La e la valorizzazione dei prodotti biologici nelle mense · intera filiera produttiva, comprensiva...

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La promozione e la valorizzazione dei prodotti biologici nelle mense Roberto Spigarolo DiSAA – Dip. Di Scienze Agrarie e Ambientali – Univ. Di Milano

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La promozione e la valorizzazione dei prodotti biologici nelle menseRoberto Spigarolo

DiSAA – Dip. Di Scienze Agrarie e Ambientali – Univ. Di Milano

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La sostenibilità e il mercatoI consumatori si indirizzano sempre di più verso l’acquisto di beni e servizi dove nei quali la qualità, intesa in senso globale, è un fattore preponderante nelle scelte. Nell’ambito del concetto globale di qualità, le ecolabel e le social label che identificano i prodotti (ma anche i servizi) sono tra gli elementi più considerati.La sensibilità verso questi temi è molto elevata nei singoli consumatori dei Paesi nordeuropei, verso i quali non a caso si dirigono i principali flussi di export delle produzioni biologiche mediterranee, con l’Italia in posizione preminente.

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Il biologico nella ristorazioneNei Paesi mediterranei, di contro, la maggiore richiesta di prodotti biologici e di qualità si riscontra nella ristorazione, in particolare in quella scolastica, che agisce come “consumatore collettivo”, guidato ed orientato sia da norme cogenti e volontarie di fonte soprattutto locale (Leggi e linee‐guida Regionali), sia da scelte dei singoli Comuni.Per citare alcuni esempi, in Italia, considerata la leader europea per la quantità di prodotti biologici e di qualità di cui si rifornisce il sistema di ristorazione scolastica, ben 7 Leggi regionali e linee‐guida in altre Regioni sono state il driver di questo fenomeno.

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La food school revolutionValori aggiunti rispetto alle scelte operate dai singoli consumatori:o la richiesta crescente di prodotti biologici, di qualità e locali stimola la trasformazione dell’agricoltura e dei canali di approvvigionamento  sostenibilità ambientale;o i volumi richiesti fanno sì che si possa più facilmente creare un rapporto diretto tra i produttori e i buyer della ristorazione, bypassando l’intermediazione  sostenibilità economica;o l’educazione alimentare mirata alla promozione del consumo consapevole può cambiare la percezione dei consumatori e modificare i comportamenti alimentari  sostenibilità sociale.

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La crescita della ristorazione fuori casaLa Fipe, Federazione italiana pubblici esercizi, ha calcolato che negli ultimi trent’anni la spesa media per consumi alimentari fuori casa è aumentata del 78,7% raggiungendo i 2.118 euro per famiglia. Nel 2008 il 32,1% (media nazionale) dei pasti venivano consumati fuori casa (Dati Centro Studi Fipe‐ANGEM).Se il trend rilevato dalle ultime indagini demoscopiche continuerà in questa direzione, nel 2.020 ogni italiano spenderà almeno il 50% del suo fabbisogno alimentare fuori delle mura domestiche.

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Una profonda trasformazioneQuesta profonda trasformazione, impone una serie di considerazioni e di riflessioni che riguardano:o la distribuzione territoriale degli esercizi;o la specializzazione e la professionalità del personale;o il rapporto qualità‐prezzo rispetto al pasto e al servizio;o la “customer satisfaction”;o le modalità di approvvigionamento delle materie prime.Si tratta di un mercato che, per tipologia di domanda e concentrazione delle richieste nell’approvvigionamento, si differenzia in modo notevole da quelli del dettaglio tradizionale (canale dei grossisti) e del dettaglio organizzato (supermercati).

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Differenti canali di approvvigionamentoLa ristorazione collettiva, ma anche la grande ristorazione commerciale, dispone di propri canali di approvvigionamento che trattano volumi di merce sempre maggiori, in cui i buyers interagiscono con i produttori secondo logiche differenti rispetto alla GDO, logiche che sono tuttora poco conosciute dai produttori, così come spesso avviene gli stessi buyer della ristorazione e non conoscono a loro volta le caratteristiche del mondo della produzione agro‐alimentare.Questi due sistemi tendono ad agire secondo logiche separate e nel public procurement si riscontrano tuttora diversi problemi.

