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La Guardia di Finanza nella guerra contro la Grecia: il circolo di Korcia ed il III battaglione mobilitato. 1. La Guardia di Finanza mobilitò per le operazioni belliche nel 1° e nel 2° conflitto mondiale 18 battaglioni. Le modalità seguite nelle due guerre mondiali furono però diverse: mentre nel 1915 in un brevissimo lasso di tempo, tra aprile e maggio, furono mobilitati 18 battaglioni, che furono subito inviati al fronte con armamento ed equipaggiamento non adeguati e con addestramento pressoché inesistente, nel 1940 – 1943 i battaglioni furono formati e preparati al combattimento progressivamente. I primi due, dei sei previsti dalla pianificazione prebellica, furono costituiti a partire dell’ entrata in guerra dell’ Italia, il 10 giugno 1940, e dopo un congruo periodo di addestramento, furono inviati a Tarvisio ed a Plezzo, in servizio di copertura della frontiera orientale, ove continuarono ad addestrarsi ed a completare armamento ed equipaggiamento. Tuttavia, a seguito di una parziale smobilitazione delle Forze Armate, i due battaglioni furono sciolti il 26 agosto 1940. Ad agosto 1940, in vista della preparazione della guerra contro la Grecia, che sarebbe iniziata il successivo 28 ottobre, venne decisa la costituzione in Albania , che allora era stata annessa al Regno d’Italia, di tre battaglioni mobili della Guardia di Finanza, ai quali, unitamente ad analoghi reparti dei Carabinieri ed ai presidi della Guardie alla frontiera (GaF) avrebbe dovuto essere affidata in via esclusiva la sorveglianza della frontiera con la Jugoslavia 1 . I tre battaglioni furono approntati entro la fine di agosto, con una forza di circa 500 uomini, per metà permanenti italiani ed albanesi tratti dai reparti di frontiera e per metà affluiti dall’Italia ed ebbero sede il I° a Peskopije, il II° a Kukes ed il III° a Scutari. La guerra con la Grecia rispondeva ad esigenze di Mussolini che voleva dimostrare ad Hitler che l’Italia era in grado di contrastare le sue mire egemoniche sull’Europa, acquisendo un completo diretto dominio sul Mediterraneo e sui paesi che vi si affacciavano. In agosto del 1940 le forze armate erano state messe in preallarme per l’invasione della penisola ellenica , ma subito dopo era stato dato il contrordine. La situazione precipitò ad inizio ottobre, quando reparti tedeschi avevano iniziato ad insediarsi in Romania. Dal diario di Ciano 2 sulla questione così riferisce sotto la data del 12 ottobre 1940: “Il Duce è indignato per l’occupazione germanica della Romania: Hitler mi mette sempre di fronte al 1 P,P. Meccariello, La Guardia di finanza nella seconda guerra mondiale, volume I, Museo Storico della Guardia di finanza,1992,pag 137. 2 G. Ciano, Diario 1939-’43. Vol.I, Rizzoli 1963, pag.353.

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La Guardia di Finanza nella guerra contro la Grecia: il circolo di Korcia

ed il III battaglione mobilitato.

1. La Guardia di Finanza mobilitò per le operazioni belliche nel 1° e nel 2° conflitto mondiale 18 battaglioni. Le modalità seguite nelle due guerre mondiali furono però diverse: mentre nel 1915 in un brevissimo lasso di tempo, tra aprile e maggio, furono mobilitati 18 battaglioni, che furono subito inviati al fronte con armamento ed equipaggiamento non adeguati e con addestramento pressoché inesistente, nel 1940 – 1943 i battaglioni furono formati e preparati al combattimento progressivamente. I primi due, dei sei previsti dalla pianificazione prebellica, furono costituiti a partire dell’ entrata in guerra dell’ Italia, il 10 giugno 1940, e dopo un congruo periodo di addestramento, furono inviati a Tarvisio ed a Plezzo, in servizio di copertura della frontiera orientale, ove continuarono ad addestrarsi ed a completare armamento ed equipaggiamento. Tuttavia, a seguito di una parziale smobilitazione delle Forze Armate, i due battaglioni furono sciolti il 26 agosto 1940. Ad agosto 1940, in vista della preparazione della guerra contro la Grecia, che sarebbe iniziata il successivo 28 ottobre, venne decisa la costituzione in Albania , che allora era stata annessa al Regno d’Italia, di tre battaglioni mobili della Guardia di Finanza, ai quali, unitamente ad analoghi reparti dei Carabinieri ed ai presidi della Guardie alla frontiera (GaF) avrebbe dovuto essere affidata in via esclusiva la sorveglianza della frontiera con la Jugoslavia1. I tre battaglioni furono approntati entro la fine di agosto, con una forza di circa 500 uomini, per metà permanenti italiani ed albanesi tratti dai reparti di frontiera e per metà affluiti dall’Italia ed ebbero sede il I° a Peskopije, il II° a Kukes ed il III° a Scutari. La guerra con la Grecia rispondeva ad esigenze di Mussolini che voleva dimostrare ad Hitler che l’Italia era in grado di contrastare le sue mire egemoniche sull’Europa, acquisendo un completo diretto dominio sul Mediterraneo e sui paesi che vi si affacciavano. In agosto del 1940 le forze armate erano state messe in preallarme per l’invasione della penisola ellenica , ma subito dopo era stato dato il contrordine. La situazione precipitò ad inizio ottobre, quando reparti tedeschi avevano iniziato ad insediarsi in Romania. Dal diario di Ciano2 sulla questione così riferisce sotto la data del 12 ottobre 1940: “Il Duce è indignato per l’occupazione germanica della Romania: Hitler mi mette sempre di fronte al 1 P,P. Meccariello, La Guardia di finanza nella seconda guerra mondiale, volume I, Museo Storico della Guardia di finanza,1992,pag 137. 2 G. Ciano, Diario 1939-’43. Vol.I, Rizzoli 1963, pag.353.

