La Fibromialgia

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La Fibromialgia (FM) è classificata tra i reumatismi extra-articolari, di natura funzionale. E’ caratterizzata da dolore muscolo-scheletrico diffuso cronico e dalla presenza di punti dolorosi (tender points) caratteristici (figura). La FM è inoltre caratterizzata da intensa stanchezza, già presente al risveglio mattutino, che si associa ad un corteo di sintomi neurovegetativi che spesso portano il malato a consultare molteplici specialisti e ad eseguire innumerevoli indagini di laboratorio e strumentali, prima che la diagnosi venga definita. Tra questi sono assai frequenti: disturbi intestinali, disordini del ciclo mestruale, cefalea, tachicardia, dispnea, ansia e depressione del tono dell’umore. Per tali motivi la Fibromialgia, così definita dal reumatologo, viene diversamente denominata da altri specialisti che affrontano aspetti diversi di un’unica sindrome: colon irritabile dal gastroenterologo, cefalea muscolotensiva dal neurologo, sindrome dismenorroica non classificabile dal ginecologo, sindrome da intolleranze multiple non allergiche dall’allergologo, dolore toracico idiopatico dal cardiologo, ecc. La FM viene definita primaria, o idiopatica, quando non è associata ad altra patologia; viene definita secondaria quando viene diagnosticata in associazione ad altre condizioni cliniche (patologie croniche nella maggior parte dei casi). La FM primaria è una condizione frequente (circa il 2% della popolazione) e colpisce preferenzialmente, senza esclusione di età, le donne (M/F = 1/9). Tra le affezioni muscoloscheletriche è seconda solo all’osteoartrosi. La causa Non è nota la causa della FM e la patogenesi è ancora scarsamente chiarita. Sicuramente, come dimostrato in patologia comparata, è centrale (presente in ogni soggetto) un disturbo del sonno e del riposo notturno. Questi malati sono inoltre accomunati dalla sensazione di stanchezza maggiore al risveglio mattutino, rispetto alla sera precedente. Al dolore si accompagnano contratture dolorose muscolari di entrambi i cingoli e paravertebrali, anch’esse più intense al risveglio. Questi malati hanno scarsa resistenza allo sforzo e alla concentrazione prolungata. Questa spesso viene imputata della cefalea. La riduzione, dimostrata negli animali, di serotonina e di altri neurotrasmettitori, a livello encefalico è responsabile della riduzione della soglia del dolore e della amplificata percezione di stimoli dolorosi e neurovegetativi. Questa osservazione giustifica il largo impiego di anti-depressivi che viene fatto per la terapia di questi soggetti. Nei soggetti con FM sono stati riscontrati ridotti livelli

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La Fibromialgia (FM) è classificata tra i reumatismi extra-articolari, di natura funzionale. E’ caratterizzata da dolore muscolo-scheletrico diffuso cronico e dalla presenza di punti dolorosi (tender points) caratteristici (figura).

La FM è inoltre caratterizzata da intensa stanchezza, già presente al risveglio mattutino, che si associa ad un corteo di sintomi neurovegetativi che spesso portano il malato a consultare molteplici specialisti e ad eseguire innumerevoli indagini di laboratorio e strumentali, prima che la diagnosi venga definita. Tra questi sono assai frequenti: disturbi intestinali, disordini del ciclo mestruale, cefalea, tachicardia, dispnea, ansia e depressione del tono dell’umore. Per tali motivi la Fibromialgia, così definita dal reumatologo, viene diversamente denominata da altri specialisti che affrontano aspetti diversi di un’unica sindrome: colon irritabile dal gastroenterologo, cefalea muscolotensiva dal neurologo, sindrome dismenorroica non classificabile dal ginecologo, sindrome da intolleranze multiple non allergiche dall’allergologo, dolore toracico idiopatico dal cardiologo, ecc.La FM viene definita primaria, o idiopatica, quando non è associata ad altra patologia; viene definita secondaria quando viene diagnosticata in associazione ad altre condizioni cliniche (patologie croniche nella maggior parte dei casi).La FM primaria è una condizione frequente (circa il 2% della popolazione) e colpisce preferenzialmente, senza esclusione di età, le donne (M/F = 1/9). Tra le affezioni muscoloscheletriche è seconda solo all’osteoartrosi.

La causa

Non è nota la causa della FM e la patogenesi è ancora scarsamente chiarita. Sicuramente, come dimostrato in patologia comparata, è centrale (presente in ogni soggetto) un disturbo del sonno e del riposo notturno. Questi malati sono inoltre accomunati dalla sensazione di stanchezza maggiore al risveglio mattutino, rispetto alla sera precedente. Al dolore si accompagnano contratture dolorose muscolari di entrambi i cingoli e paravertebrali, anch’esse più intense al risveglio. Questi malati hanno scarsa resistenza allo sforzo e alla concentrazione prolungata. Questa spesso viene imputata della cefalea.La riduzione, dimostrata negli animali, di serotonina e di altri neurotrasmettitori, a livello encefalico è responsabile della riduzione della soglia del dolore e della amplificata percezione di stimoli dolorosi e neurovegetativi. Questa osservazione giustifica il largo impiego di anti-depressivi che viene fatto per la terapia di questi soggetti. Nei soggetti con FM sono stati riscontrati ridotti livelli serici di serotonina e incrementati livelli di sostanza P, rispetto ai soggetti sani.

La diagnosi

La diagnosi di Fibromialgia è clinica (basta una visita da parte di un medico esperto); non esistono test di laboratorio o esami strumentali che aiutino la diagnosi. La presenza di dolore artro-muscolarediffuso (presente sia nel lato destro che sinistro, superiore e inferiore del corpo), perdurante da oltre un mese, con dolore evocato alla pressione (4 Kg/cm) di tipici trigger points (almeno 11 su 18), in assenza di altre condizioni patologiche a giustificazione del quadro clinico, è sufficiente per la diagnosi (figura 1). La diagnosi differenziale è importante per la definizione diagnostica di FM primaria e per non sottovalutare, con ritardo diagnostico, condizioni patologiche di maggior gravità, quali la Sclerosi Multipla e le connettiviti.La Fibromialgia “secondaria”La Fibromialgia compare frequentemente nelle affezioni muscolo-scheletriche croniche, quali le artriti e l’osteoartrosi. Nelle artriti il dolore, tipicamente notturno, determina una alterazione del sonno e del riposo che sono al centro della patogenesi della FM. Inoltre, lo stato di frustrazione derivante dalla perdita di capacità funzionale e indipendenza, nonché la preoccupazione per

l’evoluzione del danno anatomico indotto dalla malattia, inducono ansia e riduzione del tono dell’umore.Non è infrequente che pazienti portatori di Artrite Reumatoide o di Spondilite sviluppino una sindrome dolorosa, miofasciale diffusa, definibile come Fibromialgia secondaria. Spesso il reumatologo osserva un miglioramento dell’artrite in terapia, ma il paziente prosegue a lamentare intenso dolore. Gli indici soggettivi di percezione del dolore (scale visuo-analogiche di dolore e salute complessiva) rientrano tra le valutazioni di risposta clinica alla terapia (e.g. Disease Activity Index). L’icremento del punteggio degli indici compositi implica scelte terapeutiche con incremento della terapia farmacologia e, oggi, nella scelta delle terapie con i farmaci biologici (File F).La presenza di una fibromialgia secondaria nelle artriti, può determinare un inutile e costoso incremento delle terapie farmacologiche, là dove sarebbe più opportuno intervenire sull’incremento della soglia del dolore.

La prognosi

La Fibromialgia non toglie un’ora di vita, ma può “avvelenare” ogni ora della vita. La qualità di vita del paziente fibromialgico è peggiore di quella indotta da malattie considerate ben più gravi, quali l’artrosi, le artriti e le connettiviti.La convivenza cronica con dolore e stanchezza induce depressione e assenza di progettualità. A loro volta queste condizioni aggravano la fibromialgia.

Ernia del disco

L'ernia del disco è una affezione della colonna vertebrale consistente in una rottura o uno

sfiancamento dell'anello fibroso del disco e conseguente dislocazione del nucleo polposo.

La rottura o e lo sfiancamento del disco sono abitualmente secondari ad una degenerazione o

invecchiamento del disco, fenomeno che parte dalle cartilagini discali. Le ernie più frequenti sono

quelle lombari, seguite da quelle cervicali e da quelle dorsali. Frequenti i casi di ernie multiple e di

ernie famigliari. Tutte le età possono essere affette da ernia del disco. La protrusione invece

consiste nello schiacciamento da parte del nucleo delle fibre dell'anello. Tuttavia ciò non comporta

una rottura delle fibre dell'anello stesso, come succede nell'ernia, ma il suo schiacciamento,

soprattutto a livello del legamento longitudinale posteriore.

Classificazione 

le ernie possono essere classificate a seconda di vari rapporti:

In rapporto alla sede topografica, abbiamo:

ernia postero laterale del disco compreso tra le vertebre L5 ed S1

ernia postero laterale del disco interposto tra le vertebre L4 ed L5

ernia postero mediale del disco interposto tra le vertebre L5 ed S1

ernia mediana, definita tale perché appunto il nucleo del disco fuoriesce a livello mediano.

In rapporto al grado di fuoriuscita del nucleo, abbiamo:

ernia contenuta: quando il disco presenta una sporgenza circoscritta nel canale vertebrale

(l'anello è sfiancato ma non completamente rotto)

ernia protrusa, da non confondere con la protrusione: è una vera e propria ernia, che consiste

nello spostamento parziale del nucleo, a livello del midollo spinale, che quindi rompe le fibre

dell'anulus e il legamento posteriore, ma lo stesso nucleo rimane, seppur in parte, attaccato al

centro del disco nel quale alloggia normalmente.

ernia espulsa o migrata: quando vi è rottura dell’anello e fuoriuscita nel canale vertebrale di

materiale discale.