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I problemi del public procuremento le forniture sono continue e a scadenze prefissate;o i requisiti di qualità delle materie prime sono spesso diversi da quelli della GDO;o la reperibilità dei prodotti nelle tipologie e secondo la filiera di provenienza richieste presenta spesso criticità legate sia alla disponibilità dei prodotti sia ai prezzi di mercato;o il trasporto dei prodotti ai centri cottura e da questi ai terminali dove avviene il consumo presenta diversi problemi logistici;o gli acquisti non vengono decisi dai singoli consumatori, ma da un centro decisionale che attua una propria politica solitamente costante nel tempo.

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Minacce o opportunità?Tutte queste "criticità" possono costituire degli ostacoli per la vendita di prodotti agro‐alimentari al sistema della ristorazione, ma d'altro canto sono anche un'opportunità che, se opportunamente sfruttata, può determinare una svolta nell'organizzazione della produzione agro‐alimentare e delle filiere di approvvigionamento dei prodotti destinati alla ristorazione collettiva.

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I numeri della ristorazione collettivaSecondo gli ultimi dati dell’ANGEM, Associazione Nazionale delle Aziende di Ristorazione Collettiva, che rappresenta il settore sia a livello nazionale che europeo, il 7,5% della popolazione al di sopra dei tre anni pranza in mense scolastiche e aziendali.

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La richiesta di prodotti a filiera controllataLe filiere di approvvigionamento destinate alla ristorazione scolastica sono state analizzate a fondo durante il progetto iPOPY (innovative Public Organic Food Procurement for Youth).Dalle ricerche realizzate emerge con chiarezza che le richieste da parte dei Comuni, che gestiscono in proprio o danno in appalto il servizio di ristorazione scolastica nelle scuole elementari, medie inferiori e in una buona parte delle scuole materne, sono orientate verso un'implementazione dei prodotti a filiera controllata, che si accompagna ad una costante riduzione dei prodotti dell'agricoltura convenzionale.

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40%

18%14%

4%

24%

Media dei prodotti acquistati nella ristorazione scolastica in IT

da agricoltura biologica

da agricoltura sostenibile

prodotti tipici (DOP, IGP)

fair trade

da agricolturaconvenzionale

Ricerca “Mangiare fuori casa” – ACU 2006

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Il boom della richiesta di prodotti localiIn indagini successive si è riscontrato di contro l'aumento della richiesta di prodotti locali, che era quasi inesistente nel 2006, ma che oggi si riscontra in percentuali sempre più elevate.L'accezione “locale" presenta ancora oggi una certa ambiguità: essa viene espressa utilizzando diverse formule: km zero, filiera corta, prodotto locale, numero di passaggi nella catena di rifornimento.Ciò che si coglie è comunque l’esigenza di ridurre il numero di passaggi tra il produttore e il consumatore finale, o quanto meno di accorciare il percorso dei prodotti, ma anche di valorizzare il legame tra il cibo consumato e il territorio.

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Una definizione di prodotto localePer prodotto locale si intende un prodotto alimentare la cui intera filiera produttiva, comprensiva di produzione, trasformazione, trasporto dai luoghi di produzione a quelli di consumo è realizzata entro un raggio prestabilito di kilometri dal luogo di consumo. Il numero di kilometri da indicare dipende:o dall’effettivo percorso compiuto dal prodotto all’interno 

dell’intera filiera;o in un’ottica demand driven, dai volumi

complessivi della richiesta;o il numero di km inoltre può/deve essere differenziato in base 

alla categoria di prodotti e alla loro filiera di provenienza.

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Nuovi canali distributiviAlcuni casi di best practices recentemente analizzati, come quelli di Piacenza e di Roma in Italia, dell'Andalusia, del II Arroindessement di Parigi e, più recentemente, della Camargue, sono considerati degli esempi da seguire ed hanno dimostrato come sia possibile organizzare nuovi canali distributivi che da un lato costituiscono un canale di vendita sicuro per i produttori e dall'altro possono contribuire a valorizzare la qualità dei prodotti agroalimentari del territorio e a promuovere la sostenibilità.