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fatto compiuto. Questa volta lo pago della stessa moneta: saprà dai giornali che ho occupato la Grecia. (Domando) se è d’ accordo con Badoglio. Non ancora, risponde, ma do le dimissioni da italiano se qualcuno trova delle difficoltà per battersi con i greci. Ormai il Duce sembra deciso ad agire.” Il 28 ottobre, giorno fissato per l’inizio delle operazioni, il comandante della Armata Italiana in Albania, gen. Visconti Prasca disponeva di circa 100.000 uomini (9 divisioni, 84 battaglioni e 686 pezzi di artiglieria). Aveva alle spalle il mare e di fronte un esercito ormai all’ erta, di forza leggermente superiore, che poi poteva mobilitare fino a 18 divisioni. Gli italiani erano nettamente prevalenti al sud, nell’ Epiro, ma i greci avevano una sicura superiorità nella zona montuosa a sud del confine jugoslavo, con epicentro in corrispondenza della località di Korcia, presidiata da una sola divisione, alla quale erano aggregate le brigate di frontiera, dell’ omonimo circolo della R. Guardia di finanza. Per i primi tre giorni gli italiani avanzarono rallentati solo dalla cattiva qualità delle strade, rese talvolta impraticabili dal maltempo. Il primo novembre iniziò la controffensiva dei greci, con lo sforzo principale nella zona meno presidiata dagli italiani, a nord, in corrispondenza di Korcia. La divisione alpina Julia,che era il perno tra le forze italiane dell’Epiro a sud e quelle del korciano a nord, venne aggirata, presa alle spalle e costretta ad una massacrante ritirata sulle posizioni di partenza, che la decimò. La divisione Parma, e la divisione Piemonte immesse in battaglia all’ ultimo momento, vennero battute dalle soverchianti forze nemiche e costrette ad una rovinosa ritirata su una linea retrostante che non aveva un presidio adeguato. Mentre il comando italiano faceva affrettatamente affluire sulle posizioni da difendere reparti di riserva, si rese necessario rallentare il più possibile l’ avanzata nemica. A ciò provvidero i reparti superstiti del circolo della R. Guardia di finanza a Korcia ed il III battaglione mobilitato del Corpo, inviato a contendere al nemico la displuviale tra i fiumi Osum e Tomorices che, se rapidamente conquistata dai greci, avrebbe loro consentito di attaccare la linea di resistenza italiana prima che venisse presidiata adeguatamente. L’azione delle divisioni greche sul fronte est, costrinse alla ritirata anche le forze che avevano invaso l’ Epiro, costringendole a ripiegare ben al di qua del confine albanese. 2. L‘ offensiva greca nel settore macedone a nord, fu faticosamente contrastata, su un fronte di 50 km soltanto da sei battaglioni della divisione Parma e dai finanzieri dei reparti di frontiera del circolo di Korcia, ai quali si aggiunse in un secondo tempo il III battaglione mobile mobilitato della Guardia di finanza. L’ azione dei reparti nel circolo di Korcia La legge di ordinamento del Corpo, oggi come nel 1940, indica tra i suoi compiti istituzionali quello di concorrere alla difesa politico-militare delle frontiere e, in caso di guerra, alle operazioni militari3. Le frontiere dell’Albania negli anni 1939-1940 erano assimilate a quelle dell’Italia peninsulare, per effetto dell’avvenuta annessione del Regno di oltre Adriatico. Pertanto la R. Guardia di finanza era naturalmente incaricata di presidiare le posizioni di confine non solo ai fini anticontrabbando, ma anche della difesa militare, nell’ambito di una pianificazione realizzata dal Comando Superiore delle Forze Armate di Tirana.

3 Legge 23 aprile 1959, nr. 189, art. 1.

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Il ruolo del Corpo nella copertura era rilevante, dal momento che la forza presente in Albania era di circa 2000 uomini. Data la posizione strategica del Paese, l’ipotesi prevalente di guerra che si prospettava nel 1939 era quella di un conflitto con la Jugoslavia, per cui il concetto operativo pianificato prevedeva una sistemazione strettamente difensiva della frontiera nord-orientale dell’Albania e l’allestimento di una base operativa per una possibile azione offensiva verso nord contro la Jugoslavia, concorrente con un’offensiva proveniente dall’Italia attraverso la frontiera giulia.4 Due le ipotesi previste per l’attuazione del piano di copertura: J (guerra con la sola Jugoslavia) e J+G (guerra contro Jugoslavia e Grecia contemporaneamente). Sulla base di questi criteri il Comando Superiore R. Guardia di finanza di Tirana redasse la pianificazione per l’impiego dei militari del Corpo nella copertura. Il compito era quello di assicurare all’inizio di un conflitto armato la vigilanza della frontiera ed in caso di attacco nemico ritardarne l’avanzata, in stretta collaborazione con le truppe in dislocazione avanzata e con i Reali Carabinieri. La vigilanza del confine jugoslavo (480 Km.) era articolato in tre settori, mentre quella del confine con la Grecia doveva essere affidata esclusivamente alla R. Guardia di finanza ed ai Reali Carabinieri (la prima era schierata sulla frontiera, i secondi sul sistema stradale retrostante) ed articolata in due settori corrispondenti ai circoli (gruppi) di Korcia e Argirocastro.5 Il piano per la copertura denominato Grammos prevedeva che dai due circoli anzidetti, con funzioni di Comando di battaglione mobilitato, dipendessero 78 reparti minori (brigate e distaccamenti) inquadrati in sottosettori (compagnie, sezioni, tenenze). Era infine previsto che all’emergenza la forza dei reparti di frontiera della R. Guardia di finanza fosse pressoché raddoppiata e che fossero creati 16 nuclei mobili della forza ciascuno di 40 finanzieri in servizio ai comandi di sottosettore. Il confine con la Grecia, all’inizio di eventuali ostilità, doveva essere presidiato, in base alla pianificazione, da 210 sottufficiali e 1899 finanzieri, oltre agli ufficiali, mentre l’organico di pace prevedeva 59 sottufficiali e 395 finanzieri.6 Vi era poi un progetto di difesa costiera, anch’esso affidato alla R. Guardia di finanza. Poiché l’iniziativa di aprire le ostilità fu italiana, il piano di copertura entrò in vigore solo nel settore della compagnia di Korcia, ove era previsto un atteggiamento difensivo. Comunque i previsti rinforzi dei reparti di frontiera non furono attuati. Più a sud, nell’Epiro, si sviluppò invece l’azione offensiva. Qui per la R. Guardia di finanza operarono i militari della compagnia di Leskovik (circolo di Korcia) ed il circolo di Argirocastro. Essi erano incaricati di affiancare le divisioni dell’Esercito, che dovevano penetrare in Grecia, agevolando le operazioni di forzamento del confine, sul quale poi dovevano poi attestarsi.7 Qualche giorno dopo essi dovettero assistere i reparti italiani in ritirata per effetto della controffensiva greca ed abbandonare le caserme per rifluire su posizioni retrostanti.

4 P.P.Meccariello, La Guardia di finanza nella II Guerra Mondiale (1940-45). Cit. pag. 69. 5 Ibidem, pag.70. 6 Ibidem, pag 71. 7 L.Palandri, La Guardia di finanza in Albania, Ente Editoriale per il Corpo della Guardia di finanza, Roma, pag.133.