In rapporto all'età dell'ernia:

ernia matura: si valuta in basa al colore e alla lucentezza del nucleo fuoriuscito dal disco, che

nell'ernia matura appare molto ingiallito e opaco.

ernia immatura: il nucleo è ancora bianco e lucido.

Eziologia 

La degenerazione e quindi l'ernia del disco sono spesso legati a fattori congeniti genetico-familiari,

attivati o rivelati poi da varie cause come stress e traumi vertebrali, protratte posture viziate,

maldistribuzione di carichi sulla colonna ed altri.

La responsabilità di fattori genetici spiega i moltissimi casi di degenerazioni discali

nell'adolescenza.

Il fumo, l'uso eccessivo dell'automobile ed il sovrappeso sono noti fattori favorenti l'usura del disco

e quindi la formazione di un'ernia.

Sintomatologia 

Molte ernie sono asintomatiche.

In quelle sintomatiche si hanno dolori vertebrali, cervicali, dorsali o lombari a seconda della sede

dell'ernia ed eventuali disturbi da compressione delle strutture nervose (midollo spinale e radici)

che si trovano nel canale vertebrale.

Alcuni possibili sintomi di un'ernia cervicale:

dolore cervicale

cervico-brachialgia

dolori precordiali e scapolari

disturbi di sensibilità, motilità, trofismo e riflessi agli arti superiori

disturbi di sensibilità, motilità e riflessi agli arti inferiori

disturbi sessuali

disturbi sfinterici

Alcuni possibili sintomi di un'ernia dorsale:

dolore dorsale

dolore intercostale

disturbi di sensibilità, motilità e riflessi agli arti inferiori

disturbi sessuali

disturbi sfinterici

Alcuni possibili sintomi di un'ernia lombare:

dolore lombare

lombo-sciatalgia o sciatica

lombo-cruralgia

disturbi di sensibilità, motilità, trofismo e riflessi agli arti inferiori

difficoltà a stare fermi a lungo in piedi

disturbi sessuali

disturbi sfinterici

I segni di un'ernia del disco non sono strettamente specifici ma possono essere dati anche da

altre patologie vertebrali o extravertebrali.

La sintomatologia dell'ernia del disco lombare (che è la più frequente) inizia in genere con il

cosiddetto "colpo della strega" (lombalgia acuta con sciatalgia). Nella maggior parte dei casi si ha

la guarigione spontanea, da un minimo di quattro settimane ad alcuni mesi. Nei casi di deficit

neurologici (perdita di forza o di sensibilità) si ricorre all'intervento chirurgico (laminectomia) che in

genere risolve la sciatica, ma non risolve la tendenza a soffrire di mal di schiena. Il vero problema

dell'ernia del disco non è tanto il singolo episodio, che può guarire, bensì la tendenza alle recidive

successive. La probabilità di recidive sembra uguale sia con sia senza l'intervento chirurgico.

L'indagine utilizzata per la diagnosi è l'elettromiografia

Cos'è la sindrome femoro rotulea

La sindrome femoro rotulea può essere definita come un dolore retrorotuleo o perirotuleo che deriva da cambiamenti meccanici e biochimici della articolazione femoro-rotulea.

Può essere distinta dalla condromalacia che rappresenta già una degenerazione o una lesione della cartilagine rotulea.Solitamente i pazienti con Sindrome Femoro Rotulea hanno un dolore anteriore al ginocchio che si presenta solitamente con l'attività e spesso peggiora scendendo le scale o camminando in discesa. Il dolore può inoltre essere peggiorato da una posizione seduta prolungata (Segno del cinema). 

Questa sindrome può coinvolgere una o entrambe le ginocchia.La rotula si articola con il femore e scorre in una sorta di solco mentre compiamo dei movimenti di flessione e estensione. Durante questi movimenti la rotula non solo scorre in alto e in basso ma può ruotare, scivolare lateralmente e sollevare il suo bordo interno o quello esterno (TILT)  Questo genera contatti in diverse zone sia della rotula che dei condili femorali. 

I ripetuti contatti in queste aree spesso associati a un cattivo allineamento della rotula sono le più probabili cause della Sindrome Femoro Rotulea che portano con il tempo allo sviluppo di dolore. Il dolore non deve essere confuso con il dolore dovuto alla tendinopatia rotulea che ha cause e trattamento differenti.Sono state iden tificate diverse cause del dolore femoro rotuleo tra le quali quella biochimica, quella muscolare e il sovraccarico funzionale (overuse). La letteratura e  l'esperienza clinica insegnano che probabilmente la causa è multifattoriale e che una corretta e approfondita valutazione funzionale permette di creare programmi terapeutici individualizzzati

Sovraccarico Piegare il ginocchio aumenta la pressione tra la rotula e i suoi vari punti di contatto con il femore.Le attività che richiedono ripetuti piegamenti e impatti come nella corsa (in particolare in discesa) o nel salto possono essere fattori favorenti la patologia.