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Agricoltura e mercati locali e globaliNei Paesi occidentali l’agricoltura produce principalmente beni destinati al mercato globale e all’industria agroalimentare (dati del Comitato Regioni):o solo il 20% della produzione viene commercializzato 

localmente;o al contrario di quanto avviene a livello mondiale in cui 

questa percentuale sale all’80% (dati del Comitato Regioni).Nel contempo da più parti si denuncia lo squilibrio nei rapporti di forza all’interno della filiera agroalimentare in cui gli agricoltori trattengono una quota contenuta (16%) del valore prodotto dall’intera filiera agroalimentare (Nomisma, 2008).

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I possibili cambiamentiLe voci di costo per la movimentazione ad ampio raggio delle merci, soprattutto di commodities agricole che hanno un prezzo di mercato contenuto, rappresentano un limite che si stima che in futuro possa essere vincolante, ma ancora di più un’esternalità negativa in termini di consumo di carburanti fossili, di aumento di gas serra e quindi di impatto ambientale.Tutte queste motivazioni sembrano spingere verso uno sviluppo del settore agroalimentare al fine di soddisfare la domanda locale e di strutturare nuovi modelli di filiere corte a scala territoriale.

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I Sistemi Agroalimentari Locali (SAL)I Sistemi Agroalimentari Locali (SAL) possono rappresentare uno strumento di sviluppo locale di rilievo poiché sono in grado di:o trattenere la maggior parte del valore aggiunto nel territorioo possono essere il volano per lo sviluppo locale sotto il profilo 

economico, occupazionale, sociale, culturale e ambientale.I SAL sono frutto della compartecipazione delle caratteristiche:o biologico‐territoriali;o politico‐istituzionali;o socio‐economiche;o culturali.

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I SAL: definizioni e caratteristicheI SAL possono essere definiti come sistemi alternativi al modello alimentare globalizzato che si fondano su complessi rapporti tra produzione agricola, trasformazione, distribuzione e consumo in un determinato luogo (Dunne et al, 2004).Rimane però indefinita la condivisione in merito a che cosa si intenda con il termine “ locale” e quali caratteristiche e percezioni i diversi soggetti attribuiscono  ad esso.Secondo USDA (United State Department of Agriculture) può essere definito locale un bene prodotto entro un raggio di 400 miglia, circa 643 km, dal luogo di consumo e comunque entro i confini dello Stato.

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I SAL: una “nuova frontiera” della PACNel gennaio del 2011 il Comitato delle Regioni ha posto con forza il tema dei SAL all’attenzione degli organi comunitari, attraverso la richiesta formale di un parere di prospettiva al commissario dell’agricoltura Dacian Cioloş.Nel documento la relatrice, Lenie Dwarshus‐Van de Beek, membro della giunta provinciale dell'Olanda meridionale, esponeva i temi e i problemi dell’agricoltura europea alla luce delle sfide della nuova PAC e proponeva il sostegno ai SAL come strumento operativo per lo sviluppo dell’agricoltura e il territorio rurale. 

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I canali distributivi nei SALPossono essere distinti due tipi di attività all’interno dei mercati locali:o la vendita diretta al consumatore

o farmers’ markets, o community supported agriculture (CSAs), o vendita diretta in azienda,o operazioni di “pick your own”.

o la vendita attraverso intermediaricanale distributivo comprende invece la vendita a ristoranti, distribuzione organizzata e istituzioni pubbliche e private come ad esempio scuole e ospedali.

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Il caso della ristorazione istituzionaleLa ristorazione istituzionale rappresenta una quota di grande rilievo della domanda di prodotto alimentare e ha inoltre caratteristiche di omogeneità e di stagionalità dei menu che rendono particolarmente interessante un rapporto diretto con le produzioni locali. Quella scolastica in particolare, rappresenta un punto di incontro importante fra produzione e consumo:o investe di responsabilità le amministrazioni pubbliche e la 

scuola;o consente la partecipazione dei genitori e dei cittadini nelle 

scelte e nelle responsabilità;o rappresenta un importante sbocco di mercato per i 

produttori.