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In relazione alla differente situazione operativa, le tre compagnie del circolo di Korcia ebbero tutte una sorte diversa: la compagnia di Podgradec, in buona parte schierata sul confine jugoslavo, partecipò ai combattimenti, con le tenenze di Podgradec e Gorico, la compagnia di Korcia poté attenersi alla pianificazione della copertura svolgendo un’azione di osservazione sul confine e ritardatrice dell’avanzata nemica, la compagnia di Leskovic, durante la ritirata riunì tutti i finanzieri in un’ unico reparto che combatté inserito nel 140° reggimento fanteria. Il comandante del circolo e del settore di copertura era il ten. col. Mario Castelli che aveva alle dipendenze tre compagnie, nove tenenze, trentadue brigate e cinque distaccamenti, per un complesso di 500 uomini una parte italiani, una parte albanesi. Sul confine macedone, fin dai primi giorni, si manifestò una forte pressione greca contro lo schieramento italiano costituito solo dai finanzieri e dalla divisione Parma, che con un sottile velo di truppe dovevano controllare 50 Km. di confine. La linea di frontiera si svolge, ora come allora, su una serie di rilievi tra i 1000 ed i 1500 metri di altitudine tra il lago di Prespa a nord-est ed il massiccio di Grammos a sud. L’area costituisce la displuviale est del fiume Devoli, la cui alta valle presenta due conche: Bilishti e Korcia, separate dalle colline della Morava. Due sono le rotabili importanti della zona: una corre parallelamente al confine e l’altra, partendo da Korcia adduce al territorio greco, a Florina e Kastoria. La posizione di resistenza era costituita dalla catena della Morava mentre nel territorio antistante operavano gli elementi di sicurezza, tra i quali le brigate della Guardia di finanza. Poiché l’attacco greco della linea della Morava ebbe inizio il 6 novembre, l’azione dei reparti della Guardia di finanza si sviluppò per 10 giorni, ad iniziare dal 28 ottobre. Le vicende dei reparti del Corpo, i cui componenti erano raccolti in piccoli complessi tattici che operarono in totale autonomia, in cooperazione con i reparti della divisione Parma, ma più spesso isolati, non si prestano che ad una narrazione frammentaria. Il punto più delicato dello schieramento era il valico di Kapestica sulla rotabile Korcia-Kosturia, che era presidiato dalla omonima brigata (14 uomini al comando del tenente Mehdi Sabri). I combattimenti iniziarono già il 28 ottobre, quando i greci fecero brillare una mina per interrompere la strada e quindi cercarono di oltrepassare la linea di frontiera. Furono respinti dal fuoco delle mitragliatrici azionate dai finanzieri. Essi, in serata cercarono di aggirare le posizioni italiane, ma furono ancora una volta respinti dalle pattuglie che controllavano la linea. Il 21 ottobre i greci attaccarono in forze, con l’appoggio dell’artiglieria ma furono ancora una volta contenuti anche grazie a contrattacchi condotti con molta decisione. I nostri militari, nel giorno successivo, furono impegnati sempre in duri combattimenti e solo quando mancò il rifornimento di munizioni essi ripiegarono sulle posizioni di Kapestica paese , ove continuarono ad opporre resistenza agli ellenici. Il ten. Sabri, infine, costretto a ripiegare condusse i finanzieri a Bilisht, ove fin dal 6 novembre si unì all’83° reggimento di fanteria.8

8 ASMGF, fondo UGA, busta 662 fasc. 25.

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Altrettanto efficace e talvolta eroico fu il comportamento dei componenti delle altre compagnie di Pogradec e Korcia. Si distinsero i finanzieri della brigata di Vidhove, Poncare e Bracani ove i greci attaccarono in forze ma furono prima respinti e poi contenuti su posizioni retrostanti e quelli delle brigate tra il valico di Kapestica ed il lago Prespa che respinsero ripetuti attacchi avversari e parteciparono anche a contrattacchi di fanteria italiana.9 L’attacco principale ellenico ebbe luogo tra il lago di Prespa e le pendici del Grammos ed ebbe subito successo. Nei giorni successivi i greci proseguirono la loro penetrazione, costringendo il gen. Nasci, comandante del settore, ad ordinare lo sgombero della zona di sicurezza ed il ripiegamento sulla posizione di resistenza della Morava. Tutti i componenti dei reparti di frontiera della Guardia di finanza ancora efficienti furono raccolti a Korcia, ove il ten.col. Castelli costituì tre plotoni, uno di 60 uomini al comando del ten. Macchi e altri due di 20 uomini affidati al ten. Mahdi ed al maresciallo Bonafede con il compito di concorrere alla difesa della città. Intanto a Korcia, il 1° novembre, un aereo greco aveva sganciato alcune bombe sulla città, una delle quali aveva colpito in pieno la caserma sede del Circolo, uccidendo 9 tra sottufficiali e finanzieri e ferendo diversi altri, tra i quali il cappellano del comando R.G.F. di Albania, don Giovanni Pacchin.10 Del tutto diversa la situazione del settore di Leskovik dove il piano di copertura non si era potuto attuare perché quell’area era stata inizialmente interessata dalla offensiva oltreconfine della Divisione Alpina Julia. Alla grande unità era stata assegnato un plotone di arditi della Guardia di finanza, comandato dal tenente Agostino Gaffi del I battaglione mobilitato. Il compito della Julia era di penetrare in territorio greco attraverso il gruppo montuoso del Pindo fino a Metsovo, e da qui puntare su Gianina per concorrere all’azione principale del corpo di spedizione italiano.11 Il plotone del ten. Gaffi, denominato “Mali Vilusha” fu inserito nella compagnia arditi del battaglione alpini Gemona che procedette, in avanguardia alla divisione, per oltre 20 Km. In territorio nemico fino al villaggio di Kantzikon, raggiunto il 2 novembre. Intanto i greci avevano arrestato su tutta la linea gli italiani e li stavano ributtando oltre il confine. Anche la Julia era costretta a ritirarsi ed aveva ordinato al battaglione Gemona di rientrare ad Erzek, mentre il plotone dei finanzieri veniva trattenuto, unitamente ad un battaglione di volontari albanesi, per difendere Konitsa, unico lembo di suolo greco rimasto in mani italiane. I finanzieri furono suddivisi tra i componenti delle bande che componevano il battaglione albanese con compiti di rinforzo e di sicurezza. L’attacco greco, tendente a sfondare lo sbarramento della valle della Vojussa, si ebbe il 13 e 14 novembre ed ebbe ragione degli italiani, grazie alla superiorità numerica. Nel pomeriggio del 15, sul punto di essere sopraffatto, il ten. Gaffi, con nove finanzieri e pochi albanesi, riuscì a sganciarsi ed a ripiegare su Leskovic, ove il cap. Urbano, comandante della locale compagnia, aveva raccolto i militari ripiegati dalle brigate di frontiera in una compagnia di circa 100 uomini.12 9 Ibidem 10 P. Meccariello, La Guardia di finanza nella II Guerra Mondiale (1940-45) Roma, Museo Storico della Guardia di finanza, 1992, pag. 143. 11 L .Palandri, La Guardia di finanza in Albania, Ente Editoriale per il Corpo della Guardia di finanza, Roma, pag.151. 12 P. Meccariello, La Guardia di finanza nella II Guerra Mondiale (1940-45) cit. pag.144-145.

