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LA GRAFOMANE SOPHIE BUYSE LA LEPRE EDIZIONI Può la parola diventare più potente della realtà?

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LA GRAFOMANESOPHIE BUYSE

L A L E P R EE D I Z I O N I

Può la parola diventare più potente della realtà?

schede distributori marzo 2009 24-09-2009 16:54 Page 5

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VISIONI

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Sophie Buyse

La grafomane

Traduzione dal francese di Aglae M.V. Pizzone

e Laura Masotti

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La gra f o m a n e

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© Copyright ?????? by

© Copyright 2009 by La Lepre EdizioniVia delle Fornaci, 425 – 00165 Roma

[email protected]

Progetto grafico/Francesca SchiavoniCoordinamento editoriale/Plan.ed – Roma

ISBN 978-88-96052-14-3

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Gentile Sig. Sébastien Ca s s a n d r e ,la lettera che ha davanti è una richiesta. Anche se lei non

mi conosce mi permetto di presentarmi in due parole. At t u a l m e n-te vivo a Venezia, e sto facendo uno stage presso l’Istituto psichia-trico di San Clemente, chiamato da tutti “L’isola dei pazzi”. Cilavoro di notte. Di giorno, scrivo la mia tesi. Mi rivolgo a lei perquesto. La mia tesi ha come argomento le lettere d’amore di au-tori contemporanei. Sto cercando qualcuno in grado di indiriz-zare il mio cammino e di orientare le mie letture. Conosco benei suoi tanti lavori; più di una volta la mia mano si è spostata sul-le sue righe, alla ricerca di osservazioni su amore e passione. Si nd a l l’inizio del mio percorso, mi sono lasciata guidare dai suoisaggi sul desiderio, l’erotismo, l’ e c c e s s o .

A questo punto, però, ho bisogno di ulteriori chiarimenti e mirivolgo a lei direttamente, personalmente. Sappia che l’ho sceltacome corrispondente unico.

A San Clemente sono molto isolata. La scelta di un lettore adistanza è un’esigenza che mi sono imposta per l’ e l a b o r a z i o n efinale del mio progetto. Avevo deciso di affrontare il tema dellalettera d’amore concedendomi un corrispondente che non potes-se uscire dal rapporto epistolare, così ho subito pensato a lei.Devo precisare che non mi interessa l’insegnamento in sé, mi ri-volgo al maestro fuori dalle ore di lezione: spero di ricevere percorrispondenza delle esercitazioni sul tema della lettera d’ a m o-re. È disposto a condividere con me quest’avventura epistolare?

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ferenze della mancanza. Dietro la sceneggiatura dell’amore si na-sconde un rapporto impossibile, una realizzazione che sfugge com-pletamente allo scrittore. A tratti, queste lettere precipitano chi leg-ge nei turbamenti dell’amore-passione; a tratti, bruciano la puntadelle dita, nell’esprimere l’insostenibile distanza degli amanti.

La tesi del mio lavoro è questa: le lettere che parlano dell’ i m-possibile rapporto d’amore sono la condizione stessa dell’ a m o r e .Ogni autore a cui faccio riferimento evoca a suo modo la morteo si è brutalmente trovato ad affrontarla. Kafka, come ColettePeignot, è affetto da tubercolosi, Bousquet rimane paralizzato atutte e due le gambe dopo il fallimento del suo suicidio, Artauddelira e consuma oppio...

Nelle mie notti a San Clemente scopro le varianti più tragichedelle delusioni d’amore. In questa fortezza galleggiante vivonoquattordici malati di mente, tagliati fuori dal mondo. I pazzi of-frono un aiuto prezioso a chi li sa ascoltare. Insegnano tuttoquello che non si trova nei libri. Ormai sono sicura che i messag-gi che talvolta mi fanno avere, indecifrabili e cosparsi di moccio,di macchie di caffè o di unto, sono a loro volta lettere d’amore, amaggior ragione quando non fanno che vomitare insulti.

Ci resta da definire l’aspetto pratico, economico; ovviamenteho intenzione di pagarle questi corsi per corrispondenza, questelezioni private. Vorrei monetizzare le sue parole, stipulare tranoi un contratto e rispettare un piano di lavoro rigoroso. Ecco,mi sorprendo già a parlare d’ a ffari quando ancora non so cosami risponderà! Oso sperare che lei mi dica di sì: non le proporreiquesta esperienza – mi creda – se non pensassi che anche lei nepossa trarre qualche vantaggio.

Nella migliore delle ipotesi, riceverò la sua risposta solo frauna decina di giorni. In questo periodo d’attesa mi dedicherò ascrivere la parte che analizza il linguaggio d’amore tipico dellal e t t e r a .

Signor Cassandre, mi segua in questo corteo di lettere vive!Mara Kaki

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A rivedere le mie bozze che sicuramente le sembreranno moltoi n c e r t e ?

Ormai da quasi un anno sono impegnata a leggere epistolarid’amore che mi preparano ad affrontare il tema. Mi ritrovo fi a n-co a fianco con scrittori famosi nella loro più riposta intimità, nelcuore stesso della loro vita privata. Sono autori accomunati dal-la passione per le lettere, inviate e ricevute.

La mia intenzione è quella di scoprire se proprio queste letteresiano la condizione dell’amore o se, invece, è l’amore a essere con-dizione della loro esistenza. La lettera, come oggetto d’amore, vie-ne prima della donna? Lo scrittore prima dell’uomo? In altre pa-role ancora, la creazione letteraria serve da surrogato dell’ a m o r eo ne è solo una sua manifestazione?

Ovviamente non conosco la risposta. Le lettere parlano diqualsiasi cosa e mi hanno trasmesso la stessa deformazione.Quando una lettera parla di un libro, mi viene voglia di legger-lo. Se, mentre scrive, l’autore della lettera sta ascoltando un bra-no musicale, subito voglio sentirlo anch’io. Se sta mangiando deidolci, mi viene una fame improvvisa. L’universo delle lettere mischiude nuovi sentieri e io li voglio esplorare.

