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La filiera del farmacoproposte di riforma

F. Romiti

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Sintesi

In tutta Europa le esigenze di bilancio hanno spinto i Paesi membri alla ricerca di soluzioniimprontate ad un maggior risparmio della spesa farmaceutica in grado di garantire, nel contempo,elevati livelli qualitativi delle prestazioni.

In Italia l’AGCM 1(1998) ha auspicato misure che rendessero più sensibile l’offerta alle esigenzedella domanda, garantendo, contemporaneamente, un adeguato livello di concorrenza in tutti ilivelli della filiera produttivo-distributiva del farmaco. Concorrenza verticale ed orizzontale tra tutti gli attori responsabili della produzione e distribuzione.

La rimozione delle inutili barriere finalizzate alla tutela dei privilegi esistenti nella distribuzione aldettaglio dei medicinali è il caposaldo per progettare una riforma complessiva dell’intera filiera delfarmaco.Nella certezza che innescare processi pro-concorrenziali a valle abbia importanti effetti anche amonte, sono qui proposte una serie di misure aventi come obiettivo l’utilizzo di dinamicheconcorrenziali a tutti i livelli del sistema farmaceutico.

La specificità del settore richiede un’attenzione nelle scelte operative che non possonoprescindere dalla totale garanzia di sicurezza del servizio, ma che, allo stesso tempo, nonpossono ignorare il problema dei costi sostenuti dalla società e della qualità dell’offerta.

Il dibattito sulla deregolamentazione del settore farmaceutico è attualmente limitato alla possibilitàdi vendere i farmaci d’automedicazione attraverso la grande distribuzione (7-8% dei farmaci apagamento). Ancora una volta viene proposta una soluzione parziale ad un problema che, alcontrario, necessiterebbe di risposte strutturali ed organiche.

Lo Stato italiano investe ogni anno somme ingenti per preparare e formare migliaia diprofessionisti nelle facoltà di farmacia; lo stesso Stato ne limita il confronto delle capacità, ancheimprenditoriali, predeterminando il numero degli accessi al libero esercizio della professione. Taledato oggettivo, oltre ad apparire economicamente poco conveniente per gli interessi del Paese,comporta una serie di effetti negativi diretti ed indiretti a carico della comunità.Il superamento dell’attuale legislazione in tema d’apertura delle farmacie e il suo divenire ad unsistema liberale appare soluzione naturale e logica rispetto ad una realtà profondamente mutatasia dal punto di vista sociale che economico.

I comuni sino a 7.500 abitanti, in altre parole l'80% di tutti i comuni che comprendono il 27% dellapopolazione italiana, non possono per legge avere più di una farmacia2; questo il risultato piùeclatante di una regolamentazione che dovrebbe avere come obiettivo la distribuzione capillare delfarmaco. Livello di regolamentazione, quello italiano, che si è guadagnato il primato come il piùelevato tra tutti i servizi professionali in Europa3.

1 Autorità Garante della concorrenza e del Mercato 2 Segnalazione parere AS144 AGCM “Regolamentazione degli esercizi farmaceutici3 “L’impatto economico della regolamentazione nel settore delle professioni liberali in diversi stati membri. Laregolamentazione dei servizi professionali”, IHS, Vienna, gennaio 2003

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Accanto all’abolizione del numero chiuso delle farmacie nel territorio, sono qui formulate proposteper aumentare il livello di competitività nell’intera filiera del farmaco, con l’intento di migliorare laqualità, diminuire i costi per il bilancio dello Stato e il prezzo dei farmaci a carico dei cittadini.

In linea con tale progetto e risalendo la filiera si suggeriscono una serie di misure interconnessel’una all’altra e in particolare:

- diversa concertazione dei prezzi con la modifica dell’attuale sistema del calcolo dei margini; - abolizione di norme ostacolanti la contrattazione tra produzione e distribuzione intermedia; - promozione e sviluppo in Italia dei generici che porti i livelli a quelli degli altri Paesi europei,- modifiche legislative relative ai farmaci d’automedicazione e con obbligo di prescrizione;- accelerazione dell’adeguamento delle norme italiane a quelle europee in fatto di brevetti;- misure per incentivare la ricerca farmaceutica.

Tali proposte raccolgono alcune delle tesi esposte in un proficuo dibattito sviluppatosisull’argomento negli ultimi anni e concepite anteponendo a tutto l’interesse che dovrebbe essere ilcentro di ogni riforma: quello generale.

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Indice 2 Sintesi3 Indice4 Introduzione5 La produzione La copertura brevettuale e la ricerca I farmaci generici I farmaci di classe C I farmaci di automedicazione13 La distribuzione intermedia15 La distribuzione al dettaglio Le vie della riforma18 La concertazione dei prezzi

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Introduzione

Nel sistema sanitario italiano i settori della produzione e distribuzione del farmaco sono tra quelliove i mutamenti legislativi, tecnici e strutturali hanno immediate ricadute sociali ed economiche.

Le esigenze di bilancio hanno portato negli ultimi anni a tutta una serie di modifiche improntate adun maggior risparmio sulla spesa farmaceutica, coniugata al mantenimento di sufficienti livelliqualitativi delle prestazioni.Tuttavia, gli effetti di tali manovre non hanno impedito che le previsioni di spesa fossero superateed ogni anno i bilanci delle regioni devono essere aggiornati rispetto a tali previsioni.4 L’assenza di una visione strategica ed organica continua a giocare un ruolo fondamentale nelsostanziale fallimento dei provvedimenti assunti.

Il controllo della spesa farmaceutica, determinante per mantenere i bilanci in linea con leprevisioni, ha assunto un’importanza crescente, a fronte del contemporaneo manifestarsi deglieffetti dell’invecchiamento della popolazione (in venti anni la percentuale di “over65 in Italia èpassata dal 13,1 al 18,4% della popolazione), del continuo aumento della richiesta di benesseresanitario e del progresso tecnologico e tecnico incorporato nei prodotti. Tutti e tre questi effettispingono verso un aumento della spesa sanitaria e farmaceutica e costringono, quindi, a valutareattentamente la sostenibilità finanziaria del sistema sanitario pubblico che devecontemporaneamente rispondere a principi d’equità ed accesso universale alle prestazioni cosìcome stabilito dalla Carta Costituzionale.

Tutte le disposizioni regolatorie appaiono incapaci di incidere in maniera sensibile nella corsaall’utilizzo di risorse sempre più ingenti. Il sistema appare ingessato, tutte le variabili decisive sonogià determinate e non vi è alcun incentivo da parte dei diversi operatori di incrementare ilconfronto concorrenziale né a livello orizzontale (tra imprese farmaceutiche attive nell’offerta diprodotti; tra intermediari all’ingrosso; tra farmacie), né a livello verticale (tra gli operatori attivi nellediverse fasi della filiera del farmaco: produzione, commercializzazione, distribuzione e venditafinale).

L’Autorità antitrust ha ripetutamente rilevato come una volta definiti i vincoli strutturali tesi atutelare la salute dei cittadini e a rispettare il vincolo di bilancio pubblico della spesa farmaceuticae sanitaria in genere, l’introduzione di opportune forme d’incentivazione al confrontoconcorrenziale non soltanto contribuisce a rendere più efficiente l’offerta sanitaria e a selezionaregli operatori capaci di offrire i propri servizi e prodotti a costi più contenuti e/o a livelli qualitativisuperiori, ma altresì, nel medio periodo, a contenere la spesa pubblica proprio in ragione delconfronto concorrenziale generato.

