La fisiologia del digiuno -...

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La fisiologia del digiuno In che modo il corpo umano si adatta a un prolungato digiuno? Studi su individui sottoposti a digiuno indicano come meglio utilizzare il cibo quando è scarso e anche come la richiesta di proteine e di calorie sia collegata di Vernon R. Young e Nevin S. Scrimshaw o 5 10 15 20 25 30 DURATA DEL DIGIUNO (IN GIORNI) Uno studio classico fatto da L. Luciani nel 1890 mostra come il peso del corpo dimi- nuisca con il tempo di digiuno. La diminuzione non è lineare (linea tratteggiata) ma rallenta con il tempo (linea continua). Quando il soggetto di questo esperimento ha co- minciato il digiuno pesava 63 chilogrammi mentre dopo 29 giorni ne pesava soltanto 51. "" ......... , , ...., ..... r n ..„, ..., .., ..„ 100 96 92 88 84 so 76 72 I l corpo ha una capacità notevole di sopravvivere senza cibo per lunghi periodi. Vi è il caso ben documen- tato di Terence MacSwiney, il rivoluzio- nario irlandese e sindaco di Cork che nel suo famoso sciopero della fame in una prigione inglese nel 1920 soprav- visse per 74 giorni prima di morire di inedia. t stato dimostrato più volte che il biblico periodo di digiuno di 40 gior- ni e 40 notti è senz'altro nelle possibili- tà di un adulto sano. Recenti esperimen- ti di digiuno totale da parte di persone obese al fine di ridurre il peso hanno dato dei risultati notevoli. Degli indivi- dui obesi sono stati senza cibo fino a otto mesi e sono usciti dalla prova in buone condizioni. In che modo il corpo si adatta a un digiuno prolungato? Quantunque il sa- pere come sopravvivere nonostante la fame non sia di grande utilità per mi- gliorare il problema della fame croni- ca e delle carestie che colpiscono gran parte dell'umanità come risultato di po- vertà, siccità e guerre, il quesito non manca di importanza pratica. Dalle ri- cerche sulle risposte del corpo alla pri- vazione di cibo possiamo imparare mol- to sui suoi specifici bisogni nutrizionali. Studi sugli adattamenti fisiologici e bio- chimici al digiuno hanno chiarito un gran numero di problemi, dalle diete appropriate per ridurre il peso a piú ef- ficienti regimi di utilizzazione del cibo quando questo venga a diminuire in pe- riodi di emergenza. Inoltre, essi hanno aumentato le conoscenze sulla malattia da digiuno chiamata « marasma » che è in aumento in molti paesi in via di svi- luppo perché le madri rinunciano a un allattamento prolungato e i loro figli non ricevono una dieta sostitutiva ade- guata durante un periodo tanto critico nello sviluppo corporeo. Studi sperimentali sugli effetti della privazione di cibo per periodi molto lunghi cominciarono verso l'inizio del secolo. Uno studio classico fu condotto nel 1915 da F. G. Benedict del Carnegie Nutrition Laboratory a Boston; egli stu- diò un soggetto volontario che digiunò per 31 giorni. Negli anni '40 Ancel Keys e i suoi collaboratori all'Università del Minnesota studiarono dei volontari tenuti a dieta di semi-digiuno (circa 1600 calorie al giorno) per 168 giorni. Questi esperimenti sono stati seguiti da prove di astinenza da cibo per il tratta- mento dell'obesità; i pionieri in questo campo furono Garfield G. Duncan della Pennsylvania School of Medicine e Walter Lyon Bloom del Piedmont Hos- pital di Atlanta. Un gran numero di pazienti obesi si sono sottoposti a un trattamento di di- giuno totale per lunghi periodi di tempo sotto attenta osservazione, in centri del- l'America del nord e dell'Europa e in tutti i casi non vi sono state serie com- plicazioni. I digiuni più lunghi riportati sono stati quelli di due donne trattate da T. J. Thompson e collaboratori allo Stobhill Generai Hospital e al Ruchill Hospital di Glasgow. Una era una don- na di 30 anni che non toccò cibo per 236 giorni riducendo il suo peso da 127 a 83 chilogrammi; l'altra paziente, una donna di 54 anni, digiunò per 249 gior- ni e ridusse il suo peso da 128 a 94 chi- logrammi. Dei 13 pazienti digiunanti del gruppo di Thompson, nessuno di- mostrò alcun effetto secondario negati- vo che si potesse attribuire a mancanza di cibo. Vi sono stati parecchi casi di decesso altrove tra i pazienti obesi di- giunanti, ma in tutti i casi, tranne uno, i decessi erano apparentemente dovuti a condizioni mediche preesistenti che erano state aggravate dalla obesità più che dal digiuno in se stesso. L'unica ec- cezione è stata quella di una ragazza di 20 anni che in 30 settimane di digiuno totale ridusse il suo peso da 118 a 60 chilogrammi. Sette giorni dopo aver ri- preso a nutrirsi, il suo battito cardiaco divenne irregolare e mori di una fibril- lazione ventricolare al nono giorno. E. S. Garnett e i suoi collaboratori del Ge- nerai Hospital di Southampton in In- ghilterra trovarono che questa paziente non soltanto aveva perso il tessuto adi- poso, ma aveva anche consumato, du- rante il digiuno, metà della massa di tes- suto non adiposo del corpo, compresa parte del tessuto fibroso del muscolo cardiaco. Per spiegare la capacità del corpo di mobilitare le sue risorse interne per so- pravvivere in assenza di cibo, dobbiamo passare prima in rivista i suoi fabbiso- gni chimici. L'elemento di prima neces- sità, è naturalmente il combustibile che fornisce energia alle funzioni vitali. Di solito il principale combustibile è il glu- cosio, e il suo utilizzatore più importan- te è il cervello, per il quale il glucosio è essenziale quanto l'ossigeno. Una ra- pida caduta del livello dello zucchero nel sangue, che deve fornire continua- mente glucosio al cervello, produce al- terazioni del comportamento, confusio- ne, corna e, se prolungata, danni strut- turali al cervello che provocano la mor- te. Nel corpo a riposo il cervello consu- ma circa 2/3 di tutto il glucosio che vie- ne fornito con la circolazione, mentre consuma circa il 45% del rifornimento di ossigeno. La maggior parte del terzo restante di glucosio va ai muscoli sche- letrici e ai globuli rossi. Il cervello umano richiede tra i 100 e i 145 grammi di glucosio (equivalenti a circa 400-600 calorie) al giorno. La principale riserva di glucosio del corpo, sotto forma di glicogeno nel fegato, è notevolmente inferiore a 100 grammi, e parte di questa riserva non è ordinaria- mente a disposizione perché il fegato tende a conservare una certa quantità di glicogeno per delle eventuali situazio- ni di emergenza che il corpo deve essere pronto a fronteggiare. Come risultato, la riserva di combustibile del fegato può sopperire alle necessità del cervello sol- tanto per poche ore. Infatti il glucosio di riserva non è sufficiente per la dura- ta del digiuno notturno tra la cena e la colazione. Tra i pasti il fegato comincia a radunare dai tessuti del corpo i mate- riali per sintetizzare il glucosio richiesto. Abbiamo trovato, esaminando alcuni individui nel nostro laboratorio all'Isti- tuto di Tecnologia del Massachusetts, che in un individuo che ha consumato un pasto alle ore 22 certi amminoacidi che sono precursori della sintesi del glu- cosio cominciano ad accumularsi nel plasma sanguigno verso l'una di notte e continuano ad aumentare fino alla co- lazione. L'aumento degli amminoacidi sta a indicare che le proteine nei musco- li scheletrici vengono decomposte a po- co a poco per fornire il materiale neces- sario per la produzione di glucosio da parte del fegato. L'analisi del sangue mostra anche che nello stesso tempo il sangue contiene acidi grassi liberi che derivano dalla decomposizione dei tri- gliceridi nei tessuti grassi e sono capa- ci di fornire energia ad altri tessuti ol- tre a quelli del sistema nervoso. I n effetti, se la decomposizione delle proteine continuasse alla velocità ini- ziale, i muscoli scheletrici si esaurireb- bero rapidamente e il corpo non potreb- be sopravvivere per lungo tempo. Come vedremo, col prolungarsi del digiuno entrano in gioco altre fonti di energia per il cervello. Prendiamo innanzitutto in esame il contributo delle proteine. Durante il primo periodo di digiuno. il corpo di un uomo medio (65 chilo- grammi) sintetizza circa 160 grammi di glucosio al giorno. La maggior parte è prodotta dal fegato, ma anche la cortec- cia renale sintetizza una quantità ap- prezzabile di glucosio. La perdita di proteine implicata e le perdite sostan- ziali di minerali del corpo (come calcio, potassio e magnesio) provocano una perdita dell'acqua associata nel corpo con queste sostanze, e questo è il prin- cipale fattore responsabile della perdita di peso iniziale. Tuttavia, man mano che il digiuno continua, una parte sem- pre maggiore della perdita di peso è im- putabile al consumo di grasso corporeo. Grammo per grammo, il grasso è molto più ricco di energie di quanto non lo siano altre sostanze nutrienti; il grasso fornisce circa 9 calorie per gram- mo di peso nel corpo, mentre le protei- ne forniscono soltanto 2 calorie per grammo e i carboidrati soltanto I calo- ria per grammo. Di conseguenza, ogni unità di consumo di grasso corporeo dà molta più energia al corpo digiuno. Questo è probabilmente il principale fattore che rallenta la perdita di peso man mano che il digiuno si prolunga (si veda l'illustrazione in basso). Infine il grasso consumato durante la continua perdita di peso in persone obese forni- sce essenzialmente tutte le energie ne- cessarie al corpo. Vi è un interessante problema relati- vo a che cosa significhi la perdita di pe- so a livello cellulare. Questa perdita si concreta in diminuzione della grandez- za cellulare o in una riduzione del nu- mero delle cellule? Studi svolti su ani- mali hanno mostrato che il digiuno to- tale o quasi totale può ridurre il nume- ro delle cellule o delle fibre dei muscoli scheletrici. Nell'uomo sono stati condot- ti pochi studi specifici per quanto ri- guarda questo problema. Le radiografie del torace di persone digiunanti hanno indicato che il cuore si riduce in misu- ra, ma non hanno indicato invece se questo è dovuto a una riduzione della grandezza delle cellule o del loro nume- ro. Jules Hirsch della Rockefeller Uni- versity ha ottenuto delle informazioni un po' più consistenti. Egli ha studiato un gruppo di adulti obesi che erano sta- ti alimentati soltanto con 600 calorie al giorno e avevano perso 45 chili di peso corporeo. Esaminando le cellule dei tes- suti grassi, raccolte mediante una sirin- ga ipodermica, aveva trovato che le cel- lule erano diminuite in grandezza di cir- ca il 45%. Tuttavia, il numero delle cel- lule non era cambiato in modo apprez- zabile, tranne che in poche persone le quali avevano raggiunto perdite parti- colarmente forti di grasso corporeo. George F. Cahill jr. dell'Elliott P. Joslin Research Laboratory della Diabe- tes Foundation, che è lo studioso più importante degli aspetti biochimici del digiuno nell'uomo, ha osservato le va- riazioni del metabolismo di persone obese durante il digiuno. Analizzando il contenuto di metaboliti del sangue dal muscolo scheletrico, ha trovato che al- l'inizio del digiuno (poco tempo dopo che un pasto è stato digerito e assorbi- to) il sangue mostra un aumento di am- minoacidi liberati dalle cellule del mu- scolo. Di questi amminoacidi, che for- niscono il substrato per la sintesi del glucosio da parte del fegato, il pi tí im- portante è l'alanina. Inoltre risulta che l'alanina somministrata per iniezione può aumentare la produzione di gluco- sio, come è mostrato da un aumento del livello del glucosio nel sangue. La quantità di alanina liberata dalle cellule del muscolo è sorprendente, in quanto l'alanina costituisce soltanto il 7% del contenuto totale di amminoaci- di nelle proteine cellulari. Sembra che la maggior parte dell'alanina liberata dalle cellule durante il digiuno non sia direttamente prodotta dalla decomposi- zione delle proteine, ma che sia sintetiz- zata dall'immediato precursore dell'ala- 30 31

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La fisiologia del digiuno

In che modo il corpo umano si adatta a un prolungato digiuno? Studi suindividui sottoposti a digiuno indicano come meglio utilizzare il ciboquando è scarso e anche come la richiesta di proteine e di calorie sia collegata

di Vernon R. Young e Nevin S. Scrimshaw

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DURATA DEL DIGIUNO (IN GIORNI)

Uno studio classico fatto da L. Luciani nel 1890 mostra come il peso del corpo dimi-nuisca con il tempo di digiuno. La diminuzione non è lineare (linea tratteggiata) marallenta con il tempo (linea continua). Quando il soggetto di questo esperimento ha co-minciato il digiuno pesava 63 chilogrammi mentre dopo 29 giorni ne pesava soltanto 51.

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l corpo ha una capacità notevole disopravvivere senza cibo per lunghiperiodi. Vi è il caso ben documen-

tato di Terence MacSwiney, il rivoluzio-nario irlandese e sindaco di Cork chenel suo famoso sciopero della fame inuna prigione inglese nel 1920 soprav-visse per 74 giorni prima di morire diinedia. t stato dimostrato più volte cheil biblico periodo di digiuno di 40 gior-ni e 40 notti è senz'altro nelle possibili-tà di un adulto sano. Recenti esperimen-ti di digiuno totale da parte di personeobese al fine di ridurre il peso hannodato dei risultati notevoli. Degli indivi-dui obesi sono stati senza cibo fino aotto mesi e sono usciti dalla prova inbuone condizioni.

In che modo il corpo si adatta a undigiuno prolungato? Quantunque il sa-pere come sopravvivere nonostante lafame non sia di grande utilità per mi-gliorare il problema della fame croni-ca e delle carestie che colpiscono granparte dell'umanità come risultato di po-vertà, siccità e guerre, il quesito nonmanca di importanza pratica. Dalle ri-cerche sulle risposte del corpo alla pri-vazione di cibo possiamo imparare mol-to sui suoi specifici bisogni nutrizionali.Studi sugli adattamenti fisiologici e bio-chimici al digiuno hanno chiarito ungran numero di problemi, dalle dieteappropriate per ridurre il peso a piú ef-ficienti regimi di utilizzazione del ciboquando questo venga a diminuire in pe-riodi di emergenza. Inoltre, essi hannoaumentato le conoscenze sulla malattiada digiuno chiamata « marasma » che èin aumento in molti paesi in via di svi-luppo perché le madri rinunciano a unallattamento prolungato e i loro figlinon ricevono una dieta sostitutiva ade-guata durante un periodo tanto criticonello sviluppo corporeo.

Studi sperimentali sugli effetti dellaprivazione di cibo per periodi moltolunghi cominciarono verso l'inizio delsecolo. Uno studio classico fu condottonel 1915 da F. G. Benedict del CarnegieNutrition Laboratory a Boston; egli stu-diò un soggetto volontario che digiunòper 31 giorni. Negli anni '40 AncelKeys e i suoi collaboratori all'Universitàdel Minnesota studiarono dei volontaritenuti a dieta di semi-digiuno (circa1600 calorie al giorno) per 168 giorni.Questi esperimenti sono stati seguiti daprove di astinenza da cibo per il tratta-mento dell'obesità; i pionieri in questocampo furono Garfield G. Duncan dellaPennsylvania School of Medicine eWalter Lyon Bloom del Piedmont Hos-pital di Atlanta.

Un gran numero di pazienti obesi sisono sottoposti a un trattamento di di-giuno totale per lunghi periodi di temposotto attenta osservazione, in centri del-l'America del nord e dell'Europa e intutti i casi non vi sono state serie com-plicazioni. I digiuni più lunghi riportatisono stati quelli di due donne trattateda T. J. Thompson e collaboratori alloStobhill Generai Hospital e al RuchillHospital di Glasgow. Una era una don-na di 30 anni che non toccò cibo per236 giorni riducendo il suo peso da 127a 83 chilogrammi; l'altra paziente, unadonna di 54 anni, digiunò per 249 gior-ni e ridusse il suo peso da 128 a 94 chi-logrammi. Dei 13 pazienti digiunantidel gruppo di Thompson, nessuno di-mostrò alcun effetto secondario negati-vo che si potesse attribuire a mancanzadi cibo. Vi sono stati parecchi casi didecesso altrove tra i pazienti obesi di-giunanti, ma in tutti i casi, tranne uno,i decessi erano apparentemente dovutia condizioni mediche preesistenti cheerano state aggravate dalla obesità più

che dal digiuno in se stesso. L'unica ec-cezione è stata quella di una ragazza di20 anni che in 30 settimane di digiunototale ridusse il suo peso da 118 a 60chilogrammi. Sette giorni dopo aver ri-preso a nutrirsi, il suo battito cardiacodivenne irregolare e mori di una fibril-lazione ventricolare al nono giorno. E.S. Garnett e i suoi collaboratori del Ge-nerai Hospital di Southampton in In-ghilterra trovarono che questa pazientenon soltanto aveva perso il tessuto adi-poso, ma aveva anche consumato, du-rante il digiuno, metà della massa di tes-suto non adiposo del corpo, compresaparte del tessuto fibroso del muscolocardiaco.

Per spiegare la capacità del corpo dimobilitare le sue risorse interne per so-pravvivere in assenza di cibo, dobbiamopassare prima in rivista i suoi fabbiso-gni chimici. L'elemento di prima neces-sità, è naturalmente il combustibile chefornisce energia alle funzioni vitali. Disolito il principale combustibile è il glu-cosio, e il suo utilizzatore più importan-te è il cervello, per il quale il glucosioè essenziale quanto l'ossigeno. Una ra-pida caduta del livello dello zuccheronel sangue, che deve fornire continua-mente glucosio al cervello, produce al-terazioni del comportamento, confusio-ne, corna e, se prolungata, danni strut-turali al cervello che provocano la mor-te. Nel corpo a riposo il cervello consu-ma circa 2/3 di tutto il glucosio che vie-ne fornito con la circolazione, mentreconsuma circa il 45% del rifornimentodi ossigeno. La maggior parte del terzorestante di glucosio va ai muscoli sche-letrici e ai globuli rossi.