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Questo reparto di formazione fu aggregato al 140° Rgt. di fanteria incaricato di difendere Postenan, una località ubicata in una valle alla cui testata vi è una sella che adduce alla valle della Vojussa. La mattina del 23 novembre i greci, che durante la notte favoriti dal tempo piovoso erano giunti inosservati presso le nostre linee, sferrarono un violento attacco. Nonostante l’inferiorità numerica, soldati e finanzieri si batterono con estrema decisione e tra assalti e contrassalti che si protrassero per tutta la giornata riuscirono a respingere il nemico sulle basi di partenza. Ma i difensori erano giunti a Postenan in seguito al ripiegamento dalle precedenti posizioni del vecchio confine ove avevano già combattuto e quindi in condizioni di diminuita efficienza in armi e munizioni. Essi perciò cominciarono ad essere soverchiati dal fuoco di artiglieria e mortai e successivamente dall’incalzare della fanteria d’assalto. L’azione dei greci si appalesò subito diretta a guadagnare la sella tra le vallate di Postenan a quella della Vojussa.13 A stornare la minaccia, il comandante del reggimento di fanteria dispose che alcuni reparti sbarrassero il valico. Fra essi ci furono i finanzieri, che divisi in due aliquote, al comando rispettivamente del ten. Gaffi e del cap. Urbano, furono incaricati di appostarsi sui due costoni che formavano l’avvallamento. Il tenente organizzò saldamente la difesa sfruttando sapientemente i quattro fucili mitragliatori e la mitragliatrice in dotazione e la stessa cosa fece il capitano. Pronunciatosi l’attacco nemico i finanzieri interdissero il passaggio della sella ai greci e respinsero anche con contrassalti alla baionetta tentativi di aggiramento. Attorno ai finanzieri, ormai soli a difendere la ritirata del reggimento ordinata dai comandi superiori, si raggrupparono altri militari rimasti privi di munizioni che concorsero alla difesa con la sola arma bianca. Terminate le munizioni dopo altre due ore di feroce combattimento, i pochi superstiti si ritirarono non inseguiti dai greci che si fermarono per reintegrare le ingenti perdite loro inflitte dai pochi difensori. Ebbe così termine l’epopea del circolo di Korcia, che al termine del ciclo operativo lamentava la perdita di 14 caduti ai quali si aggiungevano 31 dispersi quasi tutti morti e 13 feriti. L’ impiego in combattimento del III battaglione mobile.

Il III battaglione mobile era stato costituito verso la fine di agosto 1941 con finanzieri italiani e albanesi già in forza ai reparti territoriali in Albania e con 300 militari provenienti dalla madrepatria. Il battaglione con un effettivo di 500 uomini era comandato dal maggiore Salvatore Di Natale che da sottotenente aveva combattuto in Val Tomorices nel 1918 inquadrato nel XVIII battaglione mobilitato, meritandosi una medaglia d’argento al Valor Militare per il contributo alla conquista del Mali Viluscia.14 Delineatosi l’attacco greco nel settore macedone, quando i reparti di copertura della divisione Parma e del circolo della R. Guardia di Finanza di Korcia stavano per essere travolti, il generale Ubaldo Soddu, Comandante Superiore Truppe Albania, destinò alla difesa della Val Tomorices i resti della divisione Parma, rinforzata da battaglioni alpini e

13 ASMGF, fondo UGA, busta 662 fasc. 45, Relazione del Comando Circolo di Korcia in data 7 maggio 1941. 14 P.P. Meccariello, La Guardia di finanza nella II Guerra mondiale. cit., pag.151.

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della valle Osum la Divisione Alpina Pusteria. Tuttavia, poiché l’ afflusso dei reparti dell’Esercito avrebbe richiesto diverso tempo per lo schieramento sulle posizioni arretrate di Cerevode - media Val Tomorices, essendo indispensabile trattenere il più a lungo possibile l’ avanzata dei greci nelle valli, il gen. Soddu, sentito il col. Enrico Palandri, comandante della R. Guardia di Finanza in Albania, destinò a questi compiti l’ unico reparto disponibile, che era il III battaglione mobile del Corpo, che ancora incompleto, stazionava a Scutari. Il settore affidato al III battaglione si estendeva per oltre 20 kilometri. Per di più l’ area d’ impiego comprendeva due valli, Tomorices ( con due compagnie ) e Osum ( con una compagnia ), separate da un’ aspra catena montuosa. Secondo gli ordini, il battaglione doveva impedire “leggere infiltrazioni nemiche”, mentre in realtà i greci si presentarono sulla linea di sicurezza con forze molto consistenti.15 Il settore affidato al III battaglione costituiva il limite di responsabilità tra due armate: la 9°, nel quale era inquadrata (XXXVI CA), e la 11°, e proprio qui il nemico intendeva esercitare il suo massimo sforzo per scardinare l’ intero dispositivo di difesa italiano. Il III battaglione doveva sbarrare la testata della val Tomorices a sinistra ed il complesso montano compreso nell’area orientale del fiume Osum a destra. La val Tomorices culminava sul monte Gostankes sotto il quale vi è un villaggio con lo stesso nome, nei pressi del Quafa (passo) omonimo, attraverso il quale si passa in val Capinovis e quindi a Cerovoda nel bacino dell’Osum. Oltre il rio Capinovis che corre in senso trasversale alla linea di difesa, vi è un aspro costone che permette il passaggio solo attraverso il Qafa Kuali Bardh. Più a destra di questi rilievi orografici un lungo costone trasversale rispetto alla valle dell’Osum cade sul fiume ed è compreso tra il rio Capinovis ad ovest e il rio Bakes ad est, verso il confine greco. Si tratta di una barra montuosa, che dagli oltre 2300 metri del M.Ostravizza scende dapprima ai 1128 metri del Qafa Kuali Bardhe (detto anche Kalibarit), che divenne il centro di polorizzazione della battaglia, per poi risalire oltre i 1400 metri in corrispondenza del villaggio di Pothom, continua su quote leggermente inferiori sopra la località di Ghorghiova e Koprenke, per poi precipitare con pendio scosceso nel fiume Osum, a 350 metri sul livello del mare.16 Ai 500 uomini del III battaglione, dei quali molti erano albanesi arruolati da poco, delle cui affidabilità era lecito diffidare (diversi di loro tra cui un ufficiale disertarono per passare al nemico), era quindi affidato un ruolo importantissimo: frenare l’ avanzata di un intera divisione nemica, per dar tempo alle truppe retrostanti di imbastire una solida posizione di resistenza. Un'altra difficoltà si presentò il 27 novembre: in quella data il Comando Superiore Truppe Albania dispose che il limite delle due armate fosse fissato sulla catena del Tomori, con la conseguenza che la 2^ compagnia fu inglobata nella 11° armata, mentre il resto del battaglione rimaneva alle dipendenze del XVVI C.A. della 11° armata.17 Nel pomeriggio del 19 novembre il Comandante del battaglione ricevette l’ ordine di avviare due compagnie a Gramshi, al fondo della val Tomorices e la terza a Berat allo sbocco della valle dell’ Osum. Da queste località le compagnie avrebbero dovuto spingersi quanto più a monte possibile e prendere contatti con le avanguardie greche, ritardandone l’avanzata il più a lungo possibile.