In questa sede si vuole indicare un “percorso” d’interventi coordinato volto a creare le premesseper un confronto concorrenziale, orizzontale e verticale, al fine di migliorare la qualità delleprestazioni, diminuirne i costi ed incentivare la ricerca.

4 Il tetto di spesa per il 2005 sarà superato, secondo le previsioni, di 918,125 mln di euro per un tetto finale del 14% (prefissato 13%). Losfondamento della spesa farmaceutica (in farmacia e delle strutture sanitarie) è previsto dell’1,7 % oltre il tetto di legge per un valore di1,472 mld da ripianare con quote che verranno stabilite nella finanziaria. – Il Sole 24-ore, 1 novembre 2005, pag. 12Spesa farmaceutica a carico dello Stato 2004 + 8% (887 ml di euro), + 6,8% numero ricette, + 1,6% rispetto tetto 13%. Fonte AIFAfebbraio 2005

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LA PRODUZIONE

La copertura brevettuale e la ricerca

Il brevetto è lo strumento per tutelare l’inventore; i prodotti farmaceutici sono diventati brevettabili in Italia nel1978 per una sentenza della Corte Costituzionale, seguita dalla ratifica della Convenzione di Monaco, cheistituiva il Brevetto Europeo e dall’emanazione del DPR 338/1979, che adeguava la normativa nazionale. Il brevetto di un farmaco garantisce la facoltà esclusiva di sfruttamento per venti anni dalla data in cui ne èstata depositata la domanda.

Dalla data di presentazione della domanda di brevetto a quella di rilascio della prima autorizzazioneall’immissione in commercio di un medicinale, possono trascorrere anche numerosi anni che andrebbero aridurre drasticamente la possibilità di sfruttamento esclusivo dell’invenzione. A tale proposito la Legge 19ottobre 1991, n. 349 ha istituito il Certificato Complementare di Protezione (CCP) che consentival’estensione del periodo brevettuale, stabilito in 20 anni per i prodotti medicinali, fino ad un massimo di 18anni oltre la scadenza naturale del brevetto; una forma di recupero questa, dei tempi necessari per lasperimentazione e l’autorizzazione all’immissione in commercio. In questo modo, in Italia per effetto dellaLegge nazionale, tenendo conto dei venti anni di protezione brevettale, la copertura totale garantita ha potutoestendersi fino ad un massimo di 38 anni dalla data di deposito della domanda di brevetto stesso. Talidisposizioni a carattere nazionale sono state di fatto abrogate dal Regolamento CEE n. 1768 del 1992,istitutivo del Certificato Protettivo Supplementare (Supplemetary Protection Certificate SPC). Il quale, oltrea presentare le medesime finalità del CPC, ha come scopo principale l’armonizzazione delle normative diciascuno Stato membro in questa materia. La differenza tra le due normative risiede nella durata massimadell’ estensione concessa alla fine della durata legale del brevetto che, per il CPC è non superiore a 18 anni,mentre per il SPC non può superare i 5 anni, come si evince dalla tabella successiva.

NORMATIVA FRANCIA ITALIA COMUNITA' EUROPEAApplicazione 1990 1991 1993Estensione max 7 anni max 18 anni max 5 anni Esclusività dimercato max 17 anni 20 anni max 15 anni

Periodo diinteresse

dalla domanda di brevettoall'ottenimento dell'AIC in

Francia

dalla domanda di brevettoall'ottenimento dell'AIC in

Italia

dalla domanda di brevettoall'ottenimento della prima AIC

nell'Unione Europea

Il Regolamento comunitario, pur accogliendo il principio già previsto dalla disciplina italiana, ha introdotto unanotevole semplificazione. Peccato che tra il 19 ottobre 1991, data d’introduzione del CCP ed il 2 gennaio1993, data in cui è entrato in vigore anche in Italia il SPC, una larga parte dei circa 420 principi attivi presentisul mercato italiano, precisamente 364 pari all’84%, avessero ottenuto il CCP, trovando così in Italia unacopertura notevolmente più lunga rispetto agli altri paesi UE.

La normativa nazionale, (Legge 349/91) pur essendo stata superata dal Regolamento europeo, continua aprodurre i suoi effetti procrastinando nel tempo i possibili risparmi derivanti dall’utilizzo dei medicinali generici,penalizzando l’industria italiana che si trova a dover affrontare questo mercato con un grave ritardo rispetto aiprincipali concorrenti internazionali e rendendo di fatto impossibile l’accesso a prodotti già da tempocommercializzati in paesi in cui il brevetto è scaduto. Questo malgrado la stessa AGCM avesse segnalato allegislatore gli effetti distorsivi di un lentissimo avvicinamento alla legislazione europea.5

5 Autorità Garante della Concorrenza e del mercato, segnalazione/parere AS239, 30/5/2005, “Durata della copertura brevettuale complementaredei farmaci”

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Nella tabella seguente si confronta la scadenza italiana ricalcolata in base alla Legge 112 del 15 giugno2002, di conversione del decreto legge 15 aprile n. 63.

MOLECOLA SCADENZAITALIA

SCADENZA UE MEDICINALEBRAND

GRUPPO TERAPEUTICO

Amlodipine ex 201012/2007

2004 NORVASC SISTEMA CARDIOVASCOLARE

Cetirizine ex 200904/2007

2002 ZIRTEC ANTISTAMINICI

Clarithromycin ex 201012/2007

2004 KLACID ANTIMICROBICI GENERALI PER USO SISTEMICO

Doxazosin ex 200905/2007

2002 CARDURA SISTEMA CARDIOVASCOLARE

Omeprazole ex 201012/2007

2003 OMEPRAZEN APPARATO GASTOINTESTINALE

Pravastatin ex 201012/2007

2004 SELECTIN SISTEMA CARDIOVASCOLARE

Ramipril ex 201012/2007

2004 TRIATEC SISTEMA CARDIOVASCOLARE

Simvastatin ex 200904/2007

2003 SINVACOR SISTEMA CARDIOVASCOLARE

scadenze calcolate prima in base alla legge 349 del 19 ottobre 1991 poi con quella del 15 giugno 2002 avvicinamento a norme UE

E’ evidente che in tali manovre risiede una delle motivazioni del ritardo italiano nello sviluppo del mercato dei“generici” rispetto agli altri Paesi

Inoltre tale condizione determina un ritardo nelle decisioni d’investimento in Italia da parte delle aziendefarmaceutiche, investimenti che vengono ridotti e procrastinati nel tempo.Le imprese italiane in genere producono farmaci su licenza d’imprese straniere e gli investimenti in ricercasono in Italia inferiori a quelli di paesi con una tutela brevettuale più breve. Gran parte dei vantaggi va alleimprese farmaceutiche multinazionali che, paradossalmente, nei paesi in cui hanno effettuato i loroinvestimenti in ricerca e sviluppo godono di una protezione più breve, il che può sì incentivare gli investimentiin marketing ma non quelli in ricerca.I prodotti che presentano un reale progresso terapeutico in termini di efficacia, sicurezza o convenienza, nonsuperano in genere il 15% di quelli immessi ogni anno sul mercato.

