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Accademia dei Concordi La Domenica ai Concordi edizione 2017 musica poesia e musica pittura e

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Accademia dei Concordi

La Domenica ai Concordi

edizione 2017

musicapoesiae

musicapitturae

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Con il patrocinio di Fondazione per lo Sviluppo del Polesine in campo letterario, artistico e musicale

La Domenica ai Concordi

edizione 2017

musicapoesiae

musicapitturae

Accademia dei Concordi

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Gli incontri autunnali in Accademia dei Concordi costituiscono, ormai, una tradizione ultraventennale diassociazione fra arte pittorica e letteraria da un lato, musicale dall’altro.Si tratta di otto mattinate che riuniscono le forze del Conservatorio “Francesco Venezze”, gloria della cittàper i suoi straordinari successi nel campo formativo di musicisti di vaglia, dell’Accademia dei Concordi,la più antica realtà culturale della provincia, risalente al XVI secolo, e della Fondazione Banca del Montedi Rovigo, che discende dall’antico Monte di Pietà, trasformatosi in banca nel XX secolo e poi in Fonda-zione, che promuove e sostiene l’iniziativa. La simbiosi fra musica eccellente, eseguita da altrettanto eccellenti giovani musicisti provenienti dal Con-servatorio, alcune fra le tante preziose pitture della Pinacoteca Concordiana e brani, alcuni celebri, dellaDivina Commedia letti da giovani amanti della lingua italiana costituiscono una importante garanzia delrinnovarsi di un successo che ha sempre contrassegnato questa manifestazione. La vitalità delle istituzioni che si riuniscono per questa manifestazione, e l’appoggio fornito dalla Fondazionedella Banca del Monte di Rovigo, stanno a dimostrare che la nostra città è da tempo, e resta, un importantecentro culturale soprattutto grazie al fatto che le forze in campo sanno cooperare per raggiungere risultatidi pregio.

Conservatorio Francesco Venezze

PresidenteLorenzo Liviero

Fondazione Banca del Monte di Rovigo

PresidenteLuigi Costato

Accademia dei Concordi

PresidenteEnrico Zerbinati

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La duplice rassegna “Musica e Poesia” / “Musica e Pittura” è divenuta oramai un fil rouge ininterrottoda un anno all’altro, un viaggio continuo che negli appuntamenti conclusivi dello scorso anno era statoespressamente dedicato all’acqua e alla navigazione.Ora si riapre il sipario di fronte a quello che è il viaggio più incredibile che la mente umana possa avercondotto e donato ai posteri, la Commedia di Dante, autore e attore dello stesso capolavoro che nonsmette di stupirci per la sua poesia e la sua sapienza, capace di condurci sino alle soglie della visione diDio, dinanzi alla quale in una struttura perfettamente conclusa, s’interrompe non potendo la fantasiaandar più oltre.Nella sua compiutezza la Commedia è testo da “recitar cantando” e della musica essa racchiude tutte leconoscenze e le esperienze possibili per un uomo del Trecento e tante intuizioni che si sarebbero realizzatenel futuro: di qui il binomio scelto per questa rassegna di Commedia e musiche strumentali - soventemicrocosmi che nella voce di uno strumento solo racchiudono il mistero e la polifonica ricchezza chefarà esclamare a un grande profeta del secolo ventesimo, Hans Urs von Balthasar, che la “verità è sinfo-nica” - che dall’età barocca della loro grande emancipazione e sviluppo giungono fino alle esperienze direcupero del travagliato mondo dal Volto perduto del ventesimo secolo, coronate di conseguenza nel no-stro percorso anche da testi poetici di Borges ed Eliot che da Dante trassero altresì alimento nella speranzadi rispecchiarsi nuovamente nel Principio Primo e nell’Amore della comunione umana.Dalla compiutezza del grande volume dantesco abbiamo invece “squadernato” per la parte riferita a “Mu-sica e Pittura” alcuni pellegrinaggi in tempi e luoghi diversi non certo consueti negli impaginati concer-tistici e sorretti, come sempre, dalle immagini del ricco patrimonio dell’Accademia dei Concordi:l’inquieto e cupo tardo Ottocento mitteleuropeo e nordico, il Novecento sudamericano con tre compositoriargentini intenti a modellare sulle forme classiche le proprie esperienze popolari per nobilitarle e affidarlealla memoria dei posteri, alcune “cartoline” di Franz Liszt desunte dai suoi viaggi storico-geografici, einfine il singolare incontro - al quale parteciperà un ensemble di quattordici chitarre - con Roland Dyens,eclettico chitarrista franco-tunisino scomparso lo scorso anno, anche lui intento nella sua produzione araccogliere i frammenti di tante realtà diverse nel tentativo di assemblarli che altro non è se non la volontàdell’Uomo, preso dalla frenesia della Vanità del nostro tempo, di ritrovare la Traccia della Verità.Un sentito ringraziamento a chi, a vario titolo, permette la continuità della rassegna con l’augurio cheanche l’edizione 2017 possa trovare il gradimento del pubblico attraverso questi nuovi percorsi di sintesie riflessione tra Parola, Suono e Immagine.

Direttore Conservatorio di Rovigo Giuseppe Fagnocchi

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Giannetto Malmerendi, Dante Alighieri (xilografia)

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musicapoesiae

calendario

1 ottobre 2017domenica

ore 11.00

interpreti

A l’alta fantasia qui mancò possa

Damiano Rizzato flautoTommaso Piron tromboneKim Joel violinoRiccardo Mazzoni contrabbassoMatteo Zabadneh contrabbasso

letture a cura del Comitato Giovani della “Dante”

8 ottobre 2017domenica

ore 11.00

interpreti

Musiche di Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791)Samuel Barber (1910-1981)Charles Ives (1874-1954)

Laborintus

Damiano Rizzato flautoVeronica Rodella flautoMarta Zese oboeStefano Borghi clarinettoGabriele Romani tromba

Valentina Borgato violinoElena Spremulli violinoFrancesca Milani violaMarina Pavani violoncello

15 ottobre 2017domenica

ore 11.00

interprete

Musiche di Arvo Pärt (1935)Heinrich Ignaz Franz Biber (1644-1704)Eugène Ysaÿe (1858-1931)Johann Sebastian Bach (1685-1750)

E come specchio l’uno a l’altro rende

Elisa Spremulli violino

29 ottobre 2017domenica

ore 11.00

interpreti

I frammenti dell’immaginifico baroccoMusiche di Tommaso Paolo Alberghi (Faenza 1716-ivi 1785)Violinista alla Scuola delle Nazioni di Tartini

Di lor dover solvendo il nodo

Collegium Musicum VenezzeConcertatore e violino principale Federico Guglielmo

Musiche di Georg Philipp Telemann (1681 - 1767)

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musicapitturae

calendario

5 novembre 2017domenica

ore 11.00

interpreti

Musiche di Edvard Grieg (1843-1907)Johannes Brahms (1833-1897)

Ottocento, Europa e Nord

Alice Bettiol violinoGiuseppe Fagnocchi pianoforte

19 novembre 2017domenica

ore 11.00

interprete

Musiche di Franz Liszt (1811-1886)

Musiche di Roland Dyens (1955-2016)

Pellegrinaggi nel tempo e nello spazio

Eunhye Anna Hong pianoforte

12 novembre 2017domenica

ore 11.00

interpreti

Musiche di Hector Ayala (1914-1990)Astor Piazzolla (1921-1992)Carlos Guastavino (1912-2000)

Sudamerica!!

Marco Colombo chitarraKim Joel violino IElena Spremulli violino IIFrancesca Milani violaMarina Pavani violoncello

26 novembre 2017domenica

ore 11.00

interpreti

Omaggio a Roland Dyens

ChitarrEnsemble del Conservatorio Venezze

Introduzione a cura di Monica Paolini

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Carlos Gustavino

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La summa musicale pratica e teoretica nella Divina Commedia, una guida nell’itinerario di Dante verso Dio

O imaginativa che ne rubetalvolta sì di fuor, ch’om non s’accorgeperché dintorno suonin mille tube,chi move te, se ‘l senso non ti porge?Moveti lume che nel ciel s’informa,per sé o per voler che giù lo scorge.Purgatorio, Canto XVII, 13-18

Si pensi, ad esempio, ad uno scrittore che sta cercando di esprimere certe idee che pos-siede sotto forma di immagini mentali. Egli non è del tutto sicuro di come queste imma-gini si armonizzino l’una con l’altra nella sua mente e sperimenta esprimendo le coseprima in un modo, poi in un altro; infine si ferma su una particolare versione. Ma eglisa da dove tutto ciò proviene? Solo vagamente. La maggior parte della sua fonte, comeun iceberg, è immersa profondamente sott’acqua, non visibile, ed egli lo sa.

Douglas R. Hofstadter, da Gödel, Escher, Bach: un’Eterna Ghirlanda Brillante

[...] Ma c’è un’altra definizione in cui mi riconosco pienamente ed è l’immaginazionecome repertorio del potenziale, dell’ipotetico, di ciò che non è né è stato né forse saràma che avrebbe potuto essere. Lo spiritus phantasticus secondo Giordano Bruno è “mun-dus quidem et sinus inexplebilis formarum et specierum” (un mondo o un golfo, mai sa-turabile, di forme e d’immagini). Ecco, io credo che attingere a questo golfo dellamolteplicità potenziale sia indispensabile per ogni forma di conoscenza. La mente delpoeta e in qualche momento decisivo la mente dello scienziato funzionano secondo unprocedimento d’associazioni d’immagini che è il sistema più veloce di collegare e sce-gliere tra le infinite forme del possibile e dell’impossibile. La fantasia è una specie dimacchina elettronica che tiene conto di tutte le combinazioni possibili e sceglie quelleche rispondono a un fine, o che semplicemente sono le più interessanti, piacevoli, di-vertenti.

