La filosofia del Novecento -...
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LDB
RemoBodeiLAFILOSOFIADELNOVECENTO
Feltrinelli
©GiangiacomoFeltrinelliEditore
Milano©1997,2006Donzellieditore,
Roma
Primaedizionenell’“UniversaleEconomica”–
saggiaprile2015
StampaNuovoIstitutoItalianod’ArtiGrafiche-
BG
ISBN978-88-58-82069-8
LafilosofianelNovecento
AChiaraALisa
Notaintroduttiva
Questo libro offrestrumenti per pensarel’esperienza di unsecolo denso diimpreviste
trasformazioni.Ricostruisce lecoordinate cheorientano i nostripaesaggi mentali edelinea la mappa deipercorsi in cui lafilosofia incrocia isaperi piùrappresentativi.Cogliendo le idee in
movimento, risultanocosì maggiormentevisibili, nella lorospecificità, gli snodiche articolano ildiscorso filosofico, quiriferito utilizzandosoltanto le fontiprimarie. Con stilenarrativo limpido erigoroso, vengono
abbandonati i duemodelli espositivi piùdiffusi: quello dellastoria lineare (chepresentafilastrocchediopinioni ricuciteattraverso l’esile filodella progressionecronologica) e quello,totalmente privo dicontesto, della
descrizione di sistemiminiaturizzati e isolati(che sarebbero inpossesso di unaesistenza autonoma efuoridaltempo).Aessisi preferisce larappresentazione discene teorichecompatte, scandite perquadri concettuali, in
cui i protagonistiintrecciano in manieraavvincente i loroargomenti nello sforzodi chiarire problemichesonoanchenostri.In termini
quantitativi, alla basedelvolumesitrovapermetà una precedentericerca, peraltro
radicalmenterielaborata (cfr.Filosofia, inLa culturadel ’900, Gulliver,Milano 1979 e OscarStudio Mondadori,Milano 1981). L’altrametàcostituisceinveceun lavorocompletamente nuovo,cheampliaalcuneparti
già scritte e introducealla riflessionefilosoficapiùrecente.
Los Angeles-Pisa,autunno-inverno 1996-97
R.B.
Premessaallanuovaedizione
2015
Sono passati diversianni dalla secondaedizione del 2006. Nel
frattempo il dibattitofilosoficopiùrecentesièarricchitoditemiediautori di cui ho volutorendere criticamenteconto, inquadrandolinell’ambitodeglieventiche hannocaratterizzatogliultimidecenni. Ho cosìrielaborato e ampliato
la trattazione di alcunicapitoli,concentrandomi, inparticolare, sulla fasefinale del pensiero diFoucault,sull’umanesimoeuropeo in confrontocon altre civiltà, sullebiotecnologie e le loroimplicazioni.Ho,infine,
aggiunto numerosepagine sulla filosofiaitaliana, dagli anniottanta del Novecentoa oggi, e sul rapportoverità-realtà. In unmomento storico in cuil’esistenza diinnumerevoli esseriumani è diventataprecariaeincuicresce
l’incertezza legata alfuturo, la filosofia puòaiutarci a rifletteresullanostracondizione.
Pisa-Los Angeles,febbraio2015
R.B.
I.Lefilosofiedelloslancio
1.Iltemporitrovato
A chi si desta inpiena notte succede,
secondo Proust, diignorare talvolta tutti idatirelativiallapropriapersona e al luogo incuisitrova.Laragione,rilassandosi nel sonno,ha cancellato tutti iconfini di tempo e dispazio. Non resta, alrisveglio, che unelementare e
indeterminato “sensodell’esistenza qualepuò fremere nellaprofondità di unanimale”einun“uomodelle caverne”. Persituarsi e orientarsi dinuovo occorrericostruirelaretedellecoordinatedelmondoei “tratti originali” del
proprio io, compiendoinpochiattimiunbalzo“soprasecolidiciviltà”.Ma per rivestire lacoscienzadisestessiènecessario ricomporrel’ordine delle cose.Dapprimaèilcorpo,albuio, che viene inaiuto, è “la memoriadelle sue costole, dei
suoi ginocchi, dellespalle” che ricorda ivari tipi di letto in cuisièdormito,checercadi indovinare laposizione dei mobili ele situazioni vissute:“ero in campagna acasa del nonno, mortoparecchianni fa; [...] ilmuro correva in
un’altra direzione; eronellamiastanzaacasadi Madame de Saint-Loup”. E, intanto, “lepareti invisibili,mutando posizionesecondo la forma dellastanza immaginata”,preparano ilriconoscimento delluogo in cui si è. Ogni
stanza si presentaintagliata nella fuga dialtre stanze, cheappaiono come suoicontorni fluttuanti,margini indispensabilidel processo diindividuazione. Ognicosa ha un alone dialterità, ondeggia nelsuo stato fluido, è
attraversata dallacorrentedeltempo.Maecco: la coscienza ècompletamente desta,ha ripreso il controllodella situazione, èintervenuto il pensieroche solidifica tutto:“Forse l’immobilitàdellecoseintornoanoiè loro imposta dalla
nostra certezza chesono esse e non altre,dall’immobilità delnostro pensiero neiloro confronti”.Abbiamo nominato lecose e (a scopopedagogico,perevitaredispersione e fatica) leabbiamo classificate esemplificate, togliendo
loro ogni alteritàinterna, ogni pluralitàdi contorni, ogniriferimento a noi: “Leparole ci presentano,delle cose, una piccolaimmagine nitida econsueta, simile allefigureches’appendonoalle pareti delle scuoleper dare ai bambini
l’esempio di quel chesia un banco, unuccello, un formicaio,cose concepite comeuguali a tutte quelledella medesimaspecie”.1 Perriprendere possesso dinoi stessi e delle cosein modo autentico, sideve compiere una
sortadiesperimento,insolitudinee insilenzio:riprodurre la duratapura, sgretolando leresistenti concrezionidel presente, intuendoal di là del pensieroimmobilizzante e dellinguaggioclassificatorio. Lontanidalla folla e
dall’incalzanteinvolgarimento deitempi, protetti daglistimolitroppointensieperciò ottundenti dellagrande città, liberidalla costrizione dioperare praticamentesulle cose – nellavorarle, infatti, esserivelerebbero
hegelianamente benaltra durezza –, èpossibile evocareun’esistenza ricca einternamentearticolatae sfumata, tradurre laspazialità nel tempodella coscienza,rendere testimonianza,in un laboratorio-catacomba di sughero,
di un’umanità raffinatae sensibile che sta peresseretravolta.In questa solitudine
si possono farriaffiorareglistratipiùantichi di noi stessi, ivari “io” che si sonosucceduti e chegiacciono in profonditàquasi geologiche,
schiacciati dal pesodellanostrapersonalitàattuale.Ognunodiessiè stato, a suo tempo,sepoltodaunapotentescossa, che ne haprovocato l’abbandono,obbligandoci areinventare noi stessi.Il destino ci fornisce,del resto, tanti “io di
ricambio” entro cuiriformulare le nostrepassioni e il nostropensiero. Nei loroconfronti, una voltalasciati indietro,proviamo alla finesoltantouna“tenerezzadisecondamano”.2Perfortuna, però, nonpotendoli elaborare
completamente oasservire del tuttoall’ultimo“io”incarica,essi talvolta ritornano.Lo scopriamoall’improvviso, conmeraviglia, nell’attimoin cui un ricordo (delquale ci sembrava dinon conservare piùalcunatraccia)civiene
incontro grazie a unacasuale scintilla delpresente. In questimomenti ritroviamomiracolosamenteintatto un nostro “io”trascorso, per nullalogorato dallemodificazioni psichichesuccessive,paradossalmente
protetto e custoditodall’oblio come in unateca.Quandoidue“io”cronologicamentelontani – quello delpresente e quello delpassato – si toccanoallamanieradiduepoliin un arco voltaico,quando l’emozione nonsi separa più dalla
conoscenza“acausadiquell’anacronismo chetanto spesso impedisceal calendario dei fattidi coincidere conquellodeisentimenti”,3allora si avverte comeun aroma di eternità.Ci si accorge chequalcosa si è salvatodalla distruttiva
voracità del tempo.Parealloradi risolvere“l’enigma dellafelicità”,nascostonelleagnizioni“stereoscopiche” di sestessiinquantorimastiidentici attraverso imutamenti, unici esdoppiati.Stranamente, quelli
che ci commuovono,quando si affaccianoper mezzo del ricordoinvolontario, sonoeventi a prima vistainsignificanti. Essi sisono tuttavia salvatidall’omologazione allaprospettiva delpresente proprioperché l’intelligenza li
ha scartati, in ragionedella loroinutilizzabilità: “laminima parola da noidetta in un periododella nostra vita, ilgestopiùinsignificanteda noi compiuto eranocircondati, portavanosu di sé il riflesso dicose che dal punto di
vista logico nonavevanoconessi alcunrapporto, che ne sonostate separatedall’intelligenza, chenon sapevano chefarsene di loro per lenecessità delragionamento, ma inmezzo alle quali – quiriflesso rosato della
sera sul muro fioritod’un ristorante dicampagna, sensazionedi fame, desiderio didonne, piacere dellusso – là voluteazzurre del maremattutinoadavvolgerefrasi musicali che neemergonoparzialmentecome le spalle delle
ondine–ilpiùsemplicedei gesti, degli attirimaneracchiusocomein mille vasi riempiticiascuno di cose d’uncolore, d’un odore, diuna temperaturaassolutamente diversi;senza contare chequesti vasi, dispostilungotuttal’altezzadei
nostri anni (annidurante i quali nonabbiamomaismessodicambiare, fosse solonel sogno e nelpensiero), sono situatia quote molto diverse,e ci danno lasensazione diatmosferesingolarmente variate
[...]. Sì, se il ricordo,grazie all’oblio, non hapotuto contrarre alcunlegame, gettarenessunacatenafraséel’istante presente, se èrimasto al suo posto,alla sua data, se hamantenuto le suedistanze, il suoisolamento nella
profonditàd’unavalleoincimaadunavetta,cifarà respirare di colpoun’aria nuova per laprecisa ragione che èun’aria respirata inaltri tempi, quell’ariapiù pura che i poetihanno cercato invanodi far regnare nelparadiso e che non
potrebbe dare lasensazione profonda dirinnovamentochecidàse non fosse già statarespirata,giacchéiveriparadisisonoiparadisiche abbiamoperduto”.4 A tali rariistanti possiamoaggrapparci persfuggire la piatta
uniformità di unaintelligenza che cisvuotadiemozioniedisfumature, spingendociverso una routinedimentica del possibileriscattodaltempo.
2.Lecicatricidellacrescita
Secoli di civiltà el’inesorabile pressionedei bisogni praticicospirano dunqueverso la tendenzialeunivocità e fissazionedei pensieri e dellecose che essicatturano.Ciòerastatoaffermato,informepiùargomentative, da
Henri Bergson, cuginoacquisito di Proust.Anch’egliavevacercatodi dimostrare come icontorni netti che noiattribuiamo alle cosenon siano altro che loschema di unainfluenza chepotremmo esercitaresudiesse,iprogrammi
di possibilimanipolazioni: “Essisono il piano dellenostre azioni eventualiche viene rimandato ainostri occhi come dauno specchio, quandopercepiamolesuperficie i contorni delle cose[...].Abbiamodettochei corpi bruti vengono
ritagliati nella stoffadella natura da unapercezione le cuiforbici seguono, inqualche modo, iltracciato delle linee sucui potrebbe passarel’azione”.5L’intelligenza e lapercezioneimmobilizzantesonogli
strumenti di uninterventosulmondoalservizio dellasopravvivenza dellaspecie umana.L’azione, per essereefficace,deveritagliareilmondo secondo lineedi possibile intervento.Al fine di manipolarlodeve però essere in
grado di misurare e diprevedere, di foggiarestrumenti e macchine,di estendere il suopoteresuipiùdisparatifenomeni. Per questol’intelligenza e lescienze sono ilprolungamentodell’azione nella lorocapacità di fabbricare
oggetti artificiali,strumenti e macchinesemprepiùperfetti.Èlanecessitàpratica
dell’azione cheseleziona i ricordi invistadelledifficoltàdelmomento, che chiamainaiutolamemoriaperrisolvereanalogicamente le
impasses di volta involta incontrate. Ilpassato si conservacosì virtualmente, inmaniera automatica, ela memoria èparagonata a un conorovesciato, il cuivertice condensa unnumero minimo diricordi nel toccare il
pianodelpresente,chesempre si allontana esempre è inseguito,mentre i ricordiaumentanoprogressivamentequanto più si risaleversolabase.“Chinatosul presente”, ilpassato ci insegue ebussa alla porta della
coscienza.Questo tempo non
trova ascolto se nonquando è consideratoutile, quantificabile.Soltanto lo spazio,tuttavia, si puòmisurare, soltantoquelche è esattamenteprogrammato eprestabilito si può
prevedere. Succedeperò che questoparadigmadidominioedi controllo del realevenga impropriamenteesteso anche al campodella coscienza e dellacultura umana,spazializzando il tempoe pietrificando eomogeneizzando
quanto simodifica e sisviluppa. Ecco allorache i nostri stati dicoscienza, che sono“come degli esseriviventi,incessantemente in viadi formazione”,vengono assimilatiall’esterioritàreciprocadelle cose inerti (al
tempo cronologicosuddiviso in partiuguali) e consideratistabili, malgrado laloroinstabilità,distinti,malgradolaloromutuacompenetrazione.Il tempo cronologico
è sostanzialmente quelsimbolo t, impiegatonelle equazioni della
meccanica, che offre aBergson, giovaneprofessore a Clermont-Ferrand, la primaoccasioneperrifletteresulla durata e perdistinguere il carattereastratto del primo dalcarattere concretodella seconda, che havalore intensivo ed è
“creazione continua,sgorgareininterrottodinovità”. E mentre iltempo cronologico èsupposto unico elineare, quello delladurata è multiplo,elastico, complesso,privodiununicoritmo.Dicontroallacoscienzadiluita e segmentata
dal tempo cronologico,esteriorizzata edipendente dalle cose,occorre riappropriarsiindividualmentedell’esistenza,riscoprireinsestessilasorgente dellaspontaneità e dellatrasformazione, loslancio “floreale” anti-
meccanicistico. Senellacornicedeltempospazializzato si assistealladissipazionedell’ioe alla sua direttasubordinazione aesigenze socialispersonalizzanti,all’interno della“durata” ciascunoamministra e
capitalizza il propriosviluppo, facendo“valangasusestesso”.Su quale fulcro
insistere per usciredalla normalecondizione di inerzia,dal frequenteimpoverimento epassività dellacoscienza? Triste è
infatti la condizione dichi si lasciasemplicementetrascinaredall’abitudine: “Lamaggior parte delnostro tempo, noi loviviamo all’esterno dinoi stessi, nonpercepiamo del nostroio che un fantasma
scolorito, ombrache ladurata proietta sullospazio omogeneo. Lanostra esistenza sisvolge dunque nellospaziopiuttostocheneltempo; viviamo per ilmondo esteriorepiuttosto che per noi;parliamo piuttosto chepensare; ‘siamo agiti’
piuttosto che agire noistessi. Agireliberamenteèprenderepossesso di sé, èrimettersi nella duratapura”.6Invertire la rotta è
peròdifficile,inquantoilnostrosensocomune,storicamente acquisito,deriva dal paradigma
dello spazio omogeneoe inerte, su cuiinterviene, ritagliandoe collegando, unaintelligenzastrumentale che non ènéveranéfalsa(inciòBergsonèstrettamenteimparentato con tantaparte della culturafilosoficadell’epoca,da
Nietzscheall’empiriocriticismo,da James all’immaginecrocianadellascienza).Dal mondo dell’azione,ossia anche del lavoro,si può evadere verso ilmondo della duratapura, della libertà, ilcui regno cominciaoltre la prassi, oltre il
lavoro. E chi potràgodere di questoprivilegio? Chi potràelitariamente sottrarsiall’“essere agiti”? Chipotrà evitare ladegradazione –economica,emozionale,intellettuale –dell’esistenza? Vi è in
Bergson un’implicitaprotesta contro ildeterioramento diquesto vivere, l’oscuraimpressione che lascienza sia diventataun alleato dell’illibertàedellareificazione.A ciò egli reagisce
sostanzialmente conduestrategie. Inprimo
luogo, enfatizzando loslancio in avanti,negando ogni datitàimmobile e ogniriduzionealpresenteoal già-stato, senzatuttavia prometterealcunaassicurazionedieffettivo progresso:l’evoluzione èimprevedibile, si può
solo nutrire fiducia nelcambiamento. Questoperché la “durata”viene garantitadall’analogia tra lacoscienza umana e lavita della natura nelsuo complesso.Entrambe sonocreazione continua,autoproduzione.Lavita
psichica è unozampillare costante dinuova, imprevedibilespontaneità. Il suo“slancio”èsolidaleconl’impulsounicocheèlavita ingenerale,chesidissocianellesuevarieforme animali evegetali, subendoarresti, deviazioni e
regressi, ma anchecicatrizzando le sueferite e procedendosempreinavanti.NellaEvoluzione creatrice(1907) l’accento cade,più che sul recuperodel tempo perduto,sullaproiezioneversoilfuturo, che è un casoparticolaredella spinta
dell’universo nelladirezione di continuemetamorfosi. Una solae identica avanzata,indivisibile eubiquitaria, permeatuttigliesseri.Bergsonla paragona a “unacarica travolgente” diunimmensoesercito.Aproposito di questa
metafora militare, èinteressante notare –per inciso – come gliufficiali francesi,educati all’Accademiada insegnantibergsoniani alla tatticae alla strategiadell’élan vital,morissero a migliaia,nelprimoperiododella
Grande guerra, in“cariche travolgenti”contro le munitetrinceetedesche.Alla luce di questa
teoria Proust appareuna specie di Bergsoncapovolto,malinconico,cheinverteladirezionedello slancio vitale:invecediindirizzarloin
avanti, verso il futuroindefinito della caricadi cavalleria dellaspecie, lo ripiegaall’indietro nel tempoperduto individuale,per ritrovarvi tuttavial’eterno. Lo slanciovitale bergsonianoavanza comunquelungo le linee di una
evoluzione divergente,che opera non peraddizione oassociazione, ma persdoppiamento edissociazione, e checontiene arresti,deviazioni, regressi,atrofizzazioni ocicatrici di possibilitàinespresse, latenti o
bloccate. Nella vitaindividuale,dall’infanzia allamaturità, si perdesempre qualcosa, sirestringe, col crescere,l’areadelpossibile.Noisiamoinfatticostrettiamantenere la nostraidentità inunacrescita“a stelo”, potando
continuamente lepossibili ramificazionidella nostrapersonalità, gli io cheavremmo volutodiventare: “Ognuno dinoi, con un colpod’occhio retrospettivosulla sua storia,constaterà che la suapersonalitàdibambino,
per quanto indivisibile,riuniva in sé personediverse, che potevanorestar fuse insiemeperchéeranoallostatonascente: questaindecisione piena dipromesse è uno deimaggiori fascinidell’infanzia. Ma lepersonalità che si
compenetranodivengono, colcrescere, incompatibilie, poiché ciascuno dinoi non vive che unasola vita, è costretto afare una scelta. Noiscegliamo, in realtà,incessantemente, eincessantementeabbandoniamo molte
cose. La strada chepercorriamo nel tempoècopertadellemaceriedi tutto ciò checominciavamoaessere,di tutto ciò cheavremmo potutodiventare”.7Immergendoci nella
durata sentiamonuovamente pulsare
unoslancioche,inunadelle ultime opere(Durata e simultaneità,del 1922), diventacosmico, coinvolgel’intera realtà. Con i“colpi di sonda delladurata pura”giungiamoanoi stessi,diventiamo liberi,riusciamo a ricostruire
il senso della nostraesistenza.La seconda strategia
consiste nell’arroccarsiall’interno dell’ultimafortezza dellacoscienza individuale,dove si è accumulatoquel che si è potutosalvare dallareificazione, dove si
celebra il corroboranteritodirammentarsidelproprio io e da cui sispera, un giorno, dipoter compiere unasortita per rendereappena più complessoe profondo lo spazioesterno. All’efficaciadelle scienze ècontrapposta la verità
della filosofia, custodediunavitapiùintensa.La pratica dellafilosofia permette allacoscienza individualedi ricostituirsi in unitàdinamica, diricongiungersi a sestessa, al di là dellasegmentazione e delladissipazione imposta
da un’esperienzadissolvente espersonalizzante. L’ioha bisogno diricomporsi, diristrutturarsicontinuamente e diconservare, nellostesso tempo, lapropria identità eintegrità (partendo da
esigenzeanaloghe,consoluzione diversaNietzsche invocò ilvolere se stessinell’eterno ritornodell’uguale).Il conflitto tra
l’individualità e ladisgregazione che laminaccia èrappresentato,informa
drammatica, comeagone tra fluidità econgelamento, tratempo e spazio, traneo-lamarckismo (percui l’evoluzione èmossa da un bisognointerno) e darwinismo(per cui è mossa dallalotta per lasopravvivenza).
Fluidità, movimento,bisogno sono lecategorie portanti delpensiero di Bergson,ma anche quelle cheprovocano piùresistenze nellacoscienza comune,“tolemaica”: “Dinanziallo spettacolo diquesta mobilità
universale, alcuni dinoi saranno presi davertigini. Il fatto è chesonoabituati alla terraferma; non possonoavvezzarsialrollìoealbeccheggio. Hannobisogno di punti ‘fissi’ai quali appendere ilpensiero e l’esistenza.Essi credono che se
tutto passa, nienteesista;eche,seilrealeè mobilità, esso non ègiàpiùnelmomentoincui lo si pensa, èsfuggito al pensiero. Ilmondo materiale,dicono, viene adissolversi e lo spiritoad annegare nel flussotorrentizio delle cose.
Si tranquillizzino! Seconsentiranno aguardarlodirettamente, senzaveli interposti, ilcambiamento appariràloro ben presto comeciò che può esservi almondo di piùsostanziale e di piùdurevole”.8
Inquestouniverso inperennemovimento, larealtà va ridisegnata ereinterpretata dicontinuo; ilconcettodi“dati sensibili”rigidamentepositivistico va sciolto(l’oggetto visibile sicomplica inmacchiedicolore, si dissolve in
linee e piani che nonobbediscono più aicanoni della vecchiageometriaproiettiva;letonalità musicali siintrecciano, i suoni sisfumano o gli accordidiventano audaci,dapprima dissonanti ourtanti); anche illinguaggioeimodulidi
pensiero devonomutare, scombinarsi,ricomporsi a livellidiversi e asimmetrici,acquistare maggioreplasticità ed elasticità,per tenerdietroastatidi coscienza e aprogetti di interventosu unmondomutevoleche hanno un alto
coefficiente diobsolescenza; devonoandare sempre oltre lacapacità media diricezione del grossopubblico, che raffigurail ricostituirsi delmomento inerziale, lapassività e lareificazione cherapidamente si
riproduceaogninuovaavanzata.
3.Periferiedellavita
Anche per GeorgSimmel l’individuomoderno è mobile,fluido, plasmabile. Manel senso di unintreccio variabile di
realtà date e dipossibilità costruite.Esso è simile a unacifra da cassaforte,formata da elementicomunia tutti gli altri,mescolatiperòinmododa produrre unaprecisa einconfondibilecombinazione. Nel
passato l’uomo eraincapsulato dentro unamolteplicità di sferetendenzialmenteconcentriche (famiglia,stirpe, corporazione,Stato, Chiesa).Abbandonando taleordine e ponendo ilsingolo all’intersezionedi circoli sociali
eccentrici, la societàcontemporanea avanzainvece verso unaaccentuatadifferenziazione.9L’individuodiventacosìtanto più se stesso,quanto più inglobatratti di universalitàcondivisi con altri equanto più allarga il
ventaglio dellecombinazioni possibili.Oscillando tra processidi socializzazione e dipersonalizzazione,ciascuno ha oral’opportunità – nonsempre còlta, e nonsempre felice – di“realizzarsi”.Dare senso alla
propriavita,laddovelacentraturadell’individuononèpiùgarantita dalleistituzioni, è tuttaviaun’impresa ardua. Aogni accrescimentodelruolo della soggettivitàsiproduceinfatti,comecontraccolpo, unadilatazione dell’ambito
dell’oggettività (eviceversa), nel senso,ad esempio, in cui larazionalità inserita inunasemplicemacchinada cucire (oggettivitàpriva di coscienza,progettata peròconsapevolmente dauno o più uomini)prende il posto della
coscienza, dell’abilità,della capacità,dell’attenzione delladonnacheconl’agoeilfiloeseguivaamanolemedesime operazioni.Simili movimentirisultano ora inglobatinella razionalitàinternadellamacchina,in cui lo spirito “è per
cosìdiretrapassato”.10La diffusione delle
macchineesoneradallemansioni più pesanti ocherichiedonomaggiortempo, ma laprestazione si paga,persino nel campo deilavori domestici. Alladonna di determinaticeti si spalanca infatti,
all’improvviso, uninatteso spazio divirtualità, di tempolibero,dicuiessaperònonhaancoraappresoa godere. La nuovacondizione la metteanzi in conflitto con ilproprio ruolotradizionale, giacché ilmatrimonio in quanto
istituzione non haprogredito con lastessa velocità dello“spirito soggettivo”deiconiugi e delleinnovazioni tecniche.La liberazione dallefatiche non si traducecosì in una maggioresoddisfazionepersonale, in un
aumento sensato deltempo di una vitasensata: “moltissimedonne della classeborghese hanno vistosfuggire il contenutoattivo della vita senzache con altrettantarapidità altre attività oaltre mete sianosubentrate nel posto
rimasto vuoto: lafrequente‘insoddisfazione’ delledonne moderne,l’inutilizzabilità delleloro forze cheretroagendo provocanotutta una serie diturbamenti e didistruzioni, la lororicerca,inpartesanae
in parte morbosa, diconferme in un ambitoesterno alla casa, è ilrisultato del fatto chela tecnica nella suaoggettivitàhapresouncammino proprio, piùrapido della possibilitàdi sviluppo dellepersone”.11Quantopiùla razionalità emigra
dalla coscienzasoggettiva e si insediain automatismi esupporti materiali(come il denaro), tantopiù il singolo rischiadunque di veniresvuotato delle sueprecedentiprerogative.La razionalità tende adiventare priva di
senso e il senso privodi razionalità. Iltrasferimento dellaspiritualità entroautomatismioggettivieacoscienziali lasciatuttavia agli individuiuno spazio sempre piùampio di libertà e diindeterminatezza. Essinon si devono ora
preoccupare tanto disopravvivere,quantodinon “sotto-vivere”,ossia di non restare aldi sotto delle propriepossibilitàinespresse.La pienezza e il
significato della vita siritrovanoperòintempie spazi virtuali, in unaltroveinsituabilenella
seriedeglieventiedeiluoghi in cui siamoquotidianamentecollocati. A essigiungiamo in unmovimento che soloapparentemente va adventura, verso le cosefuture,eindirezionedipaesi esotici. Liscopriamo invece nel
presente e dentro dinoi, in zone“endotiche” (osservatedall’interno)dell’esperienza. Ciòche si dimostradapprima estraneo ostranieroègiàinnoi,èanzi noi. Attraverso unfalso movimento,Simmel scopre
l’essenzialenell’inessenziale,fissando il centro deinostri interessi nellaperiferia della vitaconsueta: nelmarginale,nell’eccentrico, nellepossibilitànonsaturateche ci vengonoincontrocomeundono
o come il risultato diun’attività noninteramente nostra,noninteramentevoluta(l’avventura, i sogni, leopered’arte).Attraversando spazi
logicamenteintransitabili, si varcacon il desiderio laparete dello specchio
che separa il realedall’immaginario, sipenetra in un mondosenza spessore cheapparepiùsignificativodi quello in cuitridimensionalmenteedeffettivamenteviviamo.Sistabilisceungiocodivicinanza e dilontananza. Siamo
sospintiversounazonadi irrealtà verace o diderealizzazione chesoddisfa, versoun’illusionepiù veradiogni realtà che cicirconda (non vera insenso percettivo ologico,ma inquantocista maggiormente acuore, perché la
intuiamocomeluogodirealizzazione dipossibilità inattingibilidal mondo). Si apronocosì impreviste eimprobabili finestre disenso, mondi eenclavesextraterritoriali allarealtà e al tempocronologico, che
alludono a un’altraesistenza più degna diessere vissuta, a unagemma incastonatanella banalità delquotidiano, a unaeternità come “cessaredelle relazionitemporali”.12
4.Sperareneltragico
Contro Simmel,Lukácsrifiutal’erranzadell’avventura e delmarginale per trovareil baricentro e laverticalitàdellavitanelcarattere definitivodell’attimo. Occorrepoggiare su un puntoarchimedeo che siasottratto alla
mutazione, su unanecessità tragica,irrevocabile che non sidissolvanuovamenteinpossibilità: “Oggi noipossiamo nuovamentesperare l’avvento dellatragedia, perché maicomeoggilanaturaeildestino furono cosìterribilmente
senz’anima, mai comeoggi le anime umanepercorrono in tantasolitudine le stradeabbandonate; èpossibile sperare in unritorno della tragedia,quando si sianodileguati del tutto gliincerti fantasmi di unordine di comodo, che
laviltàdeinostrisogniha proiettato sullanatura per crearsiun’illusione disicurezza”. Nonl’avventura conducedunque al centro dellavita, ma la tragedia.L’avventuranon facheamplificarel’indeterminatezza
della vita moderna.Esistenza e vita sicontrappongono comeil relativo e l’assoluto.Il tragico ci ponedinanzi alle profonditàdei “grandi istanti”.Allorché li siincontrano, si spalancadinanzi a noi “il vuotodi abissi sempre più
bui”, e si avverte unsubitaneo silenzio.Soltanto allorariusciamo a dare unindirizzo alla vita che“rotola senza scopo”.In questi attimi ilmutevole diventainfatti definitivo, ilcasuale necessario. Iltemposiredimeeforse
si apre lapossibilitàdicogliere, nella suacaducità stessa, ibarlumi dell’eterno: “Èpossibile far sì che icolori, il profumo e ilpolline dei nostriistanti, i quali forsedomani non sarannopiù, vengano sottrattiuna volta di più al
deterioramento, èpossibile coglierel’intima sostanza diquesta non-deteriorabilità – anchese ignota a noistessi?”.13L’energia umana si
concentraintensivamente insimili momenti
privilegiati, rifiutandola dispersioneestensiva e laripetitività delquotidiano. Entriamocon essi nell’“etàeroica delladecadenza”, quandonon è più lecitoprecipitare otemporeggiare,
allorché occorrefermare il declinoaccettandolovirilmente, sbloccandoun’impasse:“Quandolecause cheoriginariamente siopponevano alsentimento vitale, ifatti sentiti comeopposizionali e altri
sentimenti entrati incontrasto inconciliabilesiingigantisconofinoaresistere con pariforza, allorasopraggiunge il realedeclino. In questomodo ha inizio l’etàeroica della decadenzain cui non è piùpossibile valutare
edonisticamente lavirtù, vedere la vita inmodo che la virtù siaricompensa, la colpaespiazione, e in cui,tuttavia, nelle virtùcontinua a resisterel’energia posizionaledella intensità infinitadella vecchia vita,un’energia che è
incapacedi scendereapatti con la mutatarealtà e quindi èdestinata ad uscireperdente [...] sonotempiincui,perilfattodi problematizzarsi, lavita non esiste piùcome valore centraleper l’uomo etico”. Siavverte “il declino
tragico della propriaesperienza”14esiponeil problema di comesalvarla da taleequilibriocheparalizzaledecisioniedissipaleenergie, favorendo il“chiaroscuro”dell’esistenza. Certo,gli uomini sono per lopiù ancora riluttanti al
tragico. Essi aspiranosimmelianamente alledeliziedell’indeterminato,dell’ignoto edell’avventura: “Perloro dietro ogni paretedi roccia che nonpotranno mai superaresi celano paradisiimprevedibili ed
eternamenteirraggiungibili.Perlorola vita è anelito esperanza, glisbarramenti impostidal destino diventanoper loro, con grandenaturalezza,arricchimento interioredell’anima.L’uomononapprende mai
dall’esistenza la focedove sboccano i suoifiumi: laddove nullagiunge a compimento,tutto è possibile: ilcompimento è ilmiracolo”. Nelladecisionetragica,inunsolo attimo, invece,spogliato ditemporalità, si
concentra e prendeforma il senso dellavita. Allora ciascunoincontra e ritrova sestesso. In questaSelbstbegegnung – inquesto“incontroconsestessi”, come lochiameràErnstBloch–il centro immobile,atemporale
dell’esistere siintravede nella luce diun lampo didiscontinuità rispettoall’esistenza esperitacome vuoto scorrere.La morte, il limitedivengono fattore dicristallizzazionedefinitiva, dannosignificato alla vita, la
rendono fissata unavoltaper sempre.Edèpropriol’esperienzadellimite a risvegliarel’anima all’“egoità”,all’autocoscienza, aimpedire che evaporinell’aria, che sidisperda in mille rivoliche non hanno alcunafocevisibile.
La tragedia strappadunque dai margini dise stessi e conduce alcentro: “Nella vitacomune gli uominiesperiscono solo laperiferia di se stessi”.La tragedia costituisceil miracolo chepermette al definitivodi entrare nella vita,
che evita il dissolversidi tutto in variazioni:“Essa interviene nelmomento in cui delleenergie misterioseestraggono dall’uomola sua essenza, locostringonoall’essenzialità; ilprocesso tragico sisvolge attraverso un
manifestarsi sempremaggiore di questounicoveroessere”.15Nella tragedia il
culmine della vita sitoccanelladissoluzionee nella morte. In essal’essenziale è “che unavita acquisti la propriaespressione neltramonto, nella rovina,
che il massimo dellavita sia raggiungibilesolo nella morte e chequesto momento siarappresentativo dellavita tipica [...]. Latragedia rendeconsapevoli i processivitali, sicché si provauna gioia inebriantequando si riesce a
vederliintrasparenzaea comprenderne lanecessità”.16 Contro lasperanza,esplicitamenterifiutata, la tragediariduce le aperture e leindeterminatezzedell’esistenza aunivocità irrevocabile,all’esperienza di un
limite invalicabile. Ènecessario sapernegare l’esistenza perraggiungere la vita,essere capaci diripudiare la realtàempirica perconseguire quel che èimmutabile e recintoentro i suoi limiti: “Ciòche gli uomini amano
dell’esistenza è la suatemperie, la suaindeterminatezza, ilsuo costante oscillarecome un pendolo chenon tocca mai gliestremi; amano lagrande incertezza,come una monotona,soporiferaninnananna[...]. Gli uomini odiano
l’univocitàelatemono.La loro debolezza e laloroviltàcircuisceogniimpedimentochevienedall’esterno, ogniostacolo che impediscelelorostrade”.17
5.L’orroredellastagnazione
Bergson, Simmel o ilgiovane Lukács sonoinseriti in questo vastoprogramma di ricercadi nuovi linguaggi e,indirettamente, dirivitalizzazione di unaciviltà. Sono vicini aiVerlaine, ai Debussy oall’art nouveau,condividono il plus
ultra delleavanguardie, fannoquadrato attornoall’individualità e allacontinuità insidiate,hanno un sintomaticoorrore dellastagnazione, malattiamortale anche diun’economia che deveavanzare per non
soccombere. Ma nonsono i soli apartecipare di questaprofondainquietudine.Dopo gli anni della
Comune di Parigi edella “grandedepressione”, in moltidei loro contemporaneisi fa strada l’idea chel’auto-regolazione del
mercatosiafinitaecheil governo della follastia per cominciare,chesidebbaessere, incircostanzeestrememanon improbabili,costretti a passare osotto le forchecaudinedellapiùrigidaecoattaregolamentazione osotto quelle
dell’anarchiaeconomicaesociale.La“mano nascosta”, dismithiana memoria,sembra stanca diintervenire sempre aporre rimedio al malfatto, trasformando iviziprivatiinpubblichevirtù e l’egoismo inbeneficio collettivo. La
relativaspontaneitàdeicomportamentiindividualinonproducepiù automaticamente ilpresunto interessegenerale;nonsidàpiùarmonia tra il “libero”agiredeisingoliedelleclassieilprogressodel“divenire sociale”. Lavisibilitàdeiprocessisi
è intorbidata: tral’azione e il risultatoprevisto si è incuneatol’azzardo,l’imprevedibile,l’elevato quoziente dirischio. Solo ilrisultato, a cose fatte,potrà stabilire se imezzi erano adatti alloscopo. L’efficienza
presuppone unaconvalida a posteriori.Interminignoseologici:tra il pensiero e i suoioggetti non c’è piùcorrispondenza e la“verità” non è piùconcepibile comeadaequatio della cosaall’intelletto.Conoscere può
significare al massimodominare, manipolare,organizzare ilmondoafinipratici,dicomandoo di sopravvivenza.Morto ancheDio – perlarghi strati sociali –viene a cessare lanecessità di unateodicea, di unagiustificazione di Dio
mediante l’esibizionedell’ordinedelmondo.Che fare? Urgono
nuovi modelliprogettuali. Si puòagire su due registri(separatamente o,meglio, incombinazionefraloroocon altre tecniche): 1)aumentando l’asprezza
e la capillarità delcontrollo sociale, delladisciplina esterna einterna (tramitemeccanismi diinteriorizzazione etica,politicaoterroristicadideterminate regole eobblighi); 2)promuovendo losviluppo delle forze
produttive,mobilitandole energie individualidelle classi dirigenti erichiamando alle armile riserve dellacoscienza. Nel primocasosidevericorrereauna pianificazioneocchiuta espersonalizzante,“spazializzante”, nel
senso che si debbononeutralizzare lecoscienze devianti dichi non ha interesse ovolontà di parteciparea questaristrutturazione. Nelsecondo caso, lacoscienza che puòpensare a se stessa,perduta la sua – in
parte ideologica –spontaneità sociale,cerca in sé unaspontaneità alquadrato, uno sviluppoesponenziale che partadal rinvenimento dellapropria base identica.Questa più potentespontaneità, che ècreazione del nuovo,
trova il suopendant inun campoapparentementelontano, ma cheobbedisce alle stesselinee di forza di unprogetto socialecomplessivo: nellaTeoria dello sviluppoeconomico diSchumpeter, del 1911.
Opponendosi ai teoricidell’equilibrioeconomico generale(Walras, Pareto), egliproclama la necessitàdello sviluppo, fondatosu innovazioniveicolate dalla volontàdi successo, dallacombattività e dalla“gioia di creare” di
grandiindividualità,gliimprenditori, i capitanid’industria. Costorospezzano il “flussocircolare”, la normaleroutine economica, e aesso sostituiscono ladinamica dellosviluppo. Per lo più gliuomini, allo scopo dirisparmiare energia,
vivono inconsciamentein un universo diripetitività, diabitudini: “Ciò derivadal fatto che [...] ogniconoscenza ed ogniabitudine, una voltaacquisite, rimangonocosì solidamente fermein noi e cosìindiscernibilidaglialtri
elementi della nostrapersona quanto unarotaiadellaferrovianelterreno. Esse nonhanno bisogno ognivolta di essererinnovate e reseconsapevoli esprofondano invecenegli strati delsubcosciente”.18 Gli
imprenditoricapovolgono questoatteggiamento.Innovare per non
cadere nellastagnazione e nellaregressione; svilupparelacoscienza(almenodialcuni) e tenerla vigileper non farsirisucchiare nell’inerzia
e nella dispersione.Queste sono le paroled’ordine peresorcizzare il pericolo,allora sentito, delcarattere precario diquella “civiltà” e diquellacoscienza.Bastainfatti che la coscienzasiallentiperrivelarelasua labilità.Nel sogno,
nellarêverie,neglistaticrepuscolari epatologici si puòosservare la suascomparsa, la sua“superfluità”perlavitaorganica. Essa è unaacquisizionefilogeneticamente piùrecente, che non hatuttora messo salde
radici, che sfiguradinanzi alla stabilitàdegli organismibiologici e della“memoria organica”.Lacoscienzaelaciviltàsono fenomeniintermittenti: possonoesseretemporaneamentemesse tra parentesi da
un disturbo psichico odaunmortaleconflitto.In questi termini siesprimeràancheFreudnelle Considerazioniattualisullaguerraelamorte del 1915.Avvertiamo in taliaffermazioni lapercezione storicaindiretta della crisi e
dell’equilibrio precarionon della civiltà ingenerale, ma di quellaspecifica forma, l’ideache l’obnubilamentodella coscienza siagià,latente, dentrociascunodinoi, alparidiquellochepotremmodefinire il “cattivoselvaggio”, il primitivo
rintanatonellacavernadella coscienza epronto a prendere ilsopravvento nonappena abbassiamo laguardia. Avvertiamo,sempre piùchiaramente e da piùparti, l’idea che unaricaduta nella barbarieè possibile o
addirittura imminente,che il progresso e gliabiti di razionalitàprecedentemente invigore non sono piùgarantiti e forseneppure piùdesiderabili.CosìGeorgesSorel è
portato a riflettere suicorsi e ricorsi vichiani
della storia e aipotizzare – a causadell’impaludarsi dellalotta di classe nelriformismo – il ritornoall’ingens sylva dellasocietà capitalisticamorente. Senza l’usodei “miti”, che rialzinoartificialmente il livellodelloscontro,vièperò
stagnazione e nontransizione a unaciviltà superiore. Nella“nuova metafisica”dell’età moderna, nonpiù basata sulrispecchiamento dellepresunte struttureoggettivedelmondo, ilmito è prodotto dellavolontà di credere,
costituisce unamacchinachecatturaearticola incombinazioni semprenuove le energieinconsce e le emozionidegliuomini invistadiazioni o sommovimentisociali. Esso non èancorato ad alcunaprova di realtà o di
coerenza logica, masolo alla coerenzafantastica, al rispettodeidesideridiriscatto,delle passioni, delleaspirazioniedellelottedelle moltitudininell’imminenza diradicalimutamenti:“gliuominichepartecipanoai grandi movimenti
sociali si raffigurano laloro prossima azionesotto forma dibattaglie,da cuiusciràil trionfo della propriacausa [...] in questosenso, lo scioperogenerale deisindacalisti e larivoluzionecatastroficadiMarxsonomiti”.19
Il rafforzarsi delQuarto stato, ildiffondersidell’alfabetizzazione el’aumentato numerodegli “intellettuali”, lavolontà delle masseemergenti dipartecipareattivamenteall’organizzazione
sociale e politica,appaiono a molti unnefasto livellamentodegli uomini, loscatenarsidell’anarchia senzavolto promossa daisocialisti.AncheParetoconcepisce in questomodo il ruolo degliintellettuali piccolo-
borghesi checostituisconol’apparato dei partitisocialisti: “Ilproletariatointellettuale deglispostati, che in partehanno originedall’istruzionepubblica, malamente,scioccamente ordinata
dallaborghesia,muovealla conquista delloStato e dei beni dellaborghesia”.20EcosìLeBon annuncia unanuova era di disordini,di insicurezza:“L’avvento delle follesegneràforseunadelleultime tappe delleciviltà occidentali, un
ritorno verso queiperiodi di confusaanarchia cheprecedono il fiorire dinuove civiltà”. Perfortuna di chi le saguidare, le folle sonomanovrabili (Mussolinidirà di aver lettoinnumerevoli volte laPsicologiadelle folledi
Le Bon): esse “sitrovano pressappoconelle condizioni di undormiente, le cuifacoltà razionali,momentaneamentesospese, lascianonascere nella menteimmagini di estremaintensità, che presto sidissiperebbero se
intervenisse lariflessione”.21 I capi, imeneurs de foules,hanno un segreto perfarsi seguire, anche sesembrano spacciareunicamente illusioni emenzogne. Essivendono in realtà lacosa più preziosa, lasperanza. Guardando
indietro alla propriainfanzia, Le Bon viritrova l’origine dellesue convinzioni sullasuperiorità dellasuggestione irrazionalerispetto alleargomentazionirazionali e al connessoprincipio di realtà.Quando era bambino
giunse infatti al suopaese un imbonitore,un mago coperto divesti scintillanti. Davaa poco prezzo unrimedio contro tutti imali, un elisir capaceper giunta diassicurare la felicitàagli acquirenti. Ilfarmacista locale –
uomo “segaligno,magroesevero”–ebbeun bel dire che sitrattava di semplicezucchero: “Ma, viprego, che valorepotevano avere ledicerie di questobottegaio geloso,contro le affermazionidi un mago coperto
d’oro, dietro cuiimponenti guerrierisuonavano i corni? [...]Quel che il magovendevaera l’elementoimmateriale che guidailmondoechenonpuòmorire: la speranza. Ipreti di tutti i culti, ipolitici di tutti i tempi,hanno mai venduto
qualcosa didiverso?”.22Dalla manipolazione
dellecosesipassaallamanipolazione“scientifica” degliuomini,all’utilizzazionedell’energia libera epotenzialmenteeversivadellamassa,invista di scopi che le
sono estranei.L’intelligenza, lavolontà, la capacità diorganizzazione e diprevisione delle élitesdeve concentrarsi,intensificarsi,perpoterguidarestrumentalmentequesta energia dilegame ancora cieca
(forse non per molto);deve mantenere undistacco permanentedalla cultura e leacquisizioni dellamassa, affrettarsi. Ilprogresso – qualoravenga sostenuto – lo èin formaparossistica oconnesso con ladistruzione, la morte
rigeneratrice.Inquestevesti appare,estremizzato, neivelenosi ma rivelatorielogimarinettianidellavelocità, dellamacchina e dellaguerra. Diversamenteda Bergson, qui lamacchina non è ilprodotto
dell’intelligenzaottundente, ma ilmodello dell’uomodell’avvenire e lasensualecompagnadelpresente: “Non avetemai osservato unmacchinista quandolava amorevolmente ilgran corpo possentedella sua locomotiva?
Sono le tenerezzeminuziosee sapientidiun amante cheaccarezzi la sua donnaadorata. Si è potutoconstatare nel grandesciopero dei ferrovierifrancesi, che gliorganizzatori delsabotaggio nonriuscirono a indurre
nemmeno un solomacchinista a sabotarela sua locomotiva.Questo mi pareassolutamentenaturale. Come maiuno di questi uominiavrebbepotutoferireouccidere la sua grandeamica fedele e devota,dal cuore ardente e
pronto: la sua bellamacchinad’acciaiochetante volte avevabrillatodi voluttà sottola sua carezzalubrificante? [...]Bisogna dunquepreparare l’imminentee inevitabileidentificazionedell’uomo col motore,
facilitando eperfezionando unoscambio incessanted’intuizione, di ritmo,d’istinto e di disciplinametallica,assolutamenteignoratodalla maggioranza esoltanto indovinatodagli spiriti piùlucidi”.23
Nella disciplinametallica enell’identificazione colmotore,dispensatoredienergia, la classedominante ottiene unanuova legittimazione.Modernizzandol’apologo di MenenioAgrippa, si può direche allo “stomaco”
della proprietàfondiaria, che avrebberidistribuito ilnutrimento alle“braccia” della plebe,si sostituisce il“motore” delcapitalismo industriale,che trasmette ilmovimento agli organimeccanici della
“maggioranza”.L’innovazione passaattraverso il controllorigoroso,l’annientamentodiquelche viene giudicato“vecchio”, compresa laguerra, la lotta controla “possente morte,atletica e spalmata ditenebre”.24 Anche gli
oggetticomincianocosìa cambiar forma.Finiscono le sinuoseforme liberty; ilmondovegetale, di cui amavaricoprirsi unindustrialismo cheancora si vergognavadi se stesso, si èdisseccato;loslanciosiè corazzato, irrigidito
nelle asciuttegeometriedeglioggettidiserieedellearmi.In parte convergente
con le posizioni suesposte è in Italia lafilosofia di GiovanniGentile,chetantopesoha avuto anche permotivi extra-teoretici.Egli erapartitodauna
interpretazione insenso attivistico delmarxismo – prassicome produzionesoggettiva dell’uomo,educazionedell’educatore (da unasua interpretazionedellaterzadelleTesisuFeuerbach di Marx),unità di maestro e di
discepolo – pergiungere a unaconcezione, più neo-fichtiana che neo-hegeliana, delmovimentospirituale,eall’adesionealfascismoquale erede delRisorgimento eantagonistadell’atomismo
individualisticoattribuito alliberalismo. In lui ilpensiero è un atto chenon può maicompletamenteoggettivarsi, che deveincessantementeinglobare l’alterità,consumando anche lescorie empiriche e
individualistiche. Èenergiachesiscaricaesi degrada dopo ognisosta (qui, veramente,“chi si ferma èperduto”: siamo inpiena guerra dimovimento) e chetuttavia perennementerisorge dalle proprieceneri.
Nell’estatedel1943–dopo il 25 luglio eprimadell’8settembre,tra la caduta diMussolinieilmomentocruciale deldisfacimento delleistituzioni – Gentileesprime uno dei puntipiù alti del suopensiero in Genesi e
struttura della società.Con il pathos di chivede allontanarsi larealizzazione dei suoiideali, elabora ancorauna volta il tema dello“Stato etico”. Loconsidera lo scoposupremo a cui tendeuna comunità e,insieme, lo strumento
della fusione completae senza residui degliindividui in un tuttoorganico, lasolidareteche istituisce emantiene i vincoli disolidarietà tra icittadini di unadeterminata nazione.Nei confrontidell’individuo, lo Stato
assumeilruolocheperAgostino aveva Dionell’anima di ciascuno,di essere “più intimo ame stesso di quanto iolo sia alla parte piùintima di me” e “piùalto delle mie facoltàpiù alte” (cfr.Confessioni, iii, 6, 11).Per questo – dice
Gentile – esso non sirealizza nelmero interhomines esse, ma viveanche e soprattutto ininteriore homine. Noisiamo lo Stato. Essoperòcontieneancheunelemento di alterità, disuperiorità, con cuidevo entrarenecessariamente in
conflitto. La sua èun’autoritàchesembralimitarearbitrariamente la mialibertà sinché, dopo lalotta, non capisco ilnascosto legame percui l’individuo sisviluppaparallelamente alloStato. “In fondo all’Io
c’èunNoi”:èquestoilmotivo costante, che sidispiega in numerosevariazioni emodulazioni. Alla basedell’Io si ritrova “unasorta di originariasocialità”,25 che loàncora e lo stabilizzanella sua identità chediversamente sarebbe
per assurdo incerta emobile (perché, anchevolendo, l’individuonon riuscirebbe mai aessere “questo Io”,singolo atomo isolato,l’Unico nel senso diStirner). L’individuo èparte della societas,alla cui vitacontribuisce. Ognuno
ha in sé il propriosociuseognipensareèun dialogare,simultaneamente, consé e con l’altro da séche non rappresentasoltanto un nostroospite passeggero, chenon è soltanto in noi,ma è Noi. Nellaconcreta dialettica di
“particolare” e di“universale” (dueentità astratte, seconsiderateisolatamente), ilsingolo non è puralibertà, così come loStato non è puracostrizione. Laconclamata identità diparticolare e di
universale, di libertà edi autorità, risultatuttavia, in Gentile,dubbia.LanaturadelloStato etico consiste,infatti, proprio nel nonconcedere al soggetto,all’Io, alcuna realeautonomia rispettoalloStato. L’autoritàsoffocacosìlalibertà,il
Noi l’Io. Al singolovieneanzi interdetta lapossibilità di effettivanegazione, diinnovazione, di lotta edi decisione autonomafruttuosa: tutto vieneavocato, in ultimaistanza, alla maestàdelloStato.
1 M. Proust, Allaricerca del tempoperduto.Dalla parte diSwann, in Alla ricercadel tempo perduto,Mondadori, Milano1991-95,pp.8-9,468.2 Cfr. Id., Albertine
scomparsa, in Allaricerca del tempoperduto, cit., pp. 215-
216.3M. Proust,Sodoma
e Gomorra, in Allaricerca del tempoperduto,cit.,p.190.4M.Proust,Iltempo
ritrovato, in Allaricerca del tempoperduto, cit., pp. 218-219.5 H. Bergson,
L’évolution créatrice,in Oeuvres, PressesUniversitaires deFrance, Paris 1959, p.504.6 H. Bergson, Essai
sur les donnéesimmédiates de laconscience,inOeuvres,cit.,p.151.7 H. Bergson,
L’évolution créatrice,cit.,pp.579-580.8 H. Bergson, La
pensée et le mouvant,in Oeuvres, cit., p.1385.9 G. Simmel, La
differenziazionesociale,Laterza,Roma-Bari1982,pp.119sgg.10Ivi,p.136.
11 G. Simmel,Filosofia del denaro,Utet, Torino 1984, pp.654-655 e cfr. Id.,Cultura femminile, inLamodaealtrisaggidicultura filosofica,Longanesi, Milano1985.12 G. Simmel, Il
paesaggio di Böcklin,
in Il volto e il ritratto.Saggi sull’arte, ilMulino, Bologna 1985,p.86.13 G. Lukács,
L’anima e le forme(1911), SugarCo,Milano 1963, pp. 309,231,228,235.14 G. Lukács, Il
dramma moderno,
SugarCo,Milano 1976,pp.56-58.15 G. Lukács,
L’animaeleforme,cit.,pp. 307-308, 314, 311-312.16 Id., Il dramma
moderno, cit., pp. 63,65.17 G. Lukács,
L’animaeleforme,cit.,
p.307.18 J. Schumpeter,
Teoria dello sviluppoeconomico, Sansoni,Firenze 1971, pp. 103,94.19 G. Sorel,
Considerazioni sullaviolenza, Laterza, Bari1970,pp.73-74.20 V. Pareto,
Memento homo, in “IlRegno”, I, 1904, 55, p.532.21 G. Le Bon, La
psicologia delle folle,Longanesi, Milano1970,pp.40,98.22 G. Le Bon, La
psychologie politique,Flammarion, Paris1911,pp.134-135.
23 F.T. Marinetti,L’uomomoltiplicatoeilregno della macchina,ora in Teoria einvenzione futurista,Mondadori, Milano1968,pp.255-256.24Id.,Labattagliadi
Tripoli, Edizionifuturiste di “Poesia”,Milano1912,p.10.
25G.Gentile,Genesie struttura dellasocietà, Sansoni,Firenze1955,p.32.
II.Versonuoveevidenze:filosofia
esaperescientifico
1.Ilpensieromatematico
Di fronte a questastrategia teorica chedissolve e sfuma ilmondo, che ponel’accento sulla durata,la velocità, l’atto puro,che privilegia ilmomento psicologico,soggettivo,costruttivistico, sicolloca una strategia
complementare ecoeva, basata sulladescrizione tersa eminuziosa deifenomeni, consideratinella loro struttura eanche nel loromanifestarsi spaziale osociale, e sulladipendenza delsoggetto da “datità”
immobili che siimpongono perautoevidenza ocostrizioneesterna.Percapire meglio ladifferenza tra questedue linee si puòricorrere a unparagone: mentre laprima insiste sullefunzioni di movimento,
le dissolvenze, lesovrapposizioni e tuttigli artifici tecnicisoggettivi del film delreale, la seconda sisofferma piuttostosull’analisi accurata diogni singolofotogramma e siinterroga sulleprocedure specifiche
della sua costituzione.In quest’ultimo casoabbiamo in sostanzauna ripresa a più altolivello della tematicadell’oggettività delconoscere, una messain rilievo del caratteredi cogenza possedutodacertidatiedacerterelazioni nei confronti
del soggetto. Ilpositivismo ingenuoaveva in precedenzacercato di risolvere ilproblemadell’oggettivitàfacendoperno sul concetto di“dato”:idatisarebberosquadernati davanti atutti enon sidovrebbefare altro che
raccoglierli conmetodo, ordinarliadeguatamente edesporli. In taleprocesso il pensiero el’interpretazioneapparivano comeadditivi non consentiti,suscettibili di alterarela purezza cristallinadei fatti, mentre la
storicità dei paradigmipercettivi, linguistici eteorici non venivaneppure esaminata eassumevasemplicemente unaspettonaturalisticamenteeterno. Il soggetto erauna spugna cheassorbiva il mondo.
Quandoperò ci si reseconto che i dati e glioggettisonoilrisultatodi operazionicomplesse; che lapercezione sensibilestessa è una modalitàdi strutturazione; cheesistono moltepliciordini possibili diorganizzazionedeidati;
quando anche le“scienzeesatte” furonocostrette dalla lorodinamica interna adabbandonare ilrichiamo all’intuizioneesiaccorserocheidatierano subordinati aiparametri dei sistemiosservativiscelti,allorasembrò che il sapere
avesse perduto ogniaggancio con la realtà,che ogni certezza edevidenza immediatafosserotramontate.Persino le scienze,
come la geometria el’aritmetica, che inmillenni di storia nonsolo avevano dato“buonaprovadisé”ma
erano anche diventateun modelloriconosciuto per altrebranche del sapere,apparivano inprofondacrisi di identità. Il lorostesso rapido svilupposembrava quasifrastornante,dissipativo, non piùriconducibile a criteri
unitari di intellegibilità(anchequiloslancioinavanti comporta unaperdita di visibilità deifondamenti e richiedeuno sforzo perriappropriarsene, perricongiungersi allapropria origine ecomprenderelepropriemosse). Come già era
avvenuto per i numeriimmaginari, siconstatava ora lafecondità operativa dideterminatecostruzioni, senza peròpotersi renderepienamente conto deimotivi del successo.Così la negazione delquinto postulato di
Euclide – “nel piano,per un punto esternoad una retta r si puòcondurre una e unasola parallela a r” –legittimava in manierasconcertante altregeometrie “non-euclidee”, tutteperfettamentefunzionanti, in cui
l’intuizione sensibilenormale veniva messafuori gioco: nellecostruzioni diLobacevskij ediBolyaiperunpuntoesternoauna rettadatapassanoinfinite parallele, inquella di Riemann,nessuna. Non vi sonoormai geometrie più
“vere” delle altre(anche perché si èpotuto dimostrare chelo spazio soggetto alleleggi fisiche dellateoria einsteinianadella relativitàgenerale è non-euclideo) e tuttedevono coesistere inuna realtà pluralistica.
Cade con ciò l’idea diuno spazio naturale,intuitivamenterappresentabile,isomorfo rispetto aquello euclideo, e siaccresce normalmenteil distacco tra lacomune esperienzasensibile e la scienza,che sembra decollare
verso atmosfereestremamenterarefatteecostituirsiinuniversi di regole rettisoltantodalla coerenzainterna.L’evidenzanonappare più offerta dalriferimento a unpatrimoniocollettivodimodalità percettive eargomentative, ma si
attesta a livelli piùprofondi, presupponeprima un distaccotraumatico da esso eunsalto indirezionedilinguaggi specializzati,settoriali, discontinui,in cui essa si mostrainfine agli iniziati.Comeachientrainunordine monastico si
chiede di abbandonareilmondoedi sentireepensare diversamente,così ora a chi entranella scienza si chiedeil sacrificiodell’intuizioneimmediataelarinunciaagli atteggiamentiprima naturali. Sidomanda quello
sguardo,chepenetraaldi là dei fenomeniesteriori, che è cosìefficacemente espressodaunracconto taoista:il Duca Mu di Chinprega Po Lo ditrovargli un cavallosuperlativo, ma questi,ormai vecchio,raccomanda un amico,
Chiu-fang Kao,indicandolo come ilmiglior conoscitore dicavalli; passati tremesi, Chiu-fangannuncia di avertrovato un destrierosuperbo e di averlolasciato a Shach’iu:“Che tipo di cavallo è?–chieseilDuca.–Oh,è
una cavalla di colorbrunogrigiastro,–fularisposta. E invecequando si mandòqualcunoaprenderlosiscoprì che l’animaleera uno stallone nerocome la notte! Moltodispiaciuto il Ducamandò a chiamare PoLo. –Quel tuo amico –
gli disse – che avevoincaricato di ricercareun cavallo, hacombinato un belguaio. Ma se non saneppure distinguere ilcolore o il sesso di unanimale!Cosamai puòsaperedeicavalli?–PoLo emiseun sospiro disoddisfazione. – Si è
veramente comportatocosì? – gridò. – Eh,allora è diecimila voltepiù bravo di me. Nonc’è paragone tra me elui. Ciò che interessaKao è il meccanismospirituale. Perassicurarsi l’essenzialedimenticaidettaglipiùcomuni; tutto intento
alle qualità interiori,perde di vista leesteriori. Egli vede ciòche vuol vedere e nonciò che non gliinteressa. Egli guardale cose che si devonoguardare e tralasciaquelle che non hannoalcunaimportanza.Kaoèuncosìbravogiudice
di cavalli che ha in sélequalitàpergiudicarecose ancora miglioriche i cavalli. –Quandoilcavalloarrivò,nonvifu più alcun dubbio,era proprioeccezionale”.1Il percorso
dall’ignoranza alsaperematematiconon
è più cosìrelativamente pianocome nel Menoneplatonico, dove ancheun giovane schiavoincolto, seopportunamenteguidato, può giungereadimostrareilteoremadella duplicazione delquadrato. Gli enti
matematici si sonomoltiplicati e le lororeciproche relazionisonodivenuteintricate.Si possono percorrerediverse strade perarrivareacomprenderelanuovasituazione,matutte presuppongono oun rafforzamento deiprocessi fondativi sul
piano logico o unariformulazione dellenozioni di intuizione,evidenza e datità(talvolta questipercorsi si incrociano).Sul terreno dellematematiche in generesi assiste quindi atentativi altamentecomplessidiricercadei
fondamenti comunimediante unaconnessione dimatematica e logica –attribuendo un diversosignificatoall’oggettività deglienti matematici –,mediante strategie diformalizzazione cheprescindono dalla
“verità” oggettiva ditali enti o mediante lascoperta di nuoviprocedimentiintuitivi.Nellaprimadirezione
si muovono Cantor,Frege e il Russell delperiodo precedente il1914, che avevanosostenuto l’oggettivitàdeglientimatematici,il
loro essereplatonicamenteindipendentidalnostropensiero. Così nelfondare una teorialogica dell’aritmetica(già considerata unascienzasenzadifficoltà,quella che si cominciaa insegnare aibambini), Cantor
collega il suo concettodi “insieme” con l’ideaplatonica o con ilmiktón (l’agglomerato,il composito) delFilebo.2 E Frege, inpolemica con i fautoridella logicapsicologistica, comeBenno Erdmann, puòdire: “Io riconosco un
campo dell’oggettivonon reale, mentre ilogici della scuolapsicologica ritengonocheilnonrealesiaperciò stesso soggettivo.Eppure non si riesce avedere per qualrecondito motivo ciòche ha consistenzaindipendente da chi
giudica, debba perforza essere reale, edebba risultare ingrado di agireimmediatamente omediatamente sulsenso”.3 Unaproposizionematematica non cessadi essere vera allorchéio non la penso più,
“comeilsolenoncessadi esistere allorchéchiudo gli occhi”.4Russell, che avevacreduto, con Frege,nella realtà dei numeriche popolano “il regnosenza tempodell’essere”,5 ècategoriconell’affermare
l’esistenzaplatonicamente realedei numeri:“L’aritmetica deveesserescopertaproprionello stesso senso incui Colombo scoprì leIndie Occidentali e noinon possiamo crearenumeri più di quantoColombo abbia creato
indiani”.6 Attraverso lamatematical’oggettività del saperesi salva dalladistruzione dellacertezza sensibileprecedente edell’arbitrio soggettivoe convenzionalistico,ma è costretta atrasportarsi in una
regione in cui l’uomonon ha più potere diintervento, facoltà dicritica.Ilmatematicoèlo scrivano fedele dileggi non umane el’infinito attualecantoriano non solovienedichiaratoesentedal “panteismo” di cuifuaccusato,maèposto
in relazione conl’infinitum creatumdivino della tradizionecristiana.7L’uomodeveaccettare queste veritànon sensibili e nonpsicologiche che siimpongonoda sé, al difuori del pensieroconcreto,dell’esperienza e della
storia. Attraverso ilrinnovatoplatonismolacertezza indiscutibiledel “dato” positivisticoviene restaurata alquadrato, vienesottrattaalmutamento.Il voler fondare la
matematica su basilogichegenerò tuttavianon poche difficoltà.
Caduto il riferimentoall’intuizione,all’esperienza e allapsicologia,abbandonata alla solaprova della coerenzainterna, la ragionematematica sembrainvischiarsi inparadossi logiciinsolubili, analoghi a
quello classico delMentitore di Eubulideche dice “io mento”(questa asserzione èvera o falsa?). GiàCantor si era accortonel 1895 che la suateoria degli insiemiconteneva unaantinomia, ma fuRussell che individuò
nel quinto assioma deiGrundgesetze di Fregeuna contraddizioneparalizzante, lacosiddettaantinomiadiRussell, appunto, odella classe di tutte leclassi che non sonoelementi di se stesse.Tre anni dopo, nel1905, Julius König
dimostrava la nonaffidabilità della teoriacantoriana dellafusione in un alephdella considerazionecardinale e ordinaledegliinsiemi.Lostessorapporto tra logica ematematica rischiavacosì di esser messo incrisi. Frege si
consolava,nelposcrittoal secondo volume deiGrundgesetze, notandocome la sua situazionenon fosse peggiore diquella degli altri:Solatium miseris,socios habuissemalorum. Ma lariflessione su talestrettoia non fu senza
risultati e condusseRussell allaformulazione della“teoria dei tipi”(perfezionatainseguitocon la “teoriaramificata dei tipi”),percui,ondeevitareleantinomie provocatedall’autoriferimento o“riflessività” delle
proposizioni, occorreuna gerarchia deglienti logici, tale cheogni funzioneproposizionale sia diordine logicosuperioreai suoi argomenti eogni classe di tipologicosuperioreaisuoielementi. NeiPrincipiamathematica–scrittiin
collaborazione conWhiteheadtrail1910eil1913–Russellgiunsecosì a riunire in uncorpus organico iprincipi dell’interamatematica.Sul fronte di una
formalizzazione dellamatematica si muoveanche David Hilbert.
Ma egli non crede,come Bolyai, alla“verginale verità” deisuoi enti, né liipostatizza in terminirealistici: è soddisfattodella “sicurezza”offerta da sistemiformali nonautocontraddittori. DaiFondamenti della
geometria del 1899sino ai Fondamentidella matematica(opera compostaassiemeaPaulBernaystra il 1934 e il 1939)egli persegue lo scopodi creare dei sistemiassiomatici noncontraddittori(intendendogliassiomi
come postulati chestabiliscono il senso disimboli altrimentiindefiniti), chepermettono laderivazione meccanicadi formule, affiancatida unametamatematica cheha il compito diprovare la tenuta
logica di tutta lamatematica. Non sitrattatuttaviaperluidirinunciareall’intuizione in quantotale–sipuòseguire,invia subordinata, anchequesto metodo, comeinsegna la suaGeometria intuitiva del1932 –, ma di pensare
con consapevolezza,senza presupporrespazi naturali ocorrispondenzaontologicatraapparatoassiomatico e mondo:“Procedereassiomaticamente nonsignifica in questosensoaltrochepensarecon consapevolezza.
Prima invece, quandonon usavano il metodoassiomatico, gli uominicredevanoingenuamente in varieconnessioni comedogmi. L’assiomaticaelimina questaingenuità, ma ci lasciatutti i vantaggi dellacredenza”.8
Contro tutte ledottrine logistiche eformalistiche si pone il“neointuizionismo” diBrouwer e di Heyting,secondo i quali lamatematica è basatasull’intuizione deltempo,“dell’unitànelladifferenza, dellapersistenza nel
mutamento”. Nonsull’intuizionesensibile, dunque,come quella dellospazio, né sulle veritàlogiche, che sonopiuttosto un prodottodelle pratichecostruttivechepartonodai dati intuitivi, maproprio su questo
immediato intuire loscorrere del continuo.Brouwer ammettevacheunsistemaformalenon potesse esseredefinitivo,ecosìnonfumesso nello stessoimbarazzo di Hilbertquando Gödel provòl’esistenza di limitinella dimostrabilità del
carattere noncontraddittorio deisistemiassiomaticie lapossibilità idealmenteinfinita di costruiremetamatematiche diordine superiore aquelle di volta in voltaesibite.Gli sviluppi della
matematica sono stati
in seguito molto ricchisia nell’impostazioneche nell’apertura diinsospettati terrenid’indagine. Così ungruppo di matematicifrancesi (André Weil,JeanDieudonnéealtri),che prende il nomecollettivodiBourbakiehainiziatoapubblicare
dei volumi incollaborazione apartire dal 1939, èriuscito ad aggirarel’opposizione traformalisti eintuizionisti, insistendosul bisogno disostituire le idee aicalcoli e dichiarandosiinsoddisfatto della sola
esigenza del rigore.“Se la logica,” affermaDieudonné, “è l’igienedelmatematico,nonglifornisce però alcuncibo.”Ancheper i suoieffetti sulla riflessioneepistemologica, tra imolti risultati degliultimi decenni sipossono ricordare
l’estendersi dellamatematica pura neicampideldiscontinuoedella complessità,come nel caso dellateoria delle catastrofidi René Thom, cheanalizza l’improvvisocedere di strutture diequilibrio, o in quellodello studio degli
oggetti frattali, figuregeometriche moltoirregolari, proposto daBénoit Mandelbrot.Nell’ambito invecedella “matematicaapplicata” o comunquelegata alla ricercaextra-matematicaspicca laproliferazionedinuovirami,dovutain
buona parte alcontraccolpo tantodell’enorme sviluppodell’informatica(termine che nascedalla contrazione, infrancese, diinformationautomatique), quantodella nascitadell’intelligenza
artificiale (disciplinache si propone dicostruire macchineintelligenti in grado disimulare i processicognitivi della menteumana o anche, perconverso,di studiare ilpensiero umano inanalogiaalleprocedureeffettive, o algoritmi,
dellemacchine stesse).Senza contarenumerosi linguaggiformali, sono cosìsorte, ad esempio, lateoriamatematicadellacomunicazione,inaugurata da ClaudeE.Shannon e legata alcalcolo delleprobabilità, e quella
computazionale,chehaincrinato il concettoclassico didimostrazione.L’incidenza sullafilosofia e sulledinamiche sociali deglistrumenti dielaborazionedell’informazione e disimulazione di facoltà
intellettuali emovimenti corporeiumani è sottogli occhidi tuttie la loroazioneè ben lontanadall’essersiesaurita.
