LA GESTIONE DEI RIFIUTI DA COSTRUZIONE E DEMOLIZIONE La Direttiva europea 98/2008/CE, Direttiva...

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1 LA GESTIONE DEI RIFIUTI DA COSTRUZIONE E DEMOLIZIONE Ing. Fabio De Pascalis 1 – Ing. Giorgio Bressi 1 1 Premessa In Italia il settore del riciclaggio dei rifiuti inerti è stato avviato negli anni ’80 e, sebbene si sia sviluppato fino ad oggi andando a costituire un vero e proprio comparto industriale (ANPAR rappresenta in Confindustria, tramite FISE, il settore del riciclaggio dei rifiuti inerti da costruzione e demolizione), la sua crescita è avvenuta senza un adeguato controllo da parte delle Istituzioni. Basti pensare che ad oggi non esiste un censimento ufficiale degli impianti di trattamento, non esistono dati certi ed affidabili né sulla produzione di rifiuti da C&D né sulla loro gestione e non esistono strumenti tecnici e norme aggiornate relativi all’utilizzo degli aggregati riciclati. La crescente attenzione della Comunità Europea verso questo settore ha tuttavia stimolato nel tempo anche in Italia un interessamento da parte della Pubblica Amministrazione. La Direttiva europea 98/2008/CE, Direttiva Quadro sui Rifiuti, ha introdotto di recente due importanti novità che potenzialmente potrebbero determinare una svolta decisiva nel settore del riciclaggio dei rifiuti da costruzione e demolizione. Essa, infatti: 1) definisce un target di recupero dei rifiuti inerti pari al 70% da raggiungere entro il 2020; 2) introduce il concetto di end of waste. Tali novità dovrebbero spingere le istituzioni da un lato ad approfondire la conoscenza del settore degli aggregati riciclati e dall’altro a sorvegliare sulla qualità del prodotto per garantirne un intenso uso nel territorio. Ovviamente per il raggiungimento del target fissato dalla Commissione Europea, è innanzitutto necessario conoscere con buona precisione il dato di produzione annuale di rifiuti da C&D. A questo proposito si è osservato che nell’arco di una decina di anni la produzione annuale di rifiuti da C&D dichiarata da ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, già APAT, Agenzia per la Protezione dell'Ambiente e per i servizi Tecnici) è aumentata da 14 milioni di tonnellate agli attuali 56,7 milioni di tonnellate. Al riguardo, si può presumere che non vi sia stata una crescita così importante della produzione, ma semplicemente si siano cominciati ad affinare gli strumenti di calcolo. Il dato attuale, seppure già molto significativo, potrebbe quindi essere ancora sottostimato dal momento che in alcune realtà italiane, come ad esempio la provincia di Trento, sono stati stimati indici di produttività notevolmente superiori a quelli indicati da ISPRA. 1 ANPAR – Associazione Nazionale Produttori Aggregati Riciclati

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LA GESTIONE DEI RIFIUTI DA COSTRUZIONE E DEMOLIZION E Ing. Fabio De Pascalis1 – Ing. Giorgio Bressi1

1 Premessa

In Italia il settore del riciclaggio dei rifiuti inerti è stato avviato negli anni ’80 e, sebbene si sia

sviluppato fino ad oggi andando a costituire un vero e proprio comparto industriale (ANPAR

rappresenta in Confindustria, tramite FISE, il settore del riciclaggio dei rifiuti inerti da costruzione

e demolizione), la sua crescita è avvenuta senza un adeguato controllo da parte delle Istituzioni.

Basti pensare che ad oggi non esiste un censimento ufficiale degli impianti di trattamento, non

esistono dati certi ed affidabili né sulla produzione di rifiuti da C&D né sulla loro gestione e non

esistono strumenti tecnici e norme aggiornate relativi all’utilizzo degli aggregati riciclati.

La crescente attenzione della Comunità Europea verso questo settore ha tuttavia stimolato nel

tempo anche in Italia un interessamento da parte della Pubblica Amministrazione.

La Direttiva europea 98/2008/CE, Direttiva Quadro sui Rifiuti, ha introdotto di recente due

importanti novità che potenzialmente potrebbero determinare una svolta decisiva nel settore del

riciclaggio dei rifiuti da costruzione e demolizione. Essa, infatti:

1) definisce un target di recupero dei rifiuti inerti pari al 70% da raggiungere entro il 2020;

2) introduce il concetto di end of waste.

Tali novità dovrebbero spingere le istituzioni da un lato ad approfondire la conoscenza del settore

degli aggregati riciclati e dall’altro a sorvegliare sulla qualità del prodotto per garantirne un

intenso uso nel territorio.

Ovviamente per il raggiungimento del target fissato dalla Commissione Europea, è innanzitutto

necessario conoscere con buona precisione il dato di produzione annuale di rifiuti da C&D.

A questo proposito si è osservato che nell’arco di una decina di anni la produzione annuale di

rifiuti da C&D dichiarata da ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale,

già APAT, Agenzia per la Protezione dell'Ambiente e per i servizi Tecnici) è aumentata da 14

milioni di tonnellate agli attuali 56,7 milioni di tonnellate. Al riguardo, si può presumere che non

vi sia stata una crescita così importante della produzione, ma semplicemente si siano cominciati ad

affinare gli strumenti di calcolo. Il dato attuale, seppure già molto significativo, potrebbe quindi

essere ancora sottostimato dal momento che in alcune realtà italiane, come ad esempio la

provincia di Trento, sono stati stimati indici di produttività notevolmente superiori a quelli indicati

da ISPRA.

1 ANPAR – Associazione Nazionale Produttori Aggregati Riciclati

2

Anche per quanto concerne i dati relativi alla gestione di questi rifiuti, sempre ISPRA non è in

grado di fornire dati specifici ed attendibili, anche se nell’ultimo “Rapporto Rifiuti Speciali 2012”

si ipotizza che essi vengano quasi interamente destinati al riciclo/recupero.

Ciò rende necessaria una riflessione preliminare su cosa si intenda per riciclo/recupero.

