrare le forze, né difendere posi-
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zioni chiave, senza andare incontro all’a-
zione distruttiva del tiro a lunga distanza
o del bombardamento aereo11. L’unica ec-
cezione è il temuto scontro urbano, dove
vi è la complicazione operativa di dover
combattere in mezzo ai civili, per il quale
devono essere studiate attrezzature appo-
site. In quelle zone del campo di battaglia
dove il nemico negherà la superiorità tec-
nologica a colpi di contromisure cyber-e-
lettroniche e quella aerea a colpi di missili
superficie-aria, la fanteria a stelle e strisce
se la vedrà brutta. A quel punto sarà diffi-
cile evitare che l’avversario concentri le
proprie forze per sopraffare le isolate uni-
tà di fanteria leggera, impossibilitate a co-
ordinarsi tra loro e a richiedere/ottenere
il sostegno di fuoco. Anche affidarsi all’in-
filtrazione occulta e al camuffamento è
rischioso, in quanto si opera in territorio
nemico, in aree spesso densamente popo-
late e decisamente sorvegliate. Basta pen-
sare che uno dei nemici ibridi spesso cita-
ti, Hezbollah, oltre ad avere il pieno
appoggio della popolazione locale, ha an-
che disseminato il territorio sud libanese
con sistemi di sorveglianza elettronica po-
sti in postazioni strategiche. Tutto ciò ren-
derà difficile anche attaccare in maniera
sincronizzata e sfruttare l’elemento sor-
presa. Altro problema operativo di com-
plicata soluzione – e con importanti riper-
cussioni sul morale – sarà la gestione
dell’evacuazione sanitaria del personale
ferito durante le operazioni condotte in
profondità in territorio nemico. Così, per
l’Esercito americano diventa imperativo
riuscire a combattere la multi-domain batt-
le, cioè abbattere bersagli a ripetizione in
terra, mare, cielo e nello spazio cyber-e-
lettromagnetico. Insomma, in altre parole,
far da sé e aspettare che sia ripristinata la
superiorità aerea e cyber-elettronica. Per
sfuggire alla appena descritta crescente
letalità del campo di battaglia, si ricorrerà
sempre più a robot per affiancare i soldati
nei compiti più difficili o ripetitivi. Quan-
do poi lo sviluppo dell’intelligenza artifi-
ciale lo permetterà, non sarà improbabile
vedere in azione sciami di migliaia di bel-
licosi robot autonomi12. A questo proposi-
to, sarebbe auspicabile una maggior cau-
tela nell’analisi. In passato, già altre volte
s’è presa una categoria di armi, se n’è ipo-
tizzata la crescita numerica esponenziale,
e si è affermato che la vittoria sarebbe di
sicuro arrisa all’esercito con decine di mi-
gliaia di carri armati o all’aeronautica che
dotata di altrettanti bombardieri. Sappia-
mo poi com’è andata a finire.
I nuovi mezzi corazzati statunitensi
Il rinnovo dei mezzi dei BCT di fanteria
è indicato quale esigenza primaria in tutti
i documenti “futuristi” statunitensi. Ver-
so il 2030 la transizione dovrebbe essere
completata. La fanteria scorrazzerà per il
teatro di operazioni su Joint Light Tactical
Vehicle (JLTV), accompagnati da Armored
Multi-Purpose Vehicle (AMPV), il rimpiaz-
zo dei vetusti M-113, per il sostegno di
fuoco e l’evacuazione sanitaria. Accanto
a questi opererebbero i ben più minaccio-
si veicoli cingolati Mobile Protected Fire-
power (MPF), di cui ancora si sa ben poco,
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il cui peso si dovrebbe aggirare intorno
alle 25 t. Le opzioni in valutazione per l’ar-
mamento degli MPF sono un cannone da
50, 105 o 120 mm, col quale ingaggiare con
fuoco diretto, preciso e letale la fanteria
avversaria. Il risultante appesantimento
delle dotazioni dei BCT di fanteria li ren-
derà più visibili sul campo di battaglia, ma
si pensa che ciò sarà bilanciato dall’accre-
sciuta protezione fornita e dalla capacità
di svolgere ruoli aggiuntivi13. Per quanto
riguarda, infine, la sostituzione dei carri
armati Abrams e dei veicoli da combatti-
mento per la fanteria Bradley, questa ap-
pare ancora lontana. Il loro discendente,
il misterioso Future Fighting Vehicle, po-
trebbe essere di concezione radicalmen-
te diversa dai mezzi che dovrà sostituire,
come pare lasciar intendere Milley14. È da
tempo che l’esercito americano pensa di
alleggerire il pugno blindo-corazzato per
permettere l’imbarco di due veicoli coraz-
zati sull’aereo da trasporto C-17 Globema-
ster15. Per i carri armati pesanti da 70 t si
prospetta un impiego quasi esclusivamen-
te nello scontro urbano, per consentire
spostamenti protetti alla fanteria, per co-
stituire capisaldi volanti, per aumentare il
potere di fuoco disponibile, ecc. Il pensiero
contro-carro si è andato affermando da-
gli anni Sessanta in poi, con una punta di
virulenza particolare dopo la guerra dello
Yom Kippur del 1973, per l’impressione
suscitata dal successo delle truppe arabe
armate di sistemi anticarro di produzione
sovietica sulle forze corazzate israeliane.
Negli anni Novanta della Rivoluzione ne-
gli affari militari, si pensava perfino che
gli aerei sarebbero stati in grado di sosti-
tuire la protezione corazzata offerta dai
carri armati alla fanteria16. Del resto, i
carristi americani sono già abituati (ras-
segnati) a combattere smontati nelle con-
tro-insurrezioni orientali, tanto che qual-
cuno ne ha già decretato la fine della loro
specialità17. Anche negli scenari di guerra
del 2050 non trovano posto le unità pe-
santi corazzate e blindate, troppo lente ad
arrivare in teatro, poco mobili e onero-
se da sostenere con una logistica ridotta
all’osso. Gli attuali carri pesanti sarebbe-
ro sostituiti da carri leggeri che farebbero
affidamento sullo scansare o respingere
i colpi, invece che incassarli. Un carro di
dimensioni ridotte, ma guizzante, dotato
di capacità per la guerra cyber-elettroni-
ca e di difese attive, magari accompagna-
to da falsi carri, parrebbe avere più pos-
sibilità di sopravvivenza in uno scenario
di guerra ad alta intensità popolato da
sensori ovunque. Molte speranze sono
riposte nello sviluppo di materiali nuovi
in grado di sostituire le pesanti corazza-
ture attuali, garantendo lo stesso livello
di protezione18. Ma non è detto che non si
provi a introdurre qualcosa ancora più in-
novativo, quale, ad esempio, il Main Battle
System (MBS) che si propone di sostituire
gli Abrams con tre veicoli: uno pilotato da
25/30 t e due a pilotaggio remoto pesanti
15/20 t (non c’è bisogno di proteggere l’e-
quipaggio), ognuno dei quali armato con
un cannone da 120 mm di nuova conce-
zione. Il veicolo pilotato, detto “superviso-
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re”, avrebbe un equipaggio costituito da un
guidatore, un comandante e due operatori
assegnati alla guida degli altri due mezzi.
Così, un odierno plotone corazzato su 4
carri M1 sarebbe sostituito da due veicoli
supervisori e quattro a pilotaggio remoto:
8 soldati invece che 16 e 110/140 t invece
che 280. Inoltre, avere il peso distribuito
su 6 mezzi invece che 4, consentirebbe
ulteriori facilitazioni per il trasporto e la
mobilità. Lo schema d’azione vedrebbe il
“supervisore” agire a notevole distanza
rispetto ai veicoli controllati, idealmente
fuori dal raggio di tiro avversario19.
Tecnofilìa
Al lettore intento a sfogliare le centinaia
di pagine dedicate all’elaborazione concet-
tuale statunitense della guerra futura, son
richiesti atti di vera e propria tecnofede.
Quello che viene prospettato oltre oceano
è un mutamento fondamentale nel carat-
tere della guerra, dovuto essenzialmente
all’auspicata maturazione contemporanea
ed economicamente sostenibile di una se-
rie di tecnologie di uso civile e militare,
alcune delle quali sono in gestazione sin
dagli anni Sessanta (ad esempio, l’esosche-
letro e il laser). Spesso e volentieri, tali tec-
nologie avanzate dovrebbero permettere
di trovare la quadratura a molti – forse
troppi – cerchi, ad esempio: carri armati
più leggeri ma anche più protetti; armi a
energia diretta di tutti i tipi per avere una
riserva di colpi quasi infinita; uniformi
regolari in grado di neutralizzare agen-
ti NBC; fucili che permettono di mirare
e sparare da dietro un riparo; e così via.
Questa “ottimismo tecnologico” è tipico
dell’apparato militare americano, spesso
pronto a inserire tra i requisiti tecnici dei
programmi di sistemi d’arma elementi in-
compatibili oppure troppo complessi per
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La guerra nel 2050
poi trovare applicazione concreta (dallo
Special Purpose Individual Weapon di ieri
al Future Combat System di oggi).
Nel 1970 il generale dell’Aeronautica
Amedeo Mecozzi già identificava una
tendenza negativa nell’esasperazione del
tecnicismo: “Spesso il progresso tecnico
suscita problemi più numerosi e gravi di
quanti non ne risolva; non sono soltanto
problemi logistici ed addestrativi, sono so-
prattutto problemi umani, perché col pro-
gresso tecnico la percentuale dei militari
(o militarizzati) non però combattenti veri
cresce vertiginosamente, producendo
perfino <imboscati di prima linea> oltre-
ché imboscati di retrovia”. Soldati armati
di joystick contro nemici armati di coltel-
lo: chi vincerà?