Italo Calvino, da Lezioni americane - Visibilità

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Tra i molteplici percorsi che possiamo individuare nella Commedia trova, ovviamente,spazio quello dedicato alla musica purtroppo spesso ingiustamente trascurato dalla criticadantesca, nonostante costituisca uno straordinario “crescendo” culminante nella finaleteodia del Paradiso. Strutturalmente esso corre parallelamente ai tre regni che contraddistinguono le tre can-tiche: in Inferno predominano le sensazioni uditive legate ai “rumori” della natura, ve-getale e animale, e agli urli e schiamazzi delle anime dei dannati, cui si unisconorarissime similitudini o riferimenti a elementi musicali e strumenti verso la fine (comelo stesso corno di Nembrot nel canto XXXI), anche se “musica” è ovunque lo stessocanto poetico. Onde annodare questa prima parte del viaggio al transito nel Purgatorio,si ode, parodisticamente in apertura del Canto XXXIV, l’intonazione dell’inno Vexillaregis prodeunt, rivolto qui in maniera dissacrante a Lucifero. Gli incipit dei salmi e dellepreghiere formeranno poi uno straordinario corpus di canti nella montagna del Purgato-rio, unitamente alle citazioni di alcune canzoni d’amor cortese, come avviene nel corsodell’incontro di Dante con il musico Casella che “sì dolcemente, / che la dolcezza ancordentro mi sona” intona la canzone Amor che nella mente mi ragiona.Intonata a una voce sola, nel procedere monodico del canto gregoriano, dai gruppi dianime nel loro comune percorso di espiazione dei peccati, tale copiosa rassegna musicalesi apre significativamente con il salmo In exitu Israel de Aegypto, che meglio di tuttiraffigura tale processo di liberazione dalla schiavitù spirituale. Ancora una volta, in pros-simità dell’avvenuta purificazione, il canto muta, divenendo ora polifonico, anticipazionedella visione d’insieme del Paradiso in cui la verità si fa sinfonica, candida rosa dei beatiognuno presente per la ricchezza della propria vita, ma allo stesso tempo facente partedello splendore della vita che non conosce tramonto e della visione di Dio. “La novitàdel suono” si trasforma infatti quale figura della grande armonia cosmica, come avvienesoprattutto nei canti X-XIV del cielo del Sole e delle anime sapienti che offrono a Dante,coinvolgendolo direttamente, una danza musicale a canone che da un lato rimanda al-l’antica espressione dell’euritmia classica e dall’altro tende alle “novità” polifonichedella nascente Ars Nova e del ricchissimo Trecento musicale che il poeta mostra di co-noscere sia nel loro aspetto strutturale-musicale, sia nel loro denso significato e simbo-lismo teologico. Suono e lume oltrepassano la comprensibilità e “sopportabilità” terrenadi queste sensazioni proprio a indicarne che se lì furono il frammento del Tutto, ora sonola stessa compiutezza della Bellezza per cui nel canto XXI la “dolce sinfonia di paradiso”tace di fronte a Dante, impreparato a sopportarne il suono, per poi riprendere nella teodiadi Davide (canto XXV) e divenire in seguito “cantilena” di estrema dolcezza dell’Amore-Caritas, un probabile canon perpetuus a tre voci nel canto XXVIII come suggerisconoi versi seguenti: “L’altro ternaro ... / perpetualmente ‘Osanna’ sberna / con tre melode,che suonano in tree / ordini di letizia ...”, figura musicale della candida rosa dei beati cuisi contrappongono, o meglio si uniscono, la finale “Ave Maria” dell’angelo Gabriele(canto XXXII) che introduce la celeberrima preghiera alla Vergine Madre di san Ber-nardo nella quale è il testo stesso che si fa musica nel Suono che non conosce tramonto,dopo - lo ripetiamo - una straordinaria e coerente partitura, un ampio e articolato ma

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unico grande gesto di inesorabile “crescendo” strutturalmente ineccepibile, allo stessotempo traboccante e donante l’eccesso sovrarazionale dell’Amore Infinito.

Tracciamo ora solo alcuni elementi esemplificativi partendo dalla prima cantica nellaquale l’assenza di musiche è abbondantemente supplita dalla ricca musicalità della poesiache non riguarda il tema di queste rapide e poche riflessioni ma che fonda comunque laCommedia, tra l’altro, quale straordinaria partitura sinfonica. Concentriamoci ad esempio sui versi 61-65 del canto I:

Mentre ch’i’ rovinava in basso loco,dinanzi alli occhi mi si fu offertochi per lungo silenzio parea fioco.Quando vidi costui nel gran diserto,“Miserere di me” gridai a lui

Due sono gli elementi musicali: il “lungo silenzio” relativo letteralmente alla distanzatemporale con l’esistenza di Virgilio, ma anche significativa e suggestiva pausa coronatadella partitura, la prima di tante altre “attese” trepidanti e misteriose, e la citazione del“Miserere”, in volgare e non in latino per non scoprire se non a tempo debito questacarta (Purgatorio, canto V e Paradiso, canto XXXII, 11-12), ma allo stesso tempo primaevocazione di un salmo, poi ripreso, e quindi indice di un termine rientrante nella sferamusicale, cui segue con immediatezza la sua indicazione “esecutiva” di grido, che neanticiperà ben tanti altri specie qui in Inferno. Troveremo questi poli estremi (silenzio egrido) anche in Paradiso al canto XXI, mentre il silenzio assumerà poco alla volta con-notazioni sempre più positive, dapprima, in Purgatorio, come “contrappunto” della me-lodia con la polifonia e poi, in Paradiso, come pienezza, vero e proprio “silenzio bianco”racchiudente ogni suono.Anche la ripetuta invocazione alle muse all’inizio di ogni cantica è a dimostrazione diun sostegno non solo mnemotecnico e d’ispirazione poetica, ma musicale nel compi-mento del viaggio, oltre che di una sintesi tra l’antico mondo classico e quello cristiano-medievale, entrambi facenti parte del grande progetto universale di Vita della Commediadi cui Dante è autore e attore allo stesso tempo.La seconda metà del canto V, una delle pagine poeticamente e umanamente più intensenel dialogo tra il poeta e Francesca si avvale di un verbo invece neutro, “dire”, poiché èimpossibile “cantare” un amore appassionato ma destinato alla morte con suggestionidi espressiva musicalità in un regno nel quale le anime, secondo la visione di San Bo-naventura, sono solamente umbrae, ma ugualmente s’insinua in esso la dolcezza (“altempo de’ dolci sospiri”) qui della passione d’amore, poi della purificazione in Purgatorio(“Asperges me, sì dolcemente udissi”, canto XXXI, 97), per divenire infine Leitmotivdello stesso Amore-Caritas in Paradiso.Alla fine dell’Inferno (canto XXXI, 58-60) troviamo la condensazione di tutte le prece-denti immagini rumoristiche nella sproporzionata e cacofonica figura sonora del gigante

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informe Nembrot, una massa confusa di membra e di suoni, che si esprime in manieraincomprensibile nel seguente labirinto linguistico degno di Joyce:

“Raphèl maì amècche zabì almi” cominciò a gridar la fiera bocca, cui non si convenia più dolci salmi.

Anticipato, ex contrario, dal Vexilla già ricordato, il Purgatorio è uno straordinario innario- arricchito da alcune preghiere - che riepiloghiamo nel seguente schema e che si aprenel canto II in cui il primo salmo si contrappunta ancora con la distrazione profana questavolta non più della passione, ma della ragione, cantata da Casella sul testo di “Amor chenella mente mi ragiona”:

Purg. II, 46-47 “In exitu Israel de Aegypto” / cantavan tutti insieme ad una vocePurg. V, MisererePurg. VII, 79-84, Salve, ReginaPurg. VIII, 1-15, Te lucis ante terminum (sì devotamente / le uscìo di bocca e con sì dolcinote) Purg. IX, 140, Te Deum laudamusPurg. X, 44, Ecce ancilla DeiPurg. XI, Padre nostroPurg. XII, 110, beati pauperes spirituPurg. XVI, 19, Agnus DeiPurg. XX, 136-140, Gloria in excelsis tutti Deo / diceanPurg. XXIII, 11, Labia mea, DominePurg. XXV, 121-122, Summae Deus clementiaePurg. XXVII, 8 e 58, Beati mundo corde e Venite, benedicti Patris meiPurg. XXIX, 1-3: Cantando come donna innamorata / continuò col fin di sue parole:/“beati quorum tecta sunt peccata”

Giungendo però verso il termine del cammino penitenziale si affacciano prima Lia (cantoXXVII, 99, cogliendo fiori e cantando), poi (canto XXVIII, 37-41) “una donna solettache si gia / e cantando e scegliendo fior da fiore”, anticipando l’immagine della candidarosa, ma anche la citazione tratta dal sesto libro dell’Eneide (“Manibus, oh, date liliaplenis!”), omaggio a Virgilio in procinto di congedarsi al termine della sua missione,immediatamente dopo l’intonazione del “Veni sponsa, de Libano” che allude festosa-mente all’apparizione di Beatrice e che successivamente nello stesso canto XXX porteràDante ad ascoltare le “dolci tempre” degli angeli intonanti “In te Domine, speravi”.Siamo oramai immersi nel secondo “nodo”, quello con il terzo regno inaccessibile alpoeta latino, e una nuova e fondamentale anticipazione musicale - dopo la purificazionesempre condotta dagli angeli con l’intonazione del salmo “Asperges me” (canto XXXI)- avviene nell’incipit del Canto XXXIII:

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Arvo Pärt

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“Deus, venerunt gentes”, alternando or tre or quattro dolce salmodia, le donne incominciaro, ...