È infatti importante distinguere una corretta attività di riciclaggio, che porta alla produzione di

aggregati di qualità, veri e propri materiali da costruzione, da attività in cui i rifiuti da C&D sono

usati tal quali o dopo semplici trattamenti di riduzione volumetrica.

L’apparente semplicità delle operazioni di recupero dei rifiuti da C&D ha suggerito a molti

operatori di entrare in questo mercato, anche se spesso con una evidente improvvisazione.

In molti cantieri sono intervenuti gli organi di controllo rilevando non conformità con la normativa

ambientale sul recupero dei rifiuti, così come molti direttori lavori hanno dovuto affrontare i

problemi creati da materiali inadatti per l’uso a cui erano stati dedicati.

In sostanza è necessario fare ancora chiarezza su un tema molto delicato che è stato oggetto già di

numerosi interventi normativi in questi ultimi venti anni: il passaggio da rifiuto a prodotto, il

cosiddetto end of waste.

È opportuno e necessario che si fissino precisi criteri per determinare il momento in cui il rifiuto

diventa prodotto anche, e soprattutto, in funzione delle sue caratteristiche e prestazioni. Si tratta di

dettare precise regole sulle caratteristiche geotecniche e ambientali che gli aggregati devono

possedere per essere definiti tali e trovare opportuna applicazione.

A parere di ANPAR, sarebbe opportuno che, nell’ambito del calcolo dell’obiettivo europeo, si

distinguesse la quota dei materiali effettivamente destinati a riciclaggio per la produzione di

aggregati riciclati che possono essere considerati manufatti da costruzione (raggiungimento

dell’end of waste), da quella dei rifiuti da costruzione e demolizione destinati ad altre attività che

non costituiscono un vero e proprio recupero, ma semplice “ricollocamento” di detti materiali.

Fatta questa doverosa premessa, si intendono qui affrontare più nel dettaglio le problematiche

all’interno del cantiere edile.

Nel presente articolo si considerano noti i concetti di: rifiuto, produttore di rifiuti; intermediario,

sottoprodotto, rinviando all’art.183 del D.Lgs. 152/2006 per l’esatta definizione.

2 CLASSIFICAZIONE

I rifiuti sono classificati, secondo l'origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali e, secondo le

caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi (D.Lgs. 152/06, art. 184,

c. 1).

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Sono rifiuti urbani (D.Lgs. 152/06, art. 184, c. 2):

a) i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile

abitazione;

b) i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui

alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità, ai sensi dell'articolo 198,

comma 2, lettera g);

c) i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade;

d) i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o

sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e

lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua;

e) i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali;

f) i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da

attività cimiteriale diversi da quelli di cui alle lettere b), c) ed e).

Sono rifiuti speciali (D.Lgs. 152/06, art. 184, c. 3):

a) i rifiuti da attività agricole e agro-industriali, ai sensi e per gli effetti dell'art. 2135 c.c.;

b) i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti che

derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall'articolo 184-bis;

c) i rifiuti da lavorazioni industriali;

d) i rifiuti da lavorazioni artigianali;

e) i rifiuti da attività commerciali;

f) i rifiuti da attività di servizio;

g) i rifiuti derivanti dall’attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla

potabilizzazione e da altri trattamenti delle acquee dalla depurazione delle acque reflue e

da abbattimento di fumi;

h) i rifiuti derivanti da attività sanitarie.

Sono rifiuti pericolosi (D.Lgs. 152/06, art. 184, c. 5):

- quelli il cui codice CER è contrassegnato da apposito asterisco. Detti rifiuti sono

classificati come pericolosi fin dall’origine;

- quelli la cui pericolosità dipende dalla concentrazione di sostanze pericolose e/o dalle

caratteristiche intrinseche di pericolosità indicate nei relativi allegati alla parte IV del

D.Lgs. 152/2006 e ss.mm.ii.

3 DEPOSITO TEMPORANEO

Si definisce Deposito Temporaneo il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta,

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nel luogo in cui gli stessi sono prodotti2, alle seguenti condizioni:

1) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti devono essere depositati nel rispetto delle

specifiche norme tecniche;

2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo

una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: con cadenza

almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il

quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al

massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti

non superi il predetto limite all'anno, il deposito temporaneo non può avere durata

superiore ad un anno;

3) il «deposito temporaneo» deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel

rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme

che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;

4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l'imballaggio e l'etichettatura delle sostanze

pericolose.

4 TRACCIABILITÀ DEI RIFIUTI

I produttori iniziali di rifiuti speciali non pericolosi derivanti da attività di demolizione e

costruzione (rifiuti non pericolosi da cantiere) possono tenere in deposito i rifiuti presso il luogo

di produzione nel rispetto dei criteri del deposito temporaneo (si veda la sezione “Deposito

temporaneo”) e risultano esonerati dalla tenuta del registro di carico e scarico dei rifiuti. Sono però

tenuti, nel caso di cantieri di duarata superiore a sei mesi all’iscrizione al SISTRI (sono esclusi

dall’obbligo di iscrizione i cantieri di durata inferiore a mesi sei che non dispongano di tecnologie

adeguate per l’accesso al sistema SISTRI) e se non hanno più di dieci dipendenti sono esonerati

dalla presentazione del MUD (Modello Unico di Dichiarazione ambientale).

Ciò è valido unicamente per i cantieri propriamente detti ove si producono rifiuti speciali non

pericolosi. Alla sede legale dell’impresa edile si applica quanto definito agli artt. 3 e 4 del D.M.

18/02/2011.

I produttori di rifiuti speciali pericolosi derivanti da qualsiasi attività (rifiuti pericolosi ) possono

tenere in deposito i rifiuti presso il luogo di produzione nel rispetto dei criteri del deposito

temporaneo (si veda la sezione “Deposito temporaneo”). Tali soggetti sono obbligati alla tenuta

del registro di carico e scarico dei rifiuti (fino al 30 settembre 2013 o al 2 marzo 2014 -si veda la

2 unica eccezione all’ubicazione del deposito temporaneo presso il luogo di produzione è costituita dai rifiuti prodotti da attività di manutenzione per i quali valgono le disposizioni di cui agli articoli 230 e 266 del D.Lgs. 152/06

5

sezione “Registro di carico e scarico”), fino alla piena operatività del SISTRI (SIStema di

controllo della Tracciabilità dei RIfiuti – dal 1° ottobre 2013 o 3 marzo 2014. Si veda la sezione

“SISTRI”).

Il trasporto dei propri rifiuti deve sempre essere accompagnato dal Formulario di Identificazione

del Rifiuto (FIR) mentre per quanto riguarda il trasporto dei rifiuti prodotti da terzi, a seguito della

piena operatività del SISTRI, il formulario sarà sostituito dall’apposita scheda SISTRI.

5 SISTEMA DI CONTROLLO DELLA TRACCIABILITA’ DEI RIFIU TI (SISTRI)

Istituito con DM 12 dicembre 2009, il SIStema di controllo della Tracciabilità dei Rifiuti non

risulta ancora attivo, ma il recente DM 20 marzo 2013 ne ha fissato i termini di operatività a in

due date diverse 1° ottobre 2013 e 3 marzo 2014.

Le imprese edili che producono unicamente rifiuti speciali non pericolosi (derivanti da attività

diverse da quelle di cui all’art. 184, comma 3, lett. c), d) e g) del D.Lgs. 152/06) all’interno di un

cantiere la cui durata non sia superiore a sei mesi e che non dispongano di tecnologie adeguate per

l’accesso al SISTRI, non sono obbligate ad iscriversi al SISTRI.

Sono obbligati invece all’iscrizione al SISTRI:

a) i produttori iniziali di rifiuti pericolosi;

b) i produttori iniziali di rifiuti non pericolosi di cui all’art. 184, comma 3, lett. c), d) e g)

del D.Lgs. 152/06 con più di 10 dipendenti;

c) i commercianti e gli intermediari;

d) i consorzi istituiti per il recupero e il riciclaggio di rifiuti;

e) le imprese di cui all’art. 212, comma 5 del D.Lgs. 152/06 che raccolgono e trasportano

rifiuti speciali (trasporto di rifiuti prodotti da terzi );

f) i soggetti che effettuano operazioni di recupero e smaltimento di rifiuti;

g) i soggetti di cui all’art.5, comma 10 del decreto 17 dicembre 2009 (trasporto

intermodale).

Il SISTRI è operativo dal 1° ottobre 2010. Tuttavia, le sanzioni per la mancata iscrizione ed

utilizzo del SISTRI, introdotte dal D.Lgs 205/10, si applicheranno solo a seguito della piena

operatività del SISTRI, attualmente fissata al 1° ottobre 2013 e al 3 marzo 2014. I soggetti per

i quali l’operatività del sistema è fissata al 3 marzo 2013 sono solo i produttori iniziali di rifiuti

pericolosi e i produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che hanno più di dieci dipendenti.

Per utilizzare il sistema SISTRI, è necessario dotarsi di un Personal Computer, di una stampante,

di connessione alla rete Internet e del dispositivo USB SISTRI.

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Entro il 30 settembre 2013 e il 28 febbraio 2014, gli utenti sono tenuiti a riallineare i dati con

il sistema caricando sul registro cronologico del SISTRI tutte le giacenze reali.

Per l’utilizzo del sistema e per la gestione dei casi particolari (rifiuti pericolosi prodotti nei

cantieri, rifiuti da attività di manutenzione) si può fare riferimento ai manuali utente pubblicati sul

sito www.sistri.it.

6 FORMULARIO DI IDENTIFICAZIONE DEI RIFIUTI (FIR)

Il formulario di identificazione rifiuti (FIR) è un documento di accompagnamento del trasporto dei

rifiuti che contiene tutte le informazioni relative alla tipologia del rifiuto, al produttore, al

trasportatore ed al destinatario.

La movimentazione dei rifiuti esclusivamente all’interno di aree private non necessita di

compilazione del FIR.

Il FIR deve essere redatto in 4 esemplari, compilato, datato e firmato dal produttore o dal

detentore dei rifiuti e controfirmato dal trasportatore . Le copie del formulario devono essere

conservate per 5 anni.

Una copia del formulario deve rimanere presso il produttore o il detentore e le altre tre,

controfirmate e datate in arrivo dal destinatario, sono acquisite una dal destinatario e due dal

trasportatore, che provvede a trasmetterne una al detentore.

I FIR devono essere numerati e vidimati dagli uffici dalle Camere di commercio, industria,

artigianato e agricoltura e devono essere annotati sul registro IVA acquisti (nel senso che deve

essere registrata la fattura di acquisto del formulario con l’indicazione dei codici alfanumerici

identificativi del blocco di formulari acquistato). La vidimazione dei predetti formulari di

identificazione è gratuita e non è soggetta ad alcun diritto o imposizione tributaria.

IN CASO DI TRASPORTO EFFETTUATO DA UN TERZISTA: la responsabilità del

produttore/detentore per il corretto recupero o smaltimento dei rifiuti è esclusa a condizione che il

detentore abbia ricevuto il formulario controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre

mesi dalla data di conferimento dei rifiuti, ovvero alla scadenza del predetto termine abbia

provveduto a dare comunicazione alla provincia della mancata ricezione del formulario.

7 REGISTRO DI CARICO E SCARICO

Come già indicato al precedente §4 relativo alla tracciabilità dei rifiuti, i produttori di rifiuti da

costruzione e demolizione di cui all’art.184 c.3 lett. b) del D.Lgs.152/2006, sono esonerati

dall’obbligo del registro di Carico e Scarico.

Analogamente non sono esclusi dall’obbligo della tenuta del registro di Carico e Scarico dei rifiuti

7

gli enti e le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti speciali non pericolosi derivanti

da attività di costruzione e demolizione di cui all’art. 212 comma 8 del D.Lgs. 152/06.