2.Larelatività
Guardando intrasparenza a questi
sforzidellamatematicaperridefinireilpropriostatuto scientifico, siriesce anche a vedere,in forma stilizzata, ilprofondo travagliosociale teso aricostruire differentisistemi di coordinateper interpretare ilreale,retidirelazioni i
cui nodi sono costituitida “evidenze”,dall’identificazione dipunti relativamentestabili, di sosta, nellaridda dei mutamenti.Grammatiche dellosguardo, collegamentisintattici, campi didesignazione, abiti dirazionalità, pratiche
lavorative si vengonofaticosamentestrutturando inmaniera nuova.Tramontadefinitivamentel’immagine di comododell’esistenza di normefisse, naturali, a cui laconoscenza e icomportamenti umani
debbano far capo: ilmondo sembraall’improvviso menocoerente, menoriconducibile astandard di semplicità.Il fatto è che anche leprecedenti normeeranoilprodottodiunosforzo di sistemazionecomplesso della realtà,
ma di uno sforzoprolungato, lento, taleda apparire quasiimmobile al sensocomune, a chi nonaveva pratica delmutamentoconcettuale.Orainvecei cambiamenti sonomacroscopici, sotto gliocchi di tutti e la
scienza se ne fa caricopiù direttamente,agisce, da posizioniprivilegiate, nelcomplicato gioco diridistribuzione e diriqualificazione deiruoli e delle funzionisociali. Essa trasmetteai “non addetti ailavori” non solo i
risultati semplificatidelle proprieoperazioni, ma ilsentimento stessodell’instabilità, dellaproblematicità delreale. I vecchi poli diconvergenzametafisicadel tutto (Dio, uomo emondo),sottoiqualilarealtà era stata
rubricata, non tengonopiù, si sfaldanodall’interno. Imeccanismi sociali difocalizzazione e diconnessione delle cosesi sono in parteinceppati, sono inriparazione. La scienzanel suo complesso, enonsololamatematica,
opera per metterli apunto e per adattarlialle nuove circostanze.Così l’immagine delmondo offerta dallafisica è sorprendenteperilsensocomune,necapovolge l’idea di ununiverso sempreuguale a se stesso,indipendente dal
sistema di riferimentoscelto per inquadrarloe dall’interventodell’osservatore.Spesso è ritagliatanella stoffa di altrimondi possibili, che èlecito pensare senzacontraddizione e cheservono a misurare larelatività degli assunti
di partenza di ogniindagine. Come inquesto universoipotizzato da Poincaré:“Immaginiamo, peresempio, un mondorinchiuso in unagrande sfera esottoposto alle leggiseguenti: latemperatura, non
uniforme,èmassimaalcentro, e diminuiscemanmanocheciseneallontana, per ridursiallo zero assolutoquando si attinge lasfera dove questomondo è rinchiuso.Preciso ora la leggesecondo cui variaquesta temperatura.
Sia R il raggio dellasfera limite; sia r ladistanza del puntoconsiderato al centrodella sfera. Latemperatura assolutasarà proporzionale aR2 – r2. Supporròinoltre che, in unsiffatto mondo, tutti icorpi abbiano lo stesso
coefficiente didilatazione, in manierache la lunghezza d’unregolo qualunque siaproporzionale alla suatemperatura assoluta;einfinecheunoggettotrasportato da unpunto all’altro, la cuitemperatura siadifferente, si metta
immediatamente inequilibrio termico colsuo nuovo ambiente.Niente in questaipotesi ècontraddittorio oinimmaginabile. Unoggetto mobilediventeràallora via viapiù piccolo man manoche si avvicinerà alla
sfera limite.Osserviamo anzituttoche,sequestomondoèlimitato dal punto divista della nostrageometria abituale,sembrerà però infinitoai suoi abitanti.Quando questi, ineffetti, voglionoavvicinarsi alla sfera
limite, si raffreddano edivengono via via piùpiccoli, sì che essi nonpossono mai attingerela sfera limite”.9Quando, nel 1902,Poincaré formulavaquesta teoria, essaaveva solo un valoreipotetico, dovevacorroborare le sue tesi
convenzionalistiche (ètuttavia errato ridurre,secondo levolgarizzazioni di LeRoy, l’epistemologia diPoincaré alconvenzionalismo: le“ricette scientifiche”hanno anche unsignificato teoretico, diprevisione, e poi la
convenzionalità noncoincideconl’arbitrio).Appenaqualcheanno
dopo, con le teorieeinsteiniane dellarelatività ristretta edella relativitàgenerale (del 1905 edel 1916), questimutamenti, chesembrano valere solo
per mondi immaginari,vengono applicatianchealnostromondo.I concetti dicontrazione dellelunghezze e didilatazione dei tempirelativizzano l’idea diunauniformitàassolutadelle misure edell’esistenzadisistemi
di riferimento assoluti:a un osservatoresolidaleconunsistemadi riferimento che simuove a velocità Vrispetto a un altro chesi presume fermo, unregolo apparirà piùcortoeunorologiopiùrallentato rispetto amisurazioni analoghe
effettuatedall’osservatoresolidale con l’altrosistema. Non solo lospazio, ma anche iltempo e la nozione di“simultaneità”,perdono il carattere diassolutezza cheavevano nella fisicaclassica.
Tuttavia, già Galilei,neiDialoghisopraiduemassimi sistemi delmondo,perspiegare larelatività deimovimenti, portal’esempio di una navechedaVenezia viaggiaverso Aleppo. Lemercanzie – “balle,casseedaltricolli”che
stanno nella stiva – simuovono in direzionedella Siria rispetto alporto di partenza, manon rispetto alla nave.Nella cosiddetta“relatività galileiana”ogni moto è quindirelativo al sistema diriferimentoadottato.Sitratta però di una
concezione puramentecinematica e nondinamica delmovimento.Essanonsiinterroga cioè sullecause che producono,inibisconoomodificanoil moto. In Newton,invece, il problema èproprio quello dideterminare la natura
delle forze le quali, aogni istante,modificano il motoinerziale (rettilineo euniforme) che ognicorpo lasciato a sestesso avrebbespontaneamente. Laforza d’inerzia,associata a concetti dispazio e di tempo
assoluti,èdunquequelche caratterizza lafisica newtoniana. Inessa lo spazio agiscesugli oggetti, ma nonviceversa, ed esisteindipendentemente daessi.Iltempoverumetmathematicum misurain maniera assolutatutti gli eventi
stabilendone lasimultaneità o lasuccessione. Machaveva considerato laposizione di Newtonsul tempo assolutopuramente metafisica:“si ha l’impressionecheNewton siaancorasotto l’influenza dellafilosofia medioevale”.
Affermare infatti chequalcosa muta coltempo significasemplicemente “direcheglistatidiunacosaAdipendonodaglistatidi un’altra cosa B”.Dato però chepossiamo scegliere ilsistema di riferimento,si produce l’“illusione
errata” che ilriferimento stesso siainessenziale. Sorgecosì l’idea del tempoassoluto e si scambiaun’astrazionemetafisica con larealtà: “Non siamo ingrado di misurare imutamenti delle coserapportandolialtempo.
Al contrario il tempo èun’astrazione, allaqualearriviamoproprioattraverso laconstatazione delmutamento, grazie alfatto che per ladipendenza reciprocadelle cose non siamocostretti a servirci diuna determinata
misura”.10Lateoriaeinsteiniana
non si distinguedunque dalle teorieclassiche per averintrodotto l’idea direlatività, ma peraverla generalizzata,resa più complessa,inserita in dispositiviconcettuali in grado di
unificare campi delsapere prima separati.Le grandi intuizioni diEinstein sono statequelle di dimostrarecome inerzia egravitazionecoincidanoe come si possa (e sidebba) fare a menodelle nozioni di spazioe tempo assoluti. La
teoria della relatività,come tutti i modelliscientifici, è in effettiunateoriadiinvarianti.Quale costantenaturale, valida perqualsiasi sistema diriferimento, resta solola velocità della lucenel vuoto, secondo leequazioni formulate da
Maxwell nel 1873.Questo assuntocontrasta con le leggidella meccanicaclassica, per cui levelocità di due corpiche si muovono indirezione opposta sisommano, dimodochéla luce proveniente dastelleversocuilaTerra
si avvicina dovrebbepossedere una velocitàmaggiore di quella distelledacuilaTerrasiallontana. Se lavelocità della luce ècostante,variabilisono,dunque, i sistemimetrici. Come in certiquadri di Dalì, doveorologi e regoli
appaiono deformabili,molli,“squagliati”.Alla teoria della
relatività ristretta,Hermann Minkowskiapplicherà poco dopo(1908) il cosiddetto“cronotopo”, unospazio quasi-euclideo,quadridimensionale,costituito dalla totalità
degli eventi (uneventoche si verifica in untempo t nel punto Pdello spazio avente lecoordinate cartesiane[x, y, z] vienerappresentato,considerando il tempoquale quartadimensione dellospazio, mediante le
coordinatecronotopiche [x, y, z,t]). Nella teoria dellarelatività generale,Einstein combinerà ilsistema cronotopicocon lo spazioriemanniano. Anche ladifferenza tra materiaed energia tende asfumare in Einstein
nella variazione tradiverse “densità dicampo”.La teoria della
relatività, assieme allameccanica quantistica,rappresenta una dellevette del pensieroscientifico delNovecento (e, per glieffetti di ricaduta,
anche di quellofilosofico). A Einstein,tuttavia,il“principiodiindeterminazione”formulato da WernerHeisenbergnonpotevapiacere, perchésembrava mettere ingioco la perfettacalcolabilitàdell’universo fisico. In
realtà, esso negasoltanto il “fantasmaeuristico” di unmodellostaticoerigidodelmondofisico,diunadescrizione esaurientedella realtà da cuil’osservatore vengaescluso al fine dienucleare la verità insé. Tale principio si
limita invece adaffermare che bisognascegliere il modo delladescrizione.Heisenberg stabilisceinfatti l’impossibilità dideterminare –rigorosamente e nellostesso tempo – laposizione di unaparticellasubatomicae
lasuaquantitàdimoto.Osideterminalaprima(e resta indeterminatala seconda) o sidetermina la seconda(e resta indeterminatala prima).L’osservatore perturbanecessariamente,anche se di poco,l’oggetto su cui
conduce unesperimento o unamisurazione. Perricorrereaunesempiodamanuale,ècomesevolessimo stabilire contotale precisione latemperaturadell’acquacalda in una vasca dabagno. Non avremmomododifarlo,perchéil
termometro sottraecalore, e quindimodifica – per quantoimpercettibilmente – latemperatura dellamassa d’acqua. Ciò,tuttavia, non implicaaffatto che le leggifisiche divenganoincerte, che siintroduca quindi nella
cittadella della scienzail cavallo di Troiadell’irrazionalità. Vuoldire, semplicemente,che le impreseconoscitive sono piùcomplesse di quel chesi era abituati acredere.Di questa
complessità si è reso
interprete, in anni piùrecenti, Ilya Prigogine.In riferimento alladinamica irreversibiledelle teorie classicheequantistiche, egli hamostrato come anchel’universo abbia unastoria e come il tempodel mondo condividacon il tempodell’uomo
l’elementofondamentaledell’irreversibilità. Ifenomeni irreversibili –come quelli studiatidallatermodinamica,inparticolare dalla suaseconda legge – nonconducono perònecessariamenteall’aumento
dell’entropia, deldisordine, allacosiddetta “morte perfreddo dell’universo”.Non si svolgono infattiin un sistema chiuso(che non assorbe cioèenergiadall’esterno,néla cede), ma in unsistema aperto,“dissipativo”. Le
fluttuazioni al suointerno, le violazionidell’equilibrio,producono così nuovoordine, imprevedibilema rigorosamenteanalizzabile, che sorgeproprio dal disordine.Tale impostazionesegna la fine deldeterminismo, del
trionfo della necessità,come era statosuggeritonell’Ottocento daLaplace. Non è veroche, se conoscessimoperfettamente lo statodel mondo in unmomento dato,saremmo poi in gradodipredire conassoluto
rigoreancheisuoistatifuturi: “Nellaconcezione classica ildeterminismo erafondamentale e laprobabilità eraun’approssimazionealla descrizionedeterministica. Oggi èl’inverso: le strutturedella natura ci
costringono aintrodurre laprobabilitàindipendentementedall’informazione chepossediamo. Ladescrizionedeterministica non siapplica infatti che adelle situazionisemplici, idealizzate,
che non sonorappresentative dellarealtà fisica che cicirconda”.11 Ladistanzatralapresuntainesorabile fissità delleleggi della natura el’inafferrabilemutevolezzadelmondoumano tende così aridursi. In gradi
diversi, l’instabilità el’emergeredell’imprevisto ècomune a entrambe.Risulta, diconseguenza,percorribile – seppurein prospettiva – lastrada di una “nuovaalleanza” tra natura euomo, fisica e
metafisica: “Forse ciorientiamo verso unanuova disciplina cheerediteràdallafisica lapreoccupazione delmondo, delladescrizionequantitativa, e dallametafisica classical’ambizione di unaimmagine coerente
globale che laincluda”.12
3.Lospaziointeriore
Soggetto e oggettonon si fronteggianopiù,comenellafisicaenella metafisicaclassiche, quali entitàcompatte che si
sfidano.Questiduepolitradizionali siarticolano invece suschemi di massimacomplessità emobilità,in cui gli scontri sonomeno lineari e gliantagonisti cambianocontinuamentefisionomia e posizione:si moltiplicano, si
deformano, simascherano,abbandonanoingenerela semplicità operativadi quelle che Sartrechiama “filosofiealimentari”, in cui ilsoggetto divoral’oggettooviceversa.Equesto non riguarda,naturalmente, solo il
versante dell’oggettoche abbiamo primaconsiderato, lastruttura del mondofisico, del “cielostellato” sopra di noi,ma anche ciò che sta“dentro” di noi e cheviene ora scandagliatonei suoi aspetti piùperturbanti dalla
psicoanalisi e dallanuovapsichiatria.Nellapsicoanalisi freudiana,anzi (almeno sino al1924, all’articolo su Ilproblema economicodel masochismo), ladifferenza tra ilsoggetto e l’oggettonell’uomo, tra rescogitans e resextensa,
psiche e corpo, èfortemente attenuata,non soltanto per lasomatizzazione deiconflitti psichici, allivello dei sintomi o,poniamo, delle isteriedi conversione,maperil motivo assai piùrilevante che l’interoapparato psichico è
visto in termini fisici,energetici.Applicando alla
psiche umana ilmodello helmoltzianodel “sistema chiuso”,Freudritienechevisiauna quantità fissa dienergiapsichicache,insituazioni ottimali, èdistribuita in modo
equilibrato e puòcircolare facilmente,ma che, talvolta,quando il suomovimento èimbrigliato, bloccato,squilibrato, ingorgato,si fissa o si concentrain alcune zoneprovocando sofferenzao fenomeni
“patologici”. Poiché,appunto, tale eccessodipressionenonsipuòscaricare versol’esterno, bisognadistribuire le caricheenergetiche inmanieradiversa, dirottarle inaltre regioni, peralleggerire i punti piùprovati. Le pulsioni,
che non si possonocancellare, subisconocosì delle“vicissitudini”(rimozione,sublimazione,negazione ecc.), che,sotto il profiloenergetico, sonospostamentidicariche.Per questo la terapia
psicoanalitica nonagiscesolo fornendoalpaziente la meraconsapevolezzasull’origine dei suoimali, ma producendoancheunadislocazionedi energia, eliminandoquelle pressionienergetiche–informa,ad esempio, di
rimozione – cheimpediscono latrasparenza dei propriconflitti.All’iniziodellacura, piuttosto cheessere d’aiuto, ilsapereèanziunafontedi angoscia, l’inizio diuna battaglia chemobilita tutte leresistenze: “È un
concetto da lungotempo superato (anchese a prima vistasembra corrisponderealla realtà) quellosecondo il qualel’ammalato soffrirebbein forza di una speciedi ignoranza, e per cuise si elimina questaignoranza
informandolo (sullaconnessione causaledella sua malattia conla sua vita, sugliavvenimenti della suainfanzia ecc.) eglidovrebbe guarire. Nonun tale ‘non sapere’ èper se stesso ilmomentopatogeno,malaradicediquesto‘non
sapere’ posto nelleresistenze interiori, lequali in un primotempohannoprovocatoil ‘non sapere’ e lomantengono ancoraadesso. Lacomunicazione diquanto l’ammalato nonsaperchéloharimossoèsoltantounodeiprimi
mezzi necessari per laterapia. Se laconoscenzadell’inconscio fossetanto efficace quantoritiene chi è inespertodi psicoanalisi,basterebbe per laguarigione chel’ammalato ascoltassedelle lezionio leggesse
dei libri. Ma l’efficaciadi tali cose sui sintomiè analoga a quella chepotrebbe avere intempo di carestia,sopra un affamato, lalettura di liste divivande. E il paragonepuòessereestesooltreil suo primitivosignificato: giacché le
comunicazioni relativeall’inconscioproduconoin generesull’ammalato l’effettoche il conflitto in lui siaccentua e i disturbiaumentano”.13Per interpretare
questi conflitti ecercare di risolverli, lapsicoanalisi deve
prendere attodell’esistenza dilogicheespaziinterioridiversi nella strutturapsichica: l’Es dellaseconda topica nonconoscenéil temponéla negazione (ilpensiero è resopossibile unicamentedal “no”, rivelato nella
Verneinigung, ossianell’accettazione solointellettuale delrimosso da parte delpaziente che rimanesul terreno delsemplice “sapere”).L’assenza delladimensione temporalenell’Inconscio (e inseguitonell’Es)implica
la tendenza dellepulsioniall’immortalità, lacoazione a ripetere, ilcongelarsidiun tempoprivilegiatonell’etàdeiprimi conflitti infantili,che scavano l’alveo sulquale scorrono quellisuccessivi.Il nostro tempo
psichico è in effetticomplesso e pieno didislivelli e ibridazionitemporali perché inesso coesistono – intensione–duemodalitàdel tempo:l’atemporalitàdell’Esela temporalità dellacoscienza, lacoesistenza e la
successione. Nellatradizione filosoficaqueste due dimensionisono separate. Se siprende una posizioneesemplare, quella diLeibniz, vedremo nellamaniera più chiaracomeinluiiltemposial’ordine dellasuccessione, mentre lo
spazio l’ordine dellacoesistenza. In Freud,invece, il tempo ha,insieme, lecaratteristiche deltempo e dello spazio:“la successionecomporta anche unacoesistenza”.14Ilprimorisultato di rilievo èche, in tal modo, il
passato convive con ilpresente; il già stato,l’immobile,conciòchefluisce, così che iltempo psichico ècoesistenza dicoesistenza e disuccessione,dipassatoche non passa e dipresente che passaproiettandosi verso il
futuro osedimentandosi,coesistenzacioèdiquelche persiste e di quelche diviene. Il secondorisultato è che neltempo vi ècompresenza disviluppo e diconservazione, dievoluzione e di
immobilità. Questospiega la possibilitàdella regressione. Nelsuo divenire siconserva virtualmentetutto.Cisirendecontoche“nellavitapsichicanulla può perire unavolta formatosi e chetutto in qualche modosi conserva e che, in
circostanze opportune,[...] ogni cosa puòessere riportata allaluce”.15Sel’organismonon è malato, tutte letracce mnestiche siconservano, anche sesottoposte a continuarielaborazione ereinterpretazione,trascritte o
“traslitterate” nelvocabolario e nellasintassi dell’“epocadella vita” in cui ci sitrova.All’interno
dell’apparato psichicoabbiamo quindi unoscontro e unaintersezione dimeccaniche pulsionali
e di piani logicidifferenti, con tutte letorsioni, iparallelogrammi diforzaelezoned’ombrachenederivano.Anchenell’uomo, per cosìdire, esistono spazinon-euclidei accantoalle più visibilisuperfici euclidee,
spazidell’Esstrutturatisecondoassiomidiversida quelli dell’Io e delSuper-io, per quantol’Io–equistal’aspettonuovo della secondatopica rispetto allaprima – sia anch’essoin parte inconscio, nonpossegga affatto lapurezza cristallina del
cogito che da Cartesioa Husserl gli siattribuisce. E questovale per tutti gliuomini, non solo per imalati: vi è una“psicopatologia dellavita quotidiana” che èindicativa deimicroconflitti operantiin ciascuno e dello
sforzo individuale esociale teso allaperpetuazione della“normalità” o dellaquantità di energiacostantementeimpiegataper tenereabada il rimosso epromuovere la“civiltà”.Ha fine l’ideadiunanormalitàrigida
e naturale, così comein altri campi abbiamovisto tramontare ilconcetto di “norma”. Ilpatologico attraversaora il normale; ilconflitto e l’eccezionepermeano la norma, inun incrocio di codicilinguistici ecomportamentali
complesso,nell’opposizione trapubblico e privato, ciòche si può rivelare eciò che si devenascondere. Lanormalità è unaconquista continua,unostatomaigarantitoperché il patologico èdentrodinoi.
Se Freud non credealla possibilità diraggiungere unaappagantevitapsichica(si passa per lui, almassimo, da unainfelicità patologica auna “infelicitànormale”), CarlGustavJung tenta invece dipercorrere questa
strada. Medianteun’ardita costruzioneteorica, egli illustra igradini attraverso cuisi articola il processoidealediindividuazioneche culmina nel Sé,nella riuscitaconquista, al verticedella piramide, di unaconsapevolezza delle
proprie forze e deipropri limiti. Alla basedi questo maestosoedificio si trova peròl’“inconscio collettivo”,con i suoi affascinantima anche minacciosi“archetipi”. Essi hannocarattere universale eubiquo, si ritrovanopressotuttiipopoliein
tutte le epoche, neisanieneimalati.Sonoesaltanti e pericolosinello stesso tempo, inquanto, da un lato,potenziano l’individuo,ma,dall’altro,rischianodi annientarlo,risucchiandolo nel loroanonimato eproducendo
“l’inflazione dell’io”.Jungriconoscelorounaradice organica,giacchénonviènientedi strano nel fatto checerte funzionipsichiche sitrasmettano anch’esselungo l’asse del tempoevolutivo: “Come ilnostro corpo conserva
ancorainmoltiorganiiresidui di antichefunzioni e di antichecondizioni, così ilnostrospirito,chepurenel suo sviluppo hasorpassatoapparentemente quelletendenze arcaicheistintive,portaancoraisegni caratteristici
dell’evoluzionepercorsa e ripete ilremotopassatoalmenonei sogni e nellefantasie”.16 In taleprospettiva, l’archetiponon costituisce unarappresentazioneereditata, perché sitrasmettono non icontenuti, bensì la
capacità stessa dirappresentare. Essosegue piuttosto “certicammini ereditati,dunque il modo innatoin cui un pulcino escedall’uovo, gli uccellicostruisconoiloronidi,certe vespe colpisconocol pungiglione ilganglio motorio del
bruco e le anguilletrovano la loro viaverso le Bermude”.17Questo però èl’archetipo biologico,diversodaquellodicuisioccupalapsicologia,cheloconsiderainvecequale forma a priori(analoga alle categoriekantiane), stampo
vuoto in grado diorganizzarel’esperienza e diordinare lerappresentazioni.18Esso si riempie così didati fornitidall’esistenzaindividuale, cheassumono tuttavia alsuo interno un
carattere mitico e“numinoso”, dirivelazione di qualcosadi immenso, divino odemoniaco che sia.Sebbene pericolosa, lavisione degli archetipicertamente apreall’individuo spiragli dipremonizione e diemozione, in quanto
mobilita, nello stessotempo, il pensiero e isentimenti. Lo si notanelleopered’arteonei“grandi sogni” (dovepiù che una freudiana“soddisfazioneallucinatoria deldesiderio” si assiste auna consultazione diciascuno con le parti
piùoscuredisestesso,che, per quantocomunichino conlinguaggio oracolare,ne sanno però semprepiù della coscienza):“Ogni relazione conl’archetipo, vissuta osemplicementeespressa, è‘commovente’, cioè
essa agisce poichésprigiona in noi unavoce più potente dellanostra.Colui che parlacon immaginiprimordiali, è come separlasseconmillevoci;egliafferraedomina,eal tempo stesso eleva,ciò che ha designatodallo stato di caducità
alla sfera delle coseeterne; egli innalza ildestino personale adestino dell’umanità eal tempo stesso liberainnoituttequelleforzesoccorritrici, chesempre hanno resopossibileall’umanitàdisfuggire ad ognipericolo e di
sopravvivere persinonelle notti piùlunghe”.19Altre direzioni
imbocca invece lanuova psichiatria post-positivistica, aperta daJaspersnel1913conlaPsicopatologiagenerale, quando –staccandosi dal suo
maestro Max Weber –afferma che ogniazione e ogni pensierosono dotati di senso.Constatatal’impossibilità discoprire un “bacillodella follia” o lesioniorganiche per lepsicosi endogene (e inparticolare per il
gruppo di quelle cheBleuler ha definito“schizofrenie”),considerata l’inutilitàdella visioneoggettivante che tendea catalogare, aentomologizzare idiversi disturbi,riconducendoliafattoriorganici e a etichette,
comincia oral’accostamento daparte della psichiatriaalle filosofie piùrecenti, a Dilthey, aBergson, a MaxScheler, così come piùtardi ci si riferirà aHusserl,aHeideggeroa Sartre. Jaspers,contemporaneamente
psichiatra e filosofo, èunafiguraemblematicadi questa svolta. Lavisione oggettivante èfortemente riduttiva,tende a riportare ifenomeni a una basenaturale, organica,sostanzialmenteimmobile, credendocon ciò di averne dato
una spiegazione“scientifica”: trasformaun sorriso in unasemplicecontrazionedimuscoli. Interpreta lafollia e il delirio comeuna negazione seccadella ragione e deldiscorso sensato, comealterità impenetrabile.La nuova psichiatria
invece, portandosianchesulterrenodellescienze dello spirito,consideral’incomprensibilità delmalato mentaleall’interno dei rapportiinterpersonali come lanostra stessaincomprensibilità eopacità reciproca a un
gradopiù alto, e cercadi sondarnenon la suaassolutaestraneità,mail progetto di esistenzadi cui è portatore.Penetrare in questimondi orrorosi dellapazzia,osservarelesuelancinanti figure o lebarocche costruzionideldelirio,èunviaggio
di scoperta nellepieghe della ragionestessa, unaesplorazione delle sueregionipiùimpervie.Alparidiuncristalloche,cadendo e sfaldandosisecondo determinateleggi,manifesta i pianidi frattura latentianche nei cristalli
ancora integri, il follerivela in formaconclamata l’esistenzascissadiquelmomentoprogettualeeproiettivo– di progetto checoinvolge non solo laragione, ma anche lapercezione sensibile ela tonalità affettiva –cheèpresente in tutti,
piùomenoincorporatonei suoi contenuti“reali”. Il malatomentalerivelacosìconmaggiore evidenza ilcarattere dicostruzione secondoprogetti fondamentaliche ogni vita possiedeedesibisce,ingigantite,le lacerazioni presenti
intutti,lepossibilitàdifallimento latenti inogni esistenza (perquesto la sua vista e ilsuo contatto sonoperturbanti, fonte diangoscia e diinsicurezza: la“normalità”sipreservanascondendo eisolando le
“eccezioni”). Ma almargine dei precariequilibritrailmomento“pubblico”,l’appartenenza a unmondo e a unlinguaggiocomune,eilmomento “privato”, losganciarsi del progettofondamentale di unavita dalla rete
percettiva ecomunicativacomune–equilibri checostituisconolagammadella “normalità” –, visono le irruzionimagmatichedell’elementoproiettivo resosiautonomo, disturbatonella sintonizzazione
con la realtà e con glialtri: è allora che sisentono delle voci chenessunaltrosente,chesi vedono delle coseche nessun altro vede,che si sottraggono idiscorsiaglischemipiùordinari, pubblici, didecifrazione. E nonsolo la ragione è
colpita, ma c’è anche,si direbbe, una folliadei sensi: il tempotendecosìacongelarsio invertire la suadirezione, lo spazio acontrarsi, il mondo araggomitolarsi in sestesso.Eugène Minkowski –
sviluppando qui la
filosofia di Bergson –considera la psicosicome uno sbarramentodel futuro vissutodall’individuo, laflessione permanentedello slancio verso ildomani, la sofferenzaper una realtà che gliappare come bloccata.Allora il tempo
percettivamente sisolidifica o l’ammalatovede le freccettedell’orologio muoversiall’indietro. Oppure lospazio percettivo,analogamente allospazio interioresbarrato,sirestringe,eil soggetto psicoticoportato all’aperto
compieossessivamente, constereotipie motorie,solo pochi passi inavantieall’indietroosirannicchiainsestesso,assumendo uningombro spazialeminimo, quasi volesseannullarsi. Si direbbeanzi che la ragione
resti integra in questetorsioni percettive e inquesta impossibilità dideclinarsi al futuro, echeesprimaedescrivacon precisione ilpaesaggio devastatopercepitointeriormente edesteriormente: un’ideadelirante “non è altro
insomma che iltentativo del pensiero,rimasto intatto, distabilire un nessologico tra le diversepietre dell’edificio inrovina”.20I deliri hanno quindi
senso,sesiècapacidiricostruire la genesi ela struttura di tali
paesaggi interiori epercettivi,sesiriesceatradurre nuovamentequeste forme diprivatizzazionelinguistica edesperienziale neitermini di una logica edi una concezione delmondo più vasta ecomplessa. La nuova
psichiatria, a tinteesistenziali, acquistaun alto valoresimbolico a livellosociale e politicoperché, in luogo dimostrare i “devianti”, ipazzi-delinquentilontani dalla norma(come faceva in Italia,ad esempio,
Lombroso), tendepiuttosto a far vederela devianza comeintimamentecostitutivadella norma stessa e ilmalato mentale comel’estremo di una vitadeterioratachetutti,indiversi gradi,subiscono.
1 Citato in J.M.Lotman, Il problemadelsegnoedelsistemasegnico, in Aa.Vv.,Ricerche semiotiche.Nuove tendenze dellescienze umanenell’Urss,acuradiJ.M.Lotman e B.A.Uspenskij, Einaudi,Torino1973,pp.48-49.
2 G. Cantor,Grundlagen einerallgemeinenMannigfaltigkeitslehre,Teubner,Leipzig1883,p.165.3 G. Frege,
Aritmetica e logica,Boringhieri, Torino1965,p.265.4Ivi,p.23.
5 B. Russell, Iprincipi dellamatematica,Longanesi, Milano1951,p.14.6Ivi,§427.7 G. Cantor,
GesammelteAbhandlungenmathematischen undphilosophischen
Inhalts, Springer,Berlin1932,p.400.8 D. Hilbert,
Neubegründung derMathematik, in“Abhandlungen ausdem mathematischenSeminar derHamburgischenUniversität”,1922,I,p.157.
9 H. Poincaré, Lascienza e l’ipotesi, LaNuova Italia, Firenze1950,pp.72-73.10 E. Mach, La
meccanica nel suosviluppo storico-critico,Boringhieri, Torino1977,p.241.11 I. Prigogine, La
nascita del tempo,
Bompiani, Milano1991,p.52.12 Id., La nuova
alleanza (1979),Longanesi, Milano1981,p.180.13 S. Freud,
Psicoanalisi selvaggia(1910), in Opere,Boringhieri, Torino1966-1978, VI, p. 329
(trad.diC.Musatti).14 S. Freud,
Considerazioni attualisullaguerrae lamorte(1915), in Opere, cit.,VIII,p.133.15Id.,Ildisagiodella
civiltà,inOpere,cit.,X,p.562.16C.G.Jung,Simboli
della trasformazione
(1911), in Opere,Boringhieri, Torino1967 sgg., V, 1970, p.41.17 C.G. Jung,
Introduzione a E.Harding, Frauen-Mysterien, Rascher,Zürich1949,p.VIII.18Cfr.Id.,Riflessioni
teoriche sull’essenza
della psiche (1947-1954), in Opere, cit.,IX,1980,1,p.247.19 Id., Il problema
dell’inconscio nellapsicologia moderna(1932),Einaudi,Torino1971,p.50.20 E. Minkowski,
Studio psicologico eanalisi fenomenologica
di un caso dimelancoliaschizofrenica(1923),inE.Minkowski,V.E.vonGebsattel, E.W.Strauss,Antropologiaepsicopatologia,Bompiani, Milano1967,p.31.
III.Ilpathosdell’oggettivazione
1.DurkheimeWeber
Se la psichiatria e lapsicologia non-
oggettivanticorrodevanoilconcettodi norma e di legalitàrigidadei fenomeni, seponevanocioèinrilievopiù le variantisoggettive e lamolteplicità deiprogetti individuali, allimite irripetibili eincommensurabili, che
non la lororiconducibilitàaregolegenerali, non perquesto nelle altre“scienze umane” sipoteva rinunciare adelle leggi. Così inDurkheimlasociologia,che ha mantenutostretti legami con lesue matrici
positivistiche, delimitacomeunargineesternol’area di validità dellapsicologiaeristabiliscel’esigenza di unaoggettività nonsottomessa a rifrazioniedistorsioniindividuali(assolve,daldi fuori,aquella stessa funzionedi garanzia
dell’oggettività dinanziaisingolisoggetticheil“realismo” di tipoplatonico aveva avutoall’interno dellematematiche). Gliindividui possonosoggettivamente agireperimotivipiùdiversi,ma il risultato dei loroatti, il fatto sociale,
obbedisce a unapropria logica,possiede una specificacogenza: “È un fattosociale qualsiasi mododi fare, più o menofissato, capace diesercitare unacostrizione esterna oanche che è ingenerale all’interno di
una data società, inquanto ha la suapropria esistenza,indipendentementedalle suemanifestazioniindividuali”.1 Ciòsignifica che ilmovimento di questiatomi sociali, che sonogliindividui,nonècosì
completamente irrelatoo indefinitamentedifferenziato comeappare dal versantepsicologico, ma èsottopostoauna formaappena attenuata dinecessità, come quellache struttura lalimatura di ferro lungole linee di forza di un
campomagneticoocheplasma secondo regolel’agire singolo,dimodoché i fattisociali “sono in uncerto senso gli stampiincuisiamocostrettiaversare le nostreazioni”.2 La sferasociale tende pertantoad assumere uno
statuto diverso daquella psicologica –deve essere studiata,per Durkheim, comecollezione di “cose”,noninfluidità,quindi–ed è questa la spia diun allentarsi dellemediazioni traindividuo e collettività.Da un lato
l’individualità, respintanella sua solitudine einsignificanza socialein un mondo semprepiù organizzato in cuiciascuno èintercambiabile,riscopre la propriacomplessità e i larghimargini diincompatibilità, di non
assorbibilitànell’insiemesociale, edenfatizza diconseguenzal’insostituibilitàdelsuoruolo e il valorepropulsivo delladiversità e dellaviolazionedellanorma;dall’altro,lasocietànelsuo complesso si
proclama indipendentedall’apporto dei singoliindividui, quelli piùesigenti, e afferma diessere autonoma e diavere, essa e non gliindividui, gli strumentidi coercizione, e diessere il tutto cheguida le parti, nonviceversa. Per quanto
concezioni analoghe diseparazione dellatotalità sociale daisingoli siano poisfociate in ideologietotalitarie o“statolatriche”, inDurkheim (come inCroce o inWeber) nonsitrattadiannientareilcontributo
dell’individualità,madidisciplinarlo, di venirea patti con le nuoveindividualità complesseche si vannocostituendo. Sottoquesto profilo, lasociologiapuòapparirenei confronti dellapsicologia come ilconvesso rispetto al
concavo dello stessoinsieme, comecomplementaritànell’analisi dellefunzioni sociali eindividuali, comedistribuzionedeicampidi indagine. E, inDurkheim, comeaccentuazionedell’elemento
cooperativofondatosiasulla divisione dellavoro, sia, piùintimamente, sulcarattere sociale, di“rappresentazionecollettiva”,chehanno iconcetti. Il pensiero,l’organo della più altacomunicazione fra gliuomini, non è un
prodotto individualeche reagiscechimicamente su altriprodotti individuali,altripensieri,maè,nelsuo nascere, elementosocialedicuiisingolisiimpadroniscono e cheadattano, traducono,incrementano (ed èsoloaquestopuntoche
la psicologia riacquistai suoi diritti nelconoscere taliprocessi).Circola nella cultura
europea di questi anni– in troppi ambientigeograficiedisciplinariper essere un purocaso – l’esigenza dicombattere il vitalismo
psicologisticoancorando l’individuoall’azione, al fattosociale, al momento incuicioèsioggettiva,siconiuga operosamentecol mondo e producedegli effetticonstatabili. È cosìl’agireumanochedàinWeber senso a un
universocheinséneèprivo, assegnando allarealtà dei “valori”,oggetto degli scopiumani, e costruendodegli strumenti, deimezzi per conseguirequesti fini. L’unicascienza possibile èquella dei mezzi, nondeivalori, fra iqualisi
registraunconflitto,un“politeismo”,incomponibile. Dellediverse forme di agiredotato di senso(razionale rispetto alloscopo, razionalerispetto al valore,passionale-emotiva,tradizionale), ilcapitalismo sviluppa
pienamente soltanto laprima, respingendonella sfera privata epenalizzando tutte lealtre. La razionalitàcapitalistica èpuramentestrumentale, basatasull’efficienza, sulladistruzione dellecertezze frenanti
tradizionali, sulcontrollo e ilraffreddamentodell’emotività, sullamessafraparentesidelsignificato generaledegli altri valori. LoStato e la società sonoorganizzati con glistessi criteridell’azienda
capitalisticaeilmondoè stato disincantato,privato dei suoisottofondi magici, resopiù sicuro, ordinato,calcolabile escientificamentecomprensibile. Lareligione – che è statoilprimopotenteorganodi donazione di senso
al mondo e che, nellesue vesti calvinistiche,ha generato lo spiritodel capitalismo –esaurita la suamissione civilizzatrice,sembra essersi ritirataavitaprivata,divenutastrumento di torbidaconsolazione. La realtàcapitalistica è infatti
molto dura, ma, perWeber, non se ne puòuscire,èuna“gabbiadiacciaio”:civuolemoltocoraggio per accettaredi vivere dentro le suesbarre, per contentarsidella sobria vocazionedel lavoro, dellaprofessione(Beruf).Ma il pathos di cui
egli carica i momentidell’oggettività edell’operare fecondonondevefarperderedivista il risvoltosoggettivo, l’etica – diprovenienza neo-kantiana – dellaresponsabilità delsingolo, oggitremendamente solo
nello sforzo di farcoincidere la massimadelproprioagireconla“legislazioneuniversale”.Contrariamente aquanto si potrebbepensare, il peso dellasoggettività nondiminuisce in questomondo ferreamente
strutturato dallaragione formale, dallascienza, dalla fabbrica,dalla burocrazia, macresce parallelamentea esso. Ognuno devescegliere, deve seguire“il demone che tiene ifilidellasuavita”3(nonil “capo carismatico”,dunque), senza
adagiarsi in unrelativismo scettico(magari quello di unostoricismoinvertebrato), sentirsial di sopra dellamischia o rifugiarsinelle bracciamisericordiose dellevecchie Chiese. Controil relativismo, il
lassismo e ilmisticismo, Weberinsiste nel mostrare –accanto ad argomentidi ordine etico – ilcarattere non-indeterministico delnostro conoscere eagire nel mondo. Gli“idealtipi”, i concetticoncuiinterpretiamoil
reale ponendoneunilateralmente inevidenza solo alcuniaspetti,sonoilfruttodidrastiche scelte,costruzioni irreali,“quadrifantastici”,utiliper conoscere edominare (non perrispecchiare!) ilmondo, produzione di
strutture normative dinatura logica, slegatedai “giudizi di valore”.Ma non sono arbitrari,sono anzi oggettivi inquanto intersoggettivie funzionanoscientificamente inquanto operanomediantenessicausali.In polemica con i
deterministi, Webernega certo l’esistenzadi una causalitàassoluta, di unaconcatenazione rigidadifatti,tipicadialcuneconcezionipositivistiche o deldeterminismoeconomico di certiesponenti della
SecondaInternazionale, ma allostesso modo e con lastessa forzaegli rifiutal’indeterminismoassoluto di un EduardMeyer,cheassegnaunruolo preponderante alcaso, all’imprevedibile,alla decisioneindividuale e alla
libertà dell’azione. Tracaso e necessità esisteun largo spazio digradazione delpossibile.Appoggiandosi aimodelli del calcolodelle probabilità, inparticolare a quelli diJohannes von Kries,Weber elabora una
teoria della storia edell’azione umana, chesi può chiarire conl’esempio da lui stessoscelto: se lanciamo undado un numerosufficientementealtodivolte, è assolutamenteimpossibile sapere concertezza quale dei seinumeri uscirà a ogni
lancio; le possibilitàsono equamentedistribuite nellafrequenza di 1/6 perciascunadellefaccedeldado.Mase spostiamoil baricentro del dado,se usiamo un dado“truccato”, allorapotremofavorire,piùomeno, l’uscita di un
certo numero. Lospostamentodelcentrodi gravità del dado èquindi la “causaadeguata” per ilpassaggio dallacasualità assoluta allaprevedibilità, al senso.Anche l’agire umanodotato di senso è unaanaloga modificazione
del caso. Percomprendereun’azioneindividualeouneventostorico dobbiamoperciò procedere adelle imputazionicausali, smontare ifenomenieimmaginarlicon o senza alcunepremesse, utilizzandol’irrealtàdei “se”edei
“ma” per spiegare ilreale, per stabilire ilgrado difavoreggiamento cheun elemento hasull’insieme.
2.DaCroceaGramsci
Contrariamente aWeber, i “se” e i “ma”
non costituiscono perCroce il criteriodell’interpretazionestorica. Proprio perchéin lui è forte il pathosper il momentodell’oggettivazione,dell’incorporarsideterminato dellenostre azioni nelmondo, è ozioso
domandarsi cosasarebbe accaduto se ifatti si fossero svoltialtrimenti. Taledomanda è un“giocherello cheusiamo fare dentro noistessi, nei momenti diozio o di pigrizia,fantasticando intornoall’andamento che
avrebbepresolanostravita se non avessimoincontratounapersonache abbiamoincontrato, o nonavessimo commessouno sbaglio cheabbiamo commesso;nel che con moltadisinvoltura trattiamonoi stessi come
l’elemento costante enecessario, e nonpensiamo a cangiarementalmente anchequestonoistessi,cheèquel che è in questomomento, con le sueesperienze, i suoirimpianti e le suefantasticherie, appuntoper aver incontrato
allora quella datapersona e commessoquello sbaglio:senonché,reintegrandola realtà del fatto, ilgiocherellos’interromperebbesenz’altro esvanirebbe”.4L’impossibilità diformulare previsioni
per il futuro, la finedichiarata di ogniteleologismo e di ognifilosofia della storia(intesa come storia adisegno),ilrispettoperla durezza dei fatti eper l’agire di potenzeimmani etransindividuali, ilprecipitareeildivenire
irrevocabile dell’azionedel singolo nei granditorrenti degliaccadimenti del Tutto,lasciano spazio solo alriconoscimento delpassato. Ma ciò nonsignifica accettare lanecessità ineluttabiledelcorsostoricoancheper il presente e il
futuro. Anzi: spinti dabisogni pratici semprenuovi e continuamenteinsorgenti, daldesiderio di eliminareleoscuritàe i fantasmiche si frappongonoall’azione, di togliercidallespallelaservitùeilpesodelpassato,noilo interroghiamo e lo
rendiamo vivo,contemporaneo, “quasialmodochesinarradicerteimmaginidiCristie Madonne, le quali,ferite dalle parole edagli atti di qualcheblasfematore epeccatore, spiccianorossosangue”.5Attraverso la
riflessione,lafilosofia–che è “metodologiadella storiografia”,conoscenza diquell’“universaleconcreto” che èpresente in ciascunevento – riusciamo acapire qual è il sensodella ricerca storica,del riconoscimento
oggettivo, mediato dadocumenti etestimonianze, di ciòche è stato. L’indaginestorica degli storici equella che ciascunocompie per ricostruireil significato delpropriocomportamentospianano la stradadella libertà, intesa
come coscienza dellanecessità, cognizionedelle possibilità realidell’agire, che escludequindi sia la passivaaccettazione deglieventi, sia il desideriodi saltare, senzaaffrontarli, oltre icondizionamenti e lebarriere del reale.
Convertendo il passatoin conoscenza,comprendendo quantooscuramentesiagitainnoienelmondo,siamopronti a realizzarci, adiventare ciascuno uncreatore di storia, inuna “religione delleopere” che ricordal’etica weberiana della
vocazione, del Beruf.Solo ciò che sioggettiva, che entra inrelazione con l’attivitàdeglialtri lasciandounqualche segno, havalore permanente:non i conati impotenti,dunque, non lemillanterie, non lediverse forme di
“paralisi della volontà”che fiaccano gli animi,nonlechiacchiere.Per questo l’arte
deve essere“espressione”, nonrivendicazione di unanebulosa interioritàche sarebbe tropponobile e profonda pertradursi in linguaggio;
deve esserecomunicazione,conoscenza, e nontorbido sensualismo ostrumento dipropaganda politica ereligiosa.Perquesto lafilosofia deve essereeffettiva conoscenzadell’universaleconcretoenonraccolta
di astrazioni utili, dietichette,comeCroceèportato a ritenere,semplificando leposizioniconvenzionalistichecorrenti anche fra gliscienziati. Per questogli atti “economici”devono essere eseguiticon buona coscienza,
senza mescolarvipregiudizi morali (lacategoria dell’“utile” edel “vitale”, questa“verde”forzaincuieglisistema l’eredità diMachiavelli, di Marx,deimarginalistiedellaMachtpolitik deltempo, sarà quella chepiùcostringeràCrocea
modificare i suoischemi teorici,l’elementodestabilizzatore ectonio che insidieràl’Olimpo dello“Spirito”, la dottrinadell’equilibrio generaledei “distinti”). Perquesto,infine,leazionimorali non sono atti
disincarnati, eterei,altruismo puro che hadi mira un mondodiverso dal nostro esuperiore,mavolizionedell’universale che hacome presupposto lavolizionedell’individuale, ossiaazioni volteall’interesse generale,
dicuibeneficiaciascunsingolo, ma chepresuppongonol’abbandonotemporaneo del purlecito egoismoindividuale. La vitadello “Spirito” èappunto questorealizzarsi incessantedel movimento del
Tutto attraverso leopere dei singoli, iquali sono soltantofunzioni subordinate diquesta totalità edivengono “immortali”in senso laico e hannovalore solo seaccettanoconsapevolmente diessere materiale da
costruzione di unastoria che si innalza aldi sopra delle loroteste,aldilàdellelorointenzioni (sono quichiaramente visibilil’antipsicologismo diCroce e il carattere diun liberalismo noncerto individualistico):“ogni nostro atto,
appena compiuto, sistacca da noi e vivevita immortale, e noistessi (i qualirealmente non siamoaltro che il processodei nostri atti) siamoimmortali, perché avervissuto è viveresempre”.6 Noi siamoveicoli, “faville”, di
questaenormepotenzadel Tutto, la cuidirezionecisfugge,chenon possiamogiudicare, ma chedobbiamo ricevere “aguisa di mistero”.7Siamo circondati daorganismi mostruosi acui siamo obbligati apiegarci, “a quei
Leviatani che sichiamano Stati, a queicolossali esseri viventidallevisceredibronzo,ai quali abbiamo ildovere di servire e diobbedire, ed essi dapartelorohannobuonee profonde ragioni diguardarsi in cagnesco,di addentarsi, di
sbranarsi, di divorarsi,vistoeconsideratochesolo così si è mossafinora, e cosìsostanzialmente simoverà sempre, lastoriadelmondo”.8Maquestoèilnostro
unico mondo, in cuisoffriamo, magari, main cui ci sono gli
oggetti di ognidesiderio, passione,interesse, conoscenza.In realtà non nevorremmo un altro,quello che promettonole religioni: noi siamoindissolubilmentelegati a questa“terrestrità”, a questaimmanenza (tale è il
significatodell’espressione“storicismo assoluto” etale è uno dei motiviche Gramsci trarrà daCroce). Dobbiamocoraggiosamenteimmergerci in esso,accettare il rischio, lapossibilità dellasofferenza, le delusioni
e le amarezze: “Mettecontodivivere,quandosi è costretti a tastarsiaogniistanteilpolsoea circondarsi dipannicelli caldi e aevitare ogni soffiod’aria per paura deimalanni? Mette contodi amare, pensando eprovvedendo sempre
all’igiene dell’amore,graduandone le dosi,moderandole,provandoa volta a volta diastenersene peresercizio di astinenza,timorosidi troppo fortiscosse e dilacerazioninelfuturo?”.9Inquestaprospettiva anche ilmale perde il suo
aspetto sostanziale.Non già che se neabolisca la coscienza oche, vichianamente, lafilosofia salvidall’angoscia per “lemogli che infantano” oper i “figliuoli che neimorbilanguiscono”,maessononhaesistenzaepotere autonomo,
separatodalpositivo.Ilmale, o è sentito cometale, e allora non locompiamo, oppure nonloè,eallorasiattua ilbene: “Il giuocatoredell’esempio, nelmomento in cui sa didanneggiarsieconomicamente nongiuoca: la sua mano è
fermata, ed è fermataperchésapere(insensopratico) equivale avolere, e sapere ildanno del giuocosignifica saperlo comedanno, cioè ripugnareal giuoco. Se la manoriprende i dadi o lecarte, ciò accadeperchéinluisioblitera
quelsapere,valeadireperché egli cangiavolere;einquestocasoil giuoco non è piùavvertito come danno,ossiaèvoluto,ossia,inquell’istante, ridiventaper lui bene perchésoddisfa un suobisogno”.10La filosofia crociana
è eminentemente unapedagogia politica, iltentativo di educareuna classe dirigenteitaliana all’altezza deisuoi compiti, di farleassumere un respiroeuropeo. Il suo invitoalla sobrietà,all’operosità, allaserietà è politicamente
l’invitoadabbandonarei velleitari sogni digloria nazionalistici ecolonialistici, asacrificare gli aspettibolsamenteretoricieiltrasformismo spicciolochequestaborghesiasitrascina da secoli, aeliminare le scoriecoscienzialistiche
deteriori, lechiacchiere e lechiusure locali perimmergersiattivamente nel fiumedegli eventi mondiali,ad accogliere in formasubordinata alcuneesigenze delmovimento operaio,purché–beninteso–si
adegui alla razionalitàborghese. Ilproletariato “se vuoleimitare davvero laborghesianell’abbattere unavecchia società, deveavere la forza e lacapacità di imitarlaaltresì nei metodiseveri
dell’abbattimento edella riedificazione.Tali condizioni pone lastoria, e conl’osservanza di esse ilsocialismoètantopocopauroso quanto è pocopauroso ciò che ènecessario”.11 Ilproletariato attraversainveceancorauna fase
passionalegrezzadellasuavitapolitica,madelresto lapoliticaènellasua essenza passione,razionalizzazione“economica” diinteressi settoriali, cheprescinde da ognisupremo valoremoralee ha la propriagiustificazione in se
stessa. La previsionemarxiana di una lottadi classe che siconclude con lascomparsa di tutte leclassi è quindi perCroce un’utopiamorale, soggiace alle“alcinesche” seduzionidella dea Giustizia. Ilmodello filosofico dei
“distinti” intendeinvece mantenere unequilibriofraleclassiei blocchi di interessicontrapposti, evitarerovesciamenti drasticieviolenti.L’ideadiuna“libertà” – egemoniasenzadittaturapalese–come garanzia chenessuna classe
prevarràsullealtreconla violenza favorisceevidentemente, intermini gramsciani, la“rivoluzione passiva”,la semplicerazionalizzazione deldominio esistente e ilcompromessoconforzeaddirittura pre-borghesi, quali la
Chiesa. Con essa vi èuna sorta di tacitadivisione delle sfered’influenza: le élitesallo Stato laico eliberale, che le forgeràin modo austero edefficace,lemasseaunareligione che è formainferiore,passionale,difilosofia, che manterrà
il “popolo”nell’obbedienza e nellapassività. Vi è quiun’implicitadichiarazione diincapacitàacontrollarelarghi strati sociali e afarlipartecipare,anchein tempi lunghi, aun’attività storica piùvasta.
In quantointerlocutore di Croce,Gramsci cercherà dirovesciare questoschema, di porre ilproblema e dipreparareglistrumentiper permettere a tuttidi partecipare daprotagonisti allacostruzionedellastoria
e delle istituzioni.Soprattutto dopo il1917, la borghesiaattraversa un periododi crisi profonda diegemonia: i rapportidiforzasisonospostatiafavore della classeoperaia, che non è piùcostretta alla passivitàfatalistica o al
ribellismo senzasbocchi, come quandosubiva l’iniziativa delblocco storicodominante. Ora essa èin grado di dirigere leforze produttive e diguidare gli Stati: èpoliticamentemaggiorenne. Occorreuna compatta “volontà
collettiva” per operarela transizione e un“nuovo senso comune”per innalzare legrandimasse al livello dellascienzaedelleformedivita moderne. E ciò ètanto più necessario inquanto in Occidente,dove la “società civile”è estremamente
articolata a protezionedello “Stato politico”,lalottasaràlunga,saràuna snervante “guerradi posizione”. Perresistere all’offensivaproletariaeperovviarealla caduta tendenzialedel saggio di profitto,gli Stati siriorganizzano, tentano
di coinvolgeredirettamente tutti icittadini nella difesadel sistema vigente,catturandone oestorcendone con laforza il consenso.Bisogna apprenderetutti i metodi piùelaborati dagliavversari, non farsi
cogliere impreparati oarretrati in questarivoluzione che cuoce“a fuoco lento”,abbandonare ilprimitivismoeconomico emeccanicisticoprecedente esviluppare le capacitàdiprevisioneediguida
degli eventi,chiamando anche gliintellettuali acollaborare a taleimpresa storica ecolmandocontinuamente ledistanzechesiformanotra le linee strategichedeiverticielacapacitàdi comprensione e di
recezionedellabase.Lo storicismo
gramsciano vuoleessere l’armaturateorica per affrontarequella situazionestorica determinata dilotta e di transizione,irta di squilibri, ditensioni, di punteavanzateedisacchedi
arretratezza (in cui sidevono, ad esempio,mediare il Nordindustriale e il Sudcontadino, l’altaculturadellatradizioneborgheseelecredenzemagiche o il folkloredei ceti subalterni, lafilosofia e il mito, losviluppo delle forze
produttive, ancheattraversol’applicazione disistemi tayloristi, e gliostacoli frapposti darapporti di produzionearretrati o arcaici).Manon si tratta di unostoricismo “soffice” o,come si è detto, da“sinistracrociana”,per
quanto Gramsci moltoabbiatradottodaCroce(e da Gentile), comeMarx da Hegel:mediante gli squilibri,l’attenzione per ilconcreto svolgersidegli eventi, lo sforzoper eliminare ladivisione tra dominantie dominati, la storia
deve esseretrasformatasecondounprogetto diemancipazionecollettiva, noncontemplata e adoratacome un misteroimperscrutabile ecrudele nella suaincomprensibile edeterna essenza. Il suo
storicismo è cosìradicale e immanenteche quel che oggi, inquesta precisasituazione di cogenzastorica, è vero potràdiventare falso e ciòche è falso potrà, inqualche misuraalmeno,diventarevero:“Si può persino
giungere ad affermareche mentre tutto ilsistema della filosofiadella prassi puòdiventarecaduco inunmondo unificato,molteconcezioni idealistiche,oalmenoalcuniaspettidi esse, che sonoutopistiche durante ilregno della necessità,
potrebbero diventare‘verità’ dopo ilpassaggioecc.”.12Lo storicismo –
interpretato daTogliatti – ha svoltouna funzione rilevantenella cultura italianadel secondodopoguerra. Hacostituito il ponte che
hapermesso il transitodall’idealismoauntipodi marxismo che inItalia aveva dovutosaltare unagenerazione. Controogni “astrazionegiacobina”,haposto inevidenza glisbarramenti, i blocchi,la specificità, la
concretezza di ognisituazione storica, lanecessità di tarare ilpensierosullarealtà,ditener conto deirapporti di forzaimpostidallasituazioneinternazionale.Ilvalorequasi “neo-realistico”della concretezza, dellegame con le
situazioni storiche edeconomichedeterminate, diventacentrale. Bisognariconoscereidirittieledurezze del propriotempo, evitando dirifugiarsi dentro ilchiuso ammuffito dellapropria coscienza odimensione privata.
Contro l’idealismo e lospiritualismo e controla retorica fascista, siintende ora farridiscendere di nuovola filosofia dal cielodelle idee pure nellecase e nella vita degliuomini.In questa marcia
versouna sorta di “via
italiana allarazionalità” si cercò ineffetti – sotto l’egidadella politica – unintreccio tra storia eutopia. Una storiadinamizzata,vertebratae innervata da un fineutopico (quellodell’emancipazione)avrebbe dovuto
coniugarsi a un’utopiafrenata, che dovevatenerecontodeivincoliedellepossibilità,dellebarriere e dei varchiper forzarle. Sonoproprio questi dueelementi che si sonoandati in seguitoprogressivamentedissociando,sottraendo
alla storia il suo scoponellefilosofiedel“post-moderno” e all’utopiala sua zavorra dicondizionamentistorici, così da farlatendenzialmentetornare a essere ungenereletterario.
1 E. Durkheim, Leregole del metodosociologico. Sociologiae filosofia, Comunità,Milano1963,p.33.2Ivi,p.45.3 M. Weber, La
scienza comeprofessione,inIllavorointellettuale comeprofessione, Einaudi,
Torino1966,p.43.4 B. Croce,La storia
come pensiero e comeazione (1938), Laterza,Bari1973,p.19.5Ivi,p.10.6B.Croce,Religione
e serenità, inFrammentidietica,oraanche in Etica epolitica, Laterza, Bari
1973,p.23.7 Id., L’utopia come
forma morale perfetta,inTerzepaginesparse,Laterza,Bari1955,I,p.97.8 B. Croce, Per la
serietà del sentimentopolitico (1916), inPagine sulla guerra,Laterza, Bari 1928, p.
166.9 Id., Amore per le
cose, in Frammenti dietica,cit.,p.19.10 Id.,Filosofia della
pratica(1908),Laterza,Bari1963,pp.135-136.11 B. Croce,
Conversazioni critiche,Laterza, Bari 1924, I,pp.312-313.
12 A. Gramsci,Quaderni del carcere,Einaudi, Torino 1975,p.1490.
IV.Idislivellidellastoria
1.LostoricismodiDilthey
Bendiversoerastato
l’impianto teoricodellostoricismo di Dilthey,che aveva stimolato leriflessioni e le critichesia di Weber che diCroce. Anche quil’accento cadesull’oggettivarsi delleopere dei singoli in unmondoumanodotatodisenso,cheèilprodotto
delloroagirema,nellostessotempo,ancheciòche li plasma eall’interno del qualeessi divengonocomprensibili. Tuttoquanto sorgedall’attività spiritualeporta il marchio dellastoricità: “Dallapartizione degli alberi
inunparco,dall’ordinedelle case in unastrada,dallostrumentodel lavoratoremanualefino alla sentenza intribunale, tutto èintorno a noi, a ogniora, storicamentedivenuto. Ciò che lospirito immette oggidel suo carattere nella
propria manifestazionedi vita, è domani,quando sta davanti,storia.Mentre il tempoprocede, noi siamoattorniati dalle rovinediRoma, da cattedrali,da castelliindipendenti. La storianonènulladiseparatodalla vita, nulla di
distinto dal presenteper la sua distanzatemporale”.1 Noi cinutriamo di questo“spirito oggettivo”, diquesta storicità, sindall’infanzia, ancorprima di imparare aparlare: assorbiamo icostumi della famigliae della comunità,
l’ordine delle cose, isegni e le espressionidel volto. E poi,procedendo in avantinegli anni, una voltaimpadronitici dellinguaggio, inteso ilsignificato di moltiatteggiamenti,pensieri, istituzioni,riusciamo a orientarci
in questomondo che èdiventato il nostro e acui noi contribuiamo,ma che è il frutto dituttelegenerazionichesi sono succedute sinoa ora. Per questomotivo – per la“comunanza” cheesiste e che unisce chihaespressoqualcosae
chi la può intendere –la storia e le altre“scienze dello spirito”hanno uno statutospeciale che ledistingue dalle scienzedellanatura.Lanaturaci è estranea, nonl’abbiamo fatta noi, èqualcosa di esterno acui si applica la
spiegazione causale; lastoria è opera nostra,in essa il soggetto delsapereèidenticoalsuooggetto,enoipossiamo“comprendere” in“connessionidinamiche”, inrapporto a scopi e avalori, ilsensodeisuoieventi, attraverso
l’esperienza interiorechelirivive, l’Erlebnis,e l’interpretazione cheli decifra e liricostruisce. Non haimportanza se noiabbiamo vissutodirettamente o menol’esperienza ol’emozionechesitrattadi comprendere. Anzi,
la storia e le altrescienze dello spirito ciarricchiscono e ciuniversalizzano perchéci rendono partecipi diquelle infiniteesperienze ecombinazioni che gliinevitabili limiti dellavita individualerendonopersonalmente
inaccessibili:“Siapreilpalcoscenico: appareRiccardo, e un animopenetrante può,seguendolesueparole,i suoi gesti e i suoimovimenti, riviverequalcosa che sta al difuoridiognipossibilitàdella sua vita reale. Ilbosco fantastico in
Come vi pare citrasferisce in unadisposizione interiore,la quale ci consente diriprodurre ognieccentricità. E inquesto rivivere staunaparte importantedell’acquisto di cosespirituali, di cui siamodebitoriallostoricoeal
poeta. Il corso dellavita produce in ogniuomo una costantedeterminazione, in cuivengono limitate lepossibilità che vi sonocontenute [...].L’intenderegliapreunampio campo dipossibilità,lequalinonesistevano nella
determinazione dellasua vita reale. Lapossibilità di vivereimmediatamente nellamia esistenza deglistatireligiosi,èpermecome per la maggiorparte degli uominid’oggi assai ristretta.Maquandoioscorrolelettere e gli scritti di
Lutero, i racconti deisuoicontemporanei,gliatti delle conferenzereligiose e dei concilicome della suanarrazione ufficiale, iovivo un processoreligioso di tale forzaeruttiva, di taleenergia, che nella vitae nella morte esso sta
al di là di ognipossibilità di Erlebnisper ogni uomo deinostrigiorni”.2Dilthey è
preoccupatodell’irrigidimento edellapietrificazionedelmondo storico, temeche i contesti di sensononpossanopiùessere
decifrati dal singolo echel’esperienzastoricatendaadiventarecosa,passatoincomprensibile.Rimaneunoggettochenon ha senso per noi,che è indifferente. Ilcarattere di fissità glifa perdere la suadimensione cangiante
in base a ragionidimostrabili. La storiadeve servire alpotenziamento dellavita, ricostruireartificialmente latradizione. Essasembra dovereassumere anche uncompito terapeutico,quello di rivitalizzare
un’esperienzaavvizzita, di darerespiro a unaindividualità che sisente soffocata daimeccanismi oggettividella produzione disenso e dallacomplessità, ma chenello stesso tempononcrede più alle filosofie
della storia chepromettono un corsodellecosechesostengal’avanzamento delsoggetto sulla suacresta d’onda.L’impetuoso sviluppoattraverso lecontraddizionipresentato dalladialettica si è
derubricato aevoluzione. Lacontinuità e lavischiosità delmovimento storico, lasua mancanza di taglinetti sono stateaccettate. Ormai sitratta di farintervenire, con ilpremio di seduzione
offerto da unpotenziamentodell’Erlebnis,l’individuo almantenimento invitaealla riproduzione degliuniversi simbolici e disenso e, nello stessotempo, allaconservazione dellavitalità sociale. Lo
spirito oggettivo deveessere messo a fruttonel doppio interessedell’individuo e dellacomunità.Attraversolamediazione dellastoria, il presenteacquista una tonalitàvitale più intensa. Ciòche appare in universisimbolici inerti va
riattivato mediante ilcomprendere tipicodel“circolo ermeneutico”,il Verstehen (trattatonel saggio del 1900intitolato appuntoErmeneutica). Essoconsiste nel giocoaperto di anticipazionedelsensoglobalediundeterminato problema,
che ritorna peròcontinuamente su sestesso e rettifica, divolta in volta, lacomprensionemediante unriposizionamento e unriesamedelleparti.Mediante il
Verstehen ciascunopuò vivere altre vite
parallele alla sua,immaginarsi fornito dipiù biografie possibili,che ne moltiplicano lepossibilità. L’io non èinfattimonolitico,maècome un tessutocompostodimillefili:ètanto più robustoquantopiù fili (osensotrattodaaltri) riescea
inglobare. La storianonhaormaipiùilsolocompito di stabilirequel che veramente èaccaduto, ma dischiudere gli universidi senso che rischianodi restare mutinell’ambito dello“spirito oggettivo”.Essa costituisce il
rimedio sia allelimitazioni casuali chea quelle necessariedellavita.Farivivereeattiva dei germi chevivevano già in noidispersi e apre la vitaai possibili,allargandolaoltreisuoilimiti angusti. Ilcomprendere è
l’antidoto nei confrontidella chiusura edell’isolamento degliindividui.Lastoria(maanche l’arte) è ilprincipalestrumentodiuniversalizzazione delsingolo che non necancella peròl’individualità.Diltheyvuoleevitare,
daun lato, ilvitalismo,l’isolamentodell’Erlebnis dallamediazione storica,dall’altrolastoriacomeoggettività, inesorabilemovimento oggettivonon mediato dallacoscienza e dalladonazione edecrittazione del senso
individuale. Per questoegli non rinuncia allegametrapsicologiaestoria, tra soggettivitàe oggettività, traindividualità euniversalità. Lapsicologiaindividualeèilpuntodipartenzaeilpunto di arrivo delprocesso di
“comprensione”: laconoscenza storica èconoscenzadell’individualità,anchese(comeapparedal Contributo allostudiodell’individualità) pergiungere a essa ènecessario passareattraverso
generalizzazioni,tipizzazioni. A suavolta, l’individuo è ilcrocevia del mondostorico, l’unicoportatore e creatorevivente di questirapporti fluidi checostituiscono la storia.L’ideale di Dilthey èespresso nel suo
costante riferimentoallaculturatedescadelperiodo che precede il1848 (aSchleiermacher, aHölderlin, a Goethe, aHegel),aquellafaseincui si cercava unequilibrio tra individuoe Stato, soggettività eoggettività,eincuinon
si esaltavano ancora enonsiimponevanocosìduramente i“Leviatani”, comeavverrà invece in etàbismarckiana eguglielmina anche conTreitschke, Weber oMeinecke. Lo “spiritooggettivo”, prodottodalla lunga azione
modellatrice dellesoggettività umane,non si presenta comeun’entità a esseestraneaeostile:vièlapossibilità diriappropriarsene, diimpedire attraverso la“comprensione” il suoautonomizzarsi edergersi in forme
minacciose. Diltheytraccia le linee di unprogetto didisalienazione e difluidificazione delleconcrezioni e dellereificazioni sociali –analogo,neisuoiscopi,a quello ideato daBergson – che nonpassa attraverso la
modificazionecollettiva, politica,delle istituzioni, maattraverso miriadi diiniziative individualitese a rivitalizzare e adar senso a una civiltàche va irrigidendosi informe diorganizzazionestatualeed economica sempre
piùintegrateecogenti.La sua filosofia è nellostesso tempo uncampanellod’allarmeeun programma dicontro-tendenza: untentativo di modificarequella rotta dicollisione fra gli Statieuropei che porteràall’agostodel1914.