Caro Cassandre, non vuole entrare con me nella realtà fra pa-rentesi delle lettere d’amore, seguire gli alti e bassi di una postadel cuore che si condivide in solitudine, pur dando l’ i m p r e s s i o n edi essere vissuta a due? Diventare complice del rapporto epistola-re di questi scrittori e condividere con me le passioni dell’ a m o r eche giace su carta?

La prego, accetti di diventare il mio revisore, il mio giudice a1300 km di distanza. Le invierò regolarmente lettere-compito, let-tere-tema incentrate sull’amore per posta. Proporrei per comin-ciare il titolo della tesi: L’amore e la morte a chiare lettere.

Perché, mi dirà, chiamare in causa la morte quando si trattainvece, chiaramente, di lettere d’amore? Le lettere che ho selezio-nato per il mio lavoro non sono però testimoni di un amore asso-luto e completo, rivelano invece il peso dell’assenza e le infinite sof-

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Frugo alla cieca in me stessa i resti di una sensibilità smarri-ta da tempo.

Secondo me i malati di mente sono dei sopravvissuti, scampa-ti a un’altra vita, e non vittime, reietti della società. Li consideromiei antenati, fossili umani dissotterrati che psichiatri-becchinihanno esumato da tombe ancestrali.

Si starà certo chiedendo cosa c’entrino i malati di mente conuno studio sulle lettere d’amore e soprattutto che legame c’è conlei. Il fatto è che sento la necessità di cominciare il mio lavoropartendo da un sapere tratto dalla follia, non voglio attingere co-noscenze dai libri. Il folle mi insegna ad aprirmi verso un non-sapere, a non trincerarmi con ostinazione dietro a conoscenze ac-quisite; mi insegna a lasciar cadere quello che altri giudichereb-bero scontato.

D’altra parte l’idea di una ricerca sugli epistolari d’amore miè venuta proprio perché, dal mio arrivo sull’isola, non ho maismesso di ricevere da parte di uno schizofrenico una gran quan-tità di messaggi scritti. All’inizio non le consideravo lettered’amore; il contenuto dei messaggi mi risultava il più delle volteincomprensibile. In realtà dietro il comportamento di questo pa-ziente cercavo la conferma che Lazzaro – così si chiama, è un di-scendente dei dogi veneziani – mi scrivesse qualcosa di diverso,non lettere d’amore, appunto. In qualche modo cercavo di proteg-germi definendo una normalità per l’amore e una norma per lalettera. Ma via via che diventavo depositaria di questi straniscritti, mi sono dovuta arrendere all’evidenza: si trattava propriodi lettere, di lettere d’amore rivolte a me. È allora che ho deciso diindagare cosa si nascondesse dietro la definizione letteraria diepistola d’amore. Così, invece di ricollegarmi a una qualche teo-ria che separasse nettamente l’amore dalla follia, sono approdataa l l’indagine sull’universalità della lettera d’amore, quanto menosu quello che si manifesta nei messaggi destinati ad altri.

Oggi mi rivolgo a lei per chiederle aiuto. Signor Ca s s a n d r e ,crede possibile rintracciare nel carattere primitivo di questi scrit-

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Gentile Sig. Sébastien Ca s s a n d r e ,non ho ricevuto nessuna risposta.

Temo di essere stata troppo esigente, considerati i suoi nume-rosi impegni. Mi permetto però di rinnovare la mia richiesta.

Come già le ho accennato nella mia prima lettera, ho scelto lasolitudine dell’isola di San Clemente per scrivere. Confesso disentirmi sostenuta e incoraggiata dai malati di mente, come seognuno di loro partecipasse all’elaborazione del mio scritto. Gr a-zie alla loro presenza, credo di riuscire a scorgere le tracce di unascrittura primordiale. In origine, la scrittura doveva essere unasemplice giustapposizione di segni sui muri, per terra o su unaqualsiasi superficie piana. I malati di mente lasciano messaggiche noi non riusciamo a leggere, ma che per loro hanno un signi-ficato ben preciso. A questo scopo si servono di tutto ciò che tro-vano a portata di mano: terra, briciole, polvere, sangue, escre-m e n t i . . .

Ho la sensazione che le loro dita colleghino, con il tatto, l’ i n-teriorità dell’uomo all’universo esterno. I loro segni vengono la-sciati a caso. È come se la loro pelle si tendesse oltre il corpo. Co-me se tappezzassero i muri e cospargessero la terra di se stessi.Camminando, si calpestano, si espandono nell’acqua o nell’ a r i a ,prendono corpo negli oggetti oppure li incorporano. Impossibileperò dire se aderiscano alle cose per avvilupparvisi o se cerchinoinvece di avvilupparle, se siano contenuto o contenitore. Mi pia-ce paragonare questi pazzi o, come dire, questi malati a creatu-re fatte di segni. Creature i cui corpi risultano illeggibili. Ognu-no di loro possiede il segreto della parola, ma ne ha perduto l’ u s oo forse rifiuta di unirsi al prossimo per entrare nel linguaggio co-mune. Nel mio lavoro passo da un linguaggio all’altro, alla ricer-ca di una risposta per decifrare questo miscuglio di codici uma-ni. Così, devo liberarmi della mia lingua, dei miei referenti lin-guistici e grafici. Sto imparando a sigillare le orecchie per affi n a-re la vista, mi imbavaglio per perfezionare l’udito, chiudo gli oc-chi per sviluppare il tatto...

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questo campo di concentramento di umana follia: le lettere chemi arrivano da Lazzaro, quelle che mando a lei e quelle degli au-tori che leggo. Per il momento alterno i messaggi che ricevo daLazzaro alla corrispondenza personale di scrittori contempora-nei. Sogno un carteggio ideale e mitico in cui le lettere possanodialogare insieme. Non penso che ci siano, nella lettera, vere se-parazioni tra il sano e il folle. Quest’idea mi fa sperare di poterrisolvere l’enigma della lettera d’ a m o r e .