Potrebbe semplicemente trattarsi di due cori ognuno all’unisono, rappresentanti l’uno letre virtù teologali e l’altro le quattro virtù cardinali, ma preferiamo la lectio difficiliorche ci permette di interpretare l’anticipazione del canto a più voci che avrà luogo in tuttoil Paradiso. Infatti, terminato il cammino di purificazione, le anime, sempre secondo la visione diSan Bonaventura, non si presenteranno più come resonantiae (per cui si percepiva l’an-tico canto monodico gregoriano), ma spiriti eletti del Paradiso e come tali picturae chepossono esprimere il canto nuovo della polifonia, figura della sinfonica perfezione, cheriordina e si contrappunta al cacofonico disordine dell’Inferno.

Dopo la specifica invocazione ad Apollo e il racconto della sua sfida con Marsia (cantoI, 13-21), Dante annuncia a chiare lettere “la novità del suono e ‘l grande lume” (cantoI, 82) che accendono in lui un desiderio inenarrabile proprio di chi riesce a compierel’esperienza del “trasumanar”, mentre il primo canto che incontriamo è l’intonazione,non facile ad essere percepita da parte di Dante, dell’Ave Maria condotta dall’anima diCostanza d’Altavilla; non sarà l’unica volta in cui si innalzerà la lode mariana, mentrenel corso di tutto il Paradiso “dobbiamo continuamente suscitare in noi l’immagine ilpiù possibile intensa e concreta di questo canto, di questo oceano spirituale di musica,se vogliamo intenderne a fondo la poesia. Cantare e gridare: sino alla intensità di quelgrido terribile che farà svenire Dante” (Carlo Sini). La grandiosità della polifonia è poi annunciata al termine del canto VI che introducecosì l’Osanna di inizio canto VII nel quale Dante non si limita, come nei precedentisalmi a citare un solo verso, ma occupa l’intera terzina a sottolineare lo spessore anchepolifonico e decisamente più solenne di un canto ora eterno e non più in progress, pro-cessionale, ma qui unito al movimento di danza, in una sorta di perfetta e quindi eternaeuritmia:

Diverse voci fanno dolci note;così diversi scanni in nostra vitarendon dolce armonia tra queste rote.

“Osanna, sanctus Deus sabaòth,superilustrans claritate tuafelices ignes horum malacòth!”Così, volgendosi a la nota sua,fu viso a me cantare essa sustanza,sopra la qual doppio lume s’addua;ed essa e l’altre mossero a sua danza,

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e quasi velocissime favillemi si velar di sùbita distanza.

Cominciano così a delinearsi movimenti ora più ora meno ampi della danza, più o meniintensi della luce e più o meno veloci del canto che delineano il procedere sonoro dellanascente ars nova che Dante avrà senz’altro conosciuto benissimo. Altra suggestiva esignificativa immagine polifonica ritroviamo nel successivo canto VIII (16-21):

E come in fiamma favilla si vede,e come in voce voce si discerne,quand’ una è ferma e l’altra va e riede,vid ‘io in essa luce altre lucernemuoversi in giro più e men correnti,al modo, credo, di lor viste interne.

Siamo nel Cielo di Venere e abbiamo di fronte un bellissimo esempio di cantus firmuscon una voce ad ampi valori sulla quale l’altra esegue le proprie figurazioni melismatiche,mentre passando nel Cielo del Sole riceviamo, in linea di sviluppo con quella di astro-nomia all’inizio del canto X, una grande lezione di musica “delle sfere” che ci accom-pagna fino al canto XIV con la danza dei tre circoli di beati che rappresentanorispettivamente il moto giornaliero impartito dal Primo Mobile al Sole e ai pianeti, ilmovimento - nell’immagine del secondo circolo riflessa a quella del primo - lungo l’eclit-tica in direzione opposta e infine, nel terzo cerchio, il terzo moto delle sfere celesti chepuò appena essere percepito.

Io vidi più folgór vivi e vincentifar di noi centro e di sé far corona,più dolci in voce che in vista lucenti:

e nel suo giro tutta non si volseprima ch’un’altra di cerchio la chiuse,e moto a moto e canto a canto colse;canto che tanto vince nostre muse

E sì come al salir di prima seracomincian per lo ciel nove parvenze,sì che la vista pare e non par vera,parvemi lì novelle sussistenzecominciare a vedere, e fare un girodi fuor de l’altre due circunferenze.

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Se poi si aggiunge che all’interno del canto X troviamo le anime di Salomone (autoreipotizzato del Cantico dei Cantici) e di Boezio (il principale teorico musicale all’albadel medioevo), nonché il ricorrere dei numeri “quarta”, “quinta” e “ottava” riferiti ri-spettivamente il primo all’intera famiglia degli spiriti sapienti e gli altri due a Salomonee a Boezio, allora non ci resta che ritenere questo Canto come uno dei più ricchi musi-calmente oltre che intellettualmente, nell’evidente allusione agli analoghi intervalli fon-damentali nella struttura dell’organum medievale.Il disegno che poi si delineerà dei tre cerchi evidenzia la conoscenza (o perlomeno lastraordinaria intuizione) da parte di Dante di un canone circolare, cioè perpetuo con unavoce a moto contrario, basato sul cantus firmus rappresentato dalle figure centrali diDante e Beatrice; una modernità unica confermata anche dalla successiva citazione del-l’orologio che chiude il canto a sottolineare come la Bellezza musicale del Paradiso nonsia solo calcolo e circolare armonia delle sfere, ma eccesso di dolcezza dato dalla con-templazione eterna e dallo stupore per Dio Amore:

Indi, come orologio che ne chiamine l’ora che la sposa di Dio surgea mattinar lo sposo perché l’ami,che l’una parte e l’altra tira e urge,tin tin sonando con sì dolce nota,che ‘l ben disposto spirto d’amor turge;così vid’ ïo la gloriosa rotamuoversi e render voce a voce in temprae in dolcezza ch’esser non pò notase non colà dove gioir s’insempra.

Il finale di canto XIV ci trasporta in un altro innovativo settore, quello della musica stru-mentale (viola e arpa), considerata qui non nella sua accezione di bassa pratica, bensì,nella similitudine della musica assoluta con le trame vocali, per cui i disegni melodiciche tracciano gli strumenti aiutano il poeta a comprendere il significato del canto, ovveroi due fondamentali elementi della Resurrezione e della Vittoria di Cristo sulla morte:

E come giga e arpa, in tempra tesadi molte corde, fa dolce tintinnoa tal da cui la nota non è intesa,così da’ lumi che lì m’apparinnos’accogliea per la croce una melodeche mi rapiva, sanza intender l’inno.Ben m’accors’ io ch’elli era d’alte lode,però ch’a me venìa “Resurgi” e “Vinci”come a colui che non intende e ode.

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Charles Ives

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Il corso del cammino per Dante, ancora uomo, diviene sempre più difficoltoso dovendocontrastare la propria natura terrena con l’attraversamento dei diversi cieli verso Dio percui i suoni sempre più complessi diverranno per lui inaccessibili per sopportazione acu-stica, ma anche perché destinati solo a coloro che avranno definitivamente compiuto ilpellegrinaggio eterno. Dante si sorprende come nel Cielo di Saturno si taccia “la dolcesinfonia di paradiso, / che giù per l’altre suona sì divota” (canto XXI, 59-60), ma al ter-mine ottiene una conferma a che cosa significherebbe per lui questo piano sonoro:

A questa voce vid’ io più fiammelledi grado in grado scendere e girarsi,e ogne giro le facea più belle.Dintorno a questa vennero e fermarsi,e fero un grido di sì alto suono,che non potrebbe qui assomigliarsi;né io lo ‘ntesi, sì mi vinse il tuono.

Se da un lato siamo in una sorta di ideale rispecchiamento di Inferno (specialmente peril tema qui affrontato dalle anime contro i prelati corrotti e degeneri), dall’altro Dante,ipotizzando una gamma sonora ben più estesa di quella esistente nel Trecento, va benoltre, manifestando una chiara consapevolezza che ciò che ancora non esiste potrà esi-stere. Questa ulteriore esplorazione di nuove melodie e nuova ricchezza sonora, nellaconvinzione non solo del loro splendore celeste, ma anche delle possibili evoluzioni dellinguaggio musicale in continuo divenire, proprio all’alba del XIV secolo, porta Dantea ribadire nel canto XXIII una dolcezza melodica mai udita (nella perfezione circolare,ma solistica e non polifonica a indicare l’unicità della figura verginale paragonata allastessa struttura sonora) con la quale si apre un nuovo canto a Maria, quello pasquale del‘Regina celi’:

Qualunque melodia più dolce suonaqua giù e più a sé l’anima tira,parrebbe nube che squarciata tona,comparata al sonar di quella liraonde si coronava il bel zaffirodel quale il ciel più chiaro s’inzaffira.Così la circulata melodiasi sigillava, e tutti li altri lumifacean sonare il nome di Maria.