La crescenteimportanza, anchepolitica, dellaconoscenza dell’uomonellasuavitasingolaein quella di relazione,accanto alla “crisi deifondamenti” dellescienze naturali,conduce all’emergenzadelle “scienze dello
spirito”(Geisteswissenschaften),di cui occorre stabilirei caratteridifferenziali.Per governare gliuomini, così come persottrarsi al dominio,bisogna conoscerli,vederli non comeessenza eterna,naturale, ma come
esseri continuamentemodificati dalla storia,ossia da se stessi.L’uomoè“creaturadeltempo”, di se stesso: ilsuo operare èintellegibile soloall’internodiunmondostorico specifico che locircoscrive e di cuibisogna conoscere le
regole. Ilriconoscimento delladimensione storica,oltre a rivelare ildesiderio di riprendereinmano leredinidiunprocesso che appareguidato da forzedistanti e oscure, haper Dilthey anche unsignificato
emancipatorio. Unavolta mostrata larelatività e la caducitàdi ogni espressionedella vita storica, diognistrutturasocialeodi ogni valore, si ècompiuto “l’ultimopasso verso laliberazionedell’uomo”.3 Ma quel
che rimane in talerelativismo storicisticoè solo “la continuitàdella forza creatricecome elemento storicoessenziale”.Lastoriasipresenta così come ungrandecantiereaperto,in cui non esistonoveritàprecostituite,ma– appunto – verum
ipsum factum. Ognunopuò parteciparecreativamenteall’impresa collettivasecondo le sue forze.Sotto questo profilo, lostoricismoèancheunaforma di mobilitazionedi massa, un appelloperdirechelastoriaèaperta a tutti, che ha
cessato di essere unprivilegio dei potentidellaTerra.Di nuovo, al pari di
Bergson, tutto sitraduce inindeterminata forzacreatrice: resta laperennità delmutamento,manon sene individuano né il
verso,négliagenti,néla dinamica specifica.Del resto, è proprio suquesta creatività delmovimento storico incontrasto con laregolarità ciclica eripetitiva della natura(perlomeno in tempinonlunghissimi),chesifonda la divisione fra
scienze dello spirito escienze della natura,fra “comprendere” e“spiegare”, fra“connessionedinamica” e causalità.Nel rivendicare controil positivismol’autonomiaeladignitàdelleGeisteswissenschaften
rispetto alle sue piùfortunate sorelle, nelfar loro abbandonareun ormai radicatocomplesso diinferiorità, Diltheycontribuisce a fissarela separazione tra le“due culture” in unmomento in cui, fral’altro, le scienze
naturali rinunciano alconcetto classico dicausalità rigida e lescienze dello spirito(con Weber, Durkheimo Freud) si staccanodal vitalismo o dallopsicologismodell’Erlebnis perriallacciarsi ad unconcetto di causalità
piùsottileedelaborato.È vero che in Diltheynon c’è iattanza néspirito revanscista neiconfronti delledifficoltà che alloraattraversavano lescienzedellanatura.Difronte all’insinuantesospetto che esseavessero perduto la
loro infallibilità efossero stateprecipitate dal propriotrono fra laplebedellealtre forme diconoscenza incerte econgetturali, costrette,come la filosofia, aridiscutere inapparenza sempre glistessi problemi, egli
non prova il malcelatocompiacimento di altrifilosofi che, ignorandoil momento di crescitadi tale crisi, avevanoritenuto che fossegiunto il tempo dipassarealcontrattaccoe di proclamare larestaurazione dellafilosofia come “regina
delle scienze” (essasola infatti potrebbelegittimamentegovernare in talesituazionedidisordine,in quanto pertradizione hafamiliarità conl’instabile dominiodelle costruzioniconcettuali,neconosce
la dinamica delletrasformazioni ed èavvezza ai “tempi dipovertà”). Dilthey silimita a spartire ilregnodellaconoscenzae, a differenza diCroce, concede unsignificato teoretico, enon economico-pratico,alle scienze della
natura. La suaconcezione di fondo èanzi che esse abbianoun contenuto piùcostante di verità,dovendo misurarsi conunarealtàmenomobileemutabileneltempodiquellaconoscibiledallescienzedellospirito.
2.Leumanitàaltre:filosofiadell’antropologia
Se lo storicismofornisce alla culturaeuropea la penetranteconsapevolezza di avertagliato il cordoneombelicale con lanatura e di aver reso
l’uomo figlio dellapropria storia; se essorelativizza nel tempo ein zonecomparativamenteristrette quelmutamento di valori edi esperienze di cui cisideve impadronire, lanuova etnologia tendea verificare la
molteplicità degliintrecci tra natura ecultura (a sottolineare,indirettamente, lapresenza della naturaanche nella storia dei“paesi civili”) e arelativizzare nellospazio i valori e leesperienze. ComeFreud aveva proceduto
alla conquista e allabonifica diquell’“interno paesestraniero” che èl’inconscio, così, traoscillazioni esbandamenti,l’etnologiaprocedeallascoperta eall’assorbimento diquella umanità altra
che aveva inprecedenzameritato laqualificadi“selvaggia”,buona o cattiva chefosse. In un mondosempre piùinterdipendente,inunastoria che si allargasino a raggiungerestabilmente – e nonepisodicamente – la
scala planetaria,l’etnocentrismooccidentale sidimostraristretto, miope, e ilcomprendere l’alteritàsi traduce nelcomprendere se stessi.Sotto la crosta dellaciviltà, sotto lospessoredellastoria,èpur sempre presente
nell’uomo europeoquell’elemento“selvaggio” che erastato esorcizzato neitempi della precedentedominazione coloniale.Ora si comincia adavvertiresialacarenzadello schemaunilineare risalente adAdam Ferguson (per
cui tutti i popolidovrebbero percorrereitrescalinidellostadioselvaggio, barbarico ecivile), sial’inadeguatezza el’ambiguità delloschemaevoluzionistico,in vario modosostenuto da Spencer,TyloreFrazer (per cui
esisterebbe sviluppo,dal più semplice al piùcomplesso, di uno“spirito umano”uniforme a tutte lelatitudini). Oral’attenzione èindirizzata verso ilrapporto differenzialetra la cultura e ilrazionalismoeuropeoe
la varietà, la pluralità,l’irriducibilità a unsistema unitario delleciviltà “altre”. L’analisicomparativa dellostatuto del “pensieroselvaggio”, purconcludendosi ingenere con lariaffermazione dellasuperiorità di quello
civilizzato, intacca erelativizzainsensibilmente la fedenell’eternitàmetastorica enell’ubiquità dellanostra logica. Croceriteneva inutilestudiare ilpensierodeiselvaggi,deibambiniodeipazzi,dalmomento
che ci si potevadedicareaquellodiunKant. Il fatto è cheproprio la ricerca diqueste alterità rimosseesprimevailbisognodirifondaredalbassounanuovaculturaglobaleenuove forme dipensiero cheaccogliessero e
attivassero ciò cheprimacieraestraneoecheora,dilatandosigliorizzonti geografici ementali,devediventarepatrimonio comune.Uno sviluppo per lineeinterne dei punti piùalti già raggiunti dalpensiero europeo(poniamo di un Kant,
appunto) si rivelavainsufficiente.In questa querelle
sulla relazione trapensiero occidentale epensiero “altro” – nonsoloselvaggio,nonsoloin senso etnologico:pensiamo, per fare unsolo esempio, allalogica del
ragionamento infantilein Piaget – un ruolodeterminante gioca lacategoriadicausa,chein tale confrontosubisce ulterioritorsioni. Questoconcetto fondamentaledel razionalismoeuropeo,orgogliosamentelegato
ai progressi delle suescienze, non è quasimai attribuito in sensopienoaiselvaggioallepur evolute societàasiatiche.PerFrazerlamagia, “sorellabastarda dellascienza”, faseprimordiale dellamentalitàumana, a cui
i primitivi sono ancoralegati, applicascorrettamente queglistessi principiassociativiche,sebeneapplicati, conduconoalsapere per cause. Iselvaggi si servonoinfatti di due principi:“primo, che il simileproduceilsimile,oche
l’effetto rassomigliaalla causa; secondo,che le cose che sianostate una volta acontatto,continuanoadagire l’una sull’altra, adistanza, dopo che ilcontatto fisico siacessato. Il primoprincipiopuòchiamarsilegge di similarità, il
secondo legge dicontattoocontagio”.4Iprimitivi, i senzascienza, vivonosecondo Frazernell’errore e in ununiversofantasmagorico,lontanidal progresso e dallachiarezza raggiuntadalle menti degli
uomini civili: “Èdunque una veritàevidente, e quasi unatautologia, il dire chetuttaquantalamagiaèper necessità falsa esterile, perché sedivenisse vera efruttuosa non sarebbepiù magia mascienza”.5
Lucien Lévy-Bruhl,per quanto abbiainizialmenteaccentuato il carattere“prelogico” dellamentalità primitiva,nonpretendeaffattodidimostrarnel’inferiorità. Egli vuoleinvece produrre un“effetto di
straneamento”,bloccare la proiezionespontanea della nostramentalitàedellenostreabitudini sulle altre.Neisuoimeccanismidifondo, la mentalità deiprimitivi non è diversadalla nostra: solo ipresupposti e i bisognispecifici sono
differenti, ed è soloall’interno di questoblocco di relazioni fraambiente, bisogni erappresentazionicollettive che la si puòintendere. In talemaniera, “l’attivitàmentale dei primitivinon sarà piùinterpretata in
partenza come unaforma rudimentaledella nostra, comeinfantile e quasipatologica. Appariràanzi come normalenelle condizioni in cuiessa si esercita, comecomplessa e a suomodo sviluppata”.6 Ilprimitivo segue le
regole inconsce della“partecipazionemistica”, viveun’esperienza diinsicurezza e di allertadinanzi ai pericoli eagli incantamenti delmondo,mentrenoi–sipuò legittimamentedire in linguaggioweberiano – viviamo in
un universodisincantato, nellafiducia sulla stabilitàdelnostroordinamentointellettuale, anchequando esso è postomomentaneamente incrisi: “Noi abbiamo unsenso continuo disicurezza intellettualecosì saldo che non
vediamo come possaessere scosso; poichéanche supponendol’apparizioneimprovvisa di unfenomeno del tuttomisterioso e le cuicause ci sfuggisserointeramente agli inizi,non saremmo perquesto meno persuasi
chelanostraignoranzaè solo provvisoria, chequestecauseesistonoeche presto o tardipotranno esseredeterminate. Così, lanatura in seno allaquale viviamo è, percosì dire,intellettualizzata inanticipo.Essa è ordine
e ragione, come lamente che la pensa eche vi si muove. Lanostra attivitàquotidiana, finnei suoipiù umili particolari,implicaunatranquillaeperfetta fiducianell’invariabilità delleleggi naturali. Bendiverso è
l’atteggiamentomentale del primitivo.La natura in seno allaquale egli vive gli sipresenta in tutt’altroaspetto. Tutti glioggettietuttigliesserisono implicati in unaretedipartecipazioniedi esclusioni mistiche:esse anzi ne
costituiscono ilcontestoel’ordine.Sondunque esse che siimporranno prima ditutto alla suaattenzione,edessesolela tratterranno. Se èinteressato da unfenomeno, e se non silimitaapercepirlo,percosì dire passivamente
e senza reagire, eglipenserà subito, comeper una specie diriflessomentale, a unapotenza occulta einvisibile di cui questofenomeno è unamanifestazione”.7In questa simbiosi
mistica con le forzeocculte, le
rappresentazioni delprimitivo possono nonobbedire alle nostrecategorie logiche, aiprincipi classici diidentità e di non-contraddizione. Essepossono nello stessotempo rivestire qualitàopposte, condensareentità diverse. Solo
quando il pericolorappresentato da unanatura troppo potentesi attenua, solo allora,sembrerebbe, lacoesione dellerappresentazionisociali, che legastrettamentel’individuo al suogruppo, si attenua a
sua volta e la logica ela contraddizione siaprono la strada nellerappresentazionichesitrasformano inconcetti. Così infattiLévy-Bruhl si esprimein Le funzioni mentalinelle società inferiori(Paris 1910): “Lamentalità collettiva
senteevivelaveritàinvirtù di ciò che io hochiamato simbiosimistica. Ma ovel’intensità di questosentimentovienemenonelle rappresentazionicollettive, subito ladifficoltà logicacomincerà a farsisentire [...]. Quando i
caratteri obiettiviessenziali della pietrasi sono, per così dire,fissati nel concetto dipietra, il quale a suavolta è inquadrato inaltriconcettidioggettinaturali diversi dallapietra per proprietànon meno costantidelle sue, diventa
inconcepibile che lepietre parlino, le rosesi muovanovolontariamente egenerino uomini [...].Più i concetti sideterminano, sifissano, si ordinano inclassi, più leaffermazioni nontengonoalcuncontodi
questi rapporti edappaionocontraddittorie”.Dopo Lévy-Bruhl la
magia o la mentalitàprimitiva cessanofondamentalmente dirappresentarefenomeni misteriosi.Vivendo maggiormentea contatto con i
“selvaggi”, eliminandoper quanto è possibilegli intermediari,usando il metododell’“osservazionepartecipante”, èpossibile per alcunirilevare la profondacoerenza dei lorosistemi dirappresentazione e
notareanchecomeessinon vivanocontinuamente inun’atmosfera distupore magico. Esisteanzi una vastissimasfera profana nelpensiero dei primitivi:come constateràMalinowski, solo nelcasoincuinonsianoin
gradodipadroneggiarecompletamente unprocesso, rispunta lamagia. Per MarcelMauss,poi,cherisentel’influsso dell’ideadurkheimiana dicontrainte sociale, lamagiadeiprimitivinonè il frutto di una loromentalità (inferiore o
diversa), ma delbisognodistabilireunacomunicazione tral’individuo e lacollettività. Il mago èun emissario dellasocietà, costretto asentirsi e a rimanere“altro” medianteapposite pratiche, checatalizzano in intensi
sforzi psichici leansietàe leaspettativedel villaggio: egli ècome una specie difunzionario,socialmenteinvestitodiun’autoritàallaqualeèimpegnato a crederelui stesso.8 Perché unindividuo creda nellamagia, è necessario
che tutta la società vicreda. Del resto ogniaspetto della vitacomunitaria è regolatoda obblighi e daesclusioni di rapporti,dauncodicediscambi,che coinvolge personee oggetti e chedetermina gliatteggiamenti
psicologici di ciascuno.Nel Saggio sul dono,Mauss mostra,attraverso il modellodelpotlàc–dell’obbligodi ricambiare i doni inuna sorta di gara chepuò condurre allarovinaeconomicaoallamorte dei partecipanti– che lo scambio
primitivo,contrariamente aquanto pensavano ipadri dell’economiapolitica classica, non ècostituito dal barattofra individui di oggettiadatti a soddisfarebisogni elementari,bensìdalloscambiofragruppi organizzati “di
cortesie, di banchetti,di riti, di prestazionimilitari, di donne, dibambini, di danze, difeste, di fiere”.L’alternativa sottintesaa questo obbligo discambiare, a questomeccanismo disocializzazione, è laguerra, lo scambio
distruttivo. Lo scambionon è quindiconsiderato (daMalinowski aMauss, aGodelier, dal kula, alpotlàc, alla “moneta disale”) come unsemplice rapportoeconomico separabiledal contesto sociale orappresentativo, ma
come un fenomenocomplesso checoinvolge bisogni,istituzioni, prestigio elotta.Taleimpostazionedei
rapporti sociali comecomunicazioneall’interno di unsistema determinatotroverà in Lévi-Strauss
uno dei più acutiindagatori. Egli,applicando allaetnologiaimodulidellalinguistica e dellamatematica, cercheràdi stabilire i principiformali dello scambio(delle donne, comenelle Struttureelementari della
parentela)oilvalorediposizione di certecredenze e miti inculture e ambitigeografici lontanissimi(bellissima, adesempio, laricostruzione in Razzae storia della credenzain “Babbo Natale”).Rifiutando
l’opposizioneassiologica tra popoliprovvisti di storia epopoli senza storia,respingendo ilprivilegio dellaspiegazione temporaledelle situazioni umane,Lévi-Strauss ponel’accento sullestrutture sistematiche,
sulla solidarietà chelega sincronicamente iloro componenti, suitempi lunghi e i larghispazi, sulle risonanzefra codici diversi esulla permanenza,anche nella nostracultura, del “pensieroselvaggio”. Esso nonsignifica infatti
pensiero dei primitivi,ma pensiero allo statoselvaggio, “distinto dalpensiero educato ocoltivato proprio invista di unrendimento”. E talepensierobradocoesistecon quello coltivato inmolti dei nostriatteggiamenti mentali
o dei nostricomportamenti:nell’arte, nellaproduzione di miti,nelle associazioni diimmagini,disapori,nelmodo di camminare odi mangiare. Perintendere il pensieroselvaggio non ènecessariofarricorsoa
facoltà ormai sepoltesotto il nostro esserecivilizzatooa formedistraordinaria e ferinasensibilità: “L’indianoamericano che decifrauna pista medianteimpercettibili indizi,l’australiano che senzaesitazione identifica leimpronte dei passi
lasciate da unoqualsiasi deicomponenti del suogruppo (Meggitt), nonsi comportanodiversamente da comefacciamo noi stessiquando guidiamoun’automobile e acolpo d’occhio, da unleggero orientamento
delle ruote, da unavariazione del regimedel motore, o persinodall’intenzionesupposta in unosguardo, decidiamo seè il momento disuperare o di scansareuna macchina. Perquantopossasembrareincongruente, questo
paragone è ricco diinsegnamenti; ciò cheinfattiacuiscelenostrefacoltà, che stimola lanostrapercezione,edàsicurezza ai nostrigiudizi, è in parte ilfatto che gli strumentidi cui disponiamo e irischi che corriamosono
incomparabilmenteaumentati dallapotenza meccanica delmotore, e in parte ilfatto che la tensionederivante dalsentimento di questaforza incorporata sitraduce inuna seriedidialoghi con altriguidatori le cui
intenzioni, simili allanostra, si trasformanoin segni che cistudiamo di decifrareperché appunto sonosegni che sollecitanol’intellezione”.9Il pensiero selvaggio
è inserito in questosistema di segni in cuiuomo e mondo si
integrano a vicenda ein cui l’esperienzavieneordinata secondotassonomie nonarbitrarie, per quantoapparentementebizzarre. È vero che ilpensiero selvaggio nondistingue il momentodell’osservazione daquello
dell’interpretazione deisegni,ma ciò non vuoldirecheessononcolgala realtà e non sia, nelproprio ambito,efficace.Anche il cosiddetto
pensieromagico non èl’opposto del pensieroscientifico, ma ilpresentimento della
“verità deldeterminismo”, l’eredediunalungatradizionedi osservazioni, diesperienze, dipercezione diregolarità e diincompatibilità. Certole tassonomie delpensiero magico sonotalvolta sorprendenti e
assai incomprensibilipernoi.Maaunesamepiù attento rivelano laloro legalità e ragiond’essereanalogica:“Laciliegia selvatica, lacannella,lavanigliaeilvino di Xeres formanoun gruppo che non èpiù soltanto sensibilemaintellegibile,perché
tutti contengonoaldeide; mentre gliodorigemellideltèdelCanada (wintergreen),della lavanda e dellabanana, si spieganocon la presenza diesteri. La solaintuizione ciindurrebbe a includereinunostessogruppola
cipolla, l’aglio, ilcavolo, il ravizzone, ilravanello e la senape,benché la botanicasepari le liliacee dallecrucifere; la chimicaconvalida latestimonianza dellasensibilità e prova chequestefamiglietraloroestranee si collegano
su un altro piano:contengono zolfo (K.,W.). Un filosofo o unpoeta, ispirandosi aconsiderazioni che nonhanno nulla a chevedereconlachimicaocon qualsiasi altraforma di scienza,avrebbepotutooperarequestiraggruppamenti:
la letteraturaetnografica ne rivelaunbuonnumero, il cuivalore empirico edestetico non è peraltrominore”.10Il pensiero magico
non procede solo aorganizzazioniorientative del sapere,ma possiede anche
efficacia operativa eterapeutica, comemostra in manieraesemplarel’incantesimo che losciamano della tribùdeiCuna,nellazonadiPanama, usa nel casodi parti difficili. Ognimomento del travagliovieneseguitoetradotto
interminimitici(lefasidi contrazione e didilatazionecorrispondono alpassaggio di animaliscavatori comel’armadillo, alpresentarsi di unpopolodiarcieriecosìvia). Lo sciamanofornisce alla
partoriente unlinguaggio mediante ilqualelasuaesperienzadiventa esprimibileverbalmente, daanarchicamenteineffabile che era, ecosì “ne provoca losbloccarsidelprocessofisiologico, ossia dellariorganizzazione, in un
senso favorevole, dellasequenza di cuil’ammalata subisce losvolgimento”. La curadello sciamano diventacosì qualcosa diintermedio tra lanostra medicinaorganica e la terapiapsicoanalitica, inquanto la conoscenza
dei processi rendepossibile ordinare iconflitti e dominarlimeglio: “La curaconsisterebbe quindinel rendere pensabileuna situazione che inpartenzasipresenta intermini affettivi e nelrendereaccettabileallamente dolori che il
corpo si rifiuta ditollerare. Che lamitologia dellosciamano noncorrisponda a unarealtà oggettiva è unfatto privo diimportanza:l’ammalataci crede, ed è unmembro di una societàchecicrede”.11
Da diversaprospettiva, risultapossibile, anche perl’altro grandeantropologocontemporaneo,Clifford Geertz,comprendere etradurre nel propriovocabolario – entrolimiti variabili – le
esperienzefondamentali delleumanitàaltre.Enonviè alcun bisogno diricorrere allemisteriose forme diintuizione di cui gliantropologi sarebberodotati. È infatti falso il“mitodellostudiososulcampo simile al
camaleonte,perfettamente insintoniacon l’ambienteesoticochelocirconda,un miracolo vivente diempatia, tatto,pazienza ecosmopolitismo”. Èsufficiente, per capire,riferirsi ai sistemisimbolici (linguaggio,
immagini,comportamenti,istituzioni) utilizzati daculture diverse dallanostraparagonandoliainostri e inserendoli inschemi di raggio piùampio. Unendol’autocomprensionealla conoscenza deglialtri, si giunge a
descrivere e aricostruire il senso diciviltà a noi estranee,senza bisogno diannullare noi stessinell’Altro o dimantenere unadistanza incolmabilenei suoi confronti.Seguendodichiaratamente il
modello diltheyano del“circolo ermeneutico”,del “moto perpetuointellettuale”, ognifenomeno parzialerinvia per Geertz allacomprensione globale,la quale a sua voltaricevesensosolodaunincessante ritornaresulle parti, mediante
una sorta di lorocommento reciproco.Nonsipuòsaperecosasia un guantone dabaseball se non si sache cosa è il baseball,ma l’uso del guantoneo della mazza, unavolta meglio compresi,gettano luce sull’interadinamica del gioco.
Analogamente unrituale strano riceve ilsuo pieno significatosolo in un contestosimbolico generale sucui poi getta luce. La“conoscenza locale”rinvia a quella globalee viceversa, così comela conoscenza di noistessi a quella degli
altri: “La doppiapercezione che lanostraèunavocetralealtre e che, dato che èl’unica che abbiamo,dobbiamo parlare conessa, è molto difficileda mantenere”.L’incommensurabilitàcompleta tra le cultureumane non esiste, così
comenonesistelaloroidentità e completasovrapponibilità o unaverità separata da chicomprende einterpreta.Avendo trascorso
moltianninelcentrodiGiava, a Bali e in unacittadina del Marocco,Geertz si serve della
sua esperienza peroffrire un esempioilluminante. A nessunacultura, dice,manca lacomprensione deipropri componenti inquanto persone, entitàcioè differenti dapietre, animali o dèi.Pur essendolontanissime dalla
concezione occidentaledi individuo quale“centro dinamico diconsapevolezza,emotività, giudizio”, leloro corrispondentinozioni risultano allafine interpretabili,riconducibili entrol’orizzonte dellapropriacultura.Sivede
così che a Giava la“persona” viene intesain base all’opposizionetra batir (vita emotiva“interiore”, fluire deisentimenti nella loroimmediatezza) e lair(comportamenti eazioni “esteriori”,osservabili) e chel’ideale socialmente
perseguito da ciascunoèdiesserealus,“puro”oeducato,aentrambiilivelli, appianando “lecolline e le vallate”delle passioni etenendo sempre unacondotta controllata,non volgare. A Baliinvece gli individuidevono stilizzare la
propria casuale etransitoria esistenzasecondo schemiteatrali, e sono quindiportati arappresentarsimantenendo fede allapropria parte: “Ma lemaschere cheindossano, ilpalcoscenico che
occupano, le parti cherecitano, e, piùimportante, lospettacolochemettonoin scena, rimangono, ecostituiscono non lafacciatamalasostanzadelle cose, non menoche del sé”. InMarocco, infine, gliindividui vengono
compresicontestualmente, sullabase della relazioneassociativa o“ascrittiva”, nisba, cheli definisce a secondadella caratteristica divolta in volta ritenutadeterminante (tribù,luogo di nascita,professione). In tale
modello socialel’identità delle personeè data “in termini dicategorie il cuisignificato è quasipuramente posizionale,del posto occupato nelmosaico generale”.12Questo schema libero,costituitodacoordinateche variano a seconda
dei luoghi – mercati,campi,bagnipubblici–lascia largo spazioall’“iperindividualismo”,inquantoilsingolopuòmutare se stesso neidiversi contesti, essere“unavolpe tra levolpi,un coccodrillo tra icoccodrilli”, senzatimore di perdere la
propriaidentità.Questa “antropologia
interpretativa” èvolutamente semprecostruita “dopo ilfatto”, non solo nelsenso che considera ifenomeniexpost,dalletracce che hannolasciato(perchédevonoessere vissuti prima
che compresi), maanche nel senso cheessi sono fabbricati(non vengono attinti aposteriori da unaincontaminata riservadi verità oggettive otrovati “belliluccicanti” sullaspiaggia). Geertzillustra il metodo della
propria disciplinamedianteunaparabola:“Un saggio è sedutoaccovacciato davanti aunelefanteincarneedossachestapropriodifronte a lui. Il saggiodice: ‘Questonon è unelefante’. Solo piùtardi,quandol’elefantesi è girato e ha
cominciato adallontanarsimuovendosipesantemente,ilsaggiocominciaachiedersisedopotutto non potevaesserci in giro unelefante. Alla fine,quando l’elefante èormai completamentescomparso dalla sua
vista, il saggio osservaleormedeipiedichelabestia si è lasciatedietro e dichiara concertezza: ‘Un elefanteeraqui’”.13Un comportamento
involontariamentesimile aveva tenutoErnesto De Martino,registrando nell’Italia
meridionaleletraccedifenomeni magici ereligiosi in via discomparsa. Senzabisogno di usciredall’“Europa civile”,aveva trovato i suoi“selvaggi” non lontanoda casa, così come,recentemente, MarcAugé li ha rinvenuti
nelle grandi cittàdell’Occidente, mentresi aggirano frettolosi osperduti, ignorandosireciprocamente, nei“non luoghi” dellestazioni,degliaeroportio dellemetropolitane.14 Conuna serie di saggipubblicati in vita – Il
mondo magico, del1948, Morte e piantorituale nel mondoantico,del1958,Sudemagia, del 1959, Laterra del rimorso, del1961econlagrandeeincompiuta operapostuma La fine delmondo, del 1977 –, DeMartino ha dimostrato
come le credenze e lepratiche magicheconvivano ancora nelMeridione accanto aforme di religioneufficiale. Esserispondono al bisognodiproteggerelafragilecoscienza umana, la“presenza”, dalle forzenaturaliesocialichela
minacciano.Costituiscono corazzeche le impediscono didissolversinell’angoscia dinanziall’incertezzaquotidianaealcontattocon lo sconosciuto e ilnuovo. La ripetizioneritualedigesti, attivitàe formule nell’ambito
di una comunità (ilpianto delle prefichedinanzi al cadavere diun defunto o le danzedei “tarantolati”,persone morsicate daun animaleimmaginario)sottopone l’individuo auna disciplina delcorpo e dell’anima
capace di reintegrarlonella storia e dirassicurarlo. Ladistanza tra questomondo magico-comunitario e quellorazionalizzato dellastoria non può tuttaviavenire superata sel’esistenza di questemasse contadine,
esposte al capricciodegli elementi naturalie alla precarietà dellecondizioni economiche,nonvienecambiata, sela quasi permanente“crisi della presenza”nonvienesuperata.
3.Ilpensierorivoluzionario
Se il pensieroselvaggio esiste anchefra ipopolicivilizzatiele praticheterapeutiche otassonomicheefficacisitrovano anche fra iprimitivi, il modello diuno sviluppo storicolineare cheha alla suabase i popoli che si
trovano agli stadiiniziali dello sviluppo,ossia i Naturvölker, ealsuoverticelenazionicivili egemoni, nonregge più. Il mondo,sconvolto da guerreplanetarie e darivoluzioni checambianoincessantemente i
colori delle cartegeograficheeirapportidi potere, non è piùcomprensibileattraverso schemisemplici dimonodominanza e disoggezionesostanzialmenterinunciataria a forzestabili.Intericontinenti
vengono ora trascinatiin un processo globaledi mutamento e civiltàplurimillenarie (giàintaccatedallasecondaondata di colonialismo,quella guidata dagliStati, in cui “labandiera precede ilcapitale”) sonosottoposte alla
pressione di forme diacculturazionerapidaeviolenta provenientidall’esterno. Anche lanatura delle guerre dimassa – che nonrisparmia lapopolazionecivileecheprovoca indirettamentel’immissione delledonne nell’attività
produttiva a pienoregime, il loroabbandonodellacasaedella vita privata comecentroesclusivo, con ilconseguente ulterioreindebolimento dellafamiglia patriarcale –crea modificazioniprofonde e conflittiprivati nell’esistenza e
nella psicologia dimilioni di persone, chesperimentano su sestesse la potenza el’incidenza degli eventicollettivi.Con la Rivoluzione
d’Ottobre, poi, ilprocesso storico sicomplicaancoradipiù.Lenin ha dimostrato
praticamente che essonon è necessariamentelineare,checertetappedello sviluppo, come ildominio capitalisticodispiegato in unadeterminatanazione,sipossono saltare, chegruppi relativamenteristrettidirivoluzionaridi professione, che
agiscono come“avanguardia esterna”del proletariato,possono innescare unmovimento checoinvolge e rendeprotagonisti milioni diuomini.Dopo il1917 ilmarxismo, nato qualeteoria scientificacomplessa, oltre che
come armapolitica delproletariato, siaccultura velocementenell’Unione Sovietica,dove si cerca diprodurre anche aposteriori quellamaturazione generaledella coscienza diclasse che lo svolgersidella storia russa non
avevaconsentitoprimae dove esso tende adiventare, in etàstaliniana,una sortadireligione di Stato, unaideologia che mira asradicare le vecchieconcezioni religiose e“magiche”dellaRussiacontadina.IlcompitodiLenin come teorico e
politico di questa fasedi costruzione delpotere sovietico èimmenso: le polemichedi Materialismo edempiriocriticismo del1909 contro Bogdanove gli altri “machisti”russieinfavorediunaconoscenza oggettiva,diunaapprossimazione
continua alla verità,della rivendicazione diuna realtà materialeesterna che noiriflettiamo, sono ormailontane e inattuali; ilconfronto con Hegel ela dialettica, operatotra il 1914 e il 1915durantel’esiliobernesee consegnato a quei
Quaderni filosofici chesaranno pubblicatipostumi nel 1933,agisce in formamediataincorporandosinell’analisi a caldodegli avvenimenti. Ilproblema che ora piùurgentementesiponeèinvece quello dicoordinare le punte
avanzate dellacoscienza di classe edello sviluppoindustriale conl’“arretratezza” dellamentalità contadina edell’economia dellecampagne (e tutto ciòin un periodo in cui laguerra civile el’accerchiamento
internazionale mettonoin forse la semplicesopravvivenza fisica epolitica dello Statosovietico). Avanzaretrascinando il peso delpassato pre-borghese,coniugando tempistorici differenti,assorbendo dagliavversari di classe le
scienze e le tecniche el’eredità culturale piùsviluppate: questo ilmessaggiodiLeninchesarà colto, in diverseforme e misure, daBloch,daGramsciedaLukács.In questa lotta,
tuttavia, gli organismidi democrazia di base
perdonoprogressivamente illoro potere reale etratti autoritari eburocratici si fannoinevitabilmente strada.La durezza delloscontro provoca deicontraccolpi ed esigeanche, per dirla conGramsci, “taglie
mostruose”. Lademocrazia e ilsocialismo sono soloagli inizi e l’ardorerivoluzionario tende inpartearaffreddarsiperle esigenze diquotidianaorganizzazione eprogettazione dellasocietà nuova. Le
masse popolari,perdendo in parte glistrumenti diautogoverno, i soviet,cominciano a esseresegnate da forme dipassività. Per RosaLuxemburg, ladittatura del partitorivoluzionario e lelimitazionidella libertà
nuocciono allarivoluzione, fermanol’operosa attività diquel laboratoriopolitico collettivo cheaveva cominciato afunzionare: “La libertàsolo per i seguaci delgoverno, solo per imembri di un partito –per numerosi che
possanoessere–nonèlibertà. La libertà èsempre unicamentelibertà di chi la pensadiversamente. Non perfanatismodi ‘giustizia’,bensì perché tutto ciòche di educatore,salutare e purificatorederiva dalla libertàpolitica, dipende da
questa convinzione, eperde ogni efficacia,quando la libertà si faprivilegio”. Ilsocialismo non sicostruisce per decreto,ma deve nascere dallascuola stessadell’esperienzadi tutti:“Il negativo, lademolizione, li si può
decretare; lacostruzione, il positivo,no.Terravergine.Milleproblemi. Solol’esperienza è in gradodi correggere e diaprire nuove strade.Solo una vitafermentante senzaimpedimenti immaginamille nuove forme,
improvvisa, emanaunaforza creatrice,correggespontaneamente tutti igranchi. Perciòappunto la vitapubblicadegliStaticonlibertà limitata è cosìdeficiente, cosìpovera,così schematica, cosìsterile, perché
escludendo lademocrazia ci si rifiutaalla viva fonte di ognispirituale ricchezza eprogresso (Prova: glianni 1905 e i mesifebbraio-ottobre 1917).Come è politicamente,cosìèeconomicamentee socialmente. Tutta lamassa del popolo vi
deve prendere parte.Altrimenti il socialismoviene decretato,autorizzato dal tavolodi una dozzina diintellettuali. Èincondizionatamentenecessariouncontrollopubblico. Altrimenti loscambio di esperienzestagna nel cerchio
chiuso dei funzionari[...].Laprassisocialistaesige una completatrasformazionespirituale nelle massedegradate da secoli didominio di classeborghese.Istintisocialial posto di quelliegoistici, iniziativadellemassealpostodi
ignavia, idealismo cheelevi sopra ognisofferenza ecc. ecc.Nessuno lo sa meglio,lo descrive con piùefficacia, lo ripete piùcaparbiamente diLenin. Solo che egli siingannacompletamente suimezzi. Decreti, potere
dittatoriale degliispettori di fabbrica,penedraconiane,regnodel terrore, sono tuttipalliativi. L’unica viadella rinascita è lascuola della vitapubblica stessa, dellapiù illimitata e largademocrazia, opinionepubblica. È per
l’appunto il regno delterrore ademoralizzare”.15DalpensierodiLenin
e della Luxemburgprende le mosse il“marxismo utopico” diErnst Bloch, checonstata nel periodostaliniano un prevaleredella“correntefredda”,
dell’economicismo edella Realpolitik, sulla“corrente calda” delloslancio verso unasocietà senza classi.Pur avendo a suotempo giustificato le“purghe” di Stalin,Bloch sottolineal’aspetto creativo delmarxismo, che è
l’erede di tutti itentativi diemancipazione dellastoria umana, di tuttigli sforziperattribuire“dignità” all’uomo.Personalmente – comeamavaspessoricordare–, la sua esperienza èstata profondamentesegnata, ancor prima
che da Marx,dall’esempiodell’insurrezione deicontadini contro iprincipi tedeschi, nel1525: “C’è un’anticacanzonechemiritornaancora sempre inmente, che io giàspessopercosìdirehoripetuto in modo
invisibile oimpercettibile tra me,intendo dire che horipetuto nel mio mododi filosofare. L’anticacanzone, che icontadini tedeschibattuti cantavano dopola battaglia diFrankenhausen,quando la miseria
antica ricadde su diloromoltiplicata.Quelliche ancorasopravvivevano, i cuiocchi non erano statiancora cavati e le cuilingue non erano stateancora strappate,cantavano questacanzone: ‘Battutiritorniamo a casa. I
nostri nipoticondurranno a migliorfine la lotta’ ”.16 Ilmarxismo eretico diBloch, inteso come“scienza dellasperanza”, tende ariscattare, anche dopola Rivoluzioned’Ottobre, quantonell’uomo è sempre
stato represso,mutilato, umiliato.Recupera e riattiva iresidui incoercibili diaspirazioni a una vitamigliore che non sianostati assorbiti e resifunzionali ai poterivigenti, quel vastomondo sotterraneo didesideri, di progetti e
di lotte che è statofinora sconfitto o nonha trovato unsufficientericonoscimento. Quelche deve orientare laricerca del nuovo èl’intero passatoirredento che urgeverso il futuro, lesperanzedeivinti,tutto
ciò a cui l’umanità harinunciato in nome diuna realtàcaratterizzata dallosfruttamento, dalladivisione in classi edall’asservimento dellanatura. Le attesemessianichedeiprofetidell’AnticoTestamento,levisionidiGioacchino
da Fiore, le rivolte ditutti gli oppressi sonostazioni di un lungo eaccidentato camminoche condurrà a unasocietà senza classi,sono momenti del“sognodiunacosa”.Nel passato è stata
soprattutto la religionea fornire all’uomo il
significato globaledell’esistenza,l’immagine di una vitapiù degna e più piena.Questospaziooccupatodalla religione deveessere conquistato ebonificato, eliminandoglielementifantasticieretrogradi. Ilpermanere della
religione anche dopoche il suo carattere diillusione proiettiva èstato svelato, è indicedel fatto che i bisogniche spingevano a essanon hanno potutotrovare unappagamento più alto.Annientare la religionesignificarealizzarlanel
mondo. In tal sensosolounateopuòessereun buon cristiano. Inqueste riflessioni, ilpensiero di Bloch siintrecciaconquellodeimaggioriteologidelXXsecolo. Con il KarlBarth dell’Epistola aiRomani egli condivideinfatti la lotta
all’immaginebanalizzante di unCristo “umano, troppoumano” come lointendeva la “teologialiberale”; con RudolfBultmann l’idea di unareligione demitizzata,la volontà dirinnovamento e lapercezione che
l’“eventoescatologico”,la rivelazione delle“cose ultime”, non sisitua in un lontanoavvenire, ma è giàpresente,quieora;conJürgen Moltmann,infine, l’immagine diDiocome“promessa”e“potenza del futuro”.Ma, se per Bloch il
cristianesimo si inverasoltanto entrol’orizzonte del mondo(lasciando tuttavia ungrande puntointerrogativo sullatrascendenza), lostessosipuòaffermaredegli ideali borghesidiliberté, égalité,fraternité. La
Rivoluzione francese liha proclamati ma nonattuati. Essi potrannorealizzarsi solo acondizione che siconsiderino,rispettivamente: lalibertà come fine dellacostrizione sociale enaturale nonstrettamente
necessaria ericonoscibile;l’eguaglianzanoncomepiatta parificazionedegli individui macome ricchezzavariamente dispiegatadelle facoltà umane; lafraternità comesolidarietà nonoffuscata dagli
antagonismi di unasocietàincuigliuominisono separati dalbisogno e da interessiinconciliabili. Larivoluzione proletariaprolunga, sotto questoprofilo, la linea ditendenza democraticaed emancipatoriapresente nelle
rivoluzioni borghesi:“Non c’è democraziasenza socialismo, nonc’è socialismo senzademocrazia”. Bloch,sensibileallalezionediRosaLuxemburg,èperun marxismo comesperimentazionecontinua,experimentum mundi,
coinvolgimento di tuttinella costruzione delcomunismo. L’utopiarappresenta l’antidotocontro l’irrigidimentoburocratico degli Statisocialisti, così come laripresa del concettogiusnaturalistico di“dignità umana”dovrebbe
rappresentarel’antidotocontrolelorodeviazionipoliziescheecontrolostrapoteredelpartito dai mille occhi.Ma la religione, gliideali di libertà, dieguaglianza, difraternità, di dignitàumana non sono cheprovince del
“continente speranza”,l’estensionedituttociòche è in divenire, chetende a incarnarel’utopia.Non occorre però
dare al termine“speranza” unsignificato psicologicoo semplicementeteologico. Il “principio
speranza”contieneunalogicadeldesideriochenon interseca solo ilpiano razionale, maanche quello dei sognia occhi aperti. Ilpericolo dellareificazione lo si evitaanche mediante loslancio in questadimensione psichica.
Poichélasperanzanonè necessariamentelegata a scenarigrandiosi, Bloch nonsvaluta i desideri dellasocietàdimassa(averedenti bianchi, corposnello e atletico, beivestiti).Nonmostraneiloro confronti né ilsospetto di
inautenticitàdenunciato daHeidegger, né lo“snobismo” di Adorno.Il desideriorappresenta la scorza,la “cortecciaprovvisoria” cheracchiude lepotenzialità reali orealizzabili degli
individui: “I desiderinon fanno nulla, madipingonoeconservanocon particolare fedeltàciò che dovrebbeessere fatto. Laragazza che vorrebbesentirsi brillante ecorteggiata,l’uomochesogna di impresefuture, sopportano la
povertà o laquotidianità come unacorteccia provvisoria”.Guai a reprimere idesideri, perché essi,una volta rimossi,marciscono sia nelnostro inconscio chenella nostra coscienza.Guai a disprezzarli,perché anche
attraverso i desideri inapparenza più futili sinasconde la possibilitàdi incontrare se stessi:“Rossetto, trucco,piumaggialtruiaiutanopercosìdireilsognodisestessiadusciredallacaverna”.17 Questidesideri, al loro livello,sono non soltanto
legittimi, ma capaci diestrarre da noi lemigliori potenzialità. Achi mostra ambizionitalmente ridotte nonpossono imputarsicolpesoggettive. Ilsuoatteggiamentorinviaalfatto che noi tutti (lapolitica, la società, lastoria) non siamo stati
in grado di offrire loroqualcosa di meglio. Inquesta rivalutazionedella rêverie, Bloch siavvicina–perinciso–aGaston Bachelard, chevede nella perditatemporanea dellapresenza piena a sestessi, della lucidità econtinuità della
coscienza, un gioiosoampliamentodelraggiodell’esperienzasignificativa. In essa cispogliamodelprincipiodi individuazione,acuiper comodità la nostravita di adulti,determinandosi, hadovuto obbedire.Ritorniamo ai molti
possibili io cheavremmopotutoessereechealeggiavanonellanostra infanzia:“Quando, sognando alungo nella solitudine,ci allontaniamo dalpresente,perrivivere itempidellanostravita,ci vengono incontronumerosi visi infantili.
Noi fummo molti nellanostra vita già vissuta,neinostriprimiannidivitaesoloattraversoilracconto degli altriabbiamo cominciato aconoscere la nostraunità. Sul filo dellanostra storiaraccontata dagli altri,finiamo,annoperanno,
a somigliarci.Raccogliamo tutti inostri esseri attornoall’unità del nostronome”.18 La rêverierappresenta uno statointermedio, dioscillazione eindecisione, tra ilpercepire el’immaginare, ilsentire
eilricordare,tralogicadeglisvegliequelladeidormienti. È un“inframondo” tracoscienza e inconscio,lo scintillio vagante, ilbarlume,che introducea una realtàdepotenziata: “unmenod’esseresisforzaverso l’essere”. Per
propiziarelarêverie,lafiamma d’una candelaappare come un“operatore diimmagini” e di tramepsichiche di enormeefficacia. Essa“distacca dal mondo eingrandisce il mondodel fantasticatore”,trasformandolo –
secondo laterminologia diParacelso – in unaexaltatio utriusquemundi. I pensieriperdono, in questasfera magica di lucecircondata da zoned’ombra sempre piùspesse, i lororivestimenti successivi,
le “tuniche” dai cuistrati erano avvolti.19Non malgrado, magrazie a tale perdita,essi moltiplicanoparadossalmente isignificati cheracchiudevano ecomprimevano,creando attorno a sécampi gravitazionali
capaci di catturare alunga distanza quantodi remoto passa loroaccanto.Sirinnovacosìla freschezza dellaimmaginazione, che ètoujoursjeune.Per Bloch tuttavia il
desiderio utopico siprolunga ben oltre isogni a occhi aperti,
estendendosi daiprogetti di societàperfettaall’impensabilevittoria sullamorte.Lasperanzaè,daun lato,come l’aria: inodora,insapora, invisibile eimpalpabile. Senza diessa, tuttavia, noi nonpotremmo respirare.Simile alla “candida
colomba” kantiana checrede di volare meglioqualora non incontri laresistenza dell’aria,consente alla nostraragione di avanzareproprio perchésostenuta dalla suacorrente ascensionale.Dall’altro lato, essa èanche proteiforme e
può assumere ruoliperversi, come accadenel nazionalsocialismoin cui il bisogno dipatria, di identità e disicurezzasiintreccianocon più arcaiche ebarbariche concezioni.Il tempo storico non èinfatti concepito daBloch, al pari del
tempo cronologico,quale unica linea,divisibile in partieguali, ma comecontrappunto di tempidiversi,multiversum didislivelli (fra individui,classi, popoli), cherende la storiacomplessa, elastica,deformabile, al pari
dello spazioriemanniano, sottol’azionedeglieventi.Inquesto universo densoditorsioniediapertureal nuovo, la materiastessa non è quantitàpura o estensioneinerte, ma “essente inpossibilità”,movimentoin avanti, con il quale
l’uomo è chiamato acollaborare,dimodochéil comunismo – inquanto,marxianamente,“naturalizzazionedell’uomo” e“umanizzazione dellanatura” – appare aBlochlasintesipiùaltatra natura e società,
l’“utopia concreta” cheorienta la storia. Ilnazionalsocialismoinvece, su cui Bloch sisoffermaneiprimiannidell’esilio in alcunipenetranti saggi diEredità del nostrotempo, è frutto anchedegli squilibritemporali, della non-
contemporaneità neltempo storico(Ungleichzeitigkeit)delle classi sociali inGermania. In essainfatti,accantoalledueclassifondamentalichevivonoallivellopiùaltodelpresente storico, visono larghi straticontadini e piccolo
borghesi arretrati,tagliati fuori da unpresente di cui nonriescono a capirerazionalmente ladinamica e ladirezione. Inmancanzadi una comprensionerazionale, lontani dalmotore dello sviluppoeconomico, frustrati
nelle loroaspettativeedisorientati sino alladisperazionedaitorbididelprimodopoguerraedall’inflazioneselvaggia,essivivonoilloro rapporto con lapolitica sotto forma dimito, sognandorivincite, restaurazioniautoritarie, drastiche
limitazioni del poteredella classe operaia,superiorità dellanazionetedescaedellarazza ariana. Ilnazionalsocialismocosì, in quanto“giacobinismo delmito”, riesce atrasformarli in massadimanovraeainserirli
organicamente in unlargo fronte diinteressi, checomprende la grandeindustria, l’esercito, laburocrazia, sotto ilcontrollo del partito edel suo capo. Trattiancora feudali, cherispecchiano il tempostoricooleimmaginidi
restaurazione di cetiattardati (il mito), sifondono in tal modocon l’efficienzatecnocratica e larazionalità formaledegli apparatiindustriali, militari eburocratici e insiemecostituiscono il voltomultiforme del
fenomenonazionalsocialista.
4.Mitoeragionestrumentalenelnazionalsocialismo
Ma di ben altrisquilibri l’ideologianazionalsocialista si facarico nel suo
naturalismo edarwinismo sociale enella sua lotta contro iprincipi di libertà,eguaglianza efraternità.Lascienzaela natura vengonochiamate atestimoniare in favoredellagerarchiasociale,dei salutari squilibri, e
contro la presuntastagnazione dellefacoltà umane e dellenazioni, quandodomina l’egualitarismodemocratico esocialista. Non è forseveroche(nell’idraulica,nella termodinamica,nell’elettricità) non visarebbe alcun
movimento, alcunaerogazione di energia,senza un dislivello trale masse d’acqua,senzaunadifferenzadicalore e di potenziale?Cheifiumi,iliquidineivasi comunicanti, lelocomotive e i fluidielettrici non simuoverebbero senza
queste benefichedisuguaglianze? Lostesso – si aggiunge –accadeperlecomunitàumane:seprevarrannoi fiacchi predicatori dieguaglianza e dicompassione per ideboli, l’umanità èdestinata a spegnersi.Lo spettro
dell’aumentodell’entropiadell’universofisico,cheporterà a unadegradazionedell’energia e a unprogressivoraffreddamento delcosmo, continua adagitarsi (enonsoloneisuoi primitivi panni
tardo-positivistici)davanti al mondosociale,concepitocomeun sistema chiuso.Immagazzinareenergia, utilizzarestrumentalmente l’altopotenzialedellemasse,intensificando, a suavolta,lacaricadelpoloulteriormente
distanziato delleélites:questa è una delle piùfrequenti risposte emodalità di autodifesaper una strutturasociale che si senteminacciata dallastagnazione edall’avanzare delle“folle”.Già Nietzsche (per
altri versi cosìradicalmente criticodell’esistente e certonon responsabile ditutte le suggestioni eapplicazioni unilateralidel suo pensiero)ritiene necessariol’allungamento dellascala gerarchica,ottenibile persino
attraverso unapreliminare diffusionedella democrazia tra ilgregge umano, e ilmantenimento in tuttala sua durezza dellamoderna schiavitù dellavoro salariato. Pergiunta il segreto dellosfruttamento non vadivulgato fra la classe
operaia.Quanti,comeisocialisti, hanno osatoinfrangere questabarriera di silenziosono dei corruttori,seminatori di infelicitàtra coloro stessi chevolevano difendere:“Disgraziati seduttori,chehannodistruttoconil frutto dell’albero
della conoscenza lostatodiinnocenzadelloschiavo!”.20Ilsapereela consapevolezzadevonoaccrescersisolodal lato di chicomanda, mentredevono relativamentediminuire dal lato dichi ubbidisce. Essendoormai impossibile
tenere grandi massenell’ignoranza, nonrestacheunavarietàdicombinazioni tra“disciplinametallica”econtrollodell’istruzione, dellacultura,dell’informazione edell’intera società.Quest’ultimocompitoè
favoritodalladifficoltà,enonsoloper ipiù,diavere un quadroglobale di quel chesuccedeediprocurarsiaccesso ai linguaggiscientifici. Laconnessione deglieventi ha raggiuntounascalaplanetaria;lacomplessità e
l’interdipendenza deidati più diversi, unadimensione quasiincommensurabile conle capacità diimpadronirsene e dielaborarli da parte diun individuo; lacoscienza comunestenta a orientarsinello sviluppo rapido,
accidentatoedisugualedelle singole scienze,che, con le loroformulazioni intricate,discontinue, irte ditecnicismi,latengonoarispettosa distanza. Gliarcana imperi e ilsapere operativotendono così adiventarepatrimoniodi
ristrette oligarchie, lequali, coadiuvate daunostuoloditecnicifraiqualièpropagataunaconcezioneneutraledelproprio agire,ricompongono a livellopolitico e statale isingoli spezzoni dellescienze, delle tecnicheedellepratichesociali.
Per poter mantenerecontemporaneamentelo sviluppo tecnicoproduttivoeilcontrollodelle folle, la scienzadeve coesistere con ilmito, la tecnica con ilvitalismo, il weberianomondo senza magia,l’Entzauberung, colmisterioso e magico
carismadeicapi.Nel
nazionalsocialismo,appunto, l’autenticasapienza si trova solonel capo, chedistribuisce leconsapevoli bugie deimitisocialieteorizzaladottrina della doppiaverità, della funzione
strumentale dideterminate idee. CosìHitlerstessodichiaraaRauschning di noncredereal“mitodelXXsecolo”,alla razza:“Sobene anch’io come ivostri intellettuali, ivostri pozzi di scienza,che non esistono razzenel significato
scientificodellaparola.Ma voi, che siete unagricoltore e unallevatore, voicertamente sietecostretto a basarvisulla nozione di razza,senza la quale ogniallevamento sarebbeimpossibile. Ebbene, ioche sono un uomo
politico, ho necessitàanch’io di una nozioneche mi consenta diinfrangere un ordineradicatonelmondoedicontrapporreallastoriala distruzione dellastoria. Capite quel cheintendo dire? Bisognache io liberi il mondodal suo storico passato
[...]. Con la nozione dirazza ilnazionalsocialismospingerà la suarivoluzione fino allafissazione di un ordinenuovonelmondo”.21Le masse, del resto,
vengonocostitutivamentegiudicatenonpensanti:
“È una bella fortunaper gli uomini digoverno che le massenon pensino! Si pensasoltanto quando sitratta di impartire unordineodiassicurarnel’esecuzione. Se fossediversamentelasocietàumana non potrebbesussistere”. Non
potendo impartireordini, ma soltantoriceverli, le folle noncorrono il rischio dipensare. Per questo lacritica incisiva e ilpensiero nonregolamentato sonodestabilizzanti, mentrerestano leciti edesaltati i discorsi
puramente tecnici,settoriali. È anzipredicata una“entusiasticaintolleranza”controchidimostra troppavolontà di sapere, dicogliere il fruttodell’albero dellaconoscenza, chi vieneraffigurato come uno
squallido malato diipertrofiaintellettualistica. Perquesto vengonosollecitati icomportamentigregari, siamistici chetecnici, le virtù deisottopostineiconfrontidel padrone, virtùcondensate nel motto
delleSS (“Ilmioonoresi chiama fedeltà”) e,nell’ambito delfascismo italiano, nellaparola d’ordine“Credere, obbedire ecombattere”.Attraverso
l’intensificazione dellosfruttamento dellaforza-lavoro interna e
poi straniera, dellaviolenza,dell’utilizzazione deinuovi mezzi dicomunicazione dimassa, prende corpoungigantescoprogettodiingegneriaumana,dimodificazioneantropologica egenetica collettiva.
Spezzati i legami disolidarietàdiclasse,diamicizia, di famiglia,collocato e isolatol’individuo entro lastretta maglia disguardi incrociati eravvicinati (da quellodel capo-caseggiato aquello degli stessifamiliari),vienepoisin
dall’infanzia offerto ilrassicuranterifugiodelcameratismo, ilsentimento “eroico”dell’appartenenza a unnobile popolo e a unaguida illuminata, laqualerifulgedituttelequalità di cui i singolisonostatiprivatiecheoraricevonocomeluce
riflessa nelle sfilate,nelle adunanze, allaradio. Non avendol’etere lineeprivilegiate, la radioabolisce in linea diprincipio la distinzionetra centro e periferia,fracittàecampagna;lasua voce penetra fra igruppi più chiusi e nei
luoghi più sperduti,mobilitando i ceti inprecedenza piùrefrattariallapoliticaopiù inerti. La radio, ilcinema, l’oratoria deicapi acculturano atappe forzate zonedellasocietàguidateinprecedenza solo dalcostume o da
convinzioni incoerenti,fanno leva suglielementi regressivi delmessaggio trasmesso:l’emotività, la densitàdelle immagini e dellefigure retoriche, ilpathos razionalistico, ilsangue e la terra, unsurrogato di vita dalforte aroma e una
ribellione mimata esorvegliata contro leprivazioni, l’ubbidienzae la meticolosità dellosfruttamento.D’altronde (e lodimostrerebbe lanatura,“crudelereginadi ogni saggezza”)l’esistenza è in sestessa durissima: “Un
essere beve il sanguedell’altro. Uno trovanutrimentodellamortedell’altro. Inutileblaterare di umanità[...].Lalottarimane”.22Lo spessore della
“secondanatura”,dellaciviltà, su cui si erafondata la “ragione”dell’Illuminismo e
quella dell’Idealismoclassico tedesco, si èassottigliatofinquasiasparire. È la primanatura ora, nelle suemanifestazioni piùspietate, la “saggezza”degli animali, a offrireil modello dellaseconda natura,giustificandone i
misfatti. Quasi comeuna consolazione vieneofferto il viaticodell’incoscienzaedellaspersonalizzazione. “Ionon ho coscienza,” erasolito dire Göring, “lamia coscienza è ilFührer.” La vista dellarealtà divenuta permolti insopportabile
spinge la mente adanestetizzarsi, ademandare lacomprensione dellecose a chi ha capacitàsovrumane. A ciascunoviene assegnata la suaquota diconsapevolezza e dicultura con una speciedi “legge bronzea”
dellacoscienza,quantobasta per svolgereefficacemente il ruoloassegnatogli. Più si èsubordinati, meno sideve sapere, comerisulta evidente dalprogrammadiHimmlerper i popoliassoggettatidell’Europa orientale:
“Perlapopolazionenontedesca dell’Europaorientale non ci deveessere nessuna scuolache vada oltre quellaelementare di quattroanni. Scopo di talescuolaelementaredeveessere solo diinsegnareafardicontoalmassimo fino a 500,
la scrittura del proprionome e cognome, einfinedi insegnarecheè un comandamentodivino quello diobbedire ai tedeschi edi essere onesti,diligenti e sinceri.Nonritengo indispensabileinsegnarealeggere”.23
1 W. Dilthey, Lacostruzione del mondostorico nelle scienzedello spirito, inCriticadella ragione storica,Einaudi, Torino 1954,p.236.2 W. Dilthey, Nuovi
studi sulla costruzionedelmondostoriconellescienzedellospirito, in
Critica della ragionestorica, cit., pp. 324-325.3 W. Dilthey, Nuovi
studi sulla costruzionedelmondo storico, cit.,p.383.4J.G.Frazer,Ilramo
d’oro, Boringhieri,Torino1965,I,p.23.5Ivi,p.83.
6 L. Lévy-Bruhl, Lamentalità primitiva,Einaudi, Torino 1966,p.19.7Ivi,p.20.8 Cfr. M. Mauss,
Saggio di una teoriagenerale della magia,inTeoriageneraledellamagia e altri saggi,Einaudi, Torino 1965,
pp.142sgg.9 C. Lévi-Strauss, Il
pensiero selvaggio, ilSaggiatore, Milano1964,pp.242-243.10Ivi,pp.25-26.11 C. Lévi-Strauss,
Antropologiastrutturale, ilSaggiatore, Milano1966,p.221.
12 C. Geertz,Antropologiainterpretativa, ilMulino, Bologna 1988,pp.71,297,80,87.13 C. Geertz, Oltre i
fatti. Due paesi,quattro decenni, unantropologo, il Mulino,Bologna 1995, pp. 76,200.
14Cfr.M.Augé,Nonluoghi, Eleuthera,Milano1993.15 R. Luxemburg, La
rivoluzione russa, inScritti scelti, Einaudi,Torino 1975, pp. 599,600-601.16 E. Bloch, Hegel
come “novum”, inAa.Vv., Enciclopedia
’72, Istitutodell’EnciclopediaItaliana,Roma1971,p.338.17E.Bloch,Principio
speranza (1959),Garzanti,Milano 1994,3voll.,I,pp.58,397.18 G. Bachelard, La
poetica della rêverie,Dedalo, Bari 1972, p.
109.19 G. Bachelard, La
fiamma di una candela(1961), Editori Riuniti,Roma1981.20 F. Nietzsche, Lo
statogreco,inOpere,acura di G. Colli e M.Montinari, Adelphi,Milano1964sgg.,III,2(1973),p.224.
21 H. Rauschning,Hitler mi ha detto,Mondadori, Milano1945, pp. 255-256.Questa testimonianzasembra però doversiconsiderare conqualchecautela.22 A. Hitler, La mia
vita, Bompiani, Milano1949, p. 143 e Adolf
Hitler in Franken,[Nürnberg] 1939, p.144.23 H. Himmler,
Denkschrift Himmlersüber die Behandlungder FremdVölker inOsten (maggio 1940),in “Vierteljahresheftefür Zeitgeschichte”,1957,V,p.197.
V.L’incontrodellefilosofieela
nuovaepistemologia
1.“Daspondaasponda”
L’avvento delnazionalsocialismo inGermania e le crisipolitiche edeconomiche di alcunenazioni europeeprovocano uno dei piùsignificativi fenomenidi osmosi culturale fraaree di diversatradizione, ma sempre
all’interno dei paesi“sviluppati”. Lepersecuzioni razziali epolitichespingonosullastrada dell’esilio moltemigliaia di intellettuali(per più della metàtedeschieperdueterzidi origine ebraica), dicui parecchi dialtissimo livello. È una
nuova diaspora, unprocesso diimpollinazioneculturale che produceeffettiforsemaggioridiquelli imputabili allafuga in Italia dei dottitardo-bizantini dopo lacaduta diCostantinopoli. Infunzione delle loro
inclinazioni politiche odelle opportunità diricercaedilavoro,essisi distribuiscono intutti gli angoli dellaTerra: dal Giappone(Löwith) ai paesiscandinavi (Brecht eKorsch nei primi annidell’emigrazione),dall’Unione Sovietica
(Lukács) alla Francia(Benjamin).Ma è negliStati Uniti che essigiungono più numerosie in gruppi piùcompatti.Equil’elencosarebbe lungo: bastiricordare i nomi diEinstein, ThomasMann, Adorno,Horkheimer, Marcuse,
Erikson, Fermi,Salvemini, Lang,SchönbergeNeumann.Questi intellettualiriescono a dare uncontributofondamentale ecaratterizzantesoprattutto in alcunisettoricomelafisica,lasociologia, la
psicoanalisieilcinema.Talvolta isolati e
diffidenti l’unodell’altro – si legga ilDiario di lavoro diBrecht –, difficilmentesi integrano odesiderano integrarsinella societàamericana. Gli eredidella raffinata cultura
mitteleuropea trovanogli indigeni “barbari dibuonaindole”,secondola definizione diThomas Mann, ma inparticolare restanocolpiti dallastandardizzazionedell’esistenza,dall’impoverimento deirapporti umani sotto il
manto della“desublimizzazionerepressiva”, dallamanipolazione ereificazione dellacoscienza, dal grandeformato delleesperienzecercate,dalgusto del colossale edalla ingenua fede nei“fatti” e nell’empiria.
La società di massa, il“mondo amministrato”attraversoglistrumentipiù leggeri delconformismo edell’industria culturale,la“follasolitaria”dellegrandi città, turbavanochi si era sottratto alpiù pesante esanguinoso
totalitarismonazionalsocialista e glidavano l’impressioneche dovunque si fossein presenza di una“realtà bloccata”, diunaenormeprigioneincui gli uomini avevanoper la maggior parteperduto la speranza inuna vita migliore e si
eranoadattatiepiegatia un dominio dal voltoanonimo, a una nuovabarbarie che simanifesta in vesti“razionali” e pretendeobbedienza a ciò chespaccia comeinesorabili leggioggettive; in cuipersino la classe
operaia – la marxianapromessadiliberazioneda ogni sfruttamento –o era, in America,venuta a patti colpotere vigente e daesso inglobata, o erastata stretta efrantumata in Europadalladuplicemorsadelnazionalsocialismo e
dellostalinismo.Il processo di
reificazione e diottundimento dellacoscienza, diesaltazione della“cattiva realtà” e diirrisione nei confrontidei tentativi diemancipazione o dipensiero non
conformista (bollaticome utopici, bizzarri,inutili) è quindioperante a livellomondiale, ma è negliStati Uniti che diversiintellettuali europei nedivengono consapevoli.Ed è in questo scartotra ideologiademocratica e
situazione effettiva, inquesto “cameratismo abase di spintoni”, chesirivelaallosguardodiAdorno e diHorkheimer tuttol’orrore della “vitadeteriorata”,l’ingabbiamento deisingoli entro unamentalità rigida e
passiva, incapace diesperienza e dipensiero spontanei,vittima dellamanipolazione sociale,una mentalità chevieneemblematicamenteespressa da questopiccolo episodio in cuiAdorno racconta il suo
primo impatto con ilmondoamericano:“Trai vari collaboratori chelavoravanotransitoriamente conme nel ‘PrincetonProject’, c’era unagiovane signora. Dopoun paio di giorni ellaprese confidenza conme, e mi chiese con
perfetta gentilezza:‘Dr.Adorno,ledispiacese le faccio unadomanda personale?’.Iodissi: ‘Dipendedalladomanda, ma dicapure’, e lei continuò:‘Midica,perfavore:leiè estroverso ointroverso?’ ”.1 Inquesto universo
concettualestandardizzato lasoggettività el’oggettività si sonocompletamentecapovolte:“Oggettivoèl’aspetto noncontroverso delfenomeno, il clichéaccettato senzadiscutere, la facciata
composta di daticlassificati: e cioè ilsoggettivo; esoggettivo è ciò chespezza quella facciata,ciò che penetra nellaspecifica esperienzadell’oggetto, si liberadai pregiudiziconvenuti e colloca ilrapporto con l’oggetto
al posto dellarisoluzione dimaggioranza di coloroche, nonché pensarlo,non lo vedononeppure–ecioèl’oggettivo”.2Questo è il
comportamentodiffuso, massificato,che Adorno ritrova frala “gente” e che
descrive nella suafenomenologia dellavita deteriorata. Maquali posizionifilosofichehannopresasulla cultura quandoegli giunge negli StatiUniti, e sino a chepuntoessehannoagitooagisconoancorasullacoscienzacomune?
2.Lafilosofiaamericana
La filosofiaamericana – dichiaratainesistente daTocqueville nel 1840 –si ricollega traOttocento e Novecentoa tradizioni europee:all’empirismo inglese,
alla filosofia scozzesedel senso comune,all’idealismo classicotedescoealpositivismoevoluzionistico diSpencer. Ma conPeirce, James eDeweysi crea una tradizioneautoctona, fortementecaratterizzata dal suocostante rapporto con
ilsensocomune,lavitapratica, l’azione, letecniche, e segnatadalla riflessione sulpotere delle credenze,della fede, e dallavolontà di elaborareabiti di razionalitàedicondotta per le nuoveélites che in uno Statoavviato verso una
rapida e intensaindustrializzazione sistaccavano dal credoreligioso machiedevano disurrogarlo, almeno inparte, con altrecertezze.Quel cheessioffrono non sonotuttavia le certezzedella metafisica,
dell’idealismo o delmaterialismo europei,ma delle costruzioniteoriche che accettanoed esorcizzano nellostesso tempo il rischio,la precarietà, l’errore,che cercano diinglobareprogressivamente imetodi delle pratiche
scientifiche nel sensocomune.Così Peirce,
accentuando ilmomentoprobabilisticodei procedimentiscientifici e conl’ausilio di sistemisimbolici, diun’“algebra logica”,cerca di comprendere
la funzione delpensiero nel produrre“abitudini d’azione”.Rendere chiare lenostre idee significaformulare ipotesi suglieffetti pratici che essepotranno avere epassare dallairrequietezza edall’insoddisfazione
che accompagna laconfusionementaleelacongiunta indecisionedella volontà, allafissazione di unacredenza che cisoddisfa e che ècontrollabileall’internodelcircuitoconoscitivo.Dai saggi raccolti inCaso,amoreelogicaai
monumentali CollectedPapers, la produzionedi Peirce èeminentementeincentrata su questonodo tra pensiero,azione e credenza. Ilvantaggiodellascienzae dei modelli dicomportamento che aessa si ispirano è di
saper riconoscere lapropria fallibilità e diprocederepercontinueautocorrezioni, senzaperdere la fiducianell’avanzare e senzascosse traumatiche,inserendosi nellacorrente stessa di queltendere alla verità cheè parte della natura
dell’uomo. La verità èquindi una conquistaprovvisoria nei suoisingoli risultati, mapermanente nel suofarsi,nonessendoaltroche il processo praticodi verifica che mettefine a uno stato didubbio, tranne poiripristinarlo su un
piano diverso e piùalto.Con William James
viene posto indiscussione il nessocredenza-verità, ma inlui sono pressochéscomparse leprocedure conoscitivedi controllo e diverificadellecredenze.
La verità ha infatti uncarattere progettuale,è l’eventuale rispostaalla fede in un’ipotesi,non si misura nelpresente ma nel suoslancio verso il futuro(edèsuquestoterrenoche Bergson siriconoscenellafilosofiadi James). Si potrebbe
dire, parafrasandoStendhal,che la fedeèunapromessadiverità.Il pragmatismo non èunasempliceriedizionedell’utilitarismo:veroèuguale a utile,ma nonsempreutileèugualeavero. La verità ècaratterizzata nel suopossesso da un
sentiment ofrationality, dal sentircia nostro agio, a casa,dalfamiliarizzareconilmondo. E questo devebastarci.Nonpossiamotrasformare lacomplessitàdellavitaedell’esperienza in ideeastratte, in pensieropuro, che è per noi
dannoso: “Noi siamocome pesci chenuotano nel mare delsenso, limitati versol’alto dall’elementosuperiore, ma incapacidi respirarlo puro o dipenetrare in esso”.3L’eccessiva quantità diossigeno del pensieroastratto, la volontà di
eliminaresenzaresiduil’opacità del vivere, cisarebbe fatale.La fededelrestononsiopponealla verità. Senza diessa non cirisolveremmo maiall’azione, resteremmoparalizzati. In ogniimportante momentodella vita dobbiamo
infatti “spiccare unsalto nel buio” e nonc’è alcuna “compagniadi assicurazione” chepossa garantirci per irischi che corriamo.Solo la fede,mossa da“ipotesi viventi”, cipermettediaccettareilrischio“aocchiaperti”,chiedendo la
collaborazionedell’intelletto: fidesquaerens intellectum,appunto.D’altra parte, il
“pluriverso” in cuiviviamo non formaalcuna compatta unitàacuipossiamoriferircicome modello. Nonesiste infatti, per
James, una “realtà”,bensì molteplici “sub-universi di realtà”. Ilnostromondodimondiè infatti costruito agrappolo.Èfruttodellacontinua selezione tranumerose maniere distrutturarlo secondoesigenze e struttured’ordine differenti ma
finite:quelladellecosesensibili, della scienza,delle relazioni ideali ditipo matematico ometafisico, delleillusioni, dei sistemireligiosi e mitici, deisogni, della follia odelleopered’arte.Ognisub-universodirealtàèdotato di criteri di
rilevanza e persino diparametri temporalidifferenti eincommensurabili: perquesto il mondo delsogno non è una puracopia del mondo dellaveglia o i criteri dispiegazione del mitonon coincidono conquelli della ragione
filosofica.Noientriamoe usciamocontinuamente daquesti settoriqualitativamentedifferenti e dobbiamoimparare a vivere intutti.Ciascuno di noi è, a
suavolta,unmondodimondi selezionati.