Il carico che può causare il dolore e  peggiorare il danno cartilagineo dipende da diversi fattori quali il tono muscolare, la lunghezza muscolare, il livello di allenamento e lo stato di salute psicofisica del soggetto ed infine, come vedremo, l'allineamento dell'apparato estensore. L'insieme di tutti questi fattori può spiegare perchè questa patologia colpisca anche le persone sedentarie.Sebbene siano stati compiuti numerosi studi non è stata ancora individuata una causa biomeccanica primaria di dolore femoro rotuleo. Sono stati invece individuati diversi fattori di rischio e sono state formulate diverse teorie.Piede Pronato: i piedi pronati e i piedi piatti sono quei piedi che mancano di un corretto supporto dell'arco mediale. La pronazione del piede causa come compenso una rotazione interna della tibia o del femore che altera il corretto allineamento della rotula. Spesso in questi casi dopo una attenta valutazione può essere utile utilizzare una ortesi che corregga l'arco plantare o in altri casi che stimoli il piede verso la supinazione. Piede cavo: il piede cavo al contrario di quello pronato è un piede che ha un arco plantare più accentuato. Un arco plantare di questo tipo solitamente è rigido e non riesce ad ammortizzare correttamente i

carichi quando il piede appoggia sul terreno. Un piede che non ammortizza, durante la corsa o il salto, scarica tutte le sollecitazioni sul ginocchio stressando le strutture capsulo legamentose della articolazione femoro rotulea.

Angolo Q: la valutazione di questo angolo tra l'asse del femore e quello della tibia è stato considerato per molti anni la principale causa della Sindrome Femoro Rotulea e ha portato a sviluppare anche una serie di interventi chirurgici (Riallineamento dell'apparato estensore). Recentemente diversi studi hanno dimostrato che esiste una grande variabilità e che l'ampiezza di questo angolo non sembra correlare con i disturbi femoro-rotulei.Il clinico dovrebbe quindi evitare di dare troppa enfasi a questa variante anatomica che può spingere il paziente a credere il il suo dolore sia irrisolvibile.Cause Muscolari:Le principali cause muscolari dei disturbi femoro rotulei possono essere divise in due grandi categorie: le debolezze muscolari e la mancanza di flessibilità.La debolezza del quadricipite in particolare del vasto mediale rappresenta uno degli aspetti più sottolineati ma una valutazione attenta permette di individuare anche una serie di altre disfunzioni muscolari che fanno da guida al trattamento conservativo/riabilitativo.

Per artrite reattiva (ARe) si intende un'artrite acuta non purulenta che complica un'infezione

localizzata in un altro distretto dell'organismo.

Classificazione 

L'artrite reattiva deve essere considerata una spondiloartrite sieronegativa, dato il coinvolgimento

dello scheletro assiale e la negatività per il fattore reumatoide. Deve essere distinta dalla artrite

settica, caratterizzata da presenza attiva e vitale di un microrganismo all'interno di un'articolazione.

Il termine artrite reattiva viene spesso usato per indicare spondiloartropatie secondarie ad

infezioni genitali od intestinali che si manifestano in soggetti positivi per l'antigene HLA B27.

Esistono artriti reattive non assiociate ad HLA B27 come la febbre reumatica e la malattia di Lyme.

La triade artrite reattiva, congiuntivite e uretrite/enterite è denominatasindrome di Reiter, termine

coniato durante il periodo tra la prima guerra mondiale e la seconda guerra mondiale. Tale

sindrome non deve essere confusa con la stessa artrite reattiva, che può essere anche un'entità

clinica indipendente.

Epidemiologia 

I soggetti colpiti da artrite reattivi hanno un'età compresa tra i 18 e i 40 anni. Per le artriti reattive

secondarie ad infezioni del tratto gastrointestinale, non esiste una prevalenza femmine-maschi.

Per le artriti reattive secondarie ad infezioni del tratto genitourinario la prevalenza è nettamente

spostanta verso il sesso maschile. È molto importante conoscere la dipendenza di questa

patologia con il gene HLA B27; è stata documentata una forte associazione tra infezioni da parte

di Shigella,Yersinia o Chlamydia e l'artrite reattiva nei soggetti HLA B27 positivi. L'associazione

diventa meno forte se si considerano artriti reattive secondarie ad infezioni sostenute

da Salmonella o Campylobacter.

Anatomia patologica [modifica]

L'artrire reattiva condivide con le altre artriti diverse caratteristiche. In particolare, si può notare un

imponente infiltrato macrofagitario a livello della cartilagine articolare con vascolarizzazione

delle entesi e possibile edema osseo.