Il cervello umano richiede tra i 100 ei 145 grammi di glucosio (equivalenti acirca 400-600 calorie) al giorno. Laprincipale riserva di glucosio del corpo,

sotto forma di glicogeno nel fegato, ènotevolmente inferiore a 100 grammi, eparte di questa riserva non è ordinaria-mente a disposizione perché il fegatotende a conservare una certa quantitàdi glicogeno per delle eventuali situazio-ni di emergenza che il corpo deve esserepronto a fronteggiare. Come risultato,la riserva di combustibile del fegato puòsopperire alle necessità del cervello sol-tanto per poche ore. Infatti il glucosiodi riserva non è sufficiente per la dura-ta del digiuno notturno tra la cena e lacolazione. Tra i pasti il fegato cominciaa radunare dai tessuti del corpo i mate-riali per sintetizzare il glucosio richiesto.Abbiamo trovato, esaminando alcuniindividui nel nostro laboratorio all'Isti-tuto di Tecnologia del Massachusetts,che in un individuo che ha consumatoun pasto alle ore 22 certi amminoacidiche sono precursori della sintesi del glu-cosio cominciano ad accumularsi nelplasma sanguigno verso l'una di nottee continuano ad aumentare fino alla co-lazione. L'aumento degli amminoacidista a indicare che le proteine nei musco-li scheletrici vengono decomposte a po-co a poco per fornire il materiale neces-sario per la produzione di glucosio daparte del fegato. L'analisi del sanguemostra anche che nello stesso tempo ilsangue contiene acidi grassi liberi chederivano dalla decomposizione dei tri-gliceridi nei tessuti grassi e sono capa-ci di fornire energia ad altri tessuti ol-tre a quelli del sistema nervoso.

In effetti, se la decomposizione delleproteine continuasse alla velocità ini-

ziale, i muscoli scheletrici si esaurireb-bero rapidamente e il corpo non potreb-be sopravvivere per lungo tempo. Comevedremo, col prolungarsi del digiunoentrano in gioco altre fonti di energiaper il cervello. Prendiamo innanzituttoin esame il contributo delle proteine.

Durante il primo periodo di digiuno.il corpo di un uomo medio (65 chilo-grammi) sintetizza circa 160 grammi diglucosio al giorno. La maggior parte èprodotta dal fegato, ma anche la cortec-cia renale sintetizza una quantità ap-prezzabile di glucosio. La perdita diproteine implicata e le perdite sostan-ziali di minerali del corpo (come calcio,potassio e magnesio) provocano unaperdita dell'acqua associata nel corpocon queste sostanze, e questo è il prin-cipale fattore responsabile della perditadi peso iniziale. Tuttavia, man manoche il digiuno continua, una parte sem-pre maggiore della perdita di peso è im-putabile al consumo di grasso corporeo.Grammo per grammo, il grasso èmolto più ricco di energie di quantonon lo siano altre sostanze nutrienti; il

grasso fornisce circa 9 calorie per gram-mo di peso nel corpo, mentre le protei-ne forniscono soltanto 2 calorie pergrammo e i carboidrati soltanto I calo-ria per grammo. Di conseguenza, ogniunità di consumo di grasso corporeo dàmolta più energia al corpo digiuno.Questo è probabilmente il principalefattore che rallenta la perdita di pesoman mano che il digiuno si prolunga(si veda l'illustrazione in basso). Infineil grasso consumato durante la continuaperdita di peso in persone obese forni-sce essenzialmente tutte le energie ne-cessarie al corpo.

Vi è un interessante problema relati-vo a che cosa significhi la perdita di pe-so a livello cellulare. Questa perdita siconcreta in diminuzione della grandez-za cellulare o in una riduzione del nu-mero delle cellule? Studi svolti su ani-mali hanno mostrato che il digiuno to-tale o quasi totale può ridurre il nume-ro delle cellule o delle fibre dei muscolischeletrici. Nell'uomo sono stati condot-ti pochi studi specifici per quanto ri-guarda questo problema. Le radiografiedel torace di persone digiunanti hannoindicato che il cuore si riduce in misu-ra, ma non hanno indicato invece sequesto è dovuto a una riduzione dellagrandezza delle cellule o del loro nume-ro. Jules Hirsch della Rockefeller Uni-versity ha ottenuto delle informazioniun po' più consistenti. Egli ha studiatoun gruppo di adulti obesi che erano sta-ti alimentati soltanto con 600 calorie algiorno e avevano perso 45 chili di pesocorporeo. Esaminando le cellule dei tes-

suti grassi, raccolte mediante una sirin-ga ipodermica, aveva trovato che le cel-lule erano diminuite in grandezza di cir-ca il 45%. Tuttavia, il numero delle cel-lule non era cambiato in modo apprez-zabile, tranne che in poche persone lequali avevano raggiunto perdite parti-colarmente forti di grasso corporeo.

George F. Cahill jr. dell'Elliott P.Joslin Research Laboratory della Diabe-tes Foundation, che è lo studioso piùimportante degli aspetti biochimici deldigiuno nell'uomo, ha osservato le va-riazioni del metabolismo di personeobese durante il digiuno. Analizzando ilcontenuto di metaboliti del sangue dalmuscolo scheletrico, ha trovato che al-l'inizio del digiuno (poco tempo dopoche un pasto è stato digerito e assorbi-to) il sangue mostra un aumento di am-minoacidi liberati dalle cellule del mu-scolo. Di questi amminoacidi, che for-niscono il substrato per la sintesi delglucosio da parte del fegato, il pití im-portante è l'alanina. Inoltre risulta chel'alanina somministrata per iniezionepuò aumentare la produzione di gluco-sio, come è mostrato da un aumento dellivello del glucosio nel sangue.

La quantità di alanina liberata dallecellule del muscolo è sorprendente, inquanto l'alanina costituisce soltanto il7% del contenuto totale di amminoaci-di nelle proteine cellulari. Sembra chela maggior parte dell'alanina liberatadalle cellule durante il digiuno non siadirettamente prodotta dalla decomposi-zione delle proteine, ma che sia sintetiz-zata dall'immediato precursore dell'ala-

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DEPOSITODI COMBUSTIBILE

EQUIVALENTE IN ENERGIA (CHILOCALORIE)

640GLICOGENO NELMUSCOLO

480

GLICOGENO NELFEGATO

280

J280

PROTEINE24 000

32 000

GRASSI (TRIGLICERIDINEL TESSUTOADIPOSO)

141 000 752 000

Vengono confrontate le riserve di combustibile in adulti normali (sbarre nere) conquelle di adulti obesi (sbarre bianche). Ciascuna coppia di sbarre è riportata su unascala differente. La riserva principale è il grasso e nelle persone obese è 5 o 6 voltemaggiore di quella delle persone normali. I dati utilizzati sono di George F. Cahill jr.

MUSCOLO CERVELLOCUORECORPO DISTRETTO RENESPLANCNICO

L'assunzione di ossigeno dopo un digiuno notturno è ripartita tra i vari organi comemostrato dalle sbarre verso destra. Il percorso dell'assunzione di ossigeno è completa.mente diverso da quello dell'assunzione di glucosio (Si veda l'illustrazione a fronte).

Confronto tra la produzione e l'assunzione di glucosio dopodigiuno notturno (sbarre a sinistra) e dopo 5 settimane di di.giuno (sbarre a destra). <Produzione» è la sintesi del gluco.

sio; le altre sbarre indicano l'assunzione di glucosio da partedei vari organi. Dopo un digiuno di 5 settimane il glu.cosio viene per il 50 % dal fegato e per il 50 % dai reni.

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PRODUZIONE RENE CUORE MUSCOLO CERVELLO

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PRODUZIONE RENE CUORE MUSCOLO CERVELLO111~1•11

nina, l'acido piruvico, mediante l'ag-giunta di un gruppo amminico fornitoda altri amminoacidi liberati dalla de-composizione delle proteine.

Cahill ha proposto un ciclo per la con-versione dell'alanina in glucosio e la

riconversione in alanina; è qualcosa dianalogo al ciclo di Cori per il lattato(si veda la figura a pag. 36). Secondoil modello di Cahill, il ciclo dell'alanina,come il ciclo di Cori, rimette semplice-mente in ciclo una determinata quanti-tà di glucosio. Inoltre, però, il ciclo del-l'alanina offre un mezzo efficiente pertrasportare al fegato l'azoto derivato da-gli amminoacidi liberati dalla decompo-sizione delle proteine muscolari.

Col prolungarsi del digiuno, un nu-mero di fattori generali viene in aiutoall'organismo. La velocità del metaboli-smo basale rallenta e il bisogno di calo-rie da parte del corpo viene ulterior-mente ridotto dalla perdita di tessutometabolicamente attivo. La persona di-giunante si impegna in un'attività menospontanea e risparmia nel consumo dienergia, in modo da usare più efficiente-mente l'energia disponibile per compie-re un certo carico di lavoro. La sua ca-pacità di sopravvivere, dipenderà natu-ralmente anche da variabili individuali,quali le sue dimensioni corporee, e lesue riserve di grasso e da variabili am-bientali quali la temperatura e l'umidità.

Molto importante, tuttavia, è la que-stione del consumo di proteine. Il corpodurante il digiuno ricorre presto a fortimisure per preservare la sua integrità.Esso si trova di fronte a due richiesteapparentemente inconciliabili. Il cervel-lo ancora richiede un rifornimento gior-naliero di energia equivalente ad alme-no 100 grammi di glucosio; ma la sinte-si di glucosio a quella velocità esaurireb-be rapidamente le proteine dalle qualila vita dipende. I trigliceridi del tessutograsso costituiscono una fonte per la

Oliver E. Owen, trovarono che in unuomo adulto obeso alla quinta o sestasettimana di digiuno, il fegato e i reniproducevano soltanto 24 grammi di glu-cosio al giorno e che quasi tutto questoglucosio andava al cervello. Dove e co-me il cervello si procura il resto del-l'energia necessaria? Cahill scoprí che ildeficit era compensato da una fonte so-stitutiva di energia derivata dai tessutigrassi. Il sangue dei soggetti obesi digiu-ni mostrava un accumulo di corpi che-tonici: acido acetacetico e dei suoi de-rivati, acetone e acido beta-idrossibutir-rico. Queste sostanze producevano ener-gia durante l'ossidazione, e il cervelloevidentemente si era adattato a utiliz-zarli come substrati energetici al postodel glucosio.

D i solito il metabolismo degli acidigrassi non crea chetoni. In risposta

al digiuno, tuttavia, gli acidi grassi ven-gono liberati dai depositi di grasso evengono ossidati nel fegato ad acidoacetacetico il quale viene poi trasporta-to dal sangue ad altri tessuti per fornireloro energia. L'accumulo di chetoni nelsangue durante il digiuno — e anche inpersone a dieta ad alto contenuto digrassi — era noto da qualche tempo co-me quella condizione chiamata chetosi.Appare ora chiaro che la chetosi da di-giuno segnala una risposta alla diminu-zione del rifornimento di glucosio delcorpo, come suggerí Hans A. Krebsdell'Università di Oxford alcuni annifa. Le prove indicano che il cervelloadotta prontamente i corpi chetonici, in

particolare beta-idrossibutirrato, comefonte di energia sostitutiva, probabil-mente entro la prima settimana di di-giuno. Il gruppo di Oxford ha recente-mente dimostrato (in studi condotti suanimali da esperimento) che il cervelloè dotato del meccanismo enzimaticonecessario per utilizzare i corpi cheto-nici. Questi studi suggeriscono che ilcervello umano probabilmente può co-minciare a utilizzare i corpi chetoniciper far fronte al suo fabbisogno dienergia, non appena questi metabolitihanno raggiunto nel sangue che riforni-sce il cervello un livello abbastanzaalto.

La decomposizione delle proteine delcorpo non viene completamente elimi-nata. Anche nel digiuno prolungato,l'azoto continua a essere escreto nel-l'urina sotto forma di urea e di am-moniaca. Questo riflette il ricambio es-senziale delle proteine corporee checontinua in qualsiasi momento. Nel no-stro laboratorio abbiamo valutato laquantità di questo ricambio di basemisurando la produzione di azoto uri-nario in soggetti che venivano alimen-tati con una dieta priva di proteine, macon un contenuto adeguato di calorie.Confrontando la loro perdita giornalie-ra di azoto con quella riportata in sog-getti giunti alla quarta settimana di di-giuno, abbiamo trovato che la perditadei soggetti obesi digiuni non era no-tevolmente più alta. Questo fatto po-trebbe significare che i soggetti digiuniproducevano qualcosa come 5 grammidi glucosio al giorno che può essere

ottenuto attraverso il ricambio di basedelle proteine corporee. Il corpo nonpuò fare completamente a meno delglucosio, perché la maggior parte deitessuti ne ha bisogno per rifornire ilciclo dell'acido tricarbossilico (TCA),che tra le altre cose sintetizza l'adeno-sintrifosfato (ATP) ricco di energia, dalquale dipende gran parte delle reazionichimiche del corpo. Ciononostante, lapiccolissima perdita supplementare diproteine mostrata dai soggetti obesidurante il digiuno prolungato indicache, grazie alla sostituzione dei cheto-ni ai fini energetici, il loro fabbisognodi 'glucosio è limitato a poco più diquanto è fornito dal ricambio ordina-rio delle proteine del corpo.

Una delle conseguenze della conser-vazione delle proteine da parte delcorpo durante il digiuno è che la pro-duzione di urina ai fini dell'escrezionedell'azoto è ridotta. Quindi un uomo adigiuno ha bisogno di una minore as-sunzione d'acqua. Se la sua perditaper sudorazione è minima, una tazzad'acqua al giorno è sufficiente permantenere il bilancio idrico del corpo.

Quali sono i meccanismi che operanoi cambiamenti adattativi del metaboli-smo durante il digiuno prolungato?Questo problema deve essere ancorastudiato. Non c'è dubbio che si trove-rà che gli ormoni hanno una parteimportante. È noto che l'ormone pan-creatico insulina è un importante re-golatore dell'attività chimica nel cicloordinario giornaliero del corpo delmangiare e del non mangiare. Durante

la digestione di un pasto, l'assorbimentodi glucosio e di amminoacidi dal trattointestinale stimola la secrezione di in-sulina; l'ormone a sua volta stimola lasintesi di grasso e inibisce la sua de-composizione, promuove l'assunzione diglucosio e di amminoacidi da parte del-le cellule muscolari e inibisce la sin-tesi del glucosio da parte del fegato.Dopo che il pasto è stato assorbito il li-vello dell'insulina del sangue cade e du-rante un digiuno prolungato il suo li-vello è inferiore al normale. Cahill hatrovato che durante il digiuno prolun-gato il glucagone, l'ormone pancreaticoi cui effetti sono opposti a quelli del-l'insulina, si trova a un livello più altorispetto all'insulina. Il glucagone agiscenormalmente per stimolare la sintesidel glucosio da parte del fegato. È pos-sibile, quindi, che l'alterazione del bi-lancio tra i due ormoni nel sangue du-rante il digiuno serva ad accrescere l'at-tività del fegato nel formare glucosio emetabolizzare i grassi. Si sta studiandola possibile partecipazione di altri or-moni, particolarmente dell'ormone dellacrescita della ghiandola pituitaria ante-riore e degli ormoni glucocorticoidi del-la ghiandola surrenale, ma finora nonsembra che questi abbiano un ruoloprimario nell'adattamento metabolico aldigiuno.

Vi è una considerevole alterazione nelruolo della corteccia del rene du-

rante il digiuno prolungato. La cortec-cia del rene passa da una posizione dicollaboratore secondario nella sintesi

sintesi del glucosio, ma essi possono for-nire soltanto circa 16 grammi al giorno.Allo scopo di ottenere il resto del fab-bisogno giornaliero di glucosio, circa 90grammi, il corpo dovrebbe decomporrecirca 155 grammi di proteine muscola-ri. Questo fatto implicherebbe una per-dita giornaliera di 25 grammi di azoto.Il contenuto di azoto del corpo di unadulto ammonta a circa 1000 grammi,e una perdita di più del 50% di questaquantità è letale. Quindi un uomo a di-giuno non potrebbe vivere più di tre set-timane se dovesse consumare azoto aquella velocità.

Il corpo, in effetti, controlla in misu-ra graduale la sua perdita di proteine.Le cellule dei muscoli scheletrici ridu-cono la loro liberazione di alanina, e lasintesi del glucosio da parte del fegatodiminuisce. Cahill, e il suo collaboratore

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15 20

MINERALI E VITAMINE

10

GRASSO

ACQUA

PROTEINE

100

D1.-z 80LuccLu

60

OcoLCJ 40

E

Ece

Oa_ 1 25

a 8.00 8.00 8.00ORA DEL GIORNO

8.100

GLICOGENO

e

G-6-P < GLUCOSIO1

GLUCOSIO < fr<

I principali cicli dei carboidrati nel fegato durante il digiuno(frecce scure) e il non-digiuno (frecce grige). « G-6-P » significa

glucosio-6-fosfato; «F-6-P» fruttosio-6-fosfato; «F-I.6-P» fruttosio.-1-6-difosfato; «PEP » fosfofenolpiruvato; «CoA » coenzima A.

F -6-P PROPIONATO < TREONINAVALINA

ISOLEUCINA

F EN I LALANINATIROSINA

F-1 -6-P

GLICEROLO g

GLUTAMMATOISTIDINA

ORNITINA < ARGININAASPARTATO

OSSIGLUTARATO

PEP

CICLO DEGLIACIDI

TRICARBOSSILICI

OSSALACETATO

P IRUVATO

LATTATO

ALANINASERINA

ACETI L CoA

ACIDI GRASSI

CITRATO

del glucosio a quella di maggior pro-duttore; in un obeso alla sesta setti-mana di digiuno la corteccia del renesintetizza più glucosio dagli amminoaci-di di quanto non faccia il fegato. Si pen-sa che questo cambiamento sia imputa-bile, almeno in parte, a un cambiamen-to del bilancio acido-base nel sanguecausato da un aumento della produzio-ne di corpi chetonici nell'organismo.