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Gli obiettivi perseguibilio razionalizzazione delle filiere di approvvigionamento; o qualificazione e il miglioramento della sostenibilità del 

sistema;o coniugare il miglioramento della qualità dei prodotti 

acquistati e di quello del servizio erogato con una maggiore attenzione alla sostenibilità e agli aspetti etici e culturali legati al consumo dei pasti.

La crescente richiesta di prodotti biologici, di qualità e locali va in questa direzione.

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Totale pasti annuali consumati nella

Ristorazione Istituzionale

circa 212 milioni

Totale prodotti biorichiesti nella Ristorazione Istituzionale

circa 1.825 t/anno

42% 60%La distribuzione dei consumi del bio

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La sostenibilità nella ristorazioneLa sostenibilità nel campo della ristorazione collettiva deve essere intesa come un concetto olistico, che comprende molteplici aspetti:o l’approvvigionamento delle materie prime;o la sostenibilità dei menu;o il rapporto qualità/prezzo;o le modalità di preparazione, trasporto e consumo dei pasti;o la qualità dell’ambiente dove si consumano i pasti;o il bilancio di energia e di materia del sistema;o gli aspetti educativi legati al consumo consapevole;o la gestione dei rifiuti prodotti.

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Razionalizzare le filiere di approvvigionamentoLa razionalizzazione delle filiere di approvvigionamento della ristorazione collettiva, la loro qualificazione e il miglioramento della sostenibilità del sistema sono un obiettivo attualmente perseguito a livello istituzionale, nella convinzione di poter coniugare il miglioramento della qualità dei prodotti acquistati e di quello del servizio erogato con una maggiore attenzione alla sostenibilità e agli aspetti etici e culturali legati al consumo dei pasti. Le difficoltà nel soddisfare l’attuale domanda possono essere superate con l’organizzazione di filiere di approvvigionamento che valorizzano sia la qualità dei prodotti, la loro stagionalità e i loro legami con il territorio.

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Conoscere i flussi della domanda e dell’offertaAttraverso un accurato studio dei flussi della domanda e dell’offerta di prodotti specificamente destinati a soddisfare le peculiari esigenze della ristorazione collettiva è possibile organizzare tali filiere, come in alcuni casi studiati è stato dimostrato.Laddove questo si è realizzato, le scelte produttive degli agricoltori e della piccola industria alimentare si sono orientateconsapevolmente verso questa direzione, garantendo da un lato ai produttori un mercato sicuro e dall’altro ai buyer della ristorazione un approvvigionamento certo con un rapporto prezzo/qualità sostenibile e standard di qualità soddisfacenti.

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Un valore aggiunto culturaleNon è da trascurare il valore aggiunto culturale che si genera grazie alla vicinanza dei produttori alle scuole che consumano i loro prodotti, che consente da un lato agli allievi delle scuole di visitare facilmente e con costi ridotti le aziende che producono gli ingredienti dei pasti consumati nelle mense, e dall’altro lato ai produttori di svolgere attività educative non solo nelle aziende ma anche presso le scuole; tutte attività oggi riconosciute essenziali nell’ambito di un’educazione alimentare volta a promuovere il consumo consapevole.

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Per chiudere il cerchio ….Last but not least, il problema della quantità e della tipologia dei rifiuti prodotti dal sistema di ristorazione (non solo le mense, ma anche tavole calde, bar, trattorie e tutti i luoghi dove si consuma il pranzo durante i giorni lavorativi) è rilevante, anche se mancano a tale proposito dati standardizzati. E si tratta quasi esclusivamente di rifiuti di tipo organico.Se questi venissero raccolti in modo differenziato e trattati in appositi impianti di compostaggio, potrebbero fornire una quantità notevole di fertilizzanti organici; se inoltre questi venissero riutilizzati in loco o, quanto meno, nei territori limitrofi, si risparmierebbero notevoli costi di trasporto.

