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La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento Studente/essa Natasha Haddad Corso di laurea Economia aziendale Tipo di documento Tesi di Bachelor Luogo e data di consegna Manno, 7 ottobre 2019

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La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

Studente/essa

Natasha Haddad

Corso di laurea

Economia aziendale

Tipo di documento

Tesi di Bachelor

Luogo e data di consegna

Manno, 7 ottobre 2019

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La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

Titolo: La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il

ruolo dei consulenti nel processo di investimento Autore: Natasha Haddad Relatore: Prof.ssa. Helen Moggi Tesi di Bachelor in Economia aziendale Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana Dipartimento economia aziendale, sanità e sociale Manno, 7 ottobre 2019 “L’autore è l’unico responsabile di quanto contenuto nel lavoro”

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Ringraziamenti

Ringrazio la Professoressa Helen Moggi, relatrice di questa tesi per avermi fatto prendere conoscenza del tema della finanza comportamentale e per avermi appoggiata durante la stesura del presente lavoro di tesi e avermi saputo consigliare e indirizzare.

Ringrazio i cinque consulenti che si sono messi a disposizione per le interviste, per avermi dedicato il loro tempo ed avermi trasmesso le loro conoscenze ed esperienze lavorative.

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Abstract

Le teorie economiche classiche hanno come soggetto l’homo oeconomicus: un soggetto razionale, senza etica ne sentimenti, che compie ogni azione allo scopo di massimizzare la propria utilità. A partire dagli anni Settanta è nata una nuova branca dell’economia, che si contrappone a quella classica. Si tratta della finanza comportamentale: scienza che studia il processo decisionale dell’individuo in situazioni di incertezza. Daniel Kahneman e Amos Tversky sono stati i fautori di questi nuovi studi e gli ideatori della teoria del prospetto. La collaborazione di economisti e psicologi ha portato alla luce delle distorsioni cognitive, dette bias, a cui l’essere umano è quotidianamente soggetto. Si tratta di falle mentali che non permettono la corretta percezione e l’elaborazione delle informazioni in modo razionale, ma comportano per il soggetto economico una percezione della realtà dei fatti distorta. La prima parte della presente tesi è volta all’analisi teorica della finanza comportamentale, la quale è servita come base per verificare se queste distorsioni si verificano effettivamente anche nel comportamento degli investitori. Dopo l’esposizione dei concetti teorici della finanza comportamentale è stato ripreso il concetto di consulenza di investimento e attraverso interviste a consulenti attivi sulla piazza finanziaria ticinese si è cercato di formulare delle raccomandazioni volte ai consulenti per limitare l’effetto che l’irrazionalità ha sul comportamento degli investitori e sulle loro decisioni di investimento.

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Indice

1. Introduzione ..................................................................................................................... 1

1.1.Domanda di ricerca e obiettivi ........................................................................................... 2

1.2.Metodologia ....................................................................................................................... 2

2. Teorie economiche classiche: l’homo oeconomicus .................................................. 3

2.1.Economia ........................................................................................................................... 3

2.2.L’homo oeconomicus ......................................................................................................... 4

3. L’economia comportamentale ....................................................................................... 6

3.1.Sistema 1 e sistema 2 ....................................................................................................... 6

3.1.1. Effetto alone ...................................................................................................... 9

3.2.La teoria del prospetto ..................................................................................................... 10

3.2.1. L’avversione alle perdite ................................................................................. 11

3.2.2. I punti di riferimento ........................................................................................ 14

3.2.3. La ponderazione delle probabilità ................................................................... 15

3.2.4. La funzione di utilità ........................................................................................ 16

3.3.Bias comportamentali ...................................................................................................... 17

3.3.1. La legge dei piccoli numeri ............................................................................. 17

3.3.2. L’effetto ancoraggio ........................................................................................ 19

3.3.3. Eccessiva fiducia e la capacità di controllo ..................................................... 20

3.3.4. L’effetto gregge ............................................................................................... 22

3.3.5. Bias della disponibilità ..................................................................................... 24

3.3.6. L’inerzia ........................................................................................................... 24

3.3.7. Effetto framing ................................................................................................. 25

3.3.8. La contabilità mentale ..................................................................................... 25

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4. Differenze tra la teoria classica e la finanza comportamentale ................................ 27

4.1.Considerazioni di equità .................................................................................................. 27

4.2.Razionalità limitata .......................................................................................................... 28

4.3.Percezione del rischio ..................................................................................................... 28

5. La consulenza finanziaria ............................................................................................. 30

5.1.Preparazione della gestione di investimento ................................................................... 32

5.1.1. Conoscenza del cliente ................................................................................... 32

5.1.2. Elaborazione delle informazioni raccolte ........................................................ 32

5.2.Decisione di investimento ................................................................................................ 33

5.3.Dopo la decisione di investimento ................................................................................... 34

6. Interviste a consulenti della piazza finanziaria ticinese ............................................ 35

6.1.Elementi emersi dalle interviste ....................................................................................... 35

6.1.1. Elementi emersi riguardanti la prima fase del colloquio di consulenza ........... 36

6.1.2. Elementi emersi riguardanti la seconda fase del colloquio di consulenza ...... 37

6.1.3. Elementi emersi riguardanti la terza fase del colloquio di consulenza ............ 39

6.2.Raccomandazioni ai consulenti ....................................................................................... 39

7. Conclusioni .................................................................................................................... 41

8. Bibliografia ..................................................................................................................... 42

Allegati................................................................................................................................... 45

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Indice delle figure

Figura 1: Attivazione del Sistema 1- Kahneman, D. (2012). Pensieri lenti e veloci ................. 7

Figura 2: Conflitto tra i due sistemi - elaborazione propria sulla base di Kahneman D. (2012) Pensieri lenti e veloci ........................................................................................................ 9

Figura 3: Il comportamento nei confronti dei profitti - elaborazione propria sulla base di Kahneman, D., & Tversky, A. (1976). Prospect Theory: An Analysis of Decison under Risk ........................................................................................................................................ 12

Figura 4: Comportamento assunto in base ai punti di riferimento - elaborazione propria sulla base di Kahneman, D., & Tversky, A. (1976). Prospect Theory: An Analysis of Decison under Risk ....................................................................................................................... 15

Figura 5: La funzione di utilità - www.igorvitale.org (https://www.igorvitale.org/la-prospect-theory-di-tversky-e-kahneman/) consultato il 15.08.2019 ............................................... 16

Figura 7: atteggiamenti nei confronti del rischio - elaborazione dell'autrice ........................... 17

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1. Introduzione

Le teorie economiche classiche hanno come soggetto l’homo oeconomicus ovvero un soggetto individualista dotato di perfetta razionalità, poco incline a farsi influenzare da processi di tipo emotivo e che ha a disposizione una completa informazione. Si tratta di un individuo tendenzialmente avverso al rischio che prende le sue decisioni in modo da poter massimizzare la sua utilità.

A partire dagli anni Settanta si inizia a capire che i soggetti economici reali non sono effettivamente dotati di completa razionalità e di complete informazioni: il processo decisionale implica sensazioni, emozioni e paure. Questo avviene anche nelle decisioni di investimento, le quali risultano influenzate principalmente da fattori esterni non economici e dal modo soggettivo di percepire le informazioni. Nasce così lo studio dell’economia comportamentale. I principali fautori di questa branca dell’economia sono Amos Tversky e Daniel Kahneman i quali hanno svolto diversi studi ed esperimenti per analizzare il comportamento delle persone e il loro processo decisionale (Neocogita srl., 2017). Questa branca dell’economia applica ed utilizza gli studi della psicologia per sviluppare una comprensione del processo decisionale nelle scelte finanziarie (Byrne & Utkus, Behavioural finance, 2013).

Studi dimostrano che vi sono delle deviazioni comportamentali degli investitori dagli assunti della prospettiva economica standard: sono state infatti individuati più di 180 bias cognitivi che caratterizzano il comportamento dell’essere umano; si tratta di errori di percezione ed elaborazione delle informazioni che distorcono in modo significativo le scelte del soggetto sia a livello finanziario che non (Neocogita srl., 2017). L’errore cognitivo è una deviazione dalle assunzioni di razionalità che non può essere evitato con lo studio e l’apprendimento, bensì si tratta dell’elaborazione e dell’interpretazione dei dati esterni sulla base della propria struttura cognitiva che si modifica in base alle proprie esperienze precedenti (Rizzello & Spada, 2008).

Gli errori cognitivi, detti bias, derivano dalla tendenza che la nostra mente e il nostro cervello hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque di falle decisionali e di valutazione commesse a causa di regole preimpostate che il nostro cervello ha per l’elaborazione dei dati (Rangone, 2012).

Lo studio dell’economia comportamentale ha portato alla conferma che le decisioni di investimento, e in generale il processo decisionale, sono fortemente influenzati da eventi esterni a cui l’individuo è sottoposto e dal metodo soggettivo e personale che essi hanno di elaborazione dei dati recepiti. Le ricerche approfondite negli ultimi vent’anni cercano di capire se è possibile eliminare, controllare o ridurre l’effetto degli errori cognitivi che vengono commessi sistematicamente.

Chi lavora nel mondo della finanza, e più in particolare chi è a diretto contatto con l’investitore finale, riscontra quotidianamente questi comportamenti. Il compito del consulente finanziario è quello di accompagnare i propri clienti nella decisione di investimento cercando di limitare la loro irrazionalità e dandogli una visione oggettiva della situazione (Neocogita srl., 2017).

Come imposto dalle direttive della FINMA tutte le banche e gli intermediari finanziari hanno creato dei processi di consulenza dettagliati secondo i quali il consulente dovrebbe riuscire a capire non solo quali sono le possibilità e le conoscenze finanziarie del cliente, ma anche quale è la sua tolleranza al rischio, la sua disponibilità ad investire e quali sono gli obiettivi di investimento. Questo processo permette poi di costruire una proposta di investimento che sia conforme alle necessità e agli obiettivi del cliente specifico.

Durante tutto il corso di bachelor abbiamo studiato modelli economici teorici che avevano come soggetto l’homo oeconomicus, il quale abbiamo capito che non è un soggetto

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rappresentativo della realtà. Questa tesi vuole andare a conoscere ed approfondire il vero soggetto dell’economia analizzandone il comportamento. Verrà inoltre fatta un’analisi della relazione che intercorre tra l’investitore e l’intermediario finanziario nel momento della consulenza per capire se e in che modo è possibile limitare gli errori che intercorrono nelle scelte di investimento a causa della sbagliata elaborazione delle informazioni.

1.1. Domanda di ricerca e obiettivi

Il presente elaborato parte dalla seguente domanda di ricerca:

“Come la percezione e l’elaborazione delle informazioni esterne influiscono sulle scelte degli investitori? In che modo i consulenti riescono a limitare, ridurre o eliminare l’influsso degli errori cognitivi nel processo decisionale dei clienti?”

Per poter arrivare ad una risposta alla domanda di ricerca posta, sono stati fissati i seguenti obiettivi intermedi:

• Comprendere le caratteristiche e le differenze dei modelli economici tradizionali e quelli dell’economia comportamentale

• Comprendere ed analizzare il processo di consulenza svolto dai consulenti • Comprendere ed analizzare le principali bias degli investitori • Elaborare delle raccomandazioni che possano limitare l’effetto delle “trappole mentali”

1.2. Metodologia

Per poter comprendere le caratteristiche e le differenze dei modelli economici tradizionali e quelli dell’economia comportamentale svolgerò un’analisi desk: mi appoggerò esclusivamente a fonti secondarie per la ricerca di informazioni. Partirò dall’analisi delle teorie economiche tradizionali e dell’homo oeconomicus per poi arrivare all’analisi e l’esposizione della teoria comportamentale, dei bias e delle euristiche cognitive.

Per poter comprendere ed analizzare il processo di consulenza mi baserò principalmente su fonti primarie: svolgerò diverse interviste o sottoporrò questionari a consulenti attivi sulla piazza finanziaria ticinese in diverse banche nei settori private e nel retail banking.

La parte dedicata all’analisi del processo decisionale degli investitori verrà redatta principalmente secondo fonti secondarie; per capire quali sono le bias principali dei clienti mi baserò sulle informazioni fornite dai consulenti durante le interviste.

Per poter arrivare a delle conclusioni, e quindi ad elaborare delle raccomandazioni che possano limitare l’effetto delle “trappole mentali” mi appoggerò a tutte le informazioni raccolte fino a quel punto, dunque sia di tipo primario che secondario e ne trarrò dei risultati.

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2. Teorie economiche classiche: l’homo oeconomicus

2.1. Economia

La parola “economia” racchiude un’innumerevole quantità di concetti, di teorie e di sfaccettature. Si può parlare di economia privata, di economia pubblica, di economia finanziaria, di economia politica. L’analisi economica si fonda però sempre su principi e basi comuni che vengono poi applicati alle diverse questioni e teorie. “Alcuni di questi principi riguardano le scelte individuali, perché l’economia, in primo luogo, si occupa delle scelte degli individui” (Krugman & Wells, 2013, p. 5): la decisione su cosa fare e su cosa non fare.

Lionel Robbins, nel saggio sulla natura e il significato della scienza economica (1932) dà come definizione di economia lo studio della “condotta umana come relazione tra scopi e mezzi scarsi per usi alternativi” (Gioia & Perri, 2002, p. 9). Il problema dell’economia classica è quello di definire come allocare nel migliore dei modi le risorse nei diversi usi possibili. Questo problema nasce dal fatto che il mondo economico è caratterizzato da un duplice aspetto: da un lato ci sono gli individui che prendono scelte in base ai loro desideri e bisogni che sono illimitati, dall’altra ci sono invece le risorse usate per soddisfare le esigenze e i desideri che sono limitate.

Se si guarda il problema a livello di istituzioni basta pensare che nessuno Stato e nessuna società può costruire strade, parchi, scuole e autostrade in maniera illimitata così come non si possono finanziare politiche sociali o economiche illimitatamente. Si devono infatti stabilire dei paletti dati da priorità, bisogni ed esigenze dei membri della società e dai limiti economici e materiali che questa può avere. Allo stesso modo in un’economia famigliare ogni individuo dispone di risorse limitate date dal reddito e dal patrimonio. Queste risorse devono essere impiegate nel migliore dei modi così da poter raggiungere la massima utilità. L’impiego del reddito e della disponibilità che ogni individuo ha è dato da scelte che quest’ultimo prende per soddisfare i propri illimitati bisogni e desideri (Krugman & Wells, 2013). Dovendo prendere delle decisioni, ogni singolo soggetto deve avere delle priorità, e l’impiego delle risorse andrà prima a soddisfare i bisogni indispensabili ovvero quelli che procurano livelli di soddisfazione più alti, e con il resto del reddito si andranno a soddisfare quelli che procurano livelli di soddisfazione più bassi.

L’economia si occupa dunque di problemi di allocazione, qualsiasi problema che implica una scelta può essere considerato un problema economico. Per esempio, può essere considerato un quesito dal punto di vista economico il problema di come uno studente dovrebbe ripartire le varie ore? di studio (risorsa scarsa) attribuendole alle materie in modo da massimizzare i voti raggiunti agli esami.

Per poter classificare i bisogni secondo il livello di soddisfazione dato, la teoria economica classica dice che l’individuo valuta le sue esigenze e prende le conseguenti decisioni con un criterio di razionalità. “In questo senso l’economia può semplicemente essere definita come la scienza che studia il comportamento razionale dell’uomo, teso al perseguimento del massimo

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livello di soddisfazione possibile compatibilmente con le risorse a propria disposizione” (Gioia & Perri, 2002, p. 11)

2.2. L’homo oeconomicus

Come vedremo durante la presente tesi la visione classica del soggetto economico non è condivisa da tutti gli studiosi. Vengono infatti messe in discussione 3 principali elementi: l’oggetto della ricerca che si è costruito isolato dal contesto sociale, la procedura analitica utilizzata e l’ipotesi del soggetto economico razionale. La presente tesi metterà in discussione proprio il soggetto economico classico, chiamato homo oeconomicus, che è considerato come un essere individualista, razionale ed egoista, in grado di scegliere l’opzione che massimizza il suo profitto in quanto ha a disposizione tutte le informazioni necessarie per prendere la miglior scelta dal punto di vista economico.

Una spiegazione che faccia capire la ragione per cui gli studiosi hanno deciso di stereotipare il soggetto dell’economia costruendo modelli e teorie su un essere che poi non si rivela reale è stata data da Manuel di Pareto nel 1909, il quale sostiene che “il corpo concreto comprende il corpo chimico, il corpo meccanico, il corpo geometrico, ecc.; l’uomo reale comprende l’homo oeconomicus, l’homo ethicus, l’homo religiosus ecc. Insomma, considerare questi differenti corpi, questi differenti uomini equivale a considerare le differenti proprietà del corpo reale, di quest’uomo reale e non mira ad altro che a ritagliare in porzioni la materia da studiare” (Pareto, 1909, p. 18). In poche parole, l’homo oeconomicus è un essere umano senza preferenze, credenze, gusto personale, sentimenti, emozioni, sensazioni, etica e principi. La domanda che nasce spontanea è: come è possibile che l’economia, scienza che studia gli scambi, le scelte e prende in considerazione il livello di soddisfazione e i bisogni dei soggetti economici non tenga presente che questi ultimi nella vita reale non sono razionali? Lo si può constatare nella vita di tutti i giorni che l’ipotesi di razionalità è irreale e puramente teorica: basti pensare al lavoro degli influencer i quali hanno come obiettivo quello di suggestionare le scelte di acquisto dei loro seguaci. Se fossimo tutti degli homo oeconomicus non avremmo alcun bisogno di farci consigliare o influenzare da terze persone.

Nel 1979 il sociologo inglese Richard Titmuss fu il primo a portare l’attenzione sul comportamento adottato dalla popolazione inglese nella donazione del sangue che porta l’evidenza di quanto l’essere umano non sia effettivamente privo di etica, di principi e caratterizzato da piena razionalità: Titmuss notò come la promessa di pagamento per la donazione del sangue facesse diminuire il numero di donazioni e la qualità del sangue donato rispetto a quando la donazione era fatta da volontari. Il soggetto che prima era motivato a donare il sangue per valori etici e sociali come l’aiuto del prossimo, la solidarietà e forse anche per l’autostima, non si sentiva più soddisfatto a fare lo stesso gesto se questo avveniva contro pagamento. Questo perché la corrispondenza in denaro faceva diminuire la sua considerazione sociale, e quindi non avrebbe più donato (Titmuss, 1970). Questo comportamento è l’evidenza empirica che non sempre, e non tutti, siamo homo oeconomicus, perché se lo fossimo, tutti noi andremmo a donare il sangue contro pagamento e soprattutto nessuno di noi lo farebbe senza ricevere in cambio una ricompensa monetaria.

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Detto questo, non stiamo né smentendo né contraddicendo le teorie economiche classiche. È però importante specificare che queste ultime parlano di homo oeconomicus, e quindi trattano la dimensione materiale del benessere umano, senza tenere in considerazione quella spirituale, perché come sostenne Pigou “oggetto dell’economia del benessere è l’indagine delle influenze predominanti attraverso le quali sia possibile aumentare il benessere economico del mondo e di un paese determinato” (Pigou, 1920, p. 2). Con “benessere economico” intendeva la componente del benessere che può essere espressa come valore monetario.

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3. L’economia comportamentale

La finanza comportamentale è la scienza che si occupa di prendere le intuizioni della psicologia e le applica al processo decisionale finanziario (Byrne & Utkus, Behavioural finance, 2013, p. 3).

Abbiamo appena visto la base e gli assunti delle teorie economiche classiche. Agli inizi degli anni Settanta alcuni psicologi ed economisti hanno unito le loro ricerche e le loro conoscenze per arrivare a sviluppare nuove teorie che rispecchiassero maggiormente la realtà: nasce così lo studio dell’economia comportamentale. Fautori di questa branca dell’economia sono Amos Tversky e Daniel Kahneman (premio Nobel dell’economia nel 2002): due psicologi israeliani i quali hanno collaborato per anni fondando le basi di questa nuova scienza. Kahneman e Tversky sono arrivati a sviluppare nuove teorie che danno spiegazione del processo decisionale dell’essere umano in condizione di incertezza.

L’economia comportamentale dimostra come gli investitori manchino di razionalità in maniera sistematica esibendo ciò che viene definita razionalità limitata. Si veda come la maggior parte degli investitori creino le proprie aspettative di investimento in base alle performance appena passate degli investimenti. Questa visione è in contrasto con la realtà economica nella quale periodi di reinvestimento elevati portano a valutazioni meno favorevoli e di conseguenza a rendimenti inferiori nei periodi successivi. I soggetti economici sono limitati nella loro capacità di prendere decisioni a causa della non completa informazione disponibile, della quantità limitata di tempo che hanno per prendere le proprie decisioni e soprattutto a causa dalle loro reazioni emotive. Queste sono le principali ragioni che portano gli investitori, e in generale le persone a prendere decisioni in modo irrazionale. La psicologia ha localizzato nei comportamenti umani dei processi mentali che tutti noi usiamo per prendere delle decisioni: “euristica è una definizione tecnica, e sta a indicare una semplice procedura che aiuta a trovare risposte adeguate, anche se spesso imperfette, a quesiti difficili. Il termine da cui trae origine ha la stessa radice di eureka ed è il verbo greco heurískein, trovare” (Kahneman D. , Pensieri lenti e veloci, 2012, p. 132). Le Euristiche sono regole che portano il nostro cervello a compiere degli errori sistematici, detti bias. Lo studio del comportamento umano ha portato alla luce più di 180 bias cognitivi che la nostra mente compie nella vita quotidiana e in ogni processo decisionale (Neocogita srl., 2017). Nei capitoli a seguire verranno approfonditi gli errori cognitivi maggiormente riscontrati durante il processo decisionale degli investitori, dunque nel mondo finanziario.

3.1. Sistema 1 e sistema 2

Keith Stanovich e Richard West furono i primi a coniare le espressioni sistema 1 e sistema 2 per descrivere il sistema di elaborazione delle informazioni del nostro cervello. Dedicarono infatti decenni della loro vita a capire che cosa rende certi individui più propensi di altri nel commettere errori sistematici di giudizio. Stanovich pubblicò le sue intuizioni in un saggio intitolato Rationality and the Reflective Mind (2011). Una delle conclusioni a cui è giunta è che

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“un’elevata intelligenza non rende le persone immuni da bias” (Kahneman D. , Pensieri lenti e veloci, 2012, p. 64). L’errore cognitivo non deve infatti essere percepito come stupidità o come mancata attenzione, ma come un processo automatico commesso dal nostro cervello che si impegna a decodificare ed elaborare informazioni esterne per arrivare a trarre delle conclusioni.

Daniel Kahneman nel libro “Pensieri lenti e veloci” (2012) espone le teorie e le scoperte frutti di anni di studio e di ricerca svolti da lui e da Amos Tversky. In tutta la prima parte del libro viene ripreso il concetto di sistema 1 e sistema 2:

• Sistema 1: è la parte del cervello che opera in fretta e automaticamente, con poco sforzo e nessun controllo volontario;

• Sistema 2: è la parte del cervello che indirizza l’attenzione verso le attività mentali impegnative che richiedono attenzione (come per esempio calcoli complessi).

L’utilizzo di un sistema piuttosto che dell’altro dipende non solo dalla situazione in cui l’individuo si trova o dalla tipologia di problema, ma anche dalla sua propensione personale ad adottare un sistema piuttosto che l’altro (Kahneman D. , 2012, p. 23-30). Quando ci troviamo davanti ad una situazione o ad una scelta il primo ad intervenire è sempre il sistema 1, quello che ci indica le emozioni, le sensazioni originate spontaneamente: si tratta della parte più irrazionale del nostro cervello che si affida all’istinto. Le operazioni automatiche sono generate dal sistema 1, ma in alcuni casi il sistema 2 prende il sopravvento prevalendo sugli impulsi automatici e sull’istinto che ci dà il sistema 1.

Di seguito si riporta un esempio per chiarire il modo di agire e interagire dei due sistemi: osserviamo l’immagine 1:

Figura 1: Attivazione del Sistema 1- Kahneman, D. (2012). Pensieri lenti e veloci

Con la stessa velocità con la quale abbiamo capito che la donna nella fotografia ha i capelli neri, abbiamo dedotto che è arrabbiata. Il colore dei capelli però è un dato di fatto in quanto basta guardare l’immagine. Per capire il suo stato d’animo invece è intervenuto il nostro sistema 1 che, in base alle esperienze passate, ha collegato l’espressione del soggetto rappresentato alle nostre esperienze passate nelle quali abbiamo visto espressioni simili. Siamo dunque arrivati tutti alla stessa conclusione: la donna nella fotografia è arrabbiata.

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Diamo ora un’occhiata alla seguente operazione:

14 X 27 = ?

Il sistema 1 non può aiutarci in quanto alla maggior parte di noi la risposta non viene immediata. Certo non è un calcolo troppo difficile e probabilmente prendendosi un po’di tempo ci si avvriverebbe facilmente alla soluzione. Il tempo che ci prendiamo per la risoluzione è quello che serve al sistema 2 per intervenire e risolvere la situazione a cui il sistema 1 non può dare risposta.

Nella seguente tabella troviamo alcuni esempi riportati nel libro di Kahneman “Pensieri lenti e veloci” (2012) di azioni che vengono svolte dal sistema 1 e rispettivamente dal sistema 2:

Sistema 1 Sistema 2

• Notare che un oggetto è più lontano di un altro

• Orientarsi verso la sorgente di un suono improvviso

• Fare la faccia disgustata davanti a un’immagine orribile

• Rispondere a 2+2=? • Leggere parole sui cartelloni • Guidare la macchina sulla strada a

destra • Capire frasi semplici

• Prepararsi al colpo di pistola dello starter in una cosa

• Concentrare l’attenzione sui clown del circo

• Concentrarsi sulla voce di una particolare persona in una stanza affollata

• Cercare una donna con i capelli bianchi in mezzo a un gruppo di persone

• Frugare nella memoria per riuscire a identificare un suono molto strano

• Mantenere un passo più veloce di quello che riesce naturale

• Controllare l’adeguatezza del nostro comportamento in una situazione sociale

• Contare quante volte compare la lettera “A” in una pagina di un testo

• Dare a qualcuno il proprio numero di telefono

Tra i due sistemi si possono creare dei conflitti in quanto il sistema 2 è molto pigro e spesso bisogna insistere per farlo intervenire: esistono compiti che comprendono azioni che normalmente svolgiamo con il sistema 1, ma la cui complessità richiede l’intervento del sistema 2. La figura 2 è un altro esempio illustrato dal libro di Kahneman “Pensieri lenti e veloci” (2012) che rende esaustiva la spiegazione del conflitto dei due sistemi. L’esercizio consiste nello scorrere entrambe le colonne dicendo a voce altra se ciascuna parola è scritta

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in carattere maiuscolo o minuscolo. Una volta eseguito questo compito si scorrono di nuovo le colonne e si specifica se ciascun termine si trova a sinistra o a destra del centro.

Figura 2: Conflitto tra i due sistemi - elaborazione propria sulla base di (Kahneman D. , 2012)

Eseguendo l’esercizio si può vedere come il nostro sistema 1 ci porta a dire ad alta voce quello che leggiamo nell’immagine, mentre il sistema 2 ci porta a risolvere l’esercizio, dunque in alcuni casi dobbiamo dire ad alta voce l’inverso di quello che c’è scritto nell’immagine. Questo è il conflitto tra le due parti. (Kahneman D. , Pensieri lenti e veloci, 2012, p. 32).

3.1.1. Effetto alone

Un bias molto comune descritto da Kahneman nel libro Pensieri lenti e veloci (2012) che viene usato dalla nostra mente per forgiare la nostra idea delle persone e in generale delle situazioni è l’effetto alone: se ci piace il modo di fare di una persona, troveremo molto probabilmente piacevole anche il suo aspetto e la sua voce. Questo accade grazie al sistema 1, che ci dà una visione del mondo semplificata, in base ai suoi collegamenti e alle sue facilitazioni. L’interpretazione di una situazione o di una persona è data dall’emozione annessa alla prima impressione. Solomon Asch, uno psicologo polacco fece un esperimento che ha conservato la sua attualità: lui presentò verbalmente due soggetti, con gli stessi aggettivi ma indicati in sequenze differenti a delle persone, dopo di che chiese a queste dei commenti sulla personalità dei due soggetti:

• Soggetto 1: intelligente, industrioso, impulsivo, critico, ostinato, invidioso • Soggetto 2: invidioso, ostinato, critico, impulsivo, industrioso, intelligente

La maggior parte delle persone descrissero il soggetto 1 come più positivo rispetto al soggetto 2, questo per il semplice fatto che le persone prestano più attenzione e danno più peso ai primi aggettivi rispetto agli ultimi. Una volta sentiti i primi aggettivi, che per il soggetto 1 sono positivi, quelli che seguono negativi vengono addirittura visti in concezione positiva. Questo accade proprio a causa dell’effetto alone che tende a sopprimere l’ambiguità e a darci un’immagine della realtà soggettiva e alterata (Asch, 1946). L’ordine in cui riceviamo informazioni su una qualsiasi situazione è spesso determinato dal caso, tuttavia questo ordine è molto importante

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in quanto è quello che conta: l’effetto alone fa sì che diamo molta più importanza alle prime informazioni rispetto alle ultime.

La parte 1 del cervello elabora dunque la maggior parte delle informazioni a cui siamo sottoposti quotidianamente e ci fornisce uno scenario generale. L’obiettivo e dunque il successo del sistema 1 è quello di riuscire a dare una coerenza alla storia che riesce a costruire in base alle informazioni che gli vengono fornite. Non dà alcun peso alla quantità o alla qualità di queste informazioni: se queste sono scarse, il sistema 1 vuole comunque raggiungere il proprio obiettivo, dunque salta alle conclusioni sulla base delle informazioni che gli si presentano davanti, scarse o compete che essi siano. Il sistema 2 non interviene in quanto come detto in precedenza è molto pigro e per intervenire ha bisogni di tempo e di stimoli. Il processo del sistema 1 facilita la realizzazione della coerenza e della fluidità cognitiva. Spiega perché siamo in grado di pensare in fretta. La maggior parte delle volte la storia coerente che mettiamo insieme è sufficientemente simile alla realtà, dunque le nostre conseguenti azioni non sembrano sconsiderate. L’effetto alone è uno dei principali motivi che può spiegare diverse bias che tratteremo in seguito, come quella dell’eccessiva sicurezza, dell’effetto farming e della disattenzione per la probabilità a priori (Kahneman D. , Pensieri lenti e veloci, 2012, p. 118).

3.2. La teoria del prospetto

La teoria dell’utilità attesa è la base economica per lo studio delle decisioni umane. Si tratta di una teoria elaborata negli anni Quaranta da John Von Neuemann e da Oskar Morgentern e presuppone che il soggetto di studio, ovvero l’homo oeconomicus abbia dei comportamenti ottimizzanti e di completa razionalità. Si dice che l’individuo prenda le proprie decisioni in modo da massimizzare la propria utilità.

Daniel Kahneman e Amos Tversky hanno in seguito sviluppato la teoria del prospetto, che si pone come teoria alternativa a quella dell’utilità attesa in quanto ha come oggetto lo stesso studio, ovvero il processo decisionale dell’essere umano in condizioni di incertezza, ma il soggetto di questa teoria non è più l’homo oeconomicus bensì l’essere umano con sentimenti, soggettività, paure e incertezze. La teoria del prospetto mette la lente di ingrandimento sulle decisioni prese in condizioni di rischio, ovvero in situazioni in cui è conosciuta o si può stimare la probabilità associata a determinati eventi (Rumiati & Bonini, 2001, p. 13). I due psicologi israeliani volevano arrivare a spiegare come mai le scelte effettuate dagli esseri umani si discostano sistematicamente da quelle previste dalla teoria dell’utilità attesa. La risposta sta nel fatto che l’essere umano e in particolare l’investitore ha delle emozioni, delle esperienze, delle sensazioni e soprattutto delle paure. “La psicologia della decisione mostra come le scelte da parte degli individui non avvengono seguendo il principio economico della massimizzazione dell’utilità, bensì evidenzia come gli uomini siano irrazionali in modo sistematico e replicabile, cioè seguono dei modelli o comportamenti automatici che dipendono da come il problema decisionale viene loro presentato” (Pironti, 2012, p. 92).

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La teoria del prospetto è costituita da tre elementi principali: l’avversione alle perdite, i punti di riferimento e la ponderazione delle probabilità.

3.2.1. L’avversione alle perdite

Kahneman e Tversky attraverso lo studio del comportamento di un campione di persone, hanno svolto dei test nei quali i soggetti devono prendere delle scelte per le quali è data a sapere la probabilità associata agli esiti possibili. L’aspetto innovativo di questa teoria è che si basa su evidenze empiriche date da esperimenti di psicologia. Questi studi hanno portato alla dimostrazione di quanto l’essere umano sia soggettivo e percepisca le informazioni e i dati in modo poco razionale. Le conclusioni a cui sono giunti i due psicologi sono state pubblicate nell’elaborato intitolato “Prospect Theory: An Analysis of Decision Under Risk” (1979).

Si parla di avversione alle perdite quando si fa riferimento al comportamento degli esseri umani che tendono a percepire e dunque trattare in modo diverso gli utili dalle perdite. La condotta che viene assunta in rapporto ai guadagni, come dimostrato da Kahneman e Tversky è quella di scegliere un guadagno più basso ma certo, rispetto ad uno maggiore possibile ma non assicurato (Kahneman & Tversky , 1979, p. 265). Gli individui hanno poca propensione ad assumersi rischi quando la probabilità di ottenere un guadagno passa da certa a probabile, in quanto l’agente economico percepisce questo peggioramento di probabilità in modo molto negativo. Non si ha però la stessa reazione quando la possibilità di ottenere un guadagno passa da probabile a poco meno che probabile, in questo caso l’impatto negativo del peggioramento della probabilità è minimo. Per arrivare a questa conclusione i due fautori della teoria del prospetto hanno condotto degli esperimenti studiando le scelte prese dai soggetti economici sia quando si rapportano ad un guadagno sia quando si rapportano ad una perdita.

Kahneman e Tversky hanno selezionato un campione di persone e lo hanno messo davanti a due opzioni. La scelta A prevedeva un guadagno di duemilacinquecento dollari con una probabilità del 33%, di duemilaquattrocento dollari con una probabilità del 66% e di un guadagno nullo con una probabilità dell’1%. La scelta B prevedeva un guadagno certo di duemilaquattrocento dollari. Da questo esperimento è risultato che ben l’82% delle persone che hanno partecipato all’esperimento (72 persone totali) hanno scelto l’opzione B, ovvero quella del guadagno certo.

Lo stesso campione è poi stato messo di fronte ad altre due opzioni: selezionando l’opzione C avevano la possibilità di avere un guadagno nullo con il 67% di probabilità e un guadagno di duemilacinquecento dollari con il 33% delle probabilità, mentre scegliendo l’opzione D avrebbero avuto la possibilità di ottenere un guadagno di duemilaquattrocento dollari con una probabilità del 34% e un guadagno nullo con il 66% di probabilità. Risultò che l’83% del campione ha scelto l’opzione C.