L’esperienza simanifesta perciò comeflusso della vita cheoffrecontemporaneamenteeserialmente materialediverso alla riflessione,trasformando così lamente in teatro dipossibilitàsimultaneeesuccessive. Anche per
questi motivi allafilosofia è affidata lamissione di restaurareediaccreditareilruoloche l’“indeterminato”svolgenellanostravitapsichica, un “buonterzo” della quale èpercorsa da“premonitorie, rapideviste prospettiche di
schemidipensiero,nonancora articolati”.Come non si dà inassoluto un solomondo, così non esistealcun io identico a sestessoinsensoproprio.Esso variaincessantemente, purmantenendo in genereuna vaga percezione
della propriacontinuità: “Un’‘idea’ oVorstellungpermanente checompaia alla coscienzaa intervalli periodici, èun’entitàmitologicadelgenere ‘Fante dipicche’ ”. I vari Io chesono in noi, al pari deidifferenti sub-universi
di realtà chefrequentiamo, ciappartengono inquanto appaionocontraddistinti da unsemplice“marchio”eliriconosciamo comenostri solo seconservano il “calore”cheviabbiamolasciatoin precedenza. Tale
teoria vieneincisivamente espressada James mediantel’accorpamento di dueimmagini. La prima,molto americana eaddirittura western,dipinge una scenaall’aria aperta; laseconda rinvia invecealraccoglimentodiuna
pratica religiosa: “Dalgregge lasciato liberodurante l’inverno inqualche larga prateria,quando vieneprimavera ilproprietario sceglie edassortisce queglianimali in cui trovaimpresso il propriomarchio.Ilmarchiodel
greggeè,perlediversepartidelpensiero,quelcerto calore animale acuiabbiamoaccennato.Questo calore lepervade tutte, come ilfilo corre attraverso ilrosario, e ne fa untutto, che trattiamocome un’unità, perquanto queste parti
possano differiregrandemente tra loro.Si aggiunge a questocarattere l’altro, che idiversi Io ci appaionocome se fossero statiper lunghi tratti ditempocontinuifraloro,e i più recenti di essicontinui col nostro Iodel momento
presente”.4 In un“universo pluralistico”,aperto al caso,all’indeterminato, maanche alla libertàumana, noi dobbiamoabituarci al rischio,immunizzarci nei suoiconfronti, farlodiventare per noi unasecondanatura.
È questo il filomelodico, ilmessaggio,chepercorre l’operadiJames.Lesuetraccesirinvengono –parzialmente e informa scientificamentepiùelaborata,organicae riflessiva – in JohnDewey, dalla cuifilosofia cadono molti
degli elementivitalisticiefideisticidelpensiero jamesiano.Dewey,cheingioventùha studiato a fondoHegel, conserva delfilosofotedescoilgustoper le costruzioniteoriche fortementestrutturate in sensoanti-meccanicistico, in
cui ogni elemento è inrapporto di“interazione” con glialtri e in cui ogniequilibrio raggiunto sidimostra precario e,provocando nelsoggetto situazioni“disturbate, penose,ambigue, confuse,piene di tendenze
contrastanti, oscureecc.”, spingel’esperienza e laricercaversopiùalteesoddisfacenti soluzioni.In Logica, teoriadell’indagine,del1938,quando Dewey avevaben settantanove anni,è tracciato il percorsodella conoscenza,
dall’esperienza grezza,immediata, allaposizione di unproblema, allaformulazione di idee oprevisioni “di ciò checapiterà, ove certeoperazioni venganoeseguite in precisorapporto con lecondizioni osservate”,5
al ragionamento, comesviluppodelle ipotesi odelle possibilità,all’esperimentoeinfineal giudizio con cuil’imbarazzo inizialeviene risolto.L’esperienza, checostituiscel’interazionetraunessereviventeeil suo ambiente
naturale e sociale, haun raggio più ampiodella sola conoscenza.La ragione ha uncarattere strumentale,risolve le difficoltà,rettifica l’esperienza egli squilibri, trasformailmondoepromuovelaconvivenza umana, sisitua nella linea di
continuità tra natura euomo, biologico ementale, oggettivo esoggettivo. Essa non èmai astrattamentedeterminata,mamossada interessi, dabisogni, da richieste dichiarimento chesorgono dall’esistenzaindividuale e sociale.
Per questo anchenell’educazione sidevericostruire il raccordotra conoscenza einteresse, tra logica enatura, tra lavorointellettuale e lavoromanuale, sviluppando igermi di socialitàpresenti nei singoli emostrando loro il
legameinscindibilecheesiste tra ricerca dellaverità e democrazia,traincrementocreativodell’individualità eprogresso sociale.Anche il linguaggio haverità unicamenteall’interno del suocontesto biologico esociale,affermaDewey
inpolemicaconCarnape i neo-positivisti, chenon solo consideranogli enunciati linguisticicome forniti di veritàintrinseca al di fuoridella loro inscrizionesociale, ma dichiaranoanche veriesclusivamente quelliempiricamente
controllabili otautologici, definendoindecidibili o privi disenso quelli chetrattano dei valori, diargomenti politici emorali, quelli cioè cheper Dewey è piùurgente conoscere esottoporreacontrollo.
3.L’epistemologiadelneo-positivismoelasuacritica
Nella filosofiaamericana lo statutodel dato osservativo èdunque meno rigido eingenuo di quanto nonappaia ad Adorno allivello del senso
comune. Ma seguardiamo meglio, ciòche egli combatte alivello teorico non èunafilosofiaamericana(che sembra anziignorare), ma unafilosofia della vecchiaEuropa trapiantatanegli Stati Uniti, doveha trovato in quegli
anni un climafavorevole che l’hafatta lussureggiare: ilneo-positivismoosteggiato anche daDewey. Esso nasce inpaesidi lingua tedescaalla fine degli anniventi e si dirama neidue circoli: di Vienna(Schlick, Carnap,
Gödel, Waismann,Frank) e di Berlino(Reichenbach, Hempel,von Mises), unificaticulturalmente dallarivista “Erkenntnis”,diretta dal 1930 al1938 da Carnap eReichenbach.IlWienerKreis, che ha qui pernoi una maggiore
rilevanza, si richiamanelmanifestodellasuafondazioneall’insegnamento diPeano, Frege, Russell,WhiteheadeMach,maè noto che i suoistudiosi, in particolareSchlick e Carnap,furono influenzatidalledottrine del Tractatus
logico-philosophicus edapocheconversazionicon Wittgenstein.Caratteristica di taleempirismo logico è ladistinzione tra giudizianalitici e giudizisintetici, traproposizioni checoncernonoidee(echesono
fondamentalmentericonducibili atautologie) eproposizioni checoncernono fatti e chesono verificabilimediante il ricorso aidati osservativielementari. Al di fuoridi questi duegeneri dienunciati, che hanno
valore scientifico, visono le insensatezzedella metafisica,imputabili a un usoimproprio dellinguaggio, all’uso diparoleprivedi sensooalla congiunzionesintatticamenteerronea di paroledotate singolarmente
di senso. In Ilsuperamento dellametafisica attraversol’analisi logica dellinguaggio, Carnapmostrerà in Heideggerun esempio da nonimitare di usoimproprio dellinguaggio.Il modello neo-
positivistico di teoriascientifica è statorappresentato comeuna piramide dienunciati, con alvertice quelli piùgenerali e nondimostrati, nellesezioni intermediequelli deducibililogicamente dai
precedenti, e alla basequelli con generalitàminima, che siriferiscono aosservazioniparticolari.L’aspettodiassiomatizzazione e ilricorso ai datiosservativi fanno partedella stessa immaginedella scienza. Ma la
sistemazione teoricadelmodellovariamoltofra i diversi autori e,spesso,all’internodellostesso autore.Prendiamo il caso diCarnap. Nel 1928,nella Costruzionelogica del mondo, nonsi fa riferimento, comein Mach, alla
sensazione quale datoirriducibile (lapsicologia della formaha infatti dimostratoche le sensazioni sonogià il risultato diprocessi astrattivi), maai “vissuti elementari”,agliElementarerlebnisse, amomentipsicologicipoi
connessi da “relazioni”di ordine logico. Ilprogramma di Carnapcontemplaallora,daunlato, la “ricostruzionerazionale” dei concettiscientifici sulla basedel riferimentoall’immediatamentedato, dall’altro lamessa in rilievo delle
relazioni strutturali ingrado di articolare idati. Ma già nellaSintassi logica dellinguaggio del 1934 i“vissuti elementari”, dinatura psicologica einverificabili, sonosostituiti con i“protocolliosservativi”,di natura linguistica e
controllabile. Carnapprocede sempre piùverso l’esame dilinguaggi altamenteformalizzati,convenzionali, espressidal “principio ditolleranza”, per cui“ciascunopuòcostruirecome vuole la sualogica, cioè la sua
forma di linguaggio”.Sotto l’influsso diHilbert e del logicopolacco Tarski, eglidelinea un“metalinguaggio” concui analizzare illinguaggio-oggettodelle proposizioniscientifiche, tracciarecioè i lineamenti di un
sistema deduttivoassiomatico. La veritàanalitica, definita orain termini sintattici,acquisterà più tardianche un aspettodesignativo, semantico(nell’Introduction toSemantics del1942), eillinguaggio,d’accordocon Charles Morris –
assieme al quale, e aNeurath,Carnapavevadato vita nel 1938 allaEnciclopedia dellascienza unificata –verrà studiato anchesotto il profilopragmatico, inrapporto aicomportamentidaessoindotti.
Contemporaneamente,il rigidoverificazionismo saràabbandonato e Carnapdovrà ripiegare sullasemplice“conferma”diunenunciatoinbasealsuo grado diprobabilità.A un altro emigrato,
stavolta in Inghilterra,
spetterà la criticadell’impostazione neo-positivistica: a KarlRaimund Popper. Eglisi allontana sempre dipiù dalle impostazionidel Circolo di Vienna,da un modello discienzafondatocioèsuprotocolli osservativi esu un sistema di
enunciati certi edefinitivi. I problemiscientificinonsonoperluiriducibilialcorrettouso linguistico o allacostruzionedi“intricatimodelli in miniatura,[di] vasti sistemi diminuscolimeccanismi”,6 comeinvece avviene in
Carnap. La scienzatende a risolvere, perprove ed errori, gli“enigmi”delmondoedè qualcosa diimperfetto, seppur dicontinuamenteperfezionabile. È unaggregato dicongetture, dipregiudizi, di
anticipazioniprematureedi“ipotesiazzardate”, che sonoper fortunacostantementesottoponibili alcontrollo dellacomunità scientifica.La conoscenza nondeve perseguire piùl’idolo deleterio della
conoscenzaassolutamente certa,oggettiva, definitiva:“Perché la venerazioneche tributiamo aquest’idolo èd’impedimento nonsoltanto all’arditezzadelle nostre questionimaanche al rigore deinostri controlli. La
concezione sbagliatadellascienzasitradisceproprio per il suosmodato desiderio diessere quella giusta.Perché non il possessodella conoscenza, dellaverità irrefutabile, fal’uomo di scienza, mala ricerca critica,persistente e inquieta
dellaverità”.7È sbagliato
considerare le scienzecome caratterizzate dauna base osservativa ela metafisica comelibrantesisullealidellaspeculazione. In primoluogo,perchélegranditeorie scientifiche, adesempio quella della
relatività, sono benpoco poggianti su datiempirici e, in secondoluogo, perché lametafisica, lungi dalridursi a puro non-senso, comevolevano ineo-positivisti, oriental’impresa scientificastessa (fu infatti la“metafisica influente”
del culto della luce, diorigine neoplatonica, aspingere Copernicoverso la formulazionedelle sue ipotesiastronomiche).Lalineadi demarcazione trascienza e metafisica otra scienza e pseudo-scienzapassanonsullospartiacque senso/non-
senso, ma su quello“falsificabile”/“non-falsificabile”. Unateoria scientifica cioènon può esserecorroborata medianteverifiche, accumulandoprove tali daconfermarla,ricorrendoall’induzione. Nessuna
regola può garantireche unageneralizzazioneinferitadaosservazionivere, per quanto alungo ripetute, siavera. C’è peròun’asimmetria traverificabilità efalsificabilità,inquantole asserzioni universali
della scienza nonpossono mai esserederivate da asserzionisingolari, ma possonotuttavia esserecontraddette da esse.Gli asserti di basepotranno quindifalsificare una teoria,non fondarla. Èscientificaunateoriala
cui forma logica èfalsificabile medianteasserzioni empiriche,mediante unexperimentum crucis,mentre è metafisica epseudo-scientifica unateoria che non puòessere per principioconfutabile.Tale aspetto hanno,
secondo Popper, lapsicoanalisi e ilmarxismo, così comeegli li aveva conosciutisin dalla gioventù inquanto pretendono didare spiegazionionnicomprensive echiare (mentre laspiegazione scientificaè“lariduzionedelnoto
all’ignoto”, a livellimaggiori di generalità)e di trovare continueverifiche alle loroproposizioni: “Unmarxista non potevaaprire un giornalesenza trovarvi in ognipagina unatestimonianza in gradodi confermare la sua
interpretazione dellastoria [...]. Gli analistifreudianisottolineavano che leloro teorie eranocostantementeverificate dalle loro‘osservazioni cliniche’”.8 Ma proprio perchéqueste dottrine nonsono il risultato di
previsioni rischiose,non precludonol’accadimento di certieventi, si servono diassunzioniausiliarieadhoc e si sottraggono aogni confutazione,esse, per l’appunto,non sono scientifiche.Lo statuto discientificitàlopossiede
invece, ad esempio, lateoria einsteinianadella gravitazione,perché è passataindenne attraverso ilcrucialeesperimentodiEddington, sotto ilquale potevasoccombere:“Lateoriaeinsteiniana dellagravitazione aveva
portato allaconclusionechelalucedoveva essere attrattadai corpi pesanti comeil sole, nello stessomodo in cui eranoattratti i corpimateriali. Diconseguenza, si potevacalcolare che la luceproveniente da una
lontana stella fissa, lacuiposizioneapparentefosse prossima al sole,avrebbe raggiunto laterra da una direzionetaledafareapparirelastella leggermenteallontanata dal sole; o,in altre parole, sipotevacalcolareche lestelle vicine al sole
sarebbero apparsecome se si fosseroscostate un poco dalsole ed anche fra loro.Sitrattadiunfattochenon può normalmenteessere osservato,poiché quelle stellesono rese invisibilidurante il giornodall’eccessivo
splendore del sole: nelcorso di un’eclissi ètuttavia possibilefotografarle. Se sifotografa la stessacostellazionedinotte,èpossibile misurare ledistanze sulle duefotografie,econtrollarecosìl’effettoprevisto”.9Il marxismo non può
essere per Popper unateoriascientificaancheperché poggia su duepresupposti falsi: lostoricismo e ladialettica. Per“storicismo” egliintende una “anticasuperstizione” per cuiesisterebbero forzeirresistibili che ci
spingono in avanti eche legittimano delleprofezie travestite daprevisioni scientifiche,degli ottativi travestitida indicativo futuro.Questo significadivinizzare la Storia,trasformarla intribunale del mondo,giustificare ogni
totalitarismo. Hegel eMarx, questi “falsiprofeti”, hannogenerato,rispettivamente, Hitlere Stalin, e sono stati ipiù accaniti fautori diuncollettivismotribale,chiuso; sono stati inemici della “societàaperta”, in cui esiste
critica, dibattito,possibilità di“falsificare”leposizionialtrui, di dissentireliberamente (i limitiideologici e anchefilologici di taleinterpretazione delpensiero di Hegel e diMarx non hannobisogno di essere
sottolineati).Lasocietàaperta o, più tardi, lademocrazia, non ècerto perfetta: èsemplicemente quelregime in cui il poterepolitico – sottoposto alpiù stretto controllo,onde evitare latirannide – provocadanni minori.
Strettamente connessaallo storicismo è ladialettica, in quanto lecontraddizioni vivengonoesaltatesinoadiventare il motoredella storia. Ma lascienza non puòrassegnarsi allecontraddizioni, deveeliminarle, edèquesta
lasolaforzachespingeinnanzi lo sviluppodialettico: “Ciò chepromuove lo svilupponon è una forzamisteriosa, interna aquestedue idee [tesi eantitesi], né unafantomatica tensionefra esse: è unicamentela nostra risoluta
decisione di nonammettere lecontraddizioni aindurci a ricercareattentamenteunnuovopunto di vista, che ciconsentadievitarle”.10Nelle più recenti
discussionisull’epistemologia letesi falsificazioniste
sono state precisate erettificate dallo stessoPopper e dai suoiseguaci Agassi eWatkins.Masonostatemesse in forse, perdiversi aspetti, daKuhn, Lakatos eFeyerabend. Kuhnritiene che Popperabbia scambiato
l’intero corso dellascienza con i suoi rarimomenti rivoluzionari.Nei periodi di “scienzanormale”, infatti,l’atteggiamento criticoefalsificazionistanonèaffatto diffuso. Solonellefasipotentementeinnovative, quandomutarepentinamenteil
paradigma di unateoria scientifica e levecchie impostazionivengono squalificate,solo allora la ricercaprocede secondomoduli assimilabili aquelli di Popper.Lakatos (uno studiosoungherese emigrato inInghilterra dopo il
1956, formatosi sullefilosofie di Hegel, diMarx, di Lenin e diLukács e diventato poiun popperianoeterodosso) poneinvece in evidenza –andando oltreun’intuizionediPopper– come il carattere discientificità o meno
non sia imputabile auna singola teoria, maa una successione diteorie, a un“programma diricerca”, che è pergiunta determinato nelsuo nucleo stesso daassunzioni pre-analitiche di tipometafisico, e di
conseguenza nonfalsificabili. PerFeyerabend, infine,sostenitore diun’epistemologia già“anarchica”econtrarioa ogniregolamentazionerigida, a ogni metododella ricercascientifica, la pratica
della scienza èimprevedibile, ricca diinventive, distratagemmi, nonlegataadalcun“codiced’onore”, astuta comeloèlastoriaperHegeleperLenin.Lascienzanon funzionasecondo icriteri polizieschi di“leggeeordine”,bensì
grazie alla sistematicaviolazione di tutte leregole stabilite e ditutte le regole e ditutte le teorie, persinodiquellechesembranoconfermate da risultatisperimentali benstabiliti.Vale ilcriteriodell’anything goes, del“tuttopuòandarbene”,
anche perché essopermette laproliferazione delleteorie, con laconseguenteliberazione di energieintellettuali eimmaginativealtrimenti destinate arimanere compresse oinerti. È interessante
osservare come neglistudi degli annisettanta, di fronte aiproblemi posti dalmutamentoconcettuale, dalsusseguirsidelle teoriescientifiche, cheavanzano perinclusione e insiemeper negazione delle
precedenti, la filosofiahegeliana e ladialettica, cosìdisprezzate dai neo-positivisti edaPopper,siano con Lakatos,Feyerabend e altritornate in auge qualemodellodastudiarepercomprendere il nessofra continuità e
discontinuità nellaformadell’Aufhebungo“superamento”. Da unlato si rifiuta laconcezionetradizionaleper cui la scienzaavrebbe un caratterecumulativo,continuistico,passerebbe diconquista in conquista,
dall’altro si tende arestringere ildiscontinuismo fortequale appare inBachelard o nel Kuhnde La struttura dellerivoluzioni scientifiche.Accanto allesuggestioni dialettichesi cercacontemporaneamente
(ad esempio attraversoi modelli formali diSneed e Stegmüller oattraverso laconcezione dellarazionalità “locale” e“reticolare” di LarryLaudan) di salvare ilconcetto di progressonel corso del pensieroscientifico e di offrire
un’immagine di comela scienza possacrescere su se stessanegando, di volta involta,iproprilimiti.Sul versante
americano – dopo undominio incontrastatodelle posizioni diCarnap, Neurath,Tarski e, più tardi, dei
teorici della filosofiadel linguaggioordinario – il congedodalla filosofia analiticaè lento. L’insidia piùradicale alla suaegemonia è giunta inquesti ultimi quindici-venti anni dalla“filosofia continentale”di Foucault, Derrida,
Gadamer o Habermas,penetrati inizialmenteattraverso idipartimenti difrancese o diletteratura comparatadella Costa Est e dellaCalifornia.Ipiùprecocisegni di ribellioneinterna al neo-positivismo possono
tuttavia farsi risalireall’inizio degli annicinquanta, allorchéWillard van OrmanQuine scrive nel 1951l’articolo Due dogmidell’empirismo. Inessoaffermal’insostenibilitàdella distinzione traenunciati analitici(tautologici, del tipo
“scapolo significa nonsposato”,chesibasanosul significato deitermini e valgonoindipendentemente daidatidell’esperienza)edenunciati sintetici(empirici, nondeducibili dal puroragionamento, madall’osservazione
contingente), traveritàdi ragione e verità difatto. I primi siavvitanosusestessi inun circolo vizioso diinestricabili rimandireciproci tra sinonimi,nella fattispecie“scapolo” e “nonsposato”; isecondinonpossono essere
interpretati attraversounrinviodirettoaipuridati percettivi. Nessunenunciato, infatti, èsuscettibile di essereconfermatosingolarmente, al difuori del suo contestoglobale, “olistico”.Cade così sia lapossibilità di ridurre
tutti gli enunciatisignificantiall’esperienzaimmediata, sia lanozionedi“significato”(in quanto concettorigidochesiriferisceaqualcosa di esterno, aun nudo fatto muto enon interpretato). Taleposizione apre la
strada all’idea cheesistano più“paradigmi”, in quantoogni osservazione ècarica di teoria, o più“versioni del mondo”,in quanto differentischemi concettualigenerano modi diversidicostruirelarealtà.Sichiede, ad esempio,
Norwood RussellHanson: “Keplero eTycho Brahe vedevanola medesima cosaquando osservavano ilsorgere del Sole?”,11ossia quando l’uno lovedeva fermo con laTerracheruotaattornoa esso e l’altro girareattorno al nostro
pianeta? E, poi, nelsenso di NelsonGoodman,senonesistepiù alcun vincolo tra inostri enunciati e larealtà percettiva nonsarà allora possibilealla scienza fabbricareuna pluralità dimondi,dotati di una lorointerna consistenza,
alla maniera in cui lifabbrical’arte?12Il pluralismo di
paradigmiodiversionidel mondo vieneconfutatosiadallogicoSaulKripke(checontroogni atteggiamento“kantiano”diunmondosconosciuto dainterpretare presenta
realisticamente l’ideadel battezzare le coseattraverso nomi odesignatori rigidi), sia,soprattutto, da DonaldDavidson, il qualemostracomenonabbiasensocontrapporreallarealtà molteplicischemi concettuali,incommensurabili e
rivali tra loro, cheorganizzerebberol’esperienza.Èinfattilanozione stessa di“schemaconcettuale”aessere impraticabile,tanto al singolare cheal plurale. Non si dàalcuna realtà bruta,preesistente alla retedegli schemi con cui
cercheremmo dicatturarla,enonesisteneppure un’alternativasecca tral’intraducibilitàcompleta dei nostrischemi(olinguaggicheli esprimono) e unaloro perfettaconvergenza, checonsentirebbel’accesso
a un unico mondocondiviso. Abolito ildualismo tra schema econtenuto, consideratocome “terzo dogmadell’empirismo” (cosìcome il suo collega diHarvard, HilaryPutnam, aboliscequello tra fatti evalori), Davidson
ammette unicamentetraduzioni di enunciatidaparagonaretraloro,per trovare così ilsenso di ciò di cui siparla in relazione aeventi extra-linguistici,comuni al “consorzio”umano. Se affermiamola diversità deglischemi concettuali,
dovremmo peròdimostrare la lorointraducibilità. Eppure,anche volendo, nonsiamo affatto capaci difarlo,néperilinguaggiparzialmenteintraducibili, né perquelli completamenteintraducibili. Malgradoil “principio di carità”,
checiinvitaasceglierel’interpretazione piùcoerente e sensatadelle asserzioni altruimanifestate in unalingua sconosciuta, diessepotremmosempredare ulterioriinterpretazioni, senzariuscire tuttavia afissarne il preciso
significato. Nel casoinoltre di assolutaincomprensibilità,diventa legittimopersino il dubbio seesse costituiscano unlinguaggio, secorrispondano a uncomportamentolinguistico, nel sensoche vi sono “dietro” di
esse stati mentali disoggetti intenzionati acomunicare. In effetti,“tantol’accordoquantoil disaccordo risultanointellegibili solo controlosfondodiunaccordoconsolidato ediffuso”.13
1 Th.W. Adorno,Esperienze scientifichein America, in Parolechiave. Modelli critici(1969), SugarCo,Milano1974,p.175.2Id.,Minimamoralia
(1951),Einaudi,Torino1954,p.64.3 W. James,
Pragmatism. A New
Name for Some OldWays of Thinking,Longmans, Green andCo.,NewYork-London-Toronto1949,p.128.4 W. James, Principi
di psicologia (1890),Fratelli Bocca, Roma-Milano-Napoli 19093,cap. xxi, in particolarepp.199,187,243.
5 J. Dewey, Logica,teoria dell’indagine,Einaudi, Torino 1949,pp.137,141.6K.R.Popper,Logica
della scopertascientifica (1934),Prefazione alla primaedizione inglese(1959),Einaudi,Torino1995,p.XL.
7Ivi,p.311.8 K.R. Popper,
Congetture econfutazioni, inCongetture econfutazioni, ilMulino,Bologna1972,p.64.9Ivi,pp.65-66.10 K.R. Popper, Che
cos’è la dialettica?, inCongetture e
confutazioni, cit., p.539.11 N.R. Hanson, I
modelli della scopertascientifica (1958),Feltrinelli, Milano1978,p.14.12 Cfr. N. Goodman,
Vedere e costruire ilmondo(1978),Laterza,Roma-Bari1988.
13 D. Davidson,Interpretazioneradicale (1973), ora inVerità einterpretazione (1984),il Mulino, Bologna1994, p. 137. DiDavidsonsivedaancheAzioniedeventi(1980),il Mulino, Bologna1992.
VI.Ilpensierodialettico
1.Coscienzaetotalità
La filosofiahegeliana, con i suoi
connessi concetti didialettica e di totalità,aveva però già datomolto prima i suoifrutti con uno deimaestri di Lakatos,György Lukács,anch’egli costretto nel1919,dopoilfallimentodella Repubblica deiconsigli di Béla Kun, a
prendere la viadell’esilio: Vienna,Berlino e Mosca, doveha la possibilità percirca dodici anni diosservare da vicino ilregime staliniano. Lafigura di Hegel (che,chiuso un lungoperiodo di latenza, eratornataaproiettarsisu
diverse filosofie delNovecento, da Diltheyall’“esistenzialismo”,da Adorno a Lakatos,dovunque sicombattesse la“reificazione” sociale,burocratica,scientifica)trova in Lukács nonsolo uno dei suoi piùattenti interpreti ma
anche un teorico che,attraverso il suoaccostamento a Marx,la fa rientrare nel vivodel dibattito politicodegli ultimi decenni.Con il venir meno, nelprimo dopoguerra,delle speranzerivoluzionarienell’Europa
occidentale, ilmarxismo si divise indue tronconi, chesegnavano la diversaesperienza tra chi eraall’opposizione e chiera al potere – anchese essa non sipresentava più comedistinzione tra Chiesamilitante e Chiesa
trionfante –, oltre cherisalire a diversematrici storiche enazionali. Mentrenell’UnioneSovieticaladurezza della lottapolitica in corso e glisforzipercostruireunabase economica solidaal socialismo fannocadere l’accento sui
momenti di necessità,sul realismo,sull’oggettività, inOccidente, dove ilfascismo comincia inalcuni paesi agovernare e dove ilperiodo di transizionesi prefigura lungo, lariflessione marxistatendeadassumeretoni
più utopistici o“estremistici”, arecuperare unadimensione anti-economicista,progettuale, filosofica,che faccia leva sullapresadicoscienzadelledifficoltà e dei puntimorti da superare. Aquesto scopo è
dedicato Storia ecoscienzadiclasse,del1923.Lukács, che aveva
assorbitoingioventùleideedellostoricismodiDilthey, della filosofiadei valori, di Simmel edi Weber, presupponeancora nei saggi checostituiscono questo
volume la distinzionediltheyana tra scienzedella natura e scienzedello spirito, nonchél’analisi che dellareificazione e delcapitalismo avevanodato la Filosofia deldenaro diSimmelegliscritti di Weber(compresi quelli editi
postumi, di cui Lukácsconosceva in parte ilcontenuto, avendofrequentato aHeidelberg la casa diMax Weber). Ladialettica non può perlui applicarsi allanatura, che è retta daquelle leggi diuniformitàmetastorica,
di eternizzazione eisolamento dei dati, dicalcolabilità equantificabilità dellescienze naturali che ilcapitalismopretendediapplicare anche allesocietàumane (propriomentre le scienzecambiavano aspetto,Lukács continua ad
averne una visione piùarcaica di Dilthey).Capitalismo e scienzedella natura sonodunque solidali: vienepresa sul seriol’affermazione diWeber per cui “lascienzaèilsolopartitodella borghesia”. Maanche capitalismo e
reificazione sonosolidali: nel mondodelle merci, anchel’uomo tende a essereguardato e trattatocome una cosa, aessere ridotto a meraappendice dellaproduzione. Ciò checontrastavittoriosamente tale
reificazione el’ideologia che lagiustificaèladialetticacon la sua idea ditotalità,cheristabiliscei nessi viventi eprocessuali dellarealtà, immette lastoria nei “dati”, legateoria e pratica nellacomprensione e
trasformazione delmondo, connette ilsoggetto con l’oggetto,permette una visioneglobale in un’epoca divariazioni continue espesso impercettibilidell’assettodell’insieme in unoscacchiere mondiale.La conoscenza della
totalità nonautocontraddittoria èpossibile solo allacoscienza di classe delproletariato. Inprecedenza, nelle etàprecapitalistiche, ladivisioneincasteeceti(Stände) rendevainvisibile la totalitàsociale e, di
conseguenza,impossibile laprevisione, laprogettazione e ilcontrollo delladinamica storica. Conl’avvento dellaborghesia, con ilformarsi delle classimoderne el’autonomizzazione
della sfera economica,le visioni del mondo ela percezione deiconflitti di interessedivengono totali e “lacoscienza di classe èentratanellafaseincuipuò diventarecosciente”.1 Laborghesia (adifferenzadei contadini o della
sua frazione piùdisgregata, la piccolaborghesia) ha bensìuna visione dialetticadella realtà,ma essa ètragica econtraddittoria: sullacoscienza borghese,come sui personaggiche Lukács avevastudiato ne L’anima e
le forme e nellaStoriadello sviluppo deldramma moderno,“pesa una tragicamaledizione che lacostringe, non appenaè giunta al punto piùaltodelsuosviluppo,acadere in unainsolubilecontraddizione con se
stessa e, diconseguenza, adautosopprimersi.Questa situazionetragica della borghesiasi rispecchiastoricamente nel fattoche essa è ancoraimpegnata aschiacciare il propriopredecessore, il
feudalesimo, quandoapparegiàilsuonuovonemico, ilproletariato”.2 Laborghesia non puòsopportare la vistadella totalità, cheinclude quella dei suoistessi limitiedellasuafatale scomparsa; essaè quindi costretta a
staresulladifensivaeadisturbareasestessaeagli altri la percezioneglobale dei nessistorici. La classeoperaia, invece, chegode del vantaggio diconsiderarelasocietàapartire dal suo“centro”, dal motoredella produzione, non
solononhapauradellatotalità sociale, ma haanzitutto l’interesse aconoscerla, per poterguidare il processo ditransizioneeaboliresestessa in una societàsenzaclassi.Moltiannidopo, nella Prefazionealla traduzione italianadel 1967, Lukács
riconoscerà di avercommesso diversierrori in Storia ecoscienza di classe: diaver confusol’“oggettivazione”,ineliminabile in ogniattività umana, conl’“estraneazione”,cheèstoricamenterevocabile; di aver
fatto perdere al lavorola caratteristica cheMarx gli avevaattribuito in ognisocietà, di assicurarecioè il ricambioorganico della societàcon la natura, e diessere incorso, inparticolare, in “uneccesso (hegeliano)
contrapponendo allapriorità della sferaeconomicalacentralitàmetodologica dellatotalità”.3L’importanza di
Hegel,delladialetticaedella categoria ditotalità, non verrannoperò mai ripudiatenell’intera produzione
di Lukács. Anzi,soprattutto dopo cheStalin inaugura lapolitica dei frontipopolari, egli elaboraapertamente una lineastrategica di granderespiro che prevede,come corollariodell’alleanza traborghesia progressista
e proletariato, ilricongiungersi allagrande stagioneculturale dellaborghesia progressiva,primadelsuodefinitivovotarsiall’“irrazionalismo”. Inomi di Hegel, diGoethe e di Ricardocostituiscono i punti di
riferimento e l’ereditàpiù sana e dialetticadella tradizioneborghese: essirappresentano quelleindividualità plasticheche il proletariato sisforza di produrre inciascun uomo.L’irrazionalismo ha inseguito avvelenato la
filosofia, l’arte el’economia politicaborghese (sfugge aLukács, nella giustapolemica contro laculturachehacondottoal nazionalsocialismo ealla guerra, quantaconoscenza ci siaanche nella“decadenza”, quali
antidoti alla crisi simischino alle tossine:da qui la liquidazionesommaria di tantiautorinellaDistruzionedella ragione). QuesteideediLukácsavrannoin Italia un pesorilevante (tra gli annicinquanta e sessanta,nell’età della
“sprovincializzazione”),quandosiinnesterannosul preesistentestoricismo marxista esulla prospettivapolitica di un’alleanzatra classe operaia eceti medi democratici:contribuiranno alloraalla formazione di un“umanesimomarxista”,
non privo di elementiclassicheggianti, “atutto tondo”,armonicisticamentecomposti. Un’incidenzaminore, e non solo inItalia, avranno invecele ultime e piùmatureriflessioni del filosofoungherese, dallamonumentale Estetica
all’Ontologiadell’essere sociale,dove si affrontanoorganicamente iproblemi delrispecchiamento nellavita quotidiana (untema che saràtrasmesso all’allievaAgnésHeller),nell’arte–nellapeculiaritàdella
sua mimesi e dei suoimetodi di“segnalazione” –, edella conoscenzadiretta di un “essentein sé” stratificato indiversi livelli mediatidallavoroeresipernoiintellegibilidallastoria.
2.Ladialettica
negativa
A questa concezionedi una dialetticarobustamentecompositiva, armonicaanche attraverso lecontraddizioni piùlaceranti, eall’immagine di unatotalità raggiunta si
oppongono Adorno eBenjamin, che, inconnessioneall’impianto tragicodelle filosofie diKierkegaard e diRosenzweig e all’ideaneo-kantianadell’incommensurabilitàdellaparteconiltutto,della totalità come
semplice focusimmaginarius,rivalutano quella“logica delladisgregazione” che siesprime nell’arte e neiconcetti delleavanguardie delNovecento. Bisognaper Adorno vivere sinoin fondo le lacerazioni
di questo periodostorico, in cui, conl’avanzare dellasocializzazione, latotalità è diventatatotalitarismo, sistemain cui vige la leggedell’unità,dell’eliminazione deldiverso, del noncompatibile con il
dominio. Non si deveallora cercare – comefarebbe Lukács – una“conciliazione forzata”,trasfigurare la cattivarealtà del presente informe soloapparentementepacificate. Vannoinveceportateallalucedella coscienza le
mutilazioni, lescissionie la degradazione chelavitasubisceeche lagrande arte di unKafka, di un Trakl, diun Picasso o di unoSchönbergrappresentano. Laconciliazione si puòconcepire solo “almarginedellapazzia”,4
in ciò che oggi èschiacciato, oppresso,impotente, individuale,inutile,nonfungibileinun mondo rettodall’intercambiabilità,dal principio diequivalenza, diidentità. In tutto quelche è respinto albergala speranza che il
potere e la forza dellecose, il destino diquest’epoca, nonabbiano per sempre ilsopravvento. Soloattraverso questocumulo di dolore,proiettandoci verso untempo che non è ilnostro, potremointravedere la
scomparsa dellatotalità antagonistica,la redenzione dellaparticolarità, la pacecome “stato di unadifferenziazione senzapotere, nel quale ciòche è differenziatoreciprocamentepartecipa dell’altro”.5Unicamentealloraavrà
fine la marxiana“preistoria”dell’umanità. Ma perfar questo bisognasottrarsi allasuggestionedell’esistente,stravolgerlo nella suaovvietà, mettere inmoto la “fantasiaesatta” che recuperi
quanto sino a oggi èstato rimosso e tenutoai margini; sostituirealla lottadiclasse,chesi è interiorizzata, laresistenzaaldominiodipiccole minoranze;attivare,insostanza,laragionedialetticacheè“l’irragionevolezza difronte alla ragione
dominante”6 e che –dice Adorno inpolemica con Popper egli “scientisti” – non èné chiusaolisticamente, néestranea all’oggetto.Anzi, nella suanegatività, che nonaccogliepassivamenteidati sensoriali o le
tautologie come laverità stessa, essa èmolto più rispettosadella vita e dellecontraddizionidell’oggetto di quantonon lo siano leconcezioni neo-positivistiche oscientistiche,disprezzate dalla
dialettica, ma che, aloro volta, consideranola dialettica una seriedi futili svolazziretorici: “In un certosenso la logicadialettica è piùpositivistica delpositivismo, da leidisprezzato: essarispetta, come
pensiero, quel che sideve pensare,l’oggetto, anche doveesso non segue leregoledelpensiero.Lasua analisi tocca leregole del pensiero. Ilpensiero non ècostretto a contentarsidella proprianormatività;è ingrado
di pensare contro sestesso, senzarinunciare a se stesso.Se fosse possibile unadefinizione delladialettica si dovrebbeproporre questa”.7 Ilpensiero dialetticocerca di pensare la“storia congelata nellecose”, quel nocciolo
temporale del divenireche gli scientisti sinascondono e chefiltra, al di là di ogniideologia, nell’arte enel pensiero nonregolamentati,procedenti “perintermittenze”, tesiversoil“nonancora”.Tale congelamento
non è, appunto, undestino: “Come la fine,anche l’origine dellamusicavaoltreilregnodelle intenzioni, ed èimparentata al gesto,strettamente affine alpianto. Il gesto dellosciogliere: la tensionedella muscolaturafacciale cede, quella
tensione che, nelvolgere il viso versol’ambiente in vistadell’azione, lo isola altempo stesso daquesto. Musica epianto schiudono lelabbraelascianoliberol’uomo chetrattenevano... L’uomochesilasciadefluirein
piantoe inunamusicache non gli assomigliapiù in nulla, lasciacontemporaneamenterifluire in sé lacorrentediciòcheeglinon è e che avevaristagnato dietro losbarramento delmondo degli oggetticoncreti.Colsuopianto
e il suo canto eglipenetra nella realtàalienata”.8Per Adorno, la
musica,alparidell’artein genere e dellegrandi filosofie, faparlare ciò che ildominio e l’ideologianascondono sotto lacorazza dell’identità o
espungono comeirrilevante e nocivo.Per la necessitàdell’autoconservazionel’umanità ha infattidovuto, ai suoi inizi,resistere al richiamodel diverso e alcarattere panico eindistinto della natura.Al canto delle Sirene,
Odisseo reagisceordinando ai suoicompagniditapparsileorecchie con la cera ediremarealacremente,dopoessersilegato,lui,libero di udire,all’albero della nave.Questa è la “preistoriadel soggetto”, che sicostituisce attraverso
una separazionetraumaticadallanaturainterna ed esterna eattraverso lafondazione di un polocentralizzato dicontrollo insestessoenella società, ma cheavverte pur sempre lanostalgia per lo stadioiniziale, il desiderio di
ritornare a esso:“L’umanità ha dovutosottoporsi a untrattamentospaventoso, perchénascesse e siconsolidasse il Sé, ilcarattere identico,pratico, viriledell’uomo, e qualcosadi tutto ciò si ripete in
ogniinfanzia.Losforzodi tenere insieme l’ioappartieneall’iointuttii suoi stadi, e latentazione di perderloè sempre statacongiunta alla ciecadecisione diconservarlo [...].L’angosciadiperdereilSé, e di annullare, con
il Sé, il confine tra sestessi e il resto dellavita, la paura dellamorte e delladistinzione, èstrettamentecongiuntaad una promessa difelicitàdacui la civiltàè stata minacciata inogniistante”.9Più l’io è debole, più
tendeasottometterelanaturalità;eilpensieroe il primato logicodell’identità altro nonsono che il correlatodella subordinazioneche la totalità socialeesige da ciascunindividuo. La durezzadella lotta contro unanatura ostile e
strapotente harichiesto sino a oggil’attribuzionealgeneredi un potere dicoercizione e dicoesione che sacrificainevitabilmente lasingolarità. Lacompattezza dellatotalità sociale e ilrafforzamento
dell’identità personaleassicurano lasopravvivenza dellaspecieedegli individuiin un mondo ancoraconflittuale, al prezzoperò di una “vitadeteriorata” e dellarinuncia alla felicitàintegrale,chebalugina,come surrogato, nella
fantasia e nell’arte. Lapienezza della vitapossibile al di là deimeccanismi diperpetuazionesocialeedi dominio vieneconcessaapattochelasi dichiari ineffettuale,pura illusione senzapretesa di turbare laserietàdelreale.
Vièstatounperiodo,a partire dalRinascimento e pertutta l’epoca delcapitalismo diconcorrenza, in cuil’individuo si èparzialmente sottrattoal comando dellatotalità identica, omeglio:incuilatotalità
stessa del sociale,spezzato a suo favorel’equilibrio con lanatura, ha potutotollerare dentro di séun più accentuatoconflitto e legittimarlo.Al culmine di questastagione storicaabbiamo, sul terrenopratico, lo sviluppo
della “piccola aziendapsicologica”dell’individuo e loslancio delle forzeproduttive e, sulterreno teorico, ladialetticadiHegelediMarx e la grande artedell’Ottocento.Ma poi,con il sorgere delcapitalismo
monopolistico, dovutoall’accrescersi delletensioni economiche,politiche e sociali, latotalità si irrigidiscenuovamente, penalizzale deviazioni deldiverso, cerca dicancellare l’avviatoprocesso diindividuazione, nella
speranzadiconseguire,mediante l’abolizionedella spontaneità delcomportamento deisingoli, ilrafforzamento dellestrategie anti-crisi. La“piccola aziendapsicologica” fallisce eviene sostituita dal“grande magazzino”
della coscienzamanipolata10 e queglistessi valori cheavevano fornito ilpropellenteindispensabile aldecollo del capitalismodi concorrenza(individuazione,autodeterminazione,libertà di pensiero,
conflittualità) sono oracondannati come unlusso antiquato edannoso. Dal soggettoautocosciente,propugnatodall’idealismo classicotedesco, si ritorna cosìalla sostanza amorfa,alla comunitàconformistica
americana, allaGleichschaltung, ossiaal livellamento coattonazionalsocialista o alpartito dai mille occhidibrechtianamemoria.In ogni caso, con lecatene della paura ocon quelle dei bisogni,l’essere sociale vieneindissolubilmente
legato alla coscienza.La “struttura” penetrae pervade la“sovrastruttura”,facendocadere,daunaparte, l’apparenzaresidua di una zonaautonoma rispetto allasfera economica, maappiattendo,insieme,ilsingolo a mero
portatore deimeccanismi economici,così da inceppare inesso il motoresoggettivo delmutamento, che avevainiziato a operare abasso regime conl’individuazione. Unavolta lacerati gliinvolucri protettivi
dell’individuo –autonomia soggettiva,famiglia, amore,amicizia, solidarietà diclasse – questi vieneancora una volta atrovarsi a direttocontatto con laprimordiale totalità,chepiegailparticolareal “cattivo” universale.
La parabola del“rischiaramento”(Aufklärung) porta daunabarbarieaun’altra,dalla rozzezza naturalea quella pianificata. Enel clima della dottabarbarie del presentela rivoluzione èaggiornata a una datadaprecisare.
Solo piccoleminoranze possonocontrastarel’oppressione vigente,con una resistenzaquantitativamentedebole, ma certo benpiù che simbolica. Alconcetto di lotta diclasse Adornocontrappone quello di
resistenza al dominio;alla lotta collettiva eorganizzata, quellasingola o di ristrettigruppi; alla guerra dimovimento, perservirci dellaterminologiagramsciana, quella diposizione, in trinceesparse. La “realtà
bloccata” può esserelentamente fluidificatasolo dall’opera dipochi, dei reietti, deglieretici,deiperseguitatida questo ordine: “Ideboli, gli impotenti,chelastoriahagettatoin un canto eannientato secondo ilverdetto di Spengler,
personificanonegativamente, nellanegatività di taleciviltà, ciò chepermette sia purdebolmente dispezzarne l’imperio edimetterfineall’orroredella preistoria. Nellaloro protesta vi èl’unica speranza che
destino e potere nonabbiano l’ultimaparola”.11Il soggetto storico
dell’emancipazione, ilproletariato, sembraessere divenutoincapace, in quantotale, di opporsi allapotenza dell’esistente,compresso com’è tra
socialismo burocratico,enfatizzazione deiconsumi e terrorefascista. Del resto, ladegradazionedellavitasi manifesta in millemodie“malata”apparespesso anche “ognicosa che diviene”,perché il nuovo si fastrada a fatica tra
vincoli, sbarramenti,arretramenti e sentieriche non conducono danessuna parte. In unaimpietosa e insiemecommossafenomenologiadell’esistenzaquotidiana, sisquadernano dinanziagli occhi di Adorno
tutte le miserie e ivuoti mascherati damaggiore libertà eimmediatezza che lalogica “capitalistica”dell’identità (in quantoscambio di equivalentiin cui la sottrazione diplus-valore vienecancellata)promuoveefa penetrare sino alle
più intimemanifestazioni dellacoscienza individuale edel comportamentosociale: gli uominidisapprendono l’artedel dono, giacché “c’èqualcosa di assurdo edi incredibile nellaviolazionedelprincipiodi scambio; spesso
anche i bambinisquadrano diffidenti ildonatore, come se ilregalononfossecheuntruccopervenderelorospazzole e sapone”. Laricerca di unamaggiore comunionetraindividuipriviormaidi spontaneità e dilegami affettivi
profondi avvieneattraverso la falsavicinanza di un“cameratismoabasedispintoni”, ilquale“nonè che un altro segnodella crescenteimpossibilità dellaconvivenza umananelle attualicircostanze”.12
Contro la scomparsavirtuale el’ottundimentodell’esperienza, lafilosofia e l’artepossonocostituiredegliantidoti, la primamitridatizzando gliuomini nei confrontidella“strapotenzadellasuggestione” che
l’esistente emana, laseconda presentandosicome il “luogotenente”del soggetto collettivoautentico ma nonancora apparso.Filosofia e arte devonostravolgere l’apparenteovvietà e immutabilitàdel reale, indicaresoprattuttolesuelinee
di frattura latenti evisibili, il suo esseresolcato dacontraddizioni per ilmomentoincomponibili. Fin dagiovane Adorno haaffermato di averutilizzato un’idea perlui fondamentale,quella di una “logica
della disgregazione”,che egli ebbe modo divedere all’opera nonsolo nelle avanguardiemusicaliviennesi,nelletecnichedodecafoniche, maanche nelle filosofie“atonali” di unBenjaminodiunBlocho nella pittura di un
Picasso. La “dialetticanegativa”,cherinunciaalla conciliazioneattuale, è diconseguenza lostrumento perscardinare la presuntaimpenetrabilità eintrasformabilità delreale, per svelare –purtroppo ancora a
pochi–comeilgigantedel dominio abbia ipiedi d’argilla e la suadurata dipendadall’assensoinvolontario o estortodegli oppressi.Teoricamenteessaè la“coscienzaconseguente della nonidentità”, ma la
“speranza dellaconciliazioneaccompagnailpensieroinconciliabile”. Ladialettica negativadeve risarcire il non-identico per la suaeliminazione dallatotalità vigente, devefar leva su quantoancora resiste nella
periferia della realtà ocombatte contro diessa,sull’“aconcettualeindividuale eparticolare” peresprimere così la“storia congelata dellecose”, sciogliendol’identità, la totalità ela reificazione socialecon l’acido corrosivo
delle contraddizioni. Iresidui dell’attualesocietà sono il lievitodella società futura,non la sua completaconfigurazione. E lalotta per il suoconcreto albeggiare èfattiva,nonbanalmenteutopica, noninevitabilmente votata
allasconfitta.
1G.Lukács,Storiaecoscienza di classe,SugarCo,Milano 1967,p.77.2Ivi,p.80.3Ivi,p.XXI.
4 Th.W. Adorno,Filosofia della musicamoderna (1949),Einaudi, Torino 1959,p.130.5 Id., Epilegomeni
dialettici, in Parolechiave. Modelli critici,cit.,p.214.6 Id., Minima
moralia‚cit.,p.68.
7 Th.W. Adorno,Dialettica negativa(1966),Einaudi,Torino1970,p.126.8 Id., Filosofia della
musica moderna‚ cit.,pp.129-130.9 Th.W. Adorno,
Dialettica negativa‚cit.,p.165.10 Cfr. M.
Horkheimer, Th.W.Adorno, Dialetticadell’illuminismo(1947),Einaudi, Torino 1972,p.216.11 Th.W. Adorno,
Prismi. Saggi sullacritica della cultura(1955),Einaudi,Torino1972,p.63.12 Th.W. Adorno,
Minima moralia‚ cit.,pp.32,27.
VII.Ilmondoelosguardo
1.Husserl:lavisionedellacosa
Compiamo ora un
passo indietro neltempopervederecomei “filosofi puri” hannoaffrontato il rapportosoggetto-oggetto – losguardo e la cosa – etentato di fondarenuove certezze.RipartiamodaHusserl,in cui il superamentodello psicologismo, del
relativismo storicisticoe della opposizionesoggetto-oggetto èottenuto grazie a unacomplessa strategiaconoscitiva cheintroduce la coscienzacomune al saperescientifico, la guidaversopuntidivistapiùalti, strappandola, non
senza violenza, al suospontaneoatteggiamentonaturalistico per cui larealtàèsemplicementedavanti a noi e non sideve far altro cherifletterla. Ma “unarealtà assoluta valequanto un quadratorotondo. Realtà e
mondo sono per noititoli di determinateunità di ‘senso’,relative a determinatinessi significativi dellacoscienza pura, i qualiconferiscono appuntoquesto senso e non unaltro e ne mostrano lavalidità”.1 Questo nonsignifica cadere in un
idealismo di tipoberkeleyano odichiarare il mondoprodotto dellacoscienza. Vuol diresoltanto che lacoscienza è“intenzionalità”, èsempre coscienza diqualcosa, dimodochénonesistedaunlatola
coscienzaedall’altrolacosa, da una parte ilsoggetto e dall’altral’oggetto, ma sempreun legame bipolareinscindibile ecostitutivo. E noi nonabbiamo soltanto lapercezione sensibile didati individuali, maanche la percezione
direttadegliuniversali,la visione delle“essenze”, degli eide,che riceviamo nelpensare. Nell’atto delpensare siamo quindipassivi, nonpartecipiamo allacostruzione deiconcetti della logicapura,maneaccettiamo
ladatità.Adorno ha visto in
tale impostazione unaforma di terrorismo edi“assolutismologico”,per cui la veritàdiventa qualcosa disovrumano che siimpone alla coscienzaconunaevidenzaprivadi mediazioni, il
congelamento inessenze eterne delmovimentodellecoseedellastoria,cheriflettel’avvenuta abdicazionedella soggettivitàborgheseaunapotentetotalità socialeanonima. La visionedelle essenze el’epoché (ossia la
tematizzazionedell’indagineattraverso lamessatraparentesidell’atteggiamentonaturale) sono perAdorno la negazionedella dialettica e ilprevalere dellastaticità: “Pari alfotografo di vecchio
stampo, ilfenomenologo siammanta col pannonero della sua epoché,scongiuraglioggettidirestare immobili eimmutati e alla finerealizza passivamente,senza la spontaneitàdel soggettoconoscente, ritratti di
famiglia, come quellodella madre, ‘che posalo sguardo affettuososulla schiera dei suoipiccoli’ ”.2 Ma inHusserl c’è dell’altro:si tratta di vedere, dilasciarsi impregnaredal mondo,sospendendo ilgiudizio, dando
nuovamente voceall’oggetto,riscoprendo il senso el’ordinedellecose,cheil modificarsi continuodei sistemi diriferimento e diappoggio ha resoincerti e problematici.L’analisi eideticariproduceaunpiùalto
livello di intellegibilitàquell’ordine chel’epoché avevasospeso. Il metodofenomenologico sipresentacosìcomeunacontinua donazione disenso a un’esperienzamuta o che tende adiventar tale nellacoscienza comune.
Quest’ultimapuò,comeOrfeo, salire dagliInferi del “vissuto”versoilluminosoregnodelle essenze, delsapere, solo se ècapace di non voltarsiindietro, di nonripiombarenell’atteggiamentonaturale. In tal modo,
compiendo uno sforzoper disancorarsi dallaspontaneità delleabitudini, le risulteràevidentecheglioggettinon esistono pernatura, che sono unitàintenzionali, puntinodali della rete dicoordinate con cui ilmondo viene
strutturato. Ma comeorientarsi in esso?Come separarel’intenzioneconoscitiva(che non ha per lamaggior parte degliuomini una particolareeccellenza o costanza)dalle altre modalità diriferimento al mondo?E come ritrovare, al di
sotto dellestratificazioni culturalie storiche, il sostratomaterialedella “cosa”?Ilmondocircostantehadiverse valenze, anchepratiche: “Esso mi ècostantemente ‘allamano’, ed io stessosonounsuomembro.Emi è dinanzi non
soltanto come unmondodicose,ma,conla medesimaimmediatezza, anchecome un mondo divalori, mondo di beni,mondopratico.Davantia me trovo le cosefornite di caratteri divalore, come leproprietà fisiche, belle
e brutte, piacevoli espiacevoli, gradite esgraditeecc.Lecosesipresentanoimmediatamente comeoggetti d’uso, la‘tavola’ con i suoi‘libri’, il ‘bicchiere’, il‘vaso’, il ‘pianoforte’ecc. Anche questicaratteri assiologici e
pratici appartengonocostitutivamente aglioggetti come tali, cheio presti o non prestiattenzione ad essi eagli oggetti. E, comeper le mere cose, ciòvale naturalmenteanche per gli uomini egli animali che micircondano e riguardo
al loro caratteresociale. Essi sono miei‘amici’ o ‘nemici’, miei‘inferiori’ o ‘superiori’,‘estranei’ o ‘parenti’ecc.”3; “L’uomo,essendo un ‘corpovivo’,èanchesoggettodi bisogni, è immersoin un sistema didipendenze che lo fa
agire in vista delconseguimento di unoscopo, è circondato daoggetti utili che hannoil carattere di ‘merce’”.4Ma se io voglio
conoscere lacostituzione materialedella cosa (impresa acui Husserl si dedica
già nella Lezione sullacosa del 1907 e nelleIdeeII)devopenetrareal di sotto di questevalenze individuali esociali sino a cogliernelo strato di materialitàche la distingue dalpuro fantasma, cioèdalla“datitàprivadellostrato di apprensione
della materialità”.Prendiamo l’esempiodel colore, affrontato,oltre che nelle Idee II,anche in unmanoscritto in parteancora inedito del1910, Fantasma ecosa,5 e poniamoci lasemplice domanda disapere qual è il colore
di un oggetto. Intanto,ladistinzionetraformae coloredi una cosa sitrasformafenomenologicamentenella differenza tra“colore” e“colorazione”,ossia trail colore e la suaestensione. In secondoluogo, poiché il colore
si dà soltanto inpresenza di una fonteluminosa, il coloredipenderà dalla suailluminazione e sipresenterà, col suovariare, in“adombramenti”semprediversi.Manoiattribuiamoalcorpouncoloreoggettivo, le cui
modificazioni vengonoimputate a elementi didisturbo. Una cosaavrebbe così sempreuno stesso colore, sianelbuiodiunarmadioche inuna luce fiocaeinpienosole.Inrealtà,però, il coloreoggettivo attribuito aunacosaèunanorma,
è un pensato e non unvisto. Noi stabiliamodelle condizioniottimali e normali chedeterminano il coloredell’oggetto: “Cosìcerte condizionirisultano essere lecondizioni ‘normali’: lavisionenellecondizionicostituitedallalucedel
sole e da un cielochiaro, senzal’intervento di altricorpi capaci di influiresul coloredell’apparizione.L’‘optimum’ che vienecosìottenutovalecomeil colore stesso, adifferenza per esempiodel rosso di sera che
‘soffoca’ tutti i coloripropri del corpo. Tuttigli altri colori dellaqualità sono un‘aspetto di’,‘apparizioni di’ questoprivilegiato coloredell’apparizione”.6La“cosa”sipresenta
così come unitànormativa che rimane
uguale in tutte le suemodificazioni (chepossono sempreessereeliminate ripristinandolecondizioniottimali)eche, a differenza del“fantasma”, produceintreccicausali,agisce.Ilnonavercapito,da
parte delle scienzenaturali, il carattere
costitutivo delle cose,l’averle intesenaturalisticamente, haportato a unoscuramento del sensodella razionalitàeuropea. La crisi dellescienze europee (librocomposto tra il 1935 eil 1937,ma uscito solonel 1954) descrive
appunto questosmarrimento,laperditadello slancioteleologico. Inquest’epoca tragica, incui i totalitarismidilagano e larazionalità sembraservire solo a finidistruttivi o essersipostaadisposizionedel
potere,lascienzahalesue responsabilità, inquantohacontribuitoatrattare anche l’uomocome cosa. I filosofi,questi “funzionaridell’umanità”,7 devonocomprendere il perchédellacrisiecontribuirealla sua soluzione,indicando nel “mondo
dellavita”(Lebenswelt)il fondamentodimenticato dellescienze, l’origine delleloro domande. Ora lafilosofia non è piùconsiderata daHusserlcome una “scienzarigorosa”, ma comeoltrepassamentopratico del
naturalismo.8Nel 1917, quando
Husserl conia ilneologismoLebenswelt,essohagiàassunto il carattere disintomo. Rivela infattilaprofondafratturatral’atteggiamento teoricodi chi si rivolge al“mondo”, alla totalità
del reale, e di chiinvece si situa nel“mondo della vita”, alcentro cioè di un“orizzonte di cose chenon sono meri corpi,bensì oggetti divalore”. La primaattitudine espunge ilsoggetto,considerandolo con
distaccounoggettotragli altri; la secondaritesseincessantemente lafitta rete di rapporticonoscitivi e affettivientro cui il soggetto èdi fatto impigliato nelmondo. L’una si fondasulla categoria di“causa” e si sforza di
assegnare un sensopreciso ai singolifenomeni; l’altra siappoggia sul criteriodella “motivazione” einterroga i fattori cheinducono il soggettostesso “a pensare, avalutare, a desiderare,ad agire”. La condottadi quanti operano sul
pianodell’oggettivazione delmondo tende aracchiudere ogni enteed “essenza”nell’ambitodell’univocità;quelladicoloro che si sentonoinseriti nellaLebensweltmirainvecea conservare una
tollerante apertura neiconfrontidellapluralitàdi significatidell’esperienza, deidiversi livelli di realtà.I soggetti capaci dicomunicareinformalmente senzaporsi troppi problemima anche senzatrincerarsi nella
dimensionedell’ineffabile, gliuominichepatisconoeagiscono a direttocontatto con il loromutevole ambientesono in genere glistessi che – indeterminate culture ecircostanze–indossanoi “paraocchi abituali”
dello scientismonaturalistico, credendocosì di elevare il loropensiero al di sopradell’opacitàdell’esperienzairriflessa. Unadomanda appare inHusserl sin d’oraabbozzata:l’atteggiamento
teoretico oggettivanteè l’unico consentito alsapere della specieumana o si puòipotizzare un tipo diconoscenza altrettantoefficace, che non siariconducibile, da unlato, all’oggettivazionee, dall’altro, alletorbide intuizioni del
vitalismo o agliindistinti barlumisoggettividell’Erlebnis?9Chetaleardua impresa siadestinata anch’essa arimanereincompiutalodimostrano tanto illungo percorso checonduce Husserl allaCrisi delle scienze
europee (e oltre, sinoalle ultimeconversazionitrascrittedallasorella),quanto ilprivilegio accordato altermine stesso diLebenswelt. Prima diricevere pieni diritti dicittadinanzalinguistica, il vocabolodovevaapparireamolti
un ibrido mostruoso,un “centauroconcettuale”, compostodaWelt,chealludeallatotalità compatta,durevole, corposa del“mondo” e da Leben,che rinvia allamultiforme, fragile,caduca finitezza della“vita”.
Rinunciandoprovvisoriamente aivantaggi garantitidall’ordinato universodelle scienze, Husserlrischia di cadere o nelrelativismo o nellenebulose filosofiedell’intuizione, inquelle forme dipensiero che ha cioè
sempre aborrito. Inesse ogni culturaumana – secondo ledottrine di Spengler odi Toynbee –, isolatadalle altre, accampa lemedesime pretese dilegittimazione.Qualsiasi canone permisurare il grado diattendibilità di
pregiudizi, opinioni evalori o per discutereidee, costumi, statid’animo risultapertanto infondato. Seil coinvolgimento dellafilosofia nel mondodella vita superassedunque – nella Crisidellescienzeeuropee–un determinato livello,
tuttociòchecostituisceil latodicontingenzaedi arbitrarietà delvissuto riacquisterebbequella forza e quelprestigiochelascienzamoderna è riuscita astrappargli dopo durelotte. In questo caso,l’universalità della“coscienza
trascendentale” –l’irriducibilità dellacoscienza a oggetto,che accomuna tutti gliuomini – verrebbedistrutta a beneficiodella molteplicitàempirica di soggettipsicologici irrelati e diciviltà che siproclamano
sovranamenteincommensurabili. Ildiscorso e lacomunicazionesarebbero consentitisolo grazie al fatto dicondivideredeterminati vissuti especifiche tradizioni,spontanee o indotte.Diventerebbero una
mera questione diappartenenza e diomogeneitàculturaleaidifferenti gruppiumani. Lo strumentodella “riduzionefenomenologica”permette comunque aHusserl una viad’uscita da questedifficoltà.Glilasciauna
ragionevole speranza,chesimanifestainunaparafrasi del dettoevangelico “chi perdela propria vita, lasalverà”.Laperditadelmondodellavita–ossiala sua messa traparentesi attraversol’epoché – diventa ineffetti la premessa
della sua riconquista.Graziealpatrimoniodiuniversalitàaccumulato dal“soggettotrascendentale” cherifletteradicalmentesuse stesso ed esibiscecosìleformeeleviedidonazione del senso,anche il mondo della
vita è riscattato eilluminato.Sospendendoprovvisoriamente ilgiudizio si rendeproblematica l’ovvietà.Si inibisconosimultaneamente tantola prevaricazionesoggettivistica, chetende a proiettare
abitudinariamente efantasmaticamentesulla “cosa” schemipercettivi, pensiericonsolidati e interessiprovenienti dal mondodella vita, quanto latentazioneoggettivistica che (alfine di conservarle lostrato di apprensione
della materialità) lesottrae poi lacomplessità delledimensioni e la varietàdegli approcci perprivilegiare comenormativo un soloatteggiamento esqualificare diconseguenza tutti glialtri. L’epoché
consente di ascoltarenuovamente l’intrecciodivocichevengonodalpolo della cosa e daquello del soggetto, dirinegoziare il senso aldi fuori dell’obbligodell’ovvietà.
2.Schütz:migrazionidisenso
Nel sociologo efilosofo austriacoAlfred Schützl’indistinto e unitariomondo della vitahusserliano (rimasto,peraltro, in Husserlsostanzialmenteinesplorato nella suaconcretacartografia)siarticola e si specifica.