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Il problema dei costiIl miglioramento della qualità dell’approvvigionamento dei prodotti destinati alla ristorazione collettiva comportaindubbiamente dei costi: i prodotti biologici e spesso anche quelli «locali» hanno un costo tendenzialmente superiore a quelli dell’agricoltura convenzionale, anche se il differenziale non è così alto come molti credono.Inoltre occorre considerare che il «costo food» in Italia è mediamente 1/3 dell’intero «costo pasto», ben al di sotto della media europea, dove i costi della logistica sono decisamente inferiori a quelli italiani.

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Proposte operativeIl tema attuale, in epoca di tendenziale riduzione dei costi, è quello di mantenere un elevato standard qualitativo negli acquisti. Ciò si può realizzare attuando una politica intelligente di razionalizzazione dei costi della logistica e dell’organizzazione del servizio.Il miglioramento continuo della qualità dell’approvvigionamento e del servizio può essere realizzato operando diverse scelte, che nel loro insieme, possono assicurare il conseguimento di questo obiettivo.

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Incrementare l’uso di prodotti localiOccorre favorire lo sviluppo di sistemi agroalimentari locali sostenibili, nei quali vengono scambiati i prodotti caratteristici del territorio, coordinando la domanda con l’offerta; l’obiettivo non è l’autosufficienza totale, ovviamente irraggiungibile, ma di valorizzare al massimo la produzione locale, che ha caratteristiche migliori di freschezza.E’ necessario a questo fine conoscere molto bene sia l’offerta di prodotti locali, sia la domanda dei consumi collettivi: in questo campo la ristorazione istituzionale può fare da volano per lo sviluppo dei mercati locali.

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Integrare i serviziIl servizio di ristorazione è fra quelli che più facilmente si presta a una condivisione su base territoriale. Si possono realizzare diverse forme di integrazione:o Integrazione orizzontale: i Comuni medio‐piccoli potrebbero 

ad esempio adottare capitolati d’appalto condivisi, fino a giungere a realizzare una gara intercomunale; condividere strutture come i centri cottura, spesso sottoutilizzati. 

o Integrazione verticale: si possono studiare sul territorio forme di integrazione tra i diversi comparti della ristorazione istituzionale: scuole, ospedali, case di riposo, consentendo così di fare economia di scala e razionalizzare il servizio.

Lo sviluppo dell’integrazione dei servizi consente di razionalizzare i costi economici ed ambientali.

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Aumentare il “costo food”Occorre razionalizzare il sistema complesso della ristorazione, riducendo i costi di alcune operazioni, allo scopo di poter destinare più risorse all’approvvigionamento di prodotti di qualità, con l’obiettivo di riconoscere in modo adeguato il lavoro dei produttori.L’introduzione del self‐service almeno a partire dalla scuola elementare, lo sviluppo di sistemi di produzione e trasporto dei pasti come il cook&chill e l’approvvigionamento di prodotti locali contribuiscono tutti in modo significativo a contenere e razionalizzare i costi liberando risorse destinabili a migliorare la qualità dell’approvvigionamento. Bisogna anche ricordare che tutti questi sistemi riducono anche i costi ambientali.

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Standard di riferimento GdL nazionali/internazionalio Piano d’azione per la sostenibilità 

ambientale dei consumi nel settore della Pubblica Amministrazione ovvero Piano d’Azione Nazionale sul Green Public Procurement (PANGPP) ‐ CRITERI AMBIENTALI MINIMI PER L’AFFIDAMENTO DEL SERVIZIO DI RISTORAZIONE.

o Norma UNI 11407:2011 ‐ Servizi di ristorazione fuori casa ‐ Requisiti minimi per la stesura di capitolato di appalto, bando e disciplinare.

o Sottocommissione Ristorazione fuori casa dell’UNI

o Gruppo di lavoro MiPAAF sugli schemi di certificazione per il biologico nella ristorazione collettiva

o OOOH – Organic Out Of Home, gruppo di lavoro europeo sul consumo di biologico fuori casa

o Mensa Civica – Alleanza europea per la ristorazione sostenibile, promossa dal network AlimenTerra