A fronte di un guadagno certo di duemilaquattrocento dollari (opzione B scelta dall’82% del campione), l’opzione D dava la stessa possibilità di guadagno ma con una probabilità più bassa (34%), questa diminuzione di eventualità da certa a probabile dell’esito della scelta ha portato i partecipanti del test a selezionare l’opzione C che proponeva un guadagno maggiore, ma con probabilità leggermente più bassa.

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La figura sottostante rappresenta i due test eseguiti con le opzioni a disposizione e i risultati ottenuti:

Figura 3: Il comportamento nei confronti dei profitti - elaborazione propria sulla base di (Kahneman & Tversky , 1979)

Da notare come nel primo test, l’opzione B scelta dall’82% del campione risulta irrazionale in quanto attraverso la risoluzione matematica (indicata nella figura 3) l’utilità attesa dell’opzione A (che sarebbe stata scelta da un soggetto irrazionale) sia più alta rispetto a quella dell’opzione B.

Per quanto riguarda le possibilità di ottenere una perdita Kahneman e Tversky hanno svolto un altro esperimento che si fonda sempre sulle probabilità che una certa situazione si verifichi: ad un campione di 95 persone è stato chiesto di scegliere tra una possibile perdita di quattromila dollari con l’80% di probabilità (opzione A) e una perdita certa di tremila dollari (opzione B). In questo caso il 92% del campione ha preferito rischiare di perdere quattromila dollari che perderne sicuramente tremila. Anche in questo caso vi è l’evidenza dell’irrazionalità degli agenti economici che scelgono l’opzione B che rappresenta un’utilità attesa più bassa (di meno tremiladuecento dollari), rispetto all’opzione A che incorpora un’utilità attesa di meno tremila dollari.

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In un secondo momento agli stessi soggetti è stato chiesto di scegliere tra la possibilità di perdere quattromila dollari con una probabilità del 20% (opzione C) e la possibilità del 25% di perderne tremila (opzione D). È risultato che il 58% del campione ha deciso di rischiare di perdere tremila dollari con il 25% di probabilità. In questo secondo caso vediamo come la maggior parte delle persone scelgono l’opzione che presenta l’eventualità di perdere meno ma con più probabilità, rispetto all’opzione di perdere di più ma con meno probabilità.

Figura 4: Il comportamento nei confronti delle perdite - elaborazione propria sulla base di (Kahneman & Tversky , 1979)

Da questi esperimenti ne risulta che i soggetti economici sono indotti ad essere avversi al rischio quando prevedono possibilità di guadagni: preferiscono un guadagno certo più basso rispetto a un guadagno potenziale più alto. Se invece si tratta di perdite sono più propensi a rischiare: scelgono di correre il rischio di perdere di più rispetto alla certezza di perdere di meno (Kahneman & Tversky , 1979, p. 268).

È proprio su questi esperimenti e su queste conclusioni che si fonda uno dei concetti fondamentali della teoria del prospetto: vi è un’asimmetria del comportamento dei soggetti che dipende da cosa stanno trattando: perdita o guadagno. Le perdite per essi sono più minacciose dei guadagni. Diversi studi sulla finanza comportamentale dimostrano che gli investitori attribuiscono più del doppio del peso alle perdite rispetto ai guadagni (Byrne & Utkus, Behavioural finance, 2013): la perdita di un certo importo crea infatti maggiore disutilità rispetto all’utilità che verrebbe creata da un guadagno dello stesso importo. Ecco perché hanno un atteggiamento avverso al rischio quando si trovano di fronte a possibili vincite e sono propensi al rischio quando si trovano di fronte a possibili perdite (Rasiel, 2019).

In termini pratici, si consideri un investitore che acquista un titolo pagandolo mille dollari. Se questo titolo arriva ad un valore di millecinquecento dollari l’investitore sarà tentato di

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bloccarne il profitto vendendolo ed incassando la differenza, se al contrario il valore del titolo dovesse scendere a cinquecento dollari, l’investitore sarà tentato di mantenere la posizione nella speranza che questo riacquisti il valore iniziale: questo è un comportamento che si sviluppa a causa dell’eccessivo dolore che causa una perdita rispetto alla gioia arrecata da un guadagno (Byrne & Utkus, 2013).

3.2.2. I punti di riferimento

Le persone valutano gli esiti di una decisione in base a diversi fattori come al modo in cui una situazione viene presentata, a quale è la posta in gioco, a quale è il proprio patrimonio totale e all’eventualità di affrontare perdite o guadagni.

Un comportamento che è stato empiricamente dimostrato da Kahneman e Tversky è quello dell’isolation effect: si tratta di un bias che porta gli individui a considerare una componente isolata per risolvere un problema o per prendere una decisione invece di considerare la situazione nel suo insieme. Per dimostrare questa tipologia di comportamento hanno preso un campione di 70 persone e le hanno messe di fronte a 2 scelte: vincere mille dollari con una probabilità del 50% oppure vincerne solo cinquecento con una probabilità del 100%. Indipendentemente dalla scelta presa, prima di giocare i partecipanti avrebbero ricevuto mille dollari. Il risultato è stato che l’84% delle persone ha optato per la seconda scelta, ovvero vincita certa. Verificando le due opzioni a disposizione in modo matematico vediamo però come nelle due scelte il guadagno atteso è identico (vedi figura 5).

In un secondo momento allo stesso campione di persone è stato detto che avrebbero ricevuto duemila dollari e che avrebbero poi dovuto scegliere tra una perdita possibile di mille dollari con il 50% di possibilità e una perdita sicura di cinquecento dollari con il 100% di probabilità. Questa volta il 69% del campione ha scelto la prima opzione, decidendo quindi di rischiare. (Kahneman & Tversky , 1979, p. 268)

La figura 5 riassume l’esperimento appena spiegato:

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Figura 4: Comportamento assunto in base ai punti di riferimento - elaborazione propria sulla base di (Kahneman & Tversky , 1979)

Notiamo come tutte e quattro le opzioni generassero dei guadagni previsti identici di millecinquecento dollari ma nonostante questo, nel primo esperimento la maggior parte ha preferito non rischiare (scegliendo l’opzione B) mentre nel secondo esperimento il 69% del campione ha deciso di correre il rischio di perdere di più scegliendo l’opzione C. Questo ci fa capire che i partecipanti, al momento della presa di decisione non hanno tenuto in considerazione il bonus iniziale (di mille dollari nel primo caso e di duemila dollari nel secondo caso). Possiamo dunque sostenere che gli individui non vedono un guadagno come un incremento del loro patrimonio totale, ma lo considerano come singolo evento (Rasiel, 2019): la loro visione della situazione globale cambia a dipendenza dalla loro prospettiva e da come percepiscono i singoli eventi in modo individuale e non nel loro complesso.

3.2.3. La ponderazione delle probabilità

La ponderazione delle probabilità descrive il modo in cui il soggetto economico concepisce le probabilità. A causa della legge dei piccoli numeri che verrà approfondita nei capitoli a seguire e a causa di altri fattori le persone tendono ad interpretare in modo errato le probabilità e a distorcerne il significato: davanti ad un esito con bassa probabilità si tende a sopravvalutare la bassa probabilità di realizzazione dell’evento mentre davanti ad un’alta probabilità che un

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evento si realizzi si dente a dubitare e a enfatizzare l’incertezza dell’evento. Questo atteggiamento è strettamente correlato all’avversione al rischio e spiega perché molte persone acquistano biglietti della lotteria: tendono a sotto ponderare l’alta probabilità della perdita. La prova empirica della sovra ponderazione della probabilità di perdita è invece data dall’altissimo numero di assicurazioni su eventi non certi e poco probabili che ogni giorno i soggetti economici sottoscrivono.

3.2.4. La funzione di utilità

Sulla base dei comportamenti esposti finora, possiamo dare una rappresentazione della nuova funzione dell’utilità secondo la teoria del prospetto, questa riproduzione tiene presente degli assiomi e dei bias psicologici responsabili della poca razionalità del soggetto economico.

Figura 5: La funzione di utilità – tratta da (Igorvitale, 2019)

Come possiamo evincere dal grafico la funzione di utilità cambia per i guadagni e le perdite: quando un soggetto economico sta trattando un guadagno la funzione presenta pendenza positiva. Più i guadagni aumentano, meno la pendenza dell’utilità e grande: ogni guadagno aggiuntivo avrà infatti un impatto minore sull’utilità rispetto al guadagno precedente. Anche per le perdite vediamo come la disutilità causata dalle prime perdite è molto maggiore rispetto a quelle che vengono dopo: la pendenza della curva diminuisce infatti all’aumentare delle perdite. In poche parole, i soggetti economici sentono maggiormente sia le prime perdite che portano un’alta disutilità, che i primi guadagni che portano una grande utilità.

Dal grafico rappresentato nella figura 6 e dagli esperimenti esposti nel presente capitolo si può evincere come i soggetti assumano un comportamento avverso al rischio davanti ai guadagni, si veda come la pendenza della curva nella parte destra del grafico è inferiore rispetto a quella di sinistra, mentre quando si trovano davanti a delle perdite il comportamento del soggetto diventa propenso al rischio. Se parliamo di soggetti investitori che hanno nel proprio portafoglio dei titoli, secondo la teoria del prospetto questi saranno propensi a vendere il titolo non appena questo avrà fruttato il guadagno aspettato, mentre se il titolo sta perdendo, l’investitore sarà poco propenso a venderlo: lo terrà nel deposito nella speranza che questo recuperi il suo

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valore iniziale ed eventualmente frutti dei guadagni in quanto il fatto di vendere e chiudere una perdita da un senso di dispiacere troppo grande.

Nell’ambito della teoria del prospetto il comportamento dei soggetti economici nei confronti dei rischi può essere riassunto nel seguente modo:

Figura 6: atteggiamenti nei confronti del rischio - elaborazione dell'autrice

Visti i comportamenti appena descritti su cui si basa la teoria del prospetto, è possibile arrivare alla conclusione che se parliamo di finanza, gli investitori tenderanno a creare dei portafogli con una più elevata concentrazione del rischio di quella che possono realmente tollerare, questo a causa della propensione al rischio in merito alle perdite. Per quanto riguarda l’asset allocation, ci saranno importi inferiori investiti nel mercato azionario a causa della propensione all’avversione al rischio. È dunque molto importante capire che si la teoria del prospetto può descrivere le effettive prassi di investimento dei soggetti, ma dall’altra bisogna notare che tali comportamenti sono contrari ad una buona gestione degli investimenti.

Nel presente capitolo abbiamo trattato solo alcuni dei comportamenti che caratterizzano l’aspetto irrazionale degli investitori; di seguito approfondiremo i bias che risultano essere più rilevanti per il mondo degli investimenti.

3.3. Bias comportamentali

Come spiegato nell’introduzione i bias sono errori di percezione ed elaborazione delle informazioni che distorcono in modo significativo le scelte del soggetto sia a livello finanziario che non (Neocogita srl., 2017). Esistono bias cognitivi che sono errori sistematici di pensiero dovuti alla sbagliata memorizzazione delle informazioni, alla disattenzione oppure alla selezione di informazioni nel momento in cui queste vengono fornite. Esistono inoltre bias emotivi che sono legati alle emozioni, alle sensazioni e alle intuizioni e non ai fatti (esempio avversione alle perdite e eccessiva fiducia).

3.3.1. La legge dei piccoli numeri

La legge dei piccoli numeri è un difetto cognitivo secondo il quale i soggetti tendono a considerare delle informazioni estrapolate da un campione piccolo e non indicativo di osservazioni come dato certo e rappresentativo della realtà; questo accade nonostante tutti sappiamo o possiamo immaginare che i campioni grandi sono più attendibili di quelli piccoli.

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Quando ci troviamo di fronte a dei dati il nostro sistema 1, ovvero il primo che interviene nell’analisi delle informazioni per arrivare a conclusioni che spesso risultano affrettate, interviene e crea delle connessioni causali tra eventi anche quando la relazione è falsa o insensata. Si tratta di un difetto cognitivo che porta le persone a credere che un piccolo numero di informazioni possa dare un’idea generale della situazione.

Per poter avere dati veritieri è necessario che chi analizza le informazioni prenda un campione sufficientemente ampio per riuscire a ridurre il rischio di errore nelle conclusioni. Questa osservazione potrebbe risultare palese ed inutile se non fosse che Jacob Cohen in un articolo pubblicato nel 1962 nella rivista “Journal of Abnormal and Social Psychology” ha messo l’accento su come gli psicologi nei loro esperimenti scelgano campioni così piccoli da esporsi ad un rischio del 50% di non riuscire a confermare le proprie ipotesi (Cohen, 1962). In base a come viene esposto il risultato di un test il nostro cervello elabora l’informazione a proprio modo, e siccome il nostro Sistema 1 non è in grado di distinguere i gradi di credenza e men che meno è in grado di mettere in dubbio dati, il soggetto economico ha la tendenza ad arrivare a conclusioni errate basate su dati poco realistici. “La legge di piccoli numeri è la manifestazione di un bias generale che favorisce la certezza rispetto al dubbio” (Kahneman D. , 2012, p. 152).

Per capire meglio il modo in cui reagisce il nostro cervello quando si parla di dati statistici verrà riportato un esempio esposto nel libro “Pensieri lenti e veloci” di Kahneman (2012). Tutti sappiamo che il sesso del primo bambino della giornata nato in un ospedale non condizionerà il sesso del secondo bambino nato nello stesso ospedale. Kahneman nell’esperimento prende come esempio il sesso di sei bambini nati uno dietro l’atro nello stesso centro pediatrico. Abbiamo detto che la sequenza di maschi e femmine che può nascere è puramente casuale e non è condizionata dalle nascite precedenti o antecedenti. Consideriamo ora le seguenti sequenze possibili: MMMFFF, FFFFFF, MFMMFM. Sono tutte sequenze ugualmente probabili? Il nostro Sistema 1 ci porta a dire di no in quanto le prime due sequenze ci sembrano poco frequentemente realizzabili, mentre la terza è l’unica che ci sembra effettivamente casuale. La verità è invece che tutte e tre le sequenze hanno la stessa probabilità di realizzarsi. Il nostro istinto tende a creare dei modelli che siano coerenti con il nostro modo di vedere le cose. Non ci aspettiamo di vedere delle sequenze regolari come FFFFFF in un processo composto da eventi casuali: secondo Kahneman quando individuiamo quella che può essere una regola, subito respingiamo l’idea che il processo sia davvero casuale (Kahneman D. , 2012, p. 153-154). Il soggetto economico fatica a capire la casualità degli eventi, e questo crea conseguenze importanti in quanto vengono individuate delle configurazioni là dove non esistono.

Un altro esempio che ci fa capire quanto la nostra mente venga deviata ed abbia una percezione errata della realtà è palesata nel mondo dello sport: quante volte si pensa che durante una partita di pallacanestro un giocatore abbia “la mano fatata” soltanto perché realizza più canestri consecutivi? Quando questo avviene l’intera partita viene modificata sulla credenza che questo giocatore sia momentaneamente baciato dalla fortuna: i compagni di squadra del “fortunato” saranno incentivati a passargli maggiormente la palla per fargli realizzare nuovi canestri, mentre la squadra avversaria accrescerà la difesa su di esso. Nessuno si chiede però quante partite e quante annate si sono dovute aspettare perché questo

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giocatore arrivasse a fare così tanti canestri di fila. È vero che alcuni giocatori sono più precisi e più allenati di altri, ma “la sequenza di tiri mancati o andati a segno soddisfa tutti i test di casualità” (Kahneman D. , 2012, p. 156).

Come precisa Kahneman, la tendenza che tutti abbiamo è quella di vedere schemi particolari nella casualità. Se seguiamo la nostra intuizione e se lasciamo lavorare solo il Sistema 1 spesso e volentieri sbagliamo e classifichiamo erroneamente eventi casuali come sistematici. Il soggetto economico fatica ad ammettere che la maggior parte degli eventi della nostra vita e quelli osservati siano effettivamente casuali. Dunque, la legge dei piccoli numeri ci porta principalmente a commettere due errori: il primo è quello di dare troppa fiducia a campioni piccoli: diamo più importanza al messaggio rispetto all’attendibilità delle informazioni, questo ci porta ad avere una visione sbagliata del mondo esterno che però ci risulta coerente con le nostre idee. Il secondo errore è quello di faticare a capire gli eventi casuali in quanto sono in contrasto con il nostro intuito.

3.3.2. L’effetto ancoraggio

L’effetto ancoraggio si verifica quando i soggetti, dovendo assegnare un valore ad una quantità ignota partono da un determinato valore disponibile. Questo effetto è uno dei più assodati e riconosciuti dalla psicologia sperimentale, ed è fortemente usato per influenzare il comportamento dei soggetti economici.

Quello che succede è che quando ci viene posta una domanda e nella formulazione di quest’ultima vi è un suggerimento, una risposta implicita o noi abbiamo una lontana idea della soluzione, la nostra mente è portata a partire dal numero che ci è stato fornito. Il processo che avviene nel nostro cervello è quello di valutare l’assurdità o l’esattezza del dato fornito e in base a quello che ci sembra logico, ci sarà un aggiustamento fatto dal Sistema 2: la nostra risposta sarà più alta o più bassa del numero inizialmente focalizzato e l’esito sarà totalmente condizionato da questa ancora in quanto il nostro Sistema 1 fa di tutto per costruire un mondo in cui l’ancora è la risposta corretta al quesito.

Arriviamo ad un esempio per capire l’effetto: se ci viene posta la seguente domanda: “Gandhi aveva più di centoquattordici anni quando morì?” probabilmente tutti noi troviamo poco reale che Gandhi sia vissuto fino a centoquattordici anni. Sappiamo che la risposta centoquattordici è sbagliata e che probabilmente la soluzione sarà inferiore a questo numero. Il nostro Sistema 1 però nel frattempo ha già creato nel nostro subconscio l’immagine di una persona molto anziana. Saremo dunque probabilmente tentati di attribuire un numero alto come anni vissuti da questo personaggio.

L’effetto ancoraggio è uno dei pochi effetti psicologici che sono effettivamente misurabili. Kahneman riporta nel libro Pensieri lenti e veloci (2012) un esempio inquietante di come l’effetto ancoraggio non influenza soltanto chi viene preso alla sprovvista da una domanda che non compete le proprie conoscenze ma anche persone esperte. Fu fatto un esperimento nel quale fu data la possibilità a degli agenti immobiliari di visitare un immobile, in seguito fu dato loro un opuscolo informativo con informazioni sull’immobile e il suo prezzo finale; metà degli agenti aveva però un prezzo ufficiale più alto del prezzo finale mentre all’altra metà ne aveva

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uno più basso. Una volta che gli agenti ebbero dato il loro prezzo, gli fu chiesto quale elemento avesse condizionato la loro decisione finale. Nessuno di loro indicò che il prezzo finale scritto sull’opuscolo gli avesse influenzati. I risultati però parlavano chiaro: l’effetto ancoraggio era del 41%. Da notare che la stessa situazione fu posta a degli studenti di economia e commercio, i quali non avevano nessuna capacità di valutazione immobiliare. Qui l’effetto ancoraggio risultò leggermente più alto, ovvero del 48% e gli studenti ammisero che la loro valutazione era stata influenzata dal prezzo dato dall’opuscolo informativo (Kahneman D. , 2012).

Da questo esempio possiamo evincere quanto sia inquietante e grande l’effetto che un’ancora può avere sul nostro processo decisionale. Una scoperta fondamentale sull’ancoraggio è che le ancore che sono palesemente casuali, sono spesso efficaci tanto quanto lo sono le ancore che danno informazioni plausibili: è stato fatto in merito un esperimento con dei giudici tedeschi con molti anni di esperienza lavorativa alle spalle. Fu sottoposto a questi giudici il caso di una donna che era stata sorpresa mentre rubava in diversi negozi; dopo avere letto il dossier fu chiesto loro di lanciare dei dadi truccati che ad ogni lancio davano come risultato 3 o 9 (si tratta dunque di un ancora casuale). Dopo il lancio del dado veniva chiesto ad ogni giudice se avrebbero imputato un numero di mesi di carcere superiore o inferiore al numero che dava il dado. Ne risultò che chi aveva ottenuto come risultato del lancio del dado 9 avrebbe imputato otto mesi di carcere, mentre chi aveva ottenuto 3 ne avrebbe imputati solo cinque. Da questo esperimento è stato calcolato un effetto di ancoraggio del 50% e anche in questo caso stiamo parlando professionisti che vengono influenzati nel proprio lavoro quotidiano da ancore puramente casuali che non hanno a che vedere con l’attività in questione (Kahneman D. , 2012, p. 168).

Nick Epley e Tom Gilovich riuscirono a dimostrare come è possibile limitare l’effetto ancoraggio: se nel momento in cui viene fornita l’ancora il soggetto scuote la testa questo è meno propenso ad aggrapparsi a questa riposta rispetto al soggetto che annuisce nel momento in cui l’ancora viene pronunciata (Epley & Gilovich, 2001). Adam Galinsky e Tomas Mussweiler proposero diversi modi per riuscire a resistere all’effetto ancoraggio nelle trattative: quando viene proposta un ancora, il soggetto economico deve cercare nella propria memoria degli argomenti per smentire quest’ultima, si va dunque ad attivare il Sistema 2 del nostro cervello che deve trovare la razionalità e deve andare ad esaminare in modo obiettivo la situazione (Galinsky & Mussweiler , 2001, p. 576-669). Si tratta però di comportamenti che richiedono molta attenzione e un particolare impegno nell’individuare ancore che vanno poi a deviare il nostro comportamento.

3.3.3. Eccessiva fiducia e la capacità di controllo

Attraverso diversi studi della psicologia si è notato il trend dell’essere umano ad avere una fiducia ingiustificata in sé stessi e ad avere una visione gonfiata delle proprie capacità: il 90% delle persone sostiene infatti di guidare meglio della media. Questo semplice dato ci dà una visione generale di quanto le persone possano avere una visione distorta di sé stessi e delle proprie capacità (Byrne & Utkus, Behavioural finance, 2013). Se il 90% dei guidatori ritiene di saper guidare meglio della media, vuole dire che solo il 10% dovrebbe essere sotto quest’ultima, il che è matematicamente impossibile.

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Ad un gruppo di studenti è stato chiesto quanti giorni avrebbero avuto bisogno nel migliore e nel peggiore dei casi per completare la propria tesi. Il risultato fu di 33 giorni nel miglio dei casi e di quarantaquattro nella peggiore delle ipotesi. La realtà dei fatti è stata che il numero di giorni medio usato da questi studenti per completare il loro elaborato è stato di cinquantacinque giorni.

L’eccessiva fiducia in campo finanziario può portare a decisioni sbagliate. Si tende a valutare la propria situazione finanziaria migliore di quella che è, questo porta a decisioni di investimento che non rispecchiano il proprio profilo di rischio (Krugman & Wells, 2013, p. 250-251). Un altro rischio che si presenta a causa di questa bias è quello di sovrastimare la propria capacità di prevedere l’andamento dei mercati finanziari, questo può portare ad un’eccessiva negoziazione che causa alte commissioni e ad una conseguente riduzione del profitto (Byrne & Utkus, Behavioural finance, 2013). L’economista Odean ha dimostrato come gli investitori che hanno un’eccessiva fiducia in sé stessi e nelle proprie conoscenze abbiano nel complessivo delle performance inferiori a causa del grande numero di transazione fatte sulla borsa. Questo accade perché gli agenti economici tendono a dare maggior peso alle proprie convinzioni rispetto alle informazioni a disposizione o alle opinioni di terze persone. (Barber & Odean, 1999). In termini pratici gli esseri umani tendono a vedere il mondo in termini positivi anche dopo avere preso decisioni sbagliate, questo porta degli effetti benevoli sul recupero della fiducia in sé stessi e dei mercati, ma allo stesso tempo può portare effetti dannosi sulle decisioni di investimento.

La sopravvalutazione delle proprie capacità e conoscenze in ambito economico porta gli investitori a credere di poter prevedere il futuro, le proprie decisioni di investimento vengono prese in base a queste presupposte conoscenze. La teoria tradizionale raccomanda la diversificazione degli investimenti in asset, valute e mercati. Non potendo però gli investitori avere la capacità di conoscere l’andamento di tutto il mercato mondiale, questi sono portati ad investire solo in quei mercati di cui pensano di poter prevedere il futuro creando così un portafoglio non sufficientemente diversificato. Si va così ad aumentare il rischio di perdita; l’eccessiva confidenza è strettamente legata ad un altro bias che ne è la conseguenza, ovvero quello della capacità di controllo: il soggetto economico pensa di avere più controllo negli investimenti rispetto a quello che ha realmente. In uno studio riportato nell’European Economic (1998) Review svolto su investitori affluent, viene riportato come questi ultimi credevano che la loro capacità di selezione dei titoli fosse un fattore fondamentale per la performance del proprio portafoglio. La realtà dei fatti era però che erano troppo ottimisti: non consideravano infatti l’effetto del mercato complessivo che in quel momento era in una fase di rialzo e per questo i loro investimenti fruttavano buone performance. Gli investitori attribuivano i profitti dei loro investimenti alla loro capacità di stock picking e non a fattori più ampi che nella realtà dei fatti avevano influenzato positivamente tutti i mercati finanziari (De Bondt, 1998). In conclusione, si può dire che l’eccessiva fiducia in sé stessi porta gli investitori a prendersi i meriti di investimenti andati bene, pensando che la propria capacità di selezionare titoli dal mercato sia superiore alla media, e per quanto riguarda invece gli investimenti andati male che portano una perdita al portafoglio, questo viene attribuito alla sfortuna. Questo processo mentale è problematico in quanto non consente un auto feed back negativo che invece sarebbe molto utile per la presa di decisioni future.

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3.3.4. L’effetto gregge

L’appartenenza ad un gruppo è un sentimento al quale le persone sono comunemente molto sensibili: neuroscienziati hanno dimostrato come il rifiuto sociale e l’esclusione dal gruppo comportino a livello celebrale l’attivazione di aree del cervello che solitamente vengono attivate quando si prova del dolore fisico (Gironde, 2010, p. 104). Si tratta di un aspetto al quale siamo tutti particolarmente sensibili: spesso siamo disposti ad accantonare i nostri pensieri e i nostri desideri per non risultare diversi dalla massa e a seguire quelli degli altri per sentirci accettati dalla società. Questo modo di agire diventa ancora più rilevante se in passato abbiamo avuto esperienze in cui siamo riusciti ad andare contro corrente per rispettare le nostre ideologie contraddicendo quelle della massa ma il nostro operato si è infine rivelato sbagliato (Shiller, 2015). L’effetto gregge è un comportamento che porta il soggetto a compiere delle azioni che possono andare anche contro le proprie credenziali pur di seguire il comportamento del gruppo. Questo atteggiamento viene assunto per poter provare il senso di appartenenza ad un gruppo e perché sbagliare da solo risulta più brutto che sbagliare assieme. Il fatto di commettere degli errori che però altre persone stanno commettendo con me crea un senso di conforto nella tristezza dell’errore.

Si tratta dunque di un comportamento che viene assunto a causa di informazioni raccolte da fonti esterne. I canali di trasmissione di informazioni sono molteplici: se una volta l’unico modo di raccogliere notizie era il passaparola oggi, con l’avvento della tecnologia risulta molto facile reperire informazioni attraverso internet, giornali, televisione, radio e i media in generale. Gli studi dimostrano però che il canale più efficace rimane sempre il passaggio di informazioni da una persona all’altra. Nel 1985 Shiller e Pound hanno condotto un esperimento per determinare quale canale di informazione influenza maggiormente gli investitori. Distribuirono un questionario ad un campione di persone nel quale veniva chiesto che cosa avesse influenzato la loro ultima transazione borsistica. Il risultato fu che solo il 6% del campione attribuiva il merito ai giornali; la maggior parte degli investitori aveva agito in base a informazioni avute attraverso comunicazioni dirette con altre persone (Shiller, 2015, p. 170-180). Si pensi all’insider trading, ovvero alla divulgazione di informazioni, di dominio non pubblico, che vengono sfruttate per effettuare operazioni borsistiche traendo vantaggio dalla loro conoscenza anticipata. Questo comportamento è punito penalmente e vi sono organi appositi che controllano e monitorano i mercati finanziari con lo scopo di scovare possibili casi di insider trading. Questo perché il passaggio di informazioni anche solo tra due persone può causare gravi danni sia ad un singolo titolo che a interi mercati a causa dell’effetto gregge. Si pensi al crollo dei mercati finanziari accaduto nel 1987. I giornali riportarono l’informazione del crollo dei mercati unicamente il martedì mattina. Eppure, il fatidico giorno del crollo fu il giorno prima: il famoso lunedì nero. L’economista Shiller attraverso un questionario ha potuto constatare che l’81% degli investitori del suo campione aveva appreso del crollo in corso prima delle cinque del pomeriggio del lunedì, questo perché avevano parlato in media con sette persone di ciò che stava accadendo. Visto che i giornali riportarono informazioni inerenti il crollo unicamente il giorno successivo, le notizie principali furono trasmesse attraverso passaparola tra un investitore e l’altro (Shiller, 2015, p. 180).

Si può pensare alla trasmissione di informazioni come ad un virus al quale viene attribuito un tasso di trasmissione: se una persona ha un’informazione e ne parla con sette persone che a

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loro volta ne parleranno con altre sette possiamo immaginare come il tasso di propaganda di informazione cresca esponenzialmente. Pensiamo ora al gioco “il telefono senza fili”, la prima persona inventa una frase e la sussurra all’orecchio di quella accanto che a sua volta dovrà dire ciò che ha sentito alla persona che segue; l’esperienza ci insegna che più la frase iniziale è complicata e più persone partecipano al gioco, maggiore é la probabilità che all’ultima persona verrà riportata una frase completamente diversa da quelle che era stata detta inizialmente. Possiamo pensare che il passaggio di informazioni attraverso il passaparola funzioni nello stesso modo: quando un individuo riceve un’informazione, a dipendenza dalla sua percezione di quest’ultima andrà a riportare il dato ad un’altra persona personalizzandolo ed esponendolo in modo soggettivo in base a come lui stesso lo ha percepito. Ne segue che spesso le informazioni non sono puramente veritiere e obiettive e che il passa parola, principale canale di informazione, è un mezzo di informazione molto pericoloso e impreciso.

Ma vediamo un esempio storico di effetto gregge che portò ad una delle prime bolle speculative: quella dei tulipani avvenuta tra il 1636 e il 1637. Oggi risulta assurdo, ma in quegli anni il bulbo di un tulipano arrivò ad avere il prezzo di una casa. Come fu possibile? A causa dell’effetto gregge: nel 1600 il tulipano era un bene simbolico acquistato da famiglie benestanti, negli anni a seguire la volontà di possedere questo bene per raggiungere uno status symbol coinvolse anche le persone di ceto medio con capacità economiche limitate. Iniziò così l’incremento della domanda di bulbi di tulipani e il conseguente aumento del suo prezzo; intervennero investitori esteri che iniettarono liquidità in questo mercato crescente. Il commercio dei tulipani crebbe così tanto che vennero introdotte piattaforme di scambio specializzate e vennero sviluppate normative per regolamentare questo scambio. La fiducia degli investitori inizialmente era molto forte in quanto tutti riuscivano a trarre beneficio dall’andamento positivo, gli elevati guadagni erano un grosso incentivo ad investire specialmente per le fasce più basse della popolazione. Vi era una credenza generale che la passione per i tulipani sarebbe durata nei decenni e che gli investimenti sarebbero stati sempre fruttiferi. Si arrivò al punto che molti investitori decisero di svendere le proprie proprietà ed i propri terreni per investire al più presto una maggiore quantità di massa monetaria nel mercato dei tulipani. Ad un certo punto ci si rese conto del livello a cui si era arrivati. Iniziò così la preoccupazione che la grande euforia che aveva contagiato tutto il mercato non potesse continuare per sempre. Con la progressiva espansione di questa preoccupazione i prezzi iniziarono a scendere e si creò così panico generale che portò a sua volta ad un definitivo crollo dei prezzi. Moltissimi investitori nobili e commercianti furono così confrontati alla rovina finanziaria (Mackay , 2013).

Questo esempio ci fa capire come il comportamento di un gruppo di persone può portarci a compiere azioni che possono poi risultare assurde: ad oggi tutti sappiamo che attribuire lo stesso valore ad una casa e al bulbo di un tulipano è assurdo. Eppure in quel momento di euforia risultava una cosa logica e sensata. Svendere la propria abitazione per avere liquidità immediata da investire in questo mercato sembrava giusto perché tutti lo facevano. Restare obiettivi e razionali in un mondo dove dobbiamo e vogliamo sentirci parte di un gruppo e parte della società risulta dunque particolarmente difficile, e la tendenza è quella di seguire il comportamento della massa per non risultare una persona diversa dalle altre.

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3.3.5. Bias della disponibilità

L’availability bias è stata definita da Kahneman e Tversky come “il processo di giudicare la frequenza in base alla facilità con cui gli esempi ci vengono in mente” (Kahneman & Tversky, 1973, p. 207-232). Le decisioni vengono dunque prese in base alle informazioni in proprio possesso, ovvero quelle facilmente reperibili. Un esempio di questa bias è quando nel 2008 dopo la crisi finanziaria dei subprime Franking Templeton ha condotto un sondaggio presso vari investitori ai quali è stata chiesta una previsione sull’andamento dell’indice S&P 500 per i tre anni a venire, la maggior parte delle risposte prevedeva un andamento al ribasso o piatto a causa del bombardamento di tutte le informazioni negative che concernevano i mercati finanziari. La realtà dei fatti è stata che nel 2009 lo S&P 500 Index ha avuto une performance del 23.45%, nel 2010 del 15.06% e nel 2011 2.11% (SlickCharts, 2019).

Quando desideriamo valutare la frequenza di un evento siamo condizionati dunque dalla facilità con cui ci vengono in mente degli esempi di questo evento: più esempi abbiamo maggiore valuteremo sua periodicità di realizzazione. Paul Slovic, Sarah Lichtenstein e Barch Fischhof fecero degli studi sul bias della disponibilità: in un esperimento chiesero a dei volontari di considerare delle cause di morte abbinate ed indicare la causa più frequente e il rapporto di frequenza, emersero dei dati che dimostrano come le persone attribuiscono un’alta frequenza a eventi semplicemente perché ne hanno sentito spesso parlare. Dai test fatti è emerso che nonostante gli ictus provochino quasi il doppio dei decessi di tutti gli incidenti messi assieme, l’80% del campione giudicava più probabile la morte accidentale, il tornado è stato considerato come una causa di morte più frequente dell’asma anche se nella realtà la morte per asma è venti volte più frequente che quella per tornado. La morte per fulminazione è stata considerata meno frequente che la morte per botulismo nonostante a fatti reali quest’ultima è ben 52 volte più frequente. (Kahneman D. , 2012, p. 184). La conclusione è chiara: queste stime sono condizionate dal modo e dalla frequenza con cui i media trattano le informazioni e da come noi le percepiamo e ci ricordiamo queste ultime.