Gli altri soggetti obbligati alla tenuta del registro di carico e scarico dei rifiuti devono annotare

sullo stesso le informazioni relative alle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti.

Per quanto riguarda i produttori, le annotazioni devono essere effettuate almeno entro 10 giorni

lavorativi dalla produzione del rifiuto e dallo scarico del medesimo.

Il registro deve essere conservato presso il luogo di produzione del rifiuto e deve essere integrato

con i relativi formulari di identificazione. I registri devono essere conservati per 5 anni dalla data

dell’ultima registrazione.

I registri sono numerati, vidimati e gestiti con le procedure e le modalità fissate dalla normativa

sui registri IVA. I registri sono numerati e vidimati dalle Camere di commercio

territorialmente competenti.

8 MODELLO UNICO DI DICHIARAZIONE AMBIENTALE (MUD)

Il D.Lgs. 205/10 ha eliminato l’obbligo di trasmissione del Modello Unico di Dichiarazione

ambientale (MUD) per le imprese, in quanto obbligate ad aderire al SISTRI. Tuttavia, fino alla

piena operatività del SISTRI rimane vigente l’obbligo di predisposizione del MUD da presentare

entro il 30 aprile. Sono esonerati dalla presentazione del MUD i produttori iniziali di rifiuti non

pericolosi che non hanno più di dieci dipendenti (ai sensi dell’art.189 comma 3) I produttori

iniziali di rifiuti e le imprese che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti che

in passato erano tenuti alla presentazione del modello unico di dichiarazione ambientale di cui alla

legge 25 gennaio 1994, n. 70, devono comunicare le seguenti informazioni:

a) il quantitativo totale di rifiuti annotati in carico sul registro, suddiviso per codice CER;

b) per ciascun codice CER, deve essere indicata la quantità in giacenza presso il produttore;

c) per ciascun codice CER, il quantitativo totale annotato in scarico sul registro, con le

relative destinazioni;

d) per le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti,

le operazioni di gestione dei rifiuti effettuate;

e) per ciascun codice CER, il quantitativo totale che risulta in giacenza.

9 ALBO GESTORI AMBIENTALI

Le attività di trasporto dei rifiuti possono essere effettuate solo da soggetti iscritti all’Albo

Nazionale Gestori Ambientali, ente incaricato dell’iscrizione, selezione, qualificazione e controllo

delle imprese operanti nel settore della gestione dei rifiuti.

8

Le imprese edili che trasportano i propri rifiuti non pericolosi o pericolosi in quantità non

eccedenti trenta chilogrammi o trenta litri al giorno si devono iscrivere all’Albo Nazionale Gestori

Ambientali nella categoria “TRASPORTATORI DEI PROPRI RIFIUTI (produttori inizia li)

(art. 212, comma 8, D.Lgs. 152/2006)”.

In seguito all’introduzione del sistema SISTRI, i trasportatori che intendono trasportare i propri

rifiuti pericolosi devono iscrivere l’autoveicolo al SISTRI e installare la necessaria Black Box.

Le imprese che trasportano rifiuti prodotti da terzi devono essere iscritte all’Albo nelle categorie 4

o 5 (le categorie 2 e 3 risultano attualmente decadute, pertanto le autorizzazioni in tali categorie

sono valide fino alla scadenza naturale dei cinque anni).

10 SMALTIMENTO O RECUPERO DI RIFIUTI

I rifiuti prodotti dalle imprese edili possono essere conferiti solo presso soggetti autorizzati

dall’Ente competente (Regione/Provincia) all’attività di smaltimento o di recupero di rifiuti.

Tutti i soggetti che producono materiale derivante da lavori di costruzione e demolizione,

comprese le costruzioni stradali, devono adottare tutte le misure atte a favorire la riduzione di

rifiuti da smaltire in discarica, attraverso operazioni di reimpiego, previa verifica della

compatibilità tecnica al riutilizzo in relazione alla tipologia dei lavori previsti. Al fine di limitare

la produzione dei rifiuti inerti è necessario:

- favorire in ogni caso, ove possibile, la demolizione selettiva degli edifici e la conseguente

suddivisione dei rifiuti in categorie merceologiche omogenee;

- favorire, direttamente nel luogo di produzione, una prima cernita dei materiali da

demolizione in gruppi di materiali omogenei puliti;

- prevedere, ove possibile, precise modalità di riutilizzo in cantiere dei materiali in fase di

demolizione, per il loro reimpiego nelle attività di costruzione (mattoni, coppi, ecc.);

- conferire i rifiuti inerti presso i diversi impianti di gestione presenti sul territorio regionale e

regolarmente autorizzati ai sensi della vigente normativa ovvero ricorrendo ad impianti

mobili autorizzati.

Il conferimento in discarica e/o ad impianto di recupero deve avvenire (con le modalità previste

dalla normativa vigente) esclusivamente nei casi in cui non risulti possibile una delle operazioni di

riutilizzo e recupero già richiamate.

11 IMPIANTI MOBILI PER IL RECUPERO DI RIFIUTI

Gli impianti mobili di smaltimento o di recupero (utilizzati direttamente presso il luogo di

produzione del rifiuto – cantiere) devono essere autorizzati, in via definitiva, dalla Provincia ove

9

l'impresa titolare dell’impianto ha la sede legale. Per lo svolgimento delle singole campagne di

attività, è necessario comunicare alla Provincia sul cui territorio si svolge la campagna di attività,

almeno sessanta giorni prima dell'installazione dell'impianto, le specifiche dettagliate relative alla

campagna di attività.

Particolare attenzione deve essere posta agli eventuali obblighi di verifica di assoggettabilità o di

Valutazione di Impatto Ambientale, posti sia dalla normativa nazionale che da quella regionale in

materia e variabili da Regione a Regione (es. per quantità superiori a 10 ton/d)3.