Il coacervo di così tante sofferenze mi impone un regime qua-si carcerario. Vede, la maggior parte dei nostri ospiti sono con-dannati a non lasciare San Clemente; fuori nessuno vuole più sa-perne di loro. La lettera è così il mio solo legame con la terra fer-ma, quella degli uomini solidi o instabili. E per il momento nonne voglio altri di legami. Non voglio visite. Non c’è niente da ve-dere qui; la follia non si ostenta, va vissuta dal di dentro. Sonospettatrice dei deliri miei e delle psicosi dei malati mentali.

Ecco perché il mio ruolo non è quello di sorvegliare e punire.Come tutti gli altri ospiti, dormo anch’io in una piccola cella,mangio il cibo preparato dai pazienti, mi muovo tra le stessequattro mura. Non esiste un’uniforme obbligatoria per gli inter-nati, né un camice per il personale curante. Così è normale chesi crei confusione tra malati e personale dell’ospedale. Devo con-fessare che l’assenza di confini visibili, di strati di protezione, miturba: non c’è modo di rifugiarsi al riparo di un’uniforme! A SanClemente non ci sono grate, non ci sono sbarre, ma – altra facciadella medaglia – nemmeno evasioni possibili, visto che le portesono sempre aperte... La libertà di movimento è una fallace illu-sione ottica: il prigioniero è sempre chiuso nel proprio corpo e nel-la propria mente.

S a c r i fico temporaneamente il mio essere per entrare nella let-tera e uscirne solo una volta raggiunto il mio obiettivo. La lette-ra d’amore mi ha catturata, mi piego alla sua volontà e la sup-plico, signor Cassandre, di percorrere la strada con me, se veder-mi di nuovo libera significa qualcosa per lei. Sappia che non po-

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ti, i primi tratti, simili ai primi passi, per cominciare l’analisi de-gli epistolari d’autore? Vorrei mettere in relazione i due aspetti,istituire un collegamento tra i deliri epistolari del folle e la pas-sione dello scrittore. Sicuramente mi risponderà che il mio è unesperimento impossibile. Ammetto che il mio desiderio inconfes-sato sarebbe quello di mettere in relazione amore e morte trami-te la follia. Vede, trovo che l’amore per lettera sia davvero insen-sato, perché improvvisamente trasporta i membri della coppiafuori da qualsiasi realtà. Devo ricordarle quanto la lettera legit-timi e incoraggi lo sdoppiamento di personalità e il rapporto spe-culare con il proprio Io? La lettera è un oggetto che aiuta a riflet-tere, nelle due accezioni del termine. Vorrei ritrovarla dall’ a l t r aparte dello specchio.

Senza una sua risposta, sono portata a dubitare di me, delmio progetto.

Mi sento come Lazzaro che, da sei mesi, non smette di far sci-volare messaggi sotto la mia porta senza ricevere niente in cam-bio. Sono molto simile a quegli individui, uomini e donne, checiondolano parlando da soli, intimamente convinti di sentire ri-sposte che arrivano da non si sa dove. La lettera d’amore è unadolce follia e, alcune volte, una pazzia furiosa.

Lei riceve solo le mie lettere, e le appariranno sicuramente po-co significative per il lavoro che le ho proposto. Ma forse si aspet-ta esempi di lettere dei pazienti? Le lettere di Lazzaro, non glielefarò vedere, le tengo per me. Non in nome del segreto professiona-le, ma perché è un segreto e basta. Del resto non ne ha nemmenobisogno come termine di paragone: possediamo tutti dentro di noil’immagine di una scrittura automatica, caotica, grafica. A volteho paura di perdere questa scrittura primitiva sepolta in me, magrazie a Lazzaro riesco a toccarla con mano.

Ho un enorme rispetto per ogni modalità espressiva dei mieipazienti. Se non fossi attenta a ogni loro minimo tentativo di en-trare in comunicazione con me, questo lavoro mi risulterebbe in-sopportabile. Le lettere sono la chiave della mia sopravvivenza in

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cio, di castità. Ha mai sfogliato il Cantico dei cantici, il più belcanto d’amore esistente? Si tratta di un amore umano, di una di-chiarazione d’amore dell’uomo verso dio, o di una testimonianzadella tenerezza di dio verso l’uomo? Le lettere d’amore sono inter-cambiabili.

Quali legami tra questa realtà e le lettere d’amore? Ho notatoche qui a San Clemente, tra i nostri ospiti, tre sono i temi chevengono discussi: Dio, il Sesso e il Dittatore. Questi tre argomen-ti sono oggetto di accesi dibattiti tra i pazienti. Quando raccon-tano la propria vita, rimangono chiusi in se stessi e non si ascol-tano a vicenda, ma non appena viene ricordato uno di questi treargomenti, subito si crea un consenso generale. La follia trova al-lora un terreno di intesa e di riconciliazione. Ed eccomi trascina-ta al loro seguito, forse perché questi lunghi discorsi assomiglianomolto a dialoghi d’amore. Mi è sembrato spesso di sentire i nostriospiti discutere d’amore, mentre invece parlavano di religione,politica, sessualità...