Congegno meccanico dell’orologio, moto dei pianeti e polifonia su cantus firmus con-vivono e si fondono nel ribadire la bellezza circolare nel canto XXIV, mentre al terminedel successivo si innalza, sempre nel canto, la professione di fede con San Pietro; nelcanto XXV è presente invece il “sommo cantor” David, per il quale Dante conia il neo-

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logismo “tëodia”, cioè canto di lode a Dio, mentre l’incipit del canto XXVII è nuova-mente strutturato coralmente e, confermando la lode a Dio Trinità, si indirizza verso ilPunto Omega del viaggio del poeta e verso l’Unità totale della Gerusalemme Celeste:

‘Al Padre, al Figlio, a lo Spirito Santo’,cominciò ‘gloria!’, tutto ‘l paradiso,sì che m’inebrïava il dolce canto.

A esso si contrappunta un ulteriore canto polifonico a tre voci, eseguito dagli ordini an-gelici, che non conosce tramonto, ma si innalza in eterno (canto XXVIII, 115-120):

L’altro ternaro, che così germogliain questa primavera sempiternache notturno Arïete non dispoglia,perpetüalmente ‘Osanna’ sbernacon tre melode, che suonano in treeordini di letizia onde s’interna.

Si giunge infine al canto solistico dell’arcangelo Gabriele che ancora intona (cantoXXXII, 94-99) la preghiera a Maria - poi innalzata nella straordinaria orazione “VergineMadre” da San Bernardo nel successivo canto finale - contrappuntata coralmente daglialtri beati, e quindi in una nuova “forma” musicale di questa “cantilena”, termine diestrema raffinatezza che solamente ora compare nel vocabolario di Dante a individuareuna dimensione di dolce splendore che non conosce fine e che come tale conclude l’iti-nerario dell’enciclopedia musicale della Commedia che, solo per pochi esempi, abbiamoappena evidenziato:

e quello amor che primo lì discese,cantando ‘Ave, Maria, gratïa plena’,dinanzi a lei le sue ali distese.Rispuose a la divina cantilenada tutte le parti la beata corte,sì ch’ogne vista sen fé più serena.

Eccoci oramai giunti al termine dell’itinerario di Dante e alla visione di Dio cui repen-tinamente segue il venire meno dell’”alta fantasia”, ma assolutamente non viene a man-care l’ardore di desiderio de “l’amor che move il sole e l’altre stelle” che Dante autoree attore del suo poema consegna oggi a noi grazie alla sua straordinaria e completa par-titura della Vita che non conosce tramonto e che ancora ci stupisce anche per le intuizionidi nuove trasformazioni e processi musicali che Dante riuscì a cogliere e che sarebberopoi proliferati in diversissimi modi nel corso della Storia.

Giuseppe Fagnocchi- 21 -

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Fantasia n. 2in la minore (per flauto)Grave - Vivace - Adagio - Allegro

Fantasia n. 10 in fa# minore (per trombone)A tempo giusto - Presto - Moderato

Sonata metodica n. 1in sol minore (per flauto e basso continuo)Adagio - Vivace - Grave - Allegro

Fantasia n. 8 in mi minore (per violino)Piacevolmente - Spirituoso - Allegro

Sonata a due n. 6in la minore (per due contrabbassi)Vivace - Soave - Allegro assai

Canone a treCanone a quattro

1 ottobre 2017domenica

ore 11.00

musiche interpretiMetodo e Fantasia nell’opera di Georg Philipp Telemann (1681-1767)

A l’alta fantasia qui mancò possa

Damiano Rizzato flautoTommaso Piron tromboneKim Joel violinoRiccardo Mazzoni contrabbassoMatteo Zabadneh contrabbasso

lettoreLeonardo Bologna

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‘Te lucis ante’ sì devotamentele uscìo di bocca e con sì dolci note,che fece me a me uscir di mente;e l’altre poi dolcemente e devoteseguitar lei per tutto l’inno intero,avendo li occhi a le superne rote.Purgatorio, Canto VIII, 13-18

Indi, come orologio che ne chiamine l’ora che la sposa di Dio surgea mattinar lo sposo perché l’ami,che l’una parte e l’altra tira e urge,tin tin sonando con sì dolce nota,che ‘l ben disposto spirto d’amor turge;così vid’ ïo la gloriosa rotamuoversi e render voce a voce in temprae in dolcezza ch’esser non pò notase non colà ove gioir s’insempra.Paradiso, Canto X, 139-148

Sì tosto come l’ultima parolala benedetta fiamma per dir tolse,a rotar cominciò la santa mola;e nel suo giro tutta non si volseprima ch’un’altra di cerchio la chiuse,e moto a moto e canto a canto colse;canto che tanto vince nostre muse,nostre serene in quelle dolci tube,quanto primo splendor quel ch’e’ refuse.Paradiso, Canto XII, 1-9

Quell’ uno e due e tre che sempre vivee regna sempre in tre e ‘n due e ‘n uno,non circunscritto, e tutto circunscrive,tre volte era cantato da ciascunodi quelli spirti con tal melodia,ch’ad ogne merto saria giusto muno.Paradiso, Canto XIV, 28-33

O Padre nostro, che ne’ cieli stai,non circunscritto, ma per più amorech’ai primi effetti di là sù tu hai,laudato sia ‘l tuo nome e ‘l tuo valoreda ogne creatura, com’ è degnodi render grazie al tuo dolce vapore.Vegna ver’ noi la pace del tuo regno,ché noi ad essa non potem da noi,s’ella non vien, con tutto nostro ingegno.Come del suo voler li angeli tuoifan sacrificio a te, cantando osanna,così facciano li uomini de’ suoi.Purgatorio, Canto XI, 1-12

Qual è ‘l geomètra che tutto s’affigeper misurar lo cerchio, e non ritrova,pensando, quel principio ond’elli indige,tal era io a quella vista nova:veder voleva come si convennel’imago al cerchio e come vi s’indova;ma non eran da ciò le proprie penne:se non che la mia mente fu percossada un fulgore in che sua voglia venne.A l’alta fantasia qui mancò possa;ma già volgeva il mio disio e ‘l velle,sì come rota ch’igualmente è mossa,l’amor che move il sole e l’altre stelle.Paradiso, Canto XXXIII, 133-145

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Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)Adagio - Allegrodal Quartetto per flauto e archi in re maggiore K 285

Samuel Barber (1910 - 1981)Adagio per quartetto d’archi

Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)Allegrodal Quartetto per oboe e archi in fa maggiore K 370

Charles Ives (1874 - 1954)The Unanswered Question

Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)Allegrodal Quintetto per clarinetto e archi in la maggiore K 581

8 ottobre 2017domenica

ore 11.00

musiche interpreti

Laborintus

Damiano Rizzato flautoVeronica Rodella flautoMarta Zese oboeStefano Borghi clarinettoGabriele Romani trombaValentina Borgato violinoElena Spremulli violinoFrancesca Milani violaMarina Pavani violoncello

lettriceCaterina Nale

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Nel mezzo del cammin di nostra vitami ritrovai per una selva oscura,ché la diritta via era smarrita.…Io non so ben ridir com’i’ v’intrai,tant’era pien di sonno a quel puntoche la verace via abbandonai.…Mentre ch’i’ rovinava in basso loco,dinanzi alli occhi mi si fu offertochi per lungo silenzio parea fioco.Quando vidi costui nel gran diserto,“Miserere di me” gridai a lui,“qual che tu sii, od ombra od omo certo”!…“Or se’ tu quel Virgilio e quella fonteche spandi di parlar sì largo fiume?”rispuos’io lui con vergognosa fronte.“O delli altri poeti onore e lumevagliami ‘l lungo studio e ‘l grande amoreche m’ha fatto cercar lo tuo volume.Tu se’ lo mio maestro e ‘l mio autore;tu se’ solo colui da cu’ io tolsilo bello stilo che m’ha fatto onore”.Inferno, Canto I, 1-3; 10-12; 61-66; 79-87

E così qui io sono, nel mezzo del camminoio che ho avuto in sorte vent’anni - ven-t’anniampiamente guastati, gli annidell’entre deux guerres - cercandodi imparare a usare parole, e ogni tentativoè un ripartire proprio da capo e un generediversodi fallimento, perché si è appreso soltanto a usare al meglio le parole per quello

che non si ha più da dire, o nel modo in cuinon si è più disposti a dirlo.Thomas Stearns Eliot, East Coker, V, 1-10

Io sentia voci, e ciascuna parevapregar per pace e per misericordial’Agnel di Dio che le peccata leva.Pur ‘Agnus Dei’ eran le loro essordia;una parola in tutte era e un modo,sì che parea tra esse ogne concordia.“Quei sono spirti, maestro, ch’i’ odo?”,diss’io. Ed elli a me: “Tu vero apprendi,e d’iracundia van solvendo il nodo”.Purgatorio, Canto XVI, 16-24

Casa è il luogo onde si parte. A mano amanoche diventiamo più vecchi, il mondodiventa più strano, la trama più complicatadi morti e di viventi. Non il momento in-tensoisolato, senza prima né poima una vita che brucia in ogni momentoe non la vita di un uomo soltantoma di vecchie pietre che non si possonodecifrare.Thomas Stearns Eliot, East Coker, V, 30-37

Quale errante labirinto, qual biancorecieco di splendore sarà la mia sortequando la fine di questa avventura mi daràla curiosa esperienza della morte?Voglio bere il suo cristallino Oblio,essere per sempre, ma non essere stato.Jorge Luis Borges, da Los Enigmas(Gli enigmi)

O voi che siete in piccioletta barca,desiderosi d’ascoltar, seguitidietro al mio legno che cantando varca,tornate a riveder li vostri liti:non vi mettete in pelago, ché forse,perdendo me, rimarreste smarriti.L’acqua ch’io prendo già mai non sicorse;Minerva spira, e conducemi Apollo,e nove Muse mi dimostran l’Orse.Paradiso, Canto II, 1-9