12 TERRE E ROCCE DA SCAVO

Entrato in vigore il 6 ottobre 2012, il Decreto Ministeriale 10 agosto 2012 n°161 stabilisce i criteri

qualitativi da soddisfare affinché le terre e rocce da scavo siano considerate sottoprodotti4 e non

rifiuti. Abroga pertanto la disciplina precedentemente in vigore (art. 186 D.lgs.152/06) sia per gli

utilizzi industriali che per gli utilizzi in edilizia per rinterri, riempimenti, rimodellazioni e rilevati5.

È importante sottolineare che si è sviluppata una accesa discussione interpretativa tra vari portatori

di interesse nel campo dei rifiuti inerti derivanti da operazioni di scavo quali associazioni di

categoria, ordini professionali e Ministero dell’Ambiente. A seguito di tale confronto il Ministero

dell’Ambiente con una nota predisposta dalla Segreteria Tecnica in risposta ad un quesito posto

dall’Ordine dei geologi dell’Umbria, ha pubblicato una circolare esplicativa secondo la quale, il

DM 161/2012 “Regolamento recante la disciplina dell’utilizzazione delle terre e rocce da scavo”,

non si applica al materiale da scavo riutilizzato nello stesso sito in cui è prodotto. Il Ministero

interviene, altresì, con riferimento all’applicabilità della procedura prevista nel decreto ai materiali

da scavo prodotti nell’ambito dei cosiddetti piccoli cantieri (cantieri sino a 6000 mc), precisando

che il decreto “non tratta l’argomento in quanto l’art. 266, comma 7, del decreto legislativo 3

aprile 2006, n. 152 così come modificato dall’art. 2, comma 45-bis. D.lgs. n. 4 del 2008 indicava

la necessità di un diverso decreto”.

Per tutti gli altri casi il DM 161/2012 prescrive quanto di seguito indicato.

3 Si veda, ad esempio, la normativa della Regione Lombardia (L.R. n.13/2010) per cui sono esclusi dagli obblighi di verifica di assoggettabilità a VIA gli impianti mobili volti al recupero di rifiuti non pericolosi provenienti dalle operazioni di costruzione e demolizione, qualora la durata della campagna risulti inferiore a 90 giorni e degli altri impianti mobili di trattamento rifiuti non pericolosi la cui campagna abbia durata inferiore a 30 giorni. In ogni caso eventuali successive campagne sullo stesso sito dovranno essere assoggettate alla verifica di assoggettabilità a VIA. 4 L'art. 184-bis del d.lgs. n. 152/2008 nel definire il sottoprodotto stabilisce che devono essere soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

• la sostanza o l'oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;

• è certo che la sostanza o l'oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;

• la sostanza o l'oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;

• l'ulteriore utilizzo è legato, ossia la sostanza o l'oggetto soddisfa, per l'utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell'ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o la salute umana.

5 Il decreto n. 161/2012 è stato previsto all'art. 49 del d.l. n. 1/2012, convertito con la legge n. 27/2012, "Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività", che ha anche modificato l'articolo 39, comma 4, del d.lgs. n. 205/2010, introducendo la previsione che, dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale stesso, venga abrogato l'articolo 186 del d.lgs. n. 152/2006, relativo appunto alla gestione delle terre e rocce da scavo non contaminate.

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12.1 Requisiti del materiale di scavo

In base alla nuova norma, per essere gestiti come sottoprodotti, i materiali di scavo devono:

• essere generati da lavori edili di scavi in genere (sbancamento, fondazioni, trincee, ecc.)

perforazioni, trivellazioni, palificazioni, consolidamenti, opere infrastrutturali in generale

(galleria, diga, strada, ecc.) rimozione e livellamento di opere in terra, materiali litoidi

provenienti da escavazioni effettuate negli alvei, sia dei corpi idrici superficiali che del

reticolo idrico scolante, in zone golenali dei corsi d'acqua, spiagge, fondali lacustri e

marini, il cui scopo primario non è la produzione di tali materiali;

• essere utilizzati, in conformità ad un piano di utilizzo predisposto prima dell'inizio dei

lavori, per:

� la realizzazione di rinterri, riempimenti, rimodellazioni, rilevati ecc.

nell'ambito della stessa o di un'altra opera;

� sostituire materiali di cava in processi produttivi;

• essere idonei all'impiego, senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica

industriale6, e cioè possono essere sottoposti a trattamenti quali, ad esempio, la selezione

granulometrica, la riduzione volumetrica mediante macinazione, la stabilizzazione,

l'asciugatura, l'eliminazione di elementi antropici, ecc.;

• soddisfare i requisiti di qualità ambientale; la sussistenza di tali requisiti viene verificata

attraverso la caratterizzazione dei materiali, da effettuarsi prima dell'inizio dei lavori7.

Sono comunque esclusi i materiali derivanti dalle demolizioni di edifici e di altri manufatti

preesistenti.

12.1.1 PIANO DI UTILIZZO

Per gestire i materiali di scavo come sottoprodotti, il soggetto proponente presenta il piano di

utilizzo8 all'autorità competente al rilascio dell'assenso amministrativo alla realizzazione dell'opera

per la cui esecuzione è previsto lo scavo, almeno novanta giorni prima dell'inizio dei lavori.

Nel caso di opere sottoposte a procedure di valutazione ambientale, il piano di utilizzo va

presentato all'autorità competente prima dell'espressione del parere di valutazione ambientale.

a. Contenuti del piano di utilizzo

6 Le attività di "normale pratica industriale" sono definite in allegato 3 al decreto ministeriale. 7 L'allegato 4 al decreto ministeriale definisce le modalità con le quali deve essere caratterizzato il materiale che si prevede da scavare, sia per il numero dei campioni che per le modalità di campionamento. I valori di riferimento sono i valori di concentrazione soglia di contaminazione (CSC) stabiliti nella tabella 1 dell'allegato 5 alla parte quarta del d.lgs. n. 152/2006, colonna A per i siti con destinazione residenziale, colonna B per i siti con destinazione commerciale e industriale. 8 L'allegato 5 al decreto ministeriale definisce i contenuti del piano di utilizzo.