Le lesioni cutanee (vedi in seguito) sono del tutto indistinguibili dalle lesioni psoriasiche.

Spondiloartriti sieronegative

Le spondiloartriti sieronegative (anche entesoartriti sieronegative, per sottolineare il

frequentissimo coinvolgimento delle entesi) sono un ampio ed eterogeneo gruppo

di atropatie infiammatorie caratterizzate dal coinvolgimento della sinovia e delle entesi sia a livello

della colonna (spondilo-) che delle articolazioni periferiche (-atriti). Queste artropatie sono

strettamente connesse dall'assenza sierica di fattore reumatoide (sieronegative) e colpiscono

prevalentemente individuigeneticamente predisposti.

Classificazione 

Le spondiloartriti sieronegative comprendono

Spondilite anchilosante, entità clinico-patologica che si muove all'interno di un terreno genetico

noto (presenza di antigeni di istocompatibilità di classe I di tipo HLA B2706 e HLA B2709) con

coinvolgimento tipico del rachide, delle articolazioni sacro-iliache e formazioni di sindesmofiti

("ponti" ossei tra le vertebre).

Artrite psoriasica, malattia connessa con la psoriasi e che si distingue dalla spondilite

anchilosante per un maggiore coinvolgimento delle articolazioni periferiche

(soprattutto polso e interfalangee distali). La connessione con HLA B27 è meno forte.

Entesoartrite enteropatica, connessa a malattie quali la colite ulcerosa e il morbo di Crohn.

Entesoartrite reattiva, nella sindrome di Reiter o in altre artriti spesso connesse con HLA B27.

Sindrome SAPHO

Entesoartriti indifferenziate

Caratteristiche comuni [modifica]

Nello studio delle spondiloartriti sieronegative, in considerazione anche del comune terreno

genetico, è bene ricordare che vi è spesso un'evidenza clinica di sovrapposizione tra i vari

complessi sindromici. A livello classificatico può essere infatti difficile apprezzare una differenza

netta e dicotomica tra le varie sindromi. Molti sintomi e segni sono comuni e spesso è difficile

elaborare una diagnosi netta e precoce in un soggetto che mostra un quadro clinico riconducile ad

una spondiloartrite sieronegativa. Negli anni si è reso necessario introdurre il concetto

di entesoartrite indifferenziata, entità clinica che, pur presentando molte caratteristiche comuni alle

spondiloartriti (si veda più avanti), non rientra in un preciso quadro classificativo per l'assenza di

alcuni caratteri distintivi.

I caratteri comuni delle varie spondiloartriti sono:

Negatività per il fattore reumatoide, importantissimo elemento che permette la diagnosi

differenziale con artrite reumatoide

Coinvolgimento infiammatorio del rachide, con esordio insidioso di mal di schiena prima dei 40

anni che deve persistere per almeno 3 mesi e che si accentua dopo il riposo e migliora dopo

esercizio fisico.

Artrite periferica mono od oligoarticolare e asimmetrica soprattutto dell'arto inferiore (altro

elemento di diagnosi differenziale con artrite reumatoide che invece tende a coinvolgere molte

articolazioni in maniera simmetrica).

Presenza di tendiniti o capsuliti; in particolare la capsula articolare è coinvolta a livello

dell'inserzione con l'osso. Questo è un carattere d'esordio e che giustifica il dolore nelle fasi

iniziali della malattia.

Associazione con antigeni di istocompatibilità di classe I di tipo HLA B27. Individui con questo

gene hanno una maggiore predisposizione (massima per laspondilite anchilosante, minima

nelle artriti reattive). Il gene che codifica per il complesso maggiore di istocompatibilità sembra

essere coinvolto in una inadeguata presentazione di peptidi artritogenici ai linfociti T stimolati

da un evento esterno quale un'infezione batterica o virale sconosciuta. I linfociti T attivati da

HLA B27 sono in grado di sostenere un quadro infiammatorio a livello articolare.

Tendenza ad aggregazione familiare, nel senso che frequentemente si riscontrano quadri di

spondiloartriti sieronegative (anche diverse) all'interno della stessa famiglia.

Coinvolgimento extra-articolare spesso comune. Tutte queste malattie tendono ad evolvere

verso quadri infiammatori a livello dell'occhio, dell'intestino, dellavalvola aortica,

del parenchima polmonare, della cute, delle mucose e dell'apparato genitale.

La tendinopatia dell'achilleo

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La tendinopatia al tendine d'Achille è un problema che coinvolge solitamente atleti che praticano sport in cui è presente la corsa. A volte, viene usato anche il termine "tendinosi" o "tendinite" anche se esistono comunque differenze significative tra questi termini. 

Tendinopatia: generica condizione clinica in cui è coinvolto il tendine (o le parti immediatamente adiacenti) che si presenta a seguito di un abuso di carico o di altre condizioni.

Tendinosi: processo degenerativo che coinvolge il tendine. Tendinite: processo infiammatorio al peritenonio, cioè la parte che riveste il tendine (più

corretto il termine peritendinite).Gli ultimi due termini rivelano in particolar modo quelle che sono le condizioni istopatologiche (cioè i meccanismi infiammatori, i processi degenerativi del tessuto ecc.) del tendine.

Caratteristiche del tendine

È una struttura estremamente resistente, ma ha un consumo di ossigeno 7,5 volte inferiore a quello del muscolo, quindi una lenta capacità di rigenerazione. In altre parole, è un tessuto difficilmente lesionabile (in condizioni normali), ma  ripetuti insulti da sovraccarico (come il correre con i muscoli affaticati) possono causare microlesioni che in breve tempo le cellule non riescono a riparare.

Cause della tendinopatia

Per i runner solitamente è l'eccessivo stress meccanico, a volte accoppiato a fattori congeniti (eccessiva pronazione del piede, supinazione ecc.), ma non si devono sottovalutare altre cause, per esempio quelle farmacologiche. Infatti l'eccessivo uso di corticosteroidi, di alcuni antibiotici (ciprofloxacina e altri antibiotici) e altri farmaci (statine, betaistina ecc.) può causare tendinopatie anche in assenza di stress meccanico eccessivo. Caratteristiche della tendinopatiaSenza addentrarsi eccessivamente nelle caratteristiche tissutali di tale patologia, si può considerare come una condizione di squilibrio tra i fenomeni di sintesi e quelli degenerativi, con prevalenza di questi ultimi. Il dolore è generato in particolar modo da meccanismi biochimici intratendinei che coinvolgono i neurotrasmettitori e altre sostanze chimiche irritanti; questi possono essere associati al fenomeno infiammatorio della componente peritendinea che può, a sua volta, causare dolore. 

Approccio alla tendinopatia

Come premessa si legga l'articolo sulle tendiniti. L'elemento più importante è  la tempestività, cioè prima si agisce e più rapidi sono i tempi di guarigione. Ai primi sintomi (dolore e fastidio) è opportuno intervenire con il ghiaccio ed eventualmente antinfiammatori (ma per non più di 2-3 giorni); se la patologia non scompare entro l'allenamento successivo è opportuno ricorrere al riposo (attivo) e rivolgersi a personale medico competente. L'ecografia è l'esame che chiarisce la tipologia (processo infiammatorio e/o degenerativo) e l'entità della patologia; la radiografia non è di routine, ma può rivelare presenze di calcificazioni  o ossificazioni all'interno del tendine nonché formazioni anomale (spina calcaneare, profilo del calcagno sfavorevole ecc.) che possono facilitare la tendinopatia. Nei casi più difficili né l'ecografia, né la radiografia "vedono" la causa della patologia; in tali casi si indaga ulteriormente con una risonanza magnetica. Visti i risultati contrastanti che si leggono nella bibliografia internazionale, la cura della tendinopatia "attualmente può considerarsi più un'arte che una scienza" [4]. Tra gli interventi più frequenti solitamente utilizzati sono da ricordare:

1. Riposo: realisticamente 15 gg. di stop sono un tempo ragionevole per valutare la gravità della patologia (tutte le peritendiniti leggere rientrano in tale periodo senza cure); durante la cura sono comunque da evitare le attività che hanno prodotto l'infortunio o che creano dolore e/o fastidio.

2. Stretching: per non far perdere la flessibilità dei tessuti.3. Uso di talloniera o di plantare: permette di mantenere leggermente sollevato il tendine

durante le normali attività giornaliere. L'effetto è quello di ridurre il dolore al tendine durante il cammino riducendo la tensione a cui è sottoposto il tendine. L'inconveniente più comune è che un plantare sopraelevato posteriormente non si adatta benissimo alla scarpa, spesso causando a lungo termine borsiti da sfregamento.

4. Intervento medico (ortopedico sportivo): solitamente per definire i corretti contorni della terapia ed effettuare eventuali trattamenti (mesoterapia, infiltrazioni, autoinfiltrazioni ecc.).

5. Intervento fisioterapico: per questo tipo di patologia, una buona terapia (nella migliore delle ipotesi) può al massimo ridurre della metà i tempi di guarigione; per questo motivo occorre affidarsi, nel caso in cui chi prescrive l'intervento medico lo ritenga opportuno, a un centro che non si limiti a vendere terapie sperando nell'effetto tempo.

6. Esercizi eccentrici: ormai in diversi studi sono state dimostrate migliorie grazie a questi tipi di esercizi nei confronti di una terapia solamente di tipo conservativo, in particolar modo in tendinopatie nella porzione mediana (meno in quella inserzionale) [2]. Gli effetti sono: progressiva riduzione del dolore (alla palpazione e durante l'attività), miglioramento della flessibilità, della forza di salto e decremento del volume tendineo. Per la pratica si veda la seconda parte dell'articolo.