15 L. Palandri, La Guardia di finanza in Albania, cit. pag. 163. 16 L. Palandri, La Guardia di Finanza in Albania. cit. pag. 167. 17 Ibidem, pag.164.

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Data la distanza dall’ area di impiego, il battaglione dovette attendere 24 ore gli autocarri adibiti al trasporto di uomini, armi e mezzi. La testata della val Tomorices venne raggiunta dall’ avanguardia del battaglione, con alla testa il comandante, maggiore Salvatore Di Natale, nella mattinata del 24 novembre. Preso contatto con la divisione Piemonte, nell’ ambito della quale era inquadrato il settore affidato alla Guardia di Finanza, il maggiore schierò le due compagnie, la 1° e la 3° nella posizione di resistenza, sulla testata della valle, inviando tre plotoni su posizioni antistanti, con funzioni di presa di contatto e sicurezza. Lo schieramento venne completato la mattina del 26 novembre, con l’ afflusso del grosso delle due compagnie. La 2° compagnia, intanto, risalita la valle Osum si attestava tra il fondovalle e la displuviale con la val Tomorices, teoricamente a contatto con le altre due compagnie del III battaglione. Poiché, come si è detto, dal 26 novembre il limite delle due armate, 9°. 11° veniva fissato nella displuviale tra Osum e Tomorices, la 2^ compagnia variava dipendenza ed usciva dalla competenza del III battaglione. Le vicende di questo reparto verranno narrate quindi dopo quelle delle due compagnie rimaste nell’altra valle. La prima aliquota del battaglione si schierò sulla posizione di resistenza, sulla testata della Val Tomorices, mentre due plotoni della terza compagnia vennero spinti in avanti, sulla linea di sicurezza, in corrispondenza della confluenza dei torrenti Costanza e Capinovis.18 Il 28 novembre fu caratterizzato da una serie di ordini e contro ordini così sintetizzati dal comandante del battaglione nel diario storico del reparto.19 “28 novembre : alle ore 11 ricevo l’ordine di sospendere il movimento delle due compagnie da e per Viluscia. Alle ore 11.30 ricevo l’ ordine del colonnello Sgrugli di tener pronto il battaglione per muovere al cenno. Alle ore 16.00 ricevo l’ ordine del col. Sgrugli relativo al nuovo schieramento che dovrà assumere subito il Battaglione: una compagnia a Quafa Asher, una compagnia a monte Fagikugit e il comando del battaglione a Faggia e Kug. Alle ore 16.30 giunge a Costanza il Ten. Colonnello Leggio comandante del 1^ / 4^ che dovrà occupare le posizioni lasciate dal nostro battaglione. Mentre il Battaglione si accinge a radunarsi a Costanza, alle ore 18.00 giunge l’ ordine telegrafico del Colonnello Sgrugli di sospendere il movimento e di rimanere in posto. Contemporaneamente il Comandante del 1^ / 4^ riceve l‘ ordine di portarsi sulle posizioni che avrebbe dovuto occupare il Btg. R.G.F. Subito dopo dal Comandante del 1/4^ mi viene consegnato l ‘ordine del Com. XXVI C.A. N. 1173 del 27 volgente di rimanere sul posto a difesa della testata Tomorizza, da Gostanghes a Monte Cipes, inviando un distaccamento a Quafa Kalibarit, in modo da costituire un raddoppio difensivo a protezione di Valle Tomorizza. In conseguenza si sospende la radunata a Costanza per la serata. Tempo piovoso.” In esecuzione degli ordini, la posizione di Quafa Kalibarit venne occupata da un distaccamento di 77 finanzieri della 3° compagnia, al comando del cap. Jani Dilo e dei tenenti Kol Prela e Giovanni Marzano, quest’ultimo titolare del plotone mitraglieri. Nei giorni successivi veniva avvertito l’ avvicinamento di un battaglione greco, che nel pomeriggio del 1 dicembre attaccava il caposaldo del distaccamento, ma veniva respinto

18 Il resoconto dell’ azione del III battaglione nei giorni tra il 28 novembre e il 15 dicembre 1940 è tratto dalla relazione del comandante del reparto del 31 dicembre 1940 ASMSGF, fondo UGA fascicolo 638/23. 19 ASMSGF, fondo UGA, diario storico del III battaglione mobilitato.

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con perdite dopo un accanito combattimento. La mattina successiva riprendeva con maggior decisione l’ attacco ellenico, che impegnava i finanzieri sulla fronte e nel contempo tentava un aggiramento sulla sinistra. L’ attacco frontale venne respinto per tre volte, anche grazie a altrettanti contrassalti. Verso le ore 10 l’ attacco venne ulteriormente ripetuto, accompagnato da puntate offensive su entrambi i fianchi. La pressione dei greci aumentò gradatamente, accompagnata dal tiro preciso dei mortai che i nostri non avevano. Il caposaldo stretto su tre lati si riduceva sempre più, tanto che alle ore 13 il cap. Dilo ordinava il ripiegamento dei reparti sulla linea di resistenza. Rimase sul posto, a proteggere la ritirata, una pattuglia comandata dal sten. Marzano, già più volte ferito, con tre finanzieri ed una mitragliatrice che tenne testa ai greci difendendosi, esaurite le munizioni, con bombe a mano e baionetta, finché tutti più volte feriti ed allo stremo delle forze, nel tardo pomeriggio, vennero sommersi dai nemici.20 Cadute le protezioni antistanti la linea di resistenza, era da attendersi l’ attacco in forze delle posizioni tenute dal III battaglione, ed infatti, dopo un fuoco di preparazione con mortai e mitragliatrici, la mattina del 6 dicembre il III battaglione, venne attaccato dai greci, che però vennero respinti con perdite dai finanzieri. Il giorno successivo, alle scarse forze del battaglione venne ampliata la linea da difendere, diradando in tal modo lo schieramento. In contropartita venne assegnata al reparto una batteria di cannoni 65/13 del 3° reggimento, che però rimase impantanata nelle retrovie e non poté entrare in azione. Il giorno 8 dicembre, mentre i finanzieri avevano assunto un nuovo schieramento, che comportò anche combattimenti per sloggiare il nemico che si era infiltrato negli spazi vuoti, i greci attaccarono e sfondarono la linea tenuta dal II battaglione del 3° reggimento di fanteria, schierato sulla sinistra del battaglione della Guardia di finanza. Mentre forti pattuglie greche scendevano su Gramsh, sede del comando del battaglione, il comandante del reparto di fanteria ordinava la ritirata, lasciando scoperto il fianco sinistro dello schieramento dei finanzieri. Perciò il comando del battaglione dovette ripiegare sotto la pressione nemica prima a Rehova e poi a Tomoriza, ma la prima e la terza compagnia continuarono a combattere sulla posizione di resistenza, nonostante il pericolo di essere presi alle spalle, respingendo numerosi attacchi avversari.