Da quando ho cominciato a capire quanto potevano essere in-teressanti i discorsi dei malati di mente, mi sono chiesta se faces-sero l’amore, i nostri quattordici ospiti di San Clemente. Sa chenon esiste nessun tipo di studio sulla vita sessuale dei malati dimente? Le ricerche si limitano a descrivere eventuali traumi ses-suali avvenuti nella prima infanzia, ma niente di più. Spintadalla curiosità, ho scoperto che esistevano in effetti relazioni ses-suali tra i pazienti, ma anche tra psicoterapeuti e malati inter-nati. Questa potrebbe essere una delle ragioni per cui gli psichia-tri preferiscono pensare che il malato di mente sia “incapace dia c c e d e r e” a un vero rapporto sessuale... Eppure, ci si ama dapper-tutto, anche imprigionati nelle camicie di forza chimiche! Rara-mente si stabilisce uno scambio di lettere d’amore tra i malatiistituzionalizzati, ma alcuni si impegnano in corrispondenzeinesauribili con personalità pubbliche, con uomini politici. An-che il terapeuta è ricettacolo dei loro gridi d’amore... A proposito,Lazzaro mi scrive sempre più spesso. Non capisco il senso delle

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trà riportarmi alla luce se non attraversando con me questi labi-rinti, se non conoscendo la mia stessa prigionia. Non le sto pro-ponendo una passeggiata: grida e lamenti hanno costellato ilcammino che mi ha condotto alla lettera d’amore. Aspettando dileggerla, le porgo i miei migliori saluti,

Mara Kaki

Gentile Sébastien Ca s s a n d r e ,si ostina a non dare segni di vita. Le faccio davvero tanta

paura? È la lettera d’amore a spaventarla o la scelta di vivere aSan Clemente in mezzo ai malati di mente? Come l’amante ap-passionato che preferisce non sapere per proteggere il proprioamore o il malato di mente che si acceca rifugiandosi nei proprisogni, così si direbbe che lei non voglia guardare in faccia la re-altà. Nei suoi scritti sembra più coraggioso... Forse l’ i m p o r t a n z adei suoi studi mi ha ingannata... Stia attento, adesso è la donnache la sta mettendo in discussione. La donna, della cui esistenzaancora si dubita e che suscita interesse per quel mistero di cui èportatrice. La donna, intesa come foglio intonso o pagina biancache attende di essere riempita. Non sono solo una lettrice, vogliodavvero scoprire il ruolo della donna amata nell’ e p i s t o l a r i od’amore. Come può la donna risvegliare nello scrittore un deside-rio persino più forte di quello di amarla? È la lontananza che lafa rimanere in questa dimensione idealizzante, fonte di ispira-zione? Sì, credo sia così: mi pare assodato che la lontananza del-l’essere amato e l’assenza di rapporti fisici si trasformino in forzaispiratrice. Così, caro Cassandre, lei si deve sforzare molto per ve-dersi assegnato il ruolo di musa. Ascolto la sua bocca sorda e spiole sue orecchie mute. Inconsciamente si sta comportando da don-na! La scrittura possiede d’altronde un carattere eff e m m i n a n t e ;lasci fare a me, sono io che guido le trasformazioni.

Ancora, i temi dell’amore e del desiderio affrontati nelle lette-re sono sacri e richiedono una forma di raccoglimento, di sacrifi-

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questo rituale che parate dalla cassetta della posta e arriva al co-fanetto destinato a ricevere e proteggere le lettere d’amore? Scoprolo spazio da riempire sulla pagina bianca, i vuoti da colmare coninchiostro funambolo, volteggiante sulle righe sottili della carta.Le lettere sono a immagine e somiglianza di chi le ha scritte. En-trano nella vita di chi le riceve. Le lettere ci guardano, ci parla-no, ci toccano, rivelano lo stato d’animo dell’uomo, esalano ilprofumo della donna che le ha spedite...

Accanto a un fatto molto tecnico, materiale, esiste un processoinconscio che apre la lettera all’immaginario. Sì, associo senz’ a l-tro la lettera d’amore al diario. La forma è simile. Diario e lette-ra entrano in relazione col tempo attraverso la data del giorno incui si scrive, la regolarità che viene loro dedicata, le confidenze oi ricordi che vi si infondono mescolati all’umore del momento. C’èperò anche una differenza notevole. Non ci si separa mai dal pro-prio diario. Rimane privato, clandestino, destinato a un “a l t r o” ,sconosciuto. La lettera, invece, si spedisce e talvolta percorre di-stanze lunghissime prima di raggiungere il suo destinatario.

L’antenato della lettera risale agli scribi e alla Chanson de ge-s t e. Ha avuto sempre bisogno di un intermediario, di un terzoche faccia da tramite tra coloro che desiderano corrispondere.Quando la lettera viaggia, riceve il segno del tempo e dei luoghiattraversati, nella forma di un timbro.

Il timbro dell’impiegato postale dà ragione della sua esistenza.Fissa il suo errare. Alcuni timbri sui francobolli da collezione neaumentano il valore, proprio come il punzone sull’argento o sul-l’oro. L’amore tra due corrispondenti è simile alla passione deicollezionisti. Come “punzonare” l’altro quando non è possibile névederlo né toccarlo?

Il timbro serve da intermediario. La lettera fa parte dell’ o g g e t-to d’amore, contribuisce a rendere l’altro, l’assente, molto più pre-zioso. Le lettere sono una sorta di timbro che modifica la perso-na amata, la rende ancora più desiderabile.

Un collezionista è prigioniero della propria collezione, fi s s a t o

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sue frasi. Talvolta mette le parole una dietro l’altra, talvolta le al-linea in colonne o ancora le sparpaglia sul foglio. La cadenza ri-petitiva della sua scrittura mi impressiona, mi turba. Un flussoininterrotto di testo, da cui qualche volta si sprigiona una delica-ta sonorità. Devo ammettere che non mi lasciano indiff e r e n t e .Credo che se ne sia accorto e che questo lo spinga ad andare oltrecon la sua scrittura, come fosse una ricerca brancolante.

La lettera d’amore sfugge a qualsiasi criterio diagnostico. Mir i fiuto di trasformare le mie letture in analisi di casi clinici. Latentazione però è forte quando, nel lavoro, mi trovo a mescolarepsicanalisi, critica letteraria e analisi di scritture elementari. Ri-leggendomi, ho avuto l’atroce sospetto di aver scritto così solo perlusingarla. Il suo silenzio mi fa dire delle sciocchezze, mi fa de-viare dal mio progetto iniziale. Se almeno le mie lettere trovasse-ro in lei un’eco, mi terrei più lontana dalla scrittura psicopatolo-gica di Lazzaro.