7. Riabilitazione e ritorno alla normale attività sportiva: oltre al ripristino delle normali condizioni di forma sono da recuperare anche propriocettività, forza e stiffness (parametro che definisce l'elasticità) della gamba lesa. Un buon centro fisioterapico è in grado di riabilitare correttamente le qualità neuromuscolari (forza, propriocettività e stiffness) del paziente.

8. Riduzione di eventuali fattori predisponenti: una volta guariti, eventuali problemi anatomici (difetti biomeccanici del piede) possono essere corretti grazie a ortesi plantari o intervento chiropratico; la tendinopatia non necessariamente implica la presenza di difetti anatomici del piede, infatti le cause scatenati potrebbero essere semplicemente squilibri muscolari, difetti dello stile di corsa, errori nella metodologia dell'allenamento ecc.

Esercizi eccentrici

Per lavoro eccentrico si intende quella condizione in cui il muscolo è in contrazione ma si allunga; l'esempio più lampante è l'allungamento del muscolo tricipite della sura (muscoli del polpaccio, che proseguono con il tendine di Achille) durante l'appoggio del piede al suolo. La contrazione di questo muscolo (mentre si allunga) permette di attutire l'impatto del piede al suolo. Nella fase successiva (fase di spinta) il tricipite si accorcia (lavoro concentrico) e aiuta

l'avanzamento del corpo durante la corsa. Gli esercizi eccentrici per la prevenzione e la cura della tendinopatia al tendine di Achille prevedono quindi un lavoro muscolare del tricipite in cui si allunga mantenendosi in contrazione. Molti studi hanno dimostrato come un lavoro di questo tipo (se fatto in maniera adeguata) possa avere effetti maggiori della sola terapia conservativa o di esercizi a carattere concentrico. Viene proposto sia per le tendinopatie croniche, sia per quelle di recente insorgenza, sia per la prevenzione. Esercizio N° 1 - Stazione eretta, ginocchio esteso, in appoggio su un avampiede su un piccolo rialzo; scendere con il tallone (allungando il tricipite), mantenendo il ginocchio esteso (vedi a lato). La risalita può essere eseguita aiutandosi con l'altra gamba, soprattutto se si avverte fastidio o dolore. L'esercizio va effettuato prima con l'arto leso e successivamente con quello sano mantenendo gli stessi parametri (vedi sotto). Esercizio N° 2 - Molto simile al N°1, ma il ginocchio va tenuto leggermente piegato. La risalita può essere eseguita aiutandosi con l'altra gamba.

Parametri dell'esercizio

Velocità, ampiezza del movimento e peso da sollevare devono essere tali da effettuare un numero di ripetizioni superiori a 15 (giungendo possibilmente all'affaticamento muscolare) non sentendo dolore; alcuni autori fanno presente come sia possibile, le prime volte, sentire un dolore non disabilitante. La progressione del carico si ottiene aumentando il peso sollevato una volta superate le 20-30 ripetizioni. Sono consigliate 3 serie al giorno (precedute da riscaldamento e stretching), diluite in momenti diversi della giornata (quando possibile). Particolare attenzione va posta all'affaticamento muscolare; infatti svolgendo un carico di lavoro troppo elevato (troppe serie) si rischierebbe di affrontare gli esercizi con i muscoli stanchi, peggiorando la situazione. Naturalmente le prime volte potrebbe essere difficile eseguire questi esercizi per il dolore al tendine, quindi si dovrebbero effettuare movimenti molto lenti, in un range articolare anche ridotto e senza sovraccarico; in caso di elevato dolore è consigliabile effettuare gli esercizi in doppio appoggio. L'incremento del peso sollevato, se non si hanno a disposizione attrezzi da palestra, potrebbe essere effettuato anche indossando uno zaino, riempiendolo progressivamente. Una volta che la situazione migliora, anche la risalita del tallone potrebbe essere effettuata con una sola gamba, a velocità tali da non sentire dolore e fastidio. 

Effetti degli esercizi eccentrici

È risaputo come esercizi con sovraccarico mirano allo sviluppo dei parametri neuromuscolari; gli adattamenti sono coordinati e avvengono a livello muscolare, nervoso e tendineo. Attualmente non si conosce il motivo per il quale il lavoro eccentrico abbia maggior efficacia di quello concentrico (a pari carico) sulla struttura tendinea, adattandola a tollerare carichi maggiori e stimolando i processi rigenerativi. 

Alternative e ulteriori prospettive

Riabilitazione in acqua – Si presume che l'effetto principale di questa metodica non sia la guarigione più veloce del tessuto lesionato, ma la riduzione dei tempi di recupero. Durante la locomozione in acqua, la forza scambiata con il terreno all'appoggio del piede è minore; ne consegue che la tensione a cui è sottoposto il tendine di Achille è minore e dipendente dall'altezza del livello dell'acqua. Questo permette di tornare alla pratica della corsa (in acqua naturalmente) in tempi più brevi, facilitando il transfert sulla "terra ferma" quando il tendine sarà guarito; sarà quindi più facile e tempestiva la ripresa della condizione di forma. 