NOTE
1 Gordon R. Sullivan and James M. Dubik, Envisioning Future War, U.S. Army Command and General Staff College Press, Fort Leavenworth, KS, 1995.
2 U.S. Army, FM 100-5 Operations, HQ Department of the Army, Washington, DC, 1982.3 Ronald K. Alexander, «A Future for Army Artillery: Fires from the Sea», Fires, no. 2, March-April 2014, pp. 45-46.4 David Dykema, Matt MacKenzie, Justin Teague, «Advances of Precision Fires and Launchers», Fires, no. 2, March-April
2014, pp. 55-58; Sidney J. Freedberg Jr., «New Army Long-Range Missile Might Kill Ships, Too: LRPF», Breaking Defense, 13 October 2016; Amy F. Woolf, «Conventional Prompt Global Strike and Long-Range Ballistic Missiles. Background and Issues», CRS Report no. R41464, 24 February 2016.
5 U.S. Army Training and Doctrine Command, «The U.S. Army Combat Vehicle Modernization Strategy», Army Capabilities Integration Center, Fort Eustis, VA, 15 September 2015.
6 Douglas Macgregor, «Army Transformation: Implications for the Future», statement before the House Armed Services Committee, Washington, DC, 15 July 2004.
7 U.S. Army Training and Doctrine Command, «The Warfighters’ Science and Technology Needs», Army Capabilities Inte-gration Center, Fort Eustis, VA, 21 September 2016.
8 U.S. Army Training and Doctrine Command, «The Warfighters’ Science and Technology Needs», Army Capabilities Inte-gration Center, Fort Eustis, VA, 21 September 2016.
9 Marc Cerasini, The Future of War. The Face of 21-st Century Warfare, Alpha, Indianapolis, IN, 2003.10 Charles W. Matheny, «Aerial Vehicle Transport for Combat Units», Army Aviation Digest, vol. 2, no. 2, June 1956, pp.
5-12 e 27-35.11 Deputy Secretary of Defense Bob Work, speech, Army War College Strategy Conference, U.S. Army War College, Car-
lisle, PA, 8 April 2015.12 Peter W. Singer, Wired For War. The Robotic Revolution and Conflict in the Twenty-first Century, Penguin, New York,
NY, 2009; Alexander Kott, David Alberts, et al., «Visualizing the Tactical Ground Battlefield in the Year 2050: Workshop Report», ARL-SR-0327, U.S. Army Research Laboratory, June 2015; Mad Scientist Conference, «Maintaining Relative Technological Advantage for the Army from 2025 to 2040», minutes, Georgetown University, Washington, DC, 28-29 April 2015.
13 .S. Army Training and Doctrine Command, «The Army Capstone Concept: Operational Adaptibility: Operating Under Conditions of Uncertainty and Complexity in an Era of Persistent Conflict 2016-2028», TRADOC Pamphlet 525-3-0, 21 December 2009.
14 Mark A. Milley, speech at Dwight David Eisenhower Luncheon Tuesday at the Association of the U.S. Army’s Annual Meeting and Exposition, 4 October 2016. Periodicamente viene recitato il de profundis per il carro armato pesante, v. in tal senso l’emblematico Warren W. Lennon, «The Death of the Tank», Armor, vol. LXXI, no. 1, January-February 1972, pp. 4-14.
15 Walter Perry, Bruce Pirnie and John Gordon IV, «The Future of Warfare. Issues from the 1999 Army After Next Study Cycle», Arroyo Centre – RAND, Military Report nr 1183, 2001 e U.S. Army Training and Doctrine Command, cit., 15 September 2015. Già nel 1960 Liddell Hart auspicava la realizzazione di un carro armato che, sacrificando la corazzatura, pesasse non più di 22-23 t e fosse, di conseguenza, facilmente trasportabile e veloce, v. B. H. Liddell Hart, «Will The Tank Survive?», Ordnance, no. 44, May-June 1960, pp. 870-872. Gli scettici dileggiano lo slogan del “fly light, fight heavy” parafrasandolo con “fly light, die early”, v. International Institute for Strategic Studies, «The Future of Armoured Warfare», Strategic Comments, vol. 4, no. 8, October 1998.
16 Edward N. Luttwak, «Power relations in the New Economy», Survival, vol. 44, no. 2, 2002, pp. 7-17.17 Gian P. Gentile, «The Death of the Armor Corps», smallwarsjournal.com, 17 April 2010.18 Nader Elhefnawy, «Tanks, Battleships, and the Future of Armored Warfare», Armor, vol. CXI, no. 5, September-October
2002, pp. 37-38.19 Jean M. Dasch and David J. Gorsich, «Survey of Modular Military Vehicles: Benefits and Burdens», Defense ARJ, vol. 23
no. 1, January 2016, pp. 2–27.
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