La riduzione dei tempi di avvicinamento della legislazione italiana a quella europea per ifarmaci sottoposti ancora al Certiificato Protettivo Supplementare, risulterebbe strategicoal fine di favorire l’inserimento di nuovi farmaci “generici” (oggi equivalenti) nel mercato edallargare il numero di quelli soggetti al prezzo di riferimento.

La Ricerca

Le problematiche relative alla ricerca e sviluppo dei farmaci sono molteplici, tuttavia a nessuno può sfuggirecome risulti strategico per qualsiasi Paese mantenere un elevato grado d’innovazione in tale campo.L’abbandono da parte dell’industria di strategie protettive obsolete, più orientate a prolungare le performancedei propri farmaci presenti nel mercato che a svilupparne di nuovi, sarebbe fatto importante per l’interaeconomia nazionale. Tuttavia, alcuni interventi pubblici possono mettere in moto un diverso atteggiamento nei confrontidell’importanza della ricerca e dello sviluppo del farmaco.

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Tra le misure utili a favorire un nuovo “rinascimento” della ricerca farmaceutica italiana può essere efficacela detassazione degli utili rinvestiti in ricerca o in attività produttiva (nuovi stabilimenti produttivi, nuovilaboratori di ricerca o ammodernamento di quelli esistenti).Contemporaneamente un sostanziale abbattimento del costo del lavoro connesso con il personale addettoalla ricerca e per i ricercatori nuovi assunti, darebbe un impulso importante al fine di aumentare leopportunità d’impiego per i giovani laureati da impiegare in questo settore.Entrambe le soluzioni indicate sarebbero determinanti nel rilanciare la ricerca farmaceutica in Italia.

Inoltre, pur nella presente congiuntura economica negativa, appare fondamentale aumentare la spesa per laricerca complessiva del Paese (attualmente 1% PIL) con particolare attenzione a quella farmaceutica,biotecnologia e biomedica, settori cruciali per riportare l’Italia tra le nazioni più competitive a livello mondiale.Un fondo proveniente dai risparmi ottenuti dall’utilizzo dei farmaci “generici” potrebbe essere dedicato persostenere la ricerca di istituti indipendenti.In questo contesto un più stretto legame tra Istituti di ricerca (università – industria), anche con riferimento aquella di base, sarebbe l’auspicabile “prodromo” al fine di aumentare il peso dell’Italia nello sviluppo di nuovifarmaci.

SPESA PER LA RICERCA DEL SETTORE FARAMACEUTICO IN ALCUNI PAESI

Nazione Numero impreseSpesa perla ricerca

(milioni di €)

Usa 30.458 1.268Giappone 6.747 1.068Regno Unito 4.684 362Germania 3.820 313Francia 3.696 256Svizzera 2.297 230Belgio 1.358 140Svezia 1.030 60Italia 839 241Spagna 610 245Paesi Bassi 385 130Austria 240 106Finlandia 227 69Norvegia 125 156Irlanda 105 105

Fonte OCDE: Organizzazione per la Cooperazione e loSviluppo Economico - 2004

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I farmaci generici.

I farmaci generici sono medicinali a base di un principio attivo non più protetto da brevetto, di pari efficacia equalità rispetto al farmaco di marca, con prezzo inferiore di almeno il 20% rispetto al farmaco originatore,immesso sul mercato con la denominazione comune internazionale (DCI) di tale principio attivo contenuto(unbranded).I generici individuati sulla base della denominazione comune internazionale, si affiancano alle copie dispecialità medicinali recanti un proprio marchio distintivo (branded), ovvero quelli che si presentano sulmercato con una propria denominazione commerciale, ma hanno prezzo a livello dei generici puri,Con la progressiva entrata dei generici, il mercato di un prodotto viene ad acquisire dinamicheprogressivamente concorrenziali, tanto per numero di operatori venditori che di strategie di prezzo, conconseguente riduzione della spesa farmaceutica imputabile al consumo del principio attivo utilizzato da quelprodotto6.In Italia il mercato dei generici appare notevolmente limitato e con una velocità di crescita inferiore agli altriPaesi europei.

Il grado e la velocità di penetrazione dei generici in un mercato dipendono da una molteplicità di fattori, tra cuila sensibilità al prezzo dei pazienti e il loro attaccamento al prodotto originario.In particolare, la presenza e persistenza di uno “zoccolo duro” di pazienti (e medici) attaccati al prodottooriginario appare generare una struttura di mercato diviso in due parti, ovvero composta di un segmento diconsumatori sensibile al prezzo e un segmento indifferente e fedele al prodotto originario.

L’offerta di generici è invece influenzata almeno dai due seguenti elementi tra loro collegati:- le procedure d’autorizzazione alla commercializzazione per i generici (cioè per “copie” di prodotti che a lorovolta hanno già superato le verifiche preliminari all’immissione in commercio);- la normativa brevettale che può essere più o meno propensa a favorire l’emersione di copie del prodottooriginario immediatamente dopo il termine della copertura del brevetto.

Alcune esperienze in altri Paesi europei hanno sottolineato come la comunicazione istituzionale,l’informazione e la persuasione operata dagli operatori nei confronti dei cittadini contribuisce in manieradecisiva all’utilizzo dei generici e alla loro diffusione.

Per incrementare il valore dei generici nel mercato farmaceutico italiano, e quindi ilrisparmio derivante dal loro utilizzo, è necessario migliorare le conoscenze degli utentiutilizzando campagne dedicate ed implementando la comunicazione su larga scala delleloro caratteristiche e della sostanziale uguaglianza con i farmaci di “marca”. Campagneche dovrebbero essere estese, attraverso la diffusione dei contenuti tecnici, anche aimedici.

In Inghilterra la vendita dei farmaci generici rappresenta il 22% della spesa totale. Tale percentuale è in largaparte attribuibile all'attività dei medici che non prescrivono il nome commerciale dei farmaci, come è accadutofino ad oggi in Italia, ma il solo principio attivo. In Germania si arriva ad una percentuale del 39% attribuibile alconsumo dei farmaci generici. In questo paese il farmacista ha l'autorizzazione a sostituire una specialitàprescritta dal medico con un generico tranne se tale sostituzione è vietata espressamente dallo stessomedico. In Olanda i generici in percentuale sono il 21,4, in Danimarca il 13,4, in Francia il 5,4 in crescita, inSpagna il 4,5. (dati 2004).In Italia il mercato dei generici puri, quelli senza alcuna indicazione di marca, rappresenta l’1,9% deifarmaci rimborsabili dal SSN, mentre il totale dei farmaci con brevetto scaduto (branded - unbranded) il10,1 (Aifa 2004)

Nel nostro Paese il rapporto medico-paziente è ancora molto forte; il coinvolgimento da parte dei medicirispetto all’obiettivo d’incremento dell’uso dei generici appare decisivo. Tuttavia, strategie “premianti” o“incentivanti” la prescrizione dei farmaci generici (equivalenti) non hanno dato in altri Paesi i risultati attesi. Larecente esperienza italiana mostra una certa “diffidenza” da parte della classe medica a prescrivere questifarmaci, diffidenza motivata a volte da ragioni tecniche, più spesso da quelle culturali ed economiche.

6 Contenimento della spesa per il 2004 dovuto ai farmaci generici 50 milioni di euro, Fonte AIFA febbraio 2005

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Diffidenza e scarsa affinità con i generici confermata da una contrazione del loro uso in Italia nei primi 7 mesidel 20057. La libertà di prescrizione del medico è un valore importante che deve essere conservato ed esaltatoamplificando il valore scientifico della prescrizione e svincolando la stessa da qualsiasi logica commerciale.