Non assume l’aspettodi “sub-universi direaltà”, come inWilliam James, ma di“province finite disignificato”, ciascunadotata di una suaautonomia. Ognuna èun universo simbolico,virtualmenteautosufficiente,entroil
quale si resta, sino aquando un trauma, unpassaggio brusco ediscontinuo, un “saltokierkegaardiano”, noninduca a varcarne iconfini: “Vi sono tantiinnumerevoli generi diesperienzetraumatichequante sono le diverseprovince finite di
significatosullequaliioposso porre l’accentodella realtà. Eccoalcuni esempi: iltrauma diaddormentarsi comesalto nel mondo deisogni; latrasformazioneinteriore cui noi siamosottoposti quando si
alza il sipario cometransizione nel mondodel palcoscenico; ilmutamentoradicaledelnostro atteggiamentose, dinanzi a unquadro, facciamo inmodo che il nostrocampovisivosi limitiaciò che è dentro lacornice, come
passaggio nel mondopittorico; il nostroimbarazzo, che sirilassa nel ridere, se,nel dare ascolto a unastoriascherzosa,siamoper un momentodisposti ad accettare ilsuo mondo fittiziocome una realtà inrelazione a cui il
mondodellanostravitaquotidiana assume uncarattere di assurdità;il volgersi del bambinoverso il suo giocattolocome passaggio almondodelgiocoecosìvia”.10All’internodi ciascun
mondo tutte leesperienze sono di per
se stesse coerenti ecompatibili fra loro.L’epoché segna ilconfine fra le diverseprovince: noiemigriamocontinuamente erientriamo da questialtri mondi. Dividiamol’esperienza secondozone di significato, per
cuiidiversimondisonocostituiti daagglomeratidisenso,enondaunamolteplicitàdi elementi eterogeneiraggruppati a caso lacuisintesispettaall’io.La società stessa –come mostrano gliarticoli di saporesimmeliano Lo
straniero: saggio dipsicologia sociale e Ilreduce – è infatti giàvirtualmente inpossessodegli“stampi”di riproduzione deimondi psicologici eistituzionali deputati afiltrare gli eventi. Ciòavvienesecondoregoleche catturano la
ricchezza di significatispalancata dallamoltiplicazione dellesfere di realtà. Solo ilmondo vitale delquotidiano (cheHusserl peraltro nondistingueva dal mondodella vita) riesce aesercitare un dominiosulle altre province di
senso, proclamando lasua“supremarealtà”oparamount reality. Lascienza è per Schützuna delle tanteprovince di significato,che non ha unasuperiorità assolutasullealtre,maacuisièrichiamati dal variaredegli interessi, dei
“criteridirilevanza”. Ilpassaggio dai varimondi vitali alladimensione dellascienza non è unpassaggio dal noto alconosciuto, dal sensoalla verità, bensìun’apertura da ciò cheè più omeno familiarea ciò che non lo è,ma
chepuòdiventarlo:“Lafamiliarità[...]indicalapossibilità di riferirenuove esperienze, perquel che riguarda laloro tipicità, al miofondo abituale diconoscenza giàacquisita. [...] Ogniesperienza che èentrata a far parte del
nostro possessoabituale (e perciò ci èfamiliare) porta secol’anticipazione che, inlinea di principio,riconosceremo certefutureesperienzecomeriferentesi aimedesimioggettiprecedentementeesperiti, o almeno ad
oggetti che sonoidentici o tipicamentesimili”.11L’“accento della
realtà” si sposta e siritira da una provinciafinita di significatoall’altra.Ogniprovinciafinita di significato haora la sua specificatensione della
coscienza, la suaspecificaepoché,lasuaspecifica modalità dipercepire il Sé, la suaspecifica socialità e lasua specificatemporalità chestabilisce lasuccessione o lasimultaneità deifenomeni. La recente
ripresa di talitematiche conduce aunasdrammatizzazionedel transito attraversole varie “province disignificato”. Così inPeterBerger,sociologotedesco trapiantatonegliStatiUniti,nonvièpiùbisognoditraumiper passare da un
mondovitaleaunaltro.Inunasocietàmodernae urbanizzata, noisiamo già, da subito,all’interno della loromolteplicità e nell’areadelle loro intersezioni,inquantoimondivitalinon appaiono cosìseparati e compatticome accadeva nelle
società tradizionali.Sono semmai diventatitra loro estranei oindifferenti. La nostraattuale esistenza,specie nelle metropoli,ci introduceincessantemente eormai quasiimpercettibilmente inpiùmondi,lecuisoglie
oltrepassiamocontinuamente e checontinuamenteintersechiamo (più cheunarotta,sidirebbeunsistema di scambiferroviari). Non esistepiù alcun mondoautentico, nonmanipolato, dacontrapporre al mondo
non autentico: lacoscienza è costituitada un assemblaggio di“pacchetti” (packages)di consapevolezza pre-confezionati, fornitidaimondi vitali diappartenza, che nonabbiamo il tempo, lavogliao la competenzaperaprireecontrollare
criticamente, essendogiàun’impresa faticosaimparare saperiformalizzati, praticheeprofessioni.12 Essivengonotenuti insiemesino a quando ledissonanze cognitive omorali non diventanotroppo stridenti,impedendo un
fruttuoso “accesso allarealtà”.Si scoprono nelle
società occidentali ivantaggi e glisvantaggi dellamodernità: da un latola coscienzacomponenziale,dall’altro la coscienzaaperta, che non si
sente più legata allasua collocazione nellaparamount reality delmondo quotidiano.Possiamo pensarcicome forniti dibiografie differenti,immaginare comepotremmo essere odiventare,distanziandoci
dall’identitàodalruoloattualmente ricoperti escoprendo o attivandomolti io potenzialiattraverso un piùaccentuatodispiegamento delle ifattitudes(dell’immaginare i“se...”). È necessarioun Io componenziale,
smontabile, chepermettasimmetricamente latransizione “morbida”da un mondo vitaleall’altro, evitando lecrisididisadattamento.Dobbiamo trovarci “acasa” in più mondipossibili, il cheequivaleadirechenon
dobbiamo avere unacasa, che siamohomeless. Da talepunto di vista, lamoltiplicazione dellesfere di realtà sembraspostare i problemiinvece di risolverli.Frantumata in unapluralitàdimondivitalicoesistenti e
compossibili,l’husserlianaLebenswelt conducealla fine a mondidivergenti eincongruenti,“ingovernabili”. Lacasa diventa però unedificio a più stanze ela “provinciadell’uomo” si estende
sino a trasformarsi inun mappamondocolorato che inglobatuttiiterritoriseparati.InBergerimondivitali– diversamentedall’accento posto daHusserl e da Schützsulla loro relativastabilità – subiscono ineffetti incessanti
trasformazioni,molecolari ocatastrofiche, cheritraducono eriqualificano i lorocontenuti e le loroforme. Siamo, diconseguenza,circondati non solo dainnovazioni eibridazioni, ma anche
da simboli morti,soggetti adepotenziamento e adeclassamento, chesopravvivonoincapsulatinellepieghedei nostri mondi vitali.Questi risultano,a lorovolta, percorsi dacontinui flussi diinvestimento e
disinvestimento disenso, da atti disignificazione e da fasidi oblio, attraversati opunteggiati da spazi oenti contigui ma noncomunicanti. Sottoquesto profilo,l’esperienzasipresentaanchecomeunviaggioentro i diversi mondi
della vita delquotidianoedell’extra-quotidiano, unamigrazione tra sfere disenso talvoltadissonanti cheinducono l’individuo acomporredasé,conunmargine sempre piùampio didiscrezionalità, il
proprio “piano di vita”come integrazionecontinuadisegmentidimondi vitali ecostruzione di unaidentità mobile,disincantata o tragica.Al pari dell’eroeomericoodelmodernoprotagonistadell’Ulysses di Joyce,
esperire significaacquistare lacompetenza necessariaa distinguere, apenetrareeacapiregliinnumerevoli mondidella vita (presenti evicini, scomparsi elontani, “reali” o“immaginari”) chevengono percorsi
rispettivamenteindiecianni di peregrinazioniper mari e terresconosciute o nell’arcodi ventiquattro ore,negli anfratti o neiluoghi aperti dellapropria città.Analogamente aipersonaggi di Beckett,in cui “il soggetto
muore prima di averraggiunto il verbo”,13nel duplice senso cherimane sempreincompiuto (in quantonon raggiunge mai ilverbo per eccellenza,l’essere, o l’azione) eche non riesce mai acompletare una frasesensata, a dire
qualcosa che valga lapena di esser detto: sirischiadimorire senzamemoria e senzacoscienza,inunmondodella vita in cuil’assurdo e l’ovvioscambiano i loro ruoli,in cui si aggiranouominiridottialarve,a“non-io”,Not-Me, felici
soltanto nell’oblioinebetito e nellanegazionedelmondoedeisuoirapporti(comein Murphy o neL’Ultimo nastro diKrapp).La teoria dei mondi
vitali poneindirettamenteproblemi filosofici di
importanzadecisiva.Sesi nega infattil’esistenza di un’unicarealtà e si sostieneinvece che ne esistonomolte, ciascuna dellequali occupa unadiversa e specificaprovincia di senso, siincrinano ipotesi esoluzioni che a lungo
hanno legittimato i piùdiffusimodidipensaree le più svariatepratiche politiche ereligiose. Quando ilmondo cessa dirappresentare un tuttocoerente, che siarticola secondo unordinemirabile, dotatodi intrinsecabellezzae
razionalità (quandoperde cioè gli attributiche lo costituivanoquale kosmos omundus), anche leopposizioni canonichedi natura e artificio,verità comeadeguamento astruttureoggettivamente
vincolanti e veritàcome costruzione dellamente, finiscono perperdere la propriaragion d’essere.L’alternativa non èinoltrepiùquellaseccatra pluralità dei mondie mondo al singolare,traviteparalleleevitaunica, tra identità
assoluta e “uno,nessuno e centomila”,tra realismo e utopia.Tutto diventaincomparabile,incommensurabile.Senza un’unica realtàda rispettare,rispecchiare etrascendere, il solomovimento possibile
risulta il passaggio“orizzontale” da unmondo vitale all’altro.Questo transito rendesuperflua la fatica dichi intende dimostrareche il mondo nel suocomplesso procedeverso una determinatadirezione,squalificando
indirettamente ogniricerca di autenticità epersino la risposta –con il vocabolario diSimone Weil – aldéracinement, allo“sradicamento”,mediante un nuovoenracinement o“radicamento”. Laricerca delle radici si
presenta come unrimedio patetico alladilagante impressionedi perdita di unarticolato e perspicuomondo della vita, dellapropriadimora,perditaavvertita – di volta involta –nichilisticamente comeluttuosaoserenamente
comeinevitabile.Tanto Husserl
quanto, in maggiormisura, Schütz nonprocedono nelladirezione di un“reincantamento” delmondo, di un saltonellostraordinarioodiuna creazione dinicchie protette come
quelle descritte dallapiù attenta sociologiacontemporanea,allorché individua, adesempio, nello spazioconcavo e protettivodei bar della grandemetropoli un vero eproprio microcosmo,unpiccolomondodellavita,inquantoluogodi
distensione e diconflitto, di attivitàlecita e illecita,surrogatodellacasaedevasione da essa.All’interno di questo“sub-universo”direaltàvalgonoregoleecriteridirilevanzachealtrovesarebbero impensabili:si parla più facilmente
con degli sconosciuti,ci si lascia trasportaredalla casualità degliincontri, si abbordanodonne e uomini, siraccontano storieincontrollabili sullapropria esistenza,leggende comeproiezione didesiderio.14 Ma
Husserl o Schütz nonmostrano neppureatteggiamenti didisprezzo, dicommiserazione o disufficienza per laquotidianità, comeaccade invecenell’analisi cheHeidegger compie del“si” (Man),
dell’adeguarsi cioè,nella “chiacchiera”,dell’individuoall’impersonalepensare e agire di“tuttienessuno”(comenelle locuzioni “si dicecosì...”, “si fa così...”).Essi non temonol’“americanizzazionedelmondo”, il dominio
della società di massa,sebbene – percontrasto – non sianoperò in grado diavvertire l’ambigua edisperata protestadell’individualità, del“se-stesso” autenticoche non si rassegna alsuo tramonto nellasfera dell’anonimato.
Non contrappongonol’“autenticità”dell’extra-quotidianoalla banalitàdell’esistenza di tutti igiorni, né cercano dinobilitare ericonsacrare la vitaattraverso unaimmersione nellatonalità affettiva
dell’“angoscia” o della“chiamata” (voceinarticolata dellacoscienza che, nelsilenzio, intima lasceltadeldefinitivo).Inessa la coscienzarisveglia il “se-stesso”del singolo dalla suaperdita nel si: “Lachiamata non è mai
progettata népreparata névolutamente effettuatada noi stessi.‘Qualcuno’ chiamacontro la nostra attesae contro la nostravolontà. D’altra partela chiamata nonproviene certamentedaun altro che sia nel
mondo insieme a noi.La chiamata viene dame e tuttavia da sopradi me”. Questa voceinarticolata nonappartiene a un altroessere che ne sia il“possessore”. È ilDasein, o “Esserci”, larealtà dell’uomo, chechiama se stesso in
maniera inarticolata,senza parole,attraverso la tonalitàemotivadell’angosciaeche si ritrova soltantonella prospettiva delladistruzione finaledell’individualità: “ilChi del chiamante nonè determinabile checome nulla. Esso è
infatti l’Essercinelsuospaesamento, cioèl’originario e gettatoessere-nel-mondocomenon-sentirsi-a-casa-propria, il nudo ‘che’nelnulladelmondo”.15L’oggetto del miodesiderio– ilnonvoleressere,pirandellianamente,
“nessuno”, ma “uno” eautentico – può essereconseguito non nelricollegarmi al filo delpassato, manell’ekstasisdell’“essere-per-la-morte”, dellaproiezione verso unfuturo che annienteràinesorabilmente il mio
io. Ossia: proprio ciòche cerco lo trovo inquanto – pur nellapermanenzadell’Essere e nelvariare degli enti,persone e cose – èdestinatoasprofondarenell’abissodelnulla.
3.Heidegger:il
disvelamentodell’Essere
In Heidegger, e inparticolare nel“secondo Heidegger”,la conoscenza dellacosa non si presentapiù come visione ogiustezza della visione,quale era apparsa alla
“metafisicaoccidentale” sin daPlatone, la cui teoriaprelude al più tardotrasformarsidelmondoin immagine edell’uomo in soggettocostituente eproducente. Nelperiodoaureodellavitagreca, che si riscopre
nel pensiero deipresocratici, quandoancora la metafisicanonènata,“èpiuttostol’uomo ad essereguardato dall’ente cioèdall’autoaprentesiall’esser-presente inessoraccolto.Guardatodall’ente, sorretto daesso,coinvoltoneisuoi
contrasti e segnato dalsuo dissidio: eccol’essenzadell’uomonelperiodo dellagrandezza greca [...].L’uomogrecoè [ist] inquanto percepiscel’ente; di conseguenzainGrecia ilmondononpuòdivenireimmagine.Per contro il fatto che
in Platone l’entitàdell’ente si definiscacome eidos (aspetto,veduta), è ilpresupposto storicoremoto, operante unalunga e nascostamediazione, perché ilmondo divengaimmagine”.16La metafisica è in
realtà una fisica, unerrare fra gli enti,dimenticandol’essereela verità, che non èesattezza delrappresentare, calcoloe dominio degli enti,come nell’era dellatecnica, madisvelamento (a-letheia), e aprirsi
dell’essereattraversoillinguaggio a quell’entediverso che puòcomprenderel’essereeche è l’uomo. Illinguaggio è la “casadell’essere”,17 il luogodovel’esseresirivelaachi gli si abbandona everso cui da sempre“siamo in cammino”, il
rapporto di tutti irapportichenonèsolocomunicazione: “Illinguaggio è il recinto(templum),cioèlacasadell’essere. L’essenzadel linguaggio non siesaurisce nelsignificare, né èqualcosa di connessoesclusivamente a segni
e a cifre. Essendo illinguaggio la casadell’essere, possiamoaccedere all’ente solopassandocostantemente perquesta casa. Seandiamo alla fontana,se attraversiamo unbosco, attraversiamogià sempre la parola
“fontana”, la parola“bosco”, anche se nonpronunciamo questeparole e non ciriferiamo a nulla dilinguistico [...]. Se maiin qualche luogo, èunicamente in questaregione che potràavvenire quelrivolgimento del
dominiodeglioggettiedella lororappresentazione nelpiù interiore delcuore”.18Dal predominio del
vederedellametafisicaclassica si passa, nelpensiero“ultrametafisico”, checomincia ad aprirsi
faticosamente unsentiero e di cuiHeidegger si fa ilbanditore, alpredominio del sentireedelparlare(sicompiea ritroso, si direbbe,quel passaggio dallaprevalenza del sensodell’uditoaquellodellavistachemolti studiosi
hannoesaminatoperlafase di transizione inGrecia dalla culturaorale alla civiltà dellascrittura). Il trapassodalla metafisica,dall’obliodell’essere,alpensiero successivo –che avviene spezzandoi nessi sintattici dellinguaggio, rendendolo
più sensibile alla vocedell’essere, frugandonelle sue pieghe erivelandone lestratificazioni – non èbreve. Il riappropriarsinel linguaggio delsenso dell’essere, deisignificati, dureràquanto la metafisicastessa (un tempo assai
lungo, visto che lametafisica coprel’epoca fra Platone eNietzsche)esaràoperadell’essere: “Lametafisicanonsilasciametter da parte comeuna opinione. Non sipuò lasciarsela allespalle come unadottrina a cui non si
crede e che non sisostiene più. Il fattoche l’uomo si trovi,come animal rationale– e cioè, ora, comel’essere vivente chelavora – a errareattraverso i desertidella devastazionedella terra potrebbeessereunsegnoche la
metafisica accade apartire dall’esserestesso, e chel’oltrepassamento dellametafisicaaccadecomeaccettazione-approfondimento(Verwindung)dell’essere [...]. Se ècosì non possiamoimmaginarci di esser
fuori dalla metafisicasolo sulla base di unpresentimento del suotrapasso.Lametafisicaoltrepassata nonscompare. Essa ritornasotto forma diversa emantiene il suodominio comepermanentedistinzionedell’essere rispetto
all’essente. Tramontodella verità dell’esseresignifica: l’evidenza(Offenbarkeit)dell’essente e solodell’essente perdel’esclusività con cuifinora si imponevacomecriteriobase”.19In questa seconda
fase della filosofia
heideggeriana,successivaalla“svolta”diHölderlinel’essenzadella poesia, l’esserediventa il centro dellesue meditazioni,mentre l’“esserci”,l’uomo, è solo il suo“pastore” (è da taliposizioni che sisvilupperà in Francia
nel secondodopoguerra, inconsonanza con temistrutturalistici, l’anti-umanismo di Lacan,Althusser e Foucault).Le analisi di Essere etempo sull’angoscia, ladeiezione, l’esistenzainautentica e quellaautentica, la
quotidianità e ilconformismo vissuticome rifugio cheottunde dinanzi allascelta significantedell’essere-per-la-morte, la finitezza e latemporalitàdell’esserci(che influiranno invecein manieradeterminante su
Sartre,Binswangerelevarie correnti“esistenzialistiche”):tutto ciò sembracompletamentedimenticato o agiredebolmente. Vieneinvece ulteriormenteapprofondito unproblema toccato inEssere e tempo, quello
della manipolazionedelle cose, dellatecnica e dell’essenzadelle scienze dellanatura. La tecnicamoderna, che sorgeappunto nell’“epocadell’immagine delmondo”,nonèsoltantoun semplice saperestrumentale, ma un
modoincuilaveritàsidisvela, una forma dimanifestazionedell’essere in cui lerisorse e le energienaturali vengonopiegate all’utilitàumana: “Ildisvelamento che vigenella tecnica modernaè una provocazione
(Herausforderung) laquale pretende dallanatura che essafornisca energia chepossacometaleessereestratta(herausgefördert) eaccumulata.Maquestonon vale anche perl’antico mulino avento? No. Le sue ali
girano sì spinte dalvento, e rimangonodipendenti dal suosoffio. Ma il mulino avento non ci mette adisposizione le energiedelle correnti aereeperché leaccumuliamo”.20Il fine è la massima
utilizzazione al minimo
costo delle energiedellanaturamessealloscoperto, trasformate,immagazzinate,ripartite, commutate(tutti modi deldisvelamento). Lanatura stessa èfinalizzata a unprogetto umano e inesso inserita: “La
centrale idroelettricanon è costruita nelReno come l’anticoponte di legno che dasecoli unisce una rivaall’altra.Quièilfiume,invece, che èincorporato nellacostruzione dellacentrale”.21 Nelsussumere la natura
entro le finalità umanesi forma una grandecorrente diinterdipendenze checoinvolge uomini ecose: “La guardiaforestalechenelboscomisuraillegnamedeglialberi abbattuti e cheapparentemente seguenello stesso modo di
suo nonno gli stessisentieri è oggiimpiegatadall’industria dellegname, che lo sappiao no. Egli è impiegatoal fine di assicurarel’impiegabilità dellacellulosa, la quale asua volta è provocatadalladomandadicarta
destinata ai giornali ealle riviste illustrate.Questi, a loro volta,spingono (stellen) ilpubblico ad assorbirele cose stampate, inmodo da divenire‘impiegabile’ per lacostruzione della‘pubblica opinione’costruita su
commissione(bestellte)”.22Ma la tecnica
moderna, in quantodisvelamento dellaverità, non è tuttaviaun operaremeramenteumano. È l’essere chemanifesta all’uomo lanatura come “insiemediforzecalcolabili”.
L’essere si rivelaperò anche in altreforme e il pericoloconsiste nellospacciare la tecnicacome l’unico modo deldisvelamentoenelnonintendere la suaessenza, che non hanulla di tecnico. Ilvolere, espresso nella
tecnica e nelle suenecessarieconseguenze (lo “Statototalitario”, laseparazione dell’uomoin quanto soggetto edel mondo in quantooggetto, la formazionediunmercatomondialeche“tienmercatonellastessa essenza
dell’essere”), disponeintegralmente dellanatura e dell’uomo:“Per questo volere,tutto divieneforzatamente – sindall’inizio e quindi inseguito – materialedella produzioneautoimponentesi. LaTerra e la sua
atmosfera divengonomaterie prime. L’uomostesso divienemateriale umano,impiegato secondoscopi prestabiliti.L’organizzazioneincondizionatadell’imposizioneintegrale dellaproduzione progettata
dituttosecondoivoleridell’uomo è unprocessochescaturiscedall’essenza ancoranascosta dellatecnica”.23Nonc’èinHeidegger
solo la nostalgia per ilmondocontadinooperi suoi boschi dellaSelva Nera, il
rimpianto per quelle“cose, un tempocresciute nella calma”e che oggi scompaionorapidamente sostituite,per una sorta di leggedi Gresham, da“pseudo-cose, aggeggiper vivere”, ma laconsapevolezza(comune a tutta la
cultura tedesca diquest’epoca, compresigli avversari diHeidegger, come ilLukács di Storia ecoscienza di classe,Bloch e Adorno) cheunaciviltàbasatasullosfruttamento dellanatura e dell’uomo, incui la tecnica è al
servizio di un poteremanipolante, non puòessere tollerata ancoraa lungo. C’è, insostanza,ilrifiutodellaweberiana “gabbia diacciaio”eiltentativodiuscirne mediantel’indebolimentodell’essenza delpensiero tecnico e
metafisico el’attivazione di un“pensierorammemorante”,filosofico-poetico, chepassa attraverso laricerca di unsupplemento di sensonella densità dellinguaggio.Intalmodo,anche ciò che è più
semplice e ovvio, lecosechecicircondano,comincia a parlarediversamente.Consideriamo (diceHeidegger,riprendendo unesempiodiCartesio,diSimmel e di Bloch)24una brocca. Essa sipresenta fisicamente
comeunrecipienteconun fondo,unapareteeun’ansa.Perilpensierotecnico scientifico, chepretende di cogliere lecoseprimaemegliodiogni altra esperienza,la brocca è il risultatodella produzione di unvasaio e il suo vuoto èpienod’aria.Ecosì–a
prescinderedapossibilimisurazioni o analisidella forma e delmateriale – si crede diaver esauritol’argomento. Ma ilvuotodellabroccaèuncontenere quanto sideve versare(schenken), è un donoe un’offerta
(Geschenk). In essa sicondensa il “quadrato”del mondo (cielo eterra, uomini e dèi: èun concetto platonico,cfr. Platone, Gorgia,507-508): “Nell’acquache viene offertapermane (weilt) lasorgente. Nellasorgente permane la
roccia, e in questa ilpesante sonnecchiaredella terra, che ricevela pioggia e la rugiadadel cielo. Nell’acquadella sorgentepermangonolenozzedicielo e terra. Questosposalizio permane nelvino, che ci è dato dalfrutto della vite, nel
quale la forza nutritivadella terrae il soledelcielo si alleano e sicongiungono [...].L’offertadelversaredàdabereaimortali.Essacalma la loro sete.Anima il loro riposo.Rallegra le lororiunioni. Ma l’offertadella brocca viene
talvolta offerta anchein consacrazione. Se ilversare ha questosensodiconsacrazione,esso non calma unasete. Esso quieta lafestosità della festasolennizzandola. Inquesto caso, l’offertadelversarenonavvienein una osteria, né
l’offertaèunabevandaperimortali.Ciòcheèversato è la bevandaofferta agli dèiimmortali”.25A prescindere da
alcuni fastidiosi giochilinguistici econcettuali, ilsignificato del discorsoheideggeriano è che le
cose hanno unapluralità di sensi,incorporano relazionisociali e naturali,assorbono una patinamitica, un valoresimbolico che non èriducibile al valored’uso o a schemiconoscitivi.NellabrunabroccadiFranconia,su
cui è rappresentato unuomo barbuto, Blochaveva cercato il segnodella storia e dellatradizione popolare: viaveva individuatol’immagine dellebrocche romane dipoco prezzo usate dailegionari, soldatesche,rese poi nordicamente
rozze,26 le insegnedelleosterie(quelledeivivi e quelle, secondolefavole,deimorti)conil selvaggio barbuto.Heidegger invece – alpari del Bachelarddella Psicoanalisi delfuoco o de La fiammadi una candela – cercanelle cose che ci sono
familiari i significatirimossi dall’incalzaredel pensiero tecnico-scientifico e che siconservano, latenti eindeboliti, nel mito (ivalori simbolici delfuoco, il piacere diguardarlo,ilsuocalorediverso rispetto altermosifone). Non si
trattaperòdi ritrovaregli oggetti così comeessi appaiononell’oblio, quali oggettidesueti, ormaiinservibili, nonfunzionali, com’èl’Odradek di Kafkanell’interpretazione diWalter Benjamin27:Odradek, che a tutta
prima “si presentacome un rocchettopiatto, a forma distella, e sembra avereintorno del filo”, chepuò stare “a secondadeicasi,insoffitta,perle scale, nei corridoi,nell’andito”,cheavolte“si rende invisibile permesi,forseèpassatoin
altre case; mainvariabilmente tornada noi”, è ciò che haperduto il suo sensoeppure resiste ancora,ha una sua testardadurata (è la figurastessa del “padre difamiglia” per Kafka?):“Invano mi domandocosa sarà di lui. Può
morire? Tutto quelloche muore, ha avutouno scopo, una attivitàche l’hanno logorato;ma non è il caso diOdradek. O non dovrà,per caso, un giornorotolare ancora dallascala, dinanzi ai piedideimiei figliedei figlidei miei figli,
trascinando unpezzetto di filo? Èevidentechenonnuocea nessuno: eppurequasimifamale,l’ideache mi debbasopravvivere”.28 PerHeidegger bisogna, alcontrario, sottrarre lecose dall’oblio dellametafisica, farle aprire
nuovamente a undialogo, dar voce allaloroalterità,rifondarneil senso, renderle,attraverso illinguaggio, crocevia direlazioni, supporti diuna diversa possibileesperienza nonmanipolata.
4.Wittgenstein:illinguaggioeilmondo
Al pari delle ultimericerche di Heidegger,tutta la filosofia diWittgenstein ruota sullinguaggio e sulrapporto linguaggio-mondo. Nel Tractatuslogico-philosophicus(in
cui confluiscono inmodo originale irisultatidelleriflessionisull’opera di Frege, diRussell, di Whitehead,di Moore) il mondo è“la totalità dei fatti”,che sono costituiti daaltri fatti elementari o“stati di cose”, i quali,a loro volta, son
formatidaoggetti,enti,cose, nonulteriormentescomponibili. Illinguaggio è la totalitàdelle proposizioni e laproposizione è laraffigurazione di unostato di cose che –qualoralaproposizionesiasensataenonabbia
esclusivamente uncaratterelogico–haincomunecon lo statodicose la relazionestrutturale, una dellepossibili forme dicombinazione deglioggetti. Esiste quindiun isomorfismo tralinguaggio e mondo ela forma persiste
attraverso possibilitrasformazioni eproiezioni: “Il discofonografico, il pensieromusicale, la notazionemusicale, le ondesonore, tutti stan l’unoall’altro in quellainterna relazione diraffigurazione chesussiste tra linguaggio
emondo.Aessi tutti ècomune la strutturalogica [...].Nell’esserviuna regola generale –mediante la quale ilmusicista può ricavaredalla partitura lasinfonia; mediante laquale si può derivaredal solco del disco lasinfonia e di nuovo,
secondo la primaregola, la partitura –appunto inciòconsistel’ulteriore somiglianzadi questeconformazioni,apparentemente tantodiverse. E questaregola è la legge dellaproiezione,laleggecheproietta la sinfonia nel
linguaggio delle note.Essa è la regola dellatraduzione delle notenellinguaggiodeldiscofonografico”.29Illinguaggioèquindi
simile a una “grafiageroglifica, cheraffigura i fatti chedescrive”30 e che siconserva tale, in senso
raffigurativo, anchequando diventaalfabetica.Leimmaginiperònon sono la copiadiunfatto,maunfattoessestesse.Ifattisonoindipendenti l’unodall’altro, per cui nonsolo ogni induzione èimpossibile, ma anche“la credenza nel nesso
causale è lasuperstizione”.31 Dallasfera dei fatti, dellamera esistenza, aquella della logica nonc’è passaggio. Leproposizioni dellalogica, così comequelle dellamatematica,sonobensìnecessarie – mentre
“fuoridellalogicatuttoè accidente” –,32 masolo perché sonotautologiche, nondicono nulla delmondo. L’enunciato“Piove o non piove” èincondizionatamentevero, mentre unenunciato checontieneuna contraddizione
logica (ad esempio:“Tutti gli scapoli sonosposati”) èincondizionatamentefalso. Ma né la formalogica del linguaggio,né il suo isomorfismocon il mondo sonoesprimibili. È possibilesolo mostrarli, qualicondizioniformalmente
necessarie al nostrolinguaggio, unlinguaggio di cui nonpossiamo trascendere ilimiti. Esiste quindil’ineffabile,il“mistico”,ciò che va al di là deifatti (che riguardanounicamente come ilmondoè):“Noncomeilmondo è, è il mistico,
ma che esso è”.33 Diquesto non si può dirnulla e, secondo lafamosa proposizioneconclusiva delTractatus, “Su ciò, dicui non si puòparlare,si deve tacere”. Ma aldiquadel“mistico”noiabbiamo non solo ildovere di parlare, ma
di parlarecorrettamente. Invecesuccede che ciimpigliamonelleregoledel nostro stessolinguaggio, ciconfondiamo eformuliamoproposizioni che nonsonosignificanti.Ossia,afferma Wittgenstein
(che sviluppa qui unadistinzionetradizionale: tra veritàdi ragione e verità difatto in Leibniz, trarelazioni fra idee erelazioni fra fatti inHume e tra giudizianalitici e giudizisintetici in Kant),proposizioni che non
sono né tautologiche,né empiricamenteverificabili. La filosofiadiventa, in questecondizioni, un’attivitàche ha per compitoquello di perimetrarel’area del linguaggiosignificante e dichiarificare la logicadel pensiero,
eliminando leespressioni confuse esenzasenso.Dopo la
pubblicazione delTractatus,Wittgenstein– che credeva di nonaverpiùnientedadire,diaverattinto iconfinidelsuolinguaggioedelsuo mondo – si chiuse
coerentemente in unlungo silenziofilosofico, lavorandoperannicomemaestroelementare, architettoe, per alcuni mesi,anche come aiuto-giardiniere in unconvento. Ma, poi,proprio la sua attivitàfra i bambini e le
discussioniconillogicoinglese Ramsey loconvinsero amodificare il suoprecedente impiantoteorico di spiegazionedellinguaggioedelsuorapporto con ilmondo.L’insegnamento in unascuola elementare loindusse a riscoprire il
linguaggio ordinarionei suoi più semplicimeccanismid’apprendimento ed’uso, mentre leinnumerevoliconversazioni conRamsey gli rivelaronocome il linguaggiofosse pragmaticamenteconnesso a contesti
extra-linguistici dicomportamento, dicredenze, diaspettative. A partiredalle Osservazionifilosofichedel1929-30,Wittgensteinsgancialasuaanalisidallaricercadi un linguaggio in sestesso perfettamentesignificativoesirivolge
allo studio dei “giochilinguistici”, dellediverse pratichelinguistiche, appreseper consuetudine oaddestramento eorganizzate secondoregole flessibili, checonservano attorno asé un alone diindeterminatezza, ma
che sono declinabili inun numerovirtualmente infinito dimodi. Nelle Ricerchefilosofiche, inparticolare, egli cercadi distinguere i diversigiochi linguistici (adesempio: “Elaborareun’ipotesi e metterlaalla prova –
Rappresentare irisultati di unesperimento mediantetabelle e diagrammi –Inventare una storia; eleggerla – Recitare inteatro – Cantare ingirotondo – Sciogliereindovinelli – Fare unabattuta; raccontarla –Risolvere un problema
di aritmetica applicata– Tradurre da unalingua in un’altra –Chiedere, ringraziare,imprecare, salutare,pregare”)34 senzaridurli a una miticaunità, ma vedendolicome semplicementelegati da somiglianze:“Invece di mostrare
quello che è comune atutto ciò chechiamiamo linguaggio,io dico che questifenomeni non hannoaffatto in comunequalcosa, in base allaquale impieghiamo pertutti la stessaparola, –ma che sonoimparentati l’uno con
l’altro in molti modidifferenti. E grazie aquesta parentela, o aqueste parentele, lichiamiamo tutti‘linguaggi’”.35Attraverso
un’indaginevolutamente umile,circoscritta spessonell’ambito del
quotidiano, nell’esamedelle situazioniconcrete della vitaassociata, Wittgensteinrifiuta l’esistenza diuna logica rigida edesatta, quasi undistillato del nostrolinguaggioounaregoladi tutte le regole, un“superordine” capace
di sussumere tutti gliordini. Se il linguaggionon è infatti un tuttoomogeneo; e se ildenominare–“quasiunbattesimodell’oggetto”36 – non èuna sua funzioneesclusiva; se ilsignificato non ènaturalisticamente e
occultamenteinchiodatoalsegno,néesprime l’essenzadell’oggetto (ma è inrelazione con un giocolinguistico, una praticasociale, una “forma divita”), allora la logicanon è qualcosa che sinasconda dietro illinguaggio, il suo
fondamento, quasi lapiattaforma di questocontinente, ma unaserie di paradigmi, dimodelli grammaticalifra loro imparentati eimmanenti ai giochilinguistici. Per questonella logica non c’èniente da costruire, néniente di nuovo da
apprendere, perchétutto è già davanti ainostri occhi (ancheHegel diceva, contutt’altra prospettiva,chesitrattavaappuntodi conoscere quel cheera noto). Ma senzauna logica compattaogni ragionamentononperde forse il suo
rigore? No, perchéquello della “purezzacristallina” della logicaè un pregiudizio che“può essere eliminatosoltantofacendorotaretutte quante le nostreconsiderazioni. (Sipotrebbe dire: Laconsiderazionedev’essere rotata, ma
attorno al perno delnostro realebisogno)”.37Eilnostrorealebisognovariaconle nostre esigenze,secondoloscopocheciprefiggiamo. Possiamocosì normalmenteaccontentarci di uncerto margine diincertezza, ma vi sono
situazioni in cui sirichiede maggiorprecisione e alloranasce l’esigenzadell’esattezza, dellaprecisione,dellalogica.Ma: “ ‘Inesatto’ èpropriamente unrimprovero, ed ‘esatto’unalode.Equestovuoldire:ciòcheè inesatto
non raggiunge il suoscopo cosìperfettamentecomeciòche è più esatto.Dunque tutto dipendeda ciò che chiamiamo‘loscopo’”.38Spingendoci troppo
avanti in questaesigenza di rigore, diesattezza,
feticizzandola,giungiamo alla logicapura, essenzialistica,quella che incanta ilnostro intelletto e loinduce in errore:“Siamo finiti su unalastra di ghiaccio dovemancal’attritoeperciòle condizioni sono incerto senso ideali, ma
appunto per questonon possiamomuoverci. Vogliamocamminare; dunqueabbiamo bisognodell’attrito. Torniamosul terreno scabro!”.39Se la logica non è piùseparabile dalle regoledi una molteplicità digiochi linguistici, se il
linguaggio ordinarionon è principioseparato da quelloscientifico, neppure idati osservativi sonodivisibili dal pensiero.Attraverso unasuggestiva riflessionesu temi gestaltistici(che sarà appuntoripresa in funzione
anti-neopositivistica daHanson e Toulmin),Wittgenstein mostracome non esista una“immacolatapercezione”, neutra epuramente passiva,comelarelazionefralacosa e lo sguardo nonsia cioè analoga aquella fra l’originale e
la copia, ma come nelpercepire ci sia un“pensierocheecheggianel vedere”,40 unvedere sempre caricoditeoria.
5.Sartre:losguardodell’altro
In Sartre la tematica
psicologistica francese(daRibotaJanetsinoaBergson) e gli apportidella fenomenologiahusserlianaedelprimoHeidegger,incontrandosi con lefilosofie di Hegel e diMarx, danno luogo auno degli innesticulturali più
rappresentativi diquesto secolo. Lascoperta di Husserldella coscienza come“residuo” irriducibile,trascendente, nonreificabile, vienerelativizzata. Sartre,chehaseguitoaParigile lezioni di Kojèvesulla Fenomenologia
dello spirito diHegel –in particolare sulla“lotta per ilriconoscimento” e sulrapporto signoria-servitù –, introducenell’ambito dellacoscienza e dellavisione un elementoconflittuale. Soloun’altra coscienza, lo
sguardo di un altroindividuo,puòreificarela coscienza, puòsolidificarneilflusso.Pur senza aver
seguito i corsi diKojève, una posizioneanaloga ma piùradicale avrà SimoneWeil.L’Iliade ovvero ilpoemadella forzaèun
saggioesemplareincuisi esamina, da un’altraangolatura, il tema inlei ricorrente deldominiodellanecessitàe dell’oppressione cherende la libertà umanaprigioniera diinsormontabilicondizionamenti.Qualeprotagonista senza
volto degli eventinarrati, Omero –equanimenei confrontidei vincitori e dei vinti– mette appunto inscena la forza stessa,“ciòchefadichiunquele sia sottomesso unacosa”. Ma alla fine trachi è in grado diinfliggere lamorteagli
altri, credendosi conciò libero, e chi invecesubisce la morte,trasformandosiincosa,in cadavere, non vi èdifferenza. Achille (che“sgozza dodiciadolescenti troianisulla pira di Patroclo,tanto naturalmentecomesirecidonoi fiori
per una tomba”) nonsfuggirà al destinocomune della morte,unica e inesorabilievincitrice. Sebbene cisi illuda dimaneggiarla,laforzasipuò infatti soltantosubire.Ildestinodichiuccide è di essereucciso a sua volta.
L’uomo si trova cosìsospeso tra laprospettiva reale disoccombere allanecessità biologica e ildesiderio, destinato afallire, di ergersi versola libertà.Nell’intercapedine traqueste due condizioni,testimoniinvolontari,si
trovano coloro checonoscono l’esperienzadella sventura, quanti“senza morire sonodiventatidellecosepertutto ilcorsodella lorovita”.41 Al pari di tuttigli sventurati dellastoria,simili inciòaglioperai delle modernefabbriche, i Troiani
sconfitti e avviati allaservitù conosconol’essenza della forza esi rendono contodell’impossibilità disfuggirle.SimoneWeil,chehavolutoviveredifatto l’esistenzaanonima deglisfortunati, sa per lorotramite che “il grande
enigma della vitaumana non è lasofferenza, è lasventura. Non c’è dastupirsi che degliinnocenti siano statiuccisi, torturati,cacciati dal propriopaese,ridottiinmiseriaoinschiavitù,chiusiincampo di
concentramento o incarcere, dal momentocheesistonoicriminalicapaci di compiere taliazioni”.42In Sartre il dominio
delle cose è menotragico, ha esiti menoletali. Nel guardare ilmondo io miabbandono a esso, mi
lascio assorbire dallecose“come l’inchiostrodalla cartaassorbente”. Ma eccoche, all’improvviso, losguardo dell’altro miderubadelmiomondo:io posso cogliere ilverde dell’erba chevedo, ma non vedo ilverde quale appare a
un altro. Qualcosa misfugge, qualcosa diinquietante che limitala mia libertà. Sembra“che il mondo abbiacome un foro discarico, al centro delsuo essere, e che essoscoli continuamente inquestobuco”.43 L’altroè vissuto in Sartre
sempre comeantagonista,simbolodipericolo, l’inferno,colui che,oggettivandomi a mestesso, mi rimanda ame stesso: “Ciò cheprovo quando sentoscricchiolare i ramidietrodime,nonèchevisiaqualcuno,mache
iosonovulnerabile,cheho un corpo che puòessere ferito, cheoccupo uno spazio eche non posso, innessun caso, evaderedallospazioincuisonosenza difesa, in breve,che sono visto. Così losguardo è prima ditutto un intermediario
chemi rimanda damea me stesso”.44 Seimmagino di essermimesso per gelosia,interesse o vizio aguardare dal “buco diuna serratura” e unaltro mi sorprende, mifa vergognare,ritornare in me, alloralo sguardo dell’altro
non è che “la miatrascendenzatrascesa”.45Si rispecchia in
Sartre l’esperienza divita quotidiana dellemetropoli, con i suoimetrò, i suoi autobus,le condotte disolitudine degliindividui nella folla, la
disintegrazione delsingoloaccelerataneglianni fra le dueguerre,il suo essere“abbandonato sottomilioni di sguardi”. Sipotrebbe dire, comeunodeiprotagonistidelromanzo Il rinvio, chelo sguardo dell’altro,oltre che perturbante,
è lagaranziadellamiaesistenza, latestimonianza che nonsono una nullità, checonto pure qualcosa:“Tu hai certamenteprovato, nelmetrò, nelridotto di un teatro, intreno, quellasensazione improvvisae insopportabile
d’essere spiato allespalle. Ti volti, ma giàil curioso hariabbassato il naso sulsuo libro [...].Dirti checosasiaquellosguardom’è cosa facilissima:perché non è nulla, èun’assenza; ecco,immagina la notte piùoscurachesiapossibile
immaginare.È lanotteche ti guarda. Ma unanotte abbacinante; lanotte in piena luce; lanotte segreta delchiarore diurno. Iosono irrorato di lucenera[...].Cheangosciascoprire a un trattoquello sguardo comeun centro universale
dal quale non possoevadere. Ma cheriposo,anche!Soinfinedi essere. Trasformo amiousoeperlatuapiùgrande indignazione laparola imbecille ecriminosa del vostroprofeta, quel ‘penso,dunquesono’chemihafatto tanto soffrire –
perché più pensavo,meno mi sembrava diessere – e dico: mi sivede, dunque sono.Non ho più dasopportare laresponsabilità del miovischioso dissolvermi:coluichemivedemifaessere; sono come eglimivede”.46
Più tardi, nel SantoGenet, commediante emartire (1952), latematica dello sguardoassumerà unadimensione piùdirettamente sociale epolitica e si preciseràcome attribuzione diruoli e funzionecolpevolizzante che la
società si assegna.Genet, il futuroladroescrittore, è figlio diN.N.,vienerinchiusoinorfanotrofio e poiadottato da unafamiglia di contadini.Egli non è nessuno ecerca,quasitrasognatoe in gioco, di essereattraverso l’avere: “Il
bambino giocava incucina; tutto ad untrattosièaccortodellapropria solitudine el’angoscia lo ha colto,comedisolito.Allorasiè‘assentato’.Unavoltadi più; si è immerso inuna sorta di estasi.Adesso non c’è piùnessuno nella stanza:
una coscienzaabbandonata riflettedegli arnesi. Ecco cheuncassettosiapre;unamanina si protende…Preso con le mani nelsacco: è entratoqualcuno e lo guarda.Sottoquestosguardoilbambino torna in sé.Non era ancora
nessuno, diventaimprovvisamente JeanGenet [...]. Una vocedichiarapubblicamente: ‘Tu seiun ladro’. Ha diecianni”.47 La società loha oggettivato ecatalogato,trasformando unbambinoinmostro.
Complementare allosguardo, allapercezioneoggettivante, è il temadell’immaginazione.L’immagine non è unpiccolo simulacro dellacosa percepita, ma èhusserlianamente unmodo diverso diintenzionare lo stesso
oggetto dellapercezione. In qualeaspetto se nedifferenzia,allora?“Consideriamo
questo foglio di carta,posatosultavolo.Piùloguardiamo,piùcirivelale sue particolarità.Ogni orientamentonuovo della mia
attenzione, della miaanalisi, mi fa scoprireun particolare nuovo:l’orlo superiore delfoglio è leggermenterialzato;allaterzariga,lalineacontinuafiniscecon l’essere soltantopunteggiata…ecc.Ora,ioposso teneresotto ilmio sguardo
un’immagine per tuttoil tempo che voglio:non potrò mai trovarvialtrochequelchevihomesso.”48 L’oggettopercepito si presentainoltreinunainfinitàdiscorci, mentrel’immagine è unica epovera. L’attodell’immaginazione
partedaun’assenza,dauna lacuna realeavvertita nel mondo,che cerca di colmareattraversoun’operazione magica,di evocazione: “È unincantesimodestinatoafar apparire l’oggettopensato, la cosadesiderata, in modo
che se ne possaprender possesso. Intale atto, c’è semprequalcosadiimperiosoedi infantile, un rifiutodi tener conto delladistanza, delledifficoltà.Cosìilbimbo,dalsuoletto,agiscesulmondo per mezzo diordiniedipreghiere.A
questi ordini dellacoscienza gli oggettiobbediscono:appaiono”.49Attraversol’immaginazioneintroduco il nulla nelmondo: il mondodell’immaginario è unnulla posto comeessere o un essere
posto come nulla.L’immaginazionenonèuna ricucitura dibrandelli tratti dallarealtà percettiva, maunaregioneincuivedole falle del reale ecerco di chiuderlemediante il desiderio:“l’apparizione di unamico morto come
reale avviene sullosfondo d’apprensioneaffettivadelrealecomemondovuoto di questopunto di vista”.50L’immaginario mi aprequindi spiragli dilibertà, mi permette divedere i vuoti sullosfondo della pienezzadel reale, di
individuare lepossibilità dicambiarlo. Mi pone difronte all’angosciadella mia libertà comeautodeterminazione emancanza difondamentoontologico.Nel periodo
“esistenzialistico” dellaproduzione di Sartre,
l’individuo è solodinanzi alle sue scelte,isolato in un universosociale essenzialmenteostile. In seguito,quando l’impegnopoliticosifapiùdiretto(con l’opposizione allostalinismo e alcolonialismo) e piùdeciso l’accostamento
al pensiero di Marx,Sartre tenterà unamediazione traindividuo e società,senza tuttaviapresupporre soluzioniarmoniche. Con Stalinil marxismo si èirrigidito e pietrificato,èdiventatoburocraticoe oppressivo nella
praticaecatechisticoevolontaristico nellateoria. Nel suoidealismo, chepretendediadeguareapriori la realtà a unoschema dottrinale, lostalinismo è violenzasulla verità esull’esperienzaconcreta: “La
metropolitana diBudapest era realenellatestadiRákosi;seil sottosuolo diBudapest nonpermetteva dicostruirla, ciòsignificava che ilsottosuolo di Budapesteracontrorivoluzionario
[...]. Per annil’intellettuale marxistahacredutodiservire ilproprio partitoviolando l’esperienza,trascurando iparticolariimbarazzanti,semplificandogrossolanamente i datie soprattutto
concettualizzandol’avvenimento prima diaverlo studiato”.51 Inquest’ottica laconcretezza el’individualità realeviene dissolta in un“bagno di acidosolforico” e quel cherimane, l’universalitàvuota, viene spacciata
per marxismoortodosso. Ma ilmarxismononèmorto.Anzi, poichéhegelianamente unasola filosofia è viva inciascuna epoca, oggi èil marxismo arappresentare per ilSartre degli annicinquanta e sessanta
l’orizzonte di massimaintellegibilità deiproblemicontemporanei.Maperdiventare veramentevitale, per eliminare leincrostazioni staliniste,esso deve misurarsinuovamente colconcreto e con ladinamica innovativa
della soggettività;deve, in altri termini,inglobarel’esistenzialismo,espungendone così lechiusureesasperatamenteindividualistiche eprivatistiche. È quindinecessaria unaricognizione delle
forme di vita delpresente, dell’intrecciofra attività umana emateria, della“penuria” checondiziona l’esistenzadituttieimpedisceallamaggior parte delgenere umano disoddisfare i piùelementari bisogni di
cibo e di salute, dellacompresenza esterioreo della solidarietàsostanziale che siforma tra i singolipartecipanti a unastessaesperienza,della“controfinalità” per cuiun determinatoprogetto produceeffetti opposti a quelli
previstiecc.Anche qui c’è,
all’interno di un piùvasto impianto teoricoe storico, unapenetrantefenomenologia dellavita quotidiana, inparticolaredellegrandicittà. L’attività umanasi materializza sempre
in cose, in istituzioni,che a loro voltaretroagiscono sugliindividuiraggruppandoli,dividendoli,aggiungendo otogliendo loro potere,sottoponendoliaregoleoapressioni:“Mibastaaprire la finestra: vedo
unachiesa,unabanca,un caffè: ecco trecollettivi; questobiglietto da millefranchi è un altrocollettivo; un altroancora il giornale cheho appenacomperato”.52Nonvièpraxis che non sioggettivi, né relazione
umana che non vengafiltrata dallamaterialità, chetalvoltacontagiaconlasua inerzia,colpesoditutto il passato diazioni altrui ivirappreso, ogniindividuo (anche sequesto non vuol dire,come appare dalla
minuziosaricostruzione della vitaedell’operadiFlaubertne L’idiota dellafamiglia, che il singolosia da essameccanicamentedeterminato). Glioggetti, socialmentemediati, ad esempiol’“autobus delle 7 e
49”, riuniscono unaserie di individui,estranei gli uni aglialtri, radunati soltantodalla funzionematerializzata, inquesto caso dall’attesadella “vettura cheapparirà all’angolo delboulevard”.53Unicamente in
situazioni eccezionali,come nella presa dellaBastiglia o nell’assaltoal Palazzo d’Inverno,gli uomini ritrovanoinsieme la capacità dicambiare e di sottrarsiall’inerzia, ritrovano lasolidarietà e diventano“gruppo”. Ma questimomenti “al calor
bianco”, questi attimidi creazione collettivadi storia,nonduranoalungo e l’inerziariprende ilsopravvento: laburocrazia si insediasulle conquisterivoluzionarie e lemasse, spossate eprivate del potere,
ritornano passive: ilgruppo si degradanuovamenteaserie.
6.LaingeBateson:gliinestricabilinodi
Tutti questi temisartriani hanno avutorisonanza anche al difuori dell’ambito
filosofico:neIlnegroel’altro di Frantz Fanone ne Il caso di Peter(contenuto ne L’iodiviso) di Laing, perquanto riguardal’oggettivazioneattraverso lo sguardo;in Laing, Cooper,Esterson,e ingeneralenel movimento
dell’“anti-psichiatria”anglosassone perquanto riguardal’eziologia familiaredella schizofrenia (e,più in generale, ilcarattere patogenodelleistituzionisociali),in cui giocano lecategorie sartriane di“identità alterata”,
“malafede”,“serializzazione” e“gruppo familiare”(LaingeCooperhannod’altronde scritto unlibro su Sartre,Ragione e violenza). Èinteressante notarecome la problematicaesistenzialistica, cheaveva acuminato
l’intelligenza più destanegli anni fra le dueguerre enell’immediatosecondodopoguerra, forniscaora strumenti allapolitica dei paesi ex-coloniali e allapsichiatria,continuando cioè adagiredovel’uomoèpiù
devastato.È, appunto, il
concetto di “identitàalterata” a fornire aLaing e a Esterson lachiave principale perinterpretare laschizofrenia.L’Altro,dicui interiorizzo ilgiudizio, incrina l’assesu cui imposto la mia
identità, l’immagine“portante” che ho dime stesso e che misostiene nel mioproprio progetto diesistenza, per lo piùimplicito.54 Qualora ildisorientamentoprodottodall’alterazionedell’identità sia così
squilibrante dacostringermiadubitareradicalmente di mestesso, da introdurreun cuneo tra i mieipensieri, percezioni,sentimenti e quelli chegli altri miattribuiscono, eccochepuò sorgere la follia.Prendiamounesempio,
tra i tanti analizzati.All’interno dellafamiglia Danzig, lagiovane Sara – apartire dall’età didiciasette anni –comincia a dare segnidistranezza:statuttoilgiorno a letto, per poileggere la Bibbiadurante la notte. Tale
atteggiamento, inapparenzaincomprensibile eassurdo, svela alla fineil significato deisintomi, ossial’espressione della suacombattuta ostilità neiconfronti del padre, inprecedenza idealizzato.La dichiarata scoperta
che egli non è affattol’uomo di specchiata escrupolosa onestà incui aveva creduto,provoca lacolpevolizzazione dellaragazza da parte deifamiliari, che possonoinvece, impunementeesenza rimorsi, diremale di lui. Il fratello
John è anziincoraggiato dallamadre a vedere ilpadre “come è inrealtà” (ossia acriticarlo aspramente),mentre a Sara questocomportamento vienerigorosamenteinterdetto. La ragazzaè caduta, senza sapere
piùcomeuscirne,nellavischiosa ragnatela diperverse alleanzefamiliari, di astioserecriminazionireciproche, restandoperòcomunqueisolata,esclusa da tutte lecombinazioni,contraddetta, fuorigioco. Cercando di
dare un senso alla sua“sconcertante”situazione – allascopertache i familiariosservano una “doppiamorale” e consideranoufficialmentefalsoquelche sostengono poi, inprivato, essere vero –,si smarriscee siperdenellamalattia.
Lafolliaèunafugaincercadisoluzioni,è“lastrategia speciale cheuna persona inventaallo scopo di vivere inuna situazione in cuinon può vivere”. Ilmalatomentale apparecosì come un “esuledall’Essere”,55 unviaggiatore che si è
inoltratopiùafondodialtri in territoriinesplorati,dacuimoltisi ritraggono conpaura. Perchégeneralmente ci sinasconde che la vitapuò essere tremenda,crudele, senza senso,ineffabilmentedolorosa.Laing,cheha
lavorato a lungo negliospedali, porta alcunetestimonianzesconvolgenti delle sueesperienze cliniche. Laprima illustra lafragilità di unaesistenza indifesa,assalita da cieca edivorante forzadistruttiva: “Aveva
dieci anni ed eraaffetto da idrocefalia,dovuta a un tumoreinoperabile delledimensioni di unminuscolo pisellino,proprio al posto giustoper arrestare ildeflussodalla testadelliquidocerebro-spinale,il che è come dire che
aveva dell’acqua nelcervello che gli facevascoppiare la testa,tanto che il cervello siriduceva sempre più aun sottile stratoesterno,eciòaccadevaanche delle ossa delcranio. Soffriva senzarimedio [...]. Avevacominciatoa leggere Il
circolo Pickwick. Midisse che tutto quellochechiedevaaDioeracheglifosseconsentitodi finire questo libroprima di morire. Morìprima di arrivare ametà”.56La seconda tocca il
puro orrore del vivere:“Stavamo assistendo
alla nascita di unbambino e le cose siprotrassero per sediciore. Finalmenteincominciò a venirefuori, grigio, freddo...uscì... un grossoranocchio umano, unmostro anencefalico,senza collo, senzatesta, con occhi, naso,
bocca di rana, lunghebraccia... Loavvolgemmoincartadigiornale...econquestoinvolto sotto il braccio,per portarlo allaboratorio dipatologia, chesembrava invocaretutte le possibilidomande che mi ero
posto,dueorepiùtardicamminavo per O’Connell Street. Avevobisogno di berequalcosa. Entrai in unbar e appoggiail’involto sul banco. Eimprovvisamente mivenne il desiderio ditoglierlodalla carta,ditenerlo alto perché
tutti lo vedessero,spaventosa testa diGorgonedapietrificareilmondo”.57Da questo abisso,
quasiperdimenticarlo,sorgono le modalità diaddomesticamentodell’angoscia, della“insicurezzaontologica” che tutti
attanaglia: legamipersonali contorti,simmetrieeasimmetrienei rapporti umani,proiezioni allucinatoriedell’immagine di sé edegli altri, prigionipsichiche mortificanti,trappole banali maineludibili di cuil’esistenza è piena. I
conflitti stessidiventano,paradossalmente, tantopiù inestricabili,quantopiùmiranoaun“sistemadelfalsoio”,auna “normalità”imposta, di facciata:“Maria pensa cheGiovanni è meschino eincontentabile /
Giovanni pensa cheMaria è meschina eincontentabile / piùMaria ritiene cheGiovanni è meschino /più Giovanni ritieneche Maria èincontentabile / piùGiovanni ritiene cheMaria è incontentabile/ più Giovanni ritiene
che Maria èmeschina”.58Difficile, sempre, è
mantenere la coesionearmonica dellerelazioniinterpersonali,stabilendo regole dicondotta che nonportinoavicoliciechioche non implodano.
Come mostral’antropologia e la“nuova teoria dellacomunicazione” –Bateson, Goffmann,Watzlawick, Hall –, lenorme sono sempreinsidiate da internetendenze“scismogenetiche”, daun movimento quasi
tettonico didifferenziazione chetende a sgretolarle, atrasmetterledistorte,ainvalidarle, a porle incontraddizione con sestesse, a stabilirerapporti di “doppiovincolo” (double bind,ossia situazioni senzavia d’uscita, che
riproduconoilconflitto,come nel casodell’alcolizzato che,dopo aver ingiuntosolennemente a sestessodinonberepiù,raggiunge infine unatensione psichicaintollerabile, tale dafarlo ricadere nell’attoche voleva evitare,
tranne poi pentirsi conaltrettanta forza ericominciaredacapo ilciclo). Alcune societàcome quella balinese,esaminata da GregoryBatesonedaMargaretMead,59 sono tuttaviain grado, mediante unaddestramento cheparte dall’infanzia, di
congelare i conflitti aun determinato stadio,eludendo l’alternativatralogosepolemos.Lemadri, nel trattare iloro figli, alternanoinfatti–conmutamentiimprovvisi e inspiegati–lapiùdolcetenerezzaalla più marmoreaindifferenza, le calde
carezze alla glacialedistanza. Questa sortadi doccia scozzesepsichica disorienta ibambini e disattiva laloro partecipazioneemotiva aicomportamenti altrui,abituandoli a nonsentirené fortiostilità,né forti attaccamenti.
In questo modo iconflitti naturalmentepermangono,manonsicerca per loro né unasoluzione ragionevole,né una soluzioneviolenta. Siaccantonanosemplicemente icontenziosi,delegandoli a un
arbitroesterno:adaltriragazzi, a maggiorentilocali o, sinoall’occupazionegiapponesedel1941,alpovero governatorebritannico, costretto adirimere lepiùspinoselititrainotabili.Dal doppio vincolo si
può uscire solo in
maniera inventiva,riquadrando lesituazioni, creandostrumenti in grado dispezzarlo, ossia disbloccare o aggiraresbarramenti chesembranonormalmenteinsormontabili.Esempio efficace diriquadramentoèquello
espresso in unaneddoto reso celebretra gli psicologi daWatzlawick. A unufficiale giunge ilcomando di farsgombrare la piazzadurante una rivolta. Sireca così sul luogo eproclama: “Signore esignori, ho ricevuto
l’ordine di spararesulla canaglia. Ma,siccomevedodinanziame molti cittadinionesti e rispettabili,chiedo loro diandarsene in modo dapoter sparare senzarischio sullacanaglia”.60 Il change,l’innovazione,èunatto
di audacia, chescardina un sistemachiuso o riformula unasituazionefossilizzataepiena di tensioni. Lateoria del doppiovincolo, che “si occupadella componente diesperienza dei grovigliche si formano nelleregole o premesse
dell’abitudine”,permette di scioglierequesti nodipromuovendo la loro“trans-contestualizzazione”,ossial’abbandonodelleposizioni assunte entrouna cornice che nerendeva impossibile losblocco.61
7.Merleau-Ponty:latovagliabianca
L’attenzione e, sidirebbe, l’ossessionedel vedere, dellaspazialità, dellacorporeità, checostituivano uno degliaspetti dellafenomenologia
husserliana, vengonoenfatizzati in alcunisettori della culturafrancese, anche comereazione al privilegioaccordatodaBergsonedallo spiritualismo allatemporalità eall’interiorità. Ci siaccorge che la resextensa non è
separabile dalla rescogitans, nérappresenta, di per sestessa, un male, undisvalore; che il corponon è la prigionedell’anima, ma, alcontrario, è “l’anima,prigione del corpo”.62A questa tendenzaappartengono, a
diversotitolo,Merleau-Ponty e Foucault. InMaurice Merleau-Ponty, amico ecollaboratore di Sartrenella direzione dellarivista “Tempsmodernes”, c’è losforzo di restituire,attraverso l’esamedellacorporeitàedelle
sue relazioni, unarinnovata freschezzaallavitapercettiva,unaprofondità di campo euna pluralità di sensiche il riduttivismo distampo meccanicisticoenaturalisticolehannofatto perdere.Guardarediversamente,
guardare più a fondo,scoprire l’intersezionedei corpi, delle forme,dei colori, al di fuoridella banalitàdell’abitudine: a tuttoquesto dà accesso laFenomenologia dellapercezione. Ma anchel’arte ci permettequesto affondo, come
appare nel breve edenso saggio Il dubbiodi Cézanne. Il pittoreracconta di averdesiderato per tutta lavita di dipingere ciòche Balzac avevadescritto in Pelle dizigrino: una “tovagliabiancacomeunostratodi neve caduta di
fresco e sulla quale sielevavanosimmetricamente leposate coronate dapanini biondi”. Macome fare? Se sirecingono gli oggetticonuncontenutonetto,si è fedeli allageometria ma non almondovisibile,incuiil
contorno è il limiteideale verso cui i latidell’oggetto fuggono inprofondità. Ma nonstabilire nessuncontorno, avvolgere,come gliImpressionisti, glioggettiinun“involucroluminoso”, utilizzandosolo i sette colori del
prisma e ottenendo lavibrazione del colorelocale con l’aggiuntadel suo colorecomplementare, vuoldire far perdereall’oggetto lapesantezza e lamaterialitàsuapropria:“Non segnare nessuncontorno
significherebbetogliere agli oggetti laloro identità. Segnarneuno solo,significherebbesacrificare laprofondità ossia ladimensionechecidàlacosa, non come esibitadavantianoi,macomepienadiriserveecome
realtà inesauribile.Ecco perché Cézanneseguirà in unamodulazionecoloratailrigonfiamentodell’oggetto e segneràa tratti turchiniparecchi contorni. Losguardo, rinviatodall’uno all’altro,avverte un contorno
nascente tra loro tutticome fa nellapercezione”.63Non si può, inoltre,
fare più affidamentoalla prospettivageometrica ofotografica, perchénella percezione reale“gli oggetti vicinisembranopiùpiccoli,e
gli oggetti lontani piùgrandi, di quanto nonlo sembrino su unafotografia,comesipuòosservare al cinemaquando un treno siavvicina e ingrandiscemolto più rapidamentedi un treno reale nellemedesimecondizioni”.64 Per
questo le deformazioniprospetticheneiquadridi Cézanne (la tavolasghemba con la“tovaglia bianca comeuno strato di nevecadutadi fresco”)sonomeno arbitrarie diquanto si creda evengono comunqueriequilibrate
nell’insieme, dando achi le guarda“l’impressione di unordine nascente, d’unoggetto che stacomparendo, che stacoagulandosi sotto inostri occhi”.65 LoscopodiMerleau-Pontyè appunto quello diprodurre dovunque
questa impressione di“nascitaprolungata”diunmondochesistaccadalle rovinedell’ovvietà percettivae che vuoledimenticare,assiemeaisuoi condizionamenti eai suoi schemi, anchel’inerzia del déjà vu.Tale mondo ha perso
quella presuntaoggettività che ilpittore dovrebbelimitarsiariprodurreinmaniera mimetica,passiva,trasformandosiin una lastrafotograficacasualmenteimpressionabile.Lapitturaponebensì
incontattoconilreale,con l’“Essere muto”,con il “visibile”, conl’immanenza dellecose, rivelandone peròappunto l’“invisibile”,l’inafferrabiletrascendenza, il“fuori”del “dentro” e il“dentro” del “fuori”.Entra in contatto con
“un mondo quasi folle,perché è completo eparziale nello stessotempo [...] risveglia,porta alla sua estremapotenza un delirio cheè la visione stessa,perché vedere è avereadistanza, e la pitturaestende questobizzarro possesso a
tutti gli aspettidell’Essere,chedevonoin qualche modo farsivisibili per entrare inlei”.66 Per suo tramitelo spazio racchiude efissa il tempo nel suofluire, differenziando,scandendo earticolando l’Essereindivisoeamorfo.Ogni
quadro diventa così“una cristallizzazionedel tempo, una cifradellatrascendenza”.67
8.Foucault:losguardodelpotereeletecnichedell’io
Diversa l’intenzionedi Foucault
nell’affrontareglistessitemi della corporeità edella spazialità. Nellasua formazione siconcentrano idee edesperienze di varia ecomplessa matrice:dalla filosofia diNietzsche, Heidegger,Bataille, Blanchot oKlossowski alla storia
della medicina e delleistituzioni manicomialie carcerarie, dallaletteratura e dallasemiotica allapolemologia eall’economia politica,dalla geografia (questascienza dello spazioche ha ricevuto inFrancia la grande
lezione di Vidal de laBlache) allastoriografia(soprattutto quelladelle “Annales”, con lasua attenzione per lastoria apparentementeminore, lontana daglieventi ufficiali come“guerre e battaglie”, erivolta invece agli
aspetti collettivi e aifenomeni di lungadurata: storia dellamentalità e dellasensibilità, delleepidemie, dellevariazionidemografiche, delclima, del paesaggioagrario, dei vestiti, delcibo ecc.). Foucault
vuole appuntoritrovare, attraversol’“erudizione”, ilfrugare anche suavvenimenti ritenutimarginali, la storiasegreta del “potere”nelle sue vaste einfinite ramificazioni(un tema, questo delpotere, che acquisterà
progressivamente unesplicito e riconosciutovalore unificante dituttoilcampodellesuericerche, sia nellaforma del “governo”degli altri che del“governo”disestessi).Nella Storia della
follianell’etàclassica ilpotere si presenta
comerazionalitàchehabisognodellafiguradelpazzo,dell’antagonista,per delimitarsi eimporsi. Il malatomentale che nelMedioevo –perquantola sua vista fosseperturbante –continuava a vivereall’interno della
comunità, riunendositalvolta persino in unasorta di corporazione,viene poi rinchiuso,isolato, utilizzandodapprima i lazzaretti egli edifici rimasti vuotiquando si attenuòl’incidenza delleepidemie. Egli è oraconsiderato pericoloso,
perché il suo esempiodi rifiuto delle regoledelgioco impostedallanascente “razionalità”è suscettibile dicontagiaretuttiglialtriscontenti. NellaNascita della clinica èil nuovo “sguardomedico” a essereesaminato, il momento
incuilapercezionedelcurante ringiovanisce,negliultimidecennidelSettecento, e sicominciano a vedere ea esprimere cose cheprima non apparivano.Lo spazio percettivo siè ristrutturato, ladistribuzione delvisibile e dell’invisibile
è mutata, le parole sisonoalleateallecoseinmanieradiversa.Nonsipassa in realtà da unamedicina aprioristica auna sperimentale, dauna cervelloticacombinatoria di umoriediumidoeseccoallalettura vigile deisintomi e alla cura
efficace, ma da unordine dello spazio edeldiscorsoaunaltro.Ora, “le forme dellarazionalità medicas’immergono nelmeraviglioso spessoredella percezione,offrendo come primovolto della verità lagranadellecose,illoro
colore,leloromacchie,la loro durezza, la loroaderenza. Lo spaziodell’esperienza sembraidentificarsi al dominiodello sguardo attento,dellavigilanzaempiricaaperta all’evidenza deisoli contenuti visibili.L’occhio diventa ildepositario e la fonte
della chiarezza; ha ilpotere di portare allaluce una verità cheaccoglie solo nellamisuraincuilehadatovita [...]. Alla fine delXVIII secolo, vedereconsiste nel lasciareall’esperienza la piùgrande opacitàcorporea; il solido,
l’oscuro, la densitàdelle cose rinchiuse inloro stesse hannopoteridiveritàchenontraggonodallaluce,madalla lentezza dellosguardo che lepercorre, lecontornaele penetra a poco apoco,nonportandomaialtro che la propria
chiarezza. Lapermanenza dellaverità nel nucleo cupodelle cose èparadossalmentelegata a questo poteresovrano dello sguardoempirico che mette inluce la loro notte [...].La singola qualità,l’impalpabile colore, la
forma unica etransitoria, acquisendolo statuto dell’oggetto,hanno assunto il suopeso e la sua solidità.Nessunalucepotràpiùdissolverli nelle veritàideali; mal’applicazione dellosguardo, volta a volta,li desterà e li farà
valeresuunosfondodioggettività”.68Dall’âge classique in
poi (l’espressione vaintesa in riferimentoallastoriadellaculturafrancese, dalla metàcirca del Seicento inpoi)unaretedisguardicopreilmondo:sguardiche si incrociano
secondo diversi assiprospettici, come nelquadro di VelázquezLas Meninas,analizzato da FoucaultneLeparolee le cose,oppure sguardidissimmetrici didissociazione, comenella strutturacarceraria del
Panopticon,descrittainSorvegliare e punire:“alla periferia unacostruzione ad anello;al centro una torretagliata da larghefinestre che si apronoverso la faccia internadell’anello; lacostruzioneperifericaèdivisa in celle, che
occupano ciascunatutto lo spessore dellacostruzione; essehannoduefinestre,unaverso l’interno,corrispondente allafinestra della torre;l’altra, verso l’esterno,che permette alla lucedi attraversare la celladaparteaparte[...].Il
Panopticon è unamacchina perdissociare la coppiavedere-essere visti:nell’anello periferico siè totalmente visti,senzamaivedere;nellatorre centrale, si vedetutto,senzamaiesserevisti”.69Il potere segrega,
sorveglia, punisce,criminalizza chi gli sioppone, si esercita neiluoghi umili più chenello splendore delleaule parlamentari odelle corti: nellecameratedeimanicomie delle caserme, nellecorsie degli ospedali,nellestanzedeicollegi,
nelle aule scolastiche.Esso non lavora infattiall’ingrosso,irradiandosi daun’unica testa benindividuabile e lungocanali di trasmissioneprivilegiati, ma aldettaglio, in modo“microfisico”,infiltrandosi e
permeando ogni piegadella società. E chi lorappresenta non sonosolo i grandipersonaggi ma unamiriade di uominipiccoli e medi e, allimite,tutti,dalmedicoall’infermiere, dalburocrate alsottufficiale, dal
poliziottoalprofessore.Eilpoterenonèsoprama dentro la società,non si diffondeattraverso l’ideologia oil consenso soltanto,ma attraverso millepratiche checoinvolgono il corpo elo spazio. Suddivideminuziosamente il
territorio e gliambienti, regola ledistanze tra gliindividui, si insinuaattraverso la disciplinae la sessualità nelcorpo dei singoli.Nell’età feudale ilpotere pretendevadagli individui segni difedeltà e procedeva al
prelevamento di partedei loro beni; a partiredall’età classica sichiedono loroprestazioni produttive.Il corpo deve esserenello stesso tempopoliticamente piùdocile edeconomicamentecapace di unmaggiore
rendimento. Deveessere più sensibile epiùmalleabile.Inizia così (con
l’economia politica, lamedicina, le “scienzeumane” ecc.) lascoperta dell’uomo,questo essere nuovo,corporeo, plasmato dalpotere e dal sapere. Il
potereinfattinonèperFoucault basato sullapura repressione, sullaproibizione, sul dire dino, sull’ideologia esulla falsa coscienza.Contro la tradizione,contro Reich, controAlthusser, eglirivendica la funzioneproduttivadelpotere,il
suo carattereaffermativo, la suacapacità di produrreverità, sapere, scienza.Il sapere è anziinscindibile dal potereed essi si generano avicenda: “la verità nonèaldifuoridelpotere,né senza potere (essanon è, nonostante un
mito di cuibisognerebberiprenderelastoriaelefunzioni, laricompensadegli spiriti liberi, ilparto delle lunghesolitudini, il privilegiodi quelli che hannosaputo affrancarsi). Laverità è di questomondo; essa vi è
prodotta grazie amolteplicicostrizioni.Evi detiene effettiobbligati di potere.Ogni società ha il suoregimediverità,lasua‘politicagenerale’dellaverità: i tipididiscorsicioè che accoglie e fafunzionarecomeveri; imeccanismieleistanze
che permettono didistinguere glienunciativeriofalsi, ilmodo in cui sisanzionanogliunieglialtri; le tecniche e iprocedimenti che sonovalorizzati per arrivareallaverità;lostatutodicoloro che hannol’incarico di designare
quelchefunzionacomevero”.70Tra “teoria” e
“ideologia” non vi èdunque quellaseparazione netta,quella coupure, che vitrova Althusser. Allostessomodo, sul pianodella sessualità, ilpotere non la reprime,
come crede Reich, madàsolol’impressionediconculcarla, dipenalizzarla. In realtà,traducendola indiscorso,neLavolontàdi sapere, questostessopotereelettrizzailcorpo,losensualizza,lo trasforma inproblema
continuamentediscusso, promuove lostudio delle sessualitàperiferiche e“perverse” unicamentequale fase preliminarea un loro progressivoinglobamento in unasessualità polimorfa“normale”. Sorge unnuovo tipo di
specificazionedell’individuocheègiàinattosottolaguidadistrategie anonime,mute,dispersivemessein opera dai biopoteri,forme cioè di gestionepolitica della vita, chemirano al controllodella riproduzione e alnesso (ormai avvertito
comeinscindibile)dellacoscienza con lacorporeità. Essi noncercano di distrarre isoggetti dalla politica,di spostare il suobaricentro dall’agoráall’alcova,madicreareun potere“somatizzato”, capacedientrareinognifibra,
e di esercitarsi sulledinamichedemografiche. Il corpoè avvolto nelle “spiraliperpetue del potere edelpiacere”71apartiredallo stesso periodo incui la punizione deidelitti non avviene piùattraverso suppliziefferati ed esecuzioni
pubbliche, maattraverso dolori più“felpati”, la reclusionenelle carceri (chediventano vere eproprie fabbrichestatali di delinquenza,un prodotto di cui ilpotere ha bisogno permantenere sveglia lapaura in quegli stessi
che opprime e chevengono così indotti arichiedere la suaprotezione)elapenadimorte comminatasempre più raramente,di nascosto e in formaistantanea. Nellesocietà industriali, delresto, il corpo ha unvalore maggiore che
non in quelleprecedenti, dove lamorte era, per giunta,una presenza piùfamiliare e menotemuta, perl’imperversare dellafame, dei massacri,delle epidemie o perl’alto tasso dellamortalitàinfantile.