20 Il sottotenente Marzano era uscito dall’ accademia nel 1939, con l’assegnazione alla tenenza di Castellamare di Stabia. Per l’ azione del 4 dicembre 1940 all’ ufficiale fu concessa la medaglia d’ oro al Valor Militare alla memoria, in quanto era stato considerato deceduto in combattimento. Invece era stato più volte ferito, ma ciò nonostante, assieme ai finanzieri Alfieri, Messina e Spini, aveva resistito facendo fuoco con la unica mitragliatrice rimasta efficiente fino all’ esaurimento delle munizioni. Aveva continuato a combattere con l’ arma individuale a bombe a mano, finché svenuto per le perdite di sangue era stato catturato. Curato dai greci, fu poi rinchiuso in un campo di concentramento in India. La motivazione della medaglia d’oro al v.m. cosi recita:« Ferito durante la difesa di importante caposaldo, volontariamente rimaneva sul posto con tre dipendenti pure feriti, dopo l'ordine di ripiegamento dato alla compagnia, per proteggere la difficile operazione di sganciamento, mentre incalzava baldanzoso il nemico. Nuovamente colpito e gravemente, dopo che la compagnia aveva già raggiunto le nuove posizioni e dopo che erano caduti i tre compagni anziché arrendersi continuava imperterrito nell'azionare l'ultima mitragliatrice rimasta efficiente e che sbarrava il passo al nemico, finché, dopo lunghe ore di leonina resistenza che meravigliava e disorientava l'avversario, si abbatteva anch'esso sulla sua arma. Magnifico esempio di eccelse virtù militari ». Fronte greco - albanese, 4 dicembre 1940. Rientrato in Italia nel 1946 prestò servizio a Napoli, Perugia, Livorno e Massa Carrara e da ufficiale superiore comandò il Gruppo di Firenze. Promosso Colonnello, fu vicecomandante dell’Accademia e Comandante della Legione di Firenze. Da Generale di Brigata comandò le Zone di Trieste, Venezia e Bologna. Lasciò il Corpo nel 1978 e risiedette a Firenze ove si spense il 26 aprile 2010.

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Anche la batteria di cannoni 65/17, che finalmente era stata schierata su posizioni adatte all’appoggio dei difensori, per motivi tecnici si ritirava nelle retrovie abbandonando anche le munizioni faticosamente trasportate fin lassù. Essendo risultate interrotte le comunicazioni con il comando del battaglione, il capitano Nicola D’amore aveva assunto la direzione delle truppe sulla linea del fuoco. Il 9 dicembre la pressione nemica si faceva insostenibile, per cui il capitano D’Amore ordinò il ripiegamento dei resti delle due compagnie su Qafa Debrid ove avrebbe dovuto trovare il plotone del brigadiere Tucci che invece aveva ripiegato in valle Osum unendosi alla seconda compagnia del capitano Bosco. Il reparto nella serata, sotto la pressione del nemico, prese posizione a sbarramento della val Tomorices, sulla linea arretrata in corrispondenza di Zoloshnje. La giornata era stata durissima e le perdite ammontavano a 43 uomini tra morti e dispersi. Numerosi erano i feriti e gravi erano le perdite di armi e materiale che si erano dovute abbandonare. Il battaglione, schierato a Zoloshnje, poteva contare su appena 110 uomini validi con solo 5 fucili mitragliatori e munizioni estremamente ridotte. Anche i reparti greci che avevano subito perdite di molto superiori a quelle italiane, dovettero fermare l’offensiva per riordinarsi e attendere rinforzi. Il giorno 12 gli ellenici ripresero l’offensiva con attacchi sempre più determinati contro le linee validamente difese dai finanzieri. Gli assalti si ripeterono per tutto il giorno, ma la notte trovava i 110 eroici difensori sulle stesse posizioni dei giorni precedenti dopo aver inflitto perdite pesanti agli avversari. Ormai era chiaro che il giorno successivo la battaglia si sarebbe riaccesa: il comandante del battaglione si affrettò a richiedere rinforzi in uomini, munizioni e appoggio di artiglieria. Prima dell’alba, però, ricevette solo una cassetta di munizioni per fucili 91. Alle ore 8 del 14 dicembre, puntualmente, il nemico si ripresentò con maggiore determinazione e con un più cospicuo impiego di truppe. I finanzieri si difesero con lo unghie e con i denti per tutta la giornata, ma all’imbrunire, esaurite le munizioni, e lanciate le ultime bombe a mano, la difesa si esaurì ed i greci ebbero buon gioco per sommergere le posizioni del battaglione. I pochi superstiti, inseguiti dal fuoco delle mitragliatrici nemiche riuscirono a raggiungere Tomorizza dove nel frattempo il 50° reggimento di fanteria, anche per effetto dell’azione ritardatrice del III battaglione aveva realizzato uno sbarramento in grado di fermare definitivamente l’avanzata nemica. A Tomorizza il comandante del battaglione fece l’appello degli uomini validi della prima e della terza compagnia: erano 29 dei 350 disponibili all’inizio del ciclo operativo: gli altri erano tutti morti, dispersi o feriti. Tra i dispersi andavano annoverati diversi finanzieri albanesi che avevano disertato ed erano passati dalla parte dei greci. Mentre la prima e la terza compagnia del III battaglione si dissanguavano nella difesa della val Tomorices, eguale sorte toccava alla seconda compagnia, che , come si è visto, era dislocata in valle Osum, alle dipendenze dei reparti di un armata diversa, in quanto la linea di demarcazione delle due grandi unità correva sulla displuviale tra i due solchi vallivi.

L’epopea della 2^ compagnia del III Battaglione.

In seguito all’occupazione di Ersek da parte delle truppe greche, si delineò la gravissima minaccia che il nemico, discendendo la valle dell’Osum, rendesse irreparabile l’avvenuta rottura delle comunicazioni tra l’undicesima e la nona armata. Mentre il Comando Superiore Forze Armate Albania provvedeva a disporre i movimenti per sbarrare la valle con la divisione alpina Pusteria, risultò necessario rallentare l’avanzata greca spingendo verso sud, alla testata dell’Osum elementi di copertura, il cui sacrificio potesse dare il tempo necessario allo schieramento delle truppe sulla nuova linea prescelta per la difesa,