In attesa di una sua risposta,Mara Kaki

Gentile dottor Ca s s a n d r e ,inverno arido e soleggiato allo spuntare del giorno su San

C l e m e n t e .La conduco nei labirinti del discorso d’amore prendendo stra-

de che non conducono in nessun luogo. Dove siamo destinati aperderci insieme.

Soprattutto, non mi chieda un piano di lavoro, abbandono vo-lentieri le strade battute. Inutile seguire le mie tracce a ritroso.

Come accostarsi, secondo lei, alle nozioni di spazio e di tempoproprie della lettera? Il linguaggio epistolare reca forse le caratte-ristiche di un’epoca, di un movimento di pensiero? In quale real-tà si inscrive la lettera d’amore? Segue gli orari del postino o siaccorda al ritmo delle nostre passioni? E comunque, si può asse-gnare un luogo specifico alla lettera? C’è un luogo riservato a

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Ma come tutelarsi da commercianti pronti a vendere qualsia-si cosa? Il cappello di Magritte, il reggiseno di Marilyn? Gli av-voltoi che si aggirano nelle sale d’asta spogliano le loro vittime, lefanno a pezzi fino al più piccolo lembo di carta per soddisfare lepulsioni feticiste dei compratori. Impadronendosi della reliquiadei loro idoli, credono di possederli e di appagare, calmare, alle-viare il loro desiderio sempre insoddisfatto.

Signor Cassandre, fa parte anche lei di questa razza in viad’estinzione? I veri esteti delle lettere d’amore le sanno guardaredeliziati prima di leggerle, sanno assaporare il momento dell’ a t-tesa che precede la lettura e non si precipitano su quei doni sen-za averne prima osservato l’involucro, in modo da prolungarne ilpiacere. I volumi interi di corrispondenze, pubblicati con grandedispendio e con gran clamore, ci privano di quest’attesa sublimeche ha fatto vibrare gli amanti impazienti costretti a spiare l’ a r-rivo del postino per molti giorni prima di ricevere la lettera tantodesiderata. Con il mio lavoro vorrei restituire lo spazio che, fradue lettere, è riservato all’attesa e alla privazione.

Mi pare che il fattore temporale sia essenziale per capire i pro-cessi psicologici che si succedono a ogni nuova lettera. Questo ci-clo si divide in tre tempi. Primo tempo, quello della spedizione,momento in cui si ripensa alla lettera inviata e al suo contenuto:“Quando arriverà, come reagirà l’altro a quello che ho scritto?”.Secondo tempo, quello della ricezione da parte dell’altro, quandogià si profila l’immagine di una risposta. “Che cosa mi sta scri-vendo?”. E terzo tempo, quello dell’attesa di una risposta, quan-do si contano i giorni – con il beneficio di un margine di uno odue giorni oltre i quali l’attesa diventa dolorosa. Il momento del-la spedizione può essere vissuto con gioia, mentre assimilereis e n z’altro quello dell’attesa della risposta a una forma di godi-mento. La ricezione può essere deludente, quando la risposta nonè quella sperata. Può essere troppo breve, può non tener conto diquello che era scritto nella lettera inviata.

Queste tappe segnano gli autori al momento di scrivere le pro-

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da uno spillo come la farfalla dietro il vetro. La lettera è ancheportatrice di alienazione. Spiegando le sue pagine, l’amante sco-pre di avere ali di farfalla.

L’amore genera dipendenza dalla lettera, di cui si nutre. Cosìfacendo, si lascia sfuggire qualcosa di essenziale per la sopravvi-venza di qualsiasi amore: la libertà. Quegli amanti che, comeIcaro, si sono bruciati le ali, non raggiungono mai l’altro tantodesiderato. La libertà potrebbe essere simbolizzata da una farfal-la che lentamente abbandona la sua crisalide e che, a poco a po-co, si dispiega nella luce. Quando la si infilza, non se ne possie-de ormai niente più che un’immagine inerte. Fuori dal contesto –in questo caso l’amore, per la lettera, e la natura, per la farfalla– l’amante possessivo o il collezionista perde quello che tanto loa ffascinava. Potrà possedere sempre e solo un frammento di uninsieme mitico: trascorrerà il resto del tempo a raccogliere il mag-gior numero possibile di brandelli.

Le lettere d’amore sorprendono per il loro numero; scrittori co-me Joë Bousquet, Victor Hugo, Gustave Flaubert hanno scrittonella loro vita molte più lettere che libri. Per quanto riguarda ledonne, Juliette Drouet batte ogni record: in cinquant’anni, di-ciottomila lettere d’amore indirizzate a Victor Hugo. Ge o r g eSand arriva seconda se si sommano tutti i suoi amanti, fra i qua-li Alfred de Musset (che ha ricevuto le lettere più belle). A voltequalcuna di queste epistole arriva alle case d’asta. Possono rag-giungere prezzi che superano quelli dell’edizione originale di unlibro dello stesso autore. Come si giustifica quest’interesse estremoche oggi i collezionisti mostrano per le lettere?

Il vero oggetto della loro ricerca non è il contenuto dello scrit-to in sé. Sono a caccia dell’esclusività, del carattere ogni voltaunico, e quindi inestimabile, della lettera. Il tempo gioca, natu-ralmente, a favore: le lettere sono infatti più delicate dei libri,l’inchiostro e la carta, maneggiati ripetutamente, diventano fra-gili. Si crede poi che le lettere sappiano quello che i libri non di-cono, che tocchino da vicino l’anima dello scrittore.

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destino è scandito dal ritmo dei desideri quando le lettere sono la-trici del nostro Io più segreto.

Ma r a

Gentile Sébastien Ca s s a n d r e ,dopotutto, faccio a meno delle sue risposte. Non ne aspetto

più. Con la mia ultima lettera ho scoperto che il suo silenzio so-steneva la mia scrittura, generava un testo suo malgrado. Lascrittura basta a se stessa. Può bastarle un destinatario muto,semplice ricettacolo. Assurdo credere che una sua lettera avrebbepotuto aiutarmi! La mia tesi riguarda solo me. Sono venuta aSan Clemente per arricchirmi nella solitudine e nell’ i s o l a m e n t o .Perché quindi cercare aiuto all’esterno? È una fuga! La reclusio-ne mi è necessaria. Qui, accanto ai folli, posso trovare le basi, ipuntelli per la mia ricerca.

I deliri epistolari di Lazzaro sono davvero straordinari. Unadelle sue ultime lettere parlava esplicitamente di me. Tr a c c i a v ail ritratto dettagliato di un essere nato dall’accoppiamento deinostri due corpi, mescolando le nostre anime: sano e malato,strana sovrapposizione della sua e della mia follia. Non l’ h ascritto consapevolmente. Questo strano mostro è capitato nellasua lettera per caso o per accidente. Lazzaro percepisce gli aspet-ti rimossi della mia personalità e me li rivela nelle manifestazio-ni del suo delirio. Ero tentata di rispondergli, ma per mia gran-de fortuna, il suo silenzio mi ha fatto capire che era meglio per-mettere alla scrittura di seguire il suo corso. Lei mi è di esempiosuo malgrado...

Partendo dal suo silenzio, in certi giorni mi sono messa a im-maginare che fosse morto. Dopotutto, potrebbe anche darsi che iomi rivolga a un morto. Un giorno, mi rispediranno le lettere ac-compagnate dalla dicitura d e c e d u t o. A meno che non sia scom-parso senza lasciare indirizzo...

Così mi racconto anche che uno dei suoi pazienti potrebbe es-

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prie lettere, ma anche al di fuori di qualunque scambio epistola-re. L’attesa invade le loro giornate e causa notti bianche di ansia.L’arrivo improvviso di una lettera può modificare completamentel’esistenza e suscitare euforia o angoscia. Certi scrittori diventa-no così veri barometri d’amore.

Secondo lei, cosa prova chi riceve una lettera d’amore? La leg-ge una prima volta per comprenderne il senso generale; poi ne os-serva le parole, indovina quelle che non riesce a leggere, si diver-te quando si sbaglia, ritorna indietro quando una frase lo sedu-ce. Dopo aver percorso la lettera, la guarda come si guarda unquadro. La scrittura familiare inclinata da un lato o dall’altro, lecancellature e le dimenticanze diventano innumerevoli indizi ri-velatori dell’essere caro.

Il segreto della scrittura risiede in questo messaggio disegnatodietro le parole, un’immagine del desiderio.

Tra tutte le lettere d’amore di autori occidentali, nutro un af-fetto tutto speciale per quelle di Apollinaire che inventò il calli-gramma: le parole delle sue poesie si stendevano in lungo e in lar-go, illustrazione visiva del loro contenuto.

Ci sono anche quelle di Antonin Artaud, che spediva disegni eautoritratti al centro delle sue lettere, quelle di Laure che, invece,trasformava le parole in ideogrammi e quelle di Unica Zürn cheescogitava dotti anagrammi. Le pagine si riempiono senza segui-re una configurazione rigida, regolare. Il foglio bianco non è cheun supporto per il disegno della scrittura.

Quando la lettera è scritta, rimanda l’immagine dell’ a m a t o ,d e l l’amata. Nulla è più magico di questo confronto con il mirag-gio del viso del proprio amore sulla carta. Le parole prendono al-lora ad assomigliare a note musicali; il ritornello delle frasi e del-le strofe della lettera si perpetua in noi, come un’eco che rinvia or-mai solo brandelli di messaggio.

Le lettere sono delle sfide al tempo, lo segmentano all’ i n fi n i t o .La coscienza del trascorrere del tempo non scomparirà: sarà di-menticata e sostituita dall’alternarsi delle confessioni d’amore. Il

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Seleziona, sanziona, non riesce ad articolare le musiche, gli scia-bordii, i tintinnii, i sibili...

La lettera ha sul linguaggio il vantaggio di tentare la resa inparole di un tessuto verbale ricamato con i suoni più profondi.Registra quello che non si può sentire. La lettera d’amore trasmet-te i battiti del cuore, l’accelerazione del respiro, i tremori dell’ a n i-ma. Fin dal momento in cui, scrivendole, ho cominciato la stesu-ra del mio lavoro, non ho mai smesso di sentirla in me. A mia in-saputa i suoi libri, i suoi testi si sono inscritti nella mia memo-ria, e di lì risorgono quando mi rivolgo a lei. Dialogo con lei, miarrabbio, la chiamo, taccio quando lei parla. A seconda del mo-mento modulo la tonalità, più alta o più bassa. Lei mi fa da av-versario, mi combatte, c’è conflitto tra le nostre idee antitetiche.

Si tranquillizzi, non è solo in questo suo ruolo di interlocuto-re: tutti gli autori che amo, di cui ho letto i libri, corrispondonocosì con me. Talvolta ne dimentico alcuni o li confondo. Altri gri-dano, molti parlano contemporaneamente, spesso non riesco atrascriverli tanto diventano chiacchieroni. Mi piacciono le loroc o n fidenze. A dire il vero, quello che provo è così vicino all’ a m o-re che penetro il segreto degli dèi. Allora, non ci sono più pudori,né censure o false modestie. Credo sinceramente che questo sia ilsolo mezzo di comunicare amore. La lettera è davvero maldestrarispetto ai dialoghi del cuore. So che lei è d’accordo con me, o al-meno, in questo momento mi piace pensarlo. Non ho un caratte-re litigioso. Fa bene a non rispondermi, potrei solo rimanere de-lusa dopo tutte queste lettere che già fanno parte di me. Del resto,che presunzione scrivere di lettere d’amore senza essere innamo-rati! Passerò il mio tempo a descrivere le passioni altrui, al ripa-ro di San Clemente, come una reclusa?