Per i farmaci con brevetto scaduto dovrebbe essere imposta la prescrizione per principioattivo, forma farmaceutica e dosaggio, evitando, se non espressamente motivata,l’indicazione della marca del farmaco.

Piccoli incentivi di natura economica legati al miglioramento dell’attività del professionista come kit estrumentazione diagnostica d’urgenza affiancati da corsi d’aggiornamento periodico sui principi attivipotrebbero rendere più accettabile tale modifica.

Sul versante dell’offerta appare opportuno velocizzare le procedure di autorizzazione al commercio e quellerelative alle sperimentazioni legate alla produzione.

In Portogallo e Italia i diritti d’esclusiva garantiti al titolare di un brevetto non si estendono alle azioni condotteesclusivamente per test e sperimentazione, per cui è consentito ai produttori di generici di condurre lenecessarie ricerche e sperimentazioni prima dello scadere del brevetto, al fine di lanciare il prodotto subitodopo. In Italia, al contrario del Portogallo questo è permesso solo a partire da un anno prima che scade ilbrevetto della molecola.Permettere ai produttori di generici di poter eseguire test o sperimentazione con sufficiente anticipo rispettoalla scadenza dei brevetti è necessario per promuovere ricerche sui processi produttivi al fine di abbattere icosti di produzione e quindi il prezzo del generico che sarà immesso in commercio..

Innalzare da uno a tre anni il tempo precedente alla scadenza dei brevetti in cui èconsentito eseguire sperimentazione sui farmaci risulta necessario rispetto all’obiettivo delcontenimento dei prezzi.

MERCATO DEI FARMACI RIMBORSATI DAL SSN

10,1%8,2%

1,9%89,9%

Mercato a brevetto

Brevetto scaduto

Generico branded

Generico unbranded

Dati Aifa 2004

7 Comunicazione AIFA ottobre 2005

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Farmaci di Classe C

La classe C rappresenta un gruppo eterogeneo di farmaci suddiviso in due categorie principali: medicinalicon obbligo di prescrizione medica e medicinali che possono essere acquistati senza obbligo di prescrizione(oggi inseriti nella nuova Classe C-bis). Questi ultimi si suddividono ulteriormente in farmaci che possonoessere pubblicizzati (OTC, dall’inglese Over The Counter) o non esserlo (SOP).In generale, i medicinali in classe C con obbligo di prescrizione medica sono farmaci che per la loro natura eimpiego richiedono un monitoraggio continuo da parte del medico curante (ne sono un esempio farmacipotenzialmente a rischio d’abuso quali gli ansiolitici).Il “decreto salva-prezzi” (D.L. 27 maggio 2005, n. 87, G.U. 20 maggio 2005) stabilisce all’articolo 4 che “lefarmacie pubbliche e private possono vendere i farmaci senza obbligo di prescrizione medica (SOP) e ifarmaci d’automedicazione, operando uno sconto fino al 20% sul prezzo massimo stabilito dall’aziendatitolare” Tale possibilità di sconto andrebbe estesa anche ai farmaci con obbligo di prescrizione e senza alcun tettoposto allo sconto.A tali provvedimenti andrebbe unita la diminuzione dell’IVA. Si tratta di uno dei valori più alti, fra gli Statieuropei8: in Svezia ed Inghilterra l’Iva sui farmaci su ricetta è dello 0% (più elevata per gli OTC), in svizzeradel 2,4%, in Francia è compresa fra il 2,1 e 5,5%, in Spagna è del 4%, in Portogallo del 5%, in Belgio e PaesiBassi del 6%, in Grecia e Finlandia dell’8%. In Italia l’IVA è del 10%.Paradossalmente più elevati sono i prezzi dei farmaci maggiori sono gli incassi che lo Stato ricava.Una diminuzione, magari progressiva dell’IVA applicata, oltre a determinare una diminuzione dei prezzi deifarmaci a pagamento, determinerebbe una maggiore copertura per la spesa farmaceutica essendo il tetto(oggi 13%) calcolato a lordo dell’IVA.

Estensione della possibilità di sconto ai farmaci con obbligo di prescrizione e abolizionedel tetto allo sconto. Progressivo abbattimento dell’IVA sui farmaci.

Farmaci di automedicazione

Sono farmaci a tutti gli effetti che contengono principi attivi già largamente usati in medicina, in commercio daalmeno cinque anni. Destinati a disturbi o sintomi di lieve entità facilmente individuabili dal paziente conconfezioni di volume ridotto e per terapie di breve durata.I medicinali dispensati senza obbligo di ricetta medica, svolgono un ruolo importante in tutte quelle patologie“minori” ove in prima istanza l’intervento del medico può risultare non necessario.Il numero di questi farmaci e le categorie terapeutiche a cui appartengono è limitato; le procedure in vigorecircoscrivono il numero di prodotti disponibili, malgrado tra i farmaci esitati dal SSN siano presenti numerosespecialità che richiedono per la dispensazione la ricetta medica, ma che a tutti gli effetti sono copie di altrifarmaci che possono essere ceduti senza presentazione della ricetta.

Il trasferimento di queste specialità (switch) tra quelle dispensabili senza la presentazione di ricetta medicaaumenterebbe l’accesso a questi farmaci.

Il CENSIS nel rapporto del 28 giugno 2005 dell’osservatorio sui farmaci d’automedicazione valuta nel 46,6%la percentuale d’italiani che ogni anno è colpita spesso o frequentemente da piccoli disturbi (mal di testa, maldi schiena, problemi intestinali ecc.); per oltre il 38% (il 41,6% tra le donne) questi piccoli disturbi hanno unpeso molto o abbastanza negativo per la propria vita quotidiana.L’indagine ha consentito di individuare che tra gli occupati, il 36,9% per andare dal medico deve fare richiestadi un permesso al datore di lavoro (il 42,9% delle donne ha tale obbligo); la durata del permesso per recarsidal medico è pari, in media, a tre ore lavorative.In relazione all’ultima volta che gli intervistati hanno sofferto di un piccolo disturbo, il 76,3% ha dichiarato diavere preso un farmaco vendibile senza ricetta; per il 75,9% il ricorso a tale farmaco è stato decisivo oimportante perché ha consentito di andare a lavorare. Più in particolare, per il 29,8% è stato decisivo perchésenza di esso non si sarebbe recato a lavorare, mentre per il 46,1% è stato importante perché ha contribuitoinsieme ad altri fattori a decidere di recarsi al lavoro. Il fatto che si vada a lavorare anche se affetti da piccolidisturbi (come mal di testa, stato influenzale, mal di stomaco ecc.) comporta un ammontare di giornate

8 IBL – Briefing paper, settembre 2005, A. Mingardi – C. Stagnaro

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lavorative non perse il cui valore è stimabile in 30 miliardi di euro, che rapportati al Pil costituisce il 2,2%della produzione nazionale.

Aumentare il numero di farmaci d’ automedicazione rientra in una strategia complessivadel farmaco, a tale scopo può risultare utile l’adozione di norme più “dinamiche” per ilpassaggio di farmaci con obbligo di prescrizione all’automedicazione, previa valutazionedegli organi di vigilanza. Inoltre, andrebbe avviato uno studio comparativo con gli altriPaesi dell’UE al fine di permettere per alcuni principi attivi o composizioni degli stessi, ilmutuo riconoscimento europeo per l’OTC.