O viaggiatori, o uomini del mareo voi che giungete al portoe voi che il vostro corposoffrirà la prova e il giudizio del mareo qualsiasi evento, è questala vostra reale destinazione.… Non buon viaggioma avanti, viaggiatori.Thomas Stearns Eliot, The Dry Salvages, III, 61-66; 69-70

musicapoesiae

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Arvo Pärt (1935)Spiegel im Spiegel (1978)

Heinrich Ignaz Franz Biber (1644-1704)Passacaglia in sol minore “l’Angelo Custode”(dalle Sonate del Rosario)

Eugène Ysaÿe (1858-1931)Obsession(Prelude: poco vivace)dalla Sonata per violino solo op. 27 n. 2 “Jacques Thibaud”

Johann Sebastian Bach (1685-1750) Adagio - Fuga. Allegrodalla Sonata n. 1 in sol minore BWV 1001

Arvo Pärt (1935)Fratres (1980)

15 ottobre 2017domenica

ore 11.00

musiche interprete

E come specchio l’uno a l’altro rende

Elisa Spremulli violino

lettriceLaura Bellinato

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musicapoesiae

È strano che ci siano sogni, che ci sianospecchi,che l’usuale e consumato repertoriodi ogni giorno includa l’illusorioorbe profondo che ordiscono i riflessi.Dio (ho pensato) mette molta curain tutta quell’inafferrabile architetturache la luce edifica con la limpidezzadel cristallo e l’ombra con il sogno.Dio ha creato le notti che si armanodi sogni e le forme dello specchioperché l’uomo senta che è riflessoe vanità. Per questo ci allarmano.Jorge Luis Borges, da Los espejos (Gli specchi)

Perché persisti, incessante specchio?Perché duplichi, misterioso fratello,il minimo movimento della mia mano?…Quando sarò morto, copierai un altroe poi un altro, un altro, un altro, un altro…Jorge Luis Borges, da Al espejo (Allo specchio)

Sovra questo tenëa ambo le piantel’angel di Dio sedendo in su la sogliache mi sembiava pietra di diamante.Per li tre gradi sù di buona vogliami trasse il duca mio, dicendo: “Chiedi

umilmente che ‘l serrame scioglia”.Divoto mi gittai a’ santi piedi;misericordia chiesi e ch’el m’aprisse,ma tre volte nel petto pria mi diedi.Sette P ne la fronte mi descrissecol punton de la spada, e “Fa che lavi,quando se’ dentro, queste piaghe” disse.…Io mi rivolsi attento al primo tuono,e ‘Te Deum laudamus’ mi pareaudire in voce mista al dolce suono.Tale imagine a punto mi rendeaciò ch’io udiva, qual prender si suolequando a cantar con organi si stea;ch’or sì or no s’intendon le parole.Purgatorio, Canto IX, 103-114; 139-145

C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati,

la bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto.Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi,

egli vede una sola catastrofe, che accumula senza treguarovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi,

destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso,che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può più chiuderle.

Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro,a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui nel cielo.

Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta.

Walter Benjamin, da Tesi di filosofia della storia, 9

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Gioacchino da Fiore, Liber figurarum

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E come giga e arpa, in tempra tesadi molte corde, fa dolce tintinnoa tal da cui la nota non è intesa,così da’ lumi che lì m’apparinnos’accogliea per la croce una melodeche mi rapiva, sanza intender l’inno.Ben m’accors’ io ch’elli era d’alte lode,però ch’a me venìa “Resurgi” e “Vinci”come a colui che non intende e ode.Paradiso, Canto XIV, 118-126

“e dì perché si tace in questa rotala dolce sinfonia di paradiso,che giù per l’altre suona sì divota”.“Tu hai l’udir mortal sì come il viso”,rispuose a me; “onde qui non si cantaper quel che Bëatrice non ha riso”.…Dintorno a questa vennero e fermarsi,e fero un grido di sì alto suono,che non potrebbe qui assomigliarsi;né io lo ‘ntesi, sì mi vinse il tuono.Paradiso, Canto XXI, 58-63; 139-142

E come in fiamma favilla si vede,e come in voce voce si discerne, quand’una è ferma e altra va e riede,vid’io in essa luce altre lucernemuoversi in giro più e men correnti,al modo, credo, di lor viste interne.Paradiso, Canto VIII, 16-21

L’altro ternaro, che così germogliain questa primavera sempiternache notturno Arïete non dispoglia,perpetüalmente ‘Osanna’ sbernacon tre melode, che suonano in treeordini di letizia onde s’interna.Questi ordini di sù tutti s’ammirano,e di giù vincon sì, che verso Diotutti tirati sono e tutti tirano.Paradiso, Canto XXVIII, 115-120; 126-129

E come clivo in acqua di suo imosi specchia, quasi per vedersi addorno,quando è nel verde e ne’ fioretti opimo,sì, soprastando al lume intorno intorno,vidi specchiarsi in più di mille sogliequanto di noi là su fatto ha ritorno.E se l’infimo grado in sé raccogliesì grande lume, quanta è la larghezzadi questa rosa ne l’estreme foglie!La vista mia ne l’ampio e ne l’altezzanon si smarriva, ma tutto prendevail quanto e ‘l quale di quella allegrezza.Presso e lontano, lì né pon né leva:ché dove Dio senza mezzo governa,la legge natural nulla rileva.Paradiso, Canto XXX, 109-123

E quanta gente più là su s’intende,più v’è da bene amare, e più vi s’ama,e come specchio l’uno a l’altro rende.Purgatorio, Canto XV, 73-75

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Ouverture 1740 Allegro assai-Adagio-Andante e piano-presto finale

Trio Sonata n. 1 in si minoreAllegro-Adagio-Gavotta

Concerto a cinque n. 12 in la maggioreAllegro-Largo-Allegro

Trio Sonata n. 2 in la minoreAllegro-Grave-Presto e Spiccato

Concerto a cinque n. 14 in la maggioreAllegro-Grave-Presto

29 ottobre 2017domenica

ore 11.00

musiche interpretiI frammenti dell’immaginifico baroccoTommaso Paolo Alberghi (Faenza 1716 - ivi 1785)Violinista alla Scuola delle Nazioni di Tartini

Di lor dover solvendo il nodo

Collegium Musicum VenezzeConcertatore e violino principale:Federico Guglielmo

Federico Guglielmo violinoValentina Borgato violinoClaudia Lapolla violinoElena Spremulli violinoKim Joel violinoAlice Bettiol violinoRiccardo Martignago violino

Simone Laghi violaFrancesca Milani viola

Riccardo Giovine violoncelloMarina Pavani violoncello

Enrico Benà contrabbassoMatteo Zabadneh contrabbasso

Roberto Loreggian clavicembaloCesare Baldo clavicembaloAlessandro De Checchi clavicembalo

lettriceAnna Tesi

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“Ma fu’ io solo, là dove soffertofu per ciascuna di tòrre via Fiorenza,colui che la difesi a viso aperto”.“Deh, se riposi mai vostra semenza”prega’ io lui, “solvetemi quel nodoche qui ha inviluppata mia sentenza.El par che voi veggiate, se ben odo,dinanzi quel che ‘l tempo seco adduce,e nel presente tenete altro modo”.Inferno, Canto X, 91-99

Ed ecco piangere e cantar s’udìe‘Labïa mëa, Domine’ per modotal, che diletto e doglia parturìe.“O dolce padre, che è quel ch’i’ odo?”,comincia’ io; ed elli: “Ombre che vannoforse di lor dover solvendo il nodo”.Purgatorio, Canto XXIII, 10-15

O somma luce che tanto ti levida’ concetti mortali, a la mia menteripresta un poco di quel che parevi,a fa la lingua mia tanto possente,ch’una favilla sol de la tua gloriapossa lasciare a la futura gente;ché, per tornare alquanto a mia memoriae per sonare un poco in questi versi,più si conceperà di tua vittoria....Thomas Stearns Eliot, East Coker, V, 1-10

Oh abbondante grazia ond’ io presunsificcar lo viso per la luce etterna,tanto che la veduta vi consunsi!Nel suo profondo vidi che s’interna,legato con amore in un volume,ciò che per l’universo si squaderna:sustanze e accidenti e lor costumequasi conflati insieme, per tale modoche ciò ch’i’ dico è un semplice lume.La forma universal di questo nodocredo ch’i’ vidi, perché più di largo,dicendo questo, mi sento ch’i’ godo.Paradiso, Canto XXXIII, 67-75; 82-93

Con la forza di questo Amore e la vocedi questa Chiamatanoi non cesseremo l’esplorazionee la fine di tutto il nostro esploraresarà giungere là onde partimmoe conoscere il luogo per la prima volta....Su presto, qui, ora, sempre -Una condizione di completasemplicità (che costanon meno di ogni cosa) e tuttosarà bene e ogni genere di cosesarà bene, quando le lingue di fuoco siincurvinonel nodo di fuoco incoronatoe il fuoco e la rosa siano uno.

Thomas Stearns Eliot, Little Gidding,V, 33-37; 47-54

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Giuseppe Tartini, Trattato di armonia (frontespizio)

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Gli Italiani fanno ogni suo studio di porre per lo più le bellezze della Composizione nella sola parte principale.La loro maniera di pensare è grande, spiritosa, espressiva, raffinata, e sublime;li loro pensieri sono ornati di canto, di allettamento, di tenerezza, di commozione, e di abbondanza d’invenzioni.

Johann Joachim Quantz, Versuch, 1752

È certo, che sono molti secoli da che si compone in armonia. È certo, che in tuttiquesti secoli non si è veduto un trattato, che dimostri i veri principi dell’armonia, eda questi deduca le regole del contrappunto. È certo, che scoperti finalmente questiprincipi, e dedotte le regole principali, com’ella ha veduto nel trattato, si trova chela pratica per puro sentimento ha colto intieramente nelle suddette regole principali.Bisogna dire, che la musica sia in noi congenita, e l’armonia sia molto analoga allaumana ragione. Il metodo da me usato è relativo al di lei comando. Ella ha voluto leragioni scientifiche della nostra pratica musicale, supposta la esistenza dell’armonia,e nulla più; ed io credo di esserne riuscito. Se poi giovi seguir il sentimento piuttostoche la scienza, o per lo contrario, io nol decido. Rifletto, bensì, che questo sentimentoè reale, questa scienza è reale. Son persuaso, che quando fosse pubblicamente nota,e coltivata, lo studio, il tempo, le ulteriori scoperte, e osservazioni produrrebbero fa-cilità maggiore congiunta a somma utilità in due rispetti. L’uno, che l’umano senti-mento appoggiato a vera scienza, e aiutato dalle cose fisiche inseparabili dallamedesima si spiegherebbe molto meglio, e si dilatarebbe molto più. L’altro, che siscuoprirebbe felicemente un giorno quale, e quanta sia la estensione della scienzafisico-armonica, di cui la nostra musica è una piccola parte. Molti uomini dotti, eprofondi si sono in diversi tempi interessati per la musica considerata in quel pro-spetto, che han creduto esser il legittimo; e a ragguaglio han detto, e dedotto cosevere, maravigliose, e degne di ogni lode. Ma quando fosse veduta in questo nuovoprospetto, che risguardo all’armonia io son convinto esser l’unicamente vero, e le-gittimo; ed uomini sì fatti si degnassero d’interessarvisi nuovamente, conoscerebberoassai meglio di me contenervisi cose molto maggiori, e di somma importanza. Replico dunque, che quando ella trovi vero il presente sistema in sé stesso, e in cia-scuna sua parte, ella avrà occasione rispetto al suo talento pronto, e profondo di de-durre per molti, e molti anni; ed io credo con ragione, ch’essendo ella giovane, iooramai vecchio, ella seguirà a dedurre, io non sarò più tra’ viventi.

Giuseppe Tartini, dal Trattato di musica secondo la vera scienza dell’armonia de-dicato all’amico e allievo, il conte Decio Agostino Trento (Padova, 1754).

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Edvard Grieg (1843 - 1907)Sonata n. 3 per violino e pianoforte in do minore op. 45 (1887)Allegro molto ed appassionatoAllegretto espressivo alla romanza - Allegro moltoAllegro animato - Cantabile - Prestissimo

Johannes Brahms (1833 - 1897)Scherzo(dalla Sonata F.A.E. per violino e pianoforte, 1853)

5 novembre 2017domenica

ore 11.00

musiche interpretiAlice Bettiol violinoGiuseppe Fagnocchi pianoforte

Ottocento, Europa e Nord

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Sia la Sonata n. 3 di Edvard Grieg, sia il movimento della Sonata F.A.E. composto da Johannes Brahms, evidenziano la volutaintenzione dei compositori romantici di delineare attraverso la musica assoluta, cioè essenzialmente strumentale, immagini dialtre espressioni artistiche - in primis la pittura - attraverso il ritratto di ambienti, momenti di vita quotidiana e persone con leproprie caratteristiche fisiche e interiori. Ciò per quanto riguarda il repertorio di Brahms per violino e pianoforte trova confermanelle citazioni del Regenlied utilizzato per la Sonata op. 78 nota appunto con l’appellativo “Regensonate”, ovvero “Sonata dellapioggia”, mentre riferimenti liederistici, spie della simpatia del compositore per Hermine Spies raffinata interprete del repertoriovocale brahmsiano, compaiono anche nella successiva Sonata op. 100; per il norvegese Grieg è ancora più semplice avvertire ilcostante riferimento alla musica popolare scandinava quale indiscussa fonte di ispirazione, poi incastonata nella grande forma-sonata del romanticismo mitteleuropeo, ma già proiettata nella drammaticità del passaggio dall’Ottocento al Novecento.

Nella Sonata n. 3 in do minore op. 45 di Grieg lo straordinario ritratto della natura naturata, ossia dell’immagine esteriore e tan-gibile del creato che s’incarna nella dolcezza melodica e nell’insistenza ritmica danzante di balli e canti popolari, tipico nellaprima sonata, ma anche il dramma personale del compositore per la morte a soli tredici mesi della figlioletta Alexandra cui è ide-almente “dedicata” la seconda sonata, è superato dall’“ossessione” della tragedia collettiva dell’umanità al tramonto del dician-novesimo secolo. Di profondo spessore drammatico e di amplissime proporzioni la Sonata op. 45 si avvale di continui contrastidi colore e di diversissime idee tematiche in uno spettro agogico e dinamico di rapida e travolgente variabilità, con una straordi-nariamente commovente isola lirica nella parte introduttiva del movimento centrale affidata al pianoforte solo. Luogo geometricofigurativo della Sonata può essere L’isola dei morti di Arnold Böcklin, un’epifania di irrazionale e onirico, di antica saga nordica,ma anche desiderio dell’uomo che si affaccia alla modernità di ritrovare la natura naturans, ovvero la volontà di una rinnovatafusione tra Uomo, Dio e Cosmo.La Sonata F.A.E. trae il suo nome dalle iniziali del motto Frei Aber Einsam (libero, ma solo) adottato dal celebre violinista JosephJoachim al quale tre compositori vollero dedicare, in soli dieci giorni, questo lavoro “sorpresa” distribuendosi i quattro movimentitra loro: a Robert Schumann furono assegnati l’Intermezzo e il Finale, ad Albert Dietrich il primo tempo e ad un Brahms appenaventenne lo Scherzo, che costruito su un soggetto di quattro note ribattute, è oggi il più noto di tutti i movimenti ed è entrato nellacomune prassi concertistica come pezzo singolo. L’idea dei tre amici era, presumibilmente, quella di descrivere un ritratto musicale di Joachim e del suo violinismo, mentre le ini-ziali del motto permettono, trattandosi di “lettere musicali” (F=fa; A=la; E= mi) nell’alfabeto musicale anglosassone, di offrirela cellula cardine del thema dell’ampia composizione, destinata ovviamente ad assumere diversi caratteri in ogni movimento. Irruente e impetuoso nello Scherzo, il movimento scritto da Brahms trova una contrastante oasi d’intimo lirismo nel dolcissimo“Trio” centrale in cui traspare chiaramente la citazione motivica F.A.E. tradotta in questo luogo nella sua espressione cantabile.

G.F.

musicapitturae

Un salotto borghese ove la conversazione “esce” oltre la siepe delle convenzioni,si volge alle finestre del paesaggio,ma anche delle confidenze intime e profonde degli interlocutori.

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musicapitturae

Johann Anton Eismann (Salisburgo, 1613 circa - Venezia, 1700 circa)

Marina con rovine classicheOlio su tela

Pinacoteca dell’Accademia dei Concordi

Relatrice Valeria Tomasi

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musicapitturae

Il dipinto è pervenuto all’Accademia nel 1912 per lascito testamentario della contessaMaria Venezze Giustinian, assieme alla Marina con Ponte Rotto e arco di Costantinodel vedutista friulano Luca Carlevarijs. Attribuito anch’esso a quest’ultimo, e cosìriportato anche nell’inventario e nelle guide, è datato da Rizzi al 1713-1714. L’opera,che si differenzia abbastanza nettamente dal suo pendant tanto da rendere insostitui-bile l’attribuzione a Carlevarijs, è invece ritenuta da Fantelli del pittore salisburgheseEismann.Questo artista, dopo essersi formato a Roma a contatto con artisti olandesi, attivi inItalia e chiamati ‘bamboccianti’ (J. Van Ossenbeeck e Jan Asselijin), e con SalvatorRosa dal quale assimilò il gusto per il paesaggio cosidetto ‘romantico’, fu lungamenteattivo a Venezia a partire dal 1644 e divenne punto di riferimento con le sue rappre-sentazioni di luoghi di fantasia, i ‘capricci’, per il vedutismo veneziano; ciò ha fattoipotizzare a Safarik (1976) che lo stesso Carlevarijs fosse stato suo allievo. In ognicaso questa marina è molto diversa dalle vedute di quest’ultimo, concepite quasi sem-pre come rappresentazioni di carattere obbiettivo e documentario.In questa opera di Eismann, che appare come una “veduta ideale” o di fantasia, sonoriscontrabili elementi riferibili alle vedute del pittore friuliano solo nell’impianto pro-spettico e scenografico: la rovina in primo piano a sinistra, che funge da quinta sce-nica, la grande fontana sormontata da una statua, l’arco trionfale romano a una volta,le figure di cavalieri, turchi, mercanti e facchini che animano il molo.

Alessia Vedova

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Hector Ayala (1914 - 1990)Serie americana per chitarra solaPreludioChoroTakirariGuaranyaTonadaValseGato y Malambo

Astor Piazzolla (1921 - 1992)Quartetto d’archi

Carlos Guastavino (1912 - 2000)Las Presencias n. 6 - Jeromita Linaresper chitarra e quartetto d’archi

12 novembre 2017domenica

ore 11.00

musiche interpretiMarco Colombo chitarraKim Joel violino IElena Spremulli violino IIFrancesca Milani violaMarina Pavani violoncello

Sudamerica!!