Lentamente, la mia lettera si sta trasformando in confessione.Scrivo per alleviare i sintomi della mia grafomania. Con lei stomettendo in pratica una terapia epistolare, mi disintossico dallamia bulimia di corrispondenza. Forse già lo sospettava: si scrivesempre a proposito di se stessi. Se trasformo il fenomeno delle let-

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sere affetto da una forma particolare di cleptomania e rubare lemie lettere. O che una paziente erotomane, non sopportando cheuna donna le scriva, potrebbe distruggere ogni lettera in cui rico-noscesse una scrittura femminile. Forse alla fine riceverò una ri-sposta, credendo che venga da lei, mentre sarà stata scritta da unpaziente che ha preso il suo posto senza che neanche io me ne ac-c o r g a . . .

L’immaginazione mi gioca davvero dei brutti scherzi.La lettera prosegue per il suo cammino. Arriva un momento

in cui diventa autonoma dal suo destinatario. La lettera si libe-ra, si apre un varco nel suo silenzio interiore. Lazzaro lo sa, nons o ffre perché non riceve risposta. Ha capito che ai suoi interro-gativi e ai suoi dubbi non risponderà mai nessuna eco di riman-do. Del resto c’è il rischio che, ricevendo una lettera, ne riman-ga talmente sconvolto da barcollare, frastornato, in una manca-ta differenziazione dall’altro: non ci sarebbe più nessun confi n etra le sue lettere, il contenuto del suo corpo e questa sedicente “ri-s p o s t a” .

Scrivendogli, corro il rischio di causare uno sconvolgimento ta-le da risvegliare in lui tutti i demoni del passato. Diventerei lacausa immediata della sua tragedia.

Per quanto mi riguarda, mi si addice di più il silenzio che l’ a t-tesa. L’attesa mi svuota, dissecca il mio inchiostro, mi mette difronte all’impotenza. Il tempo dell’attesa scorre interminabile: lesue ore, i suoi minuti sono vuoti. Il tempo del silenzio mi colma:libera i suoni che risiedono in me. Il silenzio è il messaggero del-la mia voce interiore.

Cerco questi suoni e questa voce nelle lettere d’amore. Il silen-zio è la nostra memoria profonda, vi si attingono parole d’ a l t r itempi, le parole del dolore, i canti d’amore, le grida.

Dal momento in cui una bocca si apre, ne sfugge una parola ei rumori di fondo tacciono, le voci si perdono nell’oblio. Il lin-guaggio spegne la luce interiore, non dice il dovuto. Rende perce-pibile solo una parte del sussurro che si dispiega al suo interno.

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della tecnica delle lettere anonime. Quando riuscivo ad avere l’ i n-dirizzo di sconosciuti, mandavo loro, con molta regolarità e permesi interi, lettere clandestine. Utilizzavo nomi falsi o spedivosolo le mie iniziali. Il mio piacere e la mia eccitazione cresceva-no man mano che correvo il rischio di perdere l’anonimato. Do-po un breve periodo di rodaggio, lo sconosciuto si abituava a tro-vare in cassetta una mia lettera. Appena si stabiliva un certo rit-mo, alteravo la cadenza, distanziando le lettere. Acuivo così lacuriosità e l’attesa del destinatario delle mie lettere anonime. Lu i ,catturato a sua insaputa nel giro di lettere, prendeva confi d e n z acon la misteriosa sconosciuta che lo aveva preso di mira. Pe r ò ,presto o tardi, la messinscena veniva scoperta e immediatamentela corrispondenza si interrompeva. Finché durava il gioco, e purnascondendomi nel miglior modo possibile, sognavo romantica-mente di essere riconosciuta dal mio corrispondente, quasi che lemie lettere tracciassero un identikit. Immaginavo che mi avrebbeindividuata dal profumo della busta, il giorno in cui, per caso,mi avesse incrociato.

Ma, in generale, temevo le risposte degli sconosciuti a cui scrive-vo in questo modo; non tanto per il rifiuto di proseguire la rela-zione alla luce del giorno, ma per paura di rimanere delusa. Ec-co perché mi accontentavo dei loro silenzi: se raramente ricevevouna risposta scritta, quasi sempre questa rivelava dei ben misericorrispondenti, inadatti a proseguire nella scia delle lettered’ a m o r e .

Perennemente insoddisfatta dalla scarsa fantasia e dalla man-canza di iniziativa dei giovani della mia età, mi rivolsi alla ge-nerazione precedente.

Speravo che, un giorno, da uno scambio epistolare, potesse na-scere una storia d’amore. Non riuscivo a immaginare altra formadi contatto, altra seduzione, al di là della scrittura, che mi garan-tisse anche la possibilità di mantenere le distanze. Inconsciamen-te sapevo che a ogni lettera il mio corrispondente firmava il suo

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tere d’amore in teoria, se lo razionalizzo, me ne libero. Sin dal-la mia più tenera infanzia, ho la tendenza a scrivere troppe let-tere. Ne spedisco da ogni dove, ovunque mi trovi; si tratta talvol-ta di semplici biglietti ma, più spesso, le mie pagine si riempionodi passione. Nel corso degli anni, i destinatari si sono diversifi c a-ti: sono passata dalle persone a me vicine a quelle più lontane.Durante la mia adolescenza, poco a poco questa tendenza è di-ventata cronica e disperata. Un esempio: scrivo a un carcerato,in seguito a un’inserzione comparsa su una rivista letteraria.Condannato all’ergastolo per omicidio, chiede delle foto per tap-pezzare la cella e i propri sogni a occhi aperti. Le mie lettere viag-giano da una prigione all’altra perché il mio corrispondente nonsi accontenta di scrivere: provoca disordini ed è via via trasferitoin diversi reparti di massima sicurezza. Fantastico molto su que-sto ergastolano. Ho il desiderio inconscio di appropriarmi dellasua anima di delinquente, procurandogli la sola evasione possibi-le. Un giorno, ricevo la fotografia del mio pezzo da galera: mi la-scia avvilita. Davanti a un telo che qualche puntina fissa al mu-ro della cella, esibisce il suo corpo crivellato dai tatuaggi. Le brac-cia e i pettorali villosi coperti di segni bluastri destano in me l’ o r-rore di una incisione delle lettere sulla carne viva. Il tatuaggio co-me ingrata scrittura del desiderio, della bestialità sulla pelle. Horimosso quell’immagine che non corrispondeva alla scrittura raf-finata delle sue lettere. Ma, insidiosamente, le intenzioni delmalvivente hanno oltrepassato i limiti della lettera. Si mostravageloso e screditava i miei flirt di ragazza. Si prendeva anche mol-te libertà, raccontandomi dei suoi piaceri solitari e sperava altret-tanto da parte mia. Mi sono spaventata, mi sono vista prigionie-ra di un ingranaggio perverso e alla fine ho interrotto ogni con-tatto. In seguito, mi è capitato talvolta di pensare a lui, sia rim-piangendo di aver interrotto la corrispondenza sia, al contrario,immaginando che, un giorno o l’altro, quel delinquente avrebbebussato alla mia porta per violentarmi o uccidermi.

Non contenta di questo fallimento, mi sono invaghita allora

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re le donne che mio padre desiderava: assomigliavano tutte alledonne ritratte dai suoi pittori preferiti. Credo che si fosse inna-morato di mia madre per questa ragione. Aveva visto in lei l’ i m-magine dipinta di un’altra donna. E mia madre era rimasta pri-gioniera nella cornice troppo rigida in cui lui l’aveva relegata.

Ben presto mio padre scoprì la mia grafomania. Forse ha an-che contribuito ad alimentarla nel corso dei lunghi anni di scam-bi epistolari. Ho scoperto che in mia assenza e all’insaputa dimia madre, andava in camera mia e leggeva il mio diario. Piùtardi mi sono anche accorta che mi sottraeva la corrispondenzaper leggersela di nascosto. Ogni volta studiavo nascondigli piùr a ffinati, ma lui finiva sempre per scoprire dove mettevo le mielettere. Bisogna dire che, di anno in anno, il loro volume aumen-tava e che lo spazio per nasconderle diventava sempre più esiguo.Mio padre non aveva il minimo imbarazzo ad arrogarsi il dirit-to di leggere la mia corrispondenza personale. Non si prendevaneanche la briga di dissimulare la sua azione, rimettendo le let-tere dove e come le avevo nascoste. Notavo subito un certo disor-dine o una disposizione che non era la mia e che tradiva il suopassaggio. Questa situazione mi rendeva furibonda, non possoneanche provare a descriverlo, ma non riuscivo a impedirgli diintrodursi nelle mie lettere. Mio padre si era trasformato in unguardone. Alla fine mi decisi ad adottare uno stratagemma inso-spettabile: nascondere il mio tesoro proprio nel suo covo! Ma iavrebbe cercato da lui quello che sperava di trovare da me. Il miobene era al sicuro dal nemico.

A scuola avrei voluto trovare negli insegnanti dei sostituti delpadre. La lavagna diventava un oggetto primordiale. Sostituivala lettera d’amore. Solo i professori potevano usare inchiostrobianco per scrivere le loro lettere. Quando il gesso strideva sull’ a r-desia, per me era lo spasmo di godimento delle parole a contattocon la pelle. Osservavo con attenzione le carezze della mano chesi muoveva sulla lavagna per cancellare una lezione; come proce-de il braccio, comincia dall’inizio o dalla fine del testo, oppure, se

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t e s t - a m a n t e1 a ffidando così inesorabilmente quell’amore alla mor-

te. Questa continua associazione di amore e morte rappresenta

sicuramente un tentativo di penetrare il segreto delle mie origini.

Mio padre, nato a Bruxelles e mia madre, veneziana, hanno cor-

risposto per anni interi prima di sposarsi. Ma il matrimonio e la

vita in comune hanno ucciso la lettera d’amore, e poi l’amore stes-

so. La famiglia è scoppiata e io sono rimasta con mia madre a Ve-

nezia. Mio padre è tornato a Bruxelles. Così, non mi restava al-

tro che il cofanetto con le lettere dei miei genitori, unica prova del-

l’esistenza dell’amore che mi aveva dato la vita.

Durante tutto l’anno scolastico io e mio padre ci scambiavamo

una corrispondenza molto appassionata. Lui non scriveva mai

lettere lunghe, le sue frasi erano brevi e incisive. Mi parlava sem-

pre di sé, le lettere disegnavano il suo ritratto. Quando si descri-

veva non faceva che pavoneggiarsi. Ci misi un po’ prima di capi-

re che stava cercando di sedurmi mettendosi in mostra. Non mi

scriveva nel vero senso del termine, si rispecchiava nelle sue paro-

le. E così caddi nella sua trappola. Poco a poco, le mie lettere e le

sue diventarono una sola cosa. Volevo così tanto assomigliargli

che prendevo spunto dai minimi dettagli del suo carattere che

emergevano dalle lettere, per plasmarmi una personalità a sua

immagine e somiglianza. A mia volta mi ero trasformata in

u n’immagine cristallizzata, in una ricostruzione. Arrivavo al

punto di imitarne la scrittura, la firma. Mio padre diventava

reale, nella mia vita, solo grazie alle lettere.

D’estate, ci raggiungeva e passavamo le vacanze al Lido. Usci-

vo in barca con lui alla scoperta delle isole abbandonate della la-

guna. Mi portava a visitare le ville del Palladio, mi presentava le

cortigiane del Carpaccio, le madonne del Bellini, del Ve r o n e s e ,

Tiziano o Tintoretto... Già da piccola, ero in grado di riconosce-

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1 Il gioco di parole è impossibile da rendere in italiano: test-amant (test-amante) e testament (testamento) si pronunciano, in francese, allo stesso mo-do. [N.d.T.]