Se il potere è oggionnipervasivo,microfisico, nonsempre identificabilenelle sue fonti diemissione,serveapococombatterlo su unpiano generale,elaborare strategiecomplessiveeutopiediriforma sociale. Poiché
esso opera suiparticolari, è suiparticolari che bisognascardinarlo (nonperché possa, inquanto tale, essereabolito e sostituito conuno migliore, masemplicemente perchéin questa forma èdiventato intollerabile),
portando la battagliasul terrenoaccidentatoe discontinuo deifocolai diinsubordinazione.Stimolato dallatradizione francese distudi polemologici – sipensi soprattutto aBouthoul –,dal librodiAron su Clausewitz e
dallateoriamatematicadeigiochiapplicataallaguerra, Foucaultdelinea un modellomilitare diinterpretazione dellapolitica e della teoria:non la dialettica, cheschiva la realtà“sempre aleatoria edaperta”, né la
semiologia, che neschiva “il carattereviolento, sanguinoso,mortale,schiacciandolasulla forma pacificata,e platonica, dellinguaggio e deldialogo”,72 possonospiegare il mondopolitico e intellettuale,ma la guerra. E non
solo quellaguerreggiata, maquella “silenziosa” chepervade il corposociale, dimodoché lapolitica, rovesciando ildetto di Clausewitz, èla prosecuzione dellaguerra con altri mezzie la teoria è sempreun’arma che produce
potere, rafforzando ilvecchioocontribuendoa crearne uno nuovo.Ladimensionepolitica,come attività collettivatesa alla modificazionedella società nel suoinsieme, cadecontestualmenteall’ideaditotalitàealladialettica. L’immagine
della totalità èinibitoria, e anche sulterreno teorico sono isaperi particolari,discontinui,specialistici,chehannoincidenza reale e chepossono progredire,mentre le costruzionigenerali (quali ilmarxismo o la
psicoanalisi)hannounafunzione solo sevengono smontate eutilizzate in singoleparti. Il concetto ditotalità è d’altrondestrettamente legato aquellodidialetticaedèdestinato a scompariregradualmenteconesso.L’homo dialecticus,
“l’essere dellapartenza, del ritorno edel tempo, l’animalecheperdelasuaveritàe la ritrova illuminata,l’estraneo a se stessoche ridiventafamiliare”,73 sta peressere superato in unaprospettiva di lungoperiodo, analoga a
quella heideggerianadell’avvento delpensieroultrametafisico.Finora l’uomo
occidentale ha dovutoconquistare la propriaidentità solocontrapponendosiall’altro da sé, alrimosso, al negativo di
se stesso (il folle, ilpeccatore, ildelinquente),perpoterpoi rientrare in sé,fortificato da questalotta e immunizzatocontro l’attrazioneesercitata da quellestesse alterità che sicombattono. Ladialetticaècosìlacifra
teorica di una praticasocialediffusadasecoliin Europa (qui lacronologia è incerta:dal ConcilioLateranense del 1215,come appare da Lavolontà di sapere, odall’âgeclassique,odaHegel?), una sorta dirito iniziatico per
diventare adulti in unmondoconflittuale,perconciliarsi, sotto ilpungolo del potere edopo lunghe peripezie,con se stessi e con larealtà.Oggi,sidirebbe,la conciliazione non èpiù possibile néauspicabileeiprivilegiaccordati alla
particolarità control’universale,all’esperienza diretta elocale contro lemediazionielatotalità,a una pluralità di“ragioni” contro laragione una emonoliticasonosintomidella dichiaratadisintegrazione del
modello dialettico, delrecupero dell’unitàattraversol’opposizione e ilmolteplice (l’idea delladialettica comesviluppo attraverso lecontraddizioni siattenuacontestualmente allacrisi dello sviluppo
reale,all’imbrigliamentodellecontraddizionidirompenti in unmondominacciatodalladistruzione nucleare ealla caduta del grandeprogetto classico diriunificazione delgenere umano sottouna ragione unica ma
in grado di accogliere,in tensione, lamolteplicità?).Foucault èqui vicino
alle posizioni diDeleuze e di Guattari,che respingonol’alternativa el’opposizione tra uno emolteplice, tra identitàe contraddizione – le
categoriefondantidelladialettica da Platone aHegel – e a essesostituisconol’alternanza di“differenza” e“ripetizione” e unaconcezionedisseminativa,“rizomatica”, dellarazionalità, in cui
esistono innumerevoliconnessioni tra regionidel sapere nonunificabili, unarcipelago di ragioninon riconducibileall’identità.74 MaFoucaultnonconsideraquesta sporulazione diforme razionali comeun fenomeno eterno.
C’è in lui l’idea (allimitedell’utopia,tantodisprezzata) che in unremoto futuro, quandola consumazione delpensierodialetticosaràcompleta, diventeràpossibile unaincorporazione nondialettica dell’alterità,analoga
all’assorbimento già inatto delle sessualitàperiferiche in unanuova sessualitànormale polimorfa.Allora, in questasituazione pacificata,“tuttoquelchenoioggiproviamorelativamente allamodalità del limite, o
della estraneità, o delnon sopportabile, avràraggiunto la serenitàdel positivo” e laragione dialetticadiventerà altrettantoincomprensibilequantolo sono per noi icomportamenti deiprimitivi: “Il gioco cosìfamiliare di mirarci
all’altro termine di noistessi nella follia, e diprotenderci all’ascoltodi voci che, venute damolto lontano, cidicono da vicino ciòche noi siamo, quelgioco, con le sueregole, le sue tattiche,lesueinvenzioni,lesueastuzie,lesueillegalità
tollerate, non sarà più,e per sempre, se nonun rituale i cuisignificati sarannoridotti in cenere.Qualcosa come legrandi cerimonie discambio e di rivalitànelle societàarcaiche”.75Nell’ultimo decennio
della sua vita Foucault(scomparso nel 1984)opera una svolta nelpropriopensiero.Passadall’analisi delleprocedure ditrasformazione degliesseriumani inoggettia quella della lorotrasformazione in“soggetti” (nel duplice,
divergente sensodell’assoggettamento edel rendersipadronidisé), dalla volontà dipotere a quella diverità, da temiaffrontati in etàmoderna a questionigià “problematizzate”nell’antichità greca eromana. L’individuo
capace di organizzarela propria esistenza edi darle significatorappresentaorailnodoprincipale dellariflessione di Foucault,che non cade tuttaviain una prospettivaindividualistica, neo-liberale o anarchico-libertaria. Lo Stato
moderno, occidentale,delresto,conoscebenela questionedell’individualità,perché non cessa diprodurla,intrecciandola peròindissolubilmente aformeditotalizzazione.Assorbe con ciò piùremote tecniche di
controllodei singoli, lacui origine risale al“potere pastorale”della Chiesa, orientatoalla salvezza degliindividui più deboli,dell’ultima “pecorelladel gregge”, anche acosto del sacrificio del“pastore”,delcapo.Siala Chiesa che lo Stato
moderno sonocostrettia conoscerel’interiorità degliindividui e aorganizzare la loroverità “singulatim”. LoWelfare State non siinteressa certo dellasalvezza dell’anima deicittadini, ma del lorobenessereeprotezione
da tutte le intemperiedella vita. In tal modopermette loro, tuttavia,di dedicarsimaggiormente aipropriprivatiobiettivi.Per quali strade il
soggettomoderno può,nello stesso tempo,sfuggire al paradossodell’individualizzazione
totalizzante eabbandonare l’illusoriorifugio della chiusurain se stesso, delladimensionecontemplativaespressadal “conosci testesso!”? Come fareper accedere al campopraticodel“governatestesso!”? Foucault
cerca ora la rispostanel mondo antico,pagano e cristiano. Inun’epoca, avvertitacome analoga allanostra (in cui i codicimorali legittimati dallatradizione hanno cioèperduto autorità eprestigio) non resta alsingolo che ricorrere
alla “cura di sé”. Inmancanza di normesocialmentecondivisibili, egli èinfattitenutoascolpiresestessoalparidiunastatua, diventandolegislatore dellapropria vita. In questafase un valoreesemplare assume, per
Foucault, l’ideale delsaggio stoico di etàromana (Seneca,Musonio Rufo, MarcoAurelio), che vuoletrasformarsi, con“esercizi spirituali”quotidiani, in operad’arte. L’“esteticadell’esistenza” sipresenta pertanto
qualeunicaeticadegnadi questo nome,“lavoro” condotto daciascuno su di sé,misura che ci si dà –come insegna lafilosofia greca del IVsecoloa.C. –anchenelgodimento deipiaceri.76Nonsi trattapiù di imporre una
disciplina agli altri permezzo dei manicomi,delle prigioni, dellefabbriche o dellescuole, ma disottomettersiindividualmente aprincipi liberamenteaccettati e lungamentemeditati. Una ulterioreconquista – di cui il
pensiero moderno siimpadronirà – vienecompiuta dalcristianesimo.La“curadi sé” degli stoici,l’esame di coscienzateso a perfezionare lapropria vita, sitrasforma nelmonachesimodeiprimisecoli dell’era volgare
inuncorpoditecnicheper costringere la“carne” a confessare isuoi peccati, perestrarre le verità piùnascoste dalleprofondità del proprioanimoeformularleconchiarezza,autoaccusandosidinanziaDio,chetutto
vedeecomprende.Alloscopoditrascenderesestesso, purificandosidalle scorie terrene, ilcristianodevepertanto“sondarsi per saperechiè,quelchesuccedeall’internodisestesso,glierrorichehapotutocommettere, letentazioni a cui si è
esposto. Ma, ciò che èpiùimportante,ognunodeve dire queste cosead altri, e portare cosìtestimonianza controse stesso”.77 L’esporsiallo sguardo di Diorende trasparente nontanto la fantasmaticaessenza del soggetto,quanto le “tecnologie
dell’io”, i meccanismianonimi della suaininterrottacostruzione.Negli ultimi corsi al
Collège de France, trail 1979 e il 1984,78 ilfilo conduttore delpensiero di Foucault ècostituito dalladomanda su come
abbia potuto formarsil’esperienza di sé,tipica del soggettooccidentale.79Sitratta,certo, di una delletante tecniche, “comene esistonoprobabilmente in ogniciviltà, che vengonoproposte o prescritteagli individui per
fissare la loro identità,per mantenerla otrasformarla infunzione di un certonumerodifini,equestograzie a rapporti dipadronanzadisésusestessi o di conoscenzadi sé da parte di sestessi”. L’aspettospecifico della cultura
occidentale consiste,tuttavia, nell’impegnoad approfondire, inmisura maggiorerispetto alle altre, leforme di scissione e dipresadidistanzadasé,le procedure dellosdoppiarsi e delguardarsi come unaltro da sé per
rientraresuccessivamente in sestessialloscopo,daunlato, di conquistarel’autonomia dellapropria soggettività,dall’altro, dimodificarsi, di auto-sovvertirsi. Consistenel porsiinsistentemente queste
domande: “Che fare dise stessi? Che lavorooperare su se stessi?Come ‘governarsi’esercitando azioni dicui si è l’obiettivo, ilcampo di applicazione,lo strumento utilizzatoe il soggettoagente?”.80Ciò vale soprattutto
daquando,allafinedelSettecento, il soggettooccidentale non siinterroga tanto sulrapportoverità/soggetto, comesi presenta inDescartes, quanto sulrapporto verità/vita,come appare nel Kantdella Critica del
Giudizio, nello Hegeldella Fenomenologiadellospirito,nell’interaopera di Nietzsche onello Husserl dellaKrisis.81 Questi autoriconvocatidaFoucaultasostegno delle sueultime posizionimostrano come, perdire la verità su se
stessi e modificarsi, visia oggi bisogno, piùche di maîtres àpenser, di maîtresd’existence.
9.Parfitoiltunneldivetrodell’identità
Per effetto dellacrescente complessità
della vita sociale e perl’espandersi dellaglobalizzazione, ladomanda sull’identitàdiciascunoesuquelladiinterigruppiopopoliha acquistato unamaggiore urgenza. Datermine logico ematematico perdesignarel’eguaglianza
di qualcosa con sestessa, la parola“identità” è cosìpassata a indicare unaforma di appartenenzaancorata a fattorinaturali (il sangue, larazza, il territorio) osimbolici (lanazione, ilpopolo, la classesociale). Inflazionata,
come il suo oppostocomplementare,l’“alterità”, è ormaidiventato difficiledescriverla una voltadepurata dalle suespesse incrostazioniretoriche.82 Proprioperquestoènecessariocapireaqualiesigenzeobbedisca il bisognodi
identità, perché siainaggirabile in tutti igruppi umani e neglistessi individui, perchéabbia questa costanzanel tempo e nellospazio, e in quanteforme, accettabili omeno,essosideclini.Da epoche
immemorabili tutte le
comunità umanecercano, infatti, dimantenere la lorocoesionenello spazioenel tempo mediante laseparazione dei propricomponenti dagli“altri”. La formazionedel “noi” esige dunquerigorosi meccanismi diesclusione più o meno
conclamatie,spesso,diattribuzioneasestessidi qualche primato odiritto. La xenofobiarappresenta il risvoltopiù rozzo edelementare dellacompattezza di gruppie comunità che sisentono o si voglionodiversidaglialtrieche
intendono manifestareper suo tramite lapropriadeterminazioneaesseresestesse.Essaè l’espressione di unforte bisogno diidentità, spesso nonnegoziabile neppure incambio di vantaggieconomici e politici.Sebbene si manifesti
attraverso una largagamma di sfumature,nella sua dinamica diinclusione/esclusione,l’identità è sempreintrinsecamenteconflittuale. Realmenteo simbolicamente,circoscrivechièdentrounadeterminataareaerespinge gli altri.
Eppure, per nonsoffocare nel proprioisolamento, ciascunasocietà deve lasciareaperte alcune porte,prevedere cioè deimeccanismi opposti ecomplementari diinclusione dell’alterità.Certo, i vincoli diappartenenza sono
necessari a ognigruppoumanoeaogniindividuo,manonsononaturali (comepotremmosopravviverese non sapessimo chisiamo?): sono staticostruiti e sonocontinuamente dacostruire, proprioperché l’identità è un
cantiereaperto.Il regolamento dei
rapporti con i nonappartenenti a undeterminato gruppomostra pertanto unacostitutivaambiguità.Ma il costruire se
stessi, nella formadell’identità, dellacoerenza, della
massimaconsapevolezza evigilanza morale èdavvero importante?Ne dubita il filosofoinglese Derek Parfit.Nella sua prospettiva“riduzionista”, infatti,identity does notmatter, l’identitàpersonalenonèciòche
importa, ciò di cuidobbiamopreoccuparci. Essa miinteressa solo comemezzoperun fine, checonsistenell’assicurarela mia continuitàpsicologica futura inqualsiasi forma (e nonsolo come personafisica, ma anche,
poniamo, come ricordoincorporato nellamemoriadialtri).Il non preoccuparsi
più dell’identità vienepresentatodaParfitsiaquale liberazionedall’angoscia di frontealla morte e dalleconnesse, inevitabilipreoccupazioni
centrateesclusivamente su sestessi, sia qualesimultaneorafforzamento delsensodisolidarietàcongli altri: “Sesmettessimodipensarecheciòchecontasialanostra identità, questofatto potrà influire su
alcunenostreemozioni,per esempio il nostroatteggiamento neiconfronti dellavecchiaia e dellamorte”.Conunaspeciedi consolatio stoica,Parfitaggiungeche,se,invece di dire: “Saròmorto”,dicessi“Noncisarà alcuna esperienza
futurachesiacollegatain certi modi alle mieesperienze presenti”,tale riformulazione delmio pensiero eatteggiamento,“ricordandomichecosacomporti il fatto dellamiamorte,melarendemeno deprimente”. Ilnonpensareall’identità
come permanenza dime stesso, ma comesganciamentodellemieesperienze dallacontinuità psicologicacol passato,renderebbe tutto assaipiùsemplice.In un’epoca in cui i
progressi dellebiotecnologie, dei
trapianti di organi,della clonazionepossono trasformare inscienza quella cheprima era science-fiction, anche l’identitàpersonale cessa diesserelegataalcriteriodella continuità fisicadell’individuo integronel tempo e della
continuità psicologicalegataallatotalitàdellapersona. È vero chel’identità non viene,come avrebbe dettoLocke, scalfita qualorami si asporti il“mignolo”. Ma cosasuccederebbe se ilmiocervelloopartediessovenisse trapiantato nel
corpo di un altro eviceversa? E cosaaccadrebbe se,mediante un’ipoteticamacchina, ilteletransporter,un’esattareplicadimestesso venisseriprodotta su Marte(tanto “identica” chesul viso vi è anche il
taglio che mi sonoprodotto questamattina mentre mifacevo la barba)? E sepoi, per un qualcheguasto, il me stessorimasto sulla Terramorisse e quello diMarte sopravvivesse,quale dei due sarebbeil vero io? Attraverso
questi esperimenti perora soltantomentali diduplicazione e diproduzione direplicanti seriali di unio (token persons)giungiamoperParfitadammettere che quelche ha valore non è lapermanenzadell’individualità in
quanto indivisibilità,ma, per l’appunto, lacontinuità psicologicacomunque raggiuntaattraverso deimediatori. Il criterio ditale tipo di continuità(relazione R)sostituisce così quellodell’identità personale:“Ciò che conta è la
relazione R. R è laconnessione e/o lacontinuità psicologicadovutaalgiustotipodicausa”.Il sereno abbandono
dell’identità personaleproduce una effettivaemancipazione dallepaure, poiché –cessando di mirare
all’immortalità – siguadagna unamaggiore pienezza disenso. Esso èparagonabile a unparadossale sistemazen per ritrovare sestessi. Accade, in altritermini, qualcosa dianalogoallanciodiunafrecciaquandononsiè
più ossessionatidall’incalzante volontàdifarcentroesifiniscecosì–perilfattostessodi esserecompletamenterilassati e nonconcentrati – percogliere effettivamenteil bersaglio. Tradottoancora in altri termini,
si potrebbe dire: nonpensare all’identità,perché tanto èl’identità che pensa ate stesso. Taleatteggiamento cipermette cosìdiuscireda un lungo incubo:“Quando credevo chela mia esistenza fossequel fatto ulteriore, io
misentivoimprigionatoin me stesso. La miavita mi sembrava untunnel di vetro in cui,anno dopo anno, mimuovevo sempre piùvelocemente,eallafinedel quale c’era il buio.Quando cambiaiopinione, le pareti delmio tunnel di vetro
scomparvero. Ora vivoall’aria aperta. C’èancora una differenzatra lamiavitaequelladegli altri, ma unadifferenza minore. Glialtrimisonopiùvicini.Iomiinteressodimenodelrestodellamiavitae mi interesso di piùdellavitadeglialtri”.83
1E.Husserl,Ideeperuna fenomenologiapuraeperunafilosofiafenomenologica,Einaudi, Torino 1965,p.123.2Th.W.Adorno,Sulla
metacritica dellagnoseologia, SugarCo,Milano1964,p.203.3E.Husserl,Ideeper
una fenomenologiapuraeperunafilosofiafenomenologica‚cit.,p.59.4Ivi,p.584.5 E. Husserl, Ms. D
13xxiv,cit.inG.Piana,Un’analisi husserlianadelcolore,in“autaut”,marzo1966,92,pp.21-30.
6E.Husserl,Ideeperuna fenomenologiapuraeperunafilosofiafenomenologica‚ cit.,pp.455-456.7 Id., La crisi delle
scienze europee e lafenomenologiatrascendentale, ilSaggiatore, Milano1961,p.46.
8Cfr.ivi,p.47.9E.Husserl,Ideeper
una fenomenologiapuraeperunafilosofiafenomenologica‚cit., ii,Ricerchefenomenologiche soprala costituzione, pp.764-765,49,580.10 A. Schütz, Sulle
realtà multiple, in
Scrittisociologici,Utet,Torino1979,p.205.11 Id., Il problema
della rilevanza,Rosenberg & Sellier,Torino1975,pp.56-57.12 P. Berger, B.
Berger,H.Kellner,TheHomeless Mind,Penguin Books,Harmondsworth1973e
P. Berger, Le piramididel sacrificio. Etica,politica etrasformazione sociale,Einaudi, Torino 1981,pp.140-143.13 S. Beckett, Testi
per nulla, in Primoamore. Novelle. Testiper nulla, Einaudi,Torino1979,p.111.
14 Sh. Cavan,LiquorLicence: AnEthnography of BarBehavior, AldinePublications, Chicago1966.15Cfr.M.Heidegger,
Essereetempo(1927),Longanesi, Milano1970, Sezione ii, ii, §§57,pp.414,416.
16 M. Heidegger,L’epoca dell’immaginedel mondo, in Sentieriinterrotti, La NuovaItalia, Firenze 1968,pp.89-90.17 Id., Perché i
poeti?, in Sentieriinterrotti,p.287.18Ibid.19 M. Heidegger,
Oltrepassamento dellametafisica, in Saggi ediscorsi, Mursia,Milano1976,p.46.20 M. Heidegger, La
questionedellatecnica,inSaggiediscorsi‚cit.,p.11.21Ivi,p.12.22Ivi,p.13.23 M. Heidegger,
Perché i poeti?‚ cit., p.267.24 Cfr. Cartesio,
Opere, Laterza, Bari1967, ii, pp. 81-82; G.Simmel,DerHenkel, inPhilosophische Kultur(1911), ora in Dasindividuelle Gesetz.PhilosophischeExkurse, Suhrkamp,
Frankfurt a. M. 1968,pp. 96-104 e E. Bloch,Una vecchia brocca(1918), in Spiritodell’utopia, La NuovaItalia, Firenze 1980,pp. 11-14 (su cui cfr.anche Th.W. Adorno,Henkel,KrugundfrüheErfahrung, in Aa.Vv.,ErnstBlochzuehren,a
cura di S. Unseld,Suhrkamp,Frankfurta.M.1965).25 M. Heidegger, La
cosa, in Saggi ediscorsi‚cit.,p.114.26 E. Bloch, Una
vecchia brocca‚ cit., p.13.27 Cfr. W. Benjamin,
Franz Kafka, in
Angelus Novus,Einaudi, Torino 1962,p.282.28F.Kafka,Racconti,
Feltrinelli, Milano1964,pp.147-148.29 L. Wittgenstein,
Tractatus logico-philosophicus, Einaudi,Torino 1964, 4.014,4.0141.
30Ivi,4.016.31Ivi,5.1361.32Ivi,6.3.33Ivi,6.44.34 L. Wittgenstein,
Ricerche filosofiche,Einaudi,Torino1967,I,§23,p.22.35Ivi,I,§65,p.46.36Ivi,I,§38,p.31.
37Ivi,I,§108,p.65.38Ivi,I,§88,p.59.39Ivi,I,§107,p.65.40Ivi,II,p.290.41 Cfr. S. Weil,
L’Iliadeoulepoèmedela force (1940-41), inOeuvres complètes,Gallimard, Paris 1988sgg.,t.ii,iii(1989),pp.227-253, in particolare
pp.227,236,231.42 Id., Attente de
Dieu (1942), LaColombe, Paris 1949,p.87.43 J.-P. Sartre,
L’essere e il nulla, ilSaggiatore, Milano1965,p.325.44Ivi,p.328.45Ivi,p.333.
46 J.-P. Sartre, Ilrinvio, Mondadori,Milano 1973, pp. 384-385.47 J.-P. Sartre,Santo
Genet, commediante emartire, il Saggiatore,Milano1972,p.18.48 Id., Immagine e
coscienza, Einaudi,Torino1948,p.21.
49Ivi,p.193.50Ivi,p.284.51J.-P.Sartre,Critica
dellaragionedialettica,il Saggiatore, Milano1963,i,p.29.52Ivi,i,p.65.53Ivi,i,p.387.54 Cfr. A. Esterson,
Foglie di primavera.Un’indagine dialettica
sulla follia (1970),Einaudi, Torino 1973,p. 42: “Per esempio,Giovanni si consideraun uomo affettuoso eamichevole e vede cheGiacomo lo considerafreddo e riservato. SeGiovanni si identificacon l’opinione cheGiacomo ha di lui, la
sua identità èsignificativamentealterata”.55 R.D. Laing, La
politica dell’esperienza(1967), Feltrinelli,Milano 1968, pp. 114,133.56Ivi,pp.177-178.57Ivi,p.178.58 R.D. Laing, Nodi
(1970),Einaudi,Torino1974,p.55.Cfr.Id.,Miami? (1976), Einaudi,Torino1978,p.47:“Leièodiosaconme, /cosìiosonoodiosoconlei /lei segue me / così ioseguolei”.59 Cfr. G. Bateson,
M. Mead, BalineseCharachter. A
Photographic Analysis,The New YorkAcademy of Sciences,New York 1942; ilvolume è corredato dacirca700fotografie.60 Questo e altri
esempi in P.Watzlawick, J.H.Beavin, D.D. Jackson,Change (1974),
Astrolabio,Roma1978.61 G. Bateson,
Doppio vincolo (1969),in Verso un’ecologiadella mente, Adelphi,Milano1978,p.299.62 M. Foucault,
Sorvegliare e punire,Einaudi, Torino 1976,p.33.63M.Merleau-Ponty,
IldubbiodiCézanne,inSenso e non senso,Garzanti,Milano 1974,p.33.64Ivi,p.32.65Ivi,p.33.66M.Merleau-Ponty,
L’occhio e lo spirito(1964), SE, Milano1989,p.23.67 Id., Il visibile e
l’invisibile (1964),Bompiani, Milano1993,pp.223,232.68 M. Foucault, La
nascita della clinica,Einaudi, Torino 1969,pp.8-9.69 M. Foucault,
Sorvegliare e punire‚cit.,pp.218,220.70 M. Foucault,
Microfisica del potere,Einaudi, Torino 1977,p.25.71 Id., La volontà di
sapere, Feltrinelli,Milano1985.72 M. Foucault,
Microfisica del potere‚cit.,p.9.73 M. Foucault, La
follia, l’assenza
d’opera, in appendicealla seconda edizioneitaliana di Storia dellafollia nell’età classica,Rizzoli,Milano1977,p.628.74 Cfr. G. Deleuze,
Differenza eripetizione, il Mulino,Bologna 1971; Id.,Logica del senso,
Feltrinelli, Milano1975; G. Deleuze, F.Guattari, L’Anti-Edipo,Einaudi,Torino1975eG.Deleuze,F.Guattari,Rizoma, Pratiche,Parma1977.75 M. Foucault, La
follia, l’assenzad’opera,cit.,p.627.76 Cfr. M. Foucault,
La cura di sé (1984),Feltrinelli, Milano1985; Id., L’uso deipiaceri (1984),Feltrinelli, Milano1985.77 M. Foucault,
Interview de MichelFoucault (1981,pubblicatanel1984),inDits et écrits, 4 voll.,
Gallimard, Paris 1994,vol.IV,p.659.78 Mi riferisco,
soprattutto, a M.Foucault, Legouvernement desvivants, Paris,Gallimard, 1994, trad.it. Il governo deiviventi,inId.,IcorsialCollège de France. I
Resumés, Feltrinelli,Milano 1999, pp. 91-96; Subjectivité etvérité, inResumés descours 1970-1982,Gallimard, Paris 1994,trad. it. in Id.,Soggettivitàeverità,inI corsi al Collège deFrance. I Resumés,Feltrinelli, Milano
1999, pp. 97-103;Lezionedel1°febbraio1982, inL’herméneutique dusujet.CoursauCollègede France 1981-1982,Seuil-Gallimard, Paris2001, trad. it. in Id.,L’ermeneutica delsoggetto. Corso alCollège de France
(1981-1982),Feltrinelli, Milano2003;Lecouragedelaverité. Legouvernementdesoietdes autres: cours auCollège de France1983-1984,Seuil/Gallimard, Paris2009, trad. it. Ilcoraggiodellaverità.Il
governo di sé e deglialtriII.CorsoalColègede France (1984),Feltrinelli, Milano2011.79 Cfr. Id., Lezione
del 1° febbraio 1982,trad.it.cit.,p.202.80 M. Foucault,
Subjectivité et vérité,trad.it.cit.,pp.97-98.
81 Cfr. Id., Lezionedel 24 febbraio 1982,in L’herméneutique dusujet.CoursauCollègede France 1981-1982,trad. it. cit., pp. 275-276.82 Cfr. F. Remotti in
Contro l’identità,Laterza, Roma-Bari2007 e per la
valorizzazionedell’Altro che ci vedetutti reciprocamentestranieri, cfr. E. Jabès,Uno straniero con,sotto il braccio, unlibro di piccoloformato, SE, Milano1991 e J. Kristeva,Stranieri a se stessi,Feltrinelli, Milano
1990.83D.Parfit,Ragionie
persone (1984), ilSaggiatore, Milano1989, pp. 277, 359,333,358.
VIII.Ivincolidellatradizione
1.Ilviaggiodellavita:Blumenbergelemetafore
L’efficace metaforadel tunnel ci introducein un campo contiguodi problemi.Tradizionalmente, lemetafore vengonoritenute o unornamento retorico,un’infiorettatura dellinguaggio, oppure unvestibolo del pensiero
concettuale. Il terminemetafora (dametaphoré, che, ingreco, vuol diretrasloco, trasporto)indica il congiungere,mediante dislocazione,ciò che è distante. Visono metafore morte,diventate concetti, cheutilizziamo senza
accorgerci – secondo ilparagone di Nietzsche– che si tratta dimonetelecuiimmaginisi sono cancellate conl’uso e che valgonoormai soltanto per ilmetallo. Vi sono poimetafore vive (il cuiruolo è statosottolineato da Paul
Ricoeur),continuamenteprodottedallinguaggionormale o da quellopoetico. Esse gettanodegli arditi ponti tranozioni che non siamoabituatiavedereunite.Quanti subordinano
invece la metafora alproblema della
conoscenza, laritengono una formainferiore o spuria dipensiero, che funge dabattistrada al concettopuro, chiaro e distinto.Hans Blumenbergcerca di spezzare ilnesso istituito trapensiero aconcettualeepensieroconcettuale,
in modo da nonconsiderare lemetafore come merointroibo allarazionalità,impalcaturaprovvisoriaper erigere concetti.1Collegandoleall’husserliano “mondodella vita” (tramairriflessadistrutturedi
pensiero,disentireedicredere che abbiamoacquisito e che fannoda sfondo alla nostraconsapevolezza), eglirestituisce lorol’autonomia. Il mondodella vita è la sfera diquanto non vieneesplicitamentetematizzato, che
rimane sullo sfondo epermette a ciò che divoltainvoltadiciamoopensiamo dicampeggiare sul nondetto o sull’impensato.Ogni nostraaffermazione ha quindisenso perché si stagliasullo sfondo di ununiverso simbolico
semplicementepresupposto. Mentre iconcetti hanno dunquea che fare con lacoscienza focalizzata,le metafore siriferiscono invece almondo della vita, sonosciabolate di lucetrasversale cheilluminano nessi
significativi nondirettamenteanalizzabili. Esprimonoorientamenti, modalitàdi rivolgerciall’esperienza nondestinate a precipitareincristalliconcettuali.Iconcetti puri pagano ilprivilegio della lororelativa chiarezza e
univocità con unaperdita dellamolteplicitàdisensidelmondo della vita. Ognivolta, cioè, chepensiamo qualcosa dipreciso, conseguiamo,certo, il vantaggio divederlo chiaro edistinto con gli occhidella mente, ma nello
stesso tempo,recidiamo tutte lepossibili connessioni disensoconquantorestasullo sfondo. Lemetafore godono, alcontrario, del dubbiovantaggio, per ciò cheriguardalaconoscenza,di avere un ambito diriferimento
estremamentevasto,dipotersi, al limite,connettere con l’interaestensione del mondodella vita, ma paganoquesto beneficio conuna maggioreimprecisione. Perquestomotivo si tendea espungerle dallafilosofia e a ritenere
che si debba fare ameno di esse, quasicostituissero unamacchia impuranell’adamantinouniverso dei concetti.In realtà, nemmeno ilpensiero più astrattopuò fare a meno dellemetafore, per quantonon si riduca
completamente a esse.Vi sono infatti quelledefinitedaBlumenbergmetafore assolute,indeducibili eirriconducibili ad altremetafore o idee, e lemetaforederivate.Le metafore assolute
esprimonoorientamenti non
ulteriormentescomponibili, comel’atteggiamento checiascuno tiene nelviaggio rischiosodell’esperienza. Lametafora dellanavigatio vitae implicapertanto che vi sianocoloro che scelgono diessere attori nella
propria esistenza equelliinveceche,menopropensiadaffrontareipericoli, preferisconoessere spettatoripiuttosto che attori.2L’elemento dell’ignoto,di ciò che ci aspetta,del rischio, è appuntol’aspetto checaratterizza tanto la
metafora dellanavigatio vitae, quantoil sorgere dei miti.Poiché ciascuno hadavanti a sé uncamminochenonpotràmai conoscere inanticipo, sorge l’ideache la rotta stessa, lanavigazione intrapresaporti consiglio, che si
formi, grazie a essa,un’esperienza. Initaliano il vocabolo“esperienza” è, inquesto caso, menopregnante che in altrelingue. In tedesco“esperienza” si diceErfahrung, parola checontieneinsélaradicedi fahren, “viaggiare”.
Perciò fare esperienzasignifica viaggiare o,per estensione,navigare. Corrispondeal paradigma diOdisseo, l’eroe chemolto ha viaggiato emoltohasoffertoeche,proprio per questo, ècapacediindirizzarelasua perigliosa rotta
attraverso tutti gliostacoli divini e umaniche gli vengonofrapposti.Nel passato
l’esperienza siaccumulava. Oggi,invece, ci troviamo inuna situazione in cui –cambiandorapidamente le cose –
gli insegnamenti delpassato perdono dipeso rendendoindeterminate anche leaspettative del futuro.L’etàmoderna,segnatadall’appariredell’“uomocopernicano”, segna lafine delle sicurezzeteologiche, fondate
(perquanto riguarda ilnostro mondo) sulLibro per eccellenza,sulla Bibbia. Èun’epoca che inaugurala ribellione el’“autoaffermazione”dell’uomonei confrontidellasottomissionealleautorità che sirichiamano al
sovranaturale, accendeil desiderio del nuovo,spinge a compiereviaggi di scoperta interra incognita (nonsolo in sensogeografico, ma anchecomecircumnavigazione delglobus intellectualis oproiezione verso il
mondodell’infinitamentegrande edell’infinitamentepiccolo, degli astri edeimicrobi).Anche il mito
costituisce perBlumenberg – uno deiprotagonisti dellacosiddetta Mythos-
Debatte, assieme aManfred Frank e aKarl-Heinz Bohrer –una strategia per farfronte all’ignoto, perresistere all’angosciaamorfa e senza nomeprovocata negli uominidallo strapotere dellarealtà. Il mitodepotenziainfattiilsuo
“assolutismo”inventando spiegazioniper l’inspiegabile, cosìda rendere il mondopiù familiare. Perquesto l’antitesi tramito e ragione nonsorge subito. Essa è“una tarda e cattivainvenzione, perchérinuncia a considerare
la funzione del mito,nel superamento diquella estraneitàarcaica del mondo,come una funzioneanch’essa razionale,per quanto opportunapotesse apparire, alavoro fatto, lascomparsa dei suoimezzi [...]. Il mito
stesso è un pezzo diimpareggiabile lavorodellogos”.3Riconosciamo che
qualcosa è un mitoquando non cicrediamo più, quandole retrovie del mondodella vita nonforniscono piùsufficiente alimento al
nostropensiero.
2.“Nessunoconoscesestesso”:Gadamerel’ermeneutica
Blumenberg è unavversario della“secolarizzazione”.Noncrede,nellafattispecie,che il pensiero
moderno sia inrelazione di continuitàcon quello medioevale,nel senso che le idee“laiche” elaborate nelsuo ambito siano unatraduzione o unadattamento diprecedenti dogmiteologici o metafisici.L’“uomo copernicano”
ha introdotto nel suomondo novità inauditee, interrompendo ilegami con latradizione, harealmente lasciato ilpassato libero dipassare, aprendo il“tempo nuovo”,Neuzeit, ossia lamodernità. Per
Gadamer, al contrario,noi non possiamo maistrapparci dallatradizione. Lacoscienzadell’individuo noncostituisce infatti uncentro autosufficiente,isolato rispetto allarealtà della storia chelo circonda: fa parte
del mondo, con cuicomunica mediante illinguaggio.Interpretiamo glieventi solo all’internodell’orizzontedeterminato dallanostra appartenenza auna tradizione, ai suoispecifici – e dapprimainspiegati –
presupposti. Il nostrointendere non è, diconseguenza, mailogicamente puro,neutro, incondizionato.Come già per l’ultimoWittgenstein, ancheperGadamerèillusorioimmaginare che ilnostro animo sia comeunatabularasaprivodi
condizionamenti o dicertezze pregresse:“Chi volesse dubitaredi tutto, nonarriverebbe neanche adubitare. Lo stessogioco del dubitarepresuppone già lacertezza [...]. Ilbambino impara,perché crede agli
adulti. Il dubbio viendopo la credenza”.4 Sicapisce qualcosa soloperché disponiamo giàdella“precomprensione” diessa, ossia di un’idearecepitachecisegnaeci orienta, almeno finoa quando non siamospinti a cercare
ulteriormente, adapprofondire questanozione irriflessaperchénel frattempoèdiventata problematicae insoddisfacente. Il“circolo ermeneutico”mostra appuntoall’opera taleprecomprensione deltutto, in quanto
provvisoriaanticipazionedell’articolataconoscenza delle parti,la quale – una voltaavvenuta–modificheràl’immaginedell’insieme, in unprocesso ricorsivo emai concluso disuccessive rettifiche e
aperture.La storicità significa
dapprima che ogniprecomprensione è unpregiudizio e,generalizzando, che latradizioneèunaretedipregiudizi. Ma“pregiudizio” nonequivale a giudiziofalso, a qualcosa di
intrinsecamentenegativo: si giudicasempre, enecessariamente,daunproprio punto di vistalimitato, prima ancoradi aver capito più afondo una questione.Nessuno è esente dapre-giudizi: “Chi pensadi essere sicuro della
propria libertà daipregiudizi fondandosisull’oggettività delmetodo e negando lapropriacondizionatezza storicasubiscepoi laforzadeipregiudizi che lodominano in modoinconsapevole eincontrollato,comeuna
vis a tergo. Chi nonvuol riconoscere igiudizi che lodeterminano, nonsaprà vedere neppurelecosechealla lucediessiglisimostrano”.5Alla ricerca di vitree
trasparenze,l’Illuminismo hascreditato l’idea di
pregiudizio,dichiarandogli guerra:“Così facendo, esso hacompiuto anche unaspecie di liberazione,un’emancipazionedellospirito. Se però se netrae laconclusionechesi possa diventaretrasparenti a se stessi,sovrani nel proprio
pensare e agire, alloraci si sbaglia. Nessunoconosce se stesso.Portiamo da sempreimpressa in noi unatraccia,enessunoèunfogliobianco”.6Noi tutti siamo
indelebilmente segnatida quanto abbiamoereditato e assorbito
dalla tradizione. Anchevolendo, non possiamoquindi depurare noistessi dai nostripregiudizi e daiprecondizionamentistorici, non possiamocancellare quanto lastoria ha scritto soprail “foglio” della nostravita: possiamo solo
riscriverlo, rielaborarloincessantemente. Nonattingeremmo infatti,nel caso dell’eventualeevaporazione deipregiudizi, delle veritàeterne:raggiungeremmo, alcontrario,ilpurovuotomentale. Eliminate letracce, fatte
scomparireleimprontedella tradizione, nonrimane nulla.L’importante è nonrestare attaccaticaparbiamente opresuntuosamente aipregiudizi: “Il discorsonon è un puro esemplice sciorinaredeinostri pregiudizi,ma li
mette in gioco, liesponeainostridubbi,come alla replicadell’altro [...]. Lasemplice presenzadell’altro che ci si fainnanziaiuta,giàprimache questi prenda laparola per replicare, ascoprire i nostripregiudizi e la nostra
parzialità, adisfarcene”.7Esistono peraltro
“pregiudizi legittimi”,che dovrebbero essererivendicati,comequellirelativi all’“autorità” oalla “tradizione”. Traragione e tradizione,soprattutto, non vi èaffatto quell’inimicizia
assoluta a cuil’Illuminismo vuol farcredere, allorchéidentifica la tradizionecon la ciecasottomissione adautorità indimostrabilie arbitrarie: “Anche lapiù autentica e solidadelle tradizioni non sisviluppa naturalmente
in virtù della forza dipersistenza di ciò cheuna volta si èverificato, ma habisogno di essereaccettata, di essereadottata e coltivata.Essa è essenzialmenteconservazione, quellastessa conservazionecheè inoperaaccanto
e dentro ognimutamentostorico[...].Persino dove la vita simodifica in modoburrascoso, come nelleepoche di rivoluzione,nelpretesomutamentodi tutte le cose siconserva del passatomolto di più di quantosi immagini, e si salda
insieme al nuovoacquistando unarinnovatavalidità”.Piuttosto che
liberarci dallatradizione consideratacome un peso, occorrescoprirne l’intimaricchezza, per il fattoche non è mai néunivoca, né chiusa:
“Ciò che riempie lanostra coscienzastorica è sempre unamolteplicità di voci,nelle quali risuona ilpassato. Solo nellamolteplicitàdi tali vociil passato c’è: questocostituisce l’essenzadella tradizione di cuisiamo e vogliamo
divenire partecipi”.8 Ilsentire se stessi comeappartenenti a unastoria implica ilriconoscimentodi altrestorie e di altrepersone, il lasciarechevoci diverse ediscordanti sicontrapponganoall’interno di ciascuno
di noi e così lodelimitino. Solocomprendendol’alterità in noi stessi,mettendoci alla prova,siamo in grado diallargare il nostroorizzonte e, perconverso,didefinirci eindividualizzarci.Infatti, proprio perché
il nostro orizzonte ècircoscritto, esso puòin seguito estendersi.Capire significaprovocareuna“fusionedi orizzonti”, proprioperché la verità non èmonologica, madialogica, perché nonsvela qualcosa chepreesiste, ma il
risultato dell’intenderee dell’interpretare incomune. In una simileottica la storia e l’artegenerano conoscenzevalidissime,perquantoprive della rigidità delmetodo scientifico. Piùvicineal“gioco”(lecuiregole si impongono aipartecipanti senza per
questo inibire la lorocapacità di innovareentro contesti dati),entrambe permettonodi comprendere ilmondo comerielaborazionediscontinuadivissutiincui inserireattivamente la propriaattività, considerandosi
parte di una piùgeneraleWirkungsgeschichte, diuna “storia deglieffetti” che nonriguarda nudi fatti,bensì eventi giàinterpretati da altri,oggetti intrisi disoggettività esoggettività mediate
conl’oggettività.
3.LamitologiabiancadiDerrida
Seppure sotto unaltroprofilo,ancheperJacques Derrida nonbisogna abbandonare icondizionamenti dellatradizione in favore
dell’Autentico edell’Originario che sicelerebbe dietro lavarietà dei fenomeni.Per questo – adifferenza diBlumenberg – non sidanno “metaforeassolute” cheprecedano il pensieroconcettuale. Nessuna
metafora è infatti ingrado di uscire dalcerchio magico della“metafisica”, della“mitologia bianca, cherassomigliaeriflettelacultura dell’Occidente”(quella in cui l’uomobianco scambia ilpropriopensieroconlaforma universale della
razionalità). Lametafora non puòsfuggire al concetto.Entra necessariamentea far parte del corteodelle sue antinomiemetafisiche: di sensoproprio e non proprio,di sostanza eaccidente,dipensieroelinguaggio o di
intellegibileesensibile.È dunque interna alpensiero filosoficostesso nel suoinesausto e sempreincompiuto procederedal figurato al proprio,che non giunge mai asuperare il mito, asvelare qualcosa, amostrare la nuda
verità. Ogni ri-velazione è, insieme,unvelaredinuovo.Chinon lo capisce e vuolerinvenire il sensoproprio dietro il sensofigurato ricade nella“metafisica dellapresenza”, crede nelmanifestarsi dellaverità “in persona”,
davanti a lui. Lemetafore non siusuranonelsensodiunloro dissolversi finalenel concetto (purcompensato dalrampollare continuo dimetafore vive epotenti), ma di unaaccumulazione e di unprestito continuo. Si
spostano cosìcircolarmente, esconoed entranonell’orizzontepercettivodelpensiero,rappresentando l’Altroineliminabile dellaconcettualità. Anche ladimensioneconcettuale, diconseguenza, non
scompare, se nontransitoriamente, nellametafora stessa, suapermanente riserva disenso.9La “metafisica” – a
partire dalle originidella filosofiaoccidentale sino aHusserl – associa laverità all’immediata
presenza dell’esserealla coscienza, inquanto significato chesi rivela al soggettonellaformaprivilegiatadella parola. Con lavittoria del “fono-logo-centrismo” la scritturaappare quale letteramorta, degradazionedel parlato.10 Derrida
rivendica invece lasupremazia dellascrittura, già attaccatada Socrate nel Fedro.Essa è infattioggettività chetrascende il soggetto,lavocedellacoscienza,traccia che sussistedopo la morte degliindividui. È simultaneo
rinviodeisegniadaltrodaséeasestessi,auncorpo aperto di testi esituazioni dainterpretare in uninfinito giocolabirintico di rimandi,deviazioni,disseminazioni, scarti,ritardi, ripetizioni edifferimenti da cui non
si esce (“différance”).Di ogni testo osituazione interpretatanon possiamo dunquevenire a capointeramente. Anzi,l’assoluta trasparenzali distruggerebbe,sottraendo loroquell’eccesso di sensoche travalica
l’immediatapresenzaeche travalica i confinidel logos. Identità edifferenza(“différence”),autoriferimento eallusione, si implicanoinfatti originariamentea vicenda, in quanto isegni stessi dellascrittura costituiscono
la presenza diun’assenza.Soprattuttoin un mondo in cui laraccoltaeregistrazionedi informazioni e ditesti sta diventandomonumentale, nessunaesperienza puòdiventare satura, cosìcome nessunainterpretazione
esaustiva: prendendocongedo dalle pretesedi ricostruzionesistematica e unitariadel senso, ogni testopuò venire“decostruito”, così damostrareilfittotessutodi rimandi edifferimenti, che nonconducono però ad
alcun originale, adalcunesserecomepurapresenza. Gadamerricorda di esserescampato alladissoluzione delladialettica attraversol’uscitadisicurezzadeldialogo, mentreDerrida,dice,hasceltola strada della
decostruzione, in cuil’unità di senso non sidissolve “nel vivocolloquio, ma nellatrama dei rapporti disensochestaallabasedi ogni parlare”.11 Iltermine“decostruzione”, ormaialla moda soprattuttonella cultura
americana, non vatuttavia inteso comedesiderio iconoclasticodi impossibiledistruzione del logos,quanto piuttosto comevolontà di disarticolareil sistema dei rimandi,di “slogare l’unitàverbale” in modo darenderla meno
anchilosata e piùconsapevole dei propricondizionamenti, cioèdi quanto le impediscedi conseguire la veritàe l’autenticitàassolute.12Al pari della “lettera
rubata”delraccontodiPoe (esaminato,tramite Lacan, in Il
fattoredellaverità, del1975), l’evidenza è lacosa più nascosta el’eccesso di evidenzaacceca.Letenebrenonsi dissiperanno mai,anche perché la“violenza della luce”non costituirebbe unavittoria. Come bensapevano Platone e
Hegel, nella pura luceci si vede altrettantopoco che nell’oscuritàpiù totale. Solo ledifferenze, lesfumature, lecomparazionipermettono il vedere eil comprendere(soprattutto al di fuoridellametafisicaedella
metaforica della luce edella presenza). Epoiché lametafisicahaproceduto alla“cancellazione dellatraccia”, si impone orailcompitodiprocedereverso il suo“oltrepassamento”. Maciò non è possibileattraversoun“salto”.Il
lungo congedo dallametafisica non ladistrugge: la tieneinsormontabilmentesullo sfondo,mostrandone le infiniteramificazioni nei nostrimodi di pensare, disentireediatteggiarci.Non potendoconseguire una più
fedele immagine delmondo irriducibile allapura presenza (inquanto,heideggerianamente,l’essere si sottraementre si dà), lafilosofia risulta“parassitaria” rispettoalla sua tradizionemetafisica. È soltanto
in grado di mostrarnele esitazioni, leambiguità, iriverberieglispostamenti.
1 Cfr. H.Blumenberg,Paradigmiper una metaforologia
(1960), il Mulino,Bologna 1960; Id., Laleggibilità del mondo(1981), il Mulino,Bologna1984.2 H. Blumenberg,
Naufragio conspettatore (1979), ilMulino,Bologna1985.3 H. Blumenberg,
L’elaborazionedelmito
(1979), il Mulino,Bologna 1991, pp. 75,35.4 L. Wittgenstein,
Della certezza (1950-51), Einaudi, Torino1978, proposizioni 115e160,pp.22,29.5 H.G. Gadamer,
Veritàemetodo(1960),Bompiani, Milano
1983,p.417.6 Id., in Dialogando
conGadamer,acuradiC. Dutt, Cortina,Milano 1995, pp. 17-18.7 H.G. Gadamer,
Ermeneutica edecostruzionismo, inVerità e metodo 2(1986-93), Bompiani,
Milano 1996, pp. 296-297.8 Id., Verità e
metodo, cit., pp. 330,333.9 J. Derrida, La
mythologie blanche, in“Poétique”, 1971, 5,pp.1-52, inparticolarepp. 4, 52 (ora inMarges de la
philosophie, ÉditionsdeMinuit,Paris1972).10 Cfr. Id., La
scritturaeladifferenza(1967),Einaudi,Torino1971; Id., Dellagrammatologia (1967),Jaca Book, Milano1969; Id., La farmaciadi Platone, in Ladisseminazione (1972),
Jaca Book, Milano1972. Si potrebbebanalmente obiettare:lascritturanonèforsepiù permanente e“presente”dellaparolache dilegua dopoessere statapronunciata?Eperché,poi, la scrittura,l’“architesto”,
dovrebbe precedere ilparlato? L’argomentoche la parolapresuppone la“spaziatura” tra letterae lettera nonpresuppone, a suavolta, l’isolamento e lascelta, storicamentesituabili, dei singolisegni all’interno di un
alfabetocostruito?11 H.G. Gadamer,
Decostruzione einterpretazione, in“autaut”,1985,208,p.7.12 Gli interessi di
Derridasisonoanzipiùtardi allargati indirezionemaggiormente“ricostruttiva” e
politica. Si è cosìoccupato dei motividell’adesione diHeidegger alnazionalsocialismo, delsignificatodelpensierodiMarx, inuna fase incui il suo pensierosembra travolto dalcrollo dei regimisocialisti dell’Est, del
ruolo dell’Europa ogginel suo proiettarsiverso la civiltàmondiale, dell’amiciziao dell’ospitalità; cfr. J.Derrida, Dello spirito.Heidegger e laquestione (1987),Feltrinelli, Milano1989; Id., Oggil’Europa (1991),
Garzanti,Milano 1991;Id.,Gli spettri diMarx(1993),Cortina,Milano1994 e Id., Politichedell’amicizia (1994),Cortina,Milano1995.
IX.Vitaactiva
1.Arendt:pensare,volere,giudicare
Esaminando lecatastrofi prodotte daitotalitarismi del nostro
secolo e laconseguente, ulteriore,degradazione dellapolitica, HannahArendtnehacercatoleradici profonde nelprogressivostravolgimento della“vita della mente”,nelladistorsionesubitadalle nostre tre
irriducibili facoltà: ilpensare, il volere e ilgiudicare. Alla base diquesto invisibiledisastro storico sta laseparazione modernadi teoria e prassi, percui si ritiene l’agiremera applicazione diun concetto o di unprogetto già
autonomamenteelaborato dalla teoria.Quando la volontà sitrasforma in bracciosecolare del pensiero,finisce tuttavia perdiventare cieca. A suavolta, la puracontemplazione, dopoavere per millenniaffermato la propria
supremazia,ècostrettaa dichiarare la suaimpotenza. Il prevaleredella modernaconvinzionechel’uomoconoscesoloquellochefa, conduce poi aldefinitivoprivilegiamentodell’operare e allacomplementare
svalutazione di ogniforma di pensiero chenon si traducaimmediatamente inazione. Nel sostenereche “i filosofi si sonofinora limitati ainterpretare il mondo,ma si tratta dicambiarlo”, il Marxdell’undicesima delle
Tesi su Feuerbachlegittima,contro lesuestesse intenzioni, unavalanga di pregiudizi.Lascia credere cheinterpretare il mondocostituisca un lusso,che il pensiero sia unparassita e che bastil’azione rivoluzionariaa rivelare il nuovo
mondo racchiuso nellacrisalide del vecchio.Ponendo fortementel’accentosulvaloredel“lavoro”, inteso comemodificazione delmondo eautomodificazionedell’uomo, Marx hacontribuito inoltre acancellare la
distinzione, chiara agliantichi, tra poiesis epraxis, tra l’operare ofare (produzione di unmondo artificiale dicose) e l’agire (“solaattività che metta inrapporto diretto gliuomini senza lamediazione di cosemateriali”). Il fare dà
luogo all’homo faber,capacedicontrollarelarealtà mediante latecnica;l’agireallavitapolitica, o vita activa,come la chiamavano ilatini. Bisognerebbeaggiungere che lapraxis e l’agire sonoconsiderati, daAristoteleaHegel,una
forma di conoscenza:quella che si prendecuradeglieventiumanie naturali nella loromutevolezza, noncoglibile attraversoleggi o schemi rigorosie a priori (ma cheposseggono tuttaviaconsistenza, se nonaltro perché la
regolarità del mondoumanovieneassicuratadal fatto che siamoattorniati da istituzionie cose più durevolidell’attività che le haprodotte). La scienza,al contrario, si occupadelle “cose che nonpossono esserediversamente da ciò
che sono”, degli entidella matematica odell’astronomia, che –proprio in quantoimmutabili ed eterni –possono diventareoggettodellateoria.Nel rivendicare il
ruolo della politica,Hannah Arendtrecupera la tradizione
del pensierociceroniano, cheponeva la vita activaaddirittura al di sopradella vitacontemplativa, tantoche i romaniimpiegavano comesinonimi “vivere” ed“essere tra gli uomini(inter homines esse)”.1
Selapoliticaèdunqueinter homines esse, lasuaessenzasi rinvieneproprioinquesto“tra”,nell’ottimizzare larelazione reciproca diindividui e gruppiaventi interessi eprogetti differenti. Lapolitica, al paridell’azione, è infatti
plurale, presupponesempre gli altri: “sifonda sul dato di fattodella pluralità degliuomini [...] tratta dellaconvivenza ecomunanza deidiversi”.2 Sotto questoprofilo,essarispetta lamolteplicità dei puntidi vista e la loro
incomponibilità,rifiutando l’intimazionead appiattire tutte leopinioni sotto la ferreadittatura di unapresunta veritàincondizionata che neeliminerebbe ilcarattere ottusamenteparziale.Allapoliticaèdunque
costitutivamentenecessaria la “libertà”,l’agire autonomo degliindividui in quantocapacità di dare inizioaqualcosadinuovo,dinon previsto daimeccanismi causali delmondo. La libertà è,con le parole di Kant,quel “miracolo del
mondo fenomenico”che introduce il nonesistentenell’esistente.Non si è però liberisoltanto quando siagisce:“Disgraziatamente, adifferenzadi ciò che sipensa di solito circa laproverbialeindipendenza da torre
d’avorio dei pensatori,nessun’altra facoltàumana è cosìvulnerabile, e difatti èmoltopiùfacileagireincondizioni di tiranniachenonpensare”.3Avendo ricevuto la
delega di prefigurareattivamente un futurosempre più aperto, la
volontà ha comunqueassunto, in etàmoderna, un ruolodominante. Lapercezionedell’aumentataindeterminatezzadell’avvenire acuisce ilbisognodispecificareevisibilizzare in formericonoscibili da tutti i
principali obiettivipolitici. Favorisce cosìilsorgerediideologieedi utopie radicali, chemobilitano tanto piùmassicciamente lepopolazioni,quantopiùdifficili e incerti sonogli scopi daraggiungere. Proprioperché, in genere, i
singoli sono costretti aun’intima solitudine,senza essere in gradodi concepire piani divita sensati, i regimitotalitari esercitano sudi loro un’attrazioneche li induce asottomettersi senzariserve. Tale potereapparesalvificoproprio
nel far dimenticare ledifferenze, essenzialialla politica. Sotto lamaschera dellasolidarietà di razza, dinazione o di classe, ilterrore fissaulteriormente taleatomismo, chiedendouna incondizionatafedeltàalpartitooalla
patria a persone senzasaldi legami confamiliari o amici: “Laprincipalecaratteristicadell’uomodimassanonera la brutalità e larozzezza, mal’isolamento e lamancanza di normalirelazioni sociali”.
L’etica del sacrificio,propagandata eimposta,nonsiappellaquindi all’abnegazionecome virtù, “ma comesenso della nessunaimportanza del proprioio, della suasacrificabilità”.4 Sichiede agli individuil’obbedienza
automatica, laregressione al regnoanimale, alla pura vitabiologica, a unacondizione in cui lacatena di comandorestisaldaeindiscussa.Come ricorda EliasCanetti, “l’ordineèpiùantico del linguaggio,altrimenti i cani non
potrebbero conoscerlo.L’addestramento deglianimali si fondaproprio sul fatto cheessi, pur ignorando illinguaggio, imparano acapire ciò che sirichiede loro [...]. Ilpotere del comandonondeveesseremessoin dubbio; se si è
affievolito, deve esserepronto a riaffermarsiconla lotta.Perlopiù,tale potere continua aesserericonosciutopermolto tempo.Sorprende notarequanto di rado siesigano nuovedecisioni: ci siaccontentadegli effetti
delle decisioni ormaiconsuete. Nei comandirivivono le battaglievittoriose, ognicomando eseguitorinnova una vecchiavittoria”.5Sia il totalitarismo
che la perdita disignificatodell’esistenza nelle
democraziecontemporanee sono ilprodotto degliautomatismi e dellapassivizzazionedi tuttele tre facoltà: delpensare,chenonriesceacomprendereilsensodegli eventi; dell’agire,che fallisce nellaconcertazione
collettiva delledifferenzepoliticamente rilevantiper il conseguimentodella “vita buona”; del“giudizio”, chemanifesta la suadebolezza nellospuntarsi dell’acume,nella sopraggiunta,diffusa incapacità di
discriminare.Il giudizio è la
“radice comune” delpensare e dell’agire, iltentativo di gettare unponte tra loro.Rappresenta “ilmisteriosotalentodellamente in virtù delquale vengonocongiunti il generale,
che è sempre unacostruzione dellamente, e il particolareche è sempre datoall’esperienza daisensi”. Analogamenteal “gusto” nel campodell’estetica – che siafferma quandovengonomenoipretesicriteri oggettivi della
bellezza – anche lafacoltà di giudizio, perdeterminare il suooggetto, non può farricorsoaglistrumentieai metodi prefissati inusonelpensare.Alparidel “giudizioriflettente” formulatoda Kant (che valuta iparticolari senza
sussumerli sottoconcetti generali), nelgiudizio politicoelaborato dalla Arendtla riflessione conservail suo originariosignificatoottico,quasidi un rimbalzare delgiudizio,cheritornasusestessopervenirepoinuovamente rinviato
sul suo oggetto. Conuna differenza diintonazione rispetto al“circolo ermeneutico”,questa forma digiudizio non si sottraeperòallaresponsabilitàdelprendereposizione.L’antidoto agli errori,sempre in agguato, èfornito, per
compensazione, dalladichiarata disponibilitàa rettificarli inpresenza diargomentazioniconvincenti. Senza ilgiudizio, il pensarerimarrebbe statico einertecontemplare.Ma“la manifestazione delvento del pensiero non
è la conoscenza; èl’attitudine adiscernere il bene dalmale, il bello dalbrutto”.Lemostruositàcommesse daEichmannnei campidisterminio – con buonacoscienza, quasifossero normaleamministrazione –
dipendono dal diffusodeperimento dellafacoltà di giudicare,dell’incapacità didistinguere tra il beneeilmale,tral’agireeillavorare.6 Quando ilgiudizio si ottunde,libertà e autoritàdivengono parimentiingiustificabili. Gli
uomini non sono ingrado di istituirerapporti dicooperazionesoddisfacenti e lamenzogna e la“banalità del male”trionfanoincontrastati.
2.Habermas:ildesertoavanza
L’“agirecomunicativo” – che èuna “interazionemediatasimbolicamente” –rappresenta inHabermas un modo(diverso da quello diHannah Arendt) perriannodare le relazionitrateoriaeprassieper
coordinare le azionidegli uomini nellesocietà “post-tradizionali”. In esse iprocessi introdotti daimedia–denaro,potere,organizzazioneburocratica – hannofinito per incatenarestrettamente gliindividui alle loro
funzioni,restringendone le areedi autonomia. Vidomina cioè una“ragione strumentale”,che guarda soltanto aimezzi necessari alconseguimento di fininon giustificabilirazionalmente.Dopo laconsumazione del
“cuscinetto di grassodella tradizione” – checontinuava adalimentareilpensieroel’azione, fornendo lorouna sorta di pilotaautomatico – viene oraaggredito direttamenteil tessuto connettivoastratto del “mondodella vita”, l’universo
simbolicocondiviso.Esso è già corroso
dall’incurabile“malattia dellatradizione” provocatadall’avvento dellaRivoluzioneindustriale.Sradicando dallecampagne milioni emilioni di persone,espellendo donne e
bambini dall’ambitodellacasa,modificandoi modi di pensare e disentire di tutti, ildeperimento dellatradizione ha ibridatocodici etici rimasti alungo isolati esviluppatocomportamentiorientatipiùsull’attesa
ditempistoricimiglioriche non sull’imitazionedi ideali santificati dalpassato. Le autoritàche detenevano inprecedenza ilmonopolionell’interpretazionedelle regole moralitendono così ascaricare sugli
individui laresponsabilità discegliere. Da almenodue secoli, si assisteinfatti, in una sorta dicrescente deregulationetica, a una pluralitànon coordinata espesso conflittuale difonti erogatrici dinorme. Il costume e
l’abitudinecessanocosìdi rappresentare labase della condottamorale, il paradigmadegliatteggiamenticheun’intera comunitàaccetta e promuovecome modelli dacondividere. Si passa,secondo AlisdairMacIntyre, dal sistema
delle “virtù” – deicomportamenticollettivi omogenei erelativamente costanti,motivati da unatradizione riflessa,come potevapresentarsi nell’EticaNicomachea diAristotele – al sistemadelle preferenze
individuali. La loronatura è di esseresoggettive, mobili,autoreferenziali, nonargomentabili,orientate secondo ilprincipio che ineconomia si usachiamare di “sovranitàdel consumatore” (lecui scelte sono
indiscutibili, perché “ilcliente ha sempreragione”). Nel loroambito, l’esclusivafacoltà di deliberare siattribuisce, diconseguenza, alleintuizioni e alleinclinazioni emotivedell’agente.E,datochei binari dell’abitudine
non ci guidanopiù e ilritorno a un’etica divalori largamentecondivisi appareimprobabile, la cosamigliore è, secondoMacIntyre, seguirel’esempio di sanBenedetto: inquest’epoca dicorruzione,
paragonabile alla finedell’Impero romano,ritirarsi in piccoligruppi a praticare unamorale comunitaria inattesa che sorgaancora il sole di unaciviltàmigliore.7Nelle società post-
tradizionali neppurel’ermeneutica è più
capace–comecredonoDilthey, Gadamer oRorty – di rivitalizzarel’esperienzaaumentandone lospessore. Il suoinaridirsi rischia diessiccare quellasorgente comune dacui derivano i flussi disignificato e di
consapevolezza degliindividui, minacciandol’efficacia deimeccanismi dicostruzionedell’identità personalee collettiva. I mediahanno fatto un desertoe lo hanno chiamatoragione. Sotto questoprofilo, la teoria
habermasianacostituisceuntentativoper irrobustire imorenti mondi vitalipermezzo delDiskurs,dell’agirecomunicativo, che neritesseincessantemente losfilacciato tessutosimbolico. Viene
razionalmentericostruito sia quantodistrutto dalla“razionalitàstrumentale”, siaquanto è stato scossoda“terremoti”avvenutinella vasta einselvatichita area deimondi della vita, cheassumono carattere
problematico quandovengono alterati daeventi esterni allacoscienza. Alloravacillano e in partecrollano, senza peròstravolgerecompletamente lapercezione cheabbiamo della realtà:“Soltantoun terremoto
richiama la nostraattenzionesulfattocheavevamoritenutosaldoil terreno sul qualeogni giorno stiamo ecamminiamo. Anche inqueste situazionidiventaincertosoltantoun piccolo frammentodel sapere di sfondo,che viene staccato
dalla sua inclusione intradizioni complesse,relazioni solidali ecompetenze”.8L’“Illuminismo” o,
meglio, il processo dirischiaramento(Aufklärung)dell’umanità europeaculminato nelSettecento – che nella
ragione intesahobbesianamentecomecalcolo introduceva iltelosdell’emancipazione – èstato il vero“terremoto” delmondomoderno,quellochehaportatoallaluceaspettiprima invisibili diovvietàdelmondodella
vita. Mediante ilricorso a principiuniversali, esso haaccelerato ilmetabolismo el’instabilità degliuniversi simboliciscalzando tradizioni,pregiudizi e privilegi.La realizzazionedistorta
dell’Aufklärung hacondotto però alladistruzione dei mondidella vita condivisi,spingendo la coscienzaa surrogarli attraversouna faticosa,instancabile e spessoinfruttuosa opera diaggiornamento. In talecontesto la
capitalizzazioneordinata e stabiledell’esperienza, la suaprevidenteaccumulazione nonappare più praticabile,in quanto essa siinflazionarapidamente,scorre senzacristallizzarsi o senzasedimentarsi a
sufficienza.L’Aufklärung ha cosìprodotto una“patologizzazione” delmondo della vita e –per contraccolpo –delleformestessedellarazionalità, che hannorivelato aspettiinadeguatiopericolosi.Una simile
degenerazione non èperò imputabileall’abuso di potere daparte della ragione,quantopiuttostoal suodeficit. L’Illuminismo èrimasto un “progettoincompiuto”, dariprendere dopo averinglobatoinessotuttiisuccessivi “teoremi
anti-illuministici” chehanno avuto il meritodisegnalarneilimitioipunti dolentidell’impatto con lestrutture sociali. Lostoricismo el’ermeneutica sono, adesempio, preziosiperché segnalano ilquoziente di
rallentamento, didistorsione e direlativizzazione subìtodalle tendenzeuniversalistiche edemancipative, eindicanoindirettamente lastrada per rafforzareadeguatamente leesigenzediuniversalità
edi liberazionedi tuttigli uomini. Ponendol’accento sullaspecificità di situazionideterminate secondoparametridispazioeditempo e sullacircolarità delcomprendere,storicismo edermeneutica hanno
però perduto di vistal’asse di avanzamentocumulativo della storiae il rispetto perl’universale. Entrambiscontano la“desertizzazione” delmondodella vita, a cuireagiscono mediantel’enfasi posta sullafluidità della storia e
sul movimentocircolare infinitodell’attivitàermeneutica.Habermas manifesta
invece una solidafiducia nella diffusionedi processi evolutivi diapprendimento dinormeuniversali,siadinaturaintellettualeche
morale. Essi appaionol’unica viarazionalmentepercorribile in vistadell’emancipazione delgenere umano dallebarriereparticolaristichechenesoffocano lepotenzialità.Leenergieinceppate e compresse
da una “modernità”ridotta amera ragionestrumentaleverrebberopertanto nuovamenteattivate dall’agirecomunicativo, il solocapace di generareaccordi razionalmentecondivisibili. Essodarebbe sensocompiuto all’interrotto
processodell’“Illuminismo”,facendonesimultaneamentediminuire la virulenzacausata dalla suapermanente instabilitàe consentendogliinoltre di abbandonarequel lato diirrazionalità
“mitologica” che avevaindotto Horkheimer eAdorno a diffidarne.Secondo Habermas(che segue qui irisultati dellapsicologia evolutiva diPiaget e di Kohlberg)occorre tendere a unaAufklärung che siaanche morale, a un
rischiaramento nonsemplicementecognitivo, ma pratico.Come nell’educazionedell’individuo, così inquella delle societàumane si possonopercorrere successivistadi di sviluppo. Unavoltagiuntiaunlivellosuperiore, risulta poi
irreversibile,soprattutto nellesocietà democratiche,il cammino verso unoinferiore: sarebbecome rispedire unadulto istruito, che hafrequentatol’università, in primaelementare,aimpararele aste o le quattro
operazioni.Adorno,cheaveva vissuto ilpassaggio dallademocraziasui generisdella Repubblica diWeimar alnazionalsocialismo,nonavrebbe certoapprovato taleottimisticaprospettiva.Le ripetute scosse
telluriche dellarazionalizzazionepongonoilproblemadicome istituire unaforma di dialogo cherenda nuovamente traloro congruenti idispersi tasselli delframmentato mondodella vita. Questorimane sullo sfondo,
comesefossediperséprivo di autonomaconsistenza. E, ineffetti, costituisce“quellastranacosachesi sgretola e scomparedinanzi ai nostri occhinon appena ce lovogliamo portaredinanzi pezzo perpezzo”.9 Bisognerebbe
tuttavia abituarsi avivere – oltre che inoasi di razionalitàcomunicativaillesaediintersoggettivitàrisparmiata dalladistruzione – anche inunaspeciediCaliforniadei mondi vitali e deisistemi simbolici. Sidovrebbe cioè
apprendereafarfrontenon solo alle scosse diterremoto più violente(quelle che mettonoallo scoperto elementiin precedenza nonfocalizzati del mondodellavita),maancheaimovimentisussultoridiassestamento che,susseguendosi con
frequenza, modificanoimpercettibilmente siale cose, sia il modo dirivolgerci a esse.L’agire comunicativosvolge anche unafunzione terapeuticanel ricostruireincessantemente ilmondo comune,salvandolo dai disastri
provocatidallacrescitaipertrofica dellaragione strumentale.Quest’ultimasostituisce alleideologie globali delpassato laparcellizzazione dellacoscienza,defraudandola cosìdellasuaforzasintetica
e innescando una crisiche si manifesta sudiversi piani:culturalmente comeemorragia di senso,socialmente comeanomia eindebolimento deirapporti di solidarietà;individualmente comeserie di disturbi che
colpiscono lapersonalità.