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musicapitturae

Senza vergogna, spigliatoguardavi in faccia e fierotango che fosti la gioiad’esser uomo per davvero.Tango che fosti felicecome sono stato anch’iosecondo quanto mi narra il ricordo o l’oblio.

Jorge Luis Borges

Il programma presenta un trittico di altrettanti compositori argentini del secolo scorso,dal chitarrista Hector Ayala, legato principalmente alla musica latino-americana e almondo del tango, ma autore anche di importanti metodi didattici e brani per chitarra dicui la Suite americana costituisce presumibilmente quello più celebre, ad Astor Piaz-zolla che non ha certo bisogno di presentazioni, per giungere a Carlos Guastavino, ilpiù accademico dei tre, legato alla tradizione nazionale argentina con numerosi trattidalle malinconiche venature romantiche. L’impianto del concerto mostra altresì la sintesi tra occidente e mondo latino-americano:i contenuti di quest’ultimo si inseriscono infatti nelle forme occidentali della Suite edella Sonata e il “padre” di entrambe le culture, come sosteneva Piazzolla, è JohannSebastian Bach il quale aveva elaborato le sue composizioni partendo dai materiali po-polari del suo periodo, così come lui stesso aveva fatto per il tango popolare al qualediede una nuova veste, quella del “nuevo tango” con nuovi strumenti e contaminazionicon altri stili. Ma del tango non può mai essere cancellata la sua originale dimensioneantropologica, quella che Jorge Luis Borges tracciò nei suoi versi di El Tango Poeta:

Dove saranno? Chiede l’elegia di quelli che non sono, come sevi fosse una ragione dove l’Ieripotesse essere Oggi, Ancora e Sempre.Dove saranno (io ripeto) i teppistiche fondarono in polverose stradedi terra o in dimenticati villaggila setta del coltello e del coraggio?Dove saranno quelli che passaronolasciando all’epopea un episodio,una favola al tempo, e che senz’odio,senza guadagno o amore si assalirono?Li cerco nella leggenda, nell’ultimabrace che, a modo d’una vaga rosa,serba qualcosa di quei coraggiosidei Corrales e di Balvanera.Quali vicoli oscuri o che desertonell’altro mondo abiterà la duraombra di quegli ch’era un’ombra oscura,Juan Muraña, il coltello di Palermo?

E quell’Iberra fatale (che i santilo perdonino) che ammazzò su un ponteil Ñato suo fratello, che ne avevauccisi più di lui, saldando i conti?Una mitologia di pugnalilentamente si annulla nell’oblio;una canzone di gesta s’è persain sordide notizie poliziesche.Un’altra brace, incandescente rosa,è nella cenere che li tramanda;son lì i superbi gli accoltellatorie il peso della daga silenziosa.Benché la daga ostile o un’altra lama,il tempo, li abbiano spenti nel fango,oggi, di là dal tempo e dall’infaustamorte, quei morti vivono nel tango.Nella musica stanno, nelle cordedella chitarra dal suono ostinatoche trama nella milonga felicela festa e l’innocenza del coraggio.

Gira nel vuoto la dorata ruotadi cavalli e leoni, e odo l’ecodei vecchi tanghi di Arolas e Grecoche vidi già ballare sulla strada.In un istante che emerge isolato,senza prima né poi, contro l’oblio,ed ha il sapore di ciò ch’è perduto,di quanto è stato perso e ritrovato.In quegli accordi sono antiche cose:l’altro cortile e l’intravista pergola(dietro le sue pareti sospettoseil Sud serba un pugnale e una chitarra).Questa raffica o sortilegio, il tango,gli affaticati anni sfida; e l’uomo,fatto di polvere e di tempo, durameno della leggera melodiache è solo tempo. Il tango crea un confusoirreale passato, forse vero,un assurdo ricordo d’esser morto,battendomi, a un cantone del sobborgo.

G.F.

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musicapitturae

Luca Carlevarijs (Udine, 1663 - Venezia, 1730)

Marina con Ponte Rotto e arco di CostantinoOlio su tela

Pinacoteca dell’Accademia dei Concordi

Relatrice Roberta Reali

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musicapitturae

Il dipinto è all’Accademia dal 1912 in seguito al legato della contessa Maria VenezzeGiustinian; nell’inventario e nelle guide è attribuito al pittore e incisore friulano LucaCarlevarijs e come tale è riconosciuto anche da tutta la critica.Si tratta di una rappresentazione “scenografica” di ampio respiro nella quale l’artista,conosciute le rigorose vedute ‘topografiche’ dell’olandese Gaspar van Wittel e ap-prezzato il gusto per l’elemento macchiettistico proprio di Pieter Van Laer, detto Bam-boccio, e degli altri “bamboccianti”, presenta un realismo antiretorico di venanarrativa, intensamente animato dal movimento delle figurine e delle imbarcazioni;in questo modo la veduta, pur nella saldezza dell’impianto prospettico-scenografico,risulta vivacizzata da una serie di piacevoli scenette. Il dipinto, dei primi anni del se-condo decennio del Settecento, riprende i temi presenti nelle “vedute ideali” o di fan-tasia: il ponte Rotto dell’Isola Tiberina, l’arco di Costantino riconoscibile per le trevolte, la città murata medievale con torri e cupole che digradano in lontananza, ilmolo con l’obelisco, animato da una folla di popolani, e in primo piano traghettatori,pastori e muli carichi di casse. Sotto un cielo luminoso e diafano, Carlevarijs fondeabilmente la precisa resa prospettica delle rovine e degli edifici con il gusto per lascenetta di genere, anticipando il significativo sviluppo del ‘vedutismo’ venezianodi Canaletto, Bellotto e Guardi.

Alessia Vedova

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19 novembre 2017domenica

ore 11.00

Tema e variazioni in la minoreda Nicolò Paganini (Capriccio n. 24) S 141 n. 6

da Années de pèlerinage, Première Année, Suisse:Au lac de Wallenstadt S 160, n. 2Au bord d’une source S 160 n. 4

Gran galop chromatique S 219

Réminiscences de Don Juan (dall’opera Don Giovanni K 527 di Wolfgang Amadeus Mozart) S 418

musiche interpreteFranz Liszt (1811 - 1886)“Il concerto sono io!”

Eunhye Anna Hong pianoforte

Pellegrinaggi nel tempo e nello spazio

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musicapitturae

Franz scrisse per meun’armonia malinconica,a imitazione del singhiozzodelle onde e del ritmo dei remi,che non ho mai potuto riascoltaresenza piangere.

Marie d’Agoult

Nella frescura che mormorala giovane naturainizia i suoi giochi.

Friedrich Schiller

Come avvenuto nel corso del primo concerto della rassegna siamo ancora una voltadi fronte a immagini musicali che si estendono oltre la sfera acustica della loro de-stinazione strumentale, in questo caso pianistica, per assumere connotazioni anche eforse principalmente ottiche. Così è per il Tema e variazioni costruito sul celebre Ca-priccio n. 24 di Paganini, dove la nuova tecnica violinistica sviluppata dal virtuosogenovese si traduce, anche visibilmente, sulla tastiera del pianoforte irta di enormidifficoltà tecniche al fine di renderla trascendentale e di grande impatto spettacolarenel pubblico sia sotto il profilo acustico sia sotto quello visivo: non dimentichiamo atale proposito che Liszt aveva affermato, tra l’altro, “Il concerto sono io” aprendo difatto la strada alla storia del grande recital pianistico (non più accademia con la par-tecipazione di altre figure di corollario ad un solista principale) di fronte ad un pub-blico a pagamento. È chiaro allora che occorreva stupire e soprattutto “riempire” lasala con le sonorità del pianoforte, i suoi duttili e cangianti colori, e suscitare nel pub-blico una vasta gamma di suggestioni, impressioni, immagini e sentimenti. Allo stu-pore per le prodezze “paganiniane” il programma alterna due successivi brani“acquatici” appartenenti invece ai quaderni di pellegrinaggio di un Liszt intento a fo-tografare - con il suo pianismo sviluppato a 360° - luoghi, opere d’arte figurative,testi letterari e musicali, dalla Svizzera e dall’Italia. Siamo quindi nuovamente in pre-senza del tentativo di tradurre in una vera e propria sinestesia i mormorii delle acquecon una nuova ricerca sonora del pianoforte questa volta non roboante, ma di raffinatae attenta ricerca timbrica che trae spunto dalle suggestioni del viaggiatore (richia-mando Goethe e i suoi Anni di pellegrinaggio di Wilhelm Meister, ma anche altriscrittori, quali Byron e Schiller che egli cita a volte come premessa ad alcuni pezzi).Un Liszt romantico pensatore dunque, che si contrappone intimamente allo spettacolopirotecnico che ritorna nel successivoGran galop chromatique e alla sintesi grandiosadi alcuni frammenti teatrali nelle evidenti “reminiscenze” del Don Giovanni in cuiinevitabilmente rivive in molti la memoria di un mondo fatto di personaggi ora abil-mente riassunti nella tastiera del pianoforte grazie al testo che Liszt ci ha tramandato,probabile traccia a posteriori di veri e propri ricordi mozartiani che egli avrà forseimprovvisato per i suoi ascoltatori, ora in un modo ora in un altro, nel corso dei suoirecital.

G.F.

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musicapitturae

Giuseppe Zais (Forno di Canale, Belluno, 1709 - Treviso, 1784)

Paesaggio con contadiniOlio su tela

Pinacoteca del Seminario Vescovile di Rovigo

Relatrice Alessia Vedova

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musicapitturae

Giuseppe Zais (Forno di Canale, Belluno, 1709 - Treviso, 1784)

Paesaggio con ponteOlio su tela

Pinacoteca del Seminario Vescovile di Rovigo

Relatrice Alessia Vedova

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musicapitturae

I due dipinti cosi descritti da Bartoli (1793) “I due Quadri esprimenti due vaghi paesicon le sue graziose figurette furono dipinti da Giuseppe Zaise Veneziano”, facevanoparte della raccolta di quadri dei conti Silvestri suddivisa nel 1877 tra l’Accademiadei Concordi e il Seminario Vescovile di Rovigo. L’attribuzione a Zais è riportataanche nell’elenco redatto nel 1794 dal conte Rinaldo Silvestri, ove il loro valore èstimato in quattro zecchini. La paternità dei due paesaggi a Giuseppe Zais è confermata anche da Fiocco (1924),mentre Pallucchini precisa che dovrebbe trattarsi di opere della maturità dell’artista,in quanto appaiono superati i vivaci contrasti chiaroscurali caratterizzanti i dipintidella giovinezza. La sua “tavolozza” diviene ricca di trasparenze e di intonazioni cro-matiche chiare e luminose, secondo i canoni della pittura arcadica proposti da Fran-cesco Zuccarelli, del quale gli era stato allievo.In ogni caso rispetto alla tematica leziosa del maestro, che rappresentava paesaggivaghi con amorini e ninfe, Zais propone scorci rustici, popolati di lavandaie, contadinie pastori, resi con gusto narrativo e anche con un certo realismo derivatogli proba-bilmente dalle opere del paesaggista Marco Ricci (Ruggeri, 1972). Entrambi i dipintisi aprono con una quinta arborea ai lati, che funge quasi da chiusura scenica, e pre-sentano sullo sfondo casolari rustici, rocce e specchi d’acqua, fino alla sagoma divalli e molti delineati nell’azzurro luminoso del cielo. Sono presenti anche figure in-terpretate in modo libero e schietto, e colorate con naturalezza. Nel Paesaggio conponte, ad esempio, il contadino è colto nel momento in cui, curvo, incita i buoi; la la-vandaia in primo piano o la figura femminile sul ponte che, quasi colta di sorpresa,pare girarsi verso lo spettatore, richiamano precisi momenti di vita agreste che ri-guardano l’armonioso mondo della natura.Zais, infatti, grazie alla vaghezza e dolce armonia dei suoi paesaggi, resi con pitturasciolta e veloce, compose scene di particolare gusto ed equilibrio che ebbero un no-tevole successo tra la società del tempo, che amava la vita ‘arcadica’ della villeggia-tura in campagna.

Alessia Vedova

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musicapitturae

Ritratto di Niccolò Paganini

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26 novembre 2017domenica

ore 11.00

Austin Tango (ensemble di chitarre)

Citrons douxLettre noire

dalla Suite Hamsa:Tunis, Tunisie (ensemble di chitarre)

Valse en Skaï

Tango en Skaï (solo e quartetto di chitarre)

Saudade n. 3

dalla Suite Polymorphe:Malinconico - Allegro giocoso (ensemble di chitarre)

musiche interpretiIntroduzione a cura di Monica Paolini

SolistiElena Cavazza chitarra solaMatteo Rizqallah chitarra solaSiegfried Pegoraro chitarra solaEugenio Coletti chitarra sola

ChitarrEnsemble del Conservatorio VenezzeMattia BelfioreMarco BencivengaStefano BertinAnna CarpaneseElena CavazzaStefano CentomoMarco ColomboEnrico DellamorteEnrico DissetteChiara LazzarinLuca MastellaSiegfried PegoraroMatteo RizqallahDaniel SavioGiorgio SelminIvan SilvestriClaudia Turolla

Omaggio a Roland Dyens

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musicapitturae

L’uomo chinato sulla sua chitarranella verde giornata. Forse un sarto.Gli dissero: “Sulla chitarra azzurratu non suoni le cose come sono”.Egli disse: “Le cose come sonosi cambiano sulla chitarra azzurra”.Risposero: “Ma tu devi suonareun’aria che sia noi e ci trascenda,un’aria sopra la chitarra azzurradelle cose così come esse sono”.

Stevens Wallaceda L’Uomo dalla Chitarra Azzurra

Insoliti programma e organico per il concerto conclusivo di questa rassegna: un ampioensemble di chitarre che dedica il suo omaggio a un musicista francese forse scono-sciuto a molti, scomparso lo scorso anno a soli sessantuno anni, del quale riportiamodi seguito un breve profilo biografico.Nato a Tunisi nel 1955 Roland Dyens perfeziona lo studio della chitarra a Parigi sottola guida di Alberto Ponce, intraprendendo allo stesso tempo studi accademici di com-posizione sempre nella capitale francese nella quale sarà in seguito docente di chitarraal Conservatorio Nazionale Superiore di Musica. Vincitore di premi internazionalisia come chitarrista, sia come compositore, la figura di Dyens si caratterizza per unagrande eccentricità che lo porta ad acquisire sia un repertorio accademico per i suoiconcerti, sia una ricca raccolta di composizioni originali e di adattamenti che risen-tono di tutta la sua formazione ed esperienze di vita tra Francia, Nord Africa di cuiera nativo e America. Molte di queste composizioni sono per chitarra sola, ma emergeanche un ricco corpus (del quale oggi si ascolteranno alcuni esempi) di lavori conce-piti per quartetti, ottetti o ensemble di chitarre. In particolare Dyens rimase affascinato dal Brasile che successivamente celebrò nellesue saudade, composizioni basate su ritmi del folclore brasiliano e volte ad esprimereun forte senso di nostalgico rimpianto e malinconia che si ritrovano anche nella poesialirica sia portoghese sia brasiliana nella quale traspare sempre un qualcosa di “as-sente”, perduto o irraggiungibile. Con Dyens siamo alla presenza di un artista che, attraverso le sei corde della chitarra,si propone di ricostruire microcosmi ricchi di molteplici, e forse impensabili fino al-l’approccio con la sua musica, suggestioni multisensoriali raccolte dalle sue riccheesperienze di vita, come testimoniano anche diversi omaggi comparsi immediata-mente dopo la sua scomparsa che ne sottolineano l’intelligente ed appassionato eclet-tismo che si traduceva nella duttilità di passare dagli autori classici, al jazz e airepertori popolari sempre con grande coinvolgimento emotivo.

G.F.

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Giuseppe Zola (Brescia, 1672 - Ferrara, 1743)

Paesaggio con cascata, pescatori e viandantiOlio su tela

Pinacoteca del Seminario Vescovile di Rovigo

Relatrice Alessia Vedova

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Giuseppe Zola (Brescia, 1672 - Ferrara, 1743)

Paesaggio con barche, lavandaia e viandantiOlio su tela

Pinacoteca del Seminario Vescovile di Rovigo

Relatrice Roberta Reali

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Avviato giovanissimo allo studio della pittura dal padre Antonio, di professione orafo,sotta la guida di Giuseppe Tortelli, Zola non lascia testimonianze pittoriche nella cittànatale e si trasferisce ben presto a Ferrara, sua città d’adozione, presumibilmente agliinizi del Settecento, qui morirà il 27 marzo 1743.Una carriera fittissima di committenze pubbliche e private, civili e religiose ha ca-ratterizzato la produzione pittorica di Giuseppe Zola tanto che si vede costretto, nellafase ultima della carriera, a prediligere una pittura veloce, abbozzata, con vaste mac-chie d’insieme che potremmo definire di carattere “impressionista” e ad avvalersidell’aiuto della figlia Margherita (che sopravvive al padre fino al 1762, continuandonel’opera) e dei collaboratori Ziotti, Bonaccioli, Branchini, Garivati e Gregori.La produzione di Zola non presenta “momenti significativi o rotture drammatiche”(Giovannucci Vigi 2001), ma di volta in volta “un’intonazione ora classica, ora pit-toresca, ora arcadica, ora romantica [che] sembrano seguire l’estro momentaneo, lostato d’animo, il sentimento, la stanchezza dell’artista, ovvero la mediazione del-l’anima nell’analisi della realtà vissuta nel momento presente.I paesaggi di Zola, con ampie vedute di scorcio, aperture scenografiche e quinte na-turali, corrispondono al gusto arcadico che guarda alle esperienze del paesaggismoveneziano di Marco Ricci e Antonio Marini con nature abbondanti, viottoli e ponti epiccole figure umane appena accennate in primo piano o sullo sfondo.I modi dello Zola sono evidenti in particolare nelle macchiette allungate e nel tratta-mento delle fronde.

Alessia Vedova

musicapitturae

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Enti promotori

Fondazione Banca del Monte di RovigoPiazza Vittorio Emanuele II, 48 - RovigoTel. 0425 422905

Conservatorio Statale di Musica “F. Venezze”Corso del Popolo, 241 - RovigoTel. 0425 22273

Accademia dei ConcordiPiazza Vittorio Emanuele II, 14 - RovigoTel. 0425 27991

Grafica e stampa: Fancygrafica -RovigoTel. 0425 30976Tiratura: 600 copie Finito di stampare nel mese di settembre 2017

In prima di copertina: Gabbris Ferrari, Trio con violoncello (2012)

Ultima di copertina: Edoardo Chendi, Ritratto di Gian Antonio Cibotto

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Toni CibottoIn memoriam