La capacità di un adulto di soprav-vivere al digiuno prolungato non è lastessa nei bambini, in particolare se

molto piccoli. In un bimbo •privato dicibo la crescita si arresta quasi imme-diatamente, a causa dell'alta richiestadi energia necessaria a costruire le pro-teine. Il bambino assume la condizioneemaciata nota come marasma. Nel ca-so dove una deficienza di proteine siapiù pronunciata di una deficienza dicalorie il bambino mostra i sintomi diuna malattia chiamata kwashiorkor. Unbambino che in tenera età, e per unperiodo abbastanza lungo, ha soffertodi denutrizione non raggiungerà mai la

grandezza normale per la sua età, an-che se in seguito è nutrito sufficiente-mente da ristabilire una normale cresci-ta. Questa è una delle cause della pic-cola corporatura di molta gente chevive in paesi poveri.

Particolarmente critico è il primo an-no di vita, il periodo di e presvezza-mento ». Poiché il cervello è ancora infase di crescita e di sviluppo durantequesto periodo, è possibile che una sot-toalimentazione dia luogo a un arrestofisico permanente del sistema nervoso

centrale. Myron Winick del CornellUniversity Medical Center di NewYork ha trovato, in studi sperimentalicondotti su ratti, e mediante l'analisidei cervelli di bambini morti di mara-sma, che il cervello sottoalimentato ave-va un contenuto di DNA inferiore allanorma. La denutrizione aveva interferi-to con la divisione cellulare e aveva la-sciato, nell'animale o nel bambino, undeficit permanente del numero delle cel-lule nel cervello. Gli esperimenti diWinick con i ratti mostravano ancheche quando la madre era sottoalimenta-ta durante la gravidanza, la cattiva nu-trizione della prole dopo la nascita ave-va degli effetti ancora più gravi sulcervello.

Nelle città dei paesi meno sviluppatimolte madri di famiglie con basso red-dito interrompono presto l'allattamento,o per andare a lavorare o per imitarele classi più ricche. Come risultato ilmarasma infantile sta diventando co-mune in numerosi paesi. Un rapportoparticolarmente ben documentato diquesta tendenza, e sulle sue cause, èstato fatto da Fernando Mónckebergdell'Università del Cile, il quale ha stu-diato la situazione in quel Paese.

Quali utili conclusioni possiamo trar-re dagli studi finora condotti sull'adat-tamento del corpo al digiuno? Prima ditutto consideriamo il modo migliore perfar fronte a situazioni di emergenzanelle quali il rifornimento di cibo èmolto limitato.

Poco cibo, naturalmente, è meglio diniente. Eppure c'è un paradosso a que-sto proposito. L'edema da mancanzadi cibo si incontra difficilmente in casidi digiuno totale, ma si sviluppa ab-bastanza spesso in condizioni di semi-digiuno. Inoltre, il tempo di sopravvi-venza di una persona semidigiuna puòessere realmente abbreviato se egli ten-ta di sostentarsi con una dieta consi-stente principalmente in carboidrati edeficiente in proteine. In tali circostan-ze un bambino può facilmente caderevittima di kwashiorkor. Perché una per-sona può essere colpita da questa ma-lattia quando mangia poco, mentre ciònon si verifica mai nel digiuno totalequando la persona non assume perniente proteine?

I tipici sintomi clinici del kwashior-kor sono: apatia, perdita di appetito,edema e alterazioni della pelle e deicapelli. Con attenta analisi del sanguee di altri tessuti, si trova che c'è unanotevole diminuzione della concentra-zione e dell'attività degli enzimi chiave.Alla luce dei fatti noti circa l'adatta-mento del corpo a mancanza o defi-cienza di cibo, possiamo dedurre la ra-

GIORNI

La perdita giornaliera di peso nel digiuno prolungato è analizzata nei costituenti delcorpo. Dati di Josef Brozek, Ancel Keys e collaboratori dell'Università del Minnesota.

I livelli degli amminoacidi del sangue seguono normalmente queste curve. Il livello dicerti amminoacidi (per esempio il triptofano) aumenta e diminuisce ogni giorno (cur-va superiore). Il livello di altri (per esempio l'acido aspartico) rimane costante.

o 110

29GIORNI DI DIGIUNO

I livelli degli amminoacidi durante il digiuno seguono curve differenti. Alcuni ammi-noacidi (per esempio la valina) aumentano e poi diminuiscono (A). Altri amminoacididiminuiscono costantemente (B). Altri ancora mostrano un aumento ritardato (C).

o2 4 6 8 10 12 14 16 18

20 22 24

GIORNI DI DIGIUNO CON DIETA PRIVA DI PROTEINE

Perdita di azoto nell'urina da parte di soggetti digiuni (curva in alto) e da parte disoggetti alimentati con dieta aproteica ma peraltro adeguata (curva in basso). La dif-ferenza tra le curve sta a indicare che il digiuno obbliga a sintetizzare glucosio.

30

40

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Al fabbisogno di energia del cervello si fa fronte in modo diverso in condizioni nor-mali (sbarre a sinistra) e dopo 5 o 6 settimane di digiuno (sbarre a destra). Il glucosioè normalmente sufficiente, ma nel digiuno può far fronte solo al 30 % della richiesta.

GLUCOSIO

AMMINOACIDI

ACETACETATO

BETA-IDROSSIBUTIRRATO

GLUCOSIO

100

80

so

40

20

o

Due cicli metabolici operano tra i muscoli (a sinistra) e il fe-gato (a destra) attraverso il sangue. Il ciclo del lattato studiatoda Carl F. Cori (in colore) dà luogo a un guadagno netto per il

muscolo di due molecole di adenosintrifosfato (ATP). Il ciclodell'alanina faciliterebbe l'eliminazione dell'azoto dagli ammi-noacidi liberati dalla decomposizione delle proteine muscolari.

gione della deficienza enzimatica. In unbambino o in un adulto semidigiuno ilcervello continua probabilmente a di-pendere principalmente dal glucosio co-me fonte energetica. Fornendo un po'di glucosio per mezzo del cibo, il bi-sogno di sintetizzare glucosio dalle pro-teine del corpo sarebbe ridotto. Di con-seguenza c'è soltanto una modesta li-berazione di amminoacidi dai muscolischeletrici nel flusso sanguigno. Se l'in-dividuo semidigiuno riceve col suo cibopoche proteine o niente affatto, la quan-tità di amminoacidi liberi nel sanguenon è sufficiente per la sintesi, da partedel corpo, degli enzimi essenziali e dialtre proteine tissutali. Quindi il corpomostra i rovinosi risultati della deficien-za proteica. Questo è esattamente ciò

che è stato osservato nella recente care-stia nel Biafra. La popolazione si so-stentava quasi esclusivamente delle ra-dici amidacee di manioca. L'edema ealtri sintomi della deficienza proteicaacuta erano più rilevanti nei bambini.Un'alta frequenza di kwashiorkor si stasviluppando ora tra i profughi del Pa-kistan orientale in India in quanto mol-ti bambini in tenera età non hanno ci-bo proteico.