3.3.6. L’inerzia

L’inerzia è quel sentimento di incertezza e di confusione sul come procedere. L’essere umano ha una tendenza innata a guardare verso il futuro, ogni volta che prendiamo una decisione pensiamo a delle conseguenze. Il fatto è che abbiamo la capacità di conoscere il passato ma non il futuro: quando prendiamo una decisione nella nostra mente costruiamo i diversi scenari che la scelta potrebbe comportare. Il desiderio umano di evitare rimpianti guida le nostre scelte e la paura di sbagliare ci porta a temporeggiare o a prorogare il momento della decisione.

L’inerzia può essere un grande ostacolo ad un’ottimale pianificazione finanziaria in quanto impedisce agli investitori di prendere decisioni di investimento nel momento più opportuno. Se per esempio un investitore sta valutando di portare delle modifiche al proprio portafoglio, però non è certo di quello che vuole fare, tenterà di temporeggiare per vedere l’andamento dei mercati a causa della sua personale incertezza e indecisione. Questo comportamento fa sfumare opportunità di investimento fatte nel momento più opportuno. Per evitare questo tipo di comportamento si tende sempre di più ad assumere un pilota automatico, ovvero un sistema che ribilancia automaticamente gli investimenti, così facendo non vi sono momenti di dubbio

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per l’investitore e si va a ridurre anche la bias dell’eccessiva fiducia in sé stessi (Byrne & Utkus, Behavioural finance, 2013).

3.3.7. Effetto framing

L’effetto framing, noto in italiano come effetto inquadramento è una trappola mentale che porta i soggetti economici a percepire ed interpretare le informazioni in base a come queste vengono esposte. In particolare, si può essere influenzati attraverso: l’effetto contrasto, l’ordine di esposizione dei dati e attraverso la rappresentazione del rischio. Con effetto contrasto si intende che un prodotto può risultare più interessante se paragonato ad un’alternativa apparentemente simile ma meno intrigante. Kahneman nel libro Pensieri lenti e veloci (2012), espone come l’ordine in cui dei dati vengono forniti influenza le informazioni che vengono realmente percepite: l’effetto alone fa sì che il nostro cervello dia maggiore peso alle prime informazioni comunicateci rispetto alle ultime (Kahneman D. , 2012, p. 111). L’altro fattore che influenza le decisioni percepite è la rappresentazione del rischio: basti pensare ad un dottore che deve informare un paziente sulla percentuale di successo che può avere un dato intervento: se il medico parla del 60% di probabilità successo dell’intervento, questo dato ci sembra positivo, se invece parliamo della possibilità del 40% di insuccesso dell’operazione la nostra visione cambia in quanto ci sembra un numero eccessivo, ed è possibile che molte persone che avrebbero accettato l’intervento sapendo che avevano il 70% delle possibilità di successo, al pensiero del 30% di possibilità di insuccesso lo rifiutino.

3.3.8. La contabilità mentale

La teoria finanziaria raccomanda di trattare tutti i nostri investimenti in modo globale come un portafoglio, così come i rischi devono essere considerati nel loro complesso: non risulta efficace considerare utili, perdite e rischi di ogni singolo asset in quanto bisogna tenere presente la globalità degli investimenti considerando che la perdita del singolo titolo viene compensata con gli utili di un altro e di conseguenza vale lo stesso discorso per i rischi.

Il processo mentale umano però fa molto attrito con questa raccomandazione, gli investitori tendono infatti a concentrarsi in modo considerevole sull’andamento di ogni singola posizione in portafoglio, di conseguenza al momento della revisione di quest’ultimo si presentano inutili e ingiustificati allarmismi per la scarsa o negativa performance di un singolo titolo nonostante la tendenza globale del portafoglio sia positiva. Questa trappola mentale è accentuata dal fatto che gli esseri umani tendono a fare calcoli mentali quando si parla di denaro e rischio: abbiamo la tendenza a dare un budget ad ogni nostro impegno finanziario futuro e ad investire in base a questo budget aumentando il rischio per avere performance maggiori quando abbiamo degli obiettivi finanziari elevati e diminuendo il rischio quando si tratta di obiettivi più bassi. Creare diversi obiettivi finanziari suddivisi in base alle nostre esigenze finanziarie porta l’investitore a non prendere in considerazione la globalità degli investimenti ma a calcolarla in base a questi obiettivi, rendendo così gli investimenti poco ottimali.

Lo studio della contabilità mentale, contrariamene a quanto proposto dalla teoria del prospetto, sostiene che le nostre spese siano influenzate dalla provenienza del denaro: studi dimostrano che i soggetti raggruppano e categorizzano in diversi gruppi sia le diverse spese effettuate che

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i fondi e i ricavi in base alla loro provenienza. Questo principio della contabilità mentale viola il principio di fungibilità delle teorie economiche tradizionali secondo il quale il denaro presenta la caratteristica di perfetta sostituibilità. Richard Thaler propone un esempio che chiarisce questo concetto: egli dovendosi recare in Svizzera per presenziare ad un congresso aveva deciso di cogliere l’occasione di visitare il paese con sua moglie. Per limitare l’impatto emotivo dovuto alla spesa del viaggio con la moglie, egli si rese conto che trovava conforto nel fatto che a fine congresso avrebbe ricevuto una ricompensa monetaria che gli sarebbe bastata per coprire le spese della vacanza che seguiva. Se questo compenso gli fosse stato accreditato una settimana prima, quando era ancora negli Stati Uniti, i soldi spesi per la vacanza in Svizzera gli avrebbero arrecato molto più dispiacere rispetto a quello provato ricevendoli a fine congresso. Nel caso specifico le spese assunte hanno avuto un impatto inferiore a livello psicologico in quanto l’economista ha formato a livello mentale un conto legato all’impegno lavorativo svolto, fonte di guadagno dal quale sono poi state dedotte le spese della vacanza (Thaler , 1999, p. 183-184).

La fonte dei guadagni influenza la rapidità con cui si spende un determinato ammontare di denaro: gli economisti Shefrin e Thaler hanno ipotizzato che ci sia una classifica delle diverse fonti di denaro a disposizione ordinata sulla base del livello di tentazione a spenderli. I soldi che vengono spesi con maggiore disinvoltura occupano il posto più alto della scala e sono quelli che prendono la forma più liquida come il denaro contante e quello depositato su conti correnti e privati, mentre il denaro depositato su conti maggiormente vincolati come i conti risparmio o depositi titoli occupano il secondo posto della classifica. Al terzo posto abbiamo il denaro volto al rimborso dei prestiti ipotecari in quanto vi è una forte preferenza e tendenza al rimborso del prestito prima della pensione. La quarta ed ultima categoria, ovvero quella che presenta il rischio minimo di tentazione di essere speso è quella volta ai fondi pensionistici (Thaler , 1999). Per quanto riguarda gli investimenti si è notata la tendenza che l’individuo ha a definire la tipologia di investimento in base alla fonte del reddito e alla tipologia e frequenza di consumo: il denaro derivante dal reddito da lavoro viene solitamente investito in prodotti meno rischiosi, gli incassi da vincite o da “stipendi tantum” come bonus o gratifiche sono solitamente dedicati a investimenti più speculativi.

Vediamo dunque come vi è una tendenza a creare dei compartimenti mentali ai quali vengono attribuite entrate in base alla loro fonte e uscite in base al loro scopo. Questi bacini che vengono poi considerati individualmente, quando invece le teorie economiche tradizionali ci dicono che per un’ottimizzazione del portafoglio è necessario tenere in considerazione la globalità del portafoglio come anche la totalità del patrimonio e delle spese future.

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4. Differenze tra la teoria classica e la finanza comportamentale

Come detto in precedenza la maggior parte dei modelli economici ipotizza che gli individui prendano le proprie decisioni in modo razionale con l’obiettivo di ottenere il massimo profitto dal punto di vista economico dalle scelte prese. I comportamenti esposti finora però ci dimostrano che l’essere umano non è poi così lineare e scontato: invece di agire in base alla funzione dell’utilità come degli esseri calcolatori programmati spesso compiono scelte che portano a dei risultati con profitto economico inferiore a quello che avrebbero potuto ottenere. La ragione di queste scelte è spiegata dall’economia comportamentale, scienza che da una spiegazione al modo in cui le presone prendono realmente e non teoricamente le loro decisioni economiche. (Krugman & Wells, 2013, p. 249)

Le teorie classiche non tengono presente che il miglior risultato economico potrebbe non coincidere con il miglior risultato possibile che considera non solo di questioni finanziarie bensì anche di etica, di soddisfazione personale, disponibilità fisica ed economica, di integrazione personale e sociale. Paul Krugman e Robin Wells nel loro libro “Microeconomia” parlano di tre ragioni principali “per cui si potrebbe preferire un risultato economico subottimale: considerazioni di equità, razionalità limitata e avversione al rischio”.

4.1. Considerazioni di equità

In molte occasioni si può vedere come l’essere umano ha sì a cuore il risultato economico ma tiene anche in considerazione l’etica e l’equità. “Il termine etica si riferisce ai principi del giusto e sbagliato che governano la condotta di una persona, i membri di una professione o le azioni di un’organizzazione” (Hill, 2008, p. 128-130). L’etica è un valore che sempre più sta prendendo spazio nella nostra società e che sempre più influenza le scelte di consumo e le scelte economiche degli individui. Basti pensare tutti gli scandali che hanno colpito le multinazionali dagli anni Novanta in poi, primo tra tutti quello di Nike la quale esternalizzando la sua produzione e non controllando più la catena del prodotto non si è accorta che vendeva in paesi sviluppati beni prodotti nel terzo mondo da sfruttamento di manodopera minorile e da persone sottopagate. Questo colosso della moda non ha mai violato le leggi dei paesi in cui produceva, in quanto semplicemente in queste nazioni il mercato del lavoro è poco regolamentato. Nonostante ciò quando il pubblico è venuto a sapere da dove provenissero i prodotti acquistati e non trovando morale il comportamento dell’azienda e ha iniziato a fare pressione perché le cose cambiassero; e così è stato. Negli anni a seguire Nike capì che comportarsi eticamente richiedeva uno sforzo maggiore rispetto alla semplice legalità: ha infatti poi introdotto regole conformi alla morale comune, un codice di condotta e ha dovuto lavorare molto per poter ripulire la propria immagine. Questo esempio fa capire come, nonostante l’acquisto di palloni da calcio di Nike potrebbe portare una persona a raggiungere un buon risultato economico, questa non lo acquista in quanto va oltre alla scelta di ottimizzazione del benessere. (Hill, 2008, p. 126-127)

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Un altro esempio della considerazione di equità è la semplice mancia che viene lasciata al cameriere che serve al ristorante. Non essendoci alcuna legge in Svizzera che obblighi i clienti a lasciare una ricompensa, il vero homo oeconomicus che prende scelte razionali non si priverebbe mai del potere economico dato dai soldi a cui rinuncia per lasciare una mancia per riconoscere il buon servizio fatto dal cameriere. Eppure, secondo le norme della nostra società lasciare la mancia è un’abitudine data, come lo è anche fare un regalo o dare in dono qualcosa ad una persona che ci sta a cuore, sacrificando il proprio beneficio economico a favore di quello di una terza persona, senza che questa ci dia niente (di economico) in cambio (Krugman & Wells, 2013, p. 249-250).

4.2. Razionalità limitata

Gli economisti hanno formulato il concetto di razionalità limitata per spiegare le scelte prese che non permettono di raggiungere il massimo profitto economico ma comportano decisioni ottimali (o quasi) per l’individuo. Queste posizioni vengono prese in quanto l’essere umano capisce che lo sforzo che deve essere fatto per poter massimizzare il profitto economico (costo-opportunità, quantità marginali, impegno intellettuale) sono troppo difficili ed onerosi per essere presi in considerazione da chi sta prendendo una decisione, dunque vengono trascurati e si arriva ad una conclusione che sia comunque soddisfacente. Un banale esempio che viene largamente sfruttato dal commercio è quello dei prezzi dei beni venduti nei negozi: quante volte abbiamo visto prezzi di beni e servizi che terminano in 95? La mente umana porta il cliente a dare molto più peso alla prima cifra del prezzo, dunque se vediamo un bene che costa 2.95 franchi la nostra razionalità limitata ci porta a pensare che questo sia molto più a buon mercato rispetto ad un bene che costa 3.00 franchi, nonostante la differenza sia di solo 5 centesimo (Krugman & Wells, 2013, p. 250).

Gli psicologi imputano il comportamento irrazionale a sei errori comunemente commessi nel prendere decisioni:

1. L’errata percezione dei costi-opportunità; 2. L’eccessiva sicurezza di sé; 3. Le aspettative irrealistiche sui comportamenti futuri; 4. La diversa contabilizzazione del denaro; 5. L’avversione alle perdite; 6. La predilezione per lo status quo.

4.3. Percezione del rischio

Le teorie economiche tradizionali ipotizzano che l’homo oeconomicus prenda decisioni nella piena conoscenza di ciò che il futuro ha in serbo per lui. Non vi è incertezza sul futuro come non esiste la possibilità che un evento esterno si realizzi causando una perdita al posto del profitto economico atteso. Se queste ipotesi di conoscenza del futuro e di certezza fossero

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realistiche le assicurazioni non avrebbero alcun margine di manovra e non avrebbero senso di esistere, invece solo negli Stati Uniti ogni anno vengono riscossi dalle compagnie assicurative oltre i 1'000 miliardi di dollari di premi pagati per coprire il rischio che qualche cosa accada. Basti pensare ai disastri ambientali, terremoti, uragani e tsunami accaduti negli ultimi due decenni per capire che siamo perennemente in situazioni di incertezza caratterizzate da rischi. Solo nel 2005 in America si sono scatenati 3 fortissimi uragani che hanno distrutto e devastato intere città causando miliardi di dollari di danni e numerosi morti e feriti. Secondo l’Insurance Information Institute questo è stato il peggior anno per le assicurazioni che a causa di disastri ambientali hanno subito delle perdite cumulate di circa 50 miliardi di dollari. Possiamo quindi affermare con evidenza che qualsiasi scelta presa è caratterizzata da un rischio, pertanto gli individui possono anche rinunciare a compiere una scelta che li porterebbe a massimizzate il proprio profitto dal punto di vista economico soltanto perché questa cela un rischio troppo elevato per essere presa. Ogni soggetto ha una propria avversione al rischio che sarebbe “la disponibilità a rinunciare a parte del proprio beneficio economico al fine di evitare una potenziale perdita” (Krugman & Wells, 2013, p. 250). In generale gli individui non amano il rischio e sono disposti a pagare per evitarlo, infatti quando questi si trovano davanti all’incertezza scelgono l’opzione che gli assicura il maggior livello di utilità attesa, ovvero il valore atteso dell’utilità totale, data l’incertezza futura (Krugman & Wells, 2013, p. 542-544)

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5. La consulenza finanziaria

Kahneman e Ripe descrivono il processo di consulenza come “l’attività prescrittiva il cui obiettivo principale consiste nel guidare gli individui nel processo decisionale nel loro migliore interesse” (Kahneman & Ripe, 1998). Si tratta di un canale di comunicazione e di uno strumento con il quale più di ogni altro si è in grado di arginare gli errori sistematici che possono suggestionare le scelte di investimento.

Attraverso il processo di consulenza traspare l’educazione finanziaria e comportamentale del cliente e vi è un passaggio di informazioni fondamentali a quest’ultimo per poter permettere una presa ottimale di scelte di investimento. Questo processo presenta però dei limiti di efficacia che possono essere superati unicamente attraverso una corretta comunicazione verbale e un corretto passaggio di informazioni tra investitore e consulente e viceversa. Si parla di tecniche di “debiasing” quando si fa riferimento ad azioni intraprese allo scopo di rendere gli individui consapevoli degli errori cognitivi ai quali sono soggetti nel corso di un processo decisionale (Linciano, 2012). La consulenza finanziaria dovrebbe avere come scopo quella di informare il cliente sulle possibili scelte a sua disposizione come anche sui rischi che comportano queste scelte. Inoltre, il consulente dovrebbe aiutare il cliente a correggere o indirizzare le proprie aspettative e accompagnarlo nelle decisioni di investimento in base alle sue esigenze e ai suoi obiettivi finanziari di lungo termine.

L’educazione finanziaria può però generare un’information overload, ovvero l’incapacità degli investitori di acquisire ed elaborare informazioni ricevute (Lacko & Pappalardo, 2004). Può anche correggere la percezione delle informazioni sanando alcuni errori cognitivi ma generandone dei nuovi come per esempio rafforzare l’atteggiamento di ottimismo, della fiducia di sé e dell’illusione del controllo. Tutto questo porta poi ad una visione distorta della percezione del rischio (Willis, 2008). A tal proposito la Commissione Europea (2010) ha pubblicato un rapporto su dati raccolti da 6'000 risparmiatori retail di 8 paesi europei, dal quale scaturisce l’incompleto passaggio di informazioni tra intermediario finanziario e soggetti destinatari: è emerso che la comprensione dei clienti, delle caratteristiche dei prodotti finanziari nei quali investono e la considerazione di alternative per l’investimento è generalmente molto bassa. In particolare, la decisione di investimento sembrerebbe guidata in gran parte dalla famigliarità con il prodotto e l’intermediario distributore.

L’assistenza dell’intermediario ha dunque lo scopo di educare l’investitore. Attraverso la trasparenza informativa il consulente deve integrare un servizio di consulenza mirato a ridurre gli errori cognitivi e l’emotività cercando di rendere il cliente il più razionale possibile. Per una corretta formulazione di una proposta di investimento il consulente deve profilare il cliente, ovvero capire quale sia la propensione al rischio e la tolleranza alle perdite di quest’ultimo. Per fare ciò il consulente pone al cliente dei questionari i quali racchiudono degli scenari pessimistici e ottimistici per capire come quest’ultimo reagirebbe di fronte a determinate situazioni. Questi supporti hanno lo scopo di distinguere nel processo di profilatura le preferenze oggettive verso il rischio dalla capacità emotiva e dalla capacità finanziaria di assumere rischio (Linciano, 2012) così da poter garantire una rilevazione della tolleranza al

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rischio attendibile che servirà poi a mettere in atto una proposta di investimento personalizzata ed adeguata al consumatore finale.

A tal proposito ogni cliente ha la possibilità di optare per delle scelte individuali di investimento prese in modo autonomo oppure di seguire le proposte di investimento consigliate dal consulente. La scelta viene presa in base a diversi fattori, come le proprie conoscenze dei mercati finanziari, la disponibilità economica, la fiducia in sé stessi e negli intermediari finanziari. Come detto in precedenza il consulente dovrebbe aiutare l’investitore a non incappare nelle trappole mentali che forniscono una visione distorta della realtà, è anche vero però che essendo i consulenti delle persone umane, sono anch’essi soggetti agli errori cognitivi e comportamentali che alimentano uno scostamento delle aspettative e dei risultati effettivamente realizzati. Come accennato infatti nel capitolo sulla finanza comportamentale, non si può escludere che anche i soggetti professionalmente più competenti e con anni di esperienza alle spalle non subiscano distorsioni derivati da effetti di inquadramento e dell’applicazione di trappole mentali che semplificano in modo inesatto problemi complessi (Linciano, 2012).

In generale si è notato come al crescere delle conoscenze finanziarie del cliente aumenterebbe la propensione a prendere decisioni di investimento in autonomia discostandosi così dalle raccomandazioni ricevute dal consulente. Bucker-Koenen e Koenen (2011) hanno notato come la probabilità di accettare le raccomandazioni fatte dal consulente sia negativamente correlata al grado di educazione finanziaria. Si è inoltre notato come altri fattori influiscono sulla propensione a seguire le raccomandazioni di investimento date dal consulente: il grado di fiducia nel corretto funzionamento dei mercati e nelle regole che lo disciplinano è positivamente correlato alla scelta di investimento presa in base alle raccomandazioni dell’intermediario finanziario (Georgarkos & Inderst, 2010), così come sono positivamente correlate le dimensioni del patrimonio da gestire e l’avversione al rischio dell’investitore: maggiore è la fiducia nei mercati, il patrimonio da gestire e più una persona è avversa al rischio maggiori saranno le possibilità che questa si affidi alle raccomandazioni di investimento di un consulente (Gentile, Linciano, & Siciliano, 2006). Al contrario vi è una relazione negativa con la fiducia in sé stessi: maggiore è la fede che un investitore ricopre nelle proprie capacità personali, minore è la probabilità che questo si affidi alle competenze dell’intermediario finanziario (Georgarkos & Inderst, 2010).

Esiste dunque per gli intermediari finanziari molto margine di manovra per accaparrarsi la fiducia degli investitori e lasciare che questi si facciano guidare ed accompagnare nelle loro scelte di investimento. La fiducia va coltivata nel tempo, attraverso un’immagine limpida dell’azienda, attraverso competenze che possono venire esposte durante il processo di consulenza e attraverso un comportamento etico e corretto verso i mercati e verso i clienti. La differenza sostanziale viene espressa durante il colloquio di consulenza: risulta dunque importante approfondirne le diverse fasi.

Il processo di consulenza si divide in tre principali fasi: la prima è quella di preparazione della decisione di investimento, la seconda è quella della decisione di investimento dopo di che segue il feed back e la revisione del portafoglio (Tschümperlin Moggi, 2018).

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5.1. Preparazione della gestione di investimento

La fase della preparazione di investimento si divide in due micro-compiti: è necessario come primo passo conoscere il cliente, ovvero capirne le personalità finanziarie, quali sono le esigenze e gli obiettivi di investimento, quale è la tolleranza al rischio e l’orizzonte temporale. Il secondo micro-compito è quello di elaborazione delle informazioni raccolte e di sviluppo dell’informativa sulla politica di investimento e della strategia del cliente.

In questa prima fase risulta fondamentale fare un’analisi sistematica di tutti i mercati rilevanti e fare un’accurata valutazione delle prospettive di rischio e di rendimento dei diversi scenari rapportandole alle aspettative del cliente. È necessario capire quali sono i desideri del cliente, quali sono i suoi limiti temporali, finanziari, di conoscenza e di capacità di rischio così da poter sviluppare una proposta personalizzata in base alle sue esigenze.

5.1.1. Conoscenza del cliente

La fase di racconta di informazioni comporta un dialogo molto aperto tra consulente e cliente. L’investitore deve dare il maggior numero di informazioni possibili all’intermediario finanziario per permettere a quest’ultimo di poter sviluppare una proposta di investimento adatta dalle proprie caratteristiche. Molte banche e società di investimento per svolgere questa fase del colloquio di consulenza utilizzano come supporto dei questionari i quali hanno come obiettivo la raccolta del maggior numero di informazioni sugli investitori. Per poter elaborare una proposta ottimale è infatti molto importante capire quale è il patrimonio totale del cliente, capire che rapporto quest’ultimo ha con il rischio e in generale con gli investimenti, quali sono le sue esperienze passate in ambito di investimenti e quali sono i suoi obiettivi e le sue spese future. Trattandosi di informazioni molto personali è necessario che il cliente abbia totale fiducia nel consulente e che ci sia uno scambio limpido di informazioni. L’efficacia della consulenza nell’orientare correttamene le scelte degli investitori può incontrare un limite nella modalità e nella tipologia di informazioni acquisite dal consulente per la classificazione del cliente. I questionari sottoposti per profilare il cliente durante questa fase consentono di valutare la capacità economica di sopportazione del rischio ma danno informazioni limitate sulla tolleranza al rischio del cliente stesso (Linciano, 2012).

In questa fase del ciclo di vita della consulenza possono emergere vari bias descritti nei capitoli precedenti. Alcuni sono correlati alla fiducia o all’avversione al rischio degli investitori: il cliente tende a sopravvalutare i rischi conosciuti e a sottovalutare rischi che prima non teneva in considerazione. In questa fase sia il consulente che il cliente devono portare particolare attenzione al modo in cui percepiscono le informazioni per evitare l’effetto framing descritto nel capitolo 3.3.6.

5.1.2. Elaborazione delle informazioni raccolte

Segue dunque la fase di elaborazione delle informazioni nella quale il consulente discute delle varie opzioni di investimento possibili con il cliente. In base alla propensione al rischio, agli obiettivi prefissati e all’orizzonte temporale del cliente il consulente propone le varie opzioni di

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investimento e dei fornitori. Viene così costruito un portafoglio che definisce i rischi da assumere per realizzare gli obiettivi di investimento che rispettino le esigenze concordate.

In questa fase sia il consulente che il cliente possono incappare nell’errore di utilizzare dei rendimenti storici per avere un’idea dell’andamento futuro dei vari assets. Possono inoltre insorgere bias correlati alla capacità di rischio del cliente come un’eccessiva protezione o la tendenza a dare più peso a informazioni che confermano le proprie opinioni ignorando invece le indicazioni che contrastano i propri pensieri. La valutazione degli investimenti dipende sempre dalle esperienze pregresse in situazioni analoghe, sta infatti al consulente riuscire a guadagnarsi la fiducia del cliente e tentare di dimostrare con dati obiettivi che le esperienze passate non per forza influenzano e intaccano quelle future.

La selezione dei titoli deve essere accurata e deve essere fatta in modo da diversificare il più possibile il portafoglio. In questa fase il processo decisionale del cliente è influenzato dall’elevato carico cognitivo dovuto allo sforzo del sistema 2 di memorizzazione delle informazioni fornite. Il cliente si trova dunque in un momento nel quale può incappare in diversi bias comportamentali: tende infatti a selezionare unicamente attivi con i quali ha famigliarità, inoltre l’effetto ancoraggio può portare il cliente a non valutare in modo obiettivo un dato investimento a causa di un’ancora precedentemente creata e presa come punto di partenza per l’analisi dei fatti. Il conservatorismo può inoltre indurre nell’errore di non adeguare le aspettative e le opinioni già formulate sulla base di nuove informazioni. Tutte queste bias, se non gestite fanno sì che il cliente si crei un portafoglio non ottimale per le sue esigenze e possibilità.

5.2. Decisione di investimento

Alla fine della fase precedente si giunge alla formulazione di una strategia che comporta una decisione di investimento. Sia il cliente che il consulente devono avere la stessa visione delle aspettative di rendimento e della misura dei rischi che il soggetto destinato ad acquistare ha. La strategia scelta deve infatti corrispondere alle esigenze del cliente e vi deve essere un accordo tra i due soggetti sugli obiettivi a lungo termine prefissati. A questo punto viene implementato il portafoglio considerato adeguato al cliente. Questa è una fase molto sensibile per quest’ultimo in quanto possono scaturire influenze intrinseche come la paura o l’avidità, la sopravvalutazione di sé e l’illusione del controllo. L’investitore può essere indotto a pensare che non sia il momento giusto di effettuare tali investimenti e il sentimento di paura può far sì che determinati rischi vengano sopravvalutati portando il soggetto economico a chiedere delle coperture più alte rispetto a quelle che il suo profilo di rischio richiede.

Da parte del consulente invece possono insorgere degli errori nell’operato come ritardi nell’inserimento degli ordini di borsa stabiliti con il cliente, il mancato rispetto delle decisioni di investimento o l’insistenza in merito ad azioni di copertura. È dunque molto importante riuscire a tenere una posizione razionale e obiettiva della situazione, informare in anticipo il cliente dei rischi che sta correndo e prepararlo ai diversi scenari che si potrebbero presentare in futuro.

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5.3. Dopo la decisione di investimento

Nella fase finale del ciclo di vita della consulenza viene fornita una continua assistenza al cliente durante il percorso di investimento, questo comporta il monitoraggio e la valutazione regolare della performance globale del portafoglio. Sia le teorie classiche che quelle più nuove sostengono che una delle chiavi del successo di un portafoglio sia la diversificazione.

In caso di scostamenti dalla strategia di investimento concordata con il cliente è possibile che in questa fase sia necessario un ribilanciamento degli investimenti in modo da rispettare sempre il profilo di investimento e di rischio del cliente.

L’intermediario finanziario in questa fase potrebbe essere esposto a delle bias come l’eccessiva negoziazione che causa una riduzione delle performance del cliente dovuta ai costi di transazione oppure l’avversione al rischio che porta a non aprire posizioni in perdita se non al contrario l’eccessiva avidità che insorge con l’aumentare del potenziale di guadagno del portafoglio. In questa fase è inoltre importante verificare che il profilo del cliente sia sempre aggiornato, in quanto quest’ultimo varia con il cambiamento delle fasi di vita del soggetto economico.

Dal canto suo l’investitore può sentire un senso di coinvolgimento con l’investimento, ovvero si sente particolarmente vincolato dalla propria decisione di investimento iniziale non riuscendo ad intraprendere le azioni necessarie nel caso emergano nuove informazioni in contrasto con quelle precedenti.

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6. Interviste a consulenti della piazza finanziaria ticinese

Quando il soggetto economico decide di fare degli investimenti deve affidarsi ad un istituto finanziario che farà da tramite tra lui e la borsa. Il consulente ricopre un ruolo fondamentale nella vita economica dell’investitore in quanto ha lo scopo di accompagnare il proprio cliente nel mondo finanziario, consigliandolo su come impiegare il proprio patrimonio nel modo più opportuno.

Il presente capitolo ha lo scopo di verificare se il comportamento irrazionale degli investitori e le diverse bias descritte finora grazie a supporti teorici vengono effettivamente riscontrati nella vita reale. Per fare questo ho redatto un questionario con l’obiettivo di intervistare 5 consulenti bancari attivi sulla piazza finanziaria ticinese nei settori retail e private banking.

Le domande poste sono state suddivise in base alle fasi di vita del colloquio di consulenza così da poter identificare in quale momento viene riscontrata una maggiore irrazionalità dell’investitore. L’obiettivo dei colloqui non era quello di rispondere necessariamente a tutte le domande, bensì di avere una discussione aperta con i consulenti sul comportamento che riscontrano quotidianamente nei loro clienti.

Le interviste sono state fatte a cinque diversi consulenti, attivi in tre differenti banche. Due di loro sono attivi nel retail come consulenti alla clientela privata, gli altri tre sono attivi nel private banking. Ho deciso di intervistare persone attive nei due settori così da poter avere un punto di vista più generale sul comportamento di diverse tipologie di investitori.

6.1. Elementi emersi dalle interviste

Ho riscontrato nelle risposte date dai cinque consulenti una stessa percezione dei clienti, ovvero di persone irrazionali che tendono a prendere decisioni in modo impulsivo guidati da “emozioni di pancia”.

La situazione attuale dei tassi di interesse negativi è un grande incentivo per gli investitori (soprattutto quelli retail) a trovare soluzioni di investimento alternative che rendano più dello 0% attualmente pagato dai conti risparmio, così come lo è per i clienti private che si trovano in alcuni casi a pagare interessi negativi per il deposito di liquidità su conti correnti.

Uno degli aspetti fondamentali messo in rilievo da tutti e 5 i consulenti è il rapporto di fiducia che si deve istaurare tra cliente e consulente per far sì che le reazioni irrazionali possano essere controllate. Approfondiremo questo argomento nel corso del presente capitolo.

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6.1.1. Elementi emersi riguardanti la prima fase del colloquio di consulenza

Per quanto riguarda la prima fase del colloquio di consulenza sono emerse alcune differenze tra i clienti private e retail: la prima è la visione del proprio patrimonio totale e la seconda è nella fase di profilatura del cliente.

I consulenti A e C attivi nel retail hanno messo in rilievo come la loro tipologia di clientela abbia una visione relativamente chiara del proprio patrimonio totale. Il retail banking si occupa di clientela base con un patrimonio netto non superiore ad un tetto massimo, nella fattispecie non maggiore ai duecentocinquantamila franchi. A questa tipologia di clientela viene offerta una gamma di prodotti altamente standardizzata e facilmente comprensibile. Per quando riguarda gli investimenti la stragrande maggioranza della clientela retail opta per investimenti semplici. Negli ultimi anni le banche attive nel retail puntano molto sui fondi di investimento in quanto vengono ritenuti una buona alternativa di investimento rispetto al conto risparmio. Il fatto che questa tipologia di clientela abbia una visione relativamente chiara del proprio patrimonio totale è probabilmente associata al fatto che solitamente l’attivo di questi soggetti è composto da fondi liquidi, investimenti semplici ed eventualmente da beni immobili come l’abitazione principale. Si tratta dunque di un patrimonio facilmente identificabile e quantificabile. Un fattore fondamentale che permette la chiarezza delle informazioni riguardo al patrimonio totale di questi clienti è che uno dei servizi base offerto dal retail è il credito ipotecario. Prima di poter concedere un prestito la banca deve tassativamente avere una visione generale del patrimonio del cliente per poterne calcolare la sostenibilità. Viene dunque fornita l’ultima tassazione fiscale la quale racchiude tutta la sostanza e tutti i redditi del soggetto.

I consulenti B, D ed E hanno invece risposto negativamente: a loro parere la clientela private fatica ad avere un’helicopter view della loro situazione patrimoniale in quanto solitamente suddivisa in diverse banche, investita in beni mobiliari ed immobiliari ed eventualmente anche in opere d’arte al quale si fatica a dare un valore oggettivo. La complessità del patrimonio di questa tipologia di clientela non aiuta dunque il soggetto stesso ad avere una percezione obiettiva di quello che possiede.

Avere una visione corretta della ricchezza totale del cliente è importante per la banca per poter calcolare la quota di patrimonio libero da investire. La profilatura del cliente avviene sempre secondo questionari, i quali hanno l’obiettivo di determinare quanto il cliente può ed è disposto a rischiare. Per la clientela retail ad avere una maggiore influenza sul profilo di rischio è la capacità di rischio, la quale indica la percentuale di patrimonio senza la quale il cliente riuscirebbe a vivere non alterando il proprio stile di vita. Per la clientela private invece la capacità di rischio è sempre molto alta vista l’importanza del loro patrimonio. Si deve dunque prestare particolare attenzione nella determinazione della tolleranza alle perdite la quale rappresenta la parte soggettiva del profilo: il cliente riesce a dormire la notte sapendo che il suo capitale investito è in perdita? Se la capacità e la tolleranza non corrispondono si opta sempre sul profilo più basso dei due in quanto è importante che il cliente non si precluda delle possibilità future a causa di investimenti andati male o che semplicemente non viva serenamente sapendo di essersi assunto rischi che non riesce a tollerare a livello psicologico.

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La fase di profilatura del cliente è fondamentale nel ciclo di vita dell’investimento in quanto è il primo momento in cui si trattano concetti chiave come l’arco temporale, la correlazione tra rischio e rendimento, la volatilità e gli obiettivi di investimento che verranno poi ripresi durante tutto l’arco dell’impiego del capitale. Questi concetti sono necessari a capire a cosa si sta andando in contro. Durante le interviste è stato messo l’accento sul fatto che in questa fase è bene spendere anche più tempo del dovuto per informare e formare il cliente spiegandogli che cosa un investimento comporta. Durante questa parte del colloquio non basta ascoltare le risposte del cliente ma bisogna prestare attenzione alla comunicazione non verbale, alle reazioni e alle espressioni che questo ha quando gli si presentano i diversi scenari e quando gli si pongono le domande. Il profilo di rischio è un dato che va regolarmente aggiornato in quanto cambia con le diverse fasi della vita. È infatti provato che con l’avanzare degli anni la propensione al rischio tende generalmente a diminuire. Quello che i consulenti intervistati hanno notato è che questo profilo può cambiare anche in base alle fasi in cui il mercato si trova: se siamo in una fase di rialzo il cliente è positivo ed esaltato e tendenzialmente sarà propenso ad assumersi più rischio di quello che realmente può sostenere, viceversa in una fase di ribasso dei mercati poche persone saranno stimolate ad investire in modo rischioso. Il consulente in questo caso cerca di tenere un profilo oggettivo che non dovrebbe modificarsi in base a sensazioni di euforia o di sconforto date dalla situazione attuale dei mercati. In questa situazione si riprende e si mette l’accento sull’arco temporale di investimento stabilito spiegando che è vero che per un piccolo periodo i mercati possono trovarsi in una fase di rialzo o perdita ma con il passare del tempo queste fasi si modificano. Con il profilo dell’investitore vengono inoltre stabiliti gli obiettivi di investimento, i quali rappresentano il miglior aggancio da “sfruttare” e ricordare al cliente quando questo ha delle reazioni irrazionali dovute a oscillazioni di mercato, questo lo aiuta a restare sulla giusta strada che lo porterà non solo ad un investimento di successo ma anche ad una stabilità e tranquillità psicologica che gli permetterà di dormire sonni tranquilli.

È inoltre fondamentale che il consulente esponga le informazioni in modo opportuno e comprensibile al cliente per evitare malintesi dovuti ad un’errata percezione delle informazioni da parte di quest’ultimo che ha sempre la tendenza ad assimilare maggiormente le informazioni positive che gli danno un senso di conforto e sicurezza rispetto a quelle negative che gli trasmettono paura e angoscia. Per fare questo vengono spesso usati grafici storici sui quali si mostra la volatilità, l’arco temporale dell’investimento e i possibili scenari futuri; vengono inoltre indicati dati in termini assoluti e non percentuali, così che il cliente prenda maggiormente coscienza e veda la realtà dei fatti nel modo più obiettivo possibile.

6.1.2. Elementi emersi riguardanti la seconda fase del colloquio di consulenza

La selezione dei titoli è stato un argomento trattato maggiormente dai consulenti private durante le interviste. Tutti e tre i consulenti rimarcano la tendenza del cliente a voler investire in prodotti, mercati o aziende già conosciuti. Questo non è però visto come un vero e proprio problema anzi: se il cliente capisce bene e rispetta il concetto di diversificazione del portafoglio per valuta, settori e aree geografiche è giusto considerare gli interessi del cliente. L’investimento non deve essere intrapreso all’unico scopo di creare profitti. Se i capitali investiti vengono posizionati in modo da rispettare l’etica e i principi del consumatore, questo

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probabilmente sarà portato ad avere delle reazioni maggiormente controllate quando il portafoglio perde valore. Durante un’intervista è stato fatto un esempio pratico per spiegare questo fenomeno: pensiamo ad un cliente che impiega il proprio capitale in fondi di investimento che si dedicano alle ricerche sull’oncologia. Quando l’investimento guadagna valore ovviamente questo porta soddisfazione proprio come lo farebbe qualsiasi altro investimento. Se invece l’investimento perde valore, la diminuzione sarà parzialmente compensata dalla soddisfazione personale che l’investitore avrà per avere investito del denaro in buona causa, viene quasi vista come una donazione quindi possiamo dire che il profitto dato dall’investimento non è più unicamente economico ma anche etico. È altresì vero che effettuare investimenti così personali ed emozionali che stimolano la sensibilità del cliente può portare ad un senso di attaccamento che induce a non valutare obiettivamente quando è il giusto momento di vendere o quando è necessario farlo per arginare le perdite o incassare i guadagni. Anche in questo caso può essere un fattore di successo stabilire degli obbiettivi prima che l’investimento venga effettuato così che quando questi sono raggiuti, ci si muova di conseguenza.

Quando viene effettuata la proposta di investimento si mostrano al cliente i diversi scenari futuri: si fa dunque una proiezione del portafoglio del cliente indicando quale è la prospettiva rosea e quale è quella negativa. Tutti e cinque i consulenti mettono in rilievo l’importanza di dedicare il giusto tempo alla prospettiva negativa. Parlare della visione positiva è molto facile: l’investitore ascolta volentieri informazioni rassicuranti e le assimila ed elabora molto facilmente, quando si parla invece della possibilità di perdite il cliente tende a trascurare questo aspetto in quanto lo trova poco realistico; d’altra parte chi investe si aspetta un profitto e non una perdita, altrimenti non correrebbe il rischio. È dunque fondamentale anche in questa fase mostrare rappresentazioni grafiche e parlare in termini assoluti. Durante i colloqui è emerso che in questo momento si riscontra maggiore razionalità nei clienti che hanno già avuto esperienze passate negli investimenti in quanto conoscono già la materia trattata come anche le possibili conseguenze dell’andamento dei mercati e soprattutto conoscono sé stessi e le loro emozioni in momenti critici. Se da questo punto di vista l’esperienza pregressa può essere un aspetto positivo, dall’altra può essere un grande ostacolo: una parte del portafoglio dei consulenti intervistati è caratterizzata da clienti che hanno avuto esperienze negative in passato. Questa tipologia di clienti si divide a sua volta in due categorie:

• Clienti 1: persone che già in passato era restie ad operare sul mercato ma suo tempo sono stati convinti o forzati da terze persone;

• Clienti 2: persone che in passato hanno intrapreso per loro convinzione degli investimenti consapevoli dei rischi che stavano correndo

I clienti 1 sono ad oggi irremovibili: in passato hanno dato fiducia ai mercati o a intermediari finanziari e con un investimento andato a male non si è bruciato solo il capitale investito ma anche la fiducia del cliente che ad oggi e probabilmente anche in futuro è irrecuperabile. Con questa tipologia di persone risulta superfluo o addirittura inutile tentare di discutere su possibili investimenti che si adeguano al loro profilo di rischio in quanto soffrono troppo e vivono con la paura di ricommettere gli errori passati.

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I clienti 2 invece rappresentano una sfida per il consulente in quanto spesso e volentieri con il tempo, dopo svariati incontri si riesce a recuperare la fiducia. Per fare questo è necessario riuscire a stabilire con il cliente un legame di stima reciproca. L’approccio vincente non è quello di dimenticare gli errori commessi in passato ma di riprendere in mano l’accaduto, per esempio i prodotti in cui si aveva investito, analizzarli e scoprire il perché questi sono andati male. Si deve poi trovare una soluzione adatta alle esigenze attuali del cliente per il futuro.

Per evitare ripensamenti dopo la decisione di investimento è indispensabile che il cliente abbia capito a fondo che cosa sta facendo, in cosa sta investendo, quali sono gli obiettivi e quale è l’arco temporale dell’investimento. Visto il grande numero di informazioni e la complessità del tema è molto importante chiedere feed back regolari al cliente, verificare che questo abbia compreso ogni singolo dettaglio. Durante le cinque interviste è emerso un comportamento che molti clienti spesso esternano: dopo la proposta di investimento fatta dal consulente vogliono prendersi del tempo per pensarci, per studiare l’idea e per dormirci sopra. Questo è un aspetto che aiuta il cliente a razionalizzare quello che sta facendo. Spesso e volentieri questo tempo viene preso anche per chiedere consiglio a terze persone, come partner, figli o terze persone. La cosa particolare è che solitamente i clienti che si prendono il giusto tempo per decidere, non hanno poi ripensamenti futuri e accettano con maggiore razionalità gli eventi.

6.1.3. Elementi emersi riguardanti la terza fase del colloquio di consulenza

La fase del feed back o del post investimento è quella che avrei pensato scatenasse la maggior parte delle reazioni irrazionali dei clienti. Durante le interviste è invece emerso che pochissimi clienti hanno comportamenti spropositati davanti a fluttuazioni di mercato. La giustificazione che mi è stata data è che se nelle fasi precedenti l’investimento si è dedicato il tempo necessario al cliente per fargli prendere coscienza di ciò che stava facendo, la fase di revisione si risolve in una semplice discussione dell’andamento attuale dei mercati e delle prospettive future.

Le reazioni emerse sono per lo più quelle dovute ad andamenti positivi dei mercati che portano sensazioni di euforia ai clienti: i cinque consulenti confermano di avere riscontrato spesso il sentimento di avidità nelle fasi rialziste. Il desiderio di volere guadagnare sempre di più quando le cose vanno bene è dunque un elemento parecchio comune tra gli investitori, che si rivelano infatti restii a vendere quando l’obiettivo di investimento iniziale è stato raggiunto. Per alleviare questo sentimento il consulente riprende gli obiettivi previsti a inizio investimento e cerca di indirizzare il cliente verso la scelta più giusta nonché razionale. È anche possibile inserire dei tetti per il valore dell’investimento, che se raggiunti comportano la vendita automatica del titolo in questione.

6.2. Raccomandazioni ai consulenti

Durante le interviste svolte oltre che sentire l’esperienza accumulata negli anni dai consulenti ho voluto mettere l’accento sui metodi che questi hanno di deviare o evitare gli atteggiamenti

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irrazionali degli investitori: le loro tecniche di debiasing. Ne è risultato che tutti e cinque i consulenti intervistati sono d’accordo nell’affermare che l’investitore medio è una persona irrazionale, ma se a questo soggetto vengono forniti i mezzi e le capacità di capire ciò che sta facendo e ciò che sta succedendo, l’oggettività riesce ad emergere e a prevalere sull’irrazionalità. La fase più sensibile del ciclo di vita del colloquio di consulenza al quale il consulente deve prestare particolare attenzione è la prima in quanto vengono stabiliti gli obiettivi di investimento, vengono chiariti concetti fondamentali che verranno poi usati in seguito per razionalizzare il cliente in momenti di pressione nel quale avrà reazioni che lo potrebbero portare a compiere scelte affrettate dovute a errori cognitivi.

È fondamentale dedicare al cliente il tempo che questo necessita per capire i diversi concetti dell’investimento come l’arco temporale, la volatilità, il rischio e la diversificazione. Non a caso durante tutte le interviste è emerso che l’investitore che ha conoscenze in ambito investimenti, che segue i mercati, che è informato a livello macro e microeconomico ha anche una certa razionalità nella presa di decisioni, nel senso che non si lascia prendere da reazioni istintive. È inoltre importante mettere l’accento sugli argomenti che possono indurre il cliente ad avere comportamenti irrazionali, come per esempio la prospettiva negativa dell’investimento. Tutto ciò che risulta negativo alle orecchie del cliente è difficile da ascoltare ma è importante da capire. Trattare con attenzione questi argomenti scomodi portano il cliente a razionalizzare ciò che potrebbe succedere, questo fa sì che in futuro non ci sia margine di incomprensione tra cliente e consulente. Per verificare se le informazioni sono state percepite in modo corretto è spesso utile lasciare che il cliente ci rispieghi che cosa ha capito così che se c’è stata una sbagliata interpretazione delle informazioni, queste emergano subito.

Il cliente deve avere ben chiaro che non si possono realizzare solo scenari positivi ma anche quelli negativi e lui stesso deve essere preparato a reagire nel migliore dei modi. Abbiamo descritto nel capitolo 3.1 il funzionamento del nostro sistema 1 e del sistema 2 e abbiamo appurato che le reazioni irrazionali e le conclusioni affrettate avvengono grazie al sistema 1. Avere delle buone basi di conoscenza ci aiuta a svolgere dei ragionamenti coerenti con la realtà e porta il sistema 1 a recepire e ad elaborare le informazioni in modo corretto. Il sistema 2 ovvero quello razionale è molto pigro e ha bisogno di tempo per intervenire, ecco perché anche dopo avere effettuato una proposta di investimento è bene non forzare il cliente ma se necessario lasciargli il tempo necessario per riflettere e di studiare la proposta. Una volta che il sistema 2 arriva alle proprie conclusioni, se il cliente decide di investire lo farà in modo cosciente.

Ad incorniciare tutti questi comportamenti che dovrebbero indirizzare il cliente verso scelte di investimento razionali vi è la fiducia che il cliente deve avere nei confronti del consulente, questa va guadagnata con il tempo e con la dedizione che il consulente deve avere nei confronti dell’investitore. Quest’ultimo deve percepire il valore aggiunto che l’intermediario gli porta altrimenti non spenderà tempo e denaro per ascoltare i consigli di una persona che non ritiene competente. Quando c’è fiducia, in situazioni di panico o di euforia è probabile che il soggetto economico chieda aiuto alla persona esperta, la quale dovrebbe aiutarlo ad avere un occhio oggettivo. Se non c’è fiducia, il cliente da poco peso alle parole del consulente e questo crea conseguenze negative sull’investimento.

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7. Conclusioni

Per redigere la presente tesi ho voluto dedicare gran parte del tempo e dello spazio all’analisi teorica del comportamento irrazionale del soggetto economico. Questo perché trattandosi di un tema relativamente nuovo e con caratteristiche molto soggettive ho ritenuto interessante prendere in considerazione esempi ed esperimenti ritrovati nella bibliografia che risultano attuali ed esplicativi nonostante alcuni di essi siano stati intrapresi diversi anni fa. Le interviste esposte alla fine della parte teorica sono servite da supporto per verificare se effettivamente esperti del settore riscontrassero nella loro vita lavorativa l’irrazionalità dell’investitore.

La presente tesi è stata pensata con lo scopo analizzare il soggetto economico reale e di capire come la percezione e l’elaborazione delle informazioni esterne influiscono sulle scelte degli investitori. Mi sono poi chiesta in che modo i consulenti riescono a limitare, ridurre o eliminare l’influsso degli errori cognitivi nel processo decisionale dei clienti. Per rispondere a questi quesiti sono partita dall’analisi delle teorie tradizionali mettendo in rilievo la figura dell’homo oeconomicus. Ne è risultato che l’essere razionale che opera in funzione della massimizzazione dei propri profitti è un personaggio puramente teorico che è stato creato con lo scopo enfatizzare ed analizzare il comportamento che l’investitore ideale dovrebbe avere in condizioni di piena informazione. Le teorie tradizionali decidono di accantonare l’anima, lo spirito e le credenziali dell’essere umano che racchiude l’etica, i sentimenti e le emozioni. La finanza comportamentale invece analizza un soggetto completo reale ovvero una persona che sì vuole raggiungere i propri obiettivi economici ma viene continuamente ostacolata dalla propria parte irrazionale influenzata da eventi esteri che ostacolano di continuo la sua mente e il suo processo decisionale.

I sentimenti, l’etica e le opinioni personali non sono i soli fattori che portano il soggetto economico ad esternare la propria irrazionalità: vi è infatti anche la sbagliata percezione delle informazioni, la tendenza che l’individuo che vive in una società ha di volersi sentire parte del gruppo, il bisogno di essere stimato e di stimarsi e così via dicendo.

Vi sono dunque innumerevoli fattori che portano il soggetto economico a compiere delle scelte che tutto sono meno che razionali. Quando gli investitori decidono di operare sul mercato si devono rivolgere ad un intermediario finanziario: entra dunque in gioco il ruolo del consulente finanziario, il quale grazie alle conoscenze e all’esperienza dovrebbe avere un punto di vista più razionale rispetto all’investitore. Questo soggetto esperto ha il compito di accompagnare i propri clienti nelle scelte di investimento attraverso le diverse fasi del colloquio di consulente. I consulenti hanno diversi mezzi a disposizione per fare in modo che la visione dei propri clienti sia il più razionale possibile. Durante le interviste svolte ai consulenti è emerso a più riprese come il soggetto che ha più conoscenze e che ha già avuto a che fare con il mondo degli investimenti riesce a ridurre notevolmente l’irrazionalità che lo caratterizza. Siccome non tutti gli investitori hanno delle basi di conoscenza è importante che il professionista si applichi per colmare queste lacune e trasmetta le informazioni al cliente accompagnandolo così nell’avventuroso mondo degli investimenti.

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42

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

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La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

Allegati

Allegato 1: Intervista consulente A .................................................................................... 46

Allegato 2: intervista al consulente B ................................................................................ 53

Allegato 3: intervista consulente C .................................................................................... 60

Allegato 4: intervista consulente D .................................................................................... 67

Allegato 5: intervista consulente E ..................................................................................... 77

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46

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

Allegato 1: Intervista consulente A

Inte

rvis

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con

sule

nte

A a

ttivo

nel

Ret

ail d

a 10

ann

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Dat

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ll’in

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09.2

019

Tem

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R

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bias

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il

clie

nte

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nza

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vest

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ione

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men

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trim

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Con

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lità

men

tale

Page 54: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

47

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

L’in

vest

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info

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di

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il

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e.

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nte,

che

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nel

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il pr

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cam

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e an

che

la

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stim

ento

a lu

ngo

term

ine.

Pro

pens

ione

e

tolle

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a al

risc

hio

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48

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

Fase

1.2

.: El

abor

azio

ne d

elle

info

rmaz

ioni

Com

e re

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l cl

ient

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clie

nte

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e di

in

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imen

to?

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i po

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com

e re

agis

ce?

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nza

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do p

rese

nti

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petti

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tiva

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neg

ativ

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Tutto

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pend

e da

l tip

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oni,

se s

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io, d

ove

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illazi

one

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ssa

ovvi

amen

te il

cl

ient

e si

sen

te p

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icur

o ris

petto

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o pr

opon

i fo

ndi

o pr

odot

ti le

gati

al

mer

cato

az

iona

rio, i

qua

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ono

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gior

e to

llera

nza

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schi

o.

Spes

so q

uand

o il

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nte

ha l

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di

inve

stire

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sco

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nclu

dere

l’a

ffare

pr

oprio

gr

azie

al

l’am

pio

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aglio

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rodo

tti d

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nibi

li e

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di

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e ca

ratte

ristic

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i que

sti u

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i.

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aure

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clie

nte

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bber

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empo

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sem

pre

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fici

stor

ici

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il g

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he p

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Qua

ndo

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ossi

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e po

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o es

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so l’

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e v

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, e v

edo

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il cl

ient

e ca

pisc

e be

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equi

eto

o sp

aven

tato

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i o a

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di

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deve

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ione

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info

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ioni

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buis

cono

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gni.

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i un

a di

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gni

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.

-

Prop

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rcez

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l ris

chio

Page 56: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

49

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

Le

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e pr

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no

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sion

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che

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e pa

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ssat

e in

in

vest

imen

ti an

date

a

buon

fin

e po

rtano

po

sitiv

ità a

l clie

nte

e ta

nta

vogl

ia d

i inv

estir

e di

nu

ovo.

Un’

altra

cos

a ch

e ho

not

ato

è ch

e ch

i ha

già

av

uto

una

capi

tale

in

vest

ito

sul

mer

cato

in

pa

ssat

o ha

un

a m

aggi

ore

capa

cità

di

au

toco

ntro

llo:

sa c

he l’

inve

stim

ento

è s

ogge

tto

ad o

scill

azio

ni, c

he è

impo

rtant

e ae

re p

azie

nza

e no

n fa

rsi p

rend

ere

dal p

anic

o.

Per

cer

care

di r

idar

e co

nfid

enza

nei

mer

cati

ai

clie

nti s

pieg

o i v

anta

ggi d

ella

div

ersi

ficaz

ione

, pr

opon

go d

elle

sol

uzio

ni o

ttim

ali c

ome

i fon

di d

i in

vest

imen

to

o il

man

dato

di

ge

stio

ne

patri

mon

iale

. È im

porta

nte

capi

re la

diff

eren

za

dei

prod

otti

offe

rti

e i

risch

i ch

e qu

esti

com

porta

no.

Poc

hiss

ime

volte

so

no

riusc

ito

in

un

solo

in

cont

ro a

fare

cam

biar

e id

ea a

l clie

nte,

si t

ratta

di

un

proc

esso

lung

o ne

l qua

le il

clie

nte

deve

av

ere

il te

mpo

di e

labo

rare

le in

form

azio

ni e

di

vede

re la

situ

azio

ne in

mod

o og

getti

vo. È

mol

to

impo

rtant

e in

que

sto

caso

che

il cl

ient

e si

fidi

del

co

nsul

ente

.

Influ

enza

de

lle

espe

rienz

e pa

ssat

e

Not

i che

i cl

ient

i han

no u

na

tend

enza

a v

oler

inve

stire

in

mer

cati

cono

sciu

ti o

in

gene

rale

in

as

sets

ci

cu

i ha

nno

già

sent

ito p

arla

re o

co

n i q

uali

hann

o gi

à av

uto

a ch

e fa

re?

Si d

ecis

amen

te, u

n ba

nale

ese

mpi

o so

no i

fond

i ve

ndut

i, co

me

fond

i del

la b

anca

abb

iam

o de

lle

solu

zion

i ch

e in

vest

ono

prev

alen

tem

ente

in

m

erca

ti sv

izze

ri e

quel

li ch

e in

vece

inve

ston

o a

livel

lo

glob

ale

e in

m

erca

ti em

erge

nti,

la

stra

gran

de m

aggi

oran

za d

ei c

lient

i op

ta p

er i

fo

ndi S

uiss

e.

Fran

cam

ente

non

fac

cio

nien

te p

er l

imita

re

ques

ta t

ende

nza

in q

uant

o so

no i

l pr

imo

a se

guirl

a. I

l m

erca

to s

vizz

ero

e in

par

ticol

ari

i no

stri

fond

i Sui

sse

hann

o de

i ren

dim

enti

stor

ici

supe

riori

a qu

elli

dei

fond

i W

orld

, pe

r qu

esto

no

n m

i sen

to d

i ind

irizz

are

il cl

ient

e ve

rso

fond

i W

orld

se

loro

son

o pi

ù pr

open

si a

d in

vest

ire n

el

mer

cato

svi

zzer

o. L

’impo

rtant

e è

che

le s

celte

di

inve

stim

ento

ris

petti

no il

pro

filo

del c

lient

e e

le s

ue e

sige

nze.

Io p

orto

le d

iver

se p

ropo

ste

ma

la s

celta

fina

le s

petta

al c

lient

e. C

on il

mer

cato

sv

izze

ro la

clie

ntel

a si

sen

te m

olto

più

al s

icur

o gr

azie

alla

val

uta

forte

e a

lla s

icur

ezza

pol

itica

.

Inve

stim

enti

emoz

iona

i e

cono

scen

ze

del

clie

nte

Page 57: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

50

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

Le

cono

scen

ze

pers

onal

i in

fluen

zano

la

re

lazi

one

d’af

fari?

N

oti

che

l’inve

stito

re p

iù in

form

ato

ha

una

tend

enza

a

sopr

avva

luta

re

la

sua

capa

cità

di

se

lezi

one

dei

titol

i o

pens

a di

ess

ere

in

grad

o di

pre

vede

re il

futu

ro

dei m

erca

ti?

Chi

ha

co

nosc

enze

su

l m

ondo

fin

anzi

ario

se

cond

o m

e te

nde

a pr

ende

re d

ecis

ione

in m

odo

più

razi

onal

e,

si

pren

de

il te

mpo

di

do

cum

enta

rsi,

di p

ensa

rci e

di c

apire

qua

le è

la

scel

ta g

iust

a.

Una

pe

rson

a m

eno

info

rmat

a si

la

scia

in

fluen

zare

mol

to d

i pi

ù da

l co

nsul

ente

e d

ai

pens

ieri

di te

rze

pers

one.

Se u

n cl

ient

e te

nde

a fa

re i

nves

timen

ti ch

e co

mpo

rtano

de

i ris

chi

al

diso

pra

della

su

a to

llera

nza

al r

isch

io i

o ce

rco

di f

arlo

rifl

ette

re

info

rman

dolo

e fa

cend

ogli

pren

dere

cos

cien

za

di q

uello

che

sta

face

ndo,

dei

ris

chi.

Per

me

è im

porta

nte

che

l’inve

stito

re

riman

ga

con

un’e

sper

ienz

a po

sitiv

a ne

l m

ondo

de

gli

inve

stim

enti

in q

uant

o un

’esp

erie

nza

nega

tiva

può

porta

re i

l cl

ient

e a

non

inve

stire

più

in

futu

ro.

Con

osce

nze

pers

onal

i e

fiduc

ia

in s

é st

essi

Fase

2: D

ecis

ione

di i

nves

timen

to

Le ra

ccom

anda

zion

i e i

titol

i ef

fetti

vam

ente

sc

elti

dal

clie

nte

corri

spon

dono

? Se

no

n co

rrisp

ondo

no s

u co

sa

si b

asa

la d

ecis

ione

fila

ne

del

clie

nte

(con

osce

nze

pers

onal

i, in

vest

imen

ti pa

ssat

i, ra

ccom

anda

zion

i di

terz

e pe

rson

e, g

iorn

ali,.

.)?

Solit

amen

te la

pro

post

a vi

ene

acce

ttata

, anc

he

perc

hé la

pro

post

a di

inve

stim

ento

cor

rispo

nde

al p

rofil

o di

risc

hio

del c

lient

e. S

pess

o cl

ient

i mi

chie

dono

info

rmaz

ioni

su

titol

i o m

erca

ti di

cui

ha

nno

sent

ito

parla

re

o ha

nno

letto

m

a so

litam

ente

son

o “d

iscu

ssio

ni d

a ba

r” ne

l sen

so

che

il cl

ient

e no

n è

real

men

te in

tenz

iona

to a

d in

vest

ire i

n pr

odot

ti di

cui

ha

sent

ito p

arla

re,

pref

eris

ce o

ptar

e pe

r la

pro

post

a fa

tta d

alla

ba

nca.

I

mez

zi

di

info

rmaz

ione

us

ati

dalla

m

aggi

or p

arte

dei

mie

i clie

nti s

ono

i gio

rnal

i e il

pa

ssap

arol

a. P

er q

uant

o rig

uard

a la

tipo

logi

a di

in

vest

imen

to

sele

zion

ato

non

perc

epis

co

l’effe

tto g

regg

e, q

uest

o è

un e

ffetto

che

lo v

edo

più

corre

lato

alle

tem

pist

iche

, nel

sen

so c

he in

un

mom

ento

dov

e i

mer

cati

vann

o be

ne t

utti

vogl

iono

acq

uist

are

e in

mom

ento

dov

e i m

erca

ti va

nno

mal

e tu

tto v

oglio

no v

ende

re.

Evita

re c

he i

clie

nti

acqu

istin

o o

vend

ano

gli

inve

stim

enti

in m

omen

ti po

co o

ppor

tuni

io c

erco

se

mpr

e di

m

ette

re

l’acc

ento

su

ll’arc

o te

mpo

rale

, e

facc

io c

apire

che

non

osta

nte

un

inve

stim

ento

pos

sa e

sser

e m

omen

tane

amen

te

in

perd

ita

non

è ne

cess

ario

cr

eare

in

utili

alla

rmis

mi.

È im

porta

nte

aver

e pa

zien

za e

non

fa

rsi p

rend

ere

dal p

anic

o, q

uest

o è

quel

lo c

he

cerc

o di

fare

cap

ire a

i clie

nti

Fidu

cia

del

clie

nte

vers

o il

cons

ulen

te

Effe

tto g

regg

e

Page 58: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

51

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

Dop

o av

ere

pres

o la

de

cisi

one

di

inve

stim

ento

, su

cced

e m

ai c

he i

l cl

ient

e ca

mbi

idea

e n

on v

uole

più

in

vest

ire p

er p

aura

?

Succ

ede

mai

che

il

clie

nte

deci

de

di

ritira

rsi

dall’i

nves

timen

to

in

un

perio

do p

iù b

reve

di q

uello

st

abilit

o?

No,

fran

cam

ente

non

mi è

mai

suc

cess

o pe

rché

pe

rson

alm

ente

ce

rco

di

dedi

care

an

che

più

tem

po d

el n

eces

sario

nel

la fa

se c

he p

rece

de la

de

cisi

one

di i

nves

timen

to p

ropr

io p

er e

vita

re

ripen

sam

enti.

Può

succ

eder

e ch

e il

clie

nte

vogl

ia

ritira

rsi

dall’i

nves

timen

to in

un

tem

po p

iù b

reve

del

l’arc

o te

mpo

rale

iniz

ialm

ente

sta

bilit

o, m

a fra

ncam

ente

an

che

ques

to a

ccad

e di

rad

o, p

erch

é qu

ando

de

cidi

amo

quan

to i

nves

tire,

las

ciam

o se

mpr

e un

a pa

rte

del

patri

mon

io

liqui

da

così

ch

e l’in

vest

itore

si p

ossa

fare

fron

te a

deg

li im

pegn

i fin

anzi

ari i

mpr

ovvi

si.

Pren

dere

i ris

parm

i dei

clie

nti e

d in

vest

irli è

una

gr

ande

resp

onsa

bilit

à, p

er q

uest

o ce

rco

di fa

re

del

mio

meg

lio p

er f

are

capi

re a

l cl

ient

e ch

e co

sa s

ta f

acen

do e

che

con

segu

enze

le

sue

azio

ni p

osso

no c

ompo

rtare

, una

vol

ta p

resa

la

deci

sion

e no

n m

i è d

unqu

e m

ai s

ucce

sso

che

ques

to s

i tiri

in d

ietro

.

Per

quan

to

rigua

rda

il di

sinv

estim

ento

an

ticip

ato

dovu

to a

nec

essi

tà io

cer

co s

empr

e di

lasc

iare

una

rise

rva

liqui

da “g

ener

osa”

per

far

front

e a

even

ienz

e

Ince

rtezz

a,

paur

a,

tem

pore

ggia

men

to,

rimor

so

Fase

3: d

opo

la d

ecis

ione

di i

nves

timen

to

Com

e re

agis

cono

i

clie

nti

dopo

una

fase

di r

ialz

o? H

ai

mai

not

ato

un s

entim

ento

di

avid

ità d

el c

lient

e?

E do

po u

na fa

se d

i per

dita

? H

ai

mai

ris

cont

rato

un

se

nso

di c

oinv

olgi

men

to d

el

clie

nte

nell’i

nves

timen

to

effe

ttuat

o?

Non

pe

nso

di

aver

e m

ai

risco

ntra

to

un

sent

imen

to d

i avi

dità

nei

clie

nti,

prob

abilm

ente

pe

rché

i ric

avi i

n qu

estio

ne n

on s

ono

mai

sta

ti co

alti.

È

però

ch

iaro

ch

e qu

ando

un

in

vest

imen

to

porta

a

dei

prof

itti

il cl

ient

e è

sodd

isfa

tto e

piu

ttost

o ch

e te

nere

liq

uidi

tà s

u co

nti c

he re

ndon

o lo

0%

pre

feris

cono

aum

enta

re

la q

uota

inve

stita

.

Qua

ndo

i m

erca

ti so

no

in

disc

esa

ci

sono

si

cura

men

te c

lient

i ch

e si

fan

no p

rend

ere

dal

pani

co. N

oto

però

che

que

sti n

on m

i con

tatta

no

allo

sco

po d

i ven

dere

ma

piut

tost

o ce

rcan

o di

es

sere

rass

icur

ati.

Spie

go

sem

pre

il co

ncet

to

dell’o

rizzo

nte

tem

pora

le, d

ella

pos

sibi

lità

dell’o

scilla

zion

e de

l va

lore

del

l’inve

stim

ento

, de

ll’im

porta

nza

della

di

vers

ifica

zion

e e

della

nec

essi

tà d

i ten

ere

una

riser

va

liqui

da

per

fare

fro

nte

a ne

cess

ità

impr

ovvi

se.

Avid

ità

dopo

un

a fa

se

di

rialz

o de

i m

erca

ti o

sens

o di

co

invo

lgim

ento

in

un

a fa

se d

i per

dita

Page 59: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

52

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

Se

un

inve

stim

ento

co

nsig

liato

dal

la b

anca

va

mal

e,

il cl

ient

e ti

colp

evol

izza

?

Se

inve

ce a

d an

dare

mal

e è

un i

nves

timen

to s

celto

dal

cl

ient

e co

ntro

le

ra

ccom

anda

zion

i de

lla

banc

a co

me

si c

ompo

rta i

l cl

ient

e?

Non

mi è

mai

suc

cess

o ch

e m

i acc

usas

sero

di

aver

mal

con

sigl

iato

un

inve

stim

ento

, il

clie

nte

quan

do f

irma

un o

rdin

e di

bor

sa c

apis

ce c

he i

mer

cati

non

sem

pre

sono

st

abili

e

sia

per

inve

stim

enti

cons

iglia

ti da

lla b

anca

che

per

que

lli

effe

ttuat

i per

sce

lta p

erso

nale

son

o co

nsap

evol

i ch

e qu

esti

poss

o pr

ende

re c

ome

perd

ere

valo

re.

Prim

a di

effe

ttuar

e l’i

nves

timen

to c

i pre

ndia

mo

tutto

il te

mpo

nec

essa

rio p

er in

form

are

il cl

ient

e de

i ris

chi c

he q

uest

o co

mpo

rta.

La c

onos

cenz

a e

le in

form

azio

ni p

erm

etto

no d

i rid

urre

la s

ensa

zion

e di

pau

ra e

di p

anic

o.

Rea

zion

e do

po u

n in

vest

imen

to

anda

to m

ale

Not

i ch

e i

clie

nti

valu

tano

l’i

nves

timen

to in

bas

e ad

un

prez

zo

stab

ilito

ne

lla

loro

m

ente

(anc

ora)

?

Si

asso

luta

men

te,

quel

lo

che

poss

o di

rti

dell’

effe

tto a

ncor

a, c

he s

pess

o m

i por

ta a

dov

er

dare

spi

egaz

ioni

ai c

lient

i è c

he v

alut

ano

il lo

ro

inve

stim

ento

in

base

al

prez

zo p

iù a

lto c

he

ques

to r

aggi

unge

dal

mom

ento

in

cui

vien

e ac

quis

tato

, pe

r es

empi

o se

un

tit

olo

vien

e ac

quis

tato

a c

ento

, sa

le a

cen

toci

nqua

nta

per

poi

scen

dere

a

cent

oven

ti,

spes

so

ques

ta

osci

llazi

one

porta

mal

umor

e al

clie

nte

che

poi s

i riv

olge

a m

e pe

r chi

eder

mi s

pieg

azio

ni.

Que

llo c

he p

osso

fare

da

parte

mia

è d

are

una

visi

one

obie

ttiva

del

ren

dim

ento

effe

ttivo

del

po

rtafo

glio

. R

ipre

ndo

spes

so

il co

ncet

to

di

poss

ibile

os

cilla

zion

e e

spes

so

e vo

lent

ieri

facc

io

il ca

lcol

o de

l re

ndim

ento

ris

petto

al

pr

ezzo

di

acqu

isto

, la

mia

anc

ora

è qu

indi

il

prez

zo d

i ac

quis

to e

non

il

valo

re p

iù a

lto

ragg

iunt

o da

l tito

lo d

al m

omen

to d

ell’a

cqui

sto.

Effe

tto a

ncor

aggi

o

In

conc

lusi

one,

ti

chie

do,

seco

ndo

te

i cl

ient

i so

no

razi

onal

i o ir

razi

onal

i? Q

uali

elem

enti

aiut

ano

una

mag

gior

e ra

zion

alità

de

ll’in

vest

itore

?

Sec

ondo

me

i clie

nti d

ocum

enta

ti ed

info

rmat

i han

no u

na m

aggi

ore

capa

cità

di v

eder

e e

valu

tare

la s

ituaz

ione

in m

odo

obie

ttivo

, lor

o si

pre

ndon

o il

tem

po d

i ana

lizza

re la

situ

azio

ne e

le p

ropo

ste.

Più

tem

po s

i ha

a di

spos

izio

ne p

er v

alut

are

una

prop

osta

più

si r

iesc

e ad

acc

anto

nare

la s

ensa

zion

e di

pau

ra, a

ngos

cia,

euf

oria

o d

i avi

dità

.Que

lli c

he in

vece

non

ha

nno

parti

cola

ri in

form

azio

ni o

con

osce

nze

finan

ziar

ie t

endo

no a

d af

fidar

si a

i con

sigl

i del

con

sule

nte

e qu

ando

la

situ

azio

ne d

ei m

erca

ti ca

mbi

a ha

nno

reaz

ioni

mol

to p

iù e

mot

ive.

Per

que

sto

tipo

di c

lient

ela

riten

go s

ia fo

ndam

enta

le la

fid

ucia

nel

con

sule

nte

e ne

ll’is

titut

o fin

anzi

ario

. Se

io m

i fid

o de

l mio

con

sule

nte

so c

he q

uest

o m

i pro

porr

à de

lle s

oluz

ioni

ad

atte

al m

io p

rofil

o. T

i dirò

che

giu

sto

o sb

aglia

to c

he s

ia, q

uand

o tra

tto in

vest

imen

ti di

per

sone

a m

e ca

re o

com

unqu

e di

clie

nti c

he c

onos

co d

a te

mpo

mi s

ento

add

osso

un

sens

o di

resp

onsa

bilit

à no

n in

diffe

rent

e.

Page 60: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

53

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

Allegato 2: intervista al consulente B

Co

nsu

len

te B

: a

ttiv

o d

a 2

5 a

nn

i n

el p

riva

te b

an

kin

g

Da

ta d

ell’

inte

rvis

ta:

27

.09

.20

19

Te

mp

o:

1.3

0h

Do

ma

nd

e

Ris

po

ste

de

l co

nsu

len

te

Co

me

il co

nsu

len

te f

a p

er

limita

re la

bia

s

Tip

o

di

bia

s

co

nce

rne

nte

la

do

ma

nd

a

o

qu

ale

se

ntim

en

to

pro

va

il

clie

nte

Fa

se

1.1

: c

on

osce

nza

de

l clie

nte

L’in

ve

stito

re h

a u

na

pe

rce

zio

ne

co

rre

tta

d

el

su

o

pa

trim

on

io

tota

le?

Esis

te u

na

te

nd

en

za

a

su

dd

ivid

ere

en

tra

te e

d u

scite

in

“ba

cin

i” c

rea

ti d

alla

co

nta

bili

me

nta

le d

el clie

nte

?

No

, il

clie

nte

n

on

h

a u

na

vis

ion

e co

rre

tta

d

el

su

o

pa

trim

on

io

tota

le.

So

lita

me

nte

te

nd

e

a

pa

rla

re

un

ica

me

nte

de

l p

atr

imo

nio

ch

e i

nte

nd

e d

ep

osita

re o

ha

già

de

po

sita

to n

el n

ostr

o istitu

to.

Pe

r q

ua

nto

rig

ua

rda

la

co

nta

bili

tà m

en

tale

ti d

irò

ch

e

si

la n

oto

e v

ed

o c

he

i c

lien

ti t

en

do

no

a r

ag

ion

are

in

co

mp

art

ime

nti

sta

gn

i,

ma

n

on

la

tr

ovo

u

na

co

sa

ne

ga

tiva

se

fa

tta

co

rre

tta

me

nte

. È

im

po

rta

nte

ch

e i

l

clie

nte

sa

pp

ia o

co

mu

nq

ue

a

bb

ia d

eg

li o

bie

ttiv

i su

qu

ale

p

art

e

de

llo

stip

en

dio

d

esid

era

ri

sp

arm

iare

,

qu

ale

de

sid

era

acca

nto

na

re p

er

inve

stim

en

ti e

co

via

dic

en

do

.

Ce

rch

iam

o

di

farg

li ca

pir

e

ch

e

no

n

de

ve

so

lo

gu

ard

are

l’im

po

rto

ve

rsa

to n

ella

no

str

a b

an

ca

ma

pe

r

po

terg

li fa

re u

na

pro

po

sta

ott

ima

le a

bb

iam

o b

iso

gn

o

un

“h

elic

op

ter

vie

w”.

So

lita

me

nte

io

d

ivid

o

i co

lloq

ui

in

un

a

fase

co

no

scitiv

a d

ove

vo

glio

co

no

sce

re i

l clie

nte

e d

ove

mi p

rese

nto

io, in

se

gu

ito

c’è

un

a p

rese

nta

zio

ne

de

lla

ba

nca

e d

el

no

str

o m

od

us o

pe

ran

di. I

n q

ue

sta

fa

se

sta

bili

sci

il p

rim

o co

nta

tto

co

n il

clie

nte

e

d in

izi

a

gu

ad

ag

na

rti

la

su

a

fid

ucia

, n

ella

d

escri

zio

ne

d

el

mo

du

s

op

era

nd

i d

ella

b

an

ca

e

in

p

art

ico

lare

d

el

se

tto

re c

erc

o d

i fa

re c

ap

ire

al

clie

nte

ch

e p

er

po

ter

forn

ire

un

bu

on

se

rviz

io h

o b

iso

gn

o d

i in

form

azio

ni

de

tta

glia

te

Co

nta

bili

tà m

en

tale

Page 61: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

54

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

L’in

vest

itore

da

in

form

azio

ni

com

plet

e su

l pat

rimon

io t

otal

e an

che

se g

estit

o da

ban

che

terz

e? C

ome

vien

e st

abilit

a la

fid

ucia

tra

co

nsul

ente

e

clie

nte?

- -

Fidu

cia

clie

nte-

cons

ulen

te

Prof

ilatu

ra

del

clie

nte:

la

ca

paci

tà d

i ris

chio

è u

n da

to

tend

enzi

alm

ente

og

getti

vo

men

tre

la

prop

ensi

one

al

risch

io

è so

gget

tiva,

co

me

vien

e st

abilit

a qu

est’u

ltim

a? S

e vi

so

no

inco

ngru

enze

tra

ca

paci

e pr

open

sion

e al

ris

chio

com

e ti

com

porti

?

Per p

rofil

are

il cl

ient

e ab

biam

o un

tool

info

rmat

ico

che

è co

mpo

sto

da p

iù d

oman

de, i

n ba

se a

lle ri

spos

te d

el

clie

nte

riusc

iam

o ad

ar

rivar

e a

iden

tific

are

la

prop

ensi

one

al

risch

io

del

clie

nte.

È

impo

rtant

e so

ttolin

eare

che

non

stia

mo

parla

ndo

di u

na s

cien

za

esat

ta p

er c

ui d

efin

ire u

na p

rope

nsio

ne e

farla

cap

ire

al c

lient

e è

mol

to d

iffic

ile.

Que

llo c

he c

erch

iam

o di

far

e pe

r fa

re p

assa

re i

l m

essa

ggio

e

arriv

are

ad

un

prof

ilo

il pi

ù ra

ppre

sent

ativ

o po

ssib

ile d

ella

situ

azio

ne d

el c

lient

e è

di la

vora

re in

man

iera

mol

to s

empl

ice

e co

n es

empi

pr

atic

i.

Nel

90%

dei

cas

i la

cap

acità

è m

aggi

ore

della

pr

open

sion

e al

risc

hio,

per

cui

per

noi

que

sto

non

è un

pro

blem

a. S

i cer

ca d

i far

e ca

pire

i du

e co

ncet

ti m

a no

n è

detto

che

se

un c

lient

e ha

una

cap

acità

alta

de

ve p

er fo

rza

aver

e un

pro

filo

di ri

schi

o ag

gres

sivo

, an

zi.

Que

llo

che

è im

porta

nte

è ve

rific

are

rego

larm

ente

che

il p

rofil

o di

risc

hio

sia

aggi

orna

to in

ba

se a

lla s

ituaz

ione

per

sona

le d

el c

lient

e.

L’im

porta

nte

in q

uest

a fa

se è

que

lla d

i asc

olta

re le

ne

cess

ità

del

clie

nte,

ca

pirn

e la

pe

rson

alità

, le

se

nsaz

ioni

e n

on d

are

peso

sol

tant

o al

le c

ose

dette

. È

fond

amen

tale

che

il p

rofil

o di

ris

chio

sia

sem

pre

aggi

orna

to e

ris

pecc

hi l

a pe

rson

alità

attu

ale

del

clie

nte.

Prop

ensi

one,

ca

paci

tà e

tolle

ranz

a al

risc

hio

La p

rope

nsio

ne a

l ris

chio

e in

ge

nera

le la

tolle

ranz

a al

risc

hio

cam

bia

dopo

un

a fa

se

di

eufo

ria o

di

depr

essi

one

dei

mer

cati?

In c

he m

odo?

Si n

oto

il ca

mbi

amen

to d

el p

rofil

o de

ll’inv

estit

ore

in

base

all’a

ndam

ento

del

mer

cato

. Q

uello

ch

e è

impo

rtant

e fa

re

è in

cont

rare

re

gola

rmen

te i

l cl

ient

e e

tene

re a

ggio

rnat

o il

suo

prof

ilo

dell’i

nves

titor

e,

il qu

ale

dovr

ebbe

pe

cam

biar

e in

bas

e al

le fa

si d

ella

sua

vita

e n

on a

lle

fasi

del

mer

cato

.

Prop

ensi

one

e to

llera

nza

al ri

schi

o

Page 62: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

55

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

Fase

1.2

.: El

abor

azio

ne d

elle

info

rmaz

ioni

Com

e re

agis

ce

il cl

ient

e il

clie

nte

quan

do lo

met

ti da

vant

i a

delle

pr

opos

te

di

inve

stim

ento

? U

na

volta

sp

iega

ti i p

ossi

bili

scen

ari f

utur

i co

me

reag

isce

? Ve

di

diffe

renz

a qu

ando

pre

sent

i la

pr

ospe

ttiva

po

sitiv

a e

quel

la

nega

tiva?

Noi

si

amo

obbl

igat

i a

form

ular

e le

pr

opos

te

di

inve

stim

ento

at

trave

rso

un

tool

in

form

atic

o do

ve

vien

e in

tegr

ato

il pr

ofilo

di

risch

io,

la p

ropo

sta

di

inve

stim

ento

, i c

osti

lega

ti al

l’inve

stim

ento

. Qua

ndo

i cl

ient

i ve

dono

l’o

utpu

t fin

ale

riman

gono

se

mpr

e po

sitiv

amen

te im

pres

sion

ati in

qua

nto

è un

otti

mo

tool

in

form

atic

o, c

ompl

eto

e tra

spar

ente

che

met

te i

n ril

ievo

le in

form

azio

ni im

porta

nti p

er il

clie

nte.

Le

disc

ussi

oni

piut

tost

o ch

e su

lla

prop

osta

di

in

vest

imen

to s

olita

men

te v

anno

a fi

nire

sul

la p

arte

dei

co

sti.

Il cl

ient

e qu

ando

si r

ivol

ge a

noi

è p

erch

é si

fida

e

vuol

e ef

fetti

vam

ente

rice

vere

una

pro

post

a, d

unqu

e il

tipo

di in

vest

imen

to è

rela

tivam

ente

poc

o m

esso

in

disc

ussi

one.

Gli

scen

ari v

engo

no p

rese

ntat

i attr

aver

so il

tool

, se

la f

ase

prec

eden

te l

a pr

opos

ta è

fat

ta b

ene

e i

conc

etti

di o

rizzo

nte

tem

pora

le, p

ossi

bile

flut

tuaz

ione

de

i pr

ezzi

, vo

latil

ità,

risch

io,

rend

imen

to s

ono

stat

i co

rretta

men

te e

d es

aust

ivam

ente

spi

egat

i il c

lient

e no

n ha

gr

andi

re

azio

ni

dava

nti

alla

pr

ospe

ttiva

ne

gativ

a.

Se

dove

sse

aver

e re

azio

ni

esag

erat

e ev

iden

tem

ente

la p

ropo

sta

fatta

non

è a

degu

ata

a lu

i.

Effe

tto

inco

rnic

iam

ento

, ef

fetto

al

one,

pe

rcez

ione

de

lle

info

rmaz

ioni

Stud

i di

mos

trano

ch

e gl

i in

vest

itori

attri

buis

cono

più

del

do

ppio

del

pes

o al

le p

erdi

te

rispe

tto a

i gua

dagn

i. N

oti u

na

dive

rsa

prop

ensi

one

al r

isch

io

per q

uant

o rig

uard

a i g

uada

gni

e le

per

dite

?

Si n

oto

ques

to c

ompo

rtam

ento

, ba

nalm

ente

mille

fra

nchi

di

perd

ita d

anno

un

fast

idio

ter

ribile

men

tre

mille

fra

nchi

di

gu

adag

no

appa

rteng

ono

alla

no

rmal

ità.

Que

sto

è st

ato

uno

degl

i asp

etti

sui q

uali

sopr

attu

tto

a fin

e an

no 2

018

abbi

amo

dovu

to la

vora

re m

olto

, alla

pr

ima

fless

ione

de

l po

rtafo

glio

i

clie

nti

si

sono

sp

aven

tati

mol

to

Tutto

sta

nel

lavo

ro p

repa

rato

rio, p

rima

di e

ffettu

are

l’inve

stim

ento

dev

i spi

egar

e i d

iver

si s

cena

ri e

devi

es

sere

sic

uro

che

il cl

ient

e ca

pisc

a ch

e an

che

quel

li ne

gativ

i si

pos

sono

rea

lizza

re.

Un

altro

asp

etto

fo

ndam

enta

le d

a te

nere

in c

onsi

dera

zion

e pe

r no

n fa

re a

llarm

are

i clie

nti a

lla p

rima

fless

ione

dei

mer

cati

è l’a

rco

tem

pora

le.

È pe

rò i

nneg

abile

che

difr

onte

ad

una

fless

ione

il

clie

nte

tend

e a

reag

ire c

on p

aura

.

Prop

ensi

one

al

risch

io

Page 63: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

56

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

Le

espe

rienz

e pr

egre

sse

influ

enza

no l

e de

cisi

oni

attu

ali

di in

vest

imen

to?

In c

he m

odo?

Si

le

espe

rienz

e pa

ssat

e in

fluen

zano

le

de

cisi

oni

futu

re. L

’ese

mpi

o pi

ù ra

ppre

sent

ativ

o ch

e m

i vie

ne in

m

ente

son

o cl

ient

i che

han

no p

assa

to la

cris

i del

200

8 po

rtan

do a

cas

a gr

andi

per

dite

e c

he o

ggi s

i tro

vano

ad

ave

re g

rani

liq

uidi

tà s

ui c

onti

(non

con

veni

ente

vi

sta

la s

ituaz

ione

dei

tass

i di i

nter

esse

). L

’esp

erie

nza

nega

tiva

è qu

alco

sa d

i mol

to d

iffic

ile d

a sc

ardi

nare

.

Clie

nti

con

poch

e es

perie

nze

negl

i in

vest

imen

ti no

n vo

glio

no p

rend

ersi

tro

ppi

risch

i al

l’ini

zio,

ma

con

il pa

ssar

e de

l te

mpo

e c

on l

’esp

erie

nza

deci

dono

di

aum

enta

re il

ris

chio

Riu

scire

a fa

re r

ipre

nder

e fid

ucia

nei

mer

cati

a cl

ient

i ch

e so

no ri

mas

ti sc

onte

nti i

n pa

ssat

o è

un la

voro

che

ric

hied

e m

olto

te

mpo

e

un

acco

mpa

gnam

ento

co

stan

te

del

clie

nte.

S

icco

me

ques

to

ha

una

perc

ezio

ne

nega

tiva

dell’

inve

stim

ento

qu

ello

ch

e fa

ccio

per

sona

lmen

te è

far

gli

vede

re l

e si

tuaz

ioni

po

sitiv

e,

l’evo

luzi

one

dei

mer

cati

e le

po

ssib

ilità

pr

esen

ti.

Se

inve

ce s

i pa

rla d

i es

perie

nze

posi

tive

biso

gna

cerc

are

di fr

enar

e l’e

ufor

ia, a

nche

que

sto

è un

nos

tro

com

pito

e

per

farlo

pa

rto

sem

pre

dalla

vi

sion

e gl

obal

e de

l pa

trim

onio

de

l cl

ient

e,

quin

di

dall’

helic

opte

r vi

ew,

gli

facc

io

vede

re

il pr

ofilo

di

ris

chio

e i

suoi

obi

ettiv

i ini

zial

i, gl

i spi

ego

che

se tu

tto

va b

ene

siam

o tu

tti f

elic

i m

a se

al

cont

rario

le

cose

do

vess

ero

anda

re

mal

e sa

lui

ad

aver

e un

pr

oble

ma.

S

embr

a ch

e qu

esto

va

da

cont

ro

gli

inte

ress

i del

la b

anca

ma

non

è co

sì, i

o la

ved

o co

me

una

fidel

izza

zion

e de

l cl

ient

e e

un

rispe

tto

della

fid

ucia

che

que

sto

port

a ve

rso

di n

oi.

Influ

enza

de

lle

espe

rienz

e pa

ssat

e

Not

i ch

e i

clie

nti

hann

o un

a te

nden

za

a vo

ler

inve

stire

in

m

erca

ti co

nosc

iuti

o in

ge

nera

le in

ass

ets

di c

ui h

anno

gi

à se

ntito

par

lare

o c

on i

qual

i ha

nno

già

avut

o a

che

fare

?

Un

tem

a m

olto

impo

rtan

te c

he s

ta p

rend

endo

sem

pre

più

pied

e è

quel

la d

egli

inve

stim

enti

sost

enib

ili.

Mol

ti cl

ient

i ne

hann

o se

ntito

par

lare

o d

a te

rze

pers

one

o da

i m

edia

e

si

inte

ress

ano

all’a

rgom

ento

. N

oi

abbi

amo

una

linea

di

in

vest

imen

to

che

si

fond

a es

clus

ivam

ente

su

inve

stim

enti

sost

enib

ili e

ai c

lient

i pi

ace

mol

to, o

ltre

il 90

% d

ella

nos

tra

clie

ntel

a op

ta p

er

la

tem

atic

a so

sten

ibile

, du

nque

co

lloca

men

ti fin

anzi

ari

che

port

ano

atte

nzio

ne

all’e

tica

alla

so

sten

ibili

tà a

mbi

enta

le e

alla

soc

ialit

à. S

icur

amen

te

il bo

mba

rdam

ento

med

iatic

o su

l te

ma

aiut

a a

dare

un

a sp

inta

in

ques

to s

enso

, m

a pe

r no

i qu

esto

è u

n va

ntag

gio

e no

n un

pro

blem

a.

In

vest

imen

ti em

ozio

nai

e co

nosc

enze

de

l cl

ient

e

Page 64: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

57

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

Le

co

no

sce

nze

p

ers

on

ali

influ

en

za

no

la

re

lazio

ne

d’a

ffa

ri?

N

oti

ch

e

l’in

ve

stito

re

più

in

form

ato

ha

un

a t

en

de

nza

a

so

pra

vva

luta

re

la

su

a

ca

pa

cità

di s

ele

zio

ne

de

i tito

li o

pe

nsa

d

i e

sse

re

in

gra

do

d

i

pre

ve

de

re il

fu

turo

de

i me

rca

ti?

Ci

so

no

clie

nti

ch

e

se

gu

on

o

mo

lto

i

me

rca

ti

e

so

lita

me

nte

qu

an

do

ve

ng

on

o i

n v

isita

è p

er

se

ntire

l’op

inio

ne

de

lla b

an

ca

. P

da

rsi ch

e c

lien

ti a

bb

iam

o

un

a v

isio

ne

go

nfia

ta d

elle

pro

pri

e c

ap

acità

ma

no

n m

i

so

no

m

ai

tro

va

to

a

do

ve

re

ge

stire

il

pro

ble

ma

in

qu

an

to s

olit

am

en

te v

i è

un

a d

iscu

ssio

ne

ap

ert

a n

ella

qu

ale

io

sp

ieg

o la

vis

ion

e d

ella

ba

nca

e lu

i m

i e

sp

on

e

la s

ua

op

inio

ne

, la

de

cis

ion

e f

ina

le s

pe

tta

se

mp

re e

co

mu

nq

ue

al clie

nte

So

lita

me

nte

a

ttra

ve

rso

u

na

d

iscu

ssio

ne

a

pe

rta

si

arr

iva

a t

rova

re u

n c

om

pro

me

sso

, si

pu

ò i

nve

stire

un

a p

erc

en

tua

le d

el

pa

trim

on

io n

el

tito

lo d

esid

era

to

e il re

sta

nte

so

lita

me

nte

vie

ne

in

dir

izza

to v

ers

o a

ltre

tip

olo

gie

d

i so

luzio

ni

di

inve

stim

en

to,

co

me

p

er

ese

mp

io

i fo

nd

i str

ate

gic

i,

ch

e

co

mp

ort

an

o

un

a

bu

on

a

div

ers

ific

azio

ne

, su

so

luzio

ni

di

ge

stio

ne

pa

trim

on

iale

op

pu

re s

u a

ltre

tip

olo

gie

di

pro

do

tti. È

se

mp

re p

erò

im

po

rta

nte

te

ne

re in

co

nsid

era

zio

ne

gli

inte

ressi e

i d

esid

eri

de

l clie

nte

.

Il

fatt

ore

fo

nd

am

en

tale

è

la

d

ive

rsific

azio

ne

d

el

pa

trim

on

io.

Co

no

sce

nze

pe

rso

na

li e

fid

ucia

in

ste

ssi

Fa

se

2:

De

cis

ion

e d

i in

ve

stim

en

to

Le

ra

cco

ma

nd

azio

ni

e

i tito

li

eff

ett

iva

me

nte

sce

lti d

al clie

nte

co

rris

po

nd

on

o?

S

e

no

n

co

rris

po

nd

on

o s

u c

osa

si b

asa

la d

ecis

ion

e fila

ne

d

el

clie

nte

(co

no

sce

nze

p

ers

on

ali,

inve

stim

en

ti

pa

ssa

ti,

racco

ma

nd

azio

ni

di

terz

e

pe

rso

ne

, g

iorn

ali,

..)?

Qu

a s

eco

nd

o m

e è

ne

ce

ssa

rio

se

pa

rare

du

e tip

olo

gie

di c

lien

ti, e

sis

ton

o q

ue

lli c

he

am

an

o o

pe

rare

pe

r co

nto

loro

su

i m

erc

ati m

a so

no

co

mu

nq

ue

in

tere

ssa

ti a

d

ave

re l

a v

isio

ne

de

lla b

an

ca

. Q

ue

sto

tip

o d

i clie

nte

la

è s

pe

sso

dis

po

sta

a m

ett

ere

in

dis

cu

ssio

ne

la

pro

pri

a

op

inio

ne

e s

ove

nte

me

tte

an

ch

e i

n p

ratica

i c

on

sig

li

da

n

oi

da

ti.

L’a

ltra

tip

olo

gia

d

i clie

nti è

q

ue

lla ch

e

op

era

da

sa

, a

rriv

a d

a n

oi, a

sco

lta

la

vis

ion

e d

ella

ba

nca

ma

la

de

cis

ion

e f

ina

le r

ima

ne

se

mp

re q

ue

lla

iniz

iale

, d

un

qu

e r

ima

ne

su

l su

o p

en

sie

ro.

Un

“i

nve

stim

en

to

sb

ag

liato

” p

er

me

è

q

ua

nd

o

si

inve

ste

se

nza

ris

pe

tta

re il

pro

pri

o p

rofilo

di r

isch

io d

el

clie

nte

. S

e

qu

esto

su

cce

de

n

oi

sia

mo

te

nu

ti

ad

info

rma

re il clie

nte

e a

re

nd

erl

o a

tte

nto

su

i ri

sch

i ch

e

sta

in

tra

pre

nd

en

do

. N

on

po

ssia

mo

pe

rò im

pe

dir

gli

di

pre

nd

ere

un

a d

ete

rmin

ata

sce

lta

se

lu

i, c

on

sa

pe

vo

le

di

ciò

ch

e s

ta f

ace

nd

o è

co

mu

nq

ue

sic

uro

di

vo

ler

se

gu

ire

qu

ella

str

ad

a.

Il c

ollo

qu

io s

erv

e a

ca

pir

e le

id

eo

log

ie e

le

esig

en

ze

de

l clie

nte

, a

d i

nd

ag

are

su

l p

erc

vu

ole

pe

r fo

rza

fare

un

da

to i

nve

stim

en

to.

È d

un

qu

e s

em

pre

utile

ave

re u

n c

on

fro

nto

co

n i

l clie

nte

ch

e n

on

de

ve

pe

r

forz

a e

sse

re f

att

o p

er

farg

li ca

mb

iare

id

ea

ma

pe

r

sp

ieg

are

co

sa

sig

nific

a in

ve

stire

.

Fid

ucia

d

el

clie

nte

ve

rso

il co

nsu

len

te

Eff

ett

o g

reg

ge

Page 65: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

58

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

Dop

o av

ere

pres

o la

dec

isio

ne

di i

nves

timen

to,

succ

ede

mai

ch

e il

clie

nte

cam

bi id

ea e

non

vu

ole

più

inve

stire

per

pau

ra?

Suc

cede

m

ai

che

il cl

ient

e de

cide

di

rit

irars

i da

ll’in

vest

imen

to in

un

perio

do

più

brev

e di

que

llo s

tabi

lito?

Non

mi

è m

ai s

ucce

sso

che

un c

lient

e si

riti

rass

e su

bito

dop

o av

ere

firm

ato

o ch

e ca

mbi

asse

ide

a su

bito

dop

o av

ere

effe

ttuat

o l’i

nves

timen

to.

Que

llo

che

mi è

suc

cess

o è

che

dopo

ave

r fat

to tu

tto il

lavo

ro

di p

rofil

atur

a, d

i pre

sent

azio

ne d

elle

nos

tre s

oluz

ioni

di

inve

stim

ento

sia

mo

arriv

ati a

lla p

ropo

sta

espr

essa

pe

r il

clie

nte

e lu

i non

era

anc

ora

sicu

ro h

a pr

efer

ito

pren

ders

i del

tem

po p

er p

ensa

rci.

Per

me

quan

do u

n cl

ient

e si

pre

nde

il te

mpo

di

pens

are

non

è un

pro

blem

a, a

nzi,

vuol

e di

re c

he s

ta

dand

o pe

so a

lle s

ue d

ecis

ioni

e c

he s

ta p

rend

endo

il

tem

po c

he g

li se

rve

per v

alut

are

se la

sol

uzio

ne p

esse

re e

ffetti

vam

ente

ada

tta a

lla s

ua p

erso

nalit

à e

alle

sue

esi

genz

e. N

essu

n in

vest

imen

to a

ndre

bbe

fatto

con

legg

erez

za.

La fo

rtuna

che

abb

iam

o in

que

sta

banc

a è

che

non

abbi

amo

ness

una

pres

sion

e di

dov

er fa

re r

even

ues

nell’

imm

edia

to,

ness

uno

ci s

ta c

on il

fia

to s

ul c

ollo

du

nque

abb

iam

o la

pos

sibi

lità

di la

scia

re a

l clie

nte

tutto

il te

mpo

che

nec

essi

ta p

er p

rend

ere

la p

ropr

ia

deci

sion

e co

n la

mas

sim

a tra

nqui

llità

. E q

uest

o è

il m

odo

gius

to d

i lav

orar

e. M

ette

re p

ress

ione

al c

lient

e gl

i cre

a so

lo u

n ul

terio

re s

tress

psi

colo

gico

che

poi

po

trebb

e rit

orce

rsi c

ontro

di n

oi n

el c

aso

lo s

cena

rio

nega

tivo

si r

ealiz

zass

e o

anch

e do

po u

na s

empl

ice

fless

ione

dei

mer

cati.

Ince

rtezz

a,

paur

a,

tem

pore

ggia

men

to

Fase

3: d

opo

la d

ecis

ione

di i

nves

timen

to

Com

e re

agis

cono

i cl

ient

i dop

o un

a fa

se d

i ria

lzo?

Hai

mai

no

tato

un

sent

imen

to d

i avi

dità

de

l clie

nte?

E d

opo

una

fase

di p

erdi

ta?

Hai

m

ai

risco

ntra

to

un

sens

o di

co

invo

lgim

ento

de

l cl

ient

e ne

ll’in

vest

imen

to e

ffettu

ato?

- -

Avi

dità

do

po

una

fase

di

ria

lzo

dei

mer

cati

o se

nso

di

coin

volg

imen

to

in

una

fase

di p

erdi

ta

Page 66: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

59

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

Se

un

in

ve

stim

en

to c

on

sig

lia

to

da

lla

ba

nca

va

ma

le, il c

lie

nte

ti

co

lpe

vo

lizza

?

Se

in

ve

ce

ad

an

da

re m

ale

è u

n

inve

stim

en

to sce

lto

d

al

clie

nte

co

ntr

o

le

racco

ma

nd

azio

ni

de

lla

b

an

ca

co

me

si

co

mp

ort

a

il c

lie

nte

?

La

re

azio

ne

d

el

clie

nte

d

op

o u

na

fa

se

d

i p

erd

ita

è

inve

rsa

me

nte

p

rop

orz

ion

ale

a

lle

in

form

azio

ni

da

te

ne

lle

fa

si

pre

ce

de

nti:

più

tu

d

ai

info

rma

zio

ni

e

“istr

uis

ci”

il clie

nte

pri

ma

de

ll’in

ve

stim

en

to, p

iù p

icco

la

e

più

co

ntr

olla

ta

sa

la

su

a

rea

zio

ne

in

ca

so

d

i

pe

rdita

.

Se

è

sta

to

fatt

o

be

ne

il

dis

co

rso

d

ell’o

rizzo

nte

tem

po

rale

e

tu

tta

la

p

rep

ara

zio

ne

ch

e

pre

ce

de

l’in

ve

stim

en

to il clie

nte

n

on

h

a re

azio

ni

di

pa

nic

o in

ca

so

d

i p

erd

ita

in

q

ua

nto

e

ra

co

nsa

pe

vo

le

ch

e

sa

reb

be

po

tuto

su

cce

de

re.

Re

azio

ne

d

op

o

un

inve

stim

en

to a

nd

ato

ma

le

No

ti

ch

e

i clie

nti

va

luta

no

l’in

ve

stim

en

to

in

ba

se

a

d

un

pre

zzo

sta

bilito

n

ella

lo

ro

me

nte

(a

nco

ra)?

Ge

ne

ralm

en

te i

l clie

nte

gu

ard

a i

l p

rezzo

di

acq

uis

to.

L’in

tere

sse

de

l clie

nte

è u

scir

e a

lme

no

alla

pa

ri d

a u

n

inve

stim

en

to.

- E

ffe

tto

an

co

rag

gio

In

co

nclu

sio

ne

, ti

ch

ied

o,

se

co

nd

o

te

i clie

nti

so

no

razio

na

li

o

irra

zio

na

li?

Q

ua

li

ele

me

nti a

iuta

no

un

a m

ag

gio

re

razio

na

lità

de

ll’in

ve

stito

re?

Io n

on

so

no

ca

teg

ori

co

su

l ra

zio

na

le e

l’irr

azio

na

le, io

su

dd

ivid

o m

olto

gli in

ve

stito

ri p

er

le lo

ro c

on

osce

nze

. T

rovo

ch

e u

n in

ve

stito

re

ch

e h

a c

on

osce

nze

in

am

bito

in

ve

stim

en

ti,

ch

e s

eg

ue

i m

erc

ati,

ch

e è

in

form

ato

a l

ive

llo

ma

cro

e m

icro

eco

no

mic

o h

a a

nch

e u

na

ce

rta

ra

zio

na

lità

, n

el se

nso

ch

e n

on

si la

scia

pre

nd

ere

da

re

azio

ni d

i p

an

cia

. M

i so

no

ca

pita

ti c

asi in

cu

i so

no

arr

iva

to a

pre

occu

pa

rmi

più

io

ch

e il clie

nte

pe

r u

n in

ve

stim

en

to c

he

sta

va

an

da

nd

o m

ale

.

L’irr

azio

na

lità

qu

ind

i il f

att

o d

i re

ag

ire

lo

tro

vo

su

ch

i si la

scia

co

nd

izio

na

re d

a a

mic

i o

da

in

form

azio

ni e

ste

rne

.

Page 67: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

60

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

Allegato 3: intervista consulente C

Co

nsu

len

te C

att

ivo

da

6 a

nn

i n

el R

eta

il

Da

ta d

ell’

inte

rvis

ta:

28

.09

.20

19

Te

mp

o:

1h

Do

ma

nd

e

Ris

po

ste

de

l co

nsu

len

te

Co

me

il co

nsu

len

te f

a p

er

limita

re la

bia

s

Tip

o

di

bia

s

co

nce

rne

nte

la

do

ma

nd

a

o

qu

ale

se

ntim

en

to p

rova

il

clie

nte

Fa

se

1.1

: co

no

sce

nza

de

l clie

nte

L’in

ve

stito

re

ha

u

na

pe

rce

zio

ne

co

rre

tta

de

l su

o

pa

trim

on

io

tota

le?

E

sis

te

un

a t

en

de

nza

a s

ud

div

ide

re

en

tra

te e

d u

scite

in

“b

acin

i”

cre

ati

da

lla

co

nta

bili

me

nta

le d

el clie

nte

?

Io n

oto

ch

e i

l clie

nte

ha

un

a c

hia

ra v

isio

ne

de

l

su

o

pa

trim

on

io

tota

le.

Qu

an

do

i

clie

nti

si

pre

se

nta

no

d

a

no

i co

n

l’ob

iett

ivo

d

i a

pri

re

la

rela

zio

ne

pri

ncip

ale

ne

lla n

ostr

a b

an

ca

po

rta

no

sp

on

tan

ea

me

nte

co

n

e

str

att

i co

nto

e

do

cu

me

nti

ba

nca

ri

de

lle

altre

re

lazio

ni

ch

e

ha

nn

o.

Qu

esto

pe

r g

iustifica

re l

e e

ntr

ate

fu

ture

.

Se

in

ve

ce

no

n h

an

no

co

me

ob

iett

ivo

qu

ello

di

ap

rire

un

a r

ela

zio

ne

pri

ncip

ale

pre

sso

il

no

str

o

istitu

to c

i vu

ole

se

mp

re p

iù t

em

po

pe

r a

rriv

are

a

ca

pir

e q

ua

le è

l’e

ntità

de

l su

o p

atr

imo

nio

.

Pe

r ca

pir

e q

ua

le è

il p

atr

imo

nio

to

tale

no

n p

on

go

la d

om

an

da

dir

ett

a, ce

rco

pe

rò d

i ca

pir

e q

ua

le è

lo s

co

po

de

lla r

ela

zio

ne

d’a

ffa

ri,

qu

ali

so

no

le

ne

ce

ssità

de

l clie

nte

e c

om

e m

ai

ha

sce

lto

la

no

str

a b

an

ca

.

Sp

esso

e v

ole

ntie

ri p

rim

a d

i a

rriv

are

a c

ap

ire

qu

ale

è

il

pa

trim

on

io

tota

le

ci

vo

glio

no

p

co

lloq

ui. È

co

me

se

il clie

nte

pri

ma

di d

ire

qu

ale

è

il p

rop

rio

p

atr

imo

nio

to

tale

a

sp

ett

a

ch

e

il

co

nsu

len

te g

ua

da

gn

i la

pro

pri

a f

idu

cia

.

Co

nta

bili

me

nta

le

Page 68: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

61

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

L’in

vest

itore

da

info

rmaz

ioni

co

mpl

ete

sul

patri

mon

io

tota

le a

nche

se

gest

ito d

a ba

nche

ter

ze?

Com

e vi

ene

stab

ilita

la

fid

ucia

tra

co

nsul

ente

e c

lient

e?

No,

sol

itam

ente

ci

vuol

e te

mpo

, co

me

detto

pr

ima

ci v

oglio

no p

iù c

ollo

qui p

rima

che

il cl

ient

e di

a in

form

azio

ni d

etta

glia

te s

ulla

sua

situ

azio

ne

finan

ziar

ia.

Per

riu

scire

ad

aver

e fid

ucia

ci v

uole

tem

po. I

l cl

ient

e de

ve c

apire

qua

le v

alor

e ag

giun

to p

osso

da

re io

con

la m

ia c

onsu

lenz

e e

qual

e va

ntag

gio

ha n

el s

cegl

iere

la n

ostra

ban

ca.

Fidu

cia

clie

nte-

cons

ulen

te

Pro

filat

ura

del

clie

nte:

la

ca

paci

tà d

i ris

chio

è u

n da

to

tend

enzi

alm

ente

og

getti

vo

men

tre

la

prop

ensi

one

al

risch

io è

sog

getti

va,

com

e vi

ene

stab

ilita

que

st’u

ltim

a?

Se

vi s

ono

inco

ngru

enze

tra

capa

cità

e p

rope

nsio

ne a

l ris

chio

com

e ti

com

porti

?

Per

cap

ire la

pro

pens

ione

ci s

ono

delle

dom

ande

pr

esta

bilit

e da

lla b

anca

. Qua

ndo

veng

ono

post

e si

mos

trano

gra

fici c

on le

div

erse

vol

atili

tà e

si

spie

ga a

l clie

nte

cosa

com

porta

un

inve

stim

ento

co

n un

dat

o ris

chio

. Per

rend

ere

la s

ituaz

ione

più

re

ale

e qu

indi

la r

ispo

sta

più

ogge

ttiva

pos

sibi

le

forn

iam

o da

ti in

te

rmin

i m

onet

ari

e no

n pe

rcen

tual

i, a

ques

to

punt

o gu

ardi

amo

la

reaz

ione

del

clie

nte

che

solit

amen

te s

i pa

lesa

an

che

con

il lin

guag

gio

non

verb

ale,

con

un

sem

plic

e es

pres

sion

e fa

ccia

le.

Se

la p

rope

nsio

ne e

la c

apac

ità d

i ris

chio

non

co

mba

cian

o so

litam

ente

ci s

i ind

irizz

a ve

rso

la

più

bass

a de

lle d

ue e

si s

pieg

a al

clie

nte

qual

i po

sson

o es

sere

le

co

nseg

uenz

e qu

alor

a si

as

sum

esse

un

risch

io c

he n

on c

orris

pond

e al

su

o pr

ofilo

.

Ren

di c

lient

e co

nsap

evol

e de

l ris

chio

che

si

assu

me,

il p

rofil

o di

risc

hio

è fa

tto p

er e

spor

re a

l cl

ient

e la

vi

sion

e de

lla

banc

a se

cond

o la

si

tuaz

ione

per

sona

le d

el c

lient

e, s

e qu

esto

non

è

d’ac

cord

o ci

si p

uò p

oi in

diriz

zare

sul

pro

filo

da lu

i sce

lto, s

pieg

ando

e ri

mar

cand

o qu

ali s

ono

i ris

chi c

he c

orre

.

Pro

pens

ione

, ca

paci

e to

llera

nza

al

risch

io

La p

rope

nsio

ne a

l ris

chio

e

in g

ener

ale

la t

olle

ranz

a al

ris

chio

ca

mbi

a do

po

una

fase

di

eu

foria

o

di

depr

essi

one

dei m

erca

ti? In

ch

e m

odo?

Si

succ

ede

che

in f

ase

di r

ialz

o de

i m

erca

ti i

clie

nti v

oglio

no c

ambi

are

stra

tegi

a au

men

tand

o la

quo

ta a

zion

aria

e a

l con

trario

in fa

se d

i rib

asso

vo

glio

no d

imin

uirla

.

Cer

co s

empr

e di

spi

egar

e ch

e il

prof

ilo d

i ris

chio

no

n de

ve

mod

ifica

rsi

con

l’and

amen

to

dei

mer

cati,

spe

sso

è ne

cess

ario

ave

re p

azie

nza

e ris

petta

re

l’arc

o te

mpo

rale

di

scus

so

in

prec

eden

za p

rima

di v

eder

e de

i ris

ulta

ti

Pro

pens

ione

e

tolle

ranz

a al

ris

chio

Page 69: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

62

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

Fase

1.2

.: El

abor

azio

ne d

elle

info

rmaz

ioni

Com

e re

agis

ce i

l cl

ient

e il

clie

nte

quan

do

lo

met

ti da

vant

i a

delle

pro

post

e di

in

vest

imen

to?

Una

vo

lta

spie

gati

i po

ssib

ili sc

enar

i fu

turi

com

e re

agis

ce?

Vedi

di

ffere

nza

quan

do p

rese

nti

la

pros

petti

va

posi

tiva

e qu

ella

neg

ativ

a?

Qua

ndo

facc

iam

o un

a pr

opos

ta d

i inv

estim

ento

pa

rliam

o sp

esso

in

te

rmin

i pe

rcen

tual

i, de

i po

ssib

ili re

ndim

enti,

del

le p

ossi

bili

perd

ite e

in

gene

rale

de

lle

fluttu

azio

ni

che

il va

lore

de

ll’inv

estim

ento

può

ave

re.

Spes

so v

oglio

no s

aper

e in

term

ini d

i “so

ldi”

che

cosa

vu

ole

dire

, pe

rcep

isco

ch

e co

n le

pe

rcen

tual

i no

n ha

nno

una

chia

ra i

dea

quin

di

calc

olia

mo

in te

rmin

i ass

olut

i.

Pers

onal

men

te q

uand

o es

pong

o gl

i sce

nari

e le

po

ssib

ili flu

ttuaz

ioni

tend

o a

indi

care

impo

rti in

te

rmin

i mon

etar

i al c

lient

e ch

e si

sen

te c

onfu

so

dava

nti a

per

cent

uali,

cos

ì fac

endo

do

al c

lient

e la

pos

sibi

lità

di c

oncr

etiz

zare

le p

ossi

bili

perd

ite

e i p

ossi

bili

guad

agni

che

avr

à in

futu

ro, c

osi d

a ca

pire

se

è re

alm

ente

dis

post

o a

corre

re i

l ris

chio

.

Effe

tto

inco

rnic

iam

ento

, ef

fetto

al

one,

pe

rcez

ione

de

lle

info

rmaz

ioni

Stud

i di

mos

trano

ch

e gl

i in

vest

itori

attri

buis

cono

più

de

l do

ppio

de

l pe

so

alle

pe

rdite

risp

etto

ai g

uada

gni.

Not

i un

a di

vers

a pr

open

sion

e al

ris

chio

per

qu

anto

rig

uard

a i g

uada

gni

e le

per

dite

?

Si d

ecis

amen

te n

oto

la te

nden

za c

he h

a il

clie

nte

ad a

ccon

tent

arsi

di g

uada

gni a

ssic

urat

i più

bas

si

rispe

tto a

lla p

ossi

bilit

à di

inve

stire

in p

rodo

tti c

he

com

porta

no u

na p

ossi

bilit

à di

gua

dagn

o pi

ù al

ta

ma

ovvi

amen

te

più

risch

iosa

, ti

facc

io

un

esem

pio:

R

aiffe

isen

ha

un

a so

luzi

one

di

inve

stim

ento

, ch

e so

litam

ente

va

prop

osta

e

pers

one

mol

to

cons

erva

tive,

ch

e sa

rebb

e l’a

cqui

sto

di

quot

e so

cial

i de

lla

banc

a.

La

poss

ibilit

à di

in

vest

imen

to

è lim

itata

a

CH

F 20

'000

a c

lient

e e

com

porta

un

redd

ito c

erto

che

ne

gli u

ltim

i ann

i era

del

3%

.Spe

sso

dopo

ave

re

fatto

il p

rofil

o de

ll’inv

estit

ore

sono

fini

ta a

par

lare

de

lla

poss

ibilit

à di

ac

quis

to

di

ques

te

quot

e so

cial

i e il

clie

nte

vede

ndo

un g

uada

gno

sicu

ro,

anch

e se

non

par

ticol

arm

ente

alto

, de

cide

di

inve

stire

in q

uest

e ul

time

piut

tost

o ch

e in

fond

i di

inve

stim

ento

ch

e of

frono

op

portu

nità

di

gu

adag

no p

iù a

lte.

Que

llo c

he c

erco

di f

are

per

non

fare

cad

ere

i cl

ient

i ne

lla

tent

azio

ne

di

anda

re

vers

o un

gu

adag

no s

icur

o ch

e no

n co

rrisp

onde

al

suo

prof

ilo d

i ris

chio

è d

i las

ciar

e la

pro

post

a de

lle

quot

e so

cial

i com

e “u

ltim

a sp

iagg

ia”,

così

che

il

clie

nte

riesc

a a

non

cade

re n

ella

tra

ppol

a de

l gu

adag

no b

asso

ma

assi

cura

to.

Prop

ensi

one

al

risch

io

Page 70: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

63

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

Le

espe

rienz

e pr

egre

sse

influ

enza

no

le

deci

sion

i at

tual

i di

inv

estim

ento

? In

ch

e m

odo?

Si

le

espe

rienz

e pr

egre

sse

influ

enza

no

gli

inve

stim

enti

futu

ri, m

a no

n ne

cess

aria

men

te in

m

odo

nega

tivo:

per

sona

lmen

te n

oto

due

tipi d

i co

mpo

rtam

enti

poss

ibili

per

clie

nt c

he h

anno

av

uto

espe

rienz

e pa

ssat

e ne

gativ

e:

ci

sono

pe

rson

e ch

e no

n vo

glio

no p

iù s

entir

e pa

rlare

di

inve

stim

enti

in q

uant

o ha

nno

pers

o fid

ucia

nei

m

erca

ti e

negl

i ist

ituti

finan

ziar

i e c

i son

o in

vece

qu

ei c

lient

i ch

e fa

nno

teso

ro d

elle

esp

erie

nze

pass

ate

senz

a pe

rder

e fid

ucia

ne

i m

erca

ti.

Que

sti u

ltim

i son

o i m

iglio

ri cl

ient

i: si

può

dire

che

l’e

sper

ienz

a pa

ssat

a ra

zion

aliz

za i

l cl

ient

e, i

l qu

ale

vist

a l’e

sper

ienz

a ha

pre

so c

osci

enza

di

ciò

che

può

succ

eder

e,

e se

la

si

tuaz

ione

do

vess

e ria

ccad

ere

non

si fa

rebb

e pr

ende

re d

al

pani

co.

Con

i cl

ient

i che

han

no p

erso

fidu

cia

nei m

erca

ti e

negl

i ist

ituti

finan

ziar

i per

sona

lmen

te c

erco

di

non

forz

are

la m

ano,

in f

in d

ei c

onti

effe

ttuar

e in

vest

imen

ti fin

anzi

ari

non

è un

dov

ere,

e s

e qu

esti

ti po

rtano

a v

iver

e in

mod

o m

eno

sere

no

di q

uello

che

viv

rest

i av

endo

i t

uoi

rispa

rmi

liqui

di,

non

mi

sent

o di

ins

iste

re.

Que

llo c

he

even

tual

men

te s

i pu

ò fa

re è

int

avol

are

una

disc

ussi

one

cerc

ando

di

fare

cap

ire c

he s

i i

mer

cati

poss

ono

scen

dere

e

si

le

cris

i fin

anzi

arie

esi

ston

o, m

a do

po u

n gr

ande

cal

o c’

è se

mpr

e un

rial

zo. I

l fat

tore

chi

ave

è il

tem

po.

Influ

enza

de

lle

espe

rienz

e pa

ssat

e

Not

i che

i cl

ient

i han

no u

na

tend

enza

a v

oler

inve

stire

in

mer

cati

cono

sciu

ti o

in

gene

rale

in

as

sets

ci

cu

i ha

nno

già

sent

ito p

arla

re o

co

n i q

uali

hann

o gi

à av

uto

a ch

e fa

re?

Si c

on q

uest

a do

man

da m

i fai

pen

sare

ad

una

clie

nte

in p

artic

olar

e, s

i tra

tta d

i una

sig

nora

di

circ

a 70

an

ni

che

si

tiene

se

mpr

e m

olto

ag

gior

nata

su

i m

erca

ti e

ha

una

gran

de

espe

rienz

a pa

ssat

a ne

gli

inve

stim

enti.

Que

sta

clie

nte

ha u

na fi

glia

che

lavo

ra n

el m

anag

emen

t de

lla

Roc

he.

Gua

rdan

do

la

stor

ia

dei

suoi

in

vest

imen

ti ho

not

ato

che

effe

ttiva

men

te q

uest

i so

no

spes

so

e vo

lent

ieri

corr

elat

i al

se

ttore

fa

rmac

eutic

o. I

noltr

e, n

on v

uole

ass

olut

amen

te

sent

ire p

arla

re d

i inv

estim

enti

che

rigua

rdan

o le

nu

ove

tecn

olog

ie, p

ropr

io p

erch

é no

n se

ne

tiene

ag

gior

nata

, non

con

osce

il set

tore

le n

uove

te

cnol

ogie

. Se

parli

amo

in g

ener

ale

poss

o pe

dirti

che

sol

itam

ente

i c

lient

i no

n m

i ch

iedo

no

info

rmaz

ioni

su

tit

oli

spec

ifici

, pr

efer

isco

no

asco

ltare

le p

ropo

ste

della

ban

ca.

Se

la d

iver

sific

azio

ne d

el p

orta

fogl

io è

ben

fatta

io

opt

o se

mpr

e pe

r as

seco

ndar

e le

sce

lte d

el

clie

nte,

se

ques

to v

uole

evi

tare

inve

stim

enti

in

un d

ato

setto

re n

on tr

ovo

alcu

n m

otiv

o pe

r cui

lo

dovr

ei in

diriz

zare

a fa

rli.

Inve

stim

enti

emoz

iona

i e

cono

scen

ze

del

clie

nte

Page 71: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

64

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

Le

cono

scen

ze

pers

onal

i in

fluen

zano

la

re

lazi

one

d’af

fari?

N

oti

che

l’inv

estit

ore

più

info

rmat

o ha

un

a te

nden

za

a so

prav

valu

tare

la

su

a ca

paci

di

sele

zion

e de

i tit

oli

o pe

nsa

di e

sser

e in

gr

ado

di p

reve

dere

il f

utur

o de

i mer

cati?

Non

ho

nota

to u

n’ec

cess

iva

fiduc

ia in

stes

si

ne h

o m

ai a

vuto

a c

he f

are

con

clie

nti

che

pens

ano

di p

oter

pre

vede

re i

mer

cati,

que

llo c

he

può

succ

eder

e è

di

intra

pren

dere

un

a di

scus

sion

e ap

erta

con

i cl

ient

i.

Sic

uram

ente

ave

re a

che

far

e co

n cl

ient

i ch

e ha

nno

già

delle

con

osce

nze

pers

onal

i nel

mon

do

finan

ziar

io è

mol

to p

iù fa

cile

risp

etto

a c

lient

i che

no

n ha

nno

alcu

n’id

ea

delle

po

ssib

ilità

di

in

vest

imen

to.

Chi

con

osce

già

i m

erca

ti ha

già

un

’idea

di

cosa

un

inve

stim

ento

com

porta

e

sopr

attu

tto p

roba

bilm

ente

con

osce

già

le

sue

reaz

ioni

nei

mom

enti

diffi

cili,

que

sto

può

esse

re

un g

rand

e va

ntag

gio.

Qua

nto

vedo

del

le la

cune

nel

le c

onos

cenz

e de

i cl

ient

i cer

co d

i col

mar

le n

el m

odo

più

chia

ro e

se

mpl

ifica

to p

ossi

bile

.

Con

osce

nze

pers

onal

i e f

iduc

ia

in s

é st

essi

Fase

2: D

ecis

ione

di i

nves

timen

to

Le ra

ccom

anda

zion

i e i

titol

i ef

fetti

vam

ente

sc

elti

dal

clie

nte

corr

ispo

ndon

o?

Se

non

corr

ispo

ndon

o su

cos

a si

bas

a la

dec

isio

ne f

ilane

de

l cl

ient

e (c

onos

cenz

e pe

rson

ali,

inve

stim

enti

pass

ati,

racc

oman

dazi

oni d

i te

rze

pers

one,

gio

rnal

i,..)?

Sol

itam

ente

per

la n

ostra

tipo

logi

a di

clie

ntel

a la

ba

nca

prop

one

com

e so

luzi

one

i fo

ndi

di

inve

stim

ento

. S

pess

o e

vole

ntie

ri i

clie

nti

non

cono

scon

o qu

esta

tipo

logi

a di

inve

stim

ento

ma

i va

ntag

gi c

he q

uest

o co

lloca

men

to f

inan

ziar

io

porta

sod

disf

a e

conv

ince

il c

lient

e.

Qua

ndo

ho

a ch

e fa

re

con

clie

ntel

a ch

e pr

efer

isce

in

vest

ire

in

sing

oli

titol

i sp

iego

l’i

mpo

rtanz

a de

lla

dive

rsifi

cazi

one

del

porta

fogl

io e

mos

tro il

gra

fico

dell’

anda

men

to d

i un

si

ngol

o tit

olo

para

gona

to

a qu

ello

de

ll’an

dam

ento

di u

n fo

ndo,

il c

once

tto in

que

sto

mod

o pa

ssa

mol

to c

hiar

amen

te e

vel

ocem

ente

.

Fidu

cia

del

clie

nte

vers

o il

cons

ulen

te

Effe

tto g

regg

e

Page 72: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

65

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

Dop

o av

ere

pres

o la

de

cisi

one

di

inve

stim

ento

, su

cced

e m

ai c

he i

l cl

ient

e ca

mbi

idea

e n

on v

uole

più

in

vest

ire p

er p

aura

?

Suc

cede

mai

che

il

clie

nte

deci

de

di

ritira

rsi

dall’

inve

stim

ento

in

un

pe

riodo

più

bre

ve d

i qu

ello

st

abili

to?

Non

mi è

mai

suc

cess

o ch

e un

clie

nte

cam

bias

se

idea

su

bito

do

po

aver

e pr

eso

la

scel

ta

di

inve

stim

ento

. Que

llo c

he p

erò

mi è

cap

itato

son

o st

ati

clie

nti

che

dopo

ave

re i

nves

tito

in f

ondi

pr

elev

avan

o si

stem

atic

amen

te d

a qu

esto

con

to.

Abb

iam

o po

i de

ciso

di

ve

nder

e la

qu

ota

in

quan

to s

e l’a

rco

tem

pora

le n

on v

iene

ris

petta

to

l’inv

estim

ento

di

vent

a po

co

inte

ress

ante

e

prof

icuo

.

Nei

pa

ssi

prec

eden

ti al

la

deci

sion

e di

in

vest

imen

to

ci

deve

es

sere

un

a bu

ona

prep

araz

ione

e u

na b

uona

tra

smis

sion

e de

lle

info

rmaz

ioni

: ar

co

tem

pora

le,

poss

ibili

flu

ttuaz

ioni

, ris

chio

.

Ince

rtezz

a, p

aura

, te

mpo

regg

iam

ento

Fase

3: d

opo

la d

ecis

ione

di i

nves

timen

to

Com

e re

agis

cono

i

clie

nti

dopo

una

fase

di r

ialz

o? H

ai

mai

not

ato

un s

entim

ento

di

avid

ità d

el c

lient

e?

E d

opo

una

fase

di p

erdi

ta?

Hai

mai

risc

ontra

to u

n se

nso

di c

oinv

olgi

men

to d

el c

lient

e ne

ll’in

vest

imen

to e

ffettu

ato?

Più

che

un

sent

imen

to d

i avi

dità

io h

o ris

cont

rato

l’e

ufor

ia

nei

clie

nti

i qu

ali

hann

o av

uto

un’e

sper

ienz

a po

sitiv

a in

un

inve

stim

ento

, ne

l se

nso

che

per

avre

bber

o vo

luto

aum

enta

re l

a qu

ota

del l

oro

patri

mon

io in

vest

ito.

L’im

porta

nte

quan

do s

i aum

enta

una

quo

ta d

i pa

trim

onio

in

vest

ito,

sopr

attu

tto

per

i cl

ient

i re

tail

è ch

e la

cap

acità

di r

isch

io s

ia ri

spet

tata

. Il

clie

nte

deve

ino

ltre

aver

e un

a bu

ona

riser

va

liqui

da p

er p

oter

far f

ront

e al

le e

veni

enze

.

Avi

dità

do

po

una

fase

di

rialz

o de

i m

erca

ti o

sens

o di

co

invo

lgim

ento

in

un

a fa

se d

i per

dita

Page 73: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

66

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

Se

un

inve

stim

ento

co

nsig

liato

dal

la b

anca

va

mal

e,

il cl

ient

e ti

colp

evol

izza

?

Se

inve

ce a

d an

dare

mal

e è

un i

nves

timen

to s

celto

dal

cl

ient

e co

ntro

le

ra

ccom

anda

zion

i de

lla

banc

a co

me

si c

ompo

rta i

l cl

ient

e?

Son

o de

ll’op

inio

ne

che

se

succ

ede

che

un

inve

stim

ento

va

mal

e e

il c

lient

e ti

colp

evol

izza

è

perc

hé n

elle

fas

i pre

cede

nti l

’inve

stim

ento

al

clie

nte

non

è st

ato

chia

rito

il co

ncet

to

di

inve

stim

ento

.

Non

dic

o ch

e il

clie

nte

debb

a es

sere

fel

ice

e tra

nqui

llo q

uand

o il

suo

patri

mon

io è

in p

erdi

ta

ma

deve

com

unqu

e es

sere

pre

para

to a

ciò

che

pu

ò ac

cade

re a

l suo

cap

itale

col

loca

to in

bor

sa.

Que

llo

che

facc

iam

o in

qu

esti

casi

è

di

“ris

iede

rsi a

l tav

olo”

con

il c

lient

e e

si c

erca

di

spie

gare

m

eglio

al

cl

ient

e di

co

sa

si

tratta

l’i

nves

timen

to, s

i riv

erifi

cano

le s

ue e

sige

nze

e il

suo

prof

ilo e

si d

ecid

e as

siem

e al

clie

nte

il da

fa

rsi p

er il

futu

ro.

Rea

zion

e do

po u

n in

vest

imen

to

anda

to m

ale

Not

i ch

e i

clie

nti

valu

tano

l’i

nves

timen

to in

bas

e ad

un

prez

zo

stab

ilito

ne

lla

loro

m

ente

(anc

ora)

?

Io

cred

o ch

e a

mod

o lo

ro

i cl

ient

i va

lutin

o l’i

nves

timen

to in

bas

e al

le lo

ro a

spet

tativ

e, la

loro

so

ddis

fazi

one

è da

ta d

a qu

esto

.

La

banc

a da

se

mpr

e un

a va

luta

zion

e de

ll’in

vest

imen

to

in

perc

entu

ale

rispe

tto

al

valo

re d

el ti

tolo

a in

izio

ann

o. T

rovo

sia

anc

he

inte

ress

ante

fo

rnire

se

mpr

e un

vi

sone

pi

ù gl

obal

e a

guar

dare

la p

erfo

rman

ce d

al m

omen

to

dell’

acqu

isto

del

tito

lo.

Effe

tto a

ncor

aggi

o

In

conc

lusi

one,

ti

chie

do,

seco

ndo

te

i cl

ient

i so

no

razi

onal

i o ir

razi

onal

i? Q

uali

elem

enti

aiut

ano

una

mag

gior

e ra

zion

alità

de

ll’in

vest

itore

?

Pen

so tu

tto d

ipen

da d

al c

arat

tere

del

clie

nte,

chi

vie

ne p

er in

vest

ire è

per

ché

vuol

e gu

adag

nare

e tu

tti s

anno

che

per

gu

adag

nare

bis

ogna

risc

hiar

e.

Sic

uram

ente

le c

onos

cenz

e pe

rson

ali e

il fa

tto d

i ten

ersi

agg

iorn

ati e

seg

uire

i m

erca

ti da

un

gran

de s

uppo

rto p

er li

mita

re

le re

azio

ni im

prov

vise

dov

ute

a m

ovim

enta

zion

e de

i mer

cati.

Un

altro

fatto

re c

he a

mio

par

ere

da u

n gr

ande

sup

porto

a li

mita

re il

com

porta

men

to ir

razi

onal

e è

quel

lo d

i fid

arsi

del

la

pers

ona

che

ti st

a co

nsig

liand

o. L

a fid

ucia

nel

con

sule

nte

e ne

lla b

anca

è f

onda

men

tale

per

non

far

si p

rend

ere

dal

pani

co,

perc

hé s

e io

so

che

il m

io c

onsu

lent

e è

com

pete

nte

e ch

e tra

me

e lu

i c’è

un

pass

aggi

o tra

spar

ente

del

le

info

rmaz

ioni

pos

so s

tare

tran

quill

a su

l fat

to c

he s

e c’

è un

a si

tuaz

ione

dra

stic

a in

cor

so lu

i me

lo d

irà a

perta

men

te.

Le s

oluz

ioni

di i

nves

timen

to c

ome

il m

anda

to d

i ges

tione

pat

rimon

iale

e i

fond

i tol

gono

par

te d

ell’i

rraz

iona

lità,

infa

tti s

ono

fatti

per

clie

nti c

he h

anno

poc

a vo

glia

di s

tare

die

tro a

i mer

cati.

Ci s

ono

com

unqu

e ta

nte

solu

zion

i di i

nves

imen

to in

bas

e al

le e

sigi

enze

.

Page 74: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

67

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

Allegato 4: intervista consulente D

Con

sule

nte

D a

ttivo

da

17 a

nni n

el p

rivat

e ba

nkin

g

Dat

a de

ll’int

ervi

sta:

29.

09.2

019

Tem

po: 1

.30h

Dom

ande

R

ispo

ste

del c

onsu

lent

e C

ome

il co

nsul

ente

fa p

er li

mita

re la

bia

s Ti

po

di

bias

co

ncer

nent

e la

do

man

da o

qua

le

sent

imen

to p

rova

il

clie

nte

Fase

1.1

: co

nosc

enza

del

clie

nte

L’in

vest

itore

ha

un

a pe

rcez

ione

cor

retta

del

suo

pa

trim

onio

to

tale

? Es

iste

un

a te

nden

za a

sud

divi

dere

en

trate

ed

usci

te in

“ba

cini

” cr

eati

dalla

co

ntab

ilità

men

tale

del

clie

nte?

No,

l’in

vest

itore

non

ha

una

perc

ezio

ne c

orre

tta

del

suo

patri

mon

io t

otal

e in

qua

nto

ques

to è

sp

esso

sud

divi

so in

div

erse

ban

che

e in

div

ersi

in

vest

imen

ti si

a m

obilia

ri ch

e im

mob

iliari

dunq

ue

fatic

a ad

ave

re u

na v

isio

ne g

loba

le.

Non

ho

mar

i ris

cont

rato

nei

clie

nti u

na te

nden

za

a su

ddiv

ider

e en

trate

ed

usci

re i

n ba

cini

, la

co

ntab

ilità

men

tale

em

erge

po

co

nella

di

scus

sion

e co

n il

clie

nte.

Per

aiut

are

il cl

ient

e ad

ave

re u

na v

isio

ne

glob

ale

del

suo

patri

mon

io e

per

far

ci a

vere

in

form

azio

ni in

più

ser

vono

div

ersi

col

loqu

i, si

de

ve c

rear

e un

a si

tuaz

ione

di

fiduc

ia.

Si v

a se

mpr

e a

spie

gare

ch

e pi

ù in

form

azio

ni

abbi

amo

sulla

sua

situ

azio

ne p

erso

nale

, meg

lio

la n

ostra

pro

post

a ris

pond

erà

alle

sue

esi

genz

e.

Spes

so e

vol

entie

ri no

nost

ante

la fi

duci

a no

n si

ar

riva

mai

ad

aver

e ci

fre e

satte

, ino

ltre

il cl

ient

e è

parti

cola

rmen

te re

stio

a c

omun

icar

ci c

on q

uali

altri

ban

che

intra

ttien

e un

a re

lazi

one

d’af

fari.

Con

tabi

lità

men

tale

Page 75: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

68

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

L’in

vest

itore

da

info

rmaz

ioni

co

mpl

ete

sul

patri

mon

io

tota

le a

nche

se

gest

ito d

a ba

nche

ter

ze?

Com

e vi

ene

stab

ilita

la

fid

ucia

tra

co

nsul

ente

e c

lient

e?

Non

vie

ne m

ai d

etto

al p

rimo

inco

ntro

ci v

uole

fid

ucia

, in

linea

gen

eral

e te

nde

a no

n vo

ler d

are

info

rmaz

ioni

com

plet

e. C

ome

detto

prim

a no

to

un p

artic

olar

e fa

stid

io n

el c

omun

icar

ci i

n qu

ali

altre

ba

nche

de

teng

ono

parte

de

l lo

ro

patri

mon

io.

Spe

sso

e vo

lent

ieri

noto

che

com

e co

nsul

ente

no

n si

va

a fo

ndo

alla

ric

hies

ta d

i inf

orm

azio

ni

sul p

atrim

onio

tota

le in

qua

nto

si v

a ad

urta

re la

se

nsib

ilità

del

clie

nte,

può

pas

sare

com

e un

a ric

hies

ta

inva

dent

e e

in

fin

si

tratta

di

un

’info

rmaz

ione

su

perfl

ua

in

quan

to

la

deci

sion

e fin

ale

di q

uant

o in

vest

ire s

petta

al

clie

nte.

Fidu

cia

clie

nte-

cons

ulen

te

Pro

filat

ura

del

clie

nte:

la

ca

paci

tà d

i ris

chio

è u

n da

to

tend

enzi

alm

ente

og

getti

vo

men

tre

la

prop

ensi

one

al

risch

io è

sog

getti

va,

com

e vi

ene

stab

ilita

que

st’u

ltim

a?

Se

vi s

ono

inco

ngru

enze

tra

capa

cità

e p

rope

nsio

ne a

l ris

chio

com

e ti

com

porti

?

Que

llo c

he p

osso

dirt

i sul

la p

rofil

atur

a de

l clie

nte

è ch

e si

trat

ta d

i una

pro

filat

ura

fatta

per

tute

lare

la

ban

ca d

a ev

entu

ali p

rete

se fu

ture

da

parte

del

cl

ient

e. In

real

tà il

clie

nte

quan

do a

rriv

a da

noi

ha

una

prop

ensi

one

al ri

schi

o pi

ù al

ta d

i que

lla c

he

effe

ttiva

men

te d

ovre

bbe

aver

e. Q

uand

o si

trat

ta

di p

arol

e, a

tut

ti pi

ace

risch

iare

se

ques

to p

com

porta

re

un

alto

re

ndim

ento

, pu

rtrop

po

quan

do s

i gua

rdan

o i f

atti

non

sem

pre

è co

sì.

Noi

, co

me

tutte

le a

ltre

banc

he f

acci

amo

delle

do

man

de m

irate

con

l’o

biet

tivo

di a

rriv

are

a st

abili

re q

uest

o pr

ofilo

. S

e se

guia

mo

i des

ider

i de

l cl

ient

e ch

e op

ta

per

una

stra

tegi

a pi

ù ag

gres

siva

di

qu

ella

ch

e ef

fetti

vam

ente

è

disp

osto

a s

oste

nere

, lo

ved

iam

o al

la p

rima

picc

ola

fless

ione

dei

mer

cati.

Noi

non

pos

siam

o co

ndiz

iona

re le

ris

post

e de

l cl

ient

e in

qu

anto

an

drem

mo

a fa

lsar

e il

ques

tiona

rio

e un

do

man

i qu

esto

po

trebb

e rit

orce

rsi c

ontro

di n

oi. Q

uello

che

pos

siam

o fa

re

da

parte

no

stra

è

spie

gare

la

co

rrel

azio

ne

esis

tent

e tra

ris

chio

e r

endi

men

to c

ome

anch

e la

vo

latil

ità,

spec

ifica

re

che

com

e un

in

vest

imen

to p

uò s

alire

di u

na d

ata

perc

entu

ale

allo

ste

sso

mod

o pu

ò es

serc

i una

fles

sion

e de

lla

stes

sa p

erce

ntua

le.

Pro

pens

ione

, ca

paci

e to

llera

nza

al

risch

io

Page 76: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

69

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

La p

rope

nsio

ne a

l ris

chio

e

in g

ener

ale

la t

olle

ranz

a al

ris

chio

ca

mbi

a do

po

una

fase

di

eu

foria

o

di

depr

essi

one

dei m

erca

ti? In

ch

e m

odo?

Cer

to c

he c

ambi

a. Q

uest

o è

un e

lem

ento

che

ho

risco

ntra

to p

iù v

olte

. Que

sto

è un

atte

ggia

men

to

sbag

liato

che

per

ò la

ban

ca a

ssec

onda

sic

com

e il

prof

ilo v

a se

mpr

e te

nuto

agg

iorn

ato,

e u

na

volta

che

la to

llera

nza

al ri

schi

o ca

mbi

a, c

ambi

a di

co

nseg

uenz

a an

che

la

stra

tegi

a di

in

vest

imen

to.