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ed alla saldatura delle due ali delle armata.21 Il 19 novembre, venne perciò richiesto al Comando Superiore R. G.d.F. Albania di inviare al più presto in alta valle Osum la 2° compagnia del III battaglione mobilitato rinforzata da due plotoni mitraglieri della Guardia alla Frontiera (GaF). Per la presenza del massiccio del Tomori tra le due vallate, Osum e Tomorices (in quest’ ultimo settore operava il III battaglione con le restanti due compagnie) i due nuclei dovettero agire indipendentemente, inizialmente agli ordini diretti del Comando Superiore Forze Armate Albania, e successivamente alle dipendenze dell’ VIII Cd’A (11° armata) e del XXVI C.d’A (9° armata). La seconda compagnia fu fatta precedere da un plotone di finanzieri, offertisi volontari, al comando del tenente Eugenio Di Gregorio, che raggiunse, a marce forzate, Cerevoda la sera del 21 novembre, mentre pattuglie di cavalleria greche erano già nei pressi, a Panariti. Raggiunto dalla seconda compagnia il 26 novembre il plotone fu da essa assorbito e ne seguì le sorti. Lo sforzo fisico dei finanzieri per raggiungere, attraverso mulattiere e sentieri pressoché impraticabili, data la stagione, la linea Quafa-Kalibarit, Potomi, confluenza Bask-Osum prima dei greci, che erano molti più vicini e con comunicazioni più agevoli, fu veramente encomiabile e fu dovuto all’altissimo morale che animava quei pochi uomini, che avevano compreso quanto importante era quello che veniva loro chiesto. La fronte da sorvegliare era amplissima (poco più di 100 finanzieri per quasi 10 km), ma lo spirito era altissimo. Furono costituiti numerosi centri di fuoco, si rinunciò ad ogni riserva e, lasciati pochi finanzieri a guardia delle armi automatiche, si moltiplicarono i pattugliamenti, i fuochi notturni, sicché i greci credettero di avere innanzi truppe numerose e dopo lievi “tasteggiamenti” della sommaria linea italiana si fermarono nella loro avanzata per preparare un attacco in forze. Furono così guadagnati alcuni giorni preziosi e fu possibile alla 2° compagnia di prendere collegamento a destra con gli alpini dell’ VIII C.d’A, e a sinistra con le altre compagnie del III battaglione. L’attacco greco, in forze con appoggio di artiglieria e mortai da 81, assolutamente mancanti dalla nostra parte, si manifestò il 3 dicembre. La linea era presidiata da sinistra a destra, da un plotone di finanzieri, due plotoni mitraglieri della G.a F. e all’ estrema destra un plotone di finanzieri, mentre il primo plotone ed il plotone mitraglieri della compagnia si appostavano al centro dello schieramento, in posizione leggermente arretrata. La mattina del 1° dicembre una pattuglia venne attaccata dai greci nei pressi di Poton ed in previsione di un attacco in forze, il capitano Bosco, assieme ai due plotoni arretrati avanzò fino a quest’ultima località. Tuttavia nella stessa giornata cominciarono le defezioni dei militari albanesi che portavano con se anche le armi individuali. Nella stessa giornata, il plotone di destra comunicò che una pattuglia incaricata di collegarsi con il battaglione alpini sulla destra aveva trovato il paese di Micianit occupato dal nemico, mentre alcuni civili avevano riferito che gli alpini si erano ritirati verso sud ovest. Il capitano Bosco, per parare attacchi aggiranti sulla destra dello schieramento, dovette spostare colà un plotone già schierato a sinistra e fargli prendere posizione su un rilievo elevato, sulla mulattiera di Koprenska, a circa mezz’ora dagli altri reparti.22 Il 2 dicembre i segnali di un attacco imminente si fecero più pressanti, anche perché i greci erano indirizzati sulle posizioni italiane da disertori e civili insorti. Per prevenire un attacco

21 ASMGF, fondo UGA, fascicolo 638/23, proposta di ricompensa al V.M. per il III Battaglione. 22 ASMGF,fondo UGA, fascicolo 638/23, relazione del Ten. Eugenio Di Gregorio.

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di sorpresa il comandante del settore ordinò uno slittamento dello schieramento a sinistra verso, Quafa Kalibarit, mantenendo ferma la posizione di destra di quota 1419, sulla quale rimase il solo plotone mitraglieri. Il pomeriggio del 3 dicembre il caposaldo fu attaccato di fronte e di fianco da preponderanti forze nemiche. La resistenza disperata si protrasse fino a sera: i centri di fuoco venivano sommersi ad uno ad uno, cedevano solo per l’ esaurimento delle munizioni e la rottura delle mitragliatrici. Solo il tenente Vincenzo Carbone con sei finanzieri, riuscì nella notte a sfuggire all’ accerchiamento ripiegando su Cerovoda. Nelle stesse ore i greci attaccavano nel settore sottostante Quafa-Kalibarit una compagnia alpini, che doveva raggiungere una posizione risultata già occupata dai nemici. Il plotone che presidiava la località era comandato da un tenente albanese che impaurito dall’ azione sottostante ordinò la ritirata ai finanzieri. Il brigadiere Pagnozzi, che comandava una squadra fucilieri, gli fece osservare che, aprendo il fuoco sul nemico incalzante, si poteva appoggiare efficacemente il ripiegamento della compagnia alpini sorpresa in crisi di movimento. Il tenente, tuttavia, si ritirò con tutti i finanzieri albanesi, lasciando libero il brigadiere di comportassi come voleva.23 Questi apri subito il fuoco con i due fucili mitragliatori bloccando l’ inseguimento della compagnia alpini che poté quindi allontanarsi. Consumate le munizioni e non avendo speranze di rifornimento, il Pagnozzi diede l’ ordine di raccogliere il materiale e ripiegare, mentre egli con un finanziere al fianco teneva a bada i primi elementi nemici sparando in piedi con il fucile mitragliatore gli ultimi caricatori rimasti. La squadra del brigadiere ritiratasi su posizioni retrostanti, riuscì nuovamente a dare soccorso ad un plotone di alpini caduto in un’ imboscata, sparando sul tergo dei nemici con l’ impiego di alcuni caricatori trovati durante la ritirata. Il plotone mitraglieri della G.a.F. presidiava una posizione centrale dello schieramento. Qui si era recato, per ispezione, anche il cap. Gennaro Bosco con alcuni finanzieri, quando fu coinvolto dall’ attacco greco. Resistette a lungo, tanto che nelle prime ore del 5 dicembre ancora si udiva il crepitare delle mitragliatrici. Gli eroici difensori, tra i quali il cap. Bosco, furono tutti uccisi o catturati dagli ellenici.24 I superstiti della 2^ compagnia e dei plotoni mitraglieri della G.a.F. imbastirono nella notte del 5 dicembre una posizione difensiva arretrata in cooperazione con una compagnia di alpini. Qui la mattina i greci sferrarono attacchi che furono tutti respinti. Il giorno successivo le difese italiane vennero sottoposte ad un metodico tiro di artiglieria e di mortai, che mise fuori uso la maggior parte delle mitragliatrici e creò notevoli perdite ai difensori. Nel pomeriggio scattò l’ attacco del nemico che venne contrastato in gran parte con le armi individuali e le bombe a mano. Verso sera la situazione si fece insostenibile ed i finanzieri superstiti furono costretti a ripiegare.

23 Subito dopo essersi ritirato, il tenente albanese Gigolli Merusu si rese irreperibile disertando. 24 Il capitano Gennaro Bosco, in un primo tempo fu creduto morto. Era stato invece fatto prigioniero dei greci, e da questi passato agli inglesi, che lo inviarono in un campo di prigionia in India, dal quale tornò solo nel 1944. Fu insignito di medaglia d’ argento al V.M.