Chiaramente questa è una metodica non semplice da attuare; infatti inizialmente, se la tendinopatia è grave, è difficile correre anche in acqua; si dovrà quindi iniziare con semplici movimenti di flesso/estensione della caviglia, per poi proseguire man mano che il tendine guarisce. Inoltre la terapia in acqua andrebbe abbinata con quella a secco (esercizi eccentrici, propriocettività ecc.) e la ripresa della corsa su strada deve avvenire gradualmente. Purtroppo  pochi centri fisioterapici hanno in dotazione una piscina e poche piscine hanno, nel loro personale, figure professionali adatte a questo tipo di metodica. In letteratura si trovano pochi studi che riguardano questo tipo di approccio, inoltre non è da considerare una terapia, ma un metodo per recuperare più rapidamente la condizione di forma [1]. Non è consigliabile avvicinarsi a questo tipo di metodica senza farsi consigliare o seguire da personale competente! Massaggio di frizione – Attualmente è stato riscontrato su cavie da laboratorio come un massaggio di frizione possa facilitare con il tempo i processi di rigenerazione del tendine [3]; studi sull'uomo sono necessari per confermare la tipologia di azione del massaggio e l'eventuale efficacia. 

Lesioni osteo-condriali

PREMESSA

La cartilagine articolare ha uno spessore di alcuni millimetri ed è composta da acqua, matrice condrale e condrociti.

Ha una funzione principale di amortizzatore ed assorbimento di urto, è un tessuto a bassa potenzialità rigenerativa (assenza di vascolarizzazione e innervazione) per cui un suo danneggiamento permanente e irreversibile compromette la biomeccanica articolare.

Tutta la superficie cartilaginea articolare può essere sede di patologia con netta prevalenza delle zone sottoposte al carico.

CAUSE DI LESIONE OSTEOCONDRALE

Si distinguono cause

a) Postraumatiche acute (in giovani e adolescenti per la particolare natura del tessuto cartilagineo – osteocondrite dissecante)

b) Secondarie (infiammatorie, infettive, degenerative).

CRITERI CLASSIFICATIVI

I segmento articolari sottoposti al carico sono più frequentemente sede di patologia (ginocchio, tibio tarsica) per questioni meccaniche.

La classificazione delle lesioni osteo condrali si basa su criteri quantitativi (sede anatomica, dimensioni delle lesioni) e qualitativi (conformazione delle lesioni).

Classificazione diffusa e standardizzata delle condropatie del ginocchio è quella di Noyes basata su criteri artroscopici (i più attendibili) (vedi tabelle 1, 2, 3).

La frequenza e la localizzazione delle condropatie del ginocchio, secondo vari autori, può essere riassunta come nelle tabelle 4 e 5.

CRITERI DIAGNOSTICI

L’individuazione di una lesione osteocondrale (specie se di natura non post traumatica) non è sempre immediata, talora per la sua subdola insorgenza, e soprattutto è difficile seguirne l’evoluzione.

Premessa fondamentale è l’individuazione della noxa patogena che ha indotto la lesione e che deve sempre essere rimossa prima di procedere al trattamento specifico (anomale forze di taglio

articolare, mal allineamento, sovraccarico funzionale per deviazione primaria o secondaria, fattori secondari a meniscopatie, lesioni menisco ligamentose, gonartrosi).

L’età del paziente e la profondità della lesione sono un importante elemento prognostico.

L’approccio più indicato per una corretta diagnosi di condropatia è rappresentato da esame RMN, ArtroTAC, TAC, in ordine di attendibilità, pur in presenza di falsi negativi/positivi significativi.

L’artroscopia rappresenta l’unico esame diretto che permette di documentare la lesione osteo condrale con la massima precisione.

Lesioni Astragalo

La lesione osteocondrale dell’astragalo (definita anche come osteocondrite dissecante) sicaratterizza clinicamente per i seguenti motivi: età di insorgenza nell’adolescenza e nell’età giovanile; localizzazione sul bordo postero-mediale oppureantero-laterale dell’astragalo; è la causa più frequente di corpi mobili endoarticolari della caviglia (tibio-tarsica). Altre caratteristiche delle lesioni osteocondrali dell’astragalo sono:

la maggior incidenza nei soggetti dediti ad attività sportiva il decorso inizialmente privo di sintomi la presenza di versamento endoarticolare della caviglia la presenza di un “click” endoarticolare l’evenienza di ricorrenti blocchi dell’articolazione sintomatologia dolorosa che riguarda tutta l’articolazione deambulazione con impaccio funzionale o con zoppia vera e propria