In questi fenomeni possiamo vedereun'indicazione delle condizioni che han-no dato luogo all'evoluzione delle attua-li risorse metaboliche dell'uomo. Nellafase della sua preistoria, della caccia edella raccolta di vegetali, i periodi difame dell'uomo prendevano la forma disottoalimentazione generale e il corpo

sviluppava adattamenti per migliorarel'efficienza metabolica in quelle situa-zioni. Solo di recente le popolazioniumane dipendono in grande misura dal-la coltivazione di piante commestibiliparticolari, situazione che il corpo uma-no non è preparato ad affrontare.

Non abbiamo ancora sufficienti cono-scenze circa i meccanismi che fanno síche il cervello devii dal glucosio aicorpi chetonici come principale fonteenergetica per poter indurre questa de-viazione artificialmente al fine di pre-servare l'integrità del corpo. Tutto quel-lo che si può suggerire è che in uncaso di emergenza in cui si ha riduzionedi cibo possa essere meglio estendereil consumo del limitato rifornimento diproteine e/o di carboidrati a tutto il

giorno, prendendo piccole quantità afrequenti intervalli in modo che i perio-di di digiuno e la conseguente decom-posizione delle proteine del corpo perla sintesi del glucosio vengano abbre-viati.

Maggiori informazioni di uso praticosono disponibili sulle diete per ridurreil peso, poiché la maggior parte deglistudi dell'adattamento al digiuno sonostati condotti in soggetti obesi. E chia-ro che non c'è modo di raggiungereuna riduzione permanente di peso sen-za ridurre l'assunzione di calorie a unaquantità inferiore di quelle spese. Mag-giore sarà la differenza tra l'assunzionee il consumo di energia calorica, piùrapida sarà la diminuzione del peso.Che dire delle varie diete speciali chesono diventate popolari?

Una dieta ad alto contenuto di pro-teine o ad alto contenuto di carboidratidovrebbe tendere, in teoria, a mini-mizzare la perdita delle proteine cor-poree. 'È stato anche proposto che par-te di proteine e carboidrati ingeriti siautilizzata per produrre calore corporeodopo un pasto e perciò non contribui-sca a formare grasso corporeo. In pra-tica, tuttavia, queste considerazioni so-no probabilmente troppo trascurabiliper essere importanti al fine di preser-vare la salute o ridurre il peso.

Nel complesso si deve dire che certestrane diete non hanno alcuna basescientifica; ogni successo apparente cheesse possono avere sembra essere do-vuto solamente alla loro scarsa appeti-bilità o, come nel caso di diete a bas-so contenuto di carboidrati o alto con-tenuto proteico, alla rapida perdita di

peso iniziale dovuta a perdita di acquacorporea. La migliore dieta per dima-grire è sempre quella che è bilanciatanei suoi ingredienti e con un contenu-to calorico abbastanza basso da pro-durre la perdita di peso alla velocitàdesiderata.

Da un punto di vista puramente bio-chimico, il modo più efficace per per-dere peso, come hanno mostrato gliesperimenti di digiuno, è il completodigiuno nel periodo durante il quale ilgrasso viene consumato come principa-le fonte di energia per il cervello e glialtri tessuti. Tuttavia, il digiuno com-pleto per un periodo di tempo moltolungo può essere pericoloso. Esso nondovrebbe essere prescritto a pazienti cherappresentino un rischio elevato e intutti i casi si deve aver cura di evitaretroppo esercizio nelle fasi iniziali eastenersi dal continuare il digiuno pertroppo tempo. Duncan, dell'Universitàdella Pennsylvania, che ha forse avutola maggior esperienza con questo me-todo di trattamento dell'obesità, ha trat-tato pazienti a digiuno per un totalesuperiore a 1300 casi senza decessi.Ogni digiuno è stato limitato a 10giorni o 2 settimane, con pazienti cheritornavano per ripetuti digiuni a di-versi intervalli. Duncan avverte cheogni digiuno totale superiore a due set-timane deve ancora essere consideratocome esperimento di ricerca. Si devesottolineare che nessuno dovrebbe in-traprendere un digiuno totale per ri-durre il peso, senza un preventivo ac-certamento medico, senza ricovero inospedale e senza accurata e continuasorveglianza medica.

LA MATERIAVIVENTE

LE SCIENZEedizione italiana di

SCIENTIFIC AMERICAN

ha finora pubblicato:

LA TRANSDETERMINAZIONENELLE CELLULEdi E. Hadorn (n. 7)

TRAPIANTI NUCLEARIE DIFFERENZIAMENTOCELLULAREdi J.B. Gurdon (n. 13)

INTERAZIONI TRA LUCEE MATERIA VIVENTEdi Sterling B. Hendricks (n. 13)

ANALISI AL CALCOLATOREDELL'EVOLUZIONEDELLE PROTEINEdi Margaret O. Dayhoff (n. 17)

L'IDENTIFICAZIONE DEL DNANEI BATTERIdi Salvador E. Luna (n. 20)

IL MECCANISMO DELLAFOTOSINTESIdi R.P. Levine (n. 20)

L'ORGANIZZAZIONEFUNZIONALE CEREBRALEdi A.R. Luna (n. 22)

IL CARICO GENETICOdi Christopher Wills (n. 22)

REPRESSORI GENETICIdi Mark Ptashne eWalter Gilbert (n. 25)

CELLULE NERVOSEE COMPORTAMENTOdi Eric R. Kander (n. 26)

NEUROTOSSINEDAGLI ORGANISMI MARINIdi Francesco Ghiretti (n. 27)

I RADICALI LIBERINEI SISTEMI BIOLOGICIdi William A. Pryor (n. 27)

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