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Nel piano di utilizzo si deve:

• autocertificare che il materiale di scavo possiede tutti i requisiti di sottoprodotto, mediante

dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà9;

• individuare i siti e/o gli impianti cui verrà destinato il materiale per il suo utilizzo, con i

rispettivi soggetti esecutori del piano stesso;

• definire il luogo di deposito dei materiali in attesa di utilizzo; tale deposito può avvenire

presso il sito di produzione del materiale, presso i siti di destinazione oppure in siti di

deposito intermedi. Deve consentire, mediante apposita segnaletica, di avere informazioni

sul sito di produzione, sulle quantità di materiale depositato e deve essere separato ed

autonomo dal deposito temporaneo di rifiuti e dal deposito di materiali di altri piani di

utilizzo. La durata del deposito non può essere superiore a quella del piano di utilizzo.

Il piano di utilizzo definisce la durata e la validità del piano stesso.

b. Condizioni di utilizzo

L'utilizzo in rinterri, riempimenti, rimodellazioni, rilevati, ecc. è consentito:

• in qualsiasi sito a prescindere dalla sua destinazione urbanistica, se la concentrazione di

inquinanti rilevata rientra nei limiti di cui alla colonna A7;

• solo i siti con destinazione commerciale o industriale, se la concentrazione di inquinanti è

compresa fra i limiti di cui alle colonne A e B7.

L'utilizzo in impianti industriali in sostituzione dei materiali di cava è sempre ammesso se la

concentrazione di inquinanti rientra nei limiti di cui alla colonna A7, mentre, nel caso in cui la

concentrazione di inquinanti sia compresa fra i limiti di cui alle colonne A e B7, è ammesso solo

per la produzione di prodotti o manufatti merceologicamente ben distinti dai materiali da scavo e il

processo industriale deve apportare una sostanziale modifica delle caratteristiche chimico-fisiche

del materiale di scavo10.

c. Approvazione del piano

Entro novanta giorni l'autorità competente approva o rigetta il piano di utilizzo; in questi novanta

giorni può essere chiesto ad ARPA di verificare, a spese del soggetto proponente, la sussistenza

dei requisiti di sottoprodotto dei materiali di scavo, anche prevedendo un'indagine in

contradditorio.

d. Esecuzione del piano

La responsabilità della corretta esecuzione del piano è in capo all'esecutore, individuato dal

proponente nel piano di utilizzo prima dell'inizio dei lavori. 9 Ai sensi dell'art. 47 del dPR n. 445/2000. 10 Allegato 4 al decreto ministeriale.

12

L'esecutore ha la responsabilità in particolare di garantire la tracciabilità del materiale, attraverso

la documentazione accompagnatoria del trasporto dei materiali da utilizzare.

Il documento di trasporto deve essere redatto in conformità al fac-simile in allegato 6 al decreto e

deve essere predisposto in 3 copie:

• una per l'esecutore;

• una per il trasportatore;

• una per il destinatario.

Qualora l'esecutore del piano di utilizzo sia diverso dal soggetto proponente, una quarta copia

dovrà essere conservata dal proponente stesso.

Salvo deroghe, l'inizio dei lavori di esecuzione del piano deve avvenire entro due anni dalla

presentazione del piano stesso. Allo scadere dei tempi di validità del piano, i materiali di scavo

non possono più essere qualificati come sottoprodotti, bensì come rifiuti e devono quindi essere

gestiti secondo la disciplina di cui alla parte IV del d.lgs. n. 152/2006. Due mesi prima della

scadenza del piano, è possibile presentare un nuovo piano di utilizzo della durata massima di un

anno.

Al termine dei lavori, l'esecutore dovrà trasmettere all'autorità che ha approvato il piano di

utilizzo, la dichiarazione di avvenuto utilizzo (DAU), consistente in un'autocertificazione9 che

attesti l'avvenuto utilizzo del materiale scavato in conformità al piano stesso entro il termine di

validità del piano.

Il piano di utilizzo è conservato per cinque anni presso il sito di produzione del materiale di scavo

o presso la sede legale del proponente e dell'esecutore.

12.1.2 CASI PARTICOLARI

− Valori di fondo naturale

Nel caso in cui il proponente constati per il materiale oggetto di scavo il superamento per uno o

più elementi dei valori concentrazione soglia di contaminazione dovuto a fenomeni naturali, può

chiedere che tali valori vengano assunti come valore di fondo naturale, segnalando i superamenti

all'autorità competente e presentando un piano di accertamento per la determinazione di questi

valori di fondo da eseguirsi in contradditorio con ARPA. Una volta accertati i valori di fondo, il

proponente presenta il piano di utilizzo individuando siti di destinazione compatibili con i valori di

fondo naturale riscontrati.

− Utilizzo di materiali provenienti da siti oggetto di bonifica

13

Nel caso in cui si intenda presentare un piano di utilizzo di materiale proveniente da siti oggetto di

bonifica, i requisiti di sottoprodotto devono essere constatati in contradditorio con ARPA a spese

del proponente.

13 Problematiche e potenzialità di sviluppo del settore

13.1 End-of-waste e aggregati riciclati

Nella Decisione 1600/2002/CE del Parlamento Europeo, che istituisce il Sesto programma

comunitario di azione in materia di ambiente, si invitava la Commissione Europea a proporre

nuove norme o a rivedere la legislazione esistente “ ivi compresi tra l’altro rifiuti edilizi e di

demolizione, ......., [precisando la] distinzione tra ciò che è rifiuto e ciò che non lo è e

[sviluppando] criteri adeguati per l’ulteriore elaborazione degli allegati IIA [Operazioni di

smaltimento] e IIB [Operazioni di recupero] della direttiva quadro relativa ai rifiuti”.

Tale proposta nasceva dall’esigenza di creare un meccanismo giuridico che chiarisse quando un

rifiuto, a valle di determinate operazioni di recupero, cessi di essere tale diventando nuovamente

fruibile per il mercato come prodotto.

Dopo lunghe trattative tra la Commissione, il Parlamento e il Consiglio sulle modalità con cui

attuare tale meccanismo, nel novembre 2008 il Parlamento ha finalmente approvato la Direttiva

Quadro sui Rifiuti (Direttiva 98/2008/CE, recepita con il D.Lgs.205/2010), nella quale si introduce

(art. 6) il concetto di “Cessazione della qualifica di rifiuto”, meglio noto come end of waste.

L’obiettivo dell’introduzione di tale concetto è quello di fissare criteri tecnici e ambientali di

elevato livello per incoraggiare la produzione di prodotti riciclati di alta qualità e aumentare, così,

la fiducia dei consumatori che utilizzano tali prodotti.

La Direttiva impone pertanto, al fine di definire il momento in cui un rifiuto sottoposto a

operazioni di recupero diventi prodotto, di elaborare criteri specifici conformemente alle seguenti

condizioni:

a) la sostanza o l’oggetto è comunemente utilizzata/o per scopi specifici;

b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;

c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli

standard esistenti applicabili ai prodotti;

d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla

salute umana.

Va sottolineato come l’attenzione è giustamente posta su aspetti sia tecnici sia ambientali.

14

La nascita del nuovo prodotto può infatti essere ragionevolmente individuata nel momento in cui il

materiale è conforme a determinati standard qualitativi definiti contemporaneamente per entrambi

gli aspetti.

La conformità a tali standard deve essere inoltre garantita da un controllo di tutto il processo di

recupero, dalla gestione dei rifiuti in ingresso, attraverso il processo produttivo e la tecnologia

applicata, ai requisiti di prodotto.

In attesa della definizione dei criteri end of waste, la valutazione della qualità degli aggregati

riciclati deve avvenire sulla base di quanto previsto dalla normativa vigente: la Marcatura CE

secondo le Norme Europee Armonizzate (per i requisiti tecnici) e Test di Cessione (per i requisiti

ambientali).

Nella Fig. 1 si illustra il percorso di valutazione della qualità che analizza il prodotto finale dal

punto di vista sia tecnico che ambientale.

Fig. 1: Schema di verifica dei criteri di qualità del prodotto finale

15

Una volta individuati i criteri end of waste, sarà comunque necessario dotarsi di un sistema di

controllo che assicuri che questi vengano applicati nel modo corretto e che la qualità degli

aggregati riciclati realmente li soddisfi. Tutto ciò indica l’esistenza di un mercato maturo in cui i

produttori di aggregati riciclati hanno la percezione della qualità dei loro prodotti e manifestano

l’intenzione di investire nel passaggio da una lavorazione artigianale ad una industriale.

È importante infatti distinguere tra una corretta attività di riciclaggio, che porta a produzioni di

aggregati di alta qualità, e attività in cui i rifiuti da C&D sono usati come materiali da costruzione

tal quali o dopo semplici trattamenti di riduzione volumetrica.

Nella realtà italiana sarebbe già un buon risultato chiarire che un rifiuto frantumato diviene un

prodotto solo se risponde a determinate caratteristiche dettate dalla normativa tecnica nazionale

e/o internazionale, ed è marcato CE.

Per quanto concerne la tipologia di trattamento, allo stato attuale, considerato che i flussi di rifiuti

conferiti agli impianti risultano estremamente eterogenei, le tecnologie che riescono ad ottenere la

qualità degli aggregati riciclati rispondenti alle norme tecniche di settore sono quelle in grado di

garantire le fasi meccaniche di macinazione, vagliatura, selezione granulometrica e separazione

della frazione metallica e delle frazioni indesiderate.

13.2 Ipotesi di sviluppo, criticità e possibili raccomandazioni

Il settore del riciclaggio dei rifiuti da C&D vedrà nei prossimi anni, grazie alle restrizioni imposte

al settore dei materiali naturali ed alle misure che dovranno necessariamente essere adottate per

raggiungere davvero l’obiettivo di recupero del 70% imposto dalla Direttiva Quadro, un notevole

sviluppo.

Ad oggi infatti, sebbene la normativa, italiana ed europea, sia chiaramente a favore del riciclaggio

dei rifiuti inerti e dell’utilizzo degli aggregati riciclati alcuni nodi critici hanno ostacolato il

decollo del settore.

Nel seguito vengono individuate alcune misure, che insieme al nuovo impulso fornito dalla

Direttiva, potrebbero incentivare lo sviluppo del settore.

13.2.1 Censimento dei rifiuti da C&D

Sarebbe opportuno non stimare la produzione di rifiuti, ma averne una effettiva quantificazione,

adottando quindi metodi deduttivi e non induttivi. A questo scopo sarebbe assai utile un intervento

sulle Pubbliche Amministrazioni e sulle Stazioni appaltanti che autorizzano i lavori di

16

demolizione e di costruzione. Sarebbe infatti sufficiente introdurre nella modulistica delle

Amministrazioni locali e delle Stazioni appaltanti necessaria per ottenere le autorizzazioni ad

effettuare tali lavori, la stima obbligatoria, attraverso la redazione di un piano di gestione dei rifiuti

in cantiere, da parte del professionista che presenta la documentazione tecnica, delle quantità di

rifiuti che si verranno a produrre ed il loro destino; tale piano di gestione dei rifiuti in cantiere

dovrà avere un riscontro consuntivo per la chiusura amministrativa dei lavori. Laddove tale

strumento è stato introdotto è risultato particolarmente efficace.

Si richiama, a tal proposito, il Regolamento Regionale della Puglia n.6 del 12/06/2006 prevede

che tutti i progetti riferiti alla costruzione, al rifacimento, alla ristrutturazione ed alla

manutenzione straordinaria di opere, sia di interesse pubblico che privato, devono allegare alla

domanda un elaborato che indichi il bilancio di produzione di materiale da scavo e/o da

demolizione e/o di rifiuti.

13.2.2 Applicazione delle norme sul GPP e sulla marcatura

Il DM 203/03 ha introdotto l’obbligo di utilizzo dei materiali riciclati da parte della pubblica

amministrazione (nel nostro caso, in particolare, degli aggregati riciclati nelle infrastrutture), ma di

fatto tale decreto non è mai stato applicato.

Indipendentemente dall’applicazione del DM 203/03 le pubbliche amministrazioni potrebbero

svolgere un ruolo importante nel mercato degli aggregati riciclati dirigendone e stimolandone la

domanda.

Anche l’adozione del Green Public Procurement (o cosiddetti acquisti verdi) potrebbe fornire un

significativo impulso al mercato degli aggregati riciclati. Nel 2010 è stato istituito presso il

Ministero dell’Ambiente il gruppo di lavoro per la definizione dei criteri ambientali minimi da

inserire nei capitolati per la costruzione e manutenzione delle strade (Gruppo di lavoro “Green

road”).

L’obbligo di marcatura CE degli aggregati sciolti non è assolutamente osservato dai produttori né

richiesto dal mercato. In verità già l’applicazione di un adeguato sistema di marcatura da parte del

produttore potrebbe risolvere la gran parte dei problemi del mercato degli aggregati riciclati.

13.2.3 Adozione di strumenti tecnici aggiornati

Tra i motivi della ridotta diffusione dell'utilizzo e della produzione su larga scala degli aggregati

riciclati può annoverarsi l'assenza o la carenza di specifici strumenti come i Capitolati Speciali

d'Appalto. È pertanto opportuno che la Pubblica Amministrazione si adoperi affinché i Capitolati

17

Speciali d'Appalto vengano aggiornati sulla base della più recente normativa tecnica europea, che

non distingue più gli aggregati per la loro natura, ma per le loro caratteristiche (ovviamente

dichiarate nella marcatura CE del prodotto).

Capitolati moderni così formulati, non discriminando sulla natura dei materiali, aprirebbero al

libero mercato la scelta dei materiali da impiegare nelle costruzioni, in funzione della destinazione

d’uso.

L’introduzione inoltre della voce “aggregati riciclati” nei prezziari delle opere edili contribuirebbe

a agevolare l’utilizzo di tali materiali.

13.2.4 Pubblicazione di una norma tecnica specifica per la costruzione delle infrastrutture

Da tempo il campo delle costruzioni stradali è stato individuato come il più idoneo ambito di

impiego di aggregati riciclati. A seguito del ritiro della Norma UNI 10006/2002, avvenuto nel

2004, mancano attualmente nel panorama normativo tecnico italiano delle linee guida relative

all’ambito delle costruzioni stradali che prevedano i requisiti minimi per i materiali da utilizzare

per la realizzazione dei diversi strati dell’opera. Tale problematica dovrebbe tuttavia essere risolta

a breve in quanto l’UNI è in procinto di pubblicare finalmente una nuova revisione della norma

UNI10006.

13.2.5 Adozione dei criteri End of Waste

Sebbene sia ormai consolidato che gli aggregati riciclati garantiscano le medesime caratteristiche

prestazionali degli aggregati naturali impiegati nelle opere stradali, l’originaria “natura” (rifiuto)

del materiale in uscita dal processo di recupero induce nell’utilizzatore una sorta di diffidenza. È

pertanto opportuno e necessario che si fissino, così come previsto dalla nuova direttiva sui rifiuti,

precisi criteri per determinare il momento in cui il rifiuto diventa materiale in funzione delle sue

caratteristiche e prestazioni (end of waste). Si tratta di dettare precise regole sulle caratteristiche

geotecniche e ambientali che gli aggregati devono possedere per essere definiti tali e trovare

opportuno impiego.

14 Conclusioni

La situazione di generale crisi del settore delle costruzioni dovrebbe favorire l’impiego di risorse

più economiche e più ambientalmente sostenibili.

Al contrario, la situazione delle imprese di riciclaggio dei rifiuti inerti è sempre più difficile e non

riesce a sbloccarsi, nonostante le indicazioni della Commissione Europea, recepite dalla normativa

18

nazionale e regionale, dovrebbero favorire lo sviluppo di un fiorente mercato degli aggregati

riciclati.

Al momento attuale il mercato non ha dato soddisfazione agli operatori che si sono impegnati sia

tecnicamente sia economicamente per migliorare la qualità dei propri prodotti.

Le norme ed i controlli si sono concentrati in passato molto più sulle caratteristiche ambientali che

su quelle geotecniche dei prodotti, con il risultato che difficilmente si riesce a “chiudere il ciclo”,

cioè a passare da un rifiuto ad un prodotto realmente utilizzato nelle costruzioni.

Il mercato è stato invaso da prodotti scadenti che hanno generato molta diffidenza negli

utilizzatori.

Oggi siamo di fronte alla possibilità di cambiare approccio al problema e di capovolgere

l’impostazione precedente.

Focalizzare l’attenzione delle norme e dei controlli sulle caratteristiche del prodotto finale

permetterebbe di raggiungere i seguenti obiettivi:

1) fine del mercato dei prodotti scadenti e non adeguati all’uso previsto;

2) necessità da parte degli operatori del settore di adeguare i propri sistemi di produzione agli

standard qualitativi più recenti;

3) permettere un più semplice ed efficace confronto tra i materiali di diversa natura sulla base

delle loro caratteristiche e non della loro origine;

4) consentire un più razionale utilizzo delle risorse naturali (aggregati), dedicando i più pregiati

agli usi più nobili;

5) supportare, da un lato, gli operatori che si impegnano nella conoscenza delle caratteristiche

dei propri prodotti, che si sforzano di migliorare i propri processi produttivi, che rispettano le

complesse normative tecniche di settore, e dall’altro, la pubblica amministrazione per favorire

lo sviluppo anche nel nostro Paese di un mercato degli aggregati più maturo e consapevole

regolato da norme chiare e precise e da controlli adeguati.

ALLEGATI

1. Stralcio dell’elenco CER (capitoli 13, 15, 16 e 17).

2. Formulario – esempio di compilazione.

3. Registro di carico e scarico – esempio di compilazione