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La dimensione ideale dell’Azienda tra economie di scala, logiche di governo e corporate identity Giugno 2013

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La dimensione ideale dell’Aziendatra economie di scala, logichedi governo e corporate identity

Giugno 2013

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Introduzionedi Valerio Fabio AlbertiPresidente FIASO

L’evoluzione del SSN ha prodotto nel tempo fenomeni didifferenziazione istituzionale (enti di area vasta, aziende territoriali,aziende ospedaliere, IRCCS). In un quadro di sempre più diffusi efrequenti riassetti regionali che vedono al centro il tema di qualiaziende e per quali missioni, ma anche di programmazioni che attivanoreti cliniche interaziendali, si pone la specifica questione delledimensioni aziendali. Non si tratta di stabilire per ogni tipologia diAzienda dimensioni astrattamente ottimali, ma di comprendere, anchesulla base delle esperienze fin qui accumulate, come sia possibilecontemperare in un unico disegno tre esigenze diverse:• la razionalità tecnica, che deve caratterizzare l’organizzazione dei

processi produttivi e che deriva dalle sequenze operative necessarieper realizzare i singoli prodotti o servizi;

• la razionalità aziendale, che trova la sua origine nella constatazioneche i processi produttivi non sono isolati gli uni dagli altri, marisultano variamente intrecciati gli uni agli altri nel perseguimento difinalità unitarie, per cui la razionalità complessiva del sistemaaziendale non è la semplice sommatