La direzione del compromesso

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SCENARI FINANZIARI JOHN MAULDIN'STHOUGHTS FROM THE FRONTLINE Newsletter settimanale - Versione Italiana a cura di Horo Capital La direzione del compromesso di John Mauldin | 15 settembre 2012 - Anno 3 - Numero 37 In questo numero: Le conseguenze economiche di una decisione politica Eccezionalismo Americano Il costo di dover gestire il deficit Quale programma dei candidati risolverà il problema del deficit Chicago, Atlanta, New York e Scandinavia “Come hai fatto a finire in bancarotta?” “In due modi. Gradualmente, poi improvvisamente.” Ernest Hemingway, The Sun Also Rises Ci viene spesso detto che l'attuale campagna elettorale è la più importante degli ultimi anni. Credo di averlo sentito dire almeno in una decina di cicli presidenziali, sin da quando da giovane ho votato per la prima volta per McGovern. E guardandomi indietro solo una di quelle elezioni effettivamente può essere considerata in questo modo. Credo che queste elezioni abbiano il potenziale per essere una di quelle rare volte, almeno in termini di risultati economici. In Thoughts from the Frontline (Scenari Finanziari) noi ci occupiamo di economia, investimenti, denaro e di finanza. Ci siamo mossi solo poche volte nel mondo politico e facendo solo brevi riflessioni. Oggi attraversiamo quella linea grigia, ma con un taglio un po' diverso esaminando le conseguenze economiche che arriveranno dalle scelte politiche che faremo nel mese di novembre negli Stati Uniti. Ma non è così semplice come si possa pensare, la scelta di una delle due parti non risolverà i mali economici della nazione. Se così fosse non ci troveremmo di fronte ad una sfida epocale, perché entrambe le parti politiche hanno avuto in questi ultimi anni un fermo controllo delle leve del potere, ma entrambe hanno fallito nel fare quello che è diventato, almeno per questo analista economico, il tema scottante del giorno. Infatti entrambe non hanno fatto altro che far peggiorare le cose. Oggi prenderemo in considerazione le possibili scelte e le loro conseguenze. Le conseguenze economiche di una decisione politica L'anteprima delle conseguenze economiche dipende dal vostro punto di vista sulle questioni più importanti su cui devono essere prese delle decisioni (in termini economici). Permettetemi di presentarvi la mia lista delle top ten. 1. Il deficit 2. Il deficit 3. Il deficit 4. Il deficit

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E\’ facile classificare il deficit come qualcosa che c\’è sempre stato. I Chicken Littles non ci dicono che il deficit è in calo da decenni? Il Giappone sembra essere in grado di affrontare ampi disavanzi e noi non siamo in alcun modo vicini al loro livello di indebitamento. Non è la "Malattia giapponese" il peggior risultato a cui stiamo guardando - è solo una lenta crescita mondiale che, anche se frustrante, non è catastrofica? E alcuni hanno chiesto deficit ancora più grandi per stimolare la crescita economica e l\’occupazione, rifacendosi a periodi in cui il governo aveva effettivamente dei disavanzi e l\’economia sembrava rispondere positivamente riprendendo ancora una volta a crescere.

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SCENARI FINANZIARI JOHN MAULDIN'STHOUGHTS FROM THE FRONTLINE Newsletter settimanale - Versione Italiana a cura di Horo Capital La direzione del compromesso di John Mauldin | 15 settembre 2012 - Anno 3 - Numero 37

In questo numero: Le conseguenze economiche di una decisione politica Eccezionalismo Americano Il costo di dover gestire il deficit Quale programma dei candidati risolverà il problema del deficit Chicago, Atlanta, New York e Scandinavia

“Come hai fatto a finire in bancarotta?” “In due modi. Gradualmente, poi improvvisamente.” – Ernest Hemingway, The Sun Also Rises

Ci viene spesso detto che l'attuale campagna elettorale è la più importante degli ultimi anni. Credo di averlo sentito dire almeno in una decina di cicli presidenziali, sin da quando da giovane ho votato per la prima volta per McGovern. E guardandomi indietro solo una di quelle elezioni effettivamente può essere considerata in questo modo. Credo che queste elezioni abbiano il potenziale per essere una di quelle rare volte, almeno in termini di risultati economici. In Thoughts from the Frontline (Scenari Finanziari) noi ci occupiamo di economia, investimenti, denaro e di finanza. Ci siamo mossi solo poche volte nel mondo politico e facendo solo brevi riflessioni. Oggi attraversiamo quella linea grigia, ma con un taglio un po' diverso esaminando le conseguenze economiche che arriveranno dalle scelte politiche che faremo nel mese di novembre negli Stati Uniti.

Ma non è così semplice come si possa pensare, la scelta di una delle due parti non risolverà i mali economici della nazione. Se così fosse non ci troveremmo di fronte ad una sfida epocale, perché entrambe le parti politiche hanno avuto in questi ultimi anni un fermo controllo delle leve del potere, ma entrambe hanno fallito nel fare quello che è diventato, almeno per questo analista economico, il tema scottante del giorno. Infatti entrambe non hanno fatto altro che far peggiorare le cose. Oggi prenderemo in considerazione le possibili scelte e le loro conseguenze.

Le conseguenze economiche di una decisione politica

L'anteprima delle conseguenze economiche dipende dal vostro punto di vista sulle questioni più importanti su cui devono essere prese delle decisioni (in termini economici). Permettetemi di presentarvi la mia lista delle top ten.

1. Il deficit

2. Il deficit

3. Il deficit

4. Il deficit

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5. Il deficit

6-10. Tutto il resto

Sto per essere solo leggermente irriverente. Come dobbiamo gestire il deficit che è l'elemento chiave di tutto il resto. E il non affrontare il deficit porterà ad un disastro di proporzioni bibliche, l'equivalente di tutte le prime otto piaghe del mondo. Chiedete alla Grecia o alla Spagna.

E' facile classificare il deficit come qualcosa che c'è sempre stato. I Chicken Littles non ci dicono che il deficit è in calo da decenni? Il Giappone sembra essere in grado di affrontare ampi disavanzi e noi non siamo in alcun modo vicini al loro livello di indebitamento. Non è la "Malattia giapponese" il peggior risultato a cui stiamo guardando - è solo una lenta crescita mondiale che, anche se frustrante, non è catastrofica? E alcuni hanno chiesto deficit ancora più grandi per stimolare la crescita economica e l'occupazione, rifacendosi a periodi in cui il governo aveva effettivamente dei disavanzi e l'economia sembrava rispondere positivamente riprendendo ancora una volta a crescere.

E' facile dire che il deficit è qualcosa che possiamo affrontare in seguito. Come il personaggio di Hemingway, che alla domanda "Come hai fatto a finire in bancarotta?" Rispose: "In due modi. Gradualmente, poi improvvisamente."

Per la maggior parte del tempo, i deficit non sono considerati un problema. Molte famiglie, imprese e governi fanno crescere le perdite e prendono in prestito denaro per evitare di dover ridurre i loro stili di vita. In realtà il problema non è l'immediato deficit, ma il debito totale. Se il debito è contenuto e il flusso di cassa è positivo, allora il deficit può essere una buona cosa. Genererà benefici il debito che viene investito in attività generatrici di reddito o in infrastrutture che rendono una famiglia o un impresa o una nazione più efficiente nel modo di lavorare.

E' quando il totale del debito diventa troppo grande che la gestione del debito stesso diventa un problema. E cioè quando i finanziatori chiedono ulteriori garanzie o interessi maggiori e poi se il debito non viene messo sotto controllo sospendono i prestiti. Per una nazione questo significa semplicemente il crollo del suo mercato obbligazionario.

In un libro che abbiamo citato numerose volte, This Time Is Different, Ken Rogoff e Carmen Reinhart elencano in maniera dettagliata oltre 200 casi in cui le nazioni hanno avuto una crisi del credito. Uno dei loro punti principali è che le nazioni sembrano essere in grado di prendere in prestito soldi fino a quando arrivano a quello che loro chiamano il "Bang Moment" e in quel momento succede che il mercato obbligazionario non funziona più. Fino a quel momento, coloro che sono a favore di un maggior debito sostengono che "questa volta è diverso", ma non è mai così.