Ti f

acci

o un

ese

mpi

o, h

o un

clie

nte

che

l’ann

o sc

orso

ave

va u

n po

rtafo

glio

con

il 4

5% d

i quo

ta

azio

naria

. A

gen

naio

, do

po c

he i

l m

erca

to h

a fa

tto u

n ba

lzo,

anc

he s

e m

inim

o ris

petto

a c

ome

sono

and

ati i

mer

cati

a in

izio

ann

o, lu

i ha

deci

so

di p

orta

re la

sua

quo

ta a

zion

aria

al 1

0%, q

uest

o vu

ole

dire

pas

sare

da

un p

rofil

o bi

lanc

iato

ad

uno

supe

r con

serv

ativ

o. Q

uest

o ha

com

porta

to c

he il

cl

ient

e ha

pre

so tu

tta la

per

dita

del

l’ann

o sc

orso

, e

ques

t’ann

o no

n è

nem

men

o riu

scito

a

recu

pera

re.

E

di

ques

ti ca

si

ce

ne

sono

ta

ntis

sim

i.

Que

llo

che

andr

ebbe

fa

tto

è ce

rcar

e di

in

form

are

il cl

ient

e su

co

sa

succ

ede

se

si

cam

bia

stra

tegi

a di

con

tinuo

, fa

rgli

capi

re c

he

rispe

ttare

per

tutto

l’ar

co te

mpo

rale

iniz

ialm

ente

de

ciso

la s

trate

gia

di in

vest

imen

to s

elez

iona

ta è

un

fat

tore

ind

ispe

nsab

ile p

er i

l su

cces

so d

el

porta

fogl

io.

È

indi

spen

sabi

le

spie

gare

pr

ima

di

fare

un

in

vest

imen

to c

he il

pro

filo

di r

isch

io n

on d

eve

esse

re

lega

to

ai

mar

cati,

m

a è

lega

to

alla

pe

rson

alità

del

clie

nte,

che

evi

dent

emen

te n

on

cam

bia

nel g

iro d

i poc

hi m

esi.

Pro

pens

ione

e

tolle

ranz

a al

ris

chio

Page 77: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

70

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

Fase

1.2

.: E

labo

razi

one

delle

info

rmaz

ioni

Com

e re

agis

ce i

l cl

ient

e il

clie

nte

quan

do

lo

met

ti da

vant

i a

delle

pro

post

e di

in

vest

imen

to?

Una

vo

lta

spie

gati

i po

ssib

ili s

cena

ri fu

turi

com

e re

agis

ce?

Ved

i di

ffere

nza

quan

do p

rese

nti

la

pros

petti

va

posi

tiva

e qu

ella

neg

ativ

a?

Si c

’è u

na n

etta

diff

eren

za tr

a qu

ando

pre

sent

i lo

scen

ario

ne

gativ

o e

quel

lo

posi

tivo.

Q

uest

o pe

rché

le

perd

ite f

anno

mol

to p

iù m

ale,

del

be

nefic

io c

he p

orta

un

guad

agno

.

Noi

chi

aria

mo

da s

ubito

che

gli

scen

ari

che

stia

mo

face

ndo

vede

re

ripro

duco

no

il po

rtafo

glio

sc

elto

in

si

tuaz

ioni

di

st

ress

di

m

erca

to.

Son

o du

nque

sce

nari

anom

ali

a cu

i pe

rò il

clie

nte

si d

eve

prep

arar

e.

Pur

tropp

o, i

clie

nti

non

sono

mai

rea

lmen

te

prep

arat

i ad

una

situ

azio

ne d

i cris

i dei

mer

cati

in q

uant

o ha

nno

sem

pre

e co

mun

que

reaz

ioni

di

pa

ncia

. Q

uello

ch

e se

cond

o m

e è

fond

amen

tale

qua

ndo

succ

edon

o qu

esti

scen

ari

è la

fidu

cia

che

il cl

ient

e ha

nel

l’ist

ituto

ban

cario

e

più

prec

isam

ente

nel

con

sule

nte.

La

fiduc

ia e

la

stim

a ch

e il

clie

nte

ha n

ei tu

oi c

onfro

nti è

un

elem

ento

fond

amen

tale

per

far

si c

he il

clie

nte

non

si fa

ccia

pre

nder

e da

l pan

ico

e so

prat

tutto

ch

e no

n pr

enda

dec

isio

ni a

vven

tate

..

Ti d

irò c

he a

vere

a c

he f

are

con

clie

nti

che

hann

o gi

à av

uto

espe

rienz

e pr

eced

enti

di

inve

stim

ento

è u

n gr

ande

van

tagg

io in

qua

nto

sann

o co

me

si p

uò m

uove

re il

mer

cato

e q

uest

o ai

uta

a no

n av

ere

reaz

ioni

sba

glia

te.

Effe

tto

inco

rnic

iam

ento

, ef

fetto

al

one,

pe

rcez

ione

de

lle

info

rmaz

ioni

Page 78: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

71

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

Stud

i di

mos

trano

ch

e gl

i in

vest

itori

attri

buis

cono

più

de

l do

ppio

de

l pe

so

alle

pe

rdite

risp

etto

ai g

uada

gni.

Not

i un

a di

vers

a pr

open

sion

e al

ris

chio

per

qu

anto

rig

uard

a i g

uada

gni

e le

per

dite

?

Si,

com

e ti

dice

vo

prim

a qu

esta

di

vers

a pr

open

sion

e al

risc

hio

per i

gua

dagn

i e le

per

dite

è

evid

ente

nei

clie

nti.

E il

mom

ento

in c

ui ri

sulta

pa

lese

non

è q

uand

o vi

ene

reda

tto il

pro

filo

di

risch

io, m

a qu

ando

si r

ealiz

zano

effe

ttiva

men

te

gli

scen

ari

dopo

l’in

vest

imen

to.

Ho

assi

stito

a

reaz

ioni

di c

ompl

eto

pani

co p

er p

icco

le fl

essi

oni

di m

erca

to n

onos

tant

e du

rant

e il

collo

quio

dov

e ab

biam

o st

abilit

o il

prof

ilo d

i ris

chio

del

clie

nte

lui

risul

tava

una

per

sona

abb

asta

nza

prop

ensa

. Ti

ho fa

tto p

rima

l’ese

mpi

o de

l clie

nte

che

dopo

una

pi

ccol

a fle

ssio

ne d

i mer

cato

ha

deci

so d

i pas

sare

da

una

stra

tegi

a bi

lanc

iata

ad

una

cons

erva

tiva.

Que

llo c

he b

isog

na fa

re è

trov

are

una

stra

tegi

a gi

usta

pe

r il

clie

nte,

ch

e ris

pecc

hi

la

sua

pers

onal

ità e

le s

ue e

sige

nze.

Prop

ensi

one

al

risch

io

Le

espe

rienz

e pr

egre

sse

influ

enza

no

le

deci

sion

i at

tual

i di

inv

estim

ento

? In

ch

e m

odo?

Si,

deci

sam

ente

. C

hi

ha

delle

es

perie

nze

pass

ate

ha

anch

e un

a m

aggi

ore

cons

apev

olez

za d

ei m

erca

ti e

di c

ome

ques

ti si

po

sson

o m

uove

re.

Mi

sono

cap

itati

clie

nti

che

dopo

esp

erie

nze

pass

ate

nega

tive

hann

o de

ciso

di

non

inve

stire

più

in q

uant

o ha

nno

pers

o fid

ucia

ne

l m

erca

to.

Ci

sono

per

ò al

tri i

nves

titor

i ch

e,

aven

do v

issu

to m

omen

ti di

stre

ss d

ei m

erca

ti e

cris

i fin

anzi

arie

glo

bali,

com

e il

2001

, il 2

008

e il

2011

ha

nno

appu

nto

acqu

isito

un

a bu

ona

cons

apev

olez

za

e co

ntin

uano

ad

in

vest

ire

nono

stan

te le

esp

erie

nze

pass

ate

nega

tive.

Que

llo c

he h

o ris

cont

rato

con

l’es

perie

nza

è ch

e la

mem

oria

dei

clie

nti è

sem

pre

a br

eve

term

ine:

si

ric

orda

no s

empr

e ci

ò ch

e è

succ

esso

neg

li ul

timi

uno

o du

e an

ni

e si

m

uovo

no

di

cons

egue

nze.

Ti f

acci

o un

ese

mpi

o: i

mer

cati

nel

2017

son

o an

dati

bene

, la

fid

ucia

deg

li in

vest

itori

è cr

esci

uta

e ha

nno

deci

so

di

intra

pren

dere

stra

tegi

e pi

ù ag

gres

sive

, non

per

ni

ente

nel

201

8 la

stra

gran

de m

aggi

oran

za d

ei

porta

fogl

i era

no c

aric

hi d

i ris

chio

. Il 2

018

non

è pe

rò s

tato

un

anno

ros

eo i

nfat

ti i

porta

fogl

i ha

nno

pers

o da

l 4%

al 1

0% e

di c

onse

guen

za

nel

2019

i p

orta

fogl

i er

ano

scar

ichi

di

risch

io.

Que

sto

succ

ede

appu

nto

perc

hé l

a m

emor

ia

degl

i inv

estim

enti

è a

brev

e te

rmin

e. C

hiar

o ch

e il

cons

ulen

te d

ovre

bbe

ridim

ensi

onar

e qu

este

sc

elte

avv

enta

te d

el c

lient

e, m

a è

anch

e ve

ro

che

non

si p

uò n

on fa

re il

loro

vol

ere.

Inol

tre, i

co

nsul

enti

sono

anc

h’es

si d

egli

esse

ri um

ani e

so

no i

prim

i ad

ess

ere

sogg

etti

a di

stor

sion

i co

mpo

rtam

enta

li.

Influ

enza

de

lle

espe

rienz

e pa

ssat

e

Page 79: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

72

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

Not

i che

i cl

ient

i han

no u

na

tend

enza

a v

oler

inve

stire

in

mer

cati

cono

sciu

ti o

in

gene

rale

in

as

sets

ci

cu

i ha

nno

già

sent

ito p

arla

re o

co

n i q

uali

hann

o gi

à av

uto

a ch

e fa

re?

Si

c’è

ques

ta t

ende

nza,

un

bana

le e

sem

pio

è qu

ello

del

le c

ripto

val

ute.

I m

edia

ci

hann

o bo

mba

rdat

o di

info

rmaz

ioni

su

ques

ta t

ipol

ogia

di

in

vest

imen

to

e tu

tti

i cl

ient

i ch

iede

vano

in

form

azio

ni

o vo

leva

no

inve

stire

in

qu

esto

m

erca

to.

Ti d

irò c

he p

erò

parla

ndo

in g

ener

ale

non

mi

capi

ta s

pess

o ch

e il

clie

nte

si p

rese

nza

con

delle

nu

ove

prop

oste

di

in

vest

imen

to,

solit

amen

te

pref

eris

cono

affi

dars

i alle

racc

oman

dazi

oni d

ella

ba

nca

oppu

re

pref

eris

cono

se

ntire

le

no

stre

pr

opos

te.

Se

i cl

ient

i ha

nno

nuov

e pr

opos

te

ne

disc

utia

mo,

ma

i cl

ient

i ha

nno

ben

in c

hiar

o l’i

mpo

rtanz

a de

lla

dive

rsifi

cazi

one

sia

geog

rafic

a ch

e se

ttoria

le.

Inve

stim

enti

emoz

iona

i e

cono

scen

ze

del

clie

nte

Le

cono

scen

ze

pers

onal

i in

fluen

zano

la

re

lazi

one

d’af

fari?

N

oti

che

l’inv

estit

ore

più

info

rmat

o ha

un

a te

nden

za

a so

prav

valu

tare

la

su

a ca

paci

di

sele

zion

e de

i tit

oli

o pe

nsa

di e

sser

e in

gr

ado

di p

reve

dere

il f

utur

o de

i mer

cati?

A q

uest

a do

man

da ti

ris

pond

o co

n l’e

sem

pio

di

un c

lient

e: q

uest

a pe

rson

a ha

pre

sso

la n

ostra

ba

nca

due

cont

i: un

o co

n m

anda

to d

iscr

ezio

nale

e

uno

con

l’inv

estm

ent a

dvis

or, d

unqu

e un

con

to

è ge

stito

la lu

i, l’a

ltro

dalla

ban

ca. E

vide

ntem

ente

qu

ello

ges

tito

dalla

ban

ca h

a un

a pe

rform

ance

se

mpr

e pi

ù el

evat

a ris

petto

a q

uello

ges

tito

da

lui,

nono

stan

te q

uest

o lu

i con

tinua

a p

rend

ere

le

sue

deci

sion

i. Q

uest

o è

un

com

porta

men

to

irraz

iona

le m

a po

rta u

n se

nso

di s

oddi

sfaz

ione

pe

rson

ale

al c

lient

e. T

rovo

che

que

sta

tipol

ogia

di

clie

nte

sono

per

fetta

men

te c

onsa

pevo

li de

l fa

tto c

he n

on p

osso

no p

reve

dere

i m

erca

ti e

che

l’arte

di s

aper

e sc

eglie

re i

titol

i giu

sti a

l mom

ento

gi

usto

non

è c

osa

da tu

tti.

Le s

celte

del

la b

anca

van

no s

empr

e m

eglio

. Lui

vu

ole

met

ters

i alla

pro

va, m

olte

pro

ve c

i pro

vano

pe

rché

gli

piac

e m

a le

con

osce

nze

sono

sem

pre

lacu

nose

Que

llo c

he p

ossi

amo

fare

da

parte

nos

tra è

fo

rnire

una

con

sule

nza

sui t

itoli

da lu

i sce

lti e

la

scia

rgli

la li

bertà

di d

ecid

ere.

Spe

sso

ques

ta t

ipol

ogia

di

clie

nte

va p

oi a

sc

eglie

re p

rodo

tti m

olto

com

plic

ati

di c

ui n

on

capi

sce

real

men

te

il ris

chio

il

funz

iona

men

to.

Il no

stro

com

pito

è q

uello

di

sens

ibili

zzar

e e

rend

ere

atte

nti i

clie

nti s

u co

sa

stan

no fa

cend

o.

Con

osce

nze

pers

onal

i e f

iduc

ia

in s

é st

essi

Page 80: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

73

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

Fas

e 3:

dop

o la

dec

isio

ne d

i inv

estim

ento

Com

e re

agis

cono

i

clie

nti

dopo

una

fase

di r

ialz

o? H

ai

mai

not

ato

un s

entim

ento

di

avid

ità d

el c

lient

e?

E d

opo

una

fase

di p

erdi

ta?

Hai

mai

risc

ontr

ato

un s

enso

di

coi

nvol

gim

ento

del

clie

nte

nell’

inve

stim

ento

effe

ttuat

o?

Ho

risco

ntra

to p

iù v

olte

il

sent

imen

to d

i av

idità

co

me

anch

e qu

ello

di

eu

foria

. T

i fa

ccio

un

es

empi

o pr

atic

o: q

ualc

he te

mpo

fa h

o in

cont

rato

un

clie

nte

per

una

revi

sion

e de

l po

rtaf

oglio

, ne

l m

omen

to in

cui

gli

ho d

etto

che

la p

erfo

rman

ce

annu

ale

era

del

9% l

ui e

ra m

olto

con

tent

o, e

la

sua

rispo

sta

è st

ata:

“en

tro

fine

anno

dob

biam

o ar

rivar

e a

dopp

ia c

ifra”

. Q

ua t

i re

ndi

cont

o di

co

me

l’ide

a ch

e il

clie

nte

ha d

ei m

erca

ti e

in

gene

rale

deg

li in

vest

imen

ti si

a di

stor

ta.

Per

qu

anto

rig

uard

a le

pe

rdite

, so

litam

ente

qu

ando

con

sigl

iam

o di

ven

dere

i cl

ient

i lo

fann

o,

è pe

vero

ch

e ci

so

no

quel

le

tipol

ogie

di

in

vest

itori

che

soffr

ono

nel

vend

ere

in p

erdi

ta,

fann

o fa

tica

a ra

zion

aliz

zare

il f

atto

che

per

dere

10

é m

eglio

che

ris

chia

re d

i per

dere

100

.

Per

alle

viar

e il

sent

imen

to d

i avi

dità

e d

i euf

oria

ho

sem

pre

usat

o la

tec

nica

di

fare

ved

ere

la

situ

azio

ne d

ei m

erca

ti, s

e ab

biam

o gi

à ot

tenu

to

degl

i otti

mi r

isul

tati

gli f

acci

o ve

dere

que

llo c

he

siam

o riu

sciti

a fa

re m

ostr

o de

i pro

dotti

che

si a

l m

omen

to h

anno

una

per

form

ance

ma

anch

e un

ris

chio

è m

aggi

ore,

e s

olita

men

te t

endo

no a

rit

orna

re c

on i

pied

i per

terr

a.

Per

qua

nto

rigua

rda

le p

erdi

te s

e ris

cont

ro in

un

clie

nte

il se

nso

di

coin

volg

imen

to

o di

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tacc

amen

to i

ngiu

stifi

cato

a d

egli

inve

stim

enti

che

andr

ebbe

ro

vend

uti

io

prop

ongo

so

litam

ente

(q

uand

o po

ssib

ile

e se

nsat

o)

la

vend

ita d

i un

titol

o co

ntro

l’ac

quis

to d

i un

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o si

mile

m

a co

n pr

ospe

ttive

di

ffere

nti.

Per

es

empi

o se

un

clie

nte

ha n

el p

orta

fogl

io il

tito

lo

di

un’a

zien

da

farm

aceu

tica

che

però

st

a an

dand

o m

ale

a ca

usa

di

un

farm

aco

non

appr

ovat

o e

le p

rosp

ettiv

e fu

ture

son

o ne

gativ

e,

prop

ongo

al c

lient

e di

ven

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que

sto

titol

o e

di

acqu

ista

rne

uno

di u

n’al

tra

azie

nda

dello

ste

sso

setto

re

che

però

ha

pr

ospe

ttive

po

sitiv

e.

Pro

porr

e un

’alte

rnat

iva

è se

cond

o m

e un

a st

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gia

vinc

ente

per

evi

tare

che

un

titol

o re

sti

in d

epos

ito u

nica

men

te p

er l

a se

nsaz

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di

coin

volg

imen

to p

erso

nale

del

clie

nte.

Avi

dità

do

po

una

fase

di

ria

lzo

dei

mer

cati

o se

nso

di

coin

volg

imen

to

in

una

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di p

erdi

ta

Se

un

inve

stim

ento

co

nsig

liato

da

lla

banc

a va

m

ale,

il

clie

nte

ti co

lpev

oliz

za?

Si

quan

do u

n in

vest

imen

to v

a m

ale

il cl

ient

e se

nte

sem

pre

il bi

sogn

o di

da

re

la

colp

a a

qual

cuno

, ed

evi

dent

emen

te q

uel

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cuno

è i

l co

nsul

ente

.

Com

e ti

dice

vo p

rima,

per

pot

er m

ante

nere

una

bu

ona

rela

zion

e co

n un

clie

nte

è ne

cess

aria

la

tras

pare

nza

delle

info

rmaz

ioni

. Se

io h

o da

to d

ei

cons

igli

sbag

liati

devo

am

met

tere

i m

iei

erro

ri,

se i

nvec

e l’i

nves

timen

to v

a m

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perc

hé t

utti

i

Rea

zion

e do

po u

n in

vest

imen

to

anda

to m

ale

Page 81: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

74

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

Fas

e 3:

dop

o la

dec

isio

ne d

i inv

estim

ento

Com

e re

agis

cono

i

clie

nti

dopo

una

fase

di r

ialz

o? H

ai

mai

not

ato

un s

entim

ento

di

avid

ità d

el c

lient

e?

E d

opo

una

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di p

erdi

ta?

Hai

mai

risc

ontr

ato

un s

enso

di

coi

nvol

gim

ento

del

clie

nte

nell’

inve

stim

ento

effe

ttuat

o?

Ho

risco

ntra

to p

iù v

olte

il

sent

imen

to d

i av

idità

co

me

anch

e qu

ello

di

eu

foria

. T

i fa

ccio

un

es

empi

o pr

atic

o: q

ualc

he te

mpo

fa h

o in

cont

rato

un

clie

nte

per

una

revi

sion

e de

l po

rtaf

oglio

, ne

l m

omen

to in

cui

gli

ho d

etto

che

la p

erfo

rman

ce

annu

ale

era

del

9% l

ui e

ra m

olto

con

tent

o, e

la

sua

rispo

sta

è st

ata:

“en

tro

fine

anno

dob

biam

o ar

rivar

e a

dopp

ia c

ifra”

. Q

ua t

i re

ndi

cont

o di

co

me

l’ide

a ch

e il

clie

nte

ha d

ei m

erca

ti e

in

gene

rale

deg

li in

vest

imen

ti si

a di

stor

ta.

Per

qu

anto

rig

uard

a le

pe

rdite

, so

litam

ente

qu

ando

con

sigl

iam

o di

ven

dere

i cl

ient

i lo

fann

o,

è pe

vero

ch

e ci

so

no

quel

le

tipol

ogie

di

in

vest

itori

che

soffr

ono

nel

vend

ere

in p

erdi

ta,

fann

o fa

tica

a ra

zion

aliz

zare

il f

atto

che

per

dere

10

é m

eglio

che

ris

chia

re d

i per

dere

100

.

Per

alle

viar

e il

sent

imen

to d

i avi

dità

e d

i euf

oria

ho

sem

pre

usat

o la

tec

nica

di

fare

ved

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la

situ

azio

ne d

ei m

erca

ti, s

e ab

biam

o gi

à ot

tenu

to

degl

i otti

mi r

isul

tati

gli f

acci

o ve

dere

que

llo c

he

siam

o riu

sciti

a fa

re m

ostr

o de

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dotti

che

si a

l m

omen

to h

anno

una

per

form

ance

ma

anch

e un

ris

chio

è m

aggi

ore,

e s

olita

men

te t

endo

no a

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orna

re c

on i

pied

i per

terr

a.

Per

qua

nto

rigua

rda

le p

erdi

te s

e ris

cont

ro in

un

clie

nte

il se

nso

di

coin

volg

imen

to

o di

at

tacc

amen

to i

ngiu

stifi

cato

a d

egli

inve

stim

enti

che

andr

ebbe

ro

vend

uti

io

prop

ongo

so

litam

ente

(q

uand

o po

ssib

ile

e se

nsat

o)

la

vend

ita d

i un

titol

o co

ntro

l’ac

quis

to d

i un

titol

o si

mile

m

a co

n pr

ospe

ttive

di

ffere

nti.

Per

es

empi

o se

un

clie

nte

ha n

el p

orta

fogl

io il

tito

lo

di

un’a

zien

da

farm

aceu

tica

che

però

st

a an

dand

o m

ale

a ca

usa

di

un

farm

aco

non

appr

ovat

o e

le p

rosp

ettiv

e fu

ture

son

o ne

gativ

e,

prop

ongo

al c

lient

e di

ven

dere

que

sto

titol

o e

di

acqu

ista

rne

uno

di u

n’al

tra

azie

nda

dello

ste

sso

setto

re

che

però

ha

pr

ospe

ttive

po

sitiv

e.

Pro

porr

e un

’alte

rnat

iva

è se

cond

o m

e un

a st

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gia

vinc

ente

per

evi

tare

che

un

titol

o re

sti

in d

epos

ito u

nica

men

te p

er l

a se

nsaz

ione

di

coin

volg

imen

to p

erso

nale

del

clie

nte.

Avi

dità

do

po

una

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di

ria

lzo

dei

mer

cati

o se

nso

di

coin

volg

imen

to

in

una

fase

di p

erdi

ta

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75

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

Se

un

inve

stim

ento

co

nsig

liato

dal

la b

anca

va

mal

e,

il cl

ient

e ti

colp

evol

izza

?

Se in

vece

ad

anda

re m

ale

è un

inv

estim

ento

sce

lto d

al

clie

nte

cont

ro

le

racc

oman

dazi

oni

della

ba

nca

com

e si

com

porta

il

clie

nte?

Si q

uand

o un

inv

estim

ento

va

mal

e il

clie

nte

sent

e se

mpr

e il

biso

gno

di d

are

la c

olpa

a

qual

cuno

, ed

evi

dent

emen

te q

uel q

ualc

uno

è il

cons

ulen

te.

Mi è

cap

itato

una

vol

ta u

n cl

ient

e ch

e op

erav

a in

divi

dual

men

te s

ul m

erca

to,

si e

ra c

reat

o un

pe

ssim

o po

rtafo

glio

, do

po d

i ch

e ha

dec

iso

di

fare

un

man

dato

di g

estio

ne e

mi h

a la

scia

to d

a ge

stire

que

sto

porta

fogl

io d

a lu

i cr

eato

. C

on i

l pa

ssar

e de

l te

mpo

, qu

ando

i

titol

i da

lu

i se

lezi

onat

i re

aliz

zava

no d

elle

per

dite

lui

se

la

pren

deva

con

me.

Com

e ti

dice

vo p

rima,

per

pot

er m

ante

nere

una

bu

ona

rela

zion

e co

n un

clie

nte

è ne

cess

aria

la

trasp

aren

za d

elle

info

rmaz

ioni

. Se

io h

o da

to d

ei

cons

igli

sbag

liati

devo

am

met

tere

i m

iei e

rrori,

se

inve

ce l’

inve

stim

ento

va

mal

e pe

rché

tut

ti i

mer

cati

vann

o m

ale

è su

ffici

ente

spi

egar

e al

cl

ient

e la

si

tuaz

ione

at

tual

e e

dare

de

lle

gius

tific

azio

ni a

rgom

enta

te d

ai fa

tti.

Rea

zion

e do

po u

n in

vest

imen

to

anda

to m

ale

Not

i ch

e i

clie

nti

valu

tano

l’in

vest

imen

to in

bas

e ad

un

prez

zo

stab

ilito

nella

lo

ro

men

te (a

ncor

a)?

La

perfo

rman

ce

di

un

titol

o e

quel

la

del

porta

fogl

io è

fatta

su

base

ann

uale

.

Not

o pe

rò c

he i

clie

nti t

endo

no a

pre

nder

e co

me

punt

o di

rife

rimen

to p

er v

alut

are

l’inve

stim

ento

l’im

porto

iniz

ialm

ente

inve

stito

. Il c

he n

on è

poi

co

sì s

bagl

iato

. Q

uind

i se

un c

lient

e in

vest

e un

m

ilione

, vi

ene

aggi

unta

la

pe

rform

ance

de

l po

rtafo

glio

inv

estit

a m

a po

i ve

ngon

o de

dotti

i

cost

i de

lla g

estio

ne,

le i

mpo

ste,

i c

osti

della

fid

ucia

ria,

e co

sì v

ia d

icen

do t

utti

i co

sti

che

ques

to in

vest

imen

to g

ener

a, a

l net

to d

i que

sti i

l cl

ient

e va

luta

poi

la s

ua p

erfo

rman

ce.

La

cosa

im

porta

nte

quan

do

si

parla

di

pe

rform

ance

con

il cl

ient

e è

quel

la d

i foc

aliz

zars

i su

que

lla d

el p

orta

fogl

io e

non

dei

sin

goli

titol

i: è

inut

ile c

he il

clie

nte

si p

rend

e an

sie

e pe

nsie

ri pe

r il

sing

olo

titol

o ch

e st

a pe

rform

ando

ne

gativ

amen

te q

uand

o in

vece

il p

orta

fogl

io h

a un

and

amen

to p

ositi

vo.

Spes

so è

anc

he b

ene

met

tere

l’a

ccen

to n

on

solo

su

lla

perfo

rman

ce

annu

ale

o di

br

eve

perio

do m

a an

che

su q

uella

dal

l’iniz

io d

ella

ge

stio

ne a

d og

gi. C

osì f

acen

do il

clie

nte

ha u

na

visi

one

glob

ale

sul d

ove

si s

ta a

ndan

do: è

inut

ile

parla

re

di

arco

te

mpo

rale

lu

ngo

se

poi

il po

rtafo

glio

vie

ne v

alut

ato

unic

amen

te s

u ba

se

annu

a.

Effe

tto a

ncor

aggi

o

Page 83: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

76

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

In

conc

lusi

one,

ti

chie

do,

seco

ndo

te

i cl

ient

i so

no

razi

onal

i o ir

razi

onal

i? Q

uali

elem

enti

aiut

ano

una

mag

gior

e ra

zion

alità

de

ll’inv

estit

ore?

Tutto

dip

ende

dal

la p

erso

na in

que

stio

ne, f

ranc

amen

te n

on m

i sen

to d

i dirt

i che

tutti

gli

inve

stito

ri so

no ir

razi

onal

i per

ché

non

è co

sì.

Que

llo c

he ti

pos

so d

ire è

che

ci s

ono

dei f

atto

ri ch

e po

rtano

il c

lient

e ad

ess

ere

più

o m

eno

razi

onal

e, o

vver

o:

- La

fidu

cia

nel c

onsu

lent

e e

nell’i

stitu

to b

anca

rio p

orta

a ri

durre

gli

appr

occi

sba

glia

ti ne

i con

front

i deg

li in

vest

imen

ti in

qu

anto

le s

celte

det

tate

dal

l’em

otiv

ità s

ono

ridot

te.

- La

tras

pare

nza

nella

rela

zion

e d’

affa

ri è

un g

rand

e ai

uto

che

porta

il c

lient

e a

fidar

si e

affi

dars

i al c

onsu

lent

e

- Le

esp

erie

nze

pass

ate,

sia

pos

itive

che

neg

ativ

e ra

zion

aliz

zano

il c

lient

e, n

el s

enso

che

evi

tano

che

que

sto

abbi

a re

azio

ni im

prov

vise

e s

bagl

iate

dav

anti

a m

ovim

enta

zion

e de

i mer

cati

- La

cap

acità

del

con

sule

nte

di fa

r fo

caliz

zare

il c

lient

e su

lle in

form

azio

ni im

porta

nti e

su

info

rmaz

ioni

pos

itive

è u

no

stru

men

to c

he p

uò a

iuta

re a

lim

itare

dec

isio

ni im

prov

vise

e s

bagl

iate

da

parte

del

clie

nte

- La

cul

tura

del

clie

nte

ha u

n gr

ande

impa

tto s

ulle

sue

reaz

ioni

, ti f

acci

o un

ese

mpi

o: in

sud

Ital

ia n

on c

’è u

na g

rand

e cu

ltura

fina

nzia

ria, l

e pe

rson

e co

n gr

andi

cap

itali

a di

spos

izio

ne in

vest

ono

solit

amen

te n

el m

atto

ne. Q

uest

o tip

o di

in

vest

imen

to o

ltre

al fa

tto c

he è

vis

ivo

(se

inve

sto

un m

ilione

per

cos

truire

una

cas

a, a

lla fi

ne d

ell’in

vest

imen

to v

edo

l’imm

obile

, se

inve

ce a

cqui

sto

azio

ni p

er u

n m

ilione

l’un

ica

cosa

che

pos

so v

eder

e è

l’est

ratto

pat

rimon

iale

) non

ha

una

vola

tilità

gio

rnal

iera

. Se

le p

erso

ne a

bitu

ate

ad in

vest

ire n

el m

atto

ne s

i met

tono

a f

are

inve

stim

enti

in b

orsa

, av

rann

o si

cura

men

te u

n’an

sia

e un

sen

timen

to d

i pau

ra c

he g

li acc

ompa

gna

gior

nalm

ente

in q

uant

o no

n so

no a

bitu

ati.

Se in

vece

and

iam

o in

Am

eric

a, p

aese

con

una

gra

nde

cultu

ra fi

nanz

iaria

alle

spa

lle, s

copr

i che

le p

erso

ne c

resc

iute

in

que

sto

paes

e no

n ha

nno

alcu

n se

ntim

ento

di a

ngos

cia

nel p

ensa

re d

i inv

estir

e i l

oro

capi

tali

in b

orsa

. Qui

ndi c

hi è

ab

ituat

o al

mon

do d

egli

inve

stim

enti

finan

ziar

i è a

bitu

ato

alla

vol

atilit

à.

Page 84: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

77

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

Allegato 5: intervista consulente E

Con

sule

nte

E at

tivo

da 5

ann

i nel

priv

ate

bank

ing

Dat

a de

ll’int

ervi

sta:

29.

09.2

019

Tem

po: 1

.30h

Dom

ande

R

ispo

ste

del c

onsu

lent

e C

ome

il co

nsul

ente

fa p

er li

mita

re la

bia

s Ti

po

di

bias

co

ncer

nent

e la

do

man

da o

qua

le

sent

imen

to p

rova

il

clie

nte

Fase

1.1

: co

nosc

enza

del

clie

nte

L’in

vest

itore

ha

un

a pe

rcez

ione

cor

retta

del

suo

pa

trim

onio

to

tale

? Es

iste

un

a te

nden

za a

sud

divi

dere

en

trate

ed

usci

te in

“ba

cini

” cr

eati

dalla

co

ntab

ilità

men

tale

del

clie

nte?

No

l’inve

stito

re n

on h

a un

a co

rretta

per

cezi

one

del

suo

patri

mon

io to

tale

per

più

mot

ivi.

Il pa

trim

onio

fin

anzi

ario

è fa

cilm

ente

qua

ntifi

cabi

le m

a sp

esso

i cl

ient

i la

vora

no

in

com

parti

men

ti st

agni

: og

ni

rela

zion

e ba

ncar

ia h

a un

o sc

opo

dive

rso

e no

n rie

scon

o m

ai

a so

mm

are

il tu

tto,

ques

to

può

porta

re

il cl

ient

e ad

av

ere

ecce

ssiv

i co

sti

di

gest

ione

e in

vest

imen

ti si

mili

e po

co d

iver

sific

ati i

n pi

ù ba

nche

. Pe

r qu

anto

rig

uard

a il

patri

mon

io

imm

obilia

re f

atic

ano

a qu

antif

icar

ne v

alor

e re

ale.

Se

poi

il

clie

nte

poss

iede

anc

he o

pere

d’a

rte l

a va

luta

zion

e è

anco

ra p

iù d

iffic

ile.

Per

quan

to

rigua

rda

la

cont

abilit

à m

enta

le

la

risco

ntro

tant

o pe

r i c

osti

che

rigua

rdan

o le

impo

ste

e i

figli,

spe

sso

e vo

lent

ieri

clie

nti

hann

o co

nti

chia

mat

i “im

post

e” o

chi

amat

i “fig

li” s

ui q

uali

fann

o ac

cant

onam

enti

rego

lari

in v

ista

di c

osti

futu

ri.

Per n

oi è

impo

rtant

e ca

pire

il p

atrim

onio

tota

le

per

pote

r of

frire

un

serv

izio

ade

guat

o al

le

esig

enze

del

clie

nte.

Per

pot

er a

rriva

re a

in

form

azio

ni

com

plet

e ci

vu

ole

tem

po:

il cl

ient

e de

ve a

vere

fidu

cia

in n

oi e

dev

e ca

pire

ch

e pe

r po

ter

offri

re

un

serv

izio

ch

e di

a ef

fetti

vam

ente

un

va

lore

ag

giun

to

è im

porta

nte

che

lui c

i dia

tutte

le in

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azio

ni

del c

aso.

Cer

co s

empr

e di

far

e ca

pire

il

perc

hé h

o bi

sogn

o di

det

erm

inat

i dat

i e g

li sp

iego

io c

osa

gli d

o in

cam

bio

di in

form

azio

ni c

ompl

ete.

Con

tabi

lità

men

tale

Page 85: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

78

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

L’in

vest

itore

da

info

rmaz

ioni

co

mpl

ete

sul

patri

mon

io

tota

le a

nche

se

gest

ito d

a ba

nche

ter

ze?

Com

e vi

ene

stab

ilita

la

fid

ucia

tra

co

nsul

ente

e c

lient

e?

Iniz

ialm

ente

i

clie

nti

sono

m

olto

re

stii

a da

re

info

rmaz

ioni

su

l ca

pita

le

depo

sita

to

in

banc

he

terz

e.

Com

e de

tto p

rima

la f

iduc

ia g

ioca

un

ruol

o fo

ndam

enta

le: i

l clie

nte

deve

cap

ire p

erch

é io

ho

bis

ogno

di d

ate

info

rmaz

ioni

e a

cos

a m

i se

rvon

o. È

im

porta

nte

met

tere

l’a

ccen

to s

ul

valo

re a

ggiu

nto

che

io p

osso

dar

e at

trave

rso

la c

onsu

lenz

a.

Fidu

cia

clie

nte-

cons

ulen

te

Pro

filat

ura

del

clie

nte:

la

ca

paci

tà d

i ris

chio

è u

n da

to

tend

enzi

alm

ente

og

getti

vo

men

tre

la

prop

ensi

one

al

risch

io è

sog

getti

va,

com

e vi

ene

stab

ilita

que

st’u

ltim

a?

Se

vi s

ono

inco

ngru

enze

tra

capa

cità

e p

rope

nsio

ne a

l ris

chio

com

e ti

com

porti

?

Cap

ita p

ratic

amen

te s

empr

e ch

e la

cap

ita e

la

tolle

ranz

a al

risc

hio

non

com

baci

ano:

la c

apac

ità d

i ris

chio

in

dica

qu

ale

perc

entu

ale

del

capi

tare

po

trest

i per

dere

sen

za c

he il

tuo

stile

di v

ita v

enga

m

odifi

cato

. N

el

priv

ate

ovvi

amen

te

ques

ta

perc

entu

ale

è al

ta.

Dun

que,

cap

ita p

ratic

amen

te

sem

pre

che

la c

apac

ità è

più

alta

del

la to

llera

nza.

Non

mi è

mai

cap

itato

il c

ontra

rio,

ovve

ro c

he la

to

llera

nza

sia

più

alta

del

la c

apac

ità.

Per

qua

nto

rigua

rda

la p

rope

nsio

ne a

l ris

chio

la

banc

a fo

rnis

ce

un

form

ular

io

con

dom

ande

sp

ecifi

che

da p

orre

al

clie

nte,

que

sto

form

ular

io

indi

ca

l’oriz

zont

e te

mpo

rale

, la

pe

rdita

st

oric

a m

assi

ma,

gli

obie

ttivi

. Q

uello

che

dev

i arr

ivar

e a

capi

re è

qua

nto

il cl

ient

e vu

ole

e qu

ale

è il

suo

oriz

zont

e te

mpo

rale

.

Que

sta

è un

a fa

se

mol

to

impo

rtant

e de

l co

lloqu

io

di

cons

ulen

za,

in

quan

to

devi

an

dare

a c

apire

e a

d in

daga

re s

ulla

sen

sibi

lità

del

clie

nte:

cer

chi

di f

argl

i ca

pire

, co

n ca

si

conc

reti,

co

n es

empi

m

onet

ari

quel

lo

che

potre

bbe

succ

eder

e e

l’obi

ettiv

o è

quel

lo d

i fa

re e

mer

gere

la

sens

ibili

tà d

el c

lient

e. S

e qu

esto

pun

to v

iene

tra

ttato

nel

mig

liore

dei

m

odi e

il c

lient

e rie

sce

a ca

pire

tutti

i co

ncet

ti fo

ndam

enta

li si

fon

dano

le

basi

per

evi

tare

di

scus

sion

i fut

ure

dovu

te a

frai

nten

dim

enti.

Per

chi

arire

al

meg

lio i

con

cetti

tra

ttati

in

ques

ta fa

se è

spe

sso

utile

usa

re m

ater

iale

di

supp

orto

com

e gr

afic

i, do

man

de c

he f

anno

em

erge

re l’

emot

ività

del

clie

nte.

Ovv

io c

he il

clie

nte

vuol

e il

mas

sim

o pr

ofitt

o in

te

mpi

bre

vi e

sen

za c

orre

re ri

schi

, que

llo c

he

biso

gna

fare

e fa

rgli

capi

re il

funz

iona

men

to e

il

cont

esto

rea

le e

arr

ivar

e as

siem

e al

clie

nte

a fis

sare

deg

li ob

ietti

vi.

Pro

pens

ione

, ca

paci

e to

llera

nza

al

risch

io

Page 86: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

79

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

La

pro

pe

nsio

ne

al

risch

io e

in g

en

era

le l

a t

olle

ran

za

al

risch

io

ca

mb

ia

do

po

u

na

fase

d

i e

ufo

ria

o

d

i

de

pre

ssio

ne

de

i m

erc

ati?

In

ch

e m

od

o?

Si, q

ue

llo c

he

ca

mb

ia è

la

pro

pe

nsio

ne

al

risch

io:

l’err

ore

cla

ssic

o

de

ll’in

ve

stito

re

è

qu

ello

d

i

att

acca

rsi a

lle p

erd

ite

e d

i d

ime

ntica

re i g

ua

da

gn

i,

il su

o s

tato

d’a

nim

o l

o p

ort

a a

vo

ler

mo

dific

are

gli

inve

stim

en

ti f

att

i.

C’è

a

nch

e d

a d

ire

ch

e è

n

orm

ale

ch

e il

pro

filo

de

ll’in

ve

stito

re c

am

bi

du

ran

te i

l te

mp

o,

nu

ove

fa

si

di

vita

p

ort

an

o i

so

gg

ett

i a

d e

sse

re p

iù o

m

en

o

avve

rsi a

l ri

sch

io in

ba

se

a q

ue

llo c

he

si a

sp

ett

an

o

da

lla lo

ro v

ita

in

un

fu

turo

pro

ssim

o.

Pe

r e

vita

re

ca

mb

iam

en

ti

dra

stici

e

ing

iustifica

ti d

el

pro

filo

d

i ri

sch

io ca

usa

ti d

a

oscill

azio

ni

di

me

rca

to è

im

po

rta

nte

ric

ord

are

al

clie

nte

qu

ali

era

no

gli

ob

iett

ivi

iniz

ialm

en

te

sta

bili

ti

e

so

pra

ttu

tto

q

ua

le

era

l’o

rizzo

nte

tem

po

rale

se

lezio

na

to.

Se

ne

lla f

ase

in

izia

le

de

ll’in

ve

stim

en

to s

tab

ilisci

ch

iara

me

nte

de

gli

ob

iett

ivi,

in

mo

me

nti

di

rip

en

sa

me

nto

d

el

clie

nte

h

ai

tutt

i g

li e

lem

en

ti

og

ge

ttiv

i d

a

mo

str

are

p

er

po

terl

o

aiu

tare

a

ri

tro

va

re

la

giu

sta

str

ad

a d

a i

ntr

ap

ren

de

re p

er

ave

re n

on

so

lo u

n i

nve

stim

en

to d

i su

cce

sso

, m

a a

nch

e

un

a

sta

bili

o

tra

nq

uill

ità

p

sic

olo

gic

a

in

mo

me

nti d

i cri

si d

ei m

erc

ati.

Pro

pe

nsio

ne

e

tolle

ran

za

a

l

risch

io

Fa

se

1.2

.: E

lab

ora

zio

ne

de

lle in

form

azio

ni

Co

me

re

ag

isce

il

clie

nte

il

clie

nte

q

ua

nd

o

lo

me

tti

da

va

nti a

de

lle p

rop

oste

di

inve

stim

en

to?

U

na

vo

lta

sp

ieg

ati

i p

ossib

ili

sce

na

ri

futu

ri c

om

e r

ea

gis

ce

? V

ed

i

diffe

ren

za

q

ua

nd

o

pre

se

nti

la

pro

sp

ett

iva

p

ositiv

a

e

qu

ella

ne

ga

tiva

?

Il

clie

nte

è

se

mp

re

più

se

nsib

ile

ne

lla

pa

rte

ne

ga

tiva

. S

pie

ga

re l

a v

isio

ne

po

sitiv

a m

olto

fa

cile

in

qu

an

to

è

la

pa

rte

ch

e

att

ira

m

ag

gio

rme

nte

l’att

en

zio

ne

d

el

clie

nte

. N

el

mo

nd

o d

ich

iara

to,

e

qu

ind

i n

eg

li u

ltim

i a

nn

i la

pe

rfo

rma

nce

è m

olto

più

imp

ort

an

te p

er

il clie

nte

. Q

ua

nd

o a

ve

vi

a c

he

fa

re

co

n

clie

nti

ch

e

na

sco

nd

eva

no

ca

pita

li n

on

dic

hia

rati la

pe

rfo

rma

nce

era

su

pe

rflu

a in

qu

an

to in

qu

als

iasi c

aso

, a

nch

e te

ne

nd

o c

ap

ita

li liq

uid

i se

nza

alc

un

re

nd

ime

nto

il

clie

nte

gu

ad

ag

na

va

evita

nd

o i

co

sti c

he

avre

bb

e d

ovu

to s

oste

ne

re q

ua

lora

qu

esti

ca

pita

li fo

sse

ro

dic

hia

rati.

Du

nq

ue

, o

gg

i la

pe

rfo

rma

nce

è

d

ive

nta

ta

un

fa

tto

re

an

co

ra

più

imp

ort

an

te ri

sp

ett

o a

l p

assa

to,

so

pra

ttu

tto

p

erl

a

clie

nte

la e

ste

ra.

Qu

ello

ch

e

faccio

io

a

nch

e

se

p

otr

eb

be

se

mb

rare

ch

e v

ad

a c

on

tro

i m

ei

inte

ressi

e

qu

elli

d

ella

b

an

ca

è

d

i d

ed

ica

re

mo

lto

p

tem

po

a

llo sce

na

rio

n

eg

ativo

, vo

glio

ch

e il

clie

nte

ab

bia

be

n c

hia

ro c

he

co

sa

po

tre

bb

e

su

cce

de

re n

el p

eg

gio

re d

ei ca

si, è

im

po

rta

nte

ch

e

ca

pis

ca

e

p

ren

da

a

tto

d

i q

ue

llo

ch

e

po

tre

bb

e s

ucce

de

re,

co

da

evita

re,

qu

alo

ra

lo s

ce

na

rio

ne

ga

tivo

si

do

ve

sse

re

aliz

za

re l

a

fra

se

“io

no

n lo

sa

pe

vo

”.

Eff

ett

o

inco

rnic

iam

en

to,

eff

ett

o

alo

ne

,

pe

rce

zio

ne

d

elle

info

rma

zio

ni

Page 87: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

80

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

Stud

i di

mos

trano

ch

e gl

i in

vest

itori

attri

buis

cono

più

de

l do

ppio

de

l pe

so

alle

pe

rdite

risp

etto

ai g

uada

gni.

Not

i un

a di

vers

a pr

open

sion

e al

ris

chio

per

qu

anto

rig

uard

a i g

uada

gni

e le

per

dite

?

Si n

oto

ques

to c

ompo

rtam

ento

sop

rattu

tto n

ella

cl

ient

ela

Sviz

zera

. La

cl

ient

ela

este

ra

è pi

ù pr

open

sa a

risc

hiar

e e

ad a

cqui

star

e pr

odot

ti fu

ori

dagl

i sch

emi.

Lo s

vizz

ero

med

io e

ra a

bitu

ato

a de

posi

tare

il

capi

tale

su

cont

i che

pag

avan

o in

tere

ssi d

iscr

eti,

quin

di u

n gu

adag

no s

icur

o, a

nche

se

non

tropp

o al

to m

a qu

asi

priv

o di

ris

chio

. O

ggi

a ca

usa

dei

tass

i ne

gativ

i qu

esto

non

è p

ossi

bile

, sp

esso

i

clie

nti m

i chi

edon

o de

gli i

nves

timen

ti co

n or

izzo

nte

tem

pora

le il

limita

to m

a se

nza

risch

io, i

l che

non

è

fatti

bile

.

Spie

gand

o la

situ

azio

ne a

ttual

e de

i mer

cati,

il

conc

etto

di v

olat

ilità

e di

oriz

zont

e te

mpo

rale

ce

rco

di f

are

capi

re q

uali

sono

le

solu

zion

i po

ssib

ili.

Ris

cont

ro p

robl

emi q

uand

o il

clie

nte

mi d

ice

che

ha u

n or

izzo

nte

tem

pora

le i

llimita

to e

qu

ale

mes

e do

po a

vere

fatto

l’in

vest

imen

to s

i la

men

ta

delle

pe

rform

ance

no

n ro

see

di

ques

t’ulti

mo.

An

che

in

ques

to

caso

la

so

luzi

one

è se

mpr

e qu

ella

di

ripre

nder

e i

conc

etti

spie

gati

in p

rece

denz

a e

rapp

orta

rli

agli

obie

ttivi

del

l’inve

stim

ento

sta

bilit

i.

Prop

ensi

one

al

risch

io

Le

espe

rienz

e pr

egre

sse

influ

enza

no

le

deci

sion

i at

tual

i di

inv

estim

ento

? In

ch

e m

odo?

Si

le

espe

rienz

e pa

ssat

e in

fluen

zano

gl

i in

vest

imen

ti at

tual

i. Q

uello

che

suc

cede

, pe

r i

clie

nti

che

deci

dono

di

in

vest

ire

nono

stan

te

espe

rienz

e pa

ssat

e ne

gativ

e è

che

cerc

ano

di

evita

re la

tipo

logi

a di

pro

dotto

che

in p

assa

to e

ra

anda

ta m

ale,

per

ese

mpi

o: s

e an

ni f

a ha

nno

inve

stito

in

un p

rodo

tto s

truttu

rato

che

poi

ha,

o

porta

to a

gra

ndi p

erdi

te o

ggi t

endo

no a

d ev

itare

e

a rif

iuta

re p

ropo

ste

di i

nves

timen

to i

n pr

odot

ti st

ruttu

rati.

Ci s

ono

dive

rse

tipol

ogie

di c

lient

i: qu

elli

che

già

in

pass

ato

non

eran

o si

curi

di in

vest

ire m

a so

no s

tati

conv

inti,

in s

egui

to a

d un

inve

stim

ento

and

ato

mal

e ch

iudo

no

i ba

ttent

i co

n il

mer

cato

. So

no

irrem

ovib

ili. C

i son

o in

vece

altr

e tip

olog

ie d

i clie

nti

che

impa

rano

dag

li er

rori

e no

nost

ante

esp

erie

nze

pass

ate

nega

tive,

con

tinua

no a

d av

ere

fiduc

ia n

el

sist

ema

e re

stan

o su

i mer

cati.

Qua

nto

vedo

que

sta

tipol

ogia

di b

locc

o (c

lient

i ch

e vo

glio

no e

vita

re u

na ti

polo

gia

di p

rodo

tto

che

in p

assa

to e

ra a

ndat

a m

ale)

chi

edo

di

spie

garm

i l’e

sper

ienz

a pa

ssat

a,

valu

to

assi

eme

al c

lient

e pe

rché

l’in

vest

imen

to è

an

dato

mal

e e

qual

i era

no le

car

atte

ristic

he

del p

rodo

tto s

elez

iona

to. S

olita

men

te s

e ve

do

che

il cl

ient

e pe

rde

senz

a gi

ustif

icaz

ioni

op

portu

nità

di i

nves

timen

to a

datte

a lu

i cer

co

di s

pieg

argl

i ch

e og

ni p

rodo

tto h

a le

sue

ca

ratte

ristic

he e

non

vuo

le d

ire c

he s

e un

dat

o as

set

in

pass

ato

è an

dato

m

ale

oggi

su

cced

erà

lo s

tess

o.

Influ

enza

de

lle

espe

rienz

e pa

ssat

e

Page 88: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

81

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

Not

i che

i cl

ient

i han

no u

na

tend

enza

a v

oler

inve

stire

in

mer

cati

cono

sciu

ti o

in

gene

rale

in

as

sets

ci

cu

i ha

nno

già

sent

ito p

arla

re o

co

n i q

uali

hann

o gi

à av

uto

a ch

e fa

re?

L’in

vest

imen

to

emoz

iona

le

è m

olto

in

vo

ga,

sopr

attu

tto la

par

te d

ell’in

vest

imen

to s

oste

nibi

le d

i cu

i sen

tiam

o ta

nto

parla

re. I

n pa

rtico

lare

, il m

ondo

fe

mm

inile

è m

olto

inte

ress

ato

e m

olto

sog

getto

a

ques

to ti

po d

i inv

estim

enti.

La c

osa

posi

tiva

di q

uest

o tip

o di

col

loca

men

ti fin

anzi

ari è

che

ven

gono

effe

ttuat

i con

uno

spi

rito

dive

rso:

pi

ù se

i co

invo

lto

emot

ivam

ente

ed

em

ozio

nalm

ente

in u

n in

vest

imen

to e

più

ti a

ccor

gi

che

puoi

far

e la

diff

eren

za,

più

succ

ede

che

non

inve

sti p

iù e

sclu

siva

men

te p

er t

rarre

pro

fitto

, m

a an

che

e fo

rse

prin

cipa

lmen

te

per

una

caus

a so

cial

e ch

e ac

com

pagn

a le

tue

cre

denz

iali.

Ti

facc

io

un

esem

pio:

se

in

vest

i in

un

fo

ndo

sull’o

ncol

ogia

e q

uest

o no

n dà

ris

ulta

ti st

ella

ri m

olto

pro

babi

lmen

te il

sens

o di

del

usio

ne è

limita

to

dal f

atto

che

sai

che

il t

uo c

apita

le è

com

unqu

e se

rvito

ad

una

buon

a ca

usa:

il m

anca

to g

uada

gno

econ

omic

o è

com

pens

ato

dal g

uada

gno

emot

ivo.

L’in

vest

imen

to e

moz

iona

le p

uò p

erò

porta

re p

oi a

d un

ecc

essi

vo a

ttacc

amen

to,

porta

i c

lient

i a

non

esse

re ra

zion

ali s

ul m

omen

to g

iust

o di

ven

dere

per

es

empi

o.

Pers

onal

men

te

spin

go

i cl

ient

i a

fare

in

vest

imen

ti em

ozio

nali,

nel

sen

so c

he p

er m

e è

impo

rtant

e ch

e lo

ro in

vest

ano

in q

ualc

osa

che

cred

ono

vera

men

te,

dove

vi

è

un

inte

ress

e ch

e va

oltr

e a

quel

lo fi

nanz

iario

.

Io s

eguo

l’in

vest

imen

to e

moz

iona

le p

erch

é la

pe

rdita

la v

edi c

ompe

nsat

a da

un

guad

agno

em

otiv

o e

pers

onal

e.

Inve

stim

enti

emoz

iona

i e

cono

scen

ze

del

clie

nte

Le

cono

scen

ze

pers

onal

i in

fluen

zano

la

re

lazi

one

d’af

fari?

N

oti

che

l’inve

stito

re p

iù in

form

ato

ha

una

tend

enza

a

sopr

avva

luta

re

la

sua

capa

cità

di

se

lezi

one

dei

titol

i o

pens

a di

ess

ere

in

grad

o di

pre

vede

re il

futu

ro

dei m

erca

ti?

Le c

onos

cenz

e se

rvon

o pe

r cap

ire l’a

ndam

ento

dei

m

erca

ti, a

iuta

no a

con

trolla

re le

rea

zion

i ist

intiv

e ch

e un

o pu

ò av

ere

quan

do

vien

e pr

eso

alla

sp

rovv

ista

da

un

’impr

ovvi

sa

inve

rsio

ne

dei

mer

cati.

Non

ti d

anno

per

ò al

cun

aiut

o o

alcu

na

indi

cazi

one

della

cor

retta

sel

ezio

ne d

el t

itolo

e

sopr

attu

tto n

on p

erm

etto

no d

i arri

vare

a p

reve

dere

l’a

ndam

ento

futu

ro d

ei m

erca

ti

Facc

io c

apire

che

pre

vede

re n

on è

pos

sibi

le

prev

eder

e l’a

ndam

ento

dei

mer

cati.

È an

che

vero

che

se

una

pers

ona

ha u

na

scon

side

rata

fid

ucia

nel

le s

ue c

apac

ità,

non

poss

o si

cura

men

te e

sser

e io

a fa

rgli

cam

biar

e id

ea,

anzi

co

ntra

ddire

qu

esta

tip

olog

ia

di

clie

nti p

uò p

orta

re a

una

per

dita

di f

iduc

ia e

di

stim

a da

par

te s

ua n

ei m

iei c

onfro

nti,

dunq

ue

ques

to è

un

aspe

tto m

olto

del

icat

o da

trat

tare

.

Con

osce

nze

pers

onal

i e f

iduc

ia

in s

é st

essi

Page 89: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

82

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

Fase

2: D

ecis

ione

di i

nves

timen

to

Le ra

ccom

anda

zion

i e i

titol

i ef

fetti

vam

ente

sc

elti

dal

clie

nte

corr

ispo

ndon

o?

Se

non

corr

ispo

ndon

o su

cos

a si

bas

a la

dec

isio

ne f

ilane

de

l cl

ient

e (c

onos

cenz

e pe

rson

ali,

inve

stim

enti

pass

ati,

racc

oman

dazi

oni d

i te

rze

pers

one,

gio

rnal

i,..)?

Pen

so c

he s

e no

n ac

cetta

la m

ia p

ropo

sta

è pe

rché

no

n ca

pisc

e o

non

trova

qua

le v

alor

e ag

giun

to g

li pu

ò da

re q

uello

che

gli

sto

prop

onen

do.

Un’

altra

mot

ivaz

ione

può

ess

ere

che

l’inv

estim

ento

pr

opos

ta v

a co

ntro

del

le s

ue c

rede

nzia

li o

mag

ari

si tr

atta

di u

n in

vest

imen

to g

ià fa

tto in

pas

sato

che

pe

ha

lasc

iato

ne

i ric

ordi

de

l cl

ient

e un

’esp

erie

nza

nega

tiva.

L’ap

proc

cio

con

un c

lient

e uo

mo

o co

n un

clie

nte

donn

a ca

mbi

a, la

don

na q

uand

o m

i da

fiduc

ia s

i fid

a ce

cam

ente

, l’u

omo

inve

ce s

e ti

racc

onta

i fa

tti

suoi

poi

vuo

le v

eder

e qu

ello

che

hai

fatto

per

lui.

Don

ne

sono

m

olto

pr

open

se

a in

vest

imen

ti so

sten

ibili

.

È

indi

spen

sabi

le

spen

dere

tu

tto

il te

mpo

ne

cess

ario

per

spi

egar

e la

pro

post

a al

clie

nte,

pe

rson

alm

ente

chi

edo

rego

larm

ente

dei

feed

ba

ck p

er v

erifi

care

che

il

clie

nte

“res

ti su

l pe

zzo”

e c

apis

ca d

i cos

a st

iam

o pa

rland

o.

Fidu

cia

del

clie

nte

vers

o il

cons

ulen

te

Effe

tto g

regg

e

Page 90: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

83

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

Dop

o av

ere

pres

o la

de

cisi

one

di

inve

stim

ento

, su

cced

e m

ai c

he i

l cl

ient

e ca

mbi

idea

e n

on v

uole

più

in

vest

ire p

er p

aura

?

Suc

cede

mai

che

il

clie

nte

deci

de

di

ritira

rsi

dall’

inve

stim

ento

in

un

pe

riodo

più

bre

ve d

i qu

ello

st

abili

to?

Si m

i è s

ucce

sso

una

volta

che

un

clie

nte

aves

se

firm

ato

un m

anda

to e

il gi

orno

dop

o m

i ha

chia

mat

o pe

r dirm

i che

ci a

veva

ripe

nsat

o. D

a li

ho c

ambi

ato

il m

io a

ppro

ccio

ver

so i

clie

nti,

nel s

enso

che

se

non

li ve

do d

avve

ro c

onvi

nti d

i una

dec

isio

ne p

resa

al

lora

pre

feris

co fe

rmar

mi.

Per

ché

se p

oi q

ualc

osa

va s

torto

que

sti s

ono

i prim

i clie

nti c

he p

erdo

no la

fid

ucia

, non

osta

nte

la d

ecis

ione

fina

le è

sta

ta lo

ro.

Per

evi

tare

rip

ensa

men

ti ch

iedo

spe

sso

feed

ba

ck d

uran

te la

pro

post

a e

verif

ico

che

tutto

si

a ch

iaro

.

Ci s

ono

due

aspe

tti fo

ndam

enta

li pe

r ev

itare

rip

ensa

men

ti:

la

prim

a è

verif

icar

e ch

e il

clie

nte

abbi

a in

chi

aro

la p

ropo

sta,

le

sue

cara

tteris

tiche

, gl

i ob

ietti

vi f

inal

i e

i po

ssib

ili

scen

ari.

La s

econ

da c

osa

fond

amen

tale

è c

he

il “d

ecis

ion

mak

er”

sia

pres

ente

o r

icev

a le

in

form

azio

ni p

rima

di p

rend

ere

una

deci

sion

e de

finiti

va: p

er e

sem

pio

se h

o co

me

clie

nte

una

sign

ora

che

solit

amen

te p

rima

di p

rend

ere

qual

sias

i de

cisi

one

chie

de c

onsi

glio

a s

uo

mar

ito,

è im

porta

nte

che

prim

a ch

e le

i m

i co

mun

ichi

le s

ue in

tenz

ioni

fina

li, a

bbia

avu

to

la p

ossi

bilit

à di

con

sulta

rsi

con

lui,

così

fa

evita

re ri

pens

amen

ti in

un

seco

ndo

mom

ento

.

L’im

porta

nte

è no

n fa

re m

ai p

ress

ione

sui

cl

ient

i, la

scia

re il

tem

po d

i cui

han

no b

isog

no

per

rifle

ttere

sul

la d

ecis

ione

fin

ale,

mi

sono

ca

pita

ti pi

ù ca

si p

er i q

uali c

i son

o vo

luti

dive

rsi

mes

i prim

a ch

e il

clie

nte

arriv

asse

dec

iso

a pr

ende

re u

na s

celta

, m

a qu

anto

que

sta

è st

ata

pres

a er

a de

finiti

va.

Ince

rtezz

a, p

aura

, te

mpo

regg

iam

ento

Page 91: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

84

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

Fase

3: d

opo

la d

ecis

ione

di i

nves

timen

to

Com

e re

agis

cono

i

clie

nti

dopo

una

fase

di r

ialz

o? H

ai

mai

not

ato

un s

entim

ento

di

avid

ità d

el c

lient

e?

E do

po u

na fa

se d

i per

dita

? H

ai m

ai ri

scon

trato

un

sens

o di

coi

nvol

gim

ento

del

clie

nte

nell’i

nves

timen

to e

ffettu

ato?

Si l’h

o no

tato

l’avi

dità

, ti f

acci

o un

ese

mpi

o: c

ompr

o Ap

ple

a 20

0 pe

rché

mi a

spet

to c

he a

rrivi

a 2

50,

quan

do A

pple

arri

va 2

30 e

ini

zian

o ad

arri

vare

se

gnal

i neg

ativ

i sul

tito

lo,

sare

bbe

il m

omen

to d

i ve

nder

e, lu

i non

ven

de fi

no a

che

non

ragg

iung

e il

suo

obie

ttivo

.

Qua

ndo

inve

ce u

n tit

olo

perd

e la

situ

azio

ne è

di

vers

a, i

o so

no i

l pr

imo

a se

ntire

un

sens

o di

co

invo

lgim

ento

qua

ndo

un ti

tolo

per

de e

facc

io u

na

fatic

a so

vran

natu

rale

a v

eder

lo.

L’es

empi

o pi

ù ba

nale

son

o le

azi

oni U

BS: q

uant

i clie

nti a

bbia

mo

che

hann

o in

dep

osito

azi

oni

della

ban

ca c

he

hann

o ac

quis

tato

a li

velli

mol

to a

lti c

he p

osso

no

arriv

are

fino

a qu

asi

CH

F 70

e o

ggi

inve

ce s

i tro

vano

in p

orta

fogl

io ti

toli

da p

oco

più

di C

HF

11,

e no

nost

ante

que

sto

non

li vo

glio

no v

ende

re. S

ono

pare

cchi

que

sti

clie

nti

e po

sson

o av

ere

svar

iati

mot

ivi,

o at

tacc

amen

ti pe

r prin

cipi

o, o

atta

ccam

enti

pers

onal

i, m

agar

i ha

nno

ricev

uto

ques

ti tit

oli

in

ered

ità,

o pe

r al

tri m

otiv

i, lo

ro h

anno

un

lega

me

affe

ttivo

con

il ti

tolo

in q

uest

ione

e la

ven

dita

non

è

asso

luta

men

te p

resa

in c

onsi

dera

zion

e.

Per

evita

rle

l’avi

dità

de

vi

stab

ilire

degl

i ob

ietti

vi

prim

a di

ef

fettu

are

l’inve

stim

ento

. Pe

rson

alm

ente

nel

mom

ento

in

cui

disc

uto

dell’a

cqui

sto

un ti

tolo

con

un

clie

nte

gli c

hied

o gi

à qu

anto

si a

spet

ta d

i gua

dagn

are.

È a

nche

po

ssib

ile i

nser

ire n

el s

iste

ma

dei

limiti

per

ev

itare

l’a

vidi

tà:

quan

do u

n tit

olo

tocc

a un

va

lore

vie

ne v

endu

to in

aut

omat

ico.

Il lim

ite s

u un

val

ore

più

bass

o di

que

llo c

he

un t

itolo

ha

attu

alm

ente

l’h

o m

esso

mol

to

rara

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erch

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ole

dire

che

io a

cqui

sto

pens

ando

già

che

un

titol

o an

drà

a pe

rder

e. È

pi

ù pr

obab

ile

inse

rirlo

se

pe

r es

empi

o si

ac

quis

ta u

n tit

olo

a 20

0, q

uest

o sa

le a

250

e il

cl

ient

e no

n vu

ole

anco

ra v

ende

re,

allo

ra s

i de

cide

di i

nser

ire il

lim

ite a

230

cos

ì ch

e si

sa

lva

una

parte

del

pro

fitto

nel

cas

o il

titol

o po

i sc

enda

.

Avid

ità

dopo

un

a fa

se d

i ria

lzo

dei

mer

cati

o se

nso

di

coin

volg

imen

to

in

una

fase

di p

erdi

ta

Page 92: La finanza comportamentale: il comportamento degli ... · hanno di acquisire ed elaborare informazioni utilizzando determinate regole intuitive, dette euristiche: si tratta dunque

85

La finanza comportamentale: il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti nel processo di investimento

Se

un

inve

stim

ento

co

nsig

liato

dal

la b

anca

va

mal

e,

il cl

ient

e ti

colp

evol

izza

?

Se

inve

ce a

d an

dare

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e è

un i

nves

timen

to s

celto

dal

cl

ient

e co

ntro

le

ra

ccom

anda

zion

i de

lla

banc

a co

me

si c

ompo

rta i

l cl

ient

e?

Si é

suc

cess

o, m

a si

rinf

acci

a so

lo s

e il

clie

nte

non

è st

ato

corr

etta

men

te

info

rmat

o al

m

omen

to

dell’

acqu

isto

.

Se

il cl

ient

e ha

cap

ito d

ove

ha m

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i su

oi

sold

i non

pot

rà m

ai d

ire n

ulla

. È d

unqu

e m

olto

im

porta

nte

appr

ofon

dire

tu

tti

gli

scen

ari

poss

ibili

ne

lla

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pr

eced

ente

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l’inv

estim

ento

. Bis

ogna

inol

tre d

iffer

enzi

are

tra

perd

ita

mom

enta

nea

o pe

rdita

co

ntab

ilizz

ata:

da

vant

i ad

un

a pe

rdita

m

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tane

a de

vi r

icor

dare

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clie

nte

che

esis

te

un

arco

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mpo

rale

de

ciso

in

pr

eced

enza

e b

isog

na r

ispe

ttarlo

, pe

r qu

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co

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ata

inve

ce

è be

ne

anal

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re

l’inv

estim

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le ra

gion

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la p

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ta.

Rea

zion

e do

po u

n in

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imen

to

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to m

ale

Not

i ch

e i

clie

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valu

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l’i

nves

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to in

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un

prez

zo

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ilito

ne

lla

loro

m

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(anc

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?

L’ef

fetto

anc

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più

che

nella

val

utaz

ione

di

un

titol

o la

ris

cont

ro

nell’

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rars

i ad

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ric

ordo

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ssat

o e

a no

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scire

a d

ista

ccar

sene

.

Tu p

uoi p

rova

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tog

liere

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inco

lo m

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le

crea

to n

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rland

o e

disc

uten

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perta

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ostra

ndo

la r

ealtà

de

i fat

ti in

mod

o ob

ietti

vo.

Effe

tto a

ncor

aggi

o

In

conc

lusi

one,

ti

chie

do,

seco

ndo

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i cl

ient

i so

no

razi

onal

i o ir

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i? Q

uali

elem

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aiut

ano

una

mag

gior

e ra

zion

alità

de

ll’in

vest

itore

?

L’es

sere

um

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è irr

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nale

, e q

uest

o as

petto

con

tradd

istin

gue

anch

e gl

i inv

estit

ori.

La r

azio

nalit

à è

una

visi

one

alla

qu

ale

si p

uò a

spira

re m

a no

n si

arr

iver

à m

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ragg

iung

erla

pie

nam

ente

.

Sic

uram

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deg

li as

petti

che

ti p

osso

no a

iuta

re a

d es

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una

per

sona

ogg

ettiv

a so

no le

con

osce

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dei m

erca

ti,

l’esp

erie

nza,

il q

uadr

o in

cui

si o

pera

.

A p

arer

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io a

ffida

rsi a

d un

con

sule

nte

o af

fidar

e il

prop

rio c

apita

le in

ges

tione

a u

na te

rza

pers

ona

non

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rta a

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razi

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a ti

met

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ella

con

dizi

one

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on d

over

e pi

ù pr

ende

re d

ecis

ioni

, qui

ndi l

a tu

a irr

azio

nalit

à no

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più

mod

o di

inta

ccar

e le

dec

isio

ni d

i inv

estim

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ma

tu c

ome

pers

ona

avra

i com

unqu

e l’a

nsia

qua

ndo

sent

irai c

he i

mer

cati

vann

o m

ale

se il

tuo

patri

mon

io è

inve

stito

.