3.Rawls:“lotterianaturale”egiustizia
L’insistenzasucriterinormativi di carattereuniversale, cherendano possibile unainterazione non
violenta e nonmanipolativa tra gliuomini, si intrecciaanche altrove con laricerca di modelli disocietà mediante iquali valutare gliassetti delle comunitàstoricheconcrete.Sullosfondo di questiconvergenti interessi
sta la percezione delvenir meno dellafiducia in una storiaautomaticamenteindirizzata verso ilmeglio e dell’emergeredifattorididisagioedidisgregazioneall’interno dei sistemidemocratici. In seguitoallabancarottadel“Dio
che ha fallito”, altramonto cioè delcomunismosovietico, eallaconclusionedeitre“decenni d’oro” (1960-1990), in cui l’umanitàoccidentale haconosciuto unbenessere senzaprecedenti, sembrainiziareoraun’epocadi
aspettativedecrescenti. E poichégli ideali diegualitarismo assolutoappaiono ormaiirrealistici, se nonfunesti, e lo Statosociale non risulta piùin grado di distribuireindiscriminatamenteabbondanti risorse a
tutti icittadini,diventaimprescindibile ilcompito di stabilirecriteri rigorosiperunapiùequaripartizionedicosti e benefici. Lariformulazione delpatto sociale secondonuovi schemi dicooperazione appareancora più urgente in
un periodo in cui lapiena occupazione sipresenta come unremoto miraggio e incui le frontiere deipaesi più ricchidiventano permeabili aconsistenti flussimigratori di uomini edonneprovenientidallezone meno favorite
dellaTerra.Il riconoscimento
della fragilità delloStato sociale e dellamiseria crescente alivello planetario poneun’alternativa, a cui siè mostrata ben prestosensibile la filosofiapoliticastatunitense.Sidevono attribuire le
disuguaglianzeal caso,come afferma RobertNozick, o bisognainvece respingere la“lotteria naturale”,schierandosi per unagiustizia chesalvaguardi i ceti e gliindividui più deboli,come sostiene JohnRawls? Per Nozick
siamo tutti figli delcaso, già nell’istantedel nostroconcepimento, poichéunosolo tramiliardidispermatozoi hafecondato queldeterminato ovulo.10Dobbiamo quindiguardarci bene dalmettere in discussione
il ruolodell’accidentalità,perché, altrimenti,stroncheremmo allabase la legittimitàstessa della nostraesistenza. Rischioso èanche far ricorso acriteri di riequilibrio edigiustiziabasati sullacommensurabilità tra i
differenti individuirispetto a un presunto“bene comune”. Gliindividui sono infattitra loroincommensurabili e ilbenecomunenonècheuna chimera:sacrificareunindividuoa vantaggio di altrisignifica
semplicementenuocerealuiegiovareadaltri.Morale, anarchica econservatrice insieme:ciascuno per sé enessunopertutti.Combattendo su due
fronti, tanto controqueste versioni“libertarie” diindividualismo
possessivo, quantocontro l’utilitarismovecchio e nuovo (daBentham a Harsanyi),John Rawls inaugurauna rinnovatatradizionecontrattualista, erededel diritto naturalemoderno. Essa sicontrappone sia alla
lotteria naturale, allagiustificazione dellenorme di giustizia apartire da contestifattuali o storici, sia alsacrificiodelsingolo innome della felicità delmaggior numero.Occorre servirsi,secondo Rawls, di unmetro di giudizio degli
eventi esterno aglieventi, giacché l’unitàdi misura non puòmisuraresestessa.Perelaborare un’etica euna politica fondate suprincipi di valoreuniversale e condivisoè pertantoindispensabilericorrere a modelli
trascendentali diorigine kantiana, aforme cioè che nonderivanodall’esperienza mastrutturano e rendonointellegibilel’esperienza stessa. Ilsituarsi fuori dallastoria odall’accidentalità
naturale vuol direpertanto che – nelgiudicare qualcosa dalpuntodivistadell’eticapubblica – si prescindedalla infinita varietàdelle situazioni, allostesso modo in cui ilfisico, nel formulare leleggi del movimento,non tiene conto
dell’attritoreale.Se la giustizia è
commensurabilità, icanoni per stabilire seuna società è giustapossonovenirelaboratimediante un accordorazionale tra gliuomini. Compiamo unesperimento mentale eimmaginiamo che
ciascuno debbascegliere a priori unmodellodisocietàsottoun “velo d’ignoranza”che gli nasconde lapropria futuracollocazione al suointerno. Dato che lasorte potrebberiservargli il punto piùbasso della scala
sociale, ognunotenderà coerentementeaminimizzareilrischioe a preferire quellasocietà dove il piùsvantaggiato riceva,per compensazione, ilmassimo dei vantaggi.Ponendosi nell’otticadello spettatoreimparziale e
generalizzando lapropria scelta, ciòsignifica che egliriterrà, insieme,utileegiusto per lui e pertutti un assetto socialeincuilediseguaglianzepossano esseresfruttate a beneficiodei più sfavoriti. Talicriteri di giustizia non
rappresentano peròrigide e inesorabilileggi di natura.Costituiscono semmaila conseguenza di unpossibile patto traindividui, di uncontratto capace diconciliare interessedelsingolo e interessecollettivo.
Contro il weberiano“politeismo dei valori”Rawls reintroduce cosìl’idea classica di unaloro gerarchia. Lagiustizia(preliminarmentedefinita “laprimavirtùdelle istituzioni sociali,cosìcomelaveritàloèdei sistemi di
pensiero”) èintrinsecamenteconnessa alla dignitàdella persona, “beneprimario” che non haprezzo, che non puòcioè essere scambiatocon nient’altro. Lalibertà,cheriassumeinsétuttiibeniprimari,è“lessicograficamente”
sovraordinataall’eguaglianza,hacioèuna validità superiore.Il “principio didifferenza”,asuavolta,sostiene che lediseguaglianze socialied economiche devonoessere mantenute solose vanno nelladirezione di assicurare
i maggiori benefici aimeno avvantaggiati o,con un’altraformulazione,che“tuttii valori sociali – libertàe opportunità,ricchezza e reddito, ele basi del rispetto disé – devono esseredistribuiti in modoeguale,amenocheuna
distribuzione ineguale,di uno odi tutti questivalori, non vada avantaggio di ciascuno;l’ingiustizia, quindi,coincidesemplicemente con leineguaglianze che nonvanno a beneficio ditutti”.11 Ciò significaperò, in termini
classici, che laconservazione dellalibertà è piùimportantedell’eliminazione dellediseguaglianze o,meglio, che, senza ladifesa dei “beniprimari” da distribuirecon giustizia, non èpossibile la riduzione
dellediseguaglianze.Sebbene Rawls
riconosca che talecriterio vale per lesocietà democratiche ascarsità moderata,ossia noneccessivamentegravatedallapovertà,eche l’ordinelessicografico prevede
delle eccezioni (sidanno infatti fasistoriche, come quelladella rivoluzioneindustriale, in cui lalibertà di singoliprivilegiati è menoimportante dellaconquistadell’eguaglianzadeipiùsfavoriti), si può in
generale dire che laprima manifestazionedella giustizia siriscontra nelladistribuzione dellelibertà, bene afondamento di ognialtro. L’égalité non èpiù la meta agognatadella giustizia sociale,così come non lo è il
mantenimento dellediseguaglianzeesistenti, lastabilizzazione delcaso. Rawls non solodiffida del caratterestagnante delle societàegualitarie, ma legiudica responsabilidegli effetti perversiche inducono a violare
la libertà senzarealmente ridurre laforbice dellediseguaglianze. Il“principio didifferenza”rappresenta quindianche un’alternativamoderata alla lotta diclasse, la rinuncia alcapovolgimento
rivoluzionario di tuttele diseguaglianzeesistenti.IlprogettodiRawlsè
tra i più elaboratitentativi di pensarel’ordinamento dellesocietà democratiche,di fissare un punto diequilibrio fra latradizione liberale di
difesa delle libertàindividuali e quellademocratico-radicaledipromozione dellechances di vita dei piùsvantaggiati. Egli èconvinto che lediseguaglianzesianoinqualche caso positive,che costituiscano degliincentivi, in quanto
strumenti perindirizzare le risorse“nelle mani di chi puòfarne l’uso socialemigliore”.12 Lagiustiziasilegaperòinlui a un principio disolidarietà e difratellanza, a uncriteriocosìinesorabiledi riparazione sociale
dei torti e deglisvantaggi da nonindietreggiare neppuredinanzi alla condannadelledotinaturalicomefontediallocazionedeibenefici sociali. I“talenti”deisingolinonsolo vengonoconsiderati unaricchezza collettiva da
ridistribuire all’internodella comunità, ma laloro stessa promozionenon risulta affattoprioritaria per lacollettività. Così, adesempio, nel campodell’educazionescolastica giustiziavuole chenonvenganoaiutati ipiù intelligenti
o i più svegli, bensì imenointelligentieipiùlenti, che sirettifichino, diconseguenza, perquanto è possibile, siale diseguaglianzenaturali che quelledovute al backgroundfamiliare. Vi èprobabilmente in
Rawls, oltreall’impiantogiusnaturalistico delsuo pensiero, unsensibile pathosreligioso: il concettodi“società ben ordinata”viene infattiesplicitamentedichiaratoun’estensione del
concetto di tolleranzareligiosa e unainterpretazione delkantiano “regno deifini”.Come è tuttavia
possibile mantenere lasolidarietà in regimidemocraticicaratterizzati dalpluralismo e
dall’individualismo,dove a ciascuncittadino e a ciascungruppo è lecitoraggiungere a suomodo quello che credesia un bene? Comestabilire, in talecontesto, norme chepermettano dirispettareladivergente
molteplicitàdeivaloriedei piani di vita,mantenendo una“neutralità liberale” inrelazione alledifferenze constatate,senza per questodistruggere il vincolosociale e precipitaretutti nel caos? Comepuò uno Stato
conservare la propriastabilitàinmancanzadiconcreti valoriunificanti edeffettivamentecondivisi,aldi làdiunloro non impegnativoriconoscimento dimodelli astratti digiustizia? I temi delladurata delle
istitituzioni e dellagiustizia nellaprospettiva dellegenerazioni future siintrecciano nell’ultimoRawls conl’elaborazione di unoschema di convivenzatralediversitàottenutomediante il “consensoper intersezione”.
Tutta la sua opera piùrecente si concentracosì nello sforzo perrispondere alladomanda “com’èpossibilechepermangacostitutivamente neltempo una societàgiusta e stabile dicittadini liberi eduguali che restano
profondamente divisida dottrine religiose,filosofiche e moraliragionevoli?”.13
1 H. Arendt, Vitaactiva (1958),Bompiani, Milano
1964,pp.13-15.2 Id., Che cos’è la
politica? (frammentidegli anni cinquanta,pubblicati nel 1993),Comunità, Milano1995,p.5.3 H. Arendt, Vita
activa,cit.,p.349.4 Id., Le origini del
totalitarismo (1963),
Comunità, Milano1967,pp.439,437.5E.Canetti,Massae
potere (1960), Rizzoli,Milano 1972, pp. 331,333.6 Cfr. H. Arendt, La
vita della mente(1978), il Mulino,Bologna1987,pp.151,288-289; Id., La
banalità del male(1963), Feltrinelli,Milano1964.7 Cfr. A. MacIntyre,
Dopo la virtù (1979),Feltrinelli, Milano1988.8J.Habermas,Teoria
dell’agire comunicativo(1982), il Mulino,Bologna 1986, ii, p.
1084.9 J. Habermas,
Dialettica dellarazionalizzazione(1981), in Dialetticadella razionalizzazione,Unicopli, Milano 1983,p.240.10 Cfr. R. Nozick,
Anarchia, Stato eUtopia (1974), Le
Monnier,Firenze1981,p. 240. Quest’opera diNozickapparedueannidopo quella di Rawls,Una teoria dellagiustizia, che è del1972.11 J. Rawls, Una
teoria della giustizia(1972), Feltrinelli,Milano1982,p.67.
12J.Rawls,AKantianConceptionofEquality,in “The CambridgeReview”, febbraio1975,p.97.13 J. Rawls,
Liberalismo politico(1993), Comunità,Milano1995,p.23.
X.Guardandoavanti
1.GliorizzontidellaTerra
Trasportando
gradualmente ilproblema dal pianodella giustiziaall’internodegliStatiaquello del rapporto traledifferentipopolazionie culturedelpianeta, icriticidiRawlsmettonoindubbio ipresuppostifondamentali della suateoria. Obiettano: la
“situazione originaria”delcontrattosociale,incui i singoli appaionospogliati di qualsiasideterminazionestorica,mossi soltanto dalcalcolodiminimizzareirischi, non presupponeforsedeisoggettidicuisi “dà per scontata laindividuazione
antecedente”,costituitasi cioè inmaniera astratta, al difuori di ogni legamesociale?1 E questiindividui,preesistentiaogni forma dicomunità,sonodavveroin grado di accordarsiinbasearegoledotatedi una razionalità
neutrale, appresaperaltro in manieramisteriosa? Icommunitarianscontrappongono, diconseguenza,all’“atomismo” deiliberals (oall’“individualismometodologico” diquantiritengonochesi
debba partire dallaprospettiva dei singoliper giungere ai benisociali come aggregatodi beni individuali)l’idea che “il vivere insocietà è unacondizione necessaria”tanto dello “sviluppodella razionalità”,quantodellapossibilità
di ciascuno di divenire“un essere pienamenteresponsabile,autonomo”. L’“obbligodi appartenere” a unacomunità è quindiinscindibile siadall’essere titolari didiritti,siadalprendersicura dei propriinteressiprivati.2
Il “dialogo tra sordi”che oppone i“comunitaristi”(Michael Sandel,Alasdair MacIntyre,CharlesTaylor,inparteMichael Walzer) ailiberals o“universalisti” (JohnRawls, JürgenHabermas, Ronald
Dworkin) vertedapprima sullapossibilitàdiancorareidiritti o a determinatesocietà, che articolinoinmaniera specifica lediverse capacità eattese dei singoli,oppure all’umanità inquanto tale. Laquestione si è poi
estesa e trasformata,quasiperlineeinterne,in quella del“multiculturalismo”,dei criteri da adottareper la convivenza traculture ed etniediverse, ciascunamossadavalori spessocontrastanti (e, per ilmomento,
incomponibili). Iproblemi precedentivengono cosìriformulati a grappolo:come limitare opreservarel’eguaglianza e laparità d’accesso aidiritti tra appartenentia popoli e culturediverse? Ancora: si
devono proteggere leminoranze e, più ingenerale, quantirisultano comunquesvantaggiati dal poteredi qualche gruppodominante,concedendoloro dei beneficiriequilibratori? E,infine, una societàliberale – ossia che
mantiene la massimaneutralità dinanzi alconflitto tra valori –deve rispettare anchequei gruppi o quelleculture che nonriconoscono i dirittideglialtri?Siinnesca,intermini
logici, una formidabiletensione tra estremi,
peraltro,empiricamenteinesistenti: ladifferenza irrelata el’universalismomonolitico. Di fattoesisteun’ampiagammadi gradazioniintermedie, dicompensazioni variate,di dosaggi accorti tra
questi due marginigeneralmenteinaccettabili (chehanno tra loro unarelazione dicomplementarità,comequella che si instauratra il concavo e ilconvesso). Qualiesempi di tali pratichedi rettificazione si può
vedere come nellesocietà liberali,prevalga lapropensione asalvaguardare ledifferenze con spiritodi tolleranza e dirispettodell’alterità.Sigenera tuttavia, al lorointerno, un’inevitabilerichiesta di limiti
traducibilenell’interrogativo:tolleranti (rispettose,ospitali e cosmopolite)sino a che punto? Consimmetriaspecularmenterovesciata, anche lesocietà chiuse, chescelgono determinativalori come assoluti,
sono indotte adomandarsi:intolleranti (xenofobe,nazionaliste eintegraliste) sinoa chepunto?Lo sfondo sul quale
campeggiano talidomande è costituitodai processi di“globalizzazione”, che
continuano aestendersi,modificando i nostrimodi di vivere e dipensare. Menovelocemente, però, econ minore impattopsicologicodiquantosipensi. Certo, il mondosi “restringe”, inquanto le sue parti
entranoinunapiùfittatrama di rapporti; lasocietà si“macdonaldizza”,mediante la creazionedistandarddiconsumocomuni a tutte lelatitudini; le élitestransnazionali (tecnici,piloti d’aereo,scienziati, artisti,
rappresentanti diorganismiinternazionali, utenti evenditoriditele-lavoro)simoltiplicano.Eppuresi radicalizza, percontro, da parte dimolti popoli, culture esub-culture, lasimultanea volontà diseparazione dal
contesto planetario. Imodelli più antichi diconvivenza e dimentalità si“disassemblano” senzachequellipiùrecentisisedimentinoallostessoritmo. L’assunzione diabitudini o di idee diorigine straniera nonincide molto sulle
strutture profondedell’identità, almenoperl’immediato.Ilfattoche un giapponesebeva la Coca-Cola nonlo rende in effetti piùamericanodiquantounamericano diventigiapponese mangiandoilsushi.Si assiste così allo
strabismo, alladivergenza traglobalizzazione eframmentazione, alparallelo espandersidell’isolamentocentrifugo e della“mondializzazione”centripeta. Propriomentre aumenta iltasso di integrazione
fra continenti e popoli,cresce – con pari omaggiore intensità – losforzodialcunipaesieculture per svincolarsida questo abbraccio,avvertito comesoffocante.Sicreacosìuna miscela esplosivadirisentimentiverso lepotenze egemoni, di
orgoglio etnico, difanatismo religioso, ditradizioni illustritalvolta inventate, diricerca di viealternative rispetto ai“disvalori globali” delprogresso incessante,del consumismo odell’individualismo.Molte civiltà subiscono
il trauma dellosradicamento, della“deterritorializzazione”,della perdita dicontatto con l’humusdelle tradizioni in cui ilorocomponentierano,sino a pochegenerazioni indietro,quasi totalmenteinseriti. Ci si può
leggittimamentechiedereselarinascitadei cosiddetti“particolarismi” e“localismi” noncostituisca, almeno inparte, una formazionereattiva all’inserimentodi singoli, ceti epopolinel reticolo a magliesempre più strette (e
per alcuni opprimenti)dei rapporti planetaridi interdipendenza. Sialimenta infatti, incoloro che sono meno“attrezzati” o menodisposti a sintonizzarsicon tale sistemaaltamente coordinato,un acuto e dolorososenso di inferiorità, si
fomentaindirettamenteil ripudio di unaomologazione imposta,il sospetto di unaingiusta retrocessione,la certezza di unaperdita di sovranità edi ruolo nell’arenainternazionale. Sireagisce così, per“eccesso di legittima
difesa”, rafforzandosproporzionatamenteinmaniera compensativala propria identità,ritenuta minacciata odisprezzata. Neconsegue la volontà dibarricarsiinsestessiel’auto-esaltazione deipropri valori, fedi ecostumi, l’esibito
trionfalismo riguardoalle proprie “radici”nazionaliereligiose.Siosserva talvolta, inalcune popolazioni, lamanifestazione di unasortadiamoretraditoerespinto, l’ira luttuosaper non essere statidavvero coinvolti, conpari dignità, dai paesi
piùricchiepiùpotenti,nei grandi progetti dimodernizzazione.È possibile elaborare
uncodicemoraleentrocuiarticolareerenderecompatibili, in modoinnovativo, regole ecriteri di giudizio tra ipiù diversi? È davveropraticabile l’ipotesi di
un’“eticaplanetaria”? Icomunitaristi tendonogeneralmente a dareunarispostanegativaaentrambi i quesiti,mentregli universalistisono generalmentepropensi a risponderein termini positivi, perlo meno nellaprospettiva
dell’approssimazioneinfinita. Tale eticadovrebbecorrispondereall’effettivo sviluppodella coscienza moralee civile transnazionale,modellata suesperienze confrontatee condivise. Appare,tuttavia, estremamente
arduoconciliareregolemorali e giuridicheforse dotate dimaggioreuniversalitàeplausibilità, ma privedel sostegno diconsolidati costumilocali, con bisogno diidentitàediautostima,scarsamentenegoziabile, espresso
da molte comunità. Èpoidubbiocheesistanoal momento schemi diconvergenza e dicompatibilità traculture eterogenee.L’ostacolo maggiorerisiede comunque nelfatto che le grandiciviltà mondiali sonoancora in cammino,
stanno cercandofaticosamente diincontrarsi e diintendersi più a fondo.E ciòmalgrado il fattoche ci troviamo,secondo la formula diEdgar Morin, nel“quinto secolo dell’eraglobale”,apartirecioèdal momento in cui il
Vecchio e il NuovoMondo si sonoconosciuti nel 1492.Certo, un’eticaplanetaria minima(fondatasuunristrettonumero di normeuniversalmente diffusee ragionevolmentedifendibili) sarebbepreferibile a
conglomerati di valoriche si escludono o siignoranoreciprocamente.Infatti,in linea di principio,l’universale puòcomprendere ilparticolare, ma ilcontrario non accademai.Ma di quale
universalismo si parla?Di quello stabilito suleggi rigide eimmutabili, cheesigono di venirericonosciutedatuttigli“uomini di buonavolontà”? In questocasosisarebbetenutiaseguire la regolaaristotelica, secondo la
quale contra principianegantes non estdisputandum, ossia arifiutare qualsiasidialogo con coloro cheneganoprincipipernoirazionalmentefondatioauto-evidenti. Essi,infatti,sarebberosimilia “un ceppo” o, inlinguaggio più
moderno, moralmenteciechi o daltonici.Bisogna però esseresicuri che tali principirappresentinoeffettivamente lepremessediunaccordouniversale e non,piuttosto, lasublimazione dipregiudizi etnocentrici.
D’altronde (pensandoal neo-kantismo diKarl-Otto Apel o, inmisura minore, diJürgen Habermas e diJohn Rawls) èirrealisticoritenerechela maggior parte degliuomini si lasciconvincere da sempliciragionamenti che
poggiano su una“fondazione ultima”delle norme etiche, sulmero “agirecomunicativo” o sumodellicontrattualistici disocietà giusta. È forsepiù sensato credere –come ritiene anche unallievo di Habermas –
che l’incontro trauomini e culturedifferenti implichi una“lotta per ilriconoscimento”(posizione questacondivisa anche daTaylor).3 In altreparole, che,di fatto, leidentità individuali ecollettive siano il
risultato non solo – enon tanto – diinterazioni razionali,quantopiuttostodiunamistura variamentedosata di violenza e diconsenso oppure diviolenza che sirazionalizza inconsenso e dicompromessi che
riflettono rapporti diforza variabili. Ciò nonesclude, ovviamente,che, dal punto di vistafilosofico e civile, sidebbano usare solo leragionidell’intelligenzae respingere quelledella violenza e dellamanipolazione.Per procedere
fruttuosamente neldibattito occorrerebbeperò comprenderemeglio i processi diformazione dei “pontidi senso” traparticolareeuniversaleotral’“io”eil“noi”.Leidee di “umanità” o di“umanesimo”, oggiavvolte da un alone di
diffidenzaedisospetto,rappresentano unacasa sufficientementeospitale per accoglieretutte le differenze oconfondono invece, inmaniera irrimediabile,l’essenzadell’uomoconuna sua particolareforma storica (bianco,di origine europea, o,
come si specificasempre più spesso,anche “maschio”,“eterosessuale” e“giudeo-cristiano”)? Inquest’ultimo caso, siscambierebbel’autenticouniversalismo con ivalori “locali”forzatamente imposti
daglieuropeialmondoattraverso secoli dicolonialismo e disfruttamento.Il significato
dell’umanesimo sicapisce meglio percontrasto,mettendoloaconfronto con gliattacchi più virulenticheglisonostatirivolti
nellasecondametàdelsecoloscorso,apartiredai più recenti pergiungere a quelli piùlontani nel tempo. Nel1999 Peter Sloterdijkprovocò un notevolescandalo per aversostenuto la necessitàdi programmare gliuomini secondo
tecniche “zoopolitiche”diselezioneprenataleedi modificazione delpatrimonio genetico.Piuttosto che lasciarealcasolaloronascitaoaffidarsiesclusivamente astrumenti culturali peraddomesticarne il latobestiale, bisognerebbe
cogliere le opportunitàofferte dallebiotecnologie permigliorarli, dato chel’umanesimo ha fallitonel suo tentativo ditenere sotto controllole tendenzeall’imbarbarimento.4Secondo il Nietzsche
dello Zarathustra, che
Sloterdijk cita eapprova, l’umanesimo(speciequello cristianoequello che scaturiscedalle ideologiedemocratiche osocialiste fautricidell’eguaglianza) ha“rimpicciolito” l’uomo,spossandone lo slancioverso il potenziamento
delle proprie forze efacoltà.Siècosìacuitoil conflitto, da semprelatente,tralatendenzaad addomesticare labrutalitàdella specieedei singoli mediantel’indebolimento degliimpulsi e quella,antagonistica,chemiraa un incremento delle
potenzialità umanemediante una“antropotecnica” oggiaccessibile grazie allebiotecnologie.La proposta di
Sloterdijk (comesembrapensareJürgenHabermas)5 nonriguarda solo le sceltecheigenitoricompiono
per i propri figli, mal’intera strutturasociale che finirebbepersomigliareaquelladescritta nel romanzodel 1932, Il mondonuovo, da AldousHuxley: una società incui gli esseri umanivengono programmatiin base ai ruoli che
dovranno svolgere efabbricati inprovetteemacchine. Vi è chi èdestinato a comandaree chi a essere schiavo,ma tutti sonosoddisfatti della lorocondizionegrazieaunadroga, il soma. Insostanza, le personesarebbero trasformate
in uomini diallevamento, unasoluzionediametralmenteopposta a quellapropugnatadall’umanesimo.Un altro insidioso
attacco control’umanesimo, al qualelo stesso Sloterdijk
indirettamente sicollega, è quellosferrato da Heideggernella Letterasull’“umanismo”,6 conil rifiuto, discussoanche altrove, inparticolare, dellafilosofia romana edell’intera culturaumanistico-
rinascimentale,considerateretoricheefilosoficamenteprivedivalore (in ciòcontrastato dal filosofoitaliano, ErnestoGrassi, che insegnavain Germania).All’esaltazionedell’uomo a scapitodell’Essere si
contrappone l’invitoadascoltarne la “vocesilenziosa”eadavernecura diventandone ilsemplice“pastore”.Nelsostenere che bisognafarscenderel’uomodalsuo piedistallo perinserirlo nuovamentenelTutto,purponendoun problema su cui
meditare, Heideggeroscura il ruolo dellacoscienza, dellarazionalità e dellaresponsabilitàmoraleedell’individuo.Percontrasto,valela
pena ricordare chenello stesso anno epressolostessoeditore(FranckediBerna)uscì
in tedesco il libro diEugenio Garin DeritalienischeHumanismus in cui sirivendicavano gliStudia humanitatiscome espressione diuna nuova visionedell’uomo e della vita,posta a fondamentodella modernità e
caratterizzatadall’impegno civilecontro ogni forma dibarbarie e dal valoreeticodellarazionalitàedella ricerca di sensonelmondo.Si è, appunto,
accusato spessol’umanesimo dimancare del requisito
dell’universalità, diriguardaresostanzialmente la solaciviltà occidentale,trascurando le altre.L’umanesimo è statoquindi a lungopresentato come“incolore”puressendo,di fatto, bianco,europeo. Nell’erigere
per secoli unmonumento al suoideale di uomo comecampione diintelligenza, di forza edi armonia, ha esclusoomesso aimargini delsuo campo visivoquanti ha consideratoselvaggi o barbarisenza storia. Si tratta
di un modello che haavuto una gloriosaparabola e che si èaffermato a partiredall’immaginedell’uomo “misura ditutte le cose” diProtagora, dal terzostasimo dell’AntigonediSofocle(dovel’uomoviene presentato come
deinos, formidabile nelduplice senso ditemibile omirabile, unessere che s’imponecon violenza allanatura, squarciando laterra con l’aratro efendendoilmareconlenavi) sino a LeonBattista Alberti, aFilippo Brunelleschi, a
Leonardo o a GiovanniPico della Mirandola(che però lo presentacome “camaleonte”,capace di diventaretutto, o quale essereintermedio, che puòinnalzarsi fino agliangeliodegradarsifinoallebestie).Tali concezioni, si
sostiene, si sonotalvolta trasformate inunalibiattoacoprireegiustificare laconquista di intericontinenti. Con ilpretesto di portare ainativi una superioreciviltà e la vera fede, ivalori “umanistici”sono stati inculcati
nella mente deirappresentanti delleclassi dirigenti locali,allo scopo di farne,nella loropatria, i canida guardiadell’Occidente. Proprioall’inizio dellaprefazione a I dannatidella terra di FrantzFanon, Sartre ha così
descritto questofenomeno: “L’éliteeuropea prese afabbricare unindigenato scelto; siselezionavano gliadolescenti, gli sistampavano in fronte,col ferroincandescente, iprincipi della cultura
occidentale, gli sicacciavano in boccabavagli sonori, parolegrosse glutinose che siappiccicavano ai denti;dopo un brevesoggiornoinmetropoli,li si rimandava a casa,contraffatti. Quellemenzogne viventi nonavevano più niente da
dire ai loro fratelli; daParigi, da Londra, daAmsterdam noilanciavamo parole:‘Partenone!Fratellanza!’ e daqualche parte, inAfrica, in Asia, labbrasi aprivano: ‘...tenone!...lanza!’”.7Per contrastare
questa colonizzazionedelle coscienze e perricostruire l’identitàdelle popolazioniafricane e afro-americane, LéopoldSédar Senghor, poeta,filosofo e futuropresidentedelSenegal,haelaborato–findaglianni trenta del
Novecento–unateoriadella négritudeassieme al poetacaraibicoAiméCésaire.Ha voluto intenderlacome contributo a unumanesimopiùampioeaccogliente, che nonesclude l’apportodell’Occidente allaciviltàplanetaria,malo
integra.8Nel suo bisogno di
definire l’identitàafricana, Senghorprocede tuttaviaattraverso taglientidicotomie. Il bianco è,per lui, “uomo volitivo,soldato, uccellopredatore, purosguardo”, soggetto che
si distinguedall’oggetto, tenendoloa distanza, fissandolo,assimilandolo a scopipratici e di dominio.Allo stesso modo sicomporta con gliesponenti di altreculture. È lui il vero“cannibale” che vuoledivorareilmondo.
Il nero, al contrario,è inserito nel cosmo,legato alla terra e aglialtri elementi,sintonizzato con ununiverso fattodi suoni,colori, ritmi, forme eodori. Sotto la scorzamateriale e sensibileeglipercepisceperòun“mondo d’anime”, di
energie spirituali chedanno vita a “ogniessere, ogni pianta,ogni cosa provvista diun carattere proprio:montagna, caverna,roccia, lago”. Questaesaltazionedell’animismo africanoservea tessere l’elogiodel nero, dotato in
sommo grado dellapredisposizione aemozionarsieasentirsiincomunionecontuttociòcheesiste.Poiché questa
accentuazione deglielementi emotivi,immaginativi esentimentali del neroafricano hanno fatto
pensare (per alcuniversi giustamente) auna rinuncia allarazionalità, svenduta elasciata in proprietàall’uomo bianco,Senghor ha dovuto,senza molto successo,correre ai ripari. Hacosì operato unadistinzione tra la
“ragione analitica”europea, che sezionacosemorte,simileaunanatomista alla presacon i cadaveri, e la“ragione sintetica”africana, un modo diconoscenza che nonimpoverisce e non faviolenza alle cose, macheanzipenetra“nella
spiritualitàdell’oggetto”,abbandonando ogniforma di volontà dipotenza e di desideriodiasservirelarealtà.Occorre, certo,
guardare alla nostracultura anchedall’esterno, con gliocchi di uomini
appartenenti ad altreciviltà,perpoternecosìstabilire la specificitànell’arena mondiale,per constatarne glieventuali limiti e perpromuovere unacrescita comune cheabbiaalcentro l’uomo.Per malintesomulticulturalismo non
si deve, tuttavia,svendere il nostrospecifico patrimonio, ilnostro contributo allastoria dell’interaumanità: l’umanesimobasato sulle idee dilibertà, dignità umana,ricerca, dubbio,razionalità,pace.Occorre piuttosto
depurarlo delle scoriedella vichiana “boriadelle nazioni” econfrontarsi con altreculture (cosa che, delresto, è avvenuta nelpassato, ad esempio,siaperquantoriguardagliapportidellecultureasiatiche ed egiziesulla Grecia antica, sia
per quanto riguarda ilritorno dei classicigreci in OccidenteattraversolaCasadellasapienza di Baghdad,dove venne recuperatoil patrimonio di testifilosofici, medici,astronomici ematematici portati aEdessadaifilosofigreci
cacciati da GiustinianoepoitradottiinlatinoaToledo, sia perl’introduzione deinumeri arabi cheavevano già preso lozero dall’India). Ancheperché, malgrado leapparenze e lacrescenteglobalizzazione, le
civiltà umane non siconoscono ancora fraloro in profondità:barriere linguistiche,religiose, di costume edi mentalità loimpediscono. Il mondosembra unificato, manon è così. Anzi, percerti versi, i confinimentali tendono a
diventarepiùrigidiconla difesa a oltranzadellapropriaidentità.L’ultimo potente
assalto all’umanesimooccidentaleèvenutodaClaude Lévi-Strauss,che attacca l’ipertrofiadel soggetto, il porrel’uomo al centro delmondo, staccandolo
così dalla natura efacendone un gigante,unAssoluto.Noncisièpertanto resi contodella fragilità dellanostra specie e delfatto che “il mondo ècominciato senzal’uomoefiniràsenzadilui” e “con la suascomparsa ineluttabile
dalla superficie di unpianeta anch’essovotato alla morte, lesue fatiche, le suepene, le sue gioie, lesue speranze e le sueopere diventerannocome se non fosseromai esistite [...]”.9Sembra di sentire ilLeopardi del Cantico
delgallosilvestre.Ilbersagliopiùvicino
di Lévi-Strauss èrappresentatosoprattuttodaSartreeda tutti i filosofi che“preferiscono unsoggetto senzarazionalità a unarazionalità senzasoggetto”.10Nonsenza
forzature, egliattribuisce loro laresponsabilità di avercontribuito alcolonialismo, alfascismo e ai campi disterminio, giacchéhanno contrappostol’ideale dell’uomocompiuto nella suaperfezione a quello di
razze e civiltà inferiori(mentre nessunasocietà èassolutamente buona ocattiva) e di individuinietzschianamente“malriusciti”. Perquesto è necessariodissolverel’“uomo”perpoi reintegrarlo nellanatura. Piuttosto che
continuare a costruirloe rafforzare laconvinzione del suosplendidoisolamentodiessere razionale che siarroga il diritto dicomandaredispoticamente suglialtri esseri viventi esull’intera natura,bisogna, infatti,
inserirlo nuovamentenelcontestodicuiè,difatto,parte.La sfida posta
dall’anti-umanesimo edall’implicita polemicacontro l’identificazionedi umanesimo eOccidente è seria ebisognerebbe avere undoppiocoraggio:daun
lato, di non lasciarsiintimidiredall’aggressivitàedallablindatura in se stesse(a carattere“adolescenziale”, conun negativismo eun’aggressivitàtipicidiidentità ancora fragili)di minoranze talvoltapiù politiche che
numeriche; dall’altro,di guardare al latooscuro del nostrouniversalismo,ascoltando le vocialtrui e domandandocidove esso potrebbeaver torto. Iparticolarismi e i“fondamentalismi”nascono infatti
soprattutto all’internodei popoli e dei gruppiche sono stati esclusidal banchettodell’universalismo eche perciò rifiutanodifensivamente ungioco in cui sonosempre stati abituati aperdere. Resta ilcompito ciclopico, ma
irrinunciabile, diprovare a intrecciarepazientemente nella“corda” dell’umanità(che risulta tanto piùrobusta, quante piùstorie parziali riesce aconnettere tra loro)tutte le variedifferenze, senzaproporsi di ignorarle o
diazzerarle.Un’impresa
disperatamente votataallo scacco, secondomolti. E, certo, al suobuon esito nonconcorre la maggiorparte degli strumenticoncettuali di cui lafilosofiatradizionalmente
dispone. I criteridell’universalismopoggiano infatti su deipresupposti metafisiciche, indebolendosi,conducono a forme direlativismopiù omeno“ironico”.Laconstatataperdita di prestigio diquelle filosofie cheavevano cercato di
articolare la realtà e ilsapere sulla base diuna ragione universaleunitaria, marmorea edeterna, in grado difondare unaconoscenza certa eincrollabile, produceunoscetticodisincanto.Si enfatizzano così lapluralità e l’autonomia
delle culture umane,ponendo in evidenzatutto ciò che sipresentacomediverso,anomalo, caotico, nonriconducibileall’unitàocostituito – comeritieneJeanBaudrillard– di “simulacri”caratteristici dellasocietà dei consumi e
dei mezzi dicomunicazione dimassa.11 Dietro l’ideadiunitàdella“ragione”si sospetta ora unavolontà di potenza cheinibisce l’evoluzionedivergente di altreespressioni di pensieroe di civiltà o, inmaniera più benevola,
una sua immaginesimile a quella di unaremota stella spentache non esiste piùormai, anche se noicontinuiamo a vedernela luce. Invece diconsiderare gli uominicome esseriintegralmente storici –radicati in credenze,
desideri e pregiudiziappresi all’interno dideterminatecomunità–vi si scorge la FataMorgana di una lorocoscienza individualefuoridal tempoedallospazio, sede dellaveritàedellamorale.Ementre la maggiorpartedelle filosofiedel
passato avevaconcentrato i suoisforzi nel cogliere lestrutture invariabili,astoriche, del pensieroumano onell’individuare uncomune terrenod’incontro chiamato“ragione”, la culturafilosofica odierna
sembra invece porrespesso l’accentosull’improponibilità diognischemaunificante.Il serratoconfronto traideeeculturesiriducein tal modo a una nonimpegnativa, “lungaconversazione delgenere umano”, allaquale ciascuno può
intervenirecreativamenteinventando orilanciando argomenti,consapevole però cheogni intendereèancheun fraintendere. Inquesto modo, da unlato, la discussionediventa più agevole,perchéledivergenzedi
opinione vengonocomposte in modogarbato e tollerante;dall’altro, si evitaaccuratamente diapprofondire lequestioni,considerandosemplicemente “folli”coloro che nonabbiamo voglia di
prendere inconsiderazione, soloperché le loro tesiesulano da quanto “èdeterminato dallanostra educazione,dalla nostra situazionestorica”.12
2.Dall’Italia
Seconmutamentodiscala,passiamodaunaprospettiva globale (o,almeno, europea eamericana) a unalocale, siamo in gradodi valutare, quasi percampionatura,corrispondenze epeculiarità nazionalirispetto allo scenario
mondiale.Lafilosofiaèper sua naturatransnazionale. Se sidovessero tracciareisobare o isoipse delpensiero, come accadenelle cartemeteorologiche ogeografiche, siconstaterebbefacilmente come la
diffusione delle ideeprescinde dai confinidegli stati. Eppure,nella polaritàineliminabile traassorbimentodall’esterno edemanazione versol’esterno, unaspecificità dellafilosofia italiana
esiste.13 Dopo ildeclino della filosofiaanalitica nei paesianglosassoni e laperdita di smalto dellaFrenchTheory (che hadominato negli ultimidecenni la cosiddettafilosofia continentale),la filosofia italiana siaffaccia oggi sulla
scena internazionale e– intrecciandosi con lariflessione di pensatoridialtreareeculturali–comincia ad assumereun certo peso a livellointernazionale (tra gliautori più tradotti:GianniVattimo,GiorgioAgamben,RemoBodei,RobertoEsposito).Essa
corrisponde a undiffuso bisogno diconcretezza e di realtàdopo le minuzioseindagini dei filosofianalitici e le(apparenti) acrobazieconcettuali degliesponenti dellaFrenchTheory. Se, quindi,come sosteneva
Gadamer la filosofiaanalitica è simile alpanno per pulire gliocchiali – serve cioè avedere piùchiaramente, ma nonaffronta le grandiquestioni–eilpensierodiunDerridarischiadiridurre la realtà a ciòche sta dentro il
linguaggioo il testo, lafilosofia italiana sipresenta con unosguardo diverso, piùattento alla storia e aiconflitti.Sin dalle origini
umanistico-rinascimentali gliinterlocutoriprivilegiati della
filosofia italiana nonsono gli specialisti, ichierici o gli studentiche frequentanol’università, ma unpubblico più vasto chesi cerca di orientare edi persuadere. Laprima cerchia ècostituita, per i filosofie i letterati, dai
connazionali, eredidecaduti di un grandepassato, cittadini diunacomunitàdapprimasoltanto linguistica,politicamente divisa inuna pluralità di fragiliStati regionali espiritualmentecondizionata da unaChiesa cattolica sin
troppo forte. Laseconda, con unaaccentuazionedeitratti“universalistici”, datutti gli uomini. Ifilosofi italianimaggiormenterappresentativi non sisono perciò chiusientro ristrette cerchielocali o dedicati a
questionidiparticolaresottigliezza logica,metafisica o teologica.Essi hanno assuntocome oggetto diindagine questioni chevirtualmentecoinvolgonolamaggiorparte degli uomini (i“non filosofi”, come lichiamava Benedetto
Croce), ben sapendochesitrattanonsolodianimali razionali, maanche di animalidesideranti eprogettanti, i cuipensieri, atti oaspettative sisottraggono aiprecedenti statutiargomentativi o a
metodi rigorosamentedefiniti.La filosofia italiana
dàpertantoilmegliodisé nei tentativi disoluzione di problemiin cui si scontranouniversale eparticolare, logica edempiria. Questi stessiproblemi scaturiscono
dai nodi della vitaassociata e dagliintrecci variabili, nellacoscienza individuale,fra la consapevolezzadei limiti imposti dallarealtàeleproiezionididesiderio, fra l’opacitàdell’esperienza storicae lasua trascrizione inimmagini e concetti,
tra l’impotenza dellamoraleeladurezzadelmondo,trailpensatoeil vissuto. Da qui inumerosi (e riusciti)tentativi di strapparezone di razionalità aterritori che neapparivanoprivi,didarsenso a saperi e apratiche che si
presentavano dominatidall’imponderabilitàdell’arbitrio, del gustoodelcaso:allafilosofiapolitica, alla teoria ealla filosofia dellastoria, all’estetica oalla storia dellafilosofia (tutti queicampi, peraltro, in cuiil peso della
soggettività edell’individualitàrisultadecisivo).Rovesciando l’ottica
prevalente, bisognaporre l’accento sulfatto che non si trattadi un “indebolimento”delle pretese diintellegibilitàdelreale,ma anzi dello sforzo di
bonificare aree troppoin fretta abbandonate(e inselvatichitesi) daparte di una ragioneche si eraeccessivamenteidentificata con imodellialloravittoriosidelle scienze fisico-matematiche sino alpunto di appiattirvisi.
Le filosofie italianesono quindi, spesso,più filosofie della“ragione impura”, chetiene conto cioè deicondizionamenti, delleimperfezioni e dellepossibilità del mondo,che non della ragionpura rivolta allaconoscenza
dell’assoluto,dell’immutabile o delrigidamentenormativo.Curiosamente poi,
malgrado ilfondamentalecontributo offertodall’Italia agli studiscientifici, negli ultimisecoli e sino a pochidecenni fa non è in
genere esistita unacostante riflessioneautoctonasullafilosofiadella scienza o sullalogica (se si escludonoGalilei e le figure,rimaste a lungosolitarie, di Peano,Vailati o Enriques). Emalgrado l’importanzadella Chiesa e l’ampia
diffusione dellepratiche religiose, oforse proprio grazie aesse, è poiessenzialmentemancata una filosofiadell’interiorità, deldrammatico dialogocon se stessi (del tipoche si è avuto inFrancia da Pascal a
Maine de Biran). Ciònon dipende soltantodalla spessosottolineata tendenzaalla teatralità del ritocattolico-romano o daiblocchi psichiciprovocati dalla pauradei controriformistici“tribunali dellacoscienza”, quanto
piuttostodall’istituzionalizzazione,fortemente gerarchica,deirapporti tra i fedelieladivinità,dall’esserela Chiesa di Romadepositaria di unacultura giuridica,formalizzata nei secoli,che regolaminuziosamente e
sapientemente icomportamenti deifedeli.Nel secondo
dopoguerra la filosofiapoliticaitalianasitrovaad agire in una fasestorica in cui lo Statoeticofascistadistampogentilianohalasciatoilposto al partito etico,
chesiergeaportatoredi ideali e di valori dicarattere universale,dirige i militanti, esigeuna rigida disciplina,diffonde unaconcezione della vitasostanzialmenteincentratasullapoliticaed elabora ideologieche pretendono di
fornire risposte a ogniquestione.Laculturasitrasforma così in unapedagogia politicacaratterizzata dallavolontà di educare lemasse attraverso“intellettuali”che–purdi farquadratoattornoalla loro fedepolitica–vanno spesso incontro,
in oppostischieramenti, a uninaridimento dellacapacitàdigiudicare.Rispetto al periodo
dei totalitarismi, laGuerra fredda haportato a un diversoisterilimento dellacapacità di giudicare,al chiudere occhi e
orecchie per farquadrato attorno allapropria parte politica.In tale contesto, ilmagistero di NorbertoBobbio si è esercitatonel combattere ildogmatismo e larigidità ideologica enello stabilire, tracultura e politica, un
rapportochenon fossedi sudditanza dellaprimaallaseconda,maneppure di distaccoreciproco. Harivendicato“l’indipendenzamanonindifferenza” dellacultura e la sua“autonomia relativa”rispettoallapolitica,ha
insistitosulfattoche“ilprimo compito degliintellettuali dovrebbeessere quello diimpedire che ilmonopolio della forzadiventi anche ilmonopolio dellaverità”.14 Con paroleche mantengono tuttala loro attualità, ha
stabilitoqualedebbanoessere le virtù di chisvolge un lavorointellettuale:“l’inquietudine per laricerca, il pungolo deldubbio, la volontà deldialogo, lo spiritocritico, la misura nelgiudicare, lo scrupolofilologico,ilsensodella
complessità dellecose”.15Nel dibattito
pubblico e in quellospecialistico Bobbio siera distinto perl’esemplare chiarezzadel suo ragionare, ilrifiuto di ideologiepreconcette, l’assenzadi toni faziosi e
propagandistici, lacapacità di riformulareincessantemente iproblemi, soppesandoargomenti eaccogliendo obiezioni:“Al di là del dovere dientrarenella lotta, c’è,per l’uomodiculturaildirittodinonaccettareiterminidellalottacosì
come sono posti, didiscuterli, di sottoporlialla critica dellaragione”. Da qui,replicando a Togliatti,la rivendicazione dellalibertà contro qualsiasisclerotizzazione delleidee in formedogmatiche: “Ciò chepuò dar vita al corpo
sociale irrigidito èsoltanto l’alito dellalibertà, con la qualeintendo quellairrequietezza dellospirito,quell’insofferenzadell’ordine stabilito,quell’aborrimento diogni conformismo cherichiede
spregiudicatezzamentale ed energia dicarattere”.16Della democrazia
Bobbio presenta unaimmagine sobria erealista, che includenon solo i nobili ideali,ma anche la buonaamministrazione e lalaboriosa ingegneria
degli assetti sociali, laprosapiùchelapoesia.Guardando indietro aun quarto di secolotrascorso, confessaperò l’abbandono dellepretese di un tempo,che ora gli appaionoesorbitanti: “Cieravamopostidifrontealla democrazia reale
nell’atteggiamento deipadri offesi, e sorpresiche la nostra creaturafosse cresciuta cosìmale, tanto da nonpoter durareprobabilmente a lungo[...]. Abbiamo imparatoa porci di fronte allasocietà democraticasenza illusioni. Non
siamo diventati piùsoddisfatti. Siamodiventati menoesigenti. La differenzatra le ansie di allora ele preoccupazioni dioggi,ètuttaqui.Nonèmigliorata nell’insiemela qualità della nostravita in comune, anzisotto certi aspetti è
peggiorata. Siamocambiati noi,diventando più realistiomenoingenui”.17Il compito della
democrazia èinterminabile, inquanto regimeimperfetto che è peròl’unico perfettibile, e ildesiderio di
trasformare il mondo,senza smettere diinterpretarlo, ècontinuoeingrato.Nonresta che proseguire ilcammino intrapresoper avanzare nellatenace espansionedella sfera dei diritti,passando da quellipolitici ed economici a
quelli – oggi semprepiù importanti – socialidi ultima generazione:“Si tratta di nuovidiritti che hanno fattola loro apparizionenelle costituzioni dalprimo dopoguerra inpoi e sono staticonsacrati anche dallaDichiarazione
universale dei dirittidell’uomo e da altrecarte internazionalisuccessive. La ragiond’essere dei dirittisociali come il dirittoall’istruzione, il dirittoal lavoro, il diritto allasalute, è una ragioneegualitaria. Tutti e tremiranoarenderemeno
grande ladisuguaglianza tra chiha e chi non ha, o amettere in condizioneun sempre maggiornumero possibile diindividui di esseremenodisegualirispettoaindividuipiùfortunatiper nascita econdizionesociale”.18
Dalla fine degli annisessanta, con percorsie voci originali, anchela filosofia italiana si èsostanzialmenteinserita nel più ampiodibattitointernazionale. La fasepiù acuta e innovativadel cambiamento diprospettive
corrisponde al declinodi tendenze una voltaegemoninellaPenisola,in particolare, dellevarie famiglie delladialettica e dellostoricismo. Il pathosper la storia e per ilvalore salvifico dellapolitica si muta allorasia in disincanto che
nelprenderesulserioil“nichilismo”. A livellosociologico, tale svoltasi accompagna allasostituzione delrapporto privilegiatodella filosofia e delleideologie italiane con i“partiti etici” a quellocon l’opinionepubblicae con i mezzi di
comunicazione dimassa.La riabilitazione di
pensatori giàcondannati come“reazionari” o“irrazionalisti”(Nietzsche,Wittgenstein, Schmitt,Heidegger) fornisceora le armi per una
sorta di attaccoconcentrico contro leposizioni precedenti.Alle concezionitragiche, seppure confinale ottimistico – chedipingono una umanitàapprodata, dopo lungotravaglio, sulle spiaggedel regno della libertào su quelle della
società senza classi –,Massimo Cacciaricontrapponecosì l’ideadikrisis, di emergenzapermanente. Essa nongarantisce alcunasalvezza. Racchiudeperònuoveopportunitàintellettuali e indicaesemplari stili dicondotta, rinvenibili ad
esempio negli “uominipostumi”, nei grandimaestri delladécadence chepopolano la Viennadella finis Austriae. Il“pensiero negativo”suggerito da Cacciari,che ha assunto con iltempo toni sempre piùneoplatonici, non
pretende tuttavia dicogliere la veritàdisvelata. Mirapiuttosto a mantenerela presenzadell’irrappresentabilenel rappresentabile edell’invisibile nelvisibile.Alle teorie filosofiche
che andavano alla
ricercadiunmodellodirigore nelle inesorabiliproceduredellascienzasubentra con AldoGiorgio Gargani, un“sapere senzafondamenti”, cheindividua nei “ritualiepistemologici”pratiche consolatorietese a eliminare le
incertezze denunciatepoi dalla “crisi dellaragione”.19 La filosofiacambia così vocazione,abbandona le velleitàdi competere con lescienze a statuto forteed elabora unparticolare “stile dianalisi”: il “pensieroraccontato”, che
intreccia la riflessionealla narrazione, losviluppodelle ideeallevicende personali, lafilosofia agli apporticonoscitivi dellaletteratura. Essosoltanto è in grado diesplorare – con valori“nonancoraprotetti” –i luoghi, i percorsi e i
“dintorni” enigmaticilungo cui si articolal’esistenza diciascuno”.20 Una voltaprivi di garanziepreliminari, sempresospette, i nostripensieri appaiono cosìdotati di pericolanteinstabilità, transitanosu ponti irreali sospesi
sul vuoto, simili ai“numeri immaginari”della matematica, chefunzionanosenzachesisappia il perché. Unainaspettata consistenzae solidità interiore cigiungono tuttaviadall’abbandono del“teatro del soggettoautocentrato”, dal
riconoscimento del suocarattere di “grandeesorcismoneiconfrontidellarealtà”.21In questo modo la
cultura filosofica piùrecente spostal’accento dallaresponsabilità delsingolo nei confrontidellaStoriacollettivae
della politica allaricerca personale delproprio “destino” inrapporto ad altridestini da parte diesserichenonpossonopiù beneficiare difondamentapreliminarmente dateal pensare e all’agire.Ognuno è perciò
rinviato a riscoprire sestesso, tenuto a farsicarico del sempreimprovvisato mestieredivivere.Si scinde ora anche
la struttura dellastoria, dialetticamenteintesa quale diveniremediantecontraddizioni. Da un
lato vi è chi, comeEmanuele Severino,nega l’esistenza stessadel divenire,considerando unaassurdità logical’oscillazione tral’essere e il nulla. Glienti sono infatti eternie, pertanto, nonnascono e non
muoiono: pur restandonell’orizzontedell’essere, esconosemplicemente dalcampo di visibilitàdell’apparire, perritornarvi secondoritmi ciclici.Esorcizziamoparadossalmente ilfantasma del divenire,
da noi stessi creato,mediante il ricorso adaltri enti fittizi (gli“immutabili”, prodottidella scienza e dellareligione,comeleleggifisiche o Dio). Essi cistanno a cuore perchérappresentano lasoddisfazione indirettadel nostro desiderio di
sottrarciallacaducitàealla morte. Dall’altrolato, Gianni Vattimo,utilizzandol’ermeneutica perinvalidare ogniprogetto diriappropriazione di sestessi o di fuoriuscitadalla realtà alienata,accentuainveceiltema
dell’impossibilità ditrovare un sensocompiuto alla storia,minacciata da undivenire che indossa levesti della caducità edella fragilità.L’heideggerianaVerwindung, intesaquale congedo dalleidee e dai valori forti
della tradizionemetafisica, viene in talmodo contrapposta siaalla hegeliana emarxiana Aufhebung,sia alla Überwindungdi quanti pensano di“superare” l’orizzontedellametafisica stessa.Così, se il volumecollettivo Crisi della
ragione è stato iltentativo estremo disalvare il potere disintesi all’interno deltessutosimbolico,della“ragione” appunto, Ilpensiero debole hapiuttosto segnato ilcompiutoabbandonoditale obiettivo. A causadella loro
insostituibilità, gli“immutabili” e letracce sbiadite dellaragione unitaria, contutte le sue esorbitantipretese, non devonoperò essere cancellate.Occorre anzisalvaguardarle erammemorarle,esprimendo nei loro
confronti una pietasanalogaaquellachesimanifesta verso tuttociò che, in quantofinito, si consuma emuore.22A prescindere dalla
ricchezza dei temi chesono stati trattati inquesto periodo,23l’ultimo quarto di
secolo è statocaratterizzato daldibattito sullabiopolitica, che hacomeesponentiGiorgioAgamben e RobertoEsposito e rappresentauna rielaborazione eunaripresaoriginaleditemi di Foucault eSchmitt sulla natura
del potere e dellasovranità.Già Foucault
intendevalabiopoliticacome controllo delpotere sui corpi degliindividui e comeinterventoprogrammatoesemprepiù cogente non solosulla natalità, la sanità
o l’igiene e, quindi,sulla promozione dellavita (per lo più grazieallaseduzionepiuttostocheallapunizione),maanche mediante lasistematica distruzionedi determinati gruppiumani. La modernitàha per lui mutato ilsenso della politica:
“Per millenni l’uomo èrimastoquelcheerainAristotele: un animalevivente ed inoltrecapace di un’esistenzapolitica; l’uomomoderno è un animalenella cui politica è inquestionelasuavitadiessere vivente”,24 incui cade cioè la
distinzione tra la vitafisica (zoé) e la vitapolitica(bios).Il paradigma della
biopolitica è stato piùprecisamenteindividuato daAgamben nella figuradell’homo sacer dellareligione romanaarcaica, un individuo
che aveva commessoun delitto ma che nonpoteva esseresacrificato, un uomoche chiunque potevaimpunementeammazzare(datochelasua vita era, appunto,“sacra”, ossiauccidibile perchéabbandonata dalla
legge). Il campo disterminio nazista è laversione novecentescasulargascaladiquestafigura, rappresentataoradaideportati,lacui“nuda vita” è in baliadei loro aguzzini, cheesercitano su di essiuna sovranità assoluta.A differenza di
Foucault,Agambennoncrede quindi che labiopolitica sia unfenomeno moderno.Riguarda, anzi, sia ilpassato remoto delleciviltà umane, sia ilmondo attuale. Esso è,infatti, sia il fenomenooriginario che fonda lecittà e la convivenza
umana attraversol’“esclusione inclusiva”dideterminatepersonee popoli, sia lacondizione odiernadellapolitica–anchediquella democratica –che ha resopermanente lo stato dieccezioneteorizzatodaCarl Schmitt di
temporaneasospensione dellalegge, trasformandovirtualmente tutti noiin homines sacri.25 Ilproblema di Agambenconsiste nell’articolareunateoriacheriformuliil sensoe il ruolodellasovranità e dellapolitica grazie a
pratiche disoggettivazione ingrado di contrastaretaletendenza.Roberto Esposito
sviluppa, a sua volta, itemi biopoliticisoprattutto sotto ilsegno della“immunizzazione”, delchiudersi in se stesse
delle società che sisentono minacciatedall’Altro e che sonoquindi indotte – inmaniera analoga allevaccinazioni – aincludere in se stessel’elemento dellaminaccia.Lavitadeve,di conseguenza,assorbire il principio
letale e la biopoliticadeve comprendere la“tanatopolitica”.26Aldilà dei campi disterminio nazisti o deigulag sovietici, sonostati problemi piùrecenti a indirizzare laricerca sulla questionedell’immunità: ilmoltiplicarsi, su scala
planetaria, dei conflitticon motivazionietniche; le migrazionidi massa con ilconseguenterimescolamento dellepopolazioni;l’accoglienza ol’espulsione deimigranti; il diffondersidelle nuove povertà e
del terrorismo, con leconnesse paure degliindividuiper lapropriasopravvivenza eintegrità fisica; lelacerazioni del corposociale sulla liceitàdell’aborto edell’eutanasia.Il loro contraccolpo
sulle nozioni e sulle
pratichedellasovranitàedelpoterenonèstatoancora assorbito etardaa tradursi inunariformulazione dellapolitica. In un suorecente libro, Espositoha fornito una cornicepiù ampia alla suateoria, riportando ilproblema biopolitico
nel quadro della“macchina dellateologia politica”, valeadirediquelloschemache “funzionaprecisamenteseparando ciò chedichiara di unire eunificando ciò chedivide mediante lasottomissione di una
parte al dominio deltutto”, uno schemadifficile daabbandonare inquantosiamo completamenteimmersi nel suoorizzonte, “non perchéla porta d’ingresso siasbarrata, ma perchél’abbiamo da tempoimmemorabile varcata,
prima che essa sirichiudesse alle nostrespalle impedendoci diuscire”.27
3.Rorty:comunitàeverità
Èstato inparticolareRichard Rorty acombattere la
“metafisica” e asottolineareilruolodeicontesti sociali.Riallacciandosi allatradizione delpragmatismoamericano (per cui laverità è il risultato diregole e procedureaccettate all’interno diuna data comunità),
egli rifiuta ipresuppostiplurimillenari delpensiero occidentaletesi a garantirnel’incondizionataassolutezza purnell’insormontabilecontingenza dellesituazioni umane.Rifiuta così sia il
concetto di realtàesattamenteriproducibile senzadeformazioni dallo“specchio” odall’“occhio”contemplativo dellamente,28 sia quello dicoerenza puramentelogica delragionamento e
dell’azione. Rorty, chenon vuoleabbandonarsi alla“nevrotica ricercacartesiana di certezza”e preferisce di granlunga una filosofia ingradodioffrirealmenoqualche cenno sulmodo in cui “le nostrevite potrebbero
cambiare”,29 delineadueposizioniesemplarirelative alla verità. Laprima, che viene fattarisalire a Platone,àncora la verità stessaa una dimensionesovra-umana, allanostra“vitreaessenza”che coglierebbe inmodo trasparente una
“oggettività”postaaldisopra di ogni criterioconcordato da gruppiumani concreti; laseconda, che vienefatta risalire a WilliamJamesea JohnDewey,lega invece la verità apratiche socialicondivise digiustificazione e di
controllo.Platone ha elaborato
una teoria della veritàche non si collegaaffatto alla comunitàdei dialoganti effettivi.E ciò per evitare undoppio relativismo:sofistico ed etnologico(quello per cui, adesempio, secondo
Erodoto, i Massagetimangiavano i lorogenitori, in quantoritenevano che latombamigliorefosselostomaco dei figli, maavrebbero rifiutato consdegno di bruciarlisulla pira, secondo ilcostume dei Greci).Egli inventa, a tal
proposito, unacomunità artificiale difilosofi che legiferasulle regole di validitàdel discorsoagganciandole aessenze (“idee”) che,una volta raggiunte, siimporrebbero all’uomoper la loro luminosa,indiscutibile evidenza.
La verità risulta cosìfondata su proceduredi carattereautoriflessivo propriedi un ristretto gruppoche si arroga il dirittodi rappresentarel’interaumanitàdiogniluogoe tempo.Sideveperò osservare che inrealtà – malgrado le
critiche di Rorty –Platone cerca propriodi “edificare” la veritàattraverso una ricercacomune. Tutti gliuomini dotati di logos(e persino uno schiavoignorante), seopportunamenteguidati, possonoraggiungere
conoscenze certe. Ildialogo passa infatti alsetaccio i differentipunti di vista, mostracome alcune opinionitrovano la stradasbarrata, risultanosterili e intransitabili,mentre altrepermettono laconfluenza e lo sbocco
delle diverse lineeargomentative,dimodoché, alla fine,conducono a soluzioniconvincenti perognuno. Si ottiene cosìuna verità che è,soggettivamente, unpunto d’arrivo, sempreprovvisorio,ma che hala propria
“oggettività”, extra-territorialerispettoallediverse culture e aipunti di vistaindividuali. La veritàsupremaècomeilsole,che non si puòguardarealungosenzaperdere la vista.Ma laragione che lacontempla, anche nei
suoi riflessi, diventacomunque la patria ditutti, la tradizionecondivisa dell’umanità.Il nucleo piùconsistente delpensierooccidentalehaproceduto appunto suquesta stradamaestra,da cui la verità stessaappare salda perché
fondata non sullesabbie mobili delleopinionisoggettive,masul suolo graniticodell’episteme, dellascienza.A tale prospettiva
Rorty contrappone latrasformazionedell’oggettività in“solidarietà”, che
definiscecioèilveroinrapporto a ciò checredeeargomentaunaspecifica comunità, il“noi”deiparlantiodeipensanti. In questosenso,dunque,“verità”èciòcheincontrerebbemeno resistenze aessere accettato dacoloro che seguono
determinate regolestoriche diverificazione; falsità ilcontrario.30Lafilosofiadovrebbe evitare latentazionedicercarelefondamenta ultimedella realtà e delpensiero e limitarsi aproporre discorsi“edificanti” (neldoppio
senso architettonico emorale).Dovrebbecioèinnalzare dimoreaccoglienti, dove laconvivenza umanapossa svilupparsi almeglio,senzanecessitàdifarricorsoapratichecomunicative irrigiditeinschemiprefissati.Loscopo della filosofia in
un’epoca “post-filosofica”, che non hapiùbisognodipratichefondative, consisteappunto nel mantenerviva la creatività diforme di dialogo chenon presuppongonoalcun “vocabolariodato”.Per Rorty non si
tratta affatto didelegittimare larazionalitào lamorale.Egli è anzi talmenteaffezionato alla“speranza sociale” daritenere che i valoriastrattamenteuniversalisticidevitalizzino le singolecomunità storiche,
impedendo loro dirisolvere questioniurgentieconcrete.Delresto, dice, le libertàdal bisogno,dall’oppressioneedallacrudeltà nonnecessitano di altragiustificazione chequella della lorodesiderabilità. Ciò che
conta, per noi abitantidell’Occidente, “ironiciliberali”, è unademocrazia che possafare a meno sia dellafondazione religiosache dellalegittimazionefilosofica. È sufficientel’autorità“costituitadaunaccordocoronatoda
successo tra individuiche si scoprono eredidelle stesse tradizionistoriche e posti difronte agli stessiproblemi”. Questaforma di democrazia ètalmente preziosa che,qualora “l’individuoreperisca nella propriacoscienzacredenzeche
sono rilevanti per lapolitica pubblica maindifendibili sulla basedelle credenzecondivise dai suoiconcittadini, egli devesacrificare la suacoscienza sull’altaredelbenepubblico”.31Come evitare allora
l’arbitrio delle opinioni
e la preferenzaaccordabile ai proprivalori, anche nellaforma di pregiudizietnocentrici? Lasfiducia sullapossibilità di gettarepontidi comunicazionetra gli appartenenti adiverse culture èdiventata in Rorty
sempre più forte.Così,se ne La filosofia e lospecchio della naturaaveva osservato che icoloni inglesi e gliaborigeni dellaTasmania non avevanomaggiori difficoltà acomunicare tra loro diquanta ne avessero iprimi ministri
britannici Gladstone eDisraeli, ora credepiuttosto che esistano,sotto il profilo teorico,tanti criteri di verità edi giustificazionequantesono leculture.Nessuno di noi èrealmente capace discostarsi dalle proprietradizioni e pregiudizi,
di superare la barrieradell’alterità. Siamoinfatti talmentecondizionati dalleregole che abbiamoappreso e a cui siamostati abituati nellanostra comunità daessere inevitabilmentecostretti a diventareetnocentrici. Per
parafrasareHegel,nonpossiamo uscire dainostri condizionamentistorico-culturali, cosìcome non possiamouscire dalla nostrapelle. L’ideale diunificazione delleformedipensierosottol’egida di una verità edi una razionalità
supercomunitariaobbedisce, del resto, aun pregiudizioinconscio: quello percuilastoriadelgenereumano procederebbeinesorabilmente versola convergenza tra levarie civiltà.Appoggiandosi ancheaFeyerabend,32 Rorty
sostiene invece chebisognerebbe puntaresull’idea di un’umanitàche procede indirezioni divergenti,privilegiare ladifferenziazionerispettoall’unificazione. Lacosa migliore che sipossa fare è rendersi
consapevoli del pesoineliminabile delleproprie tradizioni etenerne conto quandoci si confronta conaltri, usandopossibilmente l’armadell’ironia, dellaconsapevolezza, cioèdel peso dellacontingenza per
relativizzare ognipretesa di assolutezza.Eppurequalchecriteriogenerale esiste, comequellodicombattere lacrudeltàneiriguardidituttigliesserisenzientie nel “saper togliereimportanza a piùdifferenze tradizionali(di tribù, religione,
razza, usi, e simili) inconfronto allasomiglianza nel doloree nell’umiliazione, nelsaper includere nellasfera del ‘noi’ personeimmensamente diversedanoistessi”.33
4.Famedirealtà
Al pari di Rorty,anche Gadamer,Derrida e Lyotarddiffidano dell’idea diuna verità che abbiavalore intrinseco. Sonopersuasi,rispettivamente, che laveritànoncontisenoncome credenza utileallasocietà,chenonsi
possa sfuggire allaforzadella tradizioneedeipregiudizi,chealdifuori del linguaggio odel testo non si diaalcunarealtàautonomae che ogni pretesa diverità abbia senso solonell’ambito delle“grandi narrazioni”. Inultima analisi, tutti si
appoggianosullatesidiNietzsche secondo cui“contro il positivismoche si ferma solo aifenomeni, ‘ci sonosoltanto fatti’, io direi:no,proprioifattinoncisono, bensì solointerpretazioni”.34È stato, tuttavia, lo
stesso Nietzsche a
modificare più tardiquesta affermazione.Da “vecchio filologo”,ha, infatti, rivendicatol’onestàeilcoraggiodichi possiedel’“incondizionatavolontà di verità” e hadichiarato l’erroreespressione di viltà:“Ognibricioladi verità
abbiamo dovutostrapparla a furia dilotta; in compensoabbiamo dovutosacrificare quasi tuttociò cui di solito sonoattaccati il nostrocuore, il nostro amore,la nostra fiducia nellavita. Per questooccorre grandezza
d’animo: servire laverità è il più durodeiservizi”.35 Le illusionipossono,certo,aiutarcia sopportare leasprezzedella vita,mala verità – purrivelandosi spessosgradevole,contrariaainostri interessi e ainostri desideri e
perfino pericolosa – cievita le sconfitte e ledelusioni imputabilialla sottovalutazionedei condizionamentidell’esistenza.Pur contribuendo a
mettere in guardiacontro la radicataconcezione di unarealtà immobile,
assoluta, extra-umana,il pragmatismo,l’ermeneutica, ildecostruzionismo e ilpostmodernismo(talvolta al di là delleintenzioni degli autori)hanno alimentato laconvinzione che laverità non siaimportante per le
nostre vite, chequalsiasi pretesa diconseguirlasiaingenuao iperbolica, che ilmondo siaessenzialmenteplasmabile secondopunti di vista dettatidall’utilità sociale o dadeterminati schemiculturali e che sia
impraticabile ognicriterio di controllologico ed empiricodellarealtà.Nei confronti di chi
nel pensieronovecentesco hasostenuto ladissoluzione dellaverità è recentementecresciuto il bisogno di
un più solidoancoraggioaunaveritànon strumentale. Cheesista una fame diverità e di realtà (o disenso) lo si capisceogginelconstatare,giàsul terreno delladiffusione dellefilosofie, l’estenuazionedi quelle che hanno
accompagnato l’ultimomezzosecolo.Oltrealleteorie appenaricordate, si possonoaggiungere quellarelativa all’equazionetrasapereepoteredelprimoFoucaultequellache ruota attorno allemolteplici versionidell’idea di “modernità
liquida” di Bauman edello sciogliersi“nell’aria di tutto ciòche è solido” diBerman.36 Il meritoche va comunque lororiconosciuto è statoquellodiavermessoindiscussione l’idea diuna veritàdogmaticamente
assoluta, quale sipresenta non solo nelcampo della filosofia,ma anche in quellodella teologia, dove lo“splendoredellaverità”viene identificato conle credenze di unaparticolarereligione.Il bisogno sia di
veracità (di voler cioè
conoscere la verità,rispettarla ecomunicarla agli altri,promuovendolaattraversolevirtùdellaprecisione e dellasincerità), sia di veritàincondizionata versocui dirigersi ènecessario al fine dievitarechelesocietàsi
dissolvano. Nessungruppo umanopotrebbe, infatti,durare se attribuissealla verità soltanto lostatutodiunabeneficaillusione: “La speranzanonpuòpiùesserechela verità, una veritàsufficiente, tutta laverità,cipossarendere
liberi. Ma questo èmolto di più dellasperanza chesemplicemente le virtùdella veritàcontinueranno aesistere; in una onell’altra forma, essedebbono continuare aesistere fino a quandogli esseri umani
comunicheranno. Lasperanza è che essecontinueranno a viverein qualcosa di similealle forme piùcoraggiose,intransigenti esocialmente efficaciacquisite nella lorostoria; che possanoesistere istituzioni le
quali sostengano edesprimano tali virtù;che i modi in cui nelfuturo si arriverà adare senso alle cosesarannoancheingradodi mettere le personein condizioni di vederela verità, e non diessere schiacciate daessa”.37
Sia contro i negatoridella verità, chevorrebberoallegramentesbarazzarsene, siacontro i fautori delsensocomunechesonoincapaci a replicarealle ragioni dei primi,giacchépensanochelaverità abbia una
evidenzaaproblematicanella vita ordinaria,BernardWilliams–purriconoscendol’esistenza di unatensione essenziale trala veridicità e la verità– ne difende il valoreintrinseco e si chiedese sia “possibilestabilizzare le nozioni
di verità e veridicitàdal punto di vistaintellettuale, inmaniera tale che ciòche sappiamo sullaverità e sulle nostrepossibilità di arrivarcipossa essere resocongruente con ilnostro bisogno diveridicità”.38
Peraltro, le primecritiche contro lariduzione di tutta larealtàainterpretazione(per quantoripetutamenterettificata grazie al“circolo ermeneutico”),sono manifestate giànegli anni novanta delsecolo scorso.39 Più
recentemente è statoperò l’invito adistinguere tra oggetti“saturi”, checonservanoalungounaloro interpretazione, eoggetti “insaturi”, chesono esposti a un piùrapido cambiamento diinterpretazione, astabilire che, se tutto
viene sottoposto a unainterpretazioneinfinita,i pensieri finisconoeffettivamente persciogliersi e diventare“liquidi”.40A sua volta, il
decostruzionismoaveva virtualmenteeroso i suoipresupposti quando
Derrida alla fine si eraaccorto del rischio chel’eccessiva fluiditàdelle idee da luianalizzate e il loroinserimento in uncontesto che prescindedai riferimenti aqualcosa di“indecostruibile”possano stingere (o
addirittura cancellare)la linea didemarcazione traveritàemenzognaetrabene e male. Ciò eraavvenuto grazie allascoperta, in terminimorali, che l’idea digiustizia non èinterpretabileapiacereproprio perché dotata
di una propriaconsistenza, che nonpuòesseresmontatasenon al prezzo dilegittimare, appunto,ogni arbitrariaconfusionetrailbeneeilmale.41Anche attraverso il
riferimento a questoultimo Derrida, da un
filosofo italiano è statoda poco riproposto ilruolo dell’ontologia, inquanto “ontologiaanalitica”, vale a diredel riconoscimentodell’esistenza di unarealtàfuoridinoi,diunmondo naturale eideale (come quellodegli enti matematici)
che, d’accordo con ilsenso comune, esistesenza che leinterpretazionipossanoridurlo a un fattoreculturale, a un sapere:“Ontologia significasemplicemente questo:il mondo ha le sueleggi,e le farispettare[…]. Resta che quello
che percepiamo èinemendabile,nonlosipuòcorreggere:lalucedelsoleèaccecante,sec’è sole, e il manicodella caffettiera scotta,se lo abbiamo lasciatosul fuoco. Non c’èalcuna interpretazioneda opporre a questifatti;lesolealternative
sonogliocchialidasoleelepresine”.42Questo è l’attuale
panoramadellaricerca,sempre in tensione traveridicità e verità, tranegazionistiedifensoridel senso comune, mail cammino verso laverità e la realtàappare ancora lungo
(anche a prescinderedagli aspetti piùtecnicamente logici emalgrado le acuteintuizioni di BernardWilliams).