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Il brigadiere Amedeo De Ianni si offrì di rimanere sul posto per consentire il ripiegamento del reparto e con due finanzieri tenne a bada gli assalitori per alcune ore con il fuoco del suo mitragliatore finché ferito e indebolito fu catturato dai greci avanzanti.25 In questi combattimenti la vittoria arrise ai greci soltanto grazie all’ impiego di artiglierie e mortai che i nostri non avevano a disposizione. Il contegno dei finanzieri fu superiore ad ogni elogio: nessuno ebbe momenti di esitazione o di disorientamento. Tutti mantennero il loro posto calmi e sereni, difendendosi fino al completo esaurimento delle munizioni. Il 7 dicembre i pochi superstiti si riunirono a Cerovoda, poi vennero ritirati in seconda linea, ma furono utilizzati ancora, in servizi delicati, perché il loro morale era altissimo, malgrado le gravi perdite subite. Il 15 dicembre, infine, per fine missione, i pochi finanzieri della 2 compagnia ancora in efficienza furono ritirati a Berat, ove si riunirono al resto del III battaglione. 3. Le operazioni dei reparti della Guardia di Finanza al confine nord orientale dell’ Albania ebbero un grande rilievo sul piano tattico e strategico perché, come ricorda Ciano nel suo diario26, la difesa di quell’ importantissimo settore del fronte, sottoposto ad un’ improvvisa e massiccia irruzione delle divisioni greche, mentre il grosso delle Forze Armate Italiane era impegnato più a sud, fu affidata per oltre un mese ai finanzieri del circolo di Korcia in un primo tempo ed a quelli del III battaglione mobilitato quando i primi vennero sopraffatti. L’eroico comportamento delle Fiamme Gialle conseguì il meritorio risultato di frenare l’ irruzione degli ellenici che miravano a raggiungere la costa adriatica separando l’ Albania settentrionale da quella meridionale con incalcolabili conseguenze strategiche e politiche. Nel settore di Korcia e delle valli del Tomorices e dell’ Osum i greci si videro sbarrata la strada e solo lentamente e con notevoli perdite riuscirono a venire a contatto con la linea di resistenza che veniva affannosamente predisposta e presidiata con truppe che affluivano dall’ Italia. Il valore dei finanzieri, che perdettero in combattimento il 42% della forza, oltre che dal pieno conseguimento del compito affidato, è dimostrato dalle ricompense individuali ai militari: due medaglie d’ oro, tre d’ argento quindici di bronzo e ventisei Croci al Valor Militare, oltre a sei promozioni per merito di guerra e numerosi encomi solenni ma soprattutto dalle prime decorazioni concesse alla bandiera di guerra del Corpo nel

25 Il S.Brig. Amedeo DE IANNI si arruolò giovanissimo nella Guardia di Finanza. Frequentato il corso allievi finanzieri, prestò servizio nelle legioni di Udine e Trieste. Ammesso alla scuola sottufficiali di Caserta, al termine del corso di istruzione, nominato sottobrigadiere prestò servizio per due anni presso la legione di Messina. Allo scoppio della II Guerra Mondiale fu assegnato al II e poi al III battaglione mobilitato e trasferito in Albania. Dopo la cattura fu curato dai greci per le gravi ferite riportate e poi rinchiuso in un campo di concentramento a Creta. Liberato al termine della guerra italo-greca, al rientro in Patria apprese di essere stato insignito della medaglia d’oro al V.M. con la seguente motivazione:« Comandante di una squadra fucilieri, nonostante l'ordine di ripiegare, pur conscio del supremo sacrificio cui si votava, si muniva di un fucile mitragliatore e rimaneva sul posto con due guardie, riuscendo a proteggere, malgrado il nutrito fuoco di artiglieria e mortai, il ripiegamento del proprio plotone, incalzato da preponderanti forze avversarie. Caduto il tiratore, imbracciava decisamente l'arma ed in piedi, sereno ed indomito, continuava a falciare la fanteria nemica che veniva all'assalto. Esaurite le munizioni e ferito, resisteva ancora a colpi di bombe a mano, finché veniva sopraffatto dal nemico ». Hoprensha (fronte greco), 6 dicembre 1940. R.D. 27-12-1941. Subito dopo partecipa al concorso per l’ammissione per l’Accademia, dalla quale uscì con il grado di sottotenente e con il trasferimento per la tenenza di Benevento, ove poi comandò l’omonima compagnia. Dal 1958 al 1968 prestò servizio a Roma al Comando Generale, comandò il gruppo interno di Roma ed infine, promosso Colonnello, comandò la 18° legione di Roma. Lasciò il servizio attivo nel 1975, ma rimase legato alla Guardia di Finanza, ricoprendo incarichi di responsabilità nell’A.N.F.I., di cui fu anche vicepresidente nazionale. 26 G. Ciano, Diario 1939-43, cit. pag. 359:”Intere divisioni greche si dovettero fermare per la resistenza di piccoli posti di Guardia di finanza e non passarono finché l’ultimo difensore non fu caduto.”

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secondo conflitto mondiale: due medaglie al Valor Militare, delle quali si riportano le motivazioni: Circolo di Korcia, medaglia di bronzo al V.M.: ”Incaricato del servizio di copertura su un tratto della frontiera greco-jugoslava, partecipava attivamente e validamente alla tenace difesa del Korciano, ostacolando e rallentando sulla montagna impervia, la soverchiante pressione nemica. Nelle operazioni contro la Jugoslavia dava il prezioso concorso ai reparti dell’Esercito, fornendo prove di slancio combattivo e di valore. Ponte di Perati – Quf Tanes, novembre 1940.” D.P. 7 gennaio 1951. III Battaglione mobilitato, medaglia d’argento al V.M.: “Operante con scarsi effettivi e mezzi inadeguati, in zona particolarmente difficile per condizioni ambientali, contro agguerrite, preponderanti forze, imbaldanzite da precedenti successi, reagiva con superbo vigore a reiterati attacchi opponendo ostinata resistenza protratta, nel tempo, con fredda determinazione e sostanziata da audaci, sanguinosi contrattacchi. Delineatasi la crisi, decimato, a corto di munizioni, si svincolava con abile manovra e contenendo l’incalzante nemico in accaniti combattimenti, riusciva, a raggiungere la nuova linea difensiva che si era potuta predisporre in virtù della eroica, prolungata azione ritardatrice affidata al fiero Battaglione, ben degno delle gloriose tradizioni militari delle Fiamme Gialle d’Italia. ”Fronte greco-albanese, novembre – dicembre 1940.27 D.P. 15 marzo 1950.

27 Si noti come la formulazione della motivazione dell’ onorificenza sia particolarmente enfatica, tale da meglio attagliarsi ad una medaglia d’ oro al Valor Militare, anziché ad una medaglia di argento, una medaglia d’ oro che il battaglione aveva sicuramente meritata.