Nelle prime pagine di Anna Karenina di Lev Tolstoj, ella dice: "Le famiglie felici sono tutte uguali, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo." E anche i governi e le nazioni che hanno problemi di debito, ci arrivano con un loro individuale percorso. La Spagna ci ha detto, non siamo la Grecia. E certamente non lo è. La Spagna ha intrapreso un percorso completamente diverso nella sua crisi del debito rispetto a ciò che ha fatto la Grecia. E la Francia, sostiene di non essere né la Grecia né la Spagna (né l'Italia né il Portogallo, ecc), ma si trova nella situazione di dover riequilibrare rapidamente le proprie finanze (e sembra certamente in maniera massiccia), essi metteranno a punto un altro modo per affrontare

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una vera e propria crisi del debito, con i vigilantes obbligazionari alla loro porta.

E' un processo che ho descritto in Endgame. Gran parte dell'Europa sta affrontando una crisi del debito. Non sarà un lieto fine. La Spagna e la Grecia sono inciampate in quella che può solo essere descritta come una depressione. Gran parte del resto d'Europa o è in recessione o al punto di non ritorno, e una depressione su scala continentale è del tutto possibile, per le motivazione che abbiamo esaminato nelle lettere precedenti. Semplicemente, l'Europa meridionale (insieme all'Irlanda) hanno preso in prestito troppo denaro (per motivi diversi), tutte le banche europee hanno troppa leva (con la benedizione delle autorità di regolamentazione), e gli europei hanno creato enormi squilibri commerciali interni.

E' impossibile riequilibrare il deficit di bilancio mentre vi è un deficit commerciale enorme, soprattutto se vi è una fuga di capitali. Una svalutazione dei cambi è il meccanismo di normale bilanciamento per un deficit commerciale ma non è attuabile per la Grecia, la Spagna e gli altri fintanto che rimangono nella zona euro. Questo porta a un significativo cambiamento nel costo del lavoro come l'unico modo per riequilibrare la situazione, ma tale soluzione non può avvenire rapidamente nei paesi periferici senza riforme strutturali politicamente impossibili. La zona euro non ha facili scelte da fare. Non importa quello che (come collettività l'Europa e i singoli paesi) sceglieranno di fare, questo porterà anni di estreme difficoltà economiche.

Il Giappone, come sono solito dire, è un moscone alla ricerca di un parabrezza. Hanno trasmutato i risparmi di due generazioni nel più grande debito che sia mai stato contratto per un paese, almeno tra quelli che io conosco (in termini di PIL). Si avvicina al 220% del PIL ed è in aumento a un ritmo prodigioso, circa il 10% nel 2011. Si è passati da un tasso di risparmio del 16% a circa l'1%, in gran parte a causa di un invecchiamento della popolazione che ora vive senza risparmiare.

Quando i tassi di risparmio diventeranno negativi e la situazione demografica sarà più incerta, il Giappone potrà essere costretto a pagare tassi di interesse più elevati o a stampare enormi quantità di yen o tagliare la spesa pubblica per importi altrettanto enormi. Tutte queste opzioni sono molto brutte nel breve termine. Se i tassi di interesse aumentano di appena un 2% , il Giappone dovrebbe utilizzare nel giro di pochi anni più del 70% del proprio PIL solo per ripagare gli interessi passivi. Questo non è un modello di business perseguibile. Oggi, non possiamo entrare nel merito delle elezioni di fine mese in Giappone, ma saranno importanti.

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Eccezionalismo Americano

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Il deficit degli Stati Uniti (quello reso pubblico) è ormai oltre il 72% del PIL e continua ad aumentare.

"Egan-Jones Ratings Co., Venerdì [Settembre 14] ha declassato il rating sovrano degli Stati Uniti ad AA- da AA sulle preoccupazioni di un nuovo round della Fed di quantitative easing o QE3 che avrebbe un impatto sull'economia USA. L'agenzia di rating ha detto che il piano della Fed di acquistare 40 miliardi di dollari al mese di titoli garantiti da ipoteca e di mantenere i tassi di interesse vicino allo zero non aumenterà il PIL, ma ridurrà il valore del dollaro e farà crescere il prezzo delle materie prime. Egan-Jones ha detto in una nota che 'dal 2006 ad oggi, il debito degli Stati Uniti è aumentato dal 66% al 104% e probabilmente sotto determinate circostanze a partire da oggi ed entro un anno il debito salirà al 110%, il deficit di bilancio annuale è pari all'8%,'. 'In confronto, la Spagna ha un debito pari al 68,5% del PIL e un deficit di bilancio annuo del 8,5%.' (MarketWatch)

(Per quel che vale, non viene considerato come debito il "Social Security Trust Fund", in quanto è una finzione contabile. Esso non esiste se non per un bilancio fittizio, così per me il debito è leggermente minore di quello di Egan-Jones, invece è giusto il loro dato sul deficit.)

Non vi è un punto predefinito in cui il rapporto debito / PIL è tale, per cui una nazione perde la propria capacità di poter prendere in prestito del denaro a tassi ragionevoli. Per la Russia è stato del 12% nel 1998. Per il Giappone, come ho sottolineato sopra è al 220% (la cifra esatta è alquanto in discussione, ma questo è abbastanza reale). Spagna ha perso l'accesso ai mercati senza gli interventi della BCE a meno del 68%. L'Italia è al 120% e ha visto i suoi tassi aumentare fino a livelli che non possono essere sostenuti.

Ad un certo punto se una nazione non tiene il suo debito e il suo deficit sotto controllo, perderà l'accesso al mercato delle obbligazioni a prezzi ragionevoli. Non ci sono mai state eccezioni. C'è un punto in cui il mercato obbligazionario comincia a preoccuparsi per la capacità di un paese di ripagare il suo debito con una valuta che ora ha un valore inferiore rispetto a quando gli è stato prestato il denaro, e quindi i tassi di interesse cominciano a salire.

Non vi è alcun motivo di pensare che gli Stati Uniti saranno una eccezione a questa regola. Questo non è ciò che si intende per eccezionalismo americano.

Perché penso che il deficit sia un problema? Quello che mi rende preoccupato è che non possiamo aspettare altri quattro anni fino a quando anche gli Stati Uniti perdono l'accesso al mercato obbligazionario con tassi d'interesse bassi? Sarebbe davvero un disastro?

In primo luogo, in un mondo senza Europa o Giappone, gli Stati Uniti potrebbero probabilmente per l'ultima parte di questo decennio far registrare disavanzi di grandi dimensioni. Abbiamo una valuta che è utilizzata come riserva nel mondo, noi siamo la superpotenza, il motore del libero mercato, ecc.

Ma credo che l'Europa possa realmente scontrarsi con un vero e proprio muro entro la fine del 2013 o la metà del 2014, se non prima. Lo stesso vale per il Giappone. Temo che gli operatori dei mercati obbligazionari prenderanno atto delle loro perdite in Europa e in Giappone e diranno al governo degli Stati Uniti un qualcosa di simile a questo:

"Abbiamo già visto i film per quanto riguarda il debito europeo e giapponese. Che non ha

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avuto un lieto fine. Il film del debito degli Stati Uniti sembra essere basato sulla stessa sceneggiatura, quindi se non vi dispiace, dal momento che sappiamo come finirà, ci prepariamo ad uscire durante l'intervallo".

A mio parere, il disavanzo deve essere affrontato nel 2013. Se aspettiamo fino al 2014, saremo nel bel mezzo di un'altra elezione. Come vedremo di seguito, la soluzione del deficit sta portando a compromessi politicamente impopolari per una o entrambe le parti. Mentre io sono ottimista sul fatto che si può fare qualcosa nel 2013, sono risoluto nel pensare che il 2014 sia politicamente più problematico.

Entro il 2015 il debito sarà ben superiore al 90% del PIL. Come ho già scritto nelle lettere precedenti, vi è una crescente evidenza che quando il debito di un paese arriva al 90%, il PIL rallenta di circa l'1%, il che naturalmente rende più difficile trovare la tua via d'uscita dal debito.

In quel momento i tassi di interesse cominciano a salire e questo rende ancora più difficile il pareggio di bilancio. Sì, lo so, la Fed può mantenere i tassi bassi e stampare moneta, ma la stampa di denaro in quantità non è una strategia volta a rafforzare la fiducia dei mercati obbligazionari in termini di valore del dollaro.

Non solo la ricerca di Rogoff e Reinhart, ma anche numerosi altri studi, indicano che quando la fiducia svanisce, a quel punto si innesca un processo abbastanza veloce. E infatti quello è il momento del Bang!.

Se i tassi cominciano a crescere, forse il Congresso sarà costretto a fare qualcosa. Ma a quel punto, sarà il momento per maggiori imposte e profondi tagli che ognuno di noi non è nemmeno in grado di immaginare. Le cose non possono andare più avanti così, il peggior risultato finale sarà una ristrutturazione.

Abbiamo spesso detto che prendere denaro a prestito crea un problema per i nostri figli. E questo è vero. Ma questo crea anche un problema per questa generazione.

Gran parte dell'Europa e il Giappone stanno per cadere in una depressione a causa della loro mancanza di volontà di affrontare i deficit e i problemi strutturali. Il 25% di disoccupazione è una brutta, brutta realtà che si sta diffondendo in tutta l'Europa meridionale. Il Giappone dovrà affrontare la propria versione di una crisi del debito, e credo che il risultato sarà una significativa inflazione data dai suoi prezzi di importazione e un calo del tenore di vita dei suoi anziani.

Forse mi sbaglio e gli Stati Uniti possono andare avanti per altri quattro anni prima di raggiungere il momento di fare Bang!. Le cose possono andare avanti a volte più a lungo di quanto si possa pensare, per ragioni che (o almeno io) non capisco. Ma l'attesa certamente non rende affatto le cose più facili. I piani previsti sono in costante peggioramento, e i costi per gli interessi saranno di altri 80 miliardi di dollari l'anno per il debito aggiuntivo. Cercando di risolvere il problema tra quattro anni si presuppone che le decisioni saranno ancora più difficili di quelle che oggi dobbiamo prendere.

Il costo di dover gestire il deficit

Cerchiamo di essere chiari. Per ragioni sulle quali ho scritto a lungo, ci sono dei costi molto significativi da sostenere per ridurre il deficit. Questo avrà un impatto sull'attuale PIL

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annuale. Certamente non desidero che sia raggiunto l'equilibrio di bilancio in un sola anno o anche in pochi anni. Mi farebbe piacere suggerire un taglio di non più del 1% del PIL all'anno, pari a circa $150 miliardi di dollari l'anno. Così anche quel poco di crescita che rimane può produrre qualche beneficio.

I tagli alle tasse o gli aumenti hanno un impatto sull'economia. Cito un articolo preso da Forbes:

"Un importante analisi fatta dal primo Consiglio dei Consulenti Economici (CEA) del presidente Barack Obama segnala che gli aumenti fiscali proposti dal presidente avrebbero ucciso la ripresa economica e portato quasi 1 milione di americani a rimanere senza lavoro. Queste sono le straordinarie implicazioni della ricerca accademica di Christina D. Romer che ha presieduto la CEA dal 28 gennaio 2009 – al 3 settembre 2010. In un documento dal titolo "The Macrcoeconomic Effects of Tax Changes" pubblicato dalla prestigiosa American Economic Review nel giugno del 2010 (durante il suo mandato alla Casa Bianca), lei ha dichiarato che: 'Sembra che nel breve gli aumenti fiscali abbiano un ampio, sostenuto e un fortemente negativo impatto sulla crescita.'

"L'articolo della AER ha avuto come co-autore il marito e collega professor UC Berkeley, David H. Romer, che ha esaminato l'impatto degli aumenti fiscali e le conseguenti riduzioni della crescita economica degli Stati Uniti nel periodo 1945-2007. Uno degli aspetti più innovativi presenti nel documento è la focalizzazione sui cambiamenti "esogeni" generati dalle imposte, cioè quelle variazioni delle imposte che avevano sia lo scopo di aumentare il tasso di crescita economica (e non solo di frenare la recessione) come i tagli fiscali di Kennedy, Reagan e Bush, che di ridurre il deficit di bilancio come ad esempio l'aumento delle imposte fatte Clinton. Sono state escluse dall'analisi solo le modifiche fiscali 'endogene' che sono state puramente anticicliche, come gli sgravi fiscali del 1975 o quelle che sono state usate solo per 'compensare un altro fattore che tendeva a spostare la crescita della produzione fuori da una situazione normale', come ad esempio la l'aumento delle tasse per finanziare la guerra in Corea e l'introduzione dell'imposta sui salari per finanziare il Medicare.

"Una stima che i Romers fanno indica che un aumento delle tasse pari al 1% del PIL (sono circa $160 miliardi di dollari nell'economia di oggi) riduce nei prossimi 10 trimestri il PIL reale del 3%. Inoltre, i Romers hanno usato una varietà di test statistici per tener conto di altri fattori che possono influenzare la crescita economica nel momento in cui vengono attuate delle variazioni fiscali, tra cui la spesa pubblica, la politica monetaria, il relativo prezzo del petrolio ed anche se il Presidente era stato un democratico o repubblicano (anche se questo non avuto alcun significato). Una sintesi del lavoro statistico svolto stima che un aumento delle tasse pari al 1% del PIL genererebbe nei prossimi 10 trimestri un calo della produzione tra il 2,2% e il 3,6%.

Loro scrivono che "'In tutti i casi, l'effetto delle variazioni delle imposte sulla produzione rimane ampio e statisticamente molto significativo'.

"'Quindi sembra essere molto fondata l'affermazione che i cambiamenti fiscali hanno degli impatti notevoli sulla crescita. Questo ha incluso anche l'analisi che degli shock sulla crescita hanno avuto poco effetto sulla stima dell'impatto dei cambiamenti fiscali, risulta invece importante una prova indiretta ossia che la nostra nuova misura degli shock fiscali non è correlata ad altri fattori che influenzano la produzione.'

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"'Il comportamento della produzione a seguito di modifiche maggiormente esogene indica che l'aumento delle tasse è fortemente restrittivo. Gli effetti sono fortemente significativi, molto importanti e molto più ampi di quelli ottenuti con misure più allargate di modifiche fiscali.'"

Forbes continua sottolineando che "Nel bilancio 2013 il presidente Obama ha proposto nel 2013 $103 miliardi dollari di aumento delle tasse, di cui $83 miliardi dollari di maggiori imposte sul reddito di coloro che guadagnano più di $250.000 dollari l'anno pari a circa lo 0,65% del PIL. Utilizzando la stima di base di Romer questa scelta dovrebbe ridurrebbe il PIL reale di 2 punti percentuali nel corso dei prossimi 10 trimestri. Sulla base della relazione generale tra la crescita economica e la disoccupazione, un calo della produzione implica una perdita di oltre 800.000 posti di lavoro."

(Nota: Ci sono quelli che non sono d'accordo e spesso anche in modo vigoroso con le conclusioni del documento, ma per quanto io sappia non offrono però alcuna contro analisi dei dati. Romer si è dimesso meno di due mesi dopo avere pubblicato il documento.)

Le semplici nozioni di contabilità economica e la ricerca accademica indicano che i tagli di spesa avranno un effetto di contrazione del PIL per circa 4-5 trimestri. Ma se si taglia l'1% l'anno per 5 anni, a questo punto si è ridotto il PIL potenziale del 1% l'anno per i 5 anni, il che non aiuta la crescita di posti di lavoro.

Naturalmente se gli Stati Uniti perdono l'accesso a bassi costi al mercato obbligazionario, questo sarà un disastro ancora peggiore rispetto alla perdita dei posti di lavoro. Ci troviamo di fronte o ad una difficile situazione o ad un enorme disastroso. Questa è la natura dell'Endgame, quando il superciclo del debito è nelle sue fasi finali. Non ci sono scelte facili. In questo momento gli Stati Uniti hanno di fronte a loro solo alcune scelte molto difficili. Se aspetteremo troppo a lungo nell'affrontarle, ci troveremo di fronte le scelte disastrose dell'Europa.

Quale programma dei candidati risolverà il problema del deficit?

In questa lettera non ho intenzione di entrare nei dettagli su come può essere raggiunto il pareggio di bilancio nel corso del tempo. Ci sono molti modi per arrivarci. La Simpson-Bowles (la commissione presidenziale sul debito) è un percorso. Questa propone di togliere molte delle cosiddette spese fiscali e così ridurre effettivamente l'aliquota massima del 24% e di conseguenza aumentare le tasse.

Io preferirei invece che ci sbarazzassimo di quasi tutte le detrazioni fiscali, ad eccezione di quella sul credito d'imposta sul reddito guadagnato per poi arrivare a diminuire l'aliquota più alta. Comunque, la maggior parte delle detrazioni fiscali favorisce quelli che hanno un reddito più elevato. Se questo mio sogno si realizzasse ci sarebbe ovviamente qualche tipo di imposta sui consumi (come l'IVA), ma delle imposte sul reddito su tutti i livelli molto più basse e forse avremmo anche una riduzione della tassa per la Social Security e questo sarebbe un contributo ai cittadini con un basso reddito. Per quel che vale le imposte sui consumi hanno un minore impatto negativo sull'economia rispetto alle imposte sul reddito.

Né la proposta di bilancio di Romney né il bilancio che Obama ha presentato al Congresso (e che non ha ottenuto nemmeno un voto favorevole da parte del suo stesso partito) è politicamente fattibile, ed entrambe hanno delle serie difficoltà nel provare a gestire il

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deficit.

Per arrivare ad una vera e propria soluzione di bilancio bisogna arrivare ad un compromesso, il che significa una combinazione di tagli alla spesa e aumenti delle tasse. Si deve fare i conti con i diritti e con l'assistenza sanitaria. In un certo senso, l'elezione è su quanta assistenza sanitaria vogliamo e su come vogliamo pagarla. Dopo di questo, tutto il resto è "facile".

Negli ultimi anni ho parlato con un sacco di membri del Congresso, senatori, membri dello staff di entrambi i partiti. Tutti sono d'accordo che deve essere fatto qualcosa e la mia sensazione è che faranno qualcosa dopo queste elezioni. Le conseguenze del non fare nulla sarebbero disastrose, soprattutto in considerazione delle "doppie scadenze." Di fronte a tale scenario credo che il Congresso agirà.

Quindi la questione diventa, ma qual è la natura di questo compromesso? E questo caro lettore sarà il reale effetto economico di queste elezioni.

Stiamo votando in modo "puro e semplice" sulla direzione del compromesso.

Una strada è quella di avere un governo ed un bilancio ancora più enorme, invece l'altra è quella di avere un governo (relativamente) più piccolo, anche se non vedo il percorso per avere un governo veramente più piccolo in termini di pressione fiscale, a meno che non decidiamo di avere molta meno assistenza sanitaria, ma non vedo nessuno che preveda questo o che lo stia sostenendo.

Un "sweep" da entrambe le parti sarebbe un punto di svolta, ma questo non sembra probabile almeno secondo i sondaggi che sto guardando oggi.

Come abbiamo visto nella ricerca Europea che ho citato la scorsa settimana, esiste una correlazione tra le dimensioni dei governi e la crescita del PIL. Il che ha un senso, in quanto i posti di lavoro realmente provengono dal settore privato. I posti di lavoro dei governi dipendono solo dalle tasse che provengono dal settore privato. Si prega di notare che questo non è lo stesso che dire che dovremmo sbarazzarci di tutti i costi del governo per aumentare l'efficienza economica - che non è certamente vero. Ma dovremmo essere in grado di comprendere quali sono i costi della spesa pubblica e la tassazione del settore privato.

Non è una sorpresa il fatto che io sia favorevole verso una versione più ridotta del governo. Ma spero che mentre ci muoviamo verso un compromesso riusciamo anche a fare una completa revisione della legge fiscale, e mentre semplifichiamo il processo ed abbassiamo le diverse aliquote, eliminiamo anche la maggior parte delle detrazioni fiscali. E forse ci sbarazziamo di tutte le detrazioni fiscali previste per le imprese, riducendo nel contempo la tassazione sul reddito prodotto negli USA al 15%, e al 10% quella sui redditi esteri. Ciò significherebbe le società di grandi dimensioni che cercano di nascondere il reddito e il domicilio in diversi modi pagherebbero le tasse come le imprese locali. Si potrebbero far scendere i tassi verso il basso ed ancora continuare a raccogliere maggiori tasse ed aumentare davvero la nostra competitività economica.

Se raggiungiamo il pareggio di bilancio nel corso del tempo (diciamo 5-6 anni) e abbiamo aliquote più basse, mentre eliminiamo gli speciali sgravi fiscali e le spese (e io dico che dobbiamo sbarazzarci di quasi tutto!), ed estrarre maggiormente petrolio e gas in modo

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tale da poter avviare l'esportazione di energia, io sarò completamente “bull” sul mercato e senza nemmeno aspettare troppo tempo. In un tale scenario il futuro degli Stati Uniti sarebbe migliore e più luminoso che mai. E questo è quello che voglio per i miei figli.

E se non agiamo in modo responsabile? A quel punto avremo bisogno di prepararci a chiudere i boccaporti, perché assisteremo ad una tempesta estremamente dura. Credo che lo sapremo entro la metà del prossimo anno. E sì, lo so che le nostre scelte ci porteranno a contesti di investimento completamente diversi, ma è per questo che questa elezione farà differenza. E' davvero il caso di evitare una depressione.

Nelle prossime settimane ho intenzione di pubblicare due interviste che ho fatto su questi temi, una con Newt Gingrich e l'altra con Erskine Bowles. Penso che le troverete molto interessanti.

Mentre io preferisco il percorso per avere un governo di più piccole dimensione, la cosa più importante però è quello di riequilibrare il bilancio. Come imprenditori dobbiamo affrontare la realtà. Io preferisco le scelte che favoriscono maggiori risparmi e mi permetto di investire maggiormente nella crescita della mia attività, ne verremo fuori. Se non prendiamo seriamente il tema del bilancio e del debito, ci incammineremo sicuramente verso il disastro. Tutti assieme dobbiamo cercare di far si che i nostri deputati e senatori lavorino insieme per raggiungere il risultato.

Chicago, Atlanta, New York e Scandinavia

Sarò a Chicago il 19 settembre, dove parlerò al Financial Forum Network RDA Investor Il Forum si terrà al Marriott Chicago Oak Brook. L'evento è sponsorizzato da Steve Blumenthal e dai miei amici di CMG. Se desiderate partecipare si prega di inviare una mail a Linda Cianci [email protected].

E poi parlerò il 1 ottobre a New York, al 8th Annual Value Investing Congress. Sarò assieme ad una serie di relatori veramente in gamba, tra cui Bill Ackman e David Einhorn. Sono stato in grado di garantire uno sconto agli "amici", se volete partecipare avrete uno sconto di $1.500 sul normale prezzo di iscrizione. Per usufruire di questo sconto è necessario iscriversi entro il 7 settembre su www.ValueInvestingCongress.com/Mauldin con il seguente codice di sconto N12JM.

E poi il prossimo gennaio andrò in Scandinavia per tre giorni, è fantastico.

E' il momento di premere il pulsante di invio. La prossima settimana vi racconterò della Conferenza di Casey e delle persone che ho incontrato a Palo Alto.

Buona settimana. E pensate alle scelte che dovete fare.

Il tuo analista che non ha nessuna intenzione di continuare a correre ancora per niente,

John Mauldin

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