5.Incertezzaedisimpegno
L’agire comunicativo
diHabermaselateoriadellagiustiziadiRawlsrappresentano, nellesocietà democratiche(caratterizzate da unapluralità di poteri e divalori in concorrenza),un’alternativa sia alricorso alla forza nellasoluzione dei conflitti,sia alla pratica di una
defatigantenegoziazione in cuivince chi ha maggioririserve di potereoppure maggioreabilità strategica nelperseguimento deipropri interessi.Purtroppo, quando ledistanzetraidialogantio tra i contendenti si
dimostranoincommensurabili,succedespessochechiconvince non vince echivincenonconvince.Si ricorre allora allamanipolazione o allaviolenza, più o menomascherate.Jean-François
Lyotardproponeperciò
di non cercare ilconsenso, quantopiuttosto dipromuovere l’incontrotraidissensi,ditentaredi comporre ilcontenzioso o dissidio(différend) senza farsisoverchie illusioni. Asuo parere, basandosisu due assunti poco
realistici, Habermassbaglia.Inprimoluogo,non è infatti vero chegli interlocutori sianoin grado di accordarsisu regoleuniversalmente valideper tutti i possibili“giochi linguistici” (diper sé eterogenei eincompatibili, dato che
il comandare, adesempio, non coincideaffattoconildescrivereo il pregare). Insecondo luogo, è falso“che la finalità deldialogo sia ilconsenso”, in quantoesso costituiscesoltanto “uno statodelle discussioni e non
illorofine”.Ilconsensorappresenta cioè unorizzonte provvisorio emobile, maidefinitivamenteacquisito. Nel seguireuna prospettivaemancipatoria, ancheHabermas cade perLyotard nell’illusionedei méta-récits, teorie
estrapolate dalle“grandi narrazioni”, damiti quali la vittoriafinale del progresso ol’avvento delle societàsenza classi. Alcune diquestefavoleperadultisorgonoinetàmodernain vista dellalegittimazione diautorità che – non
affondando più le lororadicinelpassatodellatradizione – hannobisogno sia di unoscopo nuovo emacroscopico daraggiungerenelfuturo,siadieroicollettivichelo rappresentino(classe operaia,rivoluzione o
democrazia). Oggiperò, nella “condizionepost-moderna”, iméta-récits hanno perso dicredibilità, lasciandocieredi di conflitti etensioni difficilmentegovernabili,madicuiènecessario conoscerealmeno lacartografia.43
Intalisocietà,dove–secondoun’espressionediMarx–“tuttociòcheè solido si dissolvenell’aria”, una voltainfrante le normemorali deducibili davalori assoluti, sipossono ancoramantenere forme dicondotta largamente
condivise erelativamente stabili?Se si guarda aicomportamentieffettividelle persone, sembraproprio di no. È statainfatti rilevata comecaratteristica unatenace, quantoinconsapevole,resistenzaadassumere
obbligazioni morali dilunga durata. Sidiffonde cioè lapropensione aprendere quasiesclusivamente“impegni che nonimpegnano”, revocabilie comunquerettificabili. Sonoquesti i non-binding
commitments di cuiparla Nozick, allorchéesamina la tendenzadell’uomocontemporaneo amodificare le propriedecisioni passate, inmodo da non sentirsimai definitivamentevincolatoaesse.Lasuaargomentazione è che
non compiamo maiscelte motivate da“ragioni” provviste diun presunto pesospecifico oggettivo;siamonoi,piuttosto,adattribuire – di volta involta–ilpesoadeguatoai motivi delle nostredecisioni (peso chevaria a seconda del
contesto e dellegiustificazioni che neoffriamo). È dunquepossibile riformularecontinuamente leproprie scelte in basealle nostre variabilivalutazioni.44 I non-binding commitmentsimplicano di fatto che,accanto alla coerenza,
anche il senso diresponsabilità siaffievolisca. Se sipensa, per contrasto,all’importanza centralechenellescaledivaloritradizionaliassumevailrispettodegliimpegniedellaparoladata,dellapromessa, non si puòfare a meno di vedere
come la possibilità diritornare sulle propriedecisionimarginalizziesdrammatizzi moltescelte, svincolando ilsingolo dalla propriaanelastica identità conil passato edisincagliandolo dalvecchio se stesso.L’eticadellacoerenzae
della responsabilità –perquantononsempreesplicitamenteripudiate – vengonodiluite in favore di un“mutamentoendogeno”delle preferenzeindividuali edell’acclimatarsidiunaconcezionedell’identitàpersonale non più
strettamente confinataalla continuitàpsicologicadell’individuo. Questinon si sente piùsaldamente ancoratoalle proprie sceltepassate, bloccato daesse,perchéècomesele sue precedentidecisioni fossero state
presedaqualcunaltro.Nella cesura netta
con il proprio passatopersonale, resapossibile dallarevocabilità degliimpegni, nell’infedeltàpersino a se stessipresentata da Nozick,si manifesta – assiemeaunamaggiore libertà
e scioltezza dell’agiredell’individuo–ancheilsuo progressivoisolamento, la perditadella sua “placentasociale”, l’allentamentodeivincoliconglialtri.Privato del pieno eorganico inserimentonei “corpi intermedi”che l’avvolgevano
(famiglia, comunità divicinato, ceto o classe)e posto a direttocontatto con i suoisimili e con leistituzioni, egli èinsiemepiùliberoepiùsolo. Questa piùimmediata vicinanzacon la società nel suocomplesso, infatti,
invece di proiettarloulteriormente nelladimensionepubblica,loinduce ad arroccarsinella sfera privata.Christopher Lasch hafocalizzato la genesi ditale condizionenell’analisi di come siallentano o sitrasformanoilegamidi
solidarietà in uno deipiù classici corpiintermedi: la famiglia.Latesisostenutaèchela famiglia ha cessatodi essere un portosicuro in un “mondosenza cuore”, il luogoche doveva ritemprarel’uomo nella sua duralottacontrolarealtàei
condizionamentiesterni e servire daprotezione e involucropermoglieefigli.Oggiessa non ripara piùsufficientemente néadulti, né bambini. Ladisgregazionedell’istituto familiare siaccompagna inoltre auna disattivazione
emotiva di quei vincoliche intrecciavanoamore e potere,sentimentieistituzioni.La famiglia è ormaidivenuta più porosa aimutamenti esterni,menoisolata,piùsimilealla società che lacirconda. I genitori sisono “proletarizzati” e
vi è stato un nettoindebolimentodell’autorità“verticale”, con unparallelo incrementodilegittimazione deirapporti “orizzontali”egualitari (da qui laconcezione delmatrimonio comecompanionship o la
maggiore vicinanza tragenitori e figli), maancheconl’ininterrottanegoziazione dei ruoli.Costretti a difendere iresidui della loroautorità non piùgarantita in anticipo, igenitori spessoabdicano alla lorofigura tradizionale,
ricorrendo a trattativelogoranti o a nascostemanipolazioni.45A cambiare non è,
tuttavia, solo lastrutturadelle famiglieo delle società, maanche quella degliindividui. Da“moderna” essasarebbe divenuta,
almeno in certe zonedel pianeta, “post-moderna”. L’individuomoderno viene infatticaratterizzato daun’identità solida edurevole, costruita “inacciaio e cemento”;l’individuo post-moderno da unaidentità di “plastica”,
mobile, cancellabile ericiclabile come unvideo-tape. I moderniappaiono inoltre comepellegrini nel tempo,uominichesimuovonosecondounametaeunprogetto, per cuil’identità diventa inloro costruzione,previsione e tragitto. I
post-moderni, alcontrario, si sarebberoadattati ad abitare ildeserto, a viverel’esperienza dellaframmentazione deltempo e ad avere lapercezione netta delladistanza incolmabiletragliidealidell’ioelaloro realizzazione.Non
si prefiggerebberoquindi il compito dicostruire qualcosa distabile, bensì quello disoggiornare in unaserie di identitàprovvisorie,cangevoliefluttuanti. In tal modo,soprattutto inOccidente,lamobilità–cheprimaera tipicadi
gruppi o popolimarginali – sarebbeoggi praticata damaggioranze. Ilnomadismo si sarebbecioè trasformato inturismo di massa.L’identità cessa così dipossedere un valoreassoluto. Si assiste,infatti, alla sua
“adiaforizzazione”,ossia al suo divenireindifferente, comerisposta difensiva adosi eccessive diesperienze disradicamento.46Si potrebbe tuttavia
lecitamente dubitaredel fatto che ilproblema dell’identità
passi attraverso fasicosì drasticamentecontrapposte. La suaconquistaèstatainfattisempre difficile e ilmovimento oscillatorioe squilibrante nelmantenimento dellapersonalità attraversoil tempo non è certouna caratteristica
esclusiva del mondopost-moderno (e poi,per inciso, siamodavvero tutti cosìpost-moderni, mobili,nomadi e nemici diognistabilità?).Pare,alcontrario, di percepireattualmente unaquantità di segnali dicontro-tendenza,
ancora da analizzare,che mostrano reazionidi rigetto allosradicamento, ma checonvivono ciònonostante conl’avversario checombattono,sostenendosi a vicendamediante meccanismiinvolontari di
connivenzaantagonistica.Sembrano in effettiall’opera duecontrastanti esimultanee linee diforza: da un lato, inalcune zoneeconomicamente esocialmenteprivilegiate delmondo,
si moltiplica il numerodegli individui“liberamentefluttuanti”, chetendono a svincolarsidai condizionamentidella tradizione;dall’altro, cresconoaltrove in parallelo –erodendo la fasciacentrale degli individui
definiti“moderni”–tipidi personalità chevogliono rifondare lapropria identitàagganciandola aistituzioni ed entitàtradizionali (ritenute,fino a poco tempo fa,“pre-moderne”e,cometali, disprezzate inquanto considerate
sconfittedall’Illuminismo, dallaScienza o dalProgresso). Le etnie ele grandi religionimonoteistiche paiono,di conseguenza,riprendere il proprioantico ruolo diprotagoniste e diagencies di
radicamento. Dietro i“fondamentalismi”religiosi, i“particolarismi”, i“nazionalismi”recenti–in qualsiasi modo siintendano – si ponecomunque unrinnovato,inequivocabile bisognodi radicamento. Ed è
proprio tale bisognoche permette divedere,comesottounalentediingrandimento,unelementostrutturaleche rischierebbealtrimenti di passareinosservato: ossia chel’identità individualediscende sempre, permille fili, dall’identità
collettiva e che èaddiritturaimpensabilesenzadiessa.Siscoprecosì che la nostraillusione di non avererapporti di dipendenzacon le istituzionicollettive di senso,deriva dal pathos concui l’individuo harivendicato in questi
ultimi secoli la suaautonomia rispetto aisoffocanti vincoli delpassato, dipende cioèdalla sua volontà disottrarsi all’arbitrioaltrui (in quanto l’ideadi “libertà”, prima didiventare retorica,conteneva qualcosa dimolto concreto: il
rifiutodellaschiavitùedella dipendenzapersonale). Sottoquesto profilo, il fattoche si cerchi unaridefinizione di sestessi ricorrendo alradicamentoinidentitàesterne forti (come leChieseo le “comunità”nazionali, “pre-
moderne” proprioperché si pensava diaverle metabolizzate,digerite, per poiscoprire che non èvero), mostrasemplicemente chel’aggancio alladimensione collettiva ècambiato, non che nonavevamo agganci, e
che le nostre zavorrestabilizzatriciistituzionali hannospostato il nostrobaricentro, non che inprecedenzaquestenonesistevano.
6.Ilritornodellaresponsabilità
Di fronte al temutodilagare dei non-binding commitments,viene sempre piùspesso invocatol’obbligo per ciascunodi sentirsipersonalmenteimpegnato a rendereconto di determinateformedicondottaa lui
imputabili. PaulRicoeur connette cosìl’identità personale, incampo etico, nonall’“io” (terminevacante, entitàdisancorata), ma al“sé” (riflessività cheintegra in un tertiumdatur identità ealterità). Questo “sé”,
poi, non è l’Idem,caratterizzato dallapermanenza nel tempoe dalla comparazionedei vari stadi delsoggetto tra loro, mal’Ipse, la personalitàche si conservaproiettandosi verso laparola data,mantenendosi fedele
alla“promessa”.L’Ipserimane coerente a sestesso congiungendosimultaneamente alpresentesia il “debito”del passato chel’impegno del futuro.47È però, soprattutto,HansJonasateorizzarepiù direttamente il“principio
responsabilità”, insimmetricaopposizioneal “principio speranza”di quanti – comeErnstBloch – hanno favoritoilpensieroutopicoogliatteggiamentiprometeici di dominiodella natura e diprogresso senza limiti.Essi, infatti, non si
sono accorti che –invece di produrregrandi trasformazioniin positivo – hannofinitoperminacciarelasopravvivenza stessadellaspecieumanaeditutto il pianeta,prendendo sul serio leutopie etrasformandole così da
innocuo esercizioletterarioofilosoficoinpericolosi programmidi stravolgimento delmondo.48L’atteggiamento diJonas (basato su una“euristicadellapaura”,ossia sulla scelta innegativo di evitare ilsommo male
dell’autodistruzionedell’uomo,allorchénonè possibile né giustotrovare un accordogeneralizzato su cosasia e come si debbaperseguire il “sommobene”)siscontraconleposizioni dell’ultimogrande teoricodell’etica della
responsabilità, MaxWeber. Questi avevainfatti sostenuto, nelquadro di un elogiodella lungimiranzaappassionata, che “ilpossibile non sarebberaggiuntosenelmondonon si ritentassesemprel’impossibile”.49 Oggi
che l’uomo è diventatoun essere altamentenocivo incapace divalutareadeguatamente ilrisultato congiuntodelleazionidituttiediciascuno, con il rischioeffettivo di alteraredelicati equilibri, inparte ignoti; oggi che
ognuno contribuisce,per la sua parte, alladegradazionedell’ambiente e aldepauperamento dellerisorse, laresponsabilità, lacautela, la riflessionecostituiscono unobbligo vincolante eineludibile. Anche
perché le potenzialitàdistruttive della specieumana aumentanoproprionelmomentoincuidiminuisconolesuedoti di previsione e dicontrollo dei processidi autoperpetuazione.Paradossalmente, laminaccia dellacatastrofe deriva non
dalfallimento,madallo“smisurato successo”della tecnica. Ed èproprio perché siamplia in manierainaudita la sfera deglieffetti inattesi di ogniazione che deveproporzionalmenteestendersi, prima chesia troppo tardi, anche
il raggio dellaresponsabilitàpersonale. Neconsegue la necessitàinversa di attutirel’impatto sull’esistentedei grandi progetti ditrasformazione, cosìche essi penetrino nelmondo gradualmente esenza provocare
violenti contraccolpi.Ognunodinoihainfattiuna responsabilitàcollettiva nei confrontidella Terra e dei suoiabitanti, in particolaredella biosfera, sottilefasciadiunatrentinadichilometri di spessoreche avvolge il pianeta.Il nuovo imperativo
ecologico di Jonas,formulato alla manieradiKant,suonapertantocosì: “Agisci in modochegli effetti della tuaazione sianocompatibili con lapermanenza diun’autentica vita sullaterra”.Eseèverochel’esistenzadell’umanità
è il “primocomandamento”, daessoseguelanecessitàdella difesa della vitanel suo insieme.All’altra famosadomanda kantiana, “inche cosa dobbiamosperare?”, sembrasostituirsi quella se èancora lecitosperareo
se non sia piuttostoillusorio e regressivoabbandonarsi allasperanza, farsi cullareda essa, invece diassumersiconcoraggioe disincanto le proprieresponsabilità.Anche la prospettiva
di Jonas (come quella,in un altro ambito, di
Rawls) si fonda sullaminimizzazione delrischio. A tale scopo ènecessario frenare inaltri e inibire in noistessilapropensionealpensiero utopico,giacché esso è fondatosupreteseesorbitantiesu desideri impossibili– o umanamente
costosi – di perfezione,nonché sull’idea diradicali sconvolgimenticheilmondo,nellasuaattuale fragilità, non èingradoditollerare.Lamaggior parte degliuomini sembra oggi,per giunta, incline apensare in forma diaspettative a più corta
gittatarispettoaitempimisuratidalsuccedersidelle generazioni. Perservirsi di unametafora militare, sipotrebbe dire cheJonas alzamoderatamente il tiroverso il futuro, senzaappiattirsi nell’alzozero sul presente
puntuale, ma anchesenza sparare a obiceverso un avvenireremoto eindeterminato.Sièperlui responsabili neiconfronti di un futuroche coinvolga noi e legenerazioni cheseguiranno, ma questonon dovrà
assolutamente metterea repentagliol’esistenza e le attesedelle generazioniattuali. Il “principioresponsabilità” apparecomunque sotto formadi un ulterioretentativo didelegittimazione delleutopie, come sintomo
dell’esaurimento diquella spinta in avantiche le avevagiustificate. Essesembrano perdere ilfascino e il potere deitempi in cui riuscivanoa mobilitare interipopoli alla lorocostruzione, aimpegnarli in
“immodeste” speranzedi riuscita,coinvolgendoliperònelfallimentodicausecherichiedevano pesantisacrifici personali,mentre promettevanola sicura conquista delfuturo per l’interaumanità.Sotto processo sono,
più in generale, lefilosofie della storiache sorreggono lemoderne utopie,adornandole della loroillusoria natura di“quasi previsione”, percui un finestoricamentelontanosipotrà realizzarequalora i suoi
promotori sianocoerenti nelperseguirloeinvestanoe mobilitino la lorooperosa energia nelprepararne l’avvento.Si produce così unaserie di cortocircuititeorici, inbaseaiqualiil conseguimento delloscopo viene dichiarato
immancabile, sebbenesi aggiunga poi cheesso esige l’interventodiretto dei singoli; lacoerenza rispetto alfine dell’agireindividuale vieneproclamata in tutta lasua importanza,proprio mentre sisostiene che la storia
puòandareavantinelladirezione “giusta”ignorando astutamentele intenzioni deisingoli; laresponsabilitàpersonalenei confrontidell’umanità vienesolennemente esaltatacome valore etico epolitico supremo, ma
nello stesso tempononappare indispensabileall’economiacomplessiva di unprocesso dotato deipropriautomatismi.
7.Bioeticaebiotecnologie
Accanto
all’impetuoso sviluppodell’informatica,dell’intelligenzaartificiale, delleneuroscienze e deisocial networks, due,soprattutto, sono glielementi di novità checaratterizzano ilpanorama attuale e, diconseguenza, la
riflessione filosofica:l’impatto dellebiotecnologie e ilsorgere della bioetica;il nostro mutatoatteggiamento neiconfronti della storia edelfuturopereffettodieventi traumatici einattesi(qualilacadutadelMurodiBerlino, la
dissoluzionedell’Unione Sovietica,la distruzione delleTorri gemelle e ildiffondersi delterrorismo giustificatoin termini religiosi oetnici con il relativomoltiplicarsi deiconflitti).Sulla spinta di
problemi emergenti,specie nel campo dellescienze biologiche emediche, è sorta direcente una nuovadisciplina filosofica, labioetica.Ilnomestessoha pochi decenni:nasce nel 1971 daltitolo di un libro delcancerologo V.R.
Potter, che intendevagettareunponte tra lescienze della vita el’etica, ma che nonpensava ancoraesplicitamente avalutare le scelteumaneinquestocampoalla luce di valori escelte possibili.50 Daquando si è diffusa, la
bioeticaèdiventatauncampodibattaglia,ches’allarga sempredipiùe che provocalacerazioni tra isostenitori di oppostevisionidelmondo.Lebiotecnologiee,in
genere, gli sviluppidelle tecnichemedichee farmaceutiche
pongono, infatti, indiscussioneconvinzioni,abitudinieidee di duratamillenaria, ritenutefinora fondate sullaroccia di evidenzeincrollabili oaddiritturasull’autoritàdellarivelazionedivina.Nienteèapparsofinora
meno dubbio del fattoche un individuo vieneal mondo secondo ivecchi e collaudatimetodi dellariproduzione sessuatanaturale, con un corpoeunamentesoggettiamalattie e a deformitàcongenite,echesoffre,gode e muore assieme
atuttiisuoiorgani.Le biotecnologie ci
obbliganoariformularerapidamente, anche alivello di sensocomune, moltiparametri grazie aiquali lavitaquotidianasi è orientata nelsuccedersi dellegenerazioni. In
particolare: la nozionedipersonaediidentitàpersonale, le normeetiche e giuridiche cheregolano i diritti deisingoliedellefamiglie,iciclivitali,lagrana,lavarietà e l’intensità dideterminate passioni.Sta cambiando, inquest’ultimo caso, il
sistema dei sentimentiche scandiscono tutti imomenti più solennidell’esistenzaumana:ilconcepimento, lanascita, il matrimonio,la paternità e lamaternità, la malattia,lamorte.Simodificapersinola
configurazione
dell’immaginario inquanto condizionatodai precedenti limitibiologici o mentali edal complementaredesiderio di eluderli.Quello che apparivaimposto dalle dureleggi della necessità odall’imperscrutabilevolontà di Dio si
trasformainoggettodiscelta, permettendo diessere madri nell’etàdella menopausa ogenitori di figlisconosciuti,perchénatida una donna a cui èstato donato il seme,daunutero inaffittooda una vedova adistanza di anni dalla
morte del maritooppure perché –medianteitrapianti–cisi dota di organi chenon sono quelli diappartenenza delproprio corpo. Inprospettiva, attraversola manipolazione dellecellulestaminali,anchei trapianti potrebbero
diventare inutili,rigenerandodirettamente tessutidel pancreas o delfegato e debellandodiabete o cirrosiepatica.Quelle funzioni,
inoltre, che simostravanomoralmente o
naturalmenteinseparabili – lasessualità e laprocreazione – ora,grazieaicontraccettivi,soprattutto chimici,diventano autonome.Lo stesso accade nelcasodellaprocreazionee della figuraparentale. Grazie alle
tecniche difertilizzazione,anch’esse, infatti, sidisaggregano,trasformando leprecedenti energie dilegame affettivo inenergia fluttuante einquieta che non saancora comedistribuirsi e che
provoca sconcerto edolore.Il corpo, in quanto
organismocompostodaparti indissolubili, sidivideeisingoliorganisi possono scambiarepassando da unorganismo all’altro, daunmortoaunvivo.Lamateria diviene
trasportabile, vieneresa compatibileoperando mediante labiologiamolecolare suicromosomi del nucleodella cellula e sui lorocostituenti elementari:lemolecoledelDna.Simettono così inrelazione esistenze estorie umane differenti
che si incontranoanche oltre la morte.Cadono poi,virtualmente, lebarrieretralespecie.Iprogressi sono rapidi,anche se, dato l’altonumero delle malattiegenetiche, il camminosaràlungo.Anchesesiè lontani dall’aver
trovato la cura dellevarie forme di cancro,dellaschizofreniaodeldiabete,irisultatisono,tuttavia, moltoincoraggianti.Nel1990ha, infatti, avutosuccesso il primotentativodicurareunaimmunodeficienzaereditaria a opera del
dottor FrenchAnderson del NationalInstitute of Health diBethseda, nelMaryland. Soprattuttodopo la mappatura delgenoma(effettivamente portataa termine nel 2006),quest’impresa lascia laporta aperta alla
guarigione di tantealtre malattie emalformazioni.Lospostamentodelle
frontiere della vitanella sua conoscenza,oltre che nella suagenesi, qualità, durataed esito, modificaancheleaspettativedelsingolo e, pertanto, la
comprensione checiascuno ha di sé edegli altri: quello cheappariva legato alledure e imperscrutabilileggi della necessità sitrasformainoggettodiscelta, in anti-destino.Occupandosi dellequestioni ultime, labioetica rende
problematico ciò cheprima era consideratonormale e si situavacome sfumato sullosfondo inerte dellenostre preoccupazionimoralidirette.La soluzione alle
nostre difficoltà era,infatti, generalmenteofferta dalle singole
fedi e lasciata alladimensione dellacoscienza individuale.Si scaricano, invece,ora sui singoliresponsabilitàinediteegravoseinquantosonochiamati non solo aprendere decisionirispetto a criteri inprecedenza lasciati ai
grandi emissori dinorme (alle “bancheetiche”, come leChiese, gli Stati e ipartiti), ma ancherispetto al futuro,prossimoe remoto,deifigli e dei pronipoti. Sitratta di questioniveramentemetafisiche,cheobbliganoilsingolo
a confrontarsi conscenari che riguardanoi massimi sistemi: vitae morte, aborto edeutanasia, interventosul proprio patrimoniogenetico. Nel casodell’eutanasia, adesempio, ci si puòinterrogaresullaliceitàomenodel testamento
biologico: in chemisura si lede ladignità dell’individuoimpedendone lavalidità in previsionedella sua futuraincapacità di intenderee di volere edell’intollerabilità dellesue sofferenze?L’eutanasia non è il
contrario dell’apologiadeldolore,non implicala risoluzione dellepenequandoognicuraè risultata inutile?Certo, serve prudenza:la nostra vita nonappartiene solo a noi,ma ai familiari, agliamici, alla comunità.Ogni volta che muore
qualcuno un interomondo scompare e siperdepersempre.Data la posta in
gioco, è quasiinevitabile che siscatenino conflitti efanatismi che, oltre alacerare la coscienzadelsingolo,pongonoinvirtuale rotta di
collisionecultureefedireligiose del mondo,allargandoulteriormente uncontenzioso già altoper effetto deifenomeni diglobalizzazione, chemettono in contattoparti distanti delpianeta, e di
convivenza di diverseetnie nello stessoterritorio.Da un lato, vi sono
colorochedifendonola“sacralità della vita”,l’idea che la vita è undono divino e checomunque non ciappartiene (e non sitratta soltanto di
cristiani). In terminiquasi biblici essa ècome la livrea che ilservo riceve all’iniziodel suo periodo diservizio e che dovràalla fine restituireintegra al Padrone.Questa impostazione sirichiama spessoall’ideadi“persona”,in
quantoindividuodotatodella sua unicità eirripetibilità. Dall’altrolato,visonofamigliedietiche che, in sensolato,sipossonodefinirelaiche e che partonodall’ipotesi dell’etsideusnondaretur,ossiaragionano sui valori esulle scelte come se
Dio non ci fosse.All’interno del “frontelaico” vi è però chi,come Hans Jonas,occupa una posizioneparticolare, che loavvicina al sentirereligioso. Egli difende,infatti, la nonprogrammabilità dellavita, nel senso che
ciascuno dovrebbeessere “una sorpresaper se stesso”. Questosignifica che non sideve toccare la lineagerminale, unpatrimonio che nonappartiene soloall’individuo,maancheaisuoidiscendenti.51Per effetto delle
biotecnologie aumentapertanto il divario trale possibilità diinnovazione e la lororecettività a livellosociale, culturale ereligioso. Si verificanoanzi spesso reazioni dirigetto o di fortediffidenza e siapprofondisce il solco
tra norme etiche oreligiose consolidate eatteggiamenti sensibilialle opportunità apertedalla ricercascientifica.Accade anche che,
nella difesa a oltranzadelle proprie ragioni edei propri dogmi,vengano toccati livelli
di radicalità tali daporre talvolta ilcittadino in apertocontrastoconlenormedi legge del propriopaese e da spingere ilcredenteoaopporsialmagisterodellapropriaconfessione o adaccettarne le direttivevolte a combattere
quantiattentanoalsuocredo. Per rendersiconto dellamagnitudine delproblema, si pensisoltantoallepolemichesull’aborto osull’eutanasia.Quello checambiaè,
sostanzialmente, lapreponderanza,
riguardo al mondo deisentimenti e dellepassioni checostituiscono gliindividui, di sentimentiacquisiti,dilegaminonascrittivi,maelettivi,einsiemeaessalapaurache lamorte, lavita, ildolore,lagioiaperdanolaloromaestàelaloro
venerabilità; con lamodificabilitàdelcorposi scopre di essere uncorpo più che di avereuncorpoelabioetica–così come lebiotecnologie, lepratiche mediche, iprogressi farmaceutici– va incontro aparadossi.
Quali conseguenzegià si danno e,presumibilmente, sidarannosulterrenodeisentimenti,dell’identità e di certeforme di tutela dellapersona? Si amplia, inprimo luogo, lalongitudinedeidesiderie della loro
realizzabilità: averefigli quandoprimanonera possibile, guarirequando c’eranomalattie congenite oacquisite. In generale,si amplia la possibilitàdiviveremeglio,maciòprovoca anche deiparadossi, intendendoil termine nel suo
significato etimologico,cioè di ciò che vacontro la doxa, ossiacontro le opinioniricevute. In questocaso la doxa èsoprattuttorelativaallafamiglia a cui eravamotradizionalmenteabituati, in cui unacoppia normalmente
monogamicaomettevaalmondodeifigliononera in grado dimetterne.Oggi,con letecniche
di fertilizzazione siscombinano le formeelementari dellaparentela, che vienealterata anchenell’architettura dei
ruoli: in Francia, adesempio,giànel1994il2% dei nuovi nativeniva al mondoattraverso lafecondazione assistitaeterologa o attraversol’ovodonazione. Lafamiglia tradizionalecambia così aspetto.L’atto procreativo, il
più intimo e segreto,rischia di ridursi alrango di unesperimentoscientifico, artificiale eprogrammato, esoprattutto la famigliabasata sui vincoli disangue risulta, inprospettiva, incrinata.Quelle che venivano
considerate le formeelementari dellaparenteladellaciviltà–“nozze,tribunaliedare/[che]dieroalleumanebelve esser pietose disé stesse e d’altrui” –cambiano. Eppure, talipratiche difecondazione artificialenon sono recenti: in
campo veterinario letecniche difertilizzazione sonoconosciute fin dalMedioevo e, in campoumano, è statoscoperto un caso del1884, che ha comescenario la città diPhiladelphia, dove lamogliediunquacchero
sterile, venneinseminata attraversoun prelievo di spermadel best lookingstudent della localeuniversità.Delresto,inse stesse lebiotecnologie non sononuove. Se le definiamoquali applicazioni dideterminate tecniche
agli organismi viventiin vista della loromodificazione, alloragli uomini le hannoutilizzate sin daglialbori della civiltà incampo animale evegetale in forma diselezione di razzeequine, bovine, canineo di sementi e piante.
Nuove sono le loroapplicazioni e la loroestensioneenuovoèlospostamento d’accentonel nostroimmaginario, abituatoapensareatecnichedaapplicarsiprincipalmente allamateria inerte, aimetalli o ai prodotti
chimici.Con il prevalere dei
legami elettivi rispettoaquelli ascrittivi, dellescelte rispetto ainaturali rapporti disangue, ci si domandaqualeusosi saprà faredi queste maggioriopportunità. Iproblemi, a questo
proposito, nonmancano. Tale tipo difamiglie artificiali –come vengonochiamate–portainfattia un disorientamento,almeno iniziale, delbambino al lorointerno. Duplica,triplica la figuramaterna: madre
biologica, madregestante,quandoportain sé l’uovo fecondatodi un’altra donna,madre sociale; duplicala figura paterna: ilpadre biologico e ilpadresociale.Questi vissuti dei
bambini che nascononelle cosiddette
famiglie artificiali,soprattutto perfecondazione eterologao per ovodonazione,provocano delletempeste emotive almomento della nascitaperché si ha lacosiddettaprocreazionescorporata,
disembodiedprocreation, nel sensochenonvienepraticataattraverso il normaleatto sessuale, maattraverso forme diinseminazioneartificiale. Anche per ibambinichenasconoinquesto ambito leconseguenze
psicologiche possonoessere gravi – nonnecessariamente. Laprocreazione assistitaattraverso donatoreproduce, infatti,instabilità nella coppiae la spinge alladissimulazione, più omeno onesta,sull’origine del
bambino nella tramadei rapportiinterpersonali. Nelcaso, infatti, delladonazione eterologa disememaschile,quandoilpadreè impotente, ilbambino è di lei e nondi lui, nel casodell’ovodonazione ilbambino è di lui e non
dilei.La figura paterna
viene messa indiscussione sia sulpiano reale, sia sulpiano – forse piùimportante –dell’immaginario.Sihapaura,adesempio,chesi crei una sorta diesclusione del padre,
un’alleanzatramadreebambino oppureun’alleanzatrapadreebambino. L’ignoranza,poi, dell’identità delpadre – tranne inSvezia: è presto anchein altri paesi – puòcreare una formaaffannosa di ricercatormentata di esso che
duratuttalavita.Colorochedifendono
l’inseminazioneassistita eterologainsistono, però, sulfatto che le famigliesorte in questo modosono molto più stabilidelle altre e menotoccate dai divorzi el’equilibrio psicofisico
dei bambini nati conquesta procedura ègeneralmente buono.L’argomento forte,inoltre, è che senzal’inseminazioneassistita attraverso ildonatore non sarebbemai nato queldeterminato bambino,quindi ci sarebbe una
privazionediesistenza,eppure tuttoquestohaprovocatodeiproblemi.Dinanzi all’aprirsi di
questo ventaglio dipossibilità,sièpresidavertigine – anche nelsenso positivodell’euforia portata dai“giochi di vertigine”,come l’altalena, di cui
parla Roger Caillois –e, nello stesso tempo,da sconcerto o dadisorientamento.Quest’ultimosentimento dipendeanchedalfattochenonsiamo, inevitabilmente,ancora in grado diassorbire lo choc deigrandi mutamenti,
attuali e potenziali,introdotti dallebiotecnologie e dallafarmacologia. Nonabbiamo ancora potutomisurare – depuratodagli elementifantasiosioretoricichegli fioriscono attorno –il senso dellametamorfosi in corso
dallostadiodell’umanoa quello del posthuman, dai corpiorganici agli esseriformati di carne e dimetallo, di silicio e diplastica,dipartiumanee animali, trasferibilicon i trapianti da unindividuoall’altro.52Lepaure prevalgono
quindi sullaponderazionedeiproedei contro,trasformandofrequentemente anchela soluzione deiproblemi bioetici in unripetuto referendum,fondato più suconvinzioni nonesaminate che su
ragionamenti. Risulta,inoltre, difficileelaborare idee e valorichesianoall’altezzadeicambiamenti in corso.Infatti, la vita, cosìcom’è normalmenteintesa, perde il suocarattere dispontaneità, quellafacoltà che si usa
chiamare autopoiesis,ossia la capacità dimantenersirinnovandosi in modoautomatico: comequando le cellule sirigenerano, il cuorebatte, le ghiandolesecernono i loroormoni, i globulibianchi intervengono
sulle infezioni,sacrificandosipernoiacentinaiadimigliaia (etutto questo senza chenoi impartiamo loroalcun comando). Nellanostra civiltàoccidentale, del resto,si è sempre ritenutoche l’“animavegetativa”, come la
chiamava Aristotele,quella che esprime laspontaneità del corpovivente, non potesseessere influenzata oindirizzata dallavolontà. E questo adifferenza di altreculture, come quellaindiana, incuisipensadi poter influire sul
corpo modulando larespirazione orendendosi insensibilialdolore.Poiché la natura ha
cessato dirappresentare unmetro e unmodello, lafiducia nelle sue leggispontanee si èparallelamente
indebolita. Ancheperché si pensa, acausa di unfraintendimentodiffuso, che lebiotecnologie violino leleggi naturali. Ciò,tuttavia, è falso, inquanto qualsiasimodificazioneintrodotta
artificialmente nelcorpo umano, animaleo vegetale, opera poiattraverso automatismi“naturali”. Semmai siturbanoesimodificanoequilibriprecedentementeraggiunti o ci siscontra, sul pianosociale,conconvinzioni
religiose o moraliconsolidate.La bioetica deve
affrontare oggi tuttiquesti enormiproblemi. È peròopportuno ricordareche essa funzionamegliocomeguidachenon come freno. Èquindi bene non solo
conoscere con unacerta esattezza comestanno i fatti e poidecidere, ma anchesalvaguardarel’inevitabile aloned’ignoranza checirconda tali questioni.L’ignoranza, infatti,non dà nessun diritto,né a credere né a non
credere.L’atteggiamentomigliore da assumereconsiste pertantonell’esercitare quellaperplessità e quellaperspicaciacheciaiutia comprenderegradualmenteattraverso quali valoripossano venire
efficacementegovernate leinnovazioni introdottedalle biotecnologie edallamedicina.
8.Unmondodiverso
Il prodursi deglieventi traumatici chehanno caratterizzato
gli ultimi due decennihamutato il panoramaesistenziale,intellettuale, emotivo eimmaginativo dimiliardi di uomini (equestoanchesulpianofilosofico, dove èiniziato un serioconfronto con ilpensiero delle civiltà
extraeuropee).53Mahaanche cambiato ilnostro atteggiamentonei confrontidell’avvenire.Sta, infatti,
drasticamentediminuendo lacapacitàdi pensare a un futurocollettivo comune, diimmaginarloaldi fuori
delle proprieaspettative private. Amolti la storia apparequindi orfana di quellalogica intrinsecachesicredeva dovesseindirizzarla verso undeterminato obiettivo:il progresso, il regnodella libertà o lasocietà senza classi.
Tramonta una culturache tra Otto eNovecento avevaindotto a ritenere chegli eventi marciasseroineluttabilmenteinunacerta direzione,annunciata oprevedibile. A lungo,infatti, siamo statiabituati a ritenere che
l’intervento umanoconsapevole fosse ingrado di abbreviare iltempo necessario alprodursidell’inevitabile, di“accelerare le dogliedel parto”. Caduta,senza essere stataconfutata, l’idea diun’unica Storia
orientata, il senso delnostrovivereneltemposembra, ora più chemai,disperdersi inunapluralità di storie (conla s minuscola) noncoordinate, in destinipersonali blandamenteconnessi alle vicendecomuni.Ciò comporta un
mutamento radicalenellanostrapercezionedel futuro e obbliga auna riflessioneulteriore suglistrumenti razionali peraffrontarlo,connettendoinmanieradiversa le vicendeindividuali a quellecollettive. Non
potendoci più situareall’interno di un’epocache si rapporta a unpassato di tradizionirelativamente salde eben individuate o a unfuturo remoto diaspettative giàstabilite, sembrariprodursiun’atmosfera
intellettuale simile aquella descritta daTocqueville nel 1840per indicare lo statod’animo prevalentedegli americani: “Inmezzo a questocontinuofluttuaredellasorte, il presenteprende corpo,ingigantisce: copre il
futuro che si annulla egliuomininonvoglionopensare che al giornodopo”.54 L’avvenireriacquistalasuanaturadiassolutacontingenzao di luogo diesplicazione di forzeche sfuggono alcontrollo degli uomini(si mostra cioè
sostanzialmenteimprogrammabile o, dinuovo, nelle mani diDio). Pare cosìrealizzarsil’affermazione di JohnMaynard Keynes,secondo cui“l’inevitabile nonaccade mai, l’inattesosempre”.
I contraccolpi diquesta situazione sonomolteplici e ancora daanalizzare a fondo. Intermini etico-politici,ne vedosostanzialmente tre. Inprimoluogo,levalenzetradizionalmentelegateal futuro come tempodell’attesa, della
redenzione edell’imminenza delRegno di Dio o dellaRivoluzione, hannovirato di senso. Larappresentazione dellapropriaesistenzacomemomento preparatorioaun’altravita,insensoreligioso, o comestrumento laico di
edificazione di unavvenire radioso – cheperòconoscerannosoloi nostri pronipoti –diventa ardua daconcepire e dadifendere. Moltesituazioni della vitadelle persone (dolore,malattia, vecchiaia,morte) vengono ora
intimamente giudicateirredimibili,perchénonpossono più essereritenute seriamenteriscattabili né in unaldilà religioso, in unacondizione dibeatitudine celeste, néin un futuro terrenodiarmonicaricomposizione dei
conflitti. Latrasformazione“alchemica” delnegativo in positivoteorizzata da certevariantidelladialetticae le promesse dirisarcimento dellesofferenze patite nelpresente per mezzodelle gioie fatte
balenare nell’avvenire,sembrano essereimprovvisamentediventate letteramorta. Ciò producetalvolta una sorta diimplosione nell’arcodell’esistenzaindividuale, sottrattaalla speranza, ma nonall’angoscia, alla
rassegnazione oall’indifferenza.Interi blocchi di
esperienza e ampieregioni di significato –prima consideratinell’ottica dell’eternitào del futuro remoto –vengono riformulati etrascrittisecondonuovicriteri di rilevanza.
Quel che vale per leesperienze “negative”,vale anche per le“positive”: il desideriodi fruireimmediatamente, comedoni irripetibili,dell’amore,dell’amicizia, delpiacereodelbenesseresembra concentrare in
istanti puntuali ediscontinui i “momentid’essere” di una vitadegna di se stessa. Lacontrazione delleaspettative all’arcodellasuasolaesistenzafisica, immerge ilsingolo nel tempoirredimibile dellacaducità,locostringea
elaborare il luttocausato dal dovertrapiantareleradicidelproprio io dal solido eimmutabile terrenodell’aldilà o dai tempiepocali della storia nelfriabile e transeuntesuolo del propriocorpo, della propriabiografia o
dell’entourage dellepersone e delleistituzioni a lui piùvicine.Aquestodisagiosi reagisce oggimediante la prevalentestrategia di mettere acoltura intensiva ilpresente, di farlofruttare rapidamente,senza preoccuparsi di
quel che avverrànell’avvenire nonimmediato. Ciòcomporta però ladesertificazione delfuturo e rischia dicreare una mentalitàopportunistica epredatoria.In secondo luogo, il
tramonto delle grandi
attese collettive, chesino a un quarto disecolo fa (quando ilmondo era ancoradiviso in due blocchi)orientavano, seppurideologicamente,miliardi di uomini,porta tendenzialmentea una privatizzazionedel futurostessoealla
fabbricazione di utopiesu misura, fatte incasa. Gli ideali diabolizione delledisuguaglianze checolpiscono l’“interaumanità” o diespansionedellalibertàal maggior numero diindividui, con laparallela promessa di
un avvenire apertoall’iniziativa diciascuno, finisce –soprattutto inOccidente – perdiffondere lefrustrazioni. Le societàtradizionalipossedevano infattistrumenti abbastanzaefficaci sia per
compensare gli uominidegli eventualisvantaggi della lorocondizione, sia pergiustificare legerarchie.L’accettazione deilimiti edelleprivazionidella vita trovava ilproprio risarcimentonella prospettiva
religiosa di unaricompensaincielo.Leideologie dominantifacevanosìchediradovenisseinmenteaipiùsfavoriti di aspirare ailivelli alti della scalasociale. Le societàdemocratico-egualitarie modernehanno invece aperto
unafallaneldispositivodi inibizione delleaspettative, collaudatoda millenni.Proclamandosolennemente il dirittodi tutti gli uominiall’effettivaeguaglianza eall’eliminazione di tuttigli ostacoli che
potrebbero frenarla,legittimano leaspirazioni di ciascunoa superare la sogliadella propriacondizione di partenzaperinnalzarsiaiverticidella piramide sociale,alle cariche, allaricchezzaoalprestigio.Di frontealpresagibile
naufragiodeimoltichenon riusciranno mai afar collimare i propriidealiconlarealtà,talisocietà hanno dovutoelaborare molteplicitecniche per gestire lefrustrazioni chenasconodalfattocheleloro promesse nonpossono essere per
principio esaudite. Iprogetti di donazionedi un senso collettivoallastoriacostituivano,appunto, una delleforme dicompensazione e dirisarcimento differitoperleatteseindividualiinappagate. Rinviandola realizzazione di una
società perfetta allefuture generazioni,legittimando ilsacrificio dellegenerazioni presenti,mettendo la ragione alservizio di programmiepocali, a lungotermine, riempivano disenso la vita degliindividui. Oggi questo
transfert, questomeccanismo didilazione non funzionapiù. Non si deve certorimpiangere il passatoe ignorare ipreponderanti beneficidel diffondersidell’eguaglianza, marendersi conto di qualinuovi problemi ponga
l’accorciamento deipianidivitadei singolie il ridursi della forzadi proiezione in avantidelleistituzioni.In terzo e ultimo
luogo, giunge aconclusione un ciclobicentenario dipensieroediprassicheaveva attribuito alla
politica una funzionesalvifica, promettendoa popoli o classi unafelicità futuragraziealsuo innesto nel corsodella storia.Inserendosi nellacorrente degli eventi,cavalcandone la crestadell’onda,sintonizzandosi su
processi già in atto,seguendone la“meccanica razionale”,la politica pensava difruire dell’energiaascensionale delmovimento storico pergiungere felicementealla meta. Oggi anchequesta spintapropulsiva è venuta
meno, perché nonfunziona più ildispositivo che lagenerava.Con l’abbandono di
tale modello di storia“vertebrata”, innervatadi utopia e tesa versola conquista di unasocietà migliore operfetta su questa
Terra,ci troviamooggidinanzi a una lacunadel presente, a unasorta di vuoto che nonè soltanto privativo,teso a sottolineare ildrammatico scisma trala nostra esperienza ele nostre aspettative,ma anche ricco dichance inespresse. Il
presenteèsguarnitoinquanto il peso delpassato, che fungevada zavorrastabilizzatrice nellesocietà tradizionali, èdiventato leggero,mentreloslancioversoil futuro, che avevaanimato e orientato lesocietà moderne a
partire dal Settecento,èdiventatodebole.Come ha notato
Reinhardt Koselleck, sirestringe l’areadell’esperienza e siabbassa,simultaneamente,l’orizzonte delleattese.55 Questeespressioni, che
descrivono i duefenomeni caratteristicidella modernità,possono a prima vistaapparire oscure.Significano però,rispettivamente, che,con l’accelerazionedegli eventi,l’esperienza – ossia ilpassato significativo –
diventa sempre piùpovera, in quanto ilpresente non somigliapiùalpassato,echelaprevedibilità del futurodiminuisce, perché lasua immagine tendesempremeno ad avereitrattidelpassatoedelpresente.Proiettarsi verso il
futuro, pensare allegenerazioni a venirediventa quindi unatteggiamento sempremeno diffuso. Da unaparte, il passato nonpremepiùcomeprima,non sostiene asufficienza la sceltadelle norme dell’agire,dall’altra, si fanno
sentire i contraccolpidel collasso ditemporalità epocali.Prima – nelle societàtradizionali a basereligiosa – l’individuoproiettava,dinorma,lasua esistenza oltre lamorte, nell’abissodell’eterno.Successivamente si è
guardato di più aitempi lunghi dellarealizzazione diprogetti collettivi diedificazione di unmondomigliore.Ora,ilcospicuoabbassamentodell’orizzontetemporale rappresental’elemento piùmacroscopico e
insieme tra i menoindagati degliatteggiamentisocialmente diffusi.Uno dei risultati è chelo sguardo in avantiverso il futuro – cheaveva preso ilsopravvento su quelloverso l’alto – tende dinuovo a restringersi,
permettendo aquest’ultimo dirisollevarsiparzialmente.Si capovolge in tal
modo una delletendenze dellamodernitàchesieranoacclimatate da oltreduesecoli,daquandoilfuturo – sottratto
all’andare verso ilpeggio, all’avventodell’Anticristo eall’apocalitticacatastrofe finale –comincia ad apparirecomeun“magazzinodipossibilità”, una seriedi orizzonti temporaliaperti e centrati sulpresente, ossia come
“futuro che non puòcominciare”.L’orizzonte è, infatti,invalicabile perdefinizione: si spostacon il nostro stessospostarci lungo l’assedeipresenti successivi.In questo senso noi“defuturiamo”ilfuturo,cercando di renderlo
prevedibile già nelpresente. Restringiamocosì successivamentel’eccessivo numerodelle possibilitàmediante statistiche,proiezioni e previsioni.E, soprattutto,mediante l’azioneprogrammata, chetrasforma il “futuro
presente” dentro ilnostro orizzonte in“presente futuro”,quellochesirealizzeràeffettivamente a unmomento dato eriveleràqualiprevisionieranoadeguateequalino.56Come possiamo oggi
defuturizzare il futuro,
aumentare le nostrecapacità di previsione,passaredaunaculturadellanecessitàaquelladella congetturarazionale e dellacomplessità a essacollegata? L’attualeturbine degli eventi, lamoltiplicazione degliattori sociali (oltre
settemiliardidiuominidistribuiti in oltreduecento Stati), losviluppoimpressionante delletecniche e dei saperiscientifici, la volatilitàdei mercati finanziari,la situazione storica incui le grandi civiltàdella Terra continuano
a non riconoscersisufficientemente neiloro peculiari valori, labiforcazione traprocessi centripeti diglobalizzazione eprocessi centrifughi diisolamento, lostrabismo traintegrazione eframmentazione che
caratterizzano ilnostropresente storico,permettono ancora unqualche credibilepronostico razionaled’insieme? È evidentechealcuneprevisionialivellolocaleoincampispecialistici ristrettimostrano unasufficiente
attendibilità. È peròaltrettanto chiaro chela loro confluenza, illoro incastro o il loromontage in un disegnocomplessivo rivelanoun’arbitrarietà eun’incertezza benmisurabiliattraversoloscarto tra il futuropresente e il presente
futuro. Ciò accade, amaggior ragione, allivello intermedio tra illocale e il globale. Purdisponendo di unaltissimo numero diinformazioni e discenari–comeaccaddeal presidenteamericano Kennedydurante la crisi dei
missiliaCubanel1962–, il rischio el’incertezza dell’agireteso al “futuro delpresente”lasciaampieineliminabilimarginidiindecidibilità. Nessunindividuo oorganizzazione appareoggi capace di fornireprevisioni globali a
medio raggio su cuifare affidamento (conl’eccezione,forse,delleproiezionidemografiche sino al2030).Ciònonesclude,ovviamente, che sidebba puntare a unaricomposizione dicongetture parziali,razionalmente ed
empiricamentevagliatenei loro gradi diprobabilità. Anzi, èquesto l’imperativo piùurgente, soprattuttoperché il tempo perrimediare a situazionidi crisi annunciatesembra sempre piùscarso.Agli albori del nuovo
millennio la riflessionefilosofica si chiude conuna nota di sobriamodestia, che insistesul richiamo allaresponsabilità neiconfronti di un incertoavvenireesull’urgenzadi ripensare i limiti e ivalori delle proprieristrette tradizioni
entro un orizzonteplanetario (e forse, inun futuro non lontano,interplanetario). Ilritrarsi del pensierosulle sue stessepremesse (il lavoro discavo, inventario esgombero cheaccompagna l’aperturadi nuovi cantieri
concettuali) preludeforse al ritorno digrandi scenari teorici?Difficiledirlo,anchesela magnitudine deiproblemi da affrontarespinge spesso apensare in grande.Malgrado i ricorrentiannunci, è però certoche la filosofia, al pari
dell’arte, non è affatto“morta”. Essa riviveanzi a ogni stagioneperché corrisponde abisogni di senso chevengonocontinuamente – espessoinconsapevolmente –riformulati. A talidomande, mute o
esplicite, la filosofiacerca risposte,esplorandoladeriva,laconformazione e lefagliediqueicontinentisimbolici su cuipoggiail nostro comunepensareesentire.
1 M. Sandel, Lagiustizia e il bene(1982), in Aa.Vv.,Comunitarismo eliberalismo, EditoriRiuniti, Roma 1992, p.22.2 Cfr. Ch. Taylor,
Atomism, inPhilosophyand the HumanSciences. Philosophical
Papers, CambridgeUniversity Press,Cambridge 1985, pp.190-207.3 Cfr. A. Honneth,
Kampf umAnerkennung,Suhrkamp,Frankfurta.M. 1992 e Id.,Riconoscimento edisprezzo, Rubettino,
Messina1993.4 Cfr. P. Sloterdijk,
Regole per il parcoumano, in “aut-aut”,nn. 301- 302 (gennaio-aprile 2001), pp. 120-139, ora anche in Id.,Nonsiamostatiancorasalvati. Saggi dopoHeidegger,acuradiA.CalligariseS.Crosara,
Bompiani, Milano2004,pp.239-266.5Cfr.J.Habermas,Il
futuro della naturaumana. I rischi di unagenetica liberale,Einaudi,Torino2002.6 Cfr. M. Heidegger,
Letterasull’“umanismo”(1947),Adelphi,Milano
1995.7 J.-P. Sartre,
Prefazione a FrantzFanon, I dannati dellaterra (1961), Einaudi,Torino1962.8 Cfr. L. Senghor,
Négritude ethumanisme, ÉditionsduSeuil,Paris1964.9 C. Lévi-Strauss,
Tristi tropici (1955), ilSaggiatore, Milano2004,p.402.10 C. Lévi-Strauss,
L’uomo nudo, ilSaggiatore, Milano1974 [1971], p. 648 ecfr. Aa. Vv., SimposioLévi-Strauss. Unosguardo sull’oggi, acura di Wolfgang
Kaltenbacher, ilSaggiatore, Milano2014.11Cfr.J.Baudrillard,
Loscambiosimbolicoela morte (1976),Feltrinelli, Milano1979; Id., Simulacreset simulation, Galilée,Paris1981.12 R. Rorty, La
priorità dellademocrazia sullafilosofia, in Scrittifilosofici, Laterza,Roma-Bari 1994, i, p.248.13 Sulle costanti
degli sviluppi dellafilosofiaitaliana,cfr.R.Bodei, Il noi diviso.Ethos e idee dell’Italia
repubblicana, Einaudi,Torino1998,pp.63-80eR.Esposito,Pensierovivente. Origine eattualità della filosofiaitaliana, Einaudi,Torino2010.14 N. Bobbio,
Intellettualiepotere,inIl dubbio e la scelta.Intellettuali e potere
nella societàcontemporanea,Carocci, Roma 1993,pp.124,125.15 Id., Politica e
cultura (1957),Einaudi, Torino 1995,p.281.16Ivi,pp.17,280.17 N. Bobbio,
Prefazioneallaseconda
edizionediItaliacivile.Ritratti etestimonianze, Passigli,Firenze1986,p.6.18 Id., Destra e
sinistra. Ragioni esignificato di unadistinzione politica,Donzelli, Roma 1994,p. 79, ma cfr.,soprattutto, Id., L’età
dei diritti, Einaudi,Torino1990.19 Aa.Vv.,Crisi della
ragione, a cura di A.G.Gargani, Einaudi,Torino1979.20 A.G. Gargani, Lo
stupore e il caso,Laterza, Roma-Bari1985,p.18.21 A.G. Gargani,
L’attrito del pensiero,inFilosofia ’86, a curadi G. Vattimo, Laterza,Roma-Bari1987,p.22.22 Cfr. M. Cacciari,
Dallo Steinhof.Prospettive viennesidel primo Novecento,Adelphi, Milano 1980;Id., L’angelonecessario, Adelphi,
Milano 1986; Id.,Dell’inizio, Adelphi,Milano 1990; A.G.Gargani, Il saperesenza fondamenti,Einaudi, Torino 1975;Aa.Vv., Crisi dellaragione, cit.; E.Severino,L’essenzadelnichilismo (1972),Adelphi, Milano 1995
(nuova ed.); Id., Ildestinodellanecessità,Adelphi, Milano 1980;Aa.Vv., Il pensierodebole, a cura di G.Vattimo e P.A. Rovatti,Feltrinelli, Milano1983; G. Vattimo, Lafine della modernità.Nichilismo edermeneutica nella
cultura post-moderna,Garzanti,Milano1985.23 Tra le opere
filosofiche che hannoavuto un maggioreimpatto, si possonovedere: R. Bodei,Geometria dellepassioni. Paura,speranza, felicità:filosofia e uso politico,
Feltrinelli, Milano1991; Id., Le logichedel delirio. Ragione,affetti, follia (Laterza,Roma-Bari, 2000); Id.,Destinipersonali.L’etàdella colonizzazionedelle coscienze(Feltrinelli, Milano2002); Id., Immaginarealtre vite. Ragione,
realtà, desideri(Feltrinelli, Milano2013); S. Givone,Disincantodelmondoepensiero tragico, ilSaggiatore, Milano1988; Id. Metafisicadella peste. Colpa edestino, Einaudi,Torino, 2012; G.Marramao, Dopo il
Leviatano. Individuo ecomunità, BollatiBoringhieri, Torino2000; Id., Contro ilpotere. Filosofia escrittura, Bompiani,Milano 2011; S. Veca,Cittadinanza.Riflessioni filosofichesull’idea diemancipazione,
Feltrinelli, Milano1990; Id.,Dell’incertezza. Tremeditazioni filosofiche,Feltrinelli, Milano1997; Id., L’idea diincompletezza. Quattrolezioni, Feltrinelli,Milano2011.24 M. Foucault, La
volontà di sapere, cit.,
p.17.25 G. Agamben,
Homo sacer. Il poteresovranoe lanudavita,Einaudi, Torino 1995;Id., Quel che resta diAuschwitz.L’archivioeil testimonio, BollatiBoringhieri, Torino1998; Id., Stato dieccezione, Bollati
Boringhieri, Torino2003.26 R. Esposito,
Immunitas, cit; Id.,Bios. Biopolitica efilosofia, Einaudi,Torino2004.27 Id., Due. La
macchinadellateologiapolitica e il posto delpensiero, Einaudi,
Torino2014.28 Cfr. R. Rorty, La
filosofia e lo specchiodellanatura,Bompiani,Milano1986.29 Id., Conseguenze
del pragmatismo,Feltrinelli, Milano1986,pp.168,180.30 R. Rorty,
Solidarietà od
oggettività? (1983), inScritti filosofici, cit., i,pp.29-46.31 R. Rorty, La
priorità dellademocrazia sullafilosofia, in Scrittifilosofici, cit., i, pp.245,238.32 Cfr. P.K.
Feyerabend,Sciencein
a Free Society, Nlb,London1978.33 R. Rorty,
Solidarietà, in Lafilosofia dopo lafilosofia (1989),Laterza, Roma-Bari1989,p.221.34 F. Nietzsche,
Frammenti postumi[1885-1887, 7 (60)] in
Operecomplete,acuradi G. Colli e M.Montinari, Adelphi,Milano1964-vol.VIII/1(1967),p.299.35 Id., La gaia
scienza, par. 284, inOpere complete, cit.,vol. V/2, p. 192. Suquesto aspetto hainsistitoB.Williams, in
Genealogiadellaverità,Fazi, Roma 2005, pp.17-23.36 Cfr. Z. Bauman,
Modernità liquida,Laterza, Roma-Bari2002 e M. Berman,Tutto ciò che è solidosvanisce nell’aria, ilMulino,Bologna2012.37 B. Williams,
Genealogiadellaverità,Fazi, Roma 2005, p.247.38Ivi,p.9.39 Si veda U. Eco, I
limitidell’interpretazione,Bompiani, Milano1990.40 Cfr. S. Veca,
L’idea di
incompletezza, cit., pp.55-63.41 Cfr. J. Derrida,
Forza di legge. Il“fondamento misticodell’autorità”, BollatiBoringhieri, Torino2003, ma cfr. ancheDirittoallagiustizia, inAa.Vv., Diritto,giustizia,
interpretazione, a curadi G. Vattimo e J.Derrida, Laterza,Roma-Bari1988,pp.3-36.42 M. Ferraris,
Manifesto del nuovorealismo, Laterza,Roma-Bari 2012, p. 49ecfr.Id.,Ricostruireladecostruzione. Cinque
saggi a partire daJacques Derrida,Bompiani, Milano2010.43 Cfr. J.-F. Lyotard,
La condizione post-moderna (1979),Feltrinelli, Milano1981,pp.119,56-57.44 Cfr. R. Nozick,
Spiegazioni filosofiche
(1981), il Saggiatore,Milano 1987, pp. 354sgg.45 Cfr. Ch. Lasch,
Rifugio in un mondosenza cuore (1979),Bompiani, Milano1982.46 Cfr. Z. Bauman,
Intimations ofPostmodernity,
Routledge, London1992; Id., Le sfidedell’etica (1993),Feltrinelli, Milano1996,inparticolarepp.244sgg.47Cfr.P.Ricoeur,Se
stesso come un altro(1990), Jaca Book,Milano1993.48 Cfr. H. Jonas, Il
principioresponsabilità.Un’eticaper la societàtecnologica (1979),Einaudi, Torino 1990,pp.3sgg.49 M. Weber, La
politica comeprofessione (1919), inIl lavoro intellettualecome professione,
Einaudi, Torino 1966,p.121.50 Cfr. V.R. Potter,
Bioethics,BridgetotheFuture, Prentice Hall,EnglewoodCliffs1971.51 Cfr. H. Jonas,
Tecnica, medicina edetica. Prassi delprincipioresponsabilità,Einaudi,
Torino 1997; Id.,Dallafede antica all’uomotecnologico, il Mulino,Bologna1991.52Cfr.R.Marchesini,
Post-human. Versonuovi modelli diesistenza, BollatiBoringhieri, Torino2002.53 Si vedano
indicazioni, adesempio, in N. Smart,World Philosophies,Routledge, London-New York 2000 e R.Bodei, Una scintilla difuoco. Invito allafilosofia, Zanichelli,Bologna2005.54 A. de Tocqueville,
La democrazia in
America, in Scrittipolitici, Utet, Torino1968-69,II,p.640.55 Cfr. R. Koselleck,
Futuro passato,Marietti,Genova1986.56 Cfr. N. Luhmann,
The Future CannotBegin: TemporalStructures in ModernSocieties, in The
Differentiation ofSociety, ColumbiaUniversity Press, NewYork 1982, pp. 271-288.
Indice
Notaintroduttiva
Premessa alla nuovaedizione2015
I. Le filosofie dello
slancio1.Iltemporitrovato2. Le cicatrici dellacrescita3.Periferiedellavita4. Sperare neltragico5. L’orrore dellastagnazione
II. Verso nuove
evidenze: filosofia esaperescientifico1. Il pensieromatematico2.Larelatività3.Lospaziointeriore
III. Il pathosdell’oggettivazione1.DurkheimeWeber2. Da Croce a
Gramsci
IV. I dislivelli dellastoria1. Lo storicismo diDilthey2. Le umanità altre:filosofiadell’antropologia3. Il pensierorivoluzionario
4. Mito e ragionestrumentale nelnazionalsocialismo
V. L’incontro dellefilosofie e la nuovaepistemologia1. “Da sponda asponda”2. La filosofiaamericana
3. L’epistemologiadel neo-positivismo elasuacritica
VI. Il pensierodialettico1. Coscienza etotalità2. La dialetticanegativa
VII. Il mondo e lo
sguardo1.Husserl: la visionedellacosa2.Schütz:migrazionidisenso3. Heidegger: ildisvelamentodell’Essere4. Wittgenstein: illinguaggioeilmondo5. Sartre: lo sguardo
dell’altro6. Laing e Bateson:gliinestricabilinodi7. Merleau-Ponty: latovagliabianca8. Foucault: losguardo del potere eletecnichedell’io9.Parfitoiltunneldivetrodell’identità
VIII. I vincoli dellatradizione1. Il viaggio dellavita:Blumenbergelemetafore2. “Nessuno conoscese stesso”: Gadamerel’ermeneutica3. La mitologiabiancadiDerrida
IX.Vitaactiva1. Arendt: pensare,volere,giudicare2. Habermas: ildesertoavanza3. Rawls: “lotterianaturale”egiustizia
X.Guardandoavanti1. Gli orizzonti dellaTerra
2.Dall’Italia3. Rorty: comunità everità4.Famedirealtà5. Incertezza edisimpegno6. Il ritorno dellaresponsabilità7. Bioetica ebiotecnologie8.Unmondodiverso