Farmaci d’automedicazione, quote nei Paesi UE nel 2002

Osservatorio Anifa 2003

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Quote dei farmaci d’automedicazione nell’UE sul totale del mercato farmaceutico 2002

Osservatorio ANIFA 2003

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LA DISTRIBUZIONE INTERMEDIA

Per distribuzione all’ingrosso (intermedia) di medicinali ad uso umano s’intende qualsiasi attività consistentenel procurarsi, detenere, fornire o esportare medicinali, salvo la fornitura di medicinali eseguita dalle farmaciea norma delle disposizioni vigenti (art. 1, dl n.538/92). L’esercizio di tale attività è subordinato al possessod’apposita autorizzazione rilasciata dalla Regione o dalla provincia autonoma in cui opera il distributore (art.2, dl n.538/92). Tale documento non è invece richiesto se l’interessato è in possesso dell’autorizzazione allaproduzione di cui all’art. 2 del decreto legislativo 29 maggio 1991, n. 178, a condizione che la distribuzioneall’ingrosso sia limitata ai prodotti nella stessa elencati.

La legge prevede una serie d’obblighi “minimi” in capo al distributore. In particolare, l’articolo 7 del decretolegislativo n. 538/92 stabilisce che questi è tenuto a detenere:

a) i prodotti di cui alla tabella 2 della Farmacopea Ufficiale della Repubblica Italiana; b) il 90% delle specialità medicinali in commercio; c) almeno un medicinale preconfezionato prodotto industrialmente per ciascuna delle formulazioni compresenel formulario nazionale della Farmacopea che risultino in commercio.

La fornitura di tali medicinali nell’ambito territoriale d’appartenenza deve avvenire con la massimasollecitudine e, comunque, entro le 12 ore lavorative successive alla richiesta.Il mercato della distribuzione farmaceutica intermedia comprende l’intera gamma dei beni commercializzatidalle farmacie, siano essi prodotti medicinali o parafarmaceutici. In particolare, l’assortimento dei distributoriè composto di tre tipologie di prodotti: gli etici, da banco (OTC) e i non farmaci.Tali aziende, oltre a garantire un ampio assortimento di prodotti etici e da banco con consegne frequenti,forniscono alle farmacie una serie di servizi complementari, quali il ritiro dei farmaci scaduti, un’attività dimerchandising e alcuni supporti professionali.

L’AGCM in un’indagine conoscitiva del settore ha rilevato come i rapporti tra distributori e farmacieevidenziano l’assenza di posizioni di forza da parte dei grossisti.Le farmacie hanno rapporti di fornitura, sia di prodotti farmaceutici che parafarmaceutici, con più distributoriintermedi; ciò garantisce loro la tempestività nelle forniture e la completezza nella gamma dei prodotti sulpunto vendita, ma anche la possibilità di negoziare migliori condizioni contrattuali mettendo in concorrenza idistributori intermedi. Poiché i margini di sconto ai farmacisti sono determinati per legge per i farmacirimborsabili e vi è l’obbligo di fornitura entro le 12 ore da parte dei grossisti, gli spazi per l’adozione dipolitiche commerciali da parte dei distributori intermedi nei confronti delle farmacie-clienti sono soprattuttonell’ambito degli sconti sui prodotti farmaceutici non rimborsati e sui prodotti parafarmaceutici. Peraltro, lefarmacie-clienti hanno sempre la possibilità di ricorrere al cosiddetto “canale diretto”, ovvero alle forniturepresso le imprese produttrici.Ciò è già particolarmente diffuso per i prodotti parafarmaceutici: circa il 50% di tali prodotti è distribuitotramite il “canale diretto”, evitando il passaggio della distribuzione intermedia. Esso è inoltre favorito dallapossibilità da parte dei farmacisti di costituire cooperative o gruppi d’acquisto, fenomeno questo in continuacrescita in Italia.Fenomeno che si è recentemente allargato ed è in evoluzione costante anche per i farmaci “generici oequivalenti” per l’elevata offerta su determinati principi attivi.

Nel complesso, il settore della distribuzione intermedia è caratterizzato, secondo l’AGCM, da un buon livellodi concorrenza attuale e potenziale. Nonostante ciò l’Antitrust ha evidenziato un intervento che, se realizzato, apporterebbe un significativomiglioramento alla performance concorrenziale “verticale” del mercato . Un primo intervento riguarderebbe l’obbligo per i distributori intermedi di detenere almeno il 90% dellespecialità medicinali in commercio. Come indicato dall’AGCM, “tale disposizione, introdotta nell’ordinamentoitaliano in attuazione del dettato della Direttiva 25/92 CE, che definisce genericamente un obbligo per igrossisti di garantire in permanenza un assortimento di medicinali sufficiente a rispondere alle esigenze delterritorio da loro servito, va ben al di là di quanto necessario per salvaguardare la tutela della salute, principioche ha ispirato la disposizione comunitaria. Infatti, essa potrebbe essere adeguatamente garantita dallasostituibilità tra prodotti. Invece, con il sistema vigente, i grossisti sono obbligati ad acquistare pressoché tutte

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le specialità esistenti sul mercato, senza poter innescare alcun meccanismo di confronto tra produttori difarmaci con caratteristiche analoghe sotto il profilo terapeutico. Confronto indispensabile ad avviare processi pro-concorrenziali finalizzati al contenimento dei prezzi. Non vi è dunque alcun incentivo per le imprese farmaceutiche a praticare politiche differenziali basate sulprezzo”.L’abolizione di tale obbligo per i grossisti consentirebbe ai distributori di mettere in concorrenza tra loro iproduttori di farmaci, incentivando questi ultimi a competere anche sul prezzo.

Nell’intento di aumentare la concorrenza verticale tra produzione e distribuzioneintermedia andrebbe eliminato l’obbligo per i grossisti di detenere il 90% delle specialitàmedicinali in commercio, mentre andrebbe garantita la sostituibilità tra prodotti. Taleprovvedimento aumenterebbe il potere contrattuale dei distributori intermedi rispetto allaproduzione e contribuirebbe al contenimento dei prezzi.

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LA DISTRIBUZIONE AL DETTAGLIO

Le farmacie in Italia sono 16.808, divise tra private e comunali (7,87%). I laureati in farmacia che hannosuperato l'esame d’abilitazione e sono iscritti all’Albo sono 67.847.9 La maggior parte, circa 33.000, lavoranopresso le farmacie alle dipendenze d’altri farmacisti

La distribuzione al dettaglio di prodotti farmaceutici e parafarmaceutici è vincolata da una normativa cheimpone vincoli sia di carattere strutturale che di natura comportamentale. Agli strumenti strutturaliappartengono l’esclusiva della vendita di farmaci etici e da banco da parte delle farmacie, lapredeterminazione numerica degli esercizi nel territorio, le modalità d’accesso all’assegnazione di unesercizio farmaceutico e i relativi requisiti per la titolarità. Orari dei turni d’apertura e chiusura degli esercizi epossibilità di fare pubblicità appartengono a quelli di natura comportamentale.

L’acquisizione di una farmacia può avvenire per concorso, per ereditarietà, per compravendita.

La distribuzione territoriale delle farmacie è regolamentata per legge attraverso la cosiddetta “piantaorganica”: l’atto amministrativo che consente la contingentazione degli esercizi farmaceutici vacanti o dinuova istituzione da assegnare ai privati vincitori di pubblici concorsi. Tale pianta organica è sottoposta arevisione ogni due anni, in base ai dati relativi alla popolazione residente in ciascun comune nell’annoprecedente a quello in cui si procede alla revisione (legge n. 475/91 e D.P.R. n. 1275/71). Ai sensi della leggen. 362/92, la limitazione numerica delle farmacie autorizzate all’esercizio in ciascun comune avviene secondocriteri demografici, geografici e di distanza. Il numero delle autorizzazioni è infatti stabilito in modo che vi siauna farmacia ogni 5.000 abitanti nei comuni con popolazione fino a 12.500 abitanti, e una farmacia ogni4.000 abitanti negli altri comuni. La popolazione eccedente rispetto a tali parametri è computata, ai finidell’apertura di una farmacia, qualora sia pari almeno al 50 per cento più uno dei parametri stessi (5000 +2501 per i comuni sino a 12.500 abitanti – 4000 + 2001 per i comuni oltre i 12.500 abitanti). Inoltre, ogninuovo esercizio deve essere situato ad una distanza dagli altri esercizi non inferiore a 200 metri e comunquein modo da soddisfare le esigenze degli abitanti della zona. La distanza è misurata per la via pedonale piùbreve tra soglia e soglia delle farmacie. Tutto ciò determina, dai dati ISTAT, che i comuni sino a 7.500abitanti, in altre parole l'80% di tutti i comuni italiani e il 27% della popolazione, non possono per legge averepiù di una farmacia. Di fatto gli attori presenti in quel mercato territoriale hanno un reddito garantito per leggee determinato dall’assoluta impossibilità di apertura di nuovi esercizi all’interno di quell’area geograficamentedelimitata. Sull’assunzione della titolarità di metà delle farmacie che si rendono vacanti e di quelle di nuovaistituzione a seguito di revisione della pianta organica esiste un diritto di prelazione accordato ai Comunidall’articolo 9 della legge n.475/68.

Per operare nel settore della vendita al dettaglio di prodotti farmaceutici, è necessario disporre di unaspecifica autorizzazione rilasciata dall’autorità sanitaria competente per territorio. Ai sensi dell’articolo 4 dellalegge n. 362/91, fermo restando il diritto di prelazione da parte del comune per le farmacie di nuovaistituzione, è necessario risultare vincitori di un pubblico concorso. Concorsi che vengono effettuati connotevoli ritardi e in numero limitato a causa della crescita zero della popolazione e dei numerosi interventipresso i Tribunali amministrativi da parte dei titolari di farmacia minacciati direttamente dai nuovi esercizi.Per le farmacie che non sono di nuova istituzione, l’autorizzazione all’esercizio può essere conseguita dalfarmacista, oltre che per concorso (nei casi di decadenza o rinuncia del titolare), anche mediante iltrasferimento della farmacia per atto tra vivi o mortis causa.

L’acquisizione mediante concorso pubblico per titoli ed esami richiede, ai fini della partecipazione alconcorso, la cittadinanza in uno Stato membro della Comunità, un’età compresa tra i 18 e 60 anni10 e il titolodi farmacista (art. 4, comma 1, legge n. 362/91). Il concorso, quando è indetto, è diviso in una provaattitudinale e nella valutazione dei titoli, esso nega, negli automatismi valutativi, qualsiasi opportunità ai

9 Dato Gennaio 2005 ricavati dai contribuenti ENPAF (Ente di Previdenza Farmacisti)10 Controverso è questo limite con ricorsi presso i Tribunali amministrativi

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giovani laureati, prevedendo, attraverso una normativa del 1968 e con le modifiche del 1991, una diversavalutazione dei titoli di carriera se il candidato è un titolare di farmacia o un collaboratore della stessa. A sua volta, il conseguimento del titolo di farmacista richiede una laurea in farmacia o in chimica e tecnologiefarmaceutiche, il superamento dell’esame d’abilitazione e l’iscrizione all’albo professionale.

Il trasferimento della titolarità per le sedi non di nuova istituzione può avvenire dopo che siano trascorsialmeno tre anni dal conseguimento della titolarità e soltanto a favore di farmacista che abbia conseguito latitolarità o che sia risultato idoneo in un precedente concorso, nonché a favore di farmacista iscritto all’alboprofessionale che abbia almeno due anni di pratica professionale, certificata dall’autorità sanitariacompetente (art. 8 D. Lgs. 8 agosto 1991, n. 258).

I farmacisti che hanno ceduto la titolarità non possono concorrere per l’assegnazione di un’altra farmaciaprima che siano trascorsi dieci anni dalla data del trasferimento. Tuttavia, in deroga alla regola precedente, per una sola volta nella vita ed entro due anni dal trasferimento, alfarmacista che abbia ceduto la titolarità è consentito di acquistare un’altra farmacia senza dover superare ilconcorso di assegnazione (art. 12 legge n. 475/68). Per quanto riguarda infine l’acquisizione mortis causa, lalegge stabilisce che l’avente diritto, qualora sia il coniuge ovvero l’erede in linea retta entro il secondo grado esia sprovvisto dei requisiti d’idoneità, possa mantenere la gestione della farmacia, data in concessione dalloStato11, fino al compimento del trentesimo anno d’età, ovvero per dieci anni nel caso in cui entro un annos’iscriva ad una facoltà di farmacia in qualità di studente presso una università statale o abilitata a rilasciaretitoli aventi valore legale.

La legge inoltre obbliga il farmacista autorizzato all’esercizio di una farmacia che non sia di nuova istituzionea rilevare dal precedente titolare o dagli eredi di esso gli arredi, le provviste e le dotazioni attinenti all’eserciziofarmaceutico contenuti nella farmacia e nei locali annessi, nonché a corrispondere allo stesso titolare o aisuoi eredi l’indennità d’avviamento.

Ereditarietà e compravendita di una concessione dello Stato sono un caso unico nel panorama delleprofessioni intellettuali.

Altro elemento d’ostacolo all’apertura di nuove farmacie è il ricorso diffuso da parte delle regioni ai“dispensari farmaceutici”, sorta di piccole farmacie con orari d’apertura limitati e numero di farmaci contenutoche dovrebbero soddisfare, in deroga al criterio demografico, le esigenze di piccole comunità ma che, alcontrario, finiscono per costituire “farmacie filiale” essendo i dispensari affidati alla gestione del titolare dellafarmacia più vicina e spesso ubicati in prossimità di centri commerciali o luoghi turistici ove il numero dipresenze giustificherebbe ampiamente l’apertura di un nuovo esercizio farmaceutico.

La materia dei turni e degli orari delle farmacie, ai sensi dell’art. 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, èattualmente disciplinata dalle normative regionali, le quali determinano gli orari d’apertura, i turni di servizio,nonché la chiusura per riposo, per festività o per ferie delle farmacie. In particolare, gli orari e turni dellefarmacie sono determinati dal Sindaco, in conformità alle norme fissate dal prefetto, sentito l’ordine deifarmacisti territorialmente competente. Su questo punto l’AGCM ha già da tempo suggerito di non considerare massimi e vincolanti gli orarid’apertura e chiusura ma, al contrario di prevedere un numero minimo d’ore d’apertura lasciando maggiorelibertà alle farmacie di rispondere alle esigenze dei cittadini che usufruiscono del servizio.

Un coacervo di norme quello presentato, che nel tempo si sono affastellate una su l’altra nel tentativo semprepiù evidente di proteggere uno “status” di monopolio sostanziale finalizzato unicamente alla difesa d’interessiparticolari rispetto a quello generale. Riprova ne è la condanna che l’AGCM12 ha inflitto alla FederazioneNazionale degli Ordini dei Farmacisti, ad alcuni Ordini Provinciali, alla Federfarma nazionale (Sindacatotitolari di farmacia) e alcune sedi provinciali per intese limitanti la pubblicità, la consegna a domicilio deifarmaci e nel coordinamento dei comportamenti di prezzo dei titolari di farmacia nella vendita dei prodottiparafarmaceutici.

11 Il titolare di farmacia paga una tassa per il I° anno come concessione alla titolarità, e una tassa per gli anni successivi identificata cometassa per la concessione di gestione, autorizzativi all'esercizio.12 AGCM, Provvedimento I417, Sela/Ordine dei Farmacisti, Violazione articolo 2 L. 287/90, 14.2.2002

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La stessa Commissione europea ha più volte sottolineato come qualsiasi tipo di regolamentazione “debbasuperare il test di proporzionalità per valutare in che misura una regolamentazione professionale anti-concorrenziale sia effettivamente nell’interesse generale. A tal fine sarebbe utile che per ciascuna regolavenisse specificato l’obiettivo e spiegato per quale ragione la misura scelta costituisca il meccanismo menorestrittivo per raggiungere efficacemente l’obiettivo dichiarato”.13 In quella sede il relatore della comunicazione14, poi fatta propria dall’intera Commissione, sottolineava come “una regolamentazione eccessiva in materia di autorizzazione all’esercizio della professione riduca il numerodi prestatori di servizi, con conseguenze negative per la concorrenza e la qualità dei servizi. Per contro, inalcuni paesi l’ammorbidimento delle restrizioni in talune professioni ha determinato una riduzione dei prezzi,senza detrimento apparente per la qualità. Queste esperienze suggeriscono che in taluni casi leregolamentazioni in materia di autorizzazione sono eccessivamente restrittive e che i consumatori potrebberotrarre beneficio da un allentamento delle regole esistenti. Perentoriamente la Commissione , negli obiettividella strategia di Lisbona di creare entro il 2010 in Europa il mercato più competitivo del mondo, ritiene che“le restrizioni quantitative in materia di accesso riducono il numero di prestatori di servizi e pertanto la sceltadei consumatori. Inoltre in taluni casi le restrizioni quantitative possono creare monopoli locali”.Richiesta di deregolamentare il settore che è stata ribadita nuovamente dalla Commissione15 con lasottolineatura dei ritardi italiani nel procedimento.Rilievi e contraddizioni rafforzate dall’apertura di una procedura d’infrazione a carico dell’Italia per violazionedegli articoli 43 e 56 del Trattato CE16.

Infine è indispensabile, per comprendere appieno le problematiche sollevate, l'analisi economica del mercatoin farmacia. Un mercato che nel 2004 ha raggiunto un giro d'affari intorno ai 24/25 miliardi di euro prezzo alpubblico, con un incremento rispetto l’anno precedente del + 4,7 %17. Mediamente ogni farmacia ha un girod’affari di 1,5 milioni di euro (prezzo al pubblico) e ha venduto130 mila confezioni, con prezzo per confezionedi 11,5 euro.

Le vie alla riforma della farmacia italiana

In riferimento alla normativa che regola la vendita al dettaglio di farmaci, sono numerose le proposte diriforma, tra tutte quelle indicata dall’AGCM, “Numero minimo e non massimo” e quella presentata in Senato18,“Istituzione delle farmacie non convenzionate”.

Nella segnalazione dell’AGCM inviata in data 18 giugno 1998 al Governo e al Parlamento, ai sensi dell’art. 21della legge n. 287/90, l’Autorità affermava che "la limitazione dell'offerta di farmacie generata dalla normativavigente alla presenza di un numero elevatissimo di potenziali entranti, determina invece un evidentesvantaggio per il consumatore, il quale, qualora fosse consentita la libertà d'entrata nel settore, potrebbegodere di una più ampia possibilità di scelta di punti vendita, nonché probabilmente di un miglioramento delservizio offerto, stimolato da una situazione più concorrenziale. D'altra parte l'inadeguatezza dell'attualesistema di determinazione del numero delle farmacie a soddisfare le esigenze della domanda è dimostratadal fatto che attualmente un numero molto elevato di persone ha a propria disposizione un unico esercizionel comune di residenza e, pertanto, nei giorni e negli orari di chiusura della stessa incorre nel disagio didoversi recare in un comune limitrofo"19

L'Autorità affermava che contingentare il numero delle farmacie presenti sul territorio nazionale èsostanzialmente finalizzato a garantire i livelli di reddito degli esercenti piuttosto che a conseguire l'obiettivo diuna razionale e soddisfacente distribuzione territoriale degli esercizi farmaceutici.Tale obiettivo, spiega l'indagine conoscitiva, potrebbe essere più efficacemente raggiunto attraverso laprevisione di un numero minimo di farmacie per numero di ambiti territoriali, anziché la previsione di unnumero massimo di farmacie per numero di abitanti.

13 Relazione sulla concorrenza nei servizi professionali, Commissione UE, Bruxelles 9 febbraio 200414 Mario Monti, Commissario alla Concorrenza15 Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento, al Comitato economico e sociale europeo e al comitato delle regioni, Iservizi professionali - Proseguire la riforma, Bruxelles 5 settembre 200516 Comunicazione del Commissario al Mercato Interno UE al Ministro degli Affari Esteri, Bruxelles, 16 marzo 200517 Dati ACNielsen.18 Proposta S-1389 Carella ed altri19 Si veda l'Indagine conoscitiva nel settore degli ordini e collegi professionali. Suppl. al Boll., 1997, n. 40, p. 137 ss., nonché il parere dell'11 giugno 98sulla regolamentazione dei servizi farmaceutici, in Boll., 1998, n. 23.

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Nel PDL presentato in Senato si riconosce il diritto dello Stato di regolare la distribuzione del farmacoattraverso una determinazione del numero degli esercizi in rapporto con il SSN. Contemporaneamente, sinega che questo diritto possa essere esteso all’apertura d’esercizi che non hanno tale rapporto con lo Stato.Lo Stato può scegliere quali e quanti professionisti per proprio conto assolveranno al compito istituzionale diassicurare la distribuzione del farmaco nel territorio, ma non può impedire che quei professionisti, dallo Statoabilitati all’esercizio professionale, esercitino la loro prerogativa di svolgere liberamente la propria professioneanche attraverso l’apertura di un esercizio farmaceutico che opera in regime di assenza di convenzione. Inlinea con tale concetto, è fortemente ridotto il rapporto abitanti/farmacie, ed è stata introdotta una maggioreelasticità nelle deroghe al rapporto sopraindicato, sono state modificate le norme concorsuali e costituita unanuova tipologia d’esercizio la “farmacia non convenzionata”, esercizio che dispensa tutti i farmaci osservandole norme tecniche e procedurali ma senza un rapporto di concessione statale.

Entrambe le proposte mirano a costruire una distribuzione al dettaglio dei farmaci attraverso una pluralità diattori e di offerta. Nella filosofia di mantenere elevato il grado di sicurezza dei cittadini e garantirecompetitività verticale, è fondamentale spostare il focus della distribuzione dalla farmacia al farmacista,garantendo a quest’ultimo la piena autonomia ed indipendenza operativa.

Tali proposte, unite ad una diversa regolazione dei turni e degli orari improntata a garantire i livelli minimi delservizio e non massimi, sono l’ultimo tassello rispetto all’obiettivo di rendere più competitiva l’intera filiera delfarmaco, competitività che potrebbe tradursi in un miglior servizio per i cittadini, ma che può “riflettersi”,anche a monte, con un più intenso confronto concorrenziale tra le imprese farmaceutiche, i cui vantaggipotrebbero realizzarsi in termini di minori oneri sociali e minori costi dei farmaci a carico degli utenti.Perché tali riforme non generino fenomeni di concentrazione dell’offerta solo nelle aree geografiche piùremunerative occorre prevedere forme di compensazione attraverso sostegno alle farmacie che operanonelle aree più disagiate o rimborsi separati secondo la densità di popolazione.

Per realizzare concorrenza verticale nella distribuzione al dettaglio è indispensabilerimuovere l’attuale predeterminazione del numero di farmacie attraverso la pianta organicaed aprire ad una pluralità di attori qualificati.

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LA CONCERTAZIONE DEI PREZZI

Il sistema sanitario inglese20 (NHS, National Heath Service) è una struttura centralizzata facente capo alNational Health Service che ha il compito di pianificare le strategie ed esercitare il controllo sulla spesasanitaria complessiva.

Nel 1998 l’AGCM, prendendo spunto dal modello sanitario inglese e dalla struttura organizzativa dell’NHS neirimborsi alle farmacie, ha auspicato misure che rendano più sensibile l’offerta alle esigenze della domanda,garantendo un adeguato grado di concorrenza a tutti i livelli della filiera produttivo-distributiva.

Al contrario, il sistema italiano si caratterizza per una rigida ripartizione dei margini di ricavo finalizzata alcontrollo della spesa del SSN attraverso una “pseudo-concorrenza” tra gli attori della filiera che svolgono ruolidiversi. La creazione di condizioni di concorrenzialità vera tra gli attori che svolgono funzioni simili risultadeterminante al fine di innescare stimoli all’efficienza e sistemi dei prezzi in linea con le qualità produttive esvincolate da logiche di sfruttamento delle rendite di posizione.La rigida determinazione dei margini dei tre comparti della filiera nega qualsiasi confronto pro-concorrenzialee vanifica le speranze del legislatore riposte in forme di contrasto tra i comparti, risultando vantaggioso pertutti gli attori l’aumento del prezzo del farmaco. L’attuale contrattazione del Ministero sul prezzo del farmaco candidato ad entrare in fascia “A” sarebbenotevolmente esaltata da una condizione di reale concorrenzialità e, se non avulsa dalla contrattazione dellafornitura ospedaliera, genererebbe un notevole risparmio per il SSN.

Il collegamento diretto nelle due fasi di distribuzione tra ricavi e prezzo del prodotto venduto al pubblico èl’ostacolo maggiore. I ricavi dovrebbero provenire dal valore reale apportato dalla distribuzione, comprensivodelle specificità professionali (conoscenze tecniche e legislative, professionalità, controlli caratteristiche,conservazione ecc.). L’attuale sistema di determinazione dei ricavi, al contrario, impedisce l’individuazione diquel valore apportato alle singole fasi della filiera.Una reale liberalizzazione della distribuzione al dettaglio con l’eliminazione delle attuali barriere d’ingressoposte alla maggioranza dei laureati in farmacia, creerebbe automaticamente quel valore aggiunto.

Struttura del prezzo dei farmaci a carico dello Stato

Farmacisti26,70%

Grossisti6,65%

Aziende66,65%

Il recente decreto sul prezzo dei farmaci d’automedicazione accoglie solo parzialmente le indicazioniformulate da tempo dall’AGCM e si configura ancora una volta per una mancata visione d’insieme delleproblematiche relative all’assenza del confronto concorrenziale. Può, questo decreto, essere preso aparadigma delle decisioni legislative assunte nel tempo in questo settore. La non estensione della possibilitàdi sconto ai farmaci di fascia C con obbligo di prescrizione, il tetto massimo di sconto, la mancatacancellazione dell’obbligo per la distribuzione intermedia di detenere il 90% delle specialità in commercio e lapermanenza di barriere all’accesso alla distribuzione al dettaglio, ha provocato un risultato modesto rispettoalle aspettative generate nei consumatori.

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La filiera del farmacoproposte di riforma

In questo contesto appare maturo avviare una seria discussione sui benefici del prezzo unico su basenazionale del farmaco di fascia “A”. Mantenendo fermo il vincolo del prezzo massimo di vendita alconsumatore ai fini dell’ammissione alla rimborsabilità da parte del SSN, in un contesto d’effettivaconcorrenza, l’opportunità data ai distributori al dettaglio di scegliere autonomamente l’ordine di grandezzadel proprio margine sarebbe in grado d’innescare naturalmente un meccanismo di riforma che, come sopraindicato, lega in maniera indissolubile i ricavi al prezzo del prodotto.

In tal senso, l’adozione di un sistema d’incentivi privati sul modello di quello anglosassone, consentirebbe difruire appieno dei vantaggi derivanti dalla libera concorrenza tra gli operatori ottemperando allo stesso tempoagli obiettivi di politica economica che insistono sul settore. Infatti, nel modello inglese la concorrenza tra glioperatori alle diverse fasi della filiera è garantita da un sistema di prezzi e margini della distribuzione nonpredeterminati. In particolare, il margine del farmacista sui farmaci soggetti a rimborso non è fissato perlegge, ma deriva dalla differenza tra il prezzo di vendita dichiarato dalle imprese produttrici (uguale su tutto ilterritorio nazionale) e gli sconti ottenuti da produttori e/o grossisti, sconto determinato in base a una media suun campione. Ne deriva un incentivo per il farmacista a selezionare i propri fornitori in modo da garantirsi ilmargine più alto di guadagno.Inoltre il farmacista riceve un contributo fisso per prescrizione e vari incentivi per i servizi svolti: il tirocinio, ilservizio notturno e festivo ecc. ecc.

In alternativa a tale sistema, i margini delle vendite potrebbero essere regolati per farmacisti e grossisti dalriconoscimento di forfait per confezione, abbinato ad una contenuta percentuale sul prezzo. Dove talesistema è stato adottato, Francia e Germania, i margini sono più contenuti e la regressività dello stessorispetto al prezzo del farmaco è senza dubbio più marcato per farmaci più costosi

La proporzionalità con aliquota costante al prezzo del prodotto, come avviene in Italia, lega inevitabilmente laremunerazione al costo industriale di produzione, variabile economica estranea all’attività di distribuzione.Adottare un sistema con prezzi non più predeterminati, ove il confronto pro-concorrenziale avviene in tutte lefasi della filiera costituirebbe una formidabile occasione per diminuire i costi, migliorare la qualità dell’offertaall’interno di un quadro di sicurezza e tutela della salute pubblica.

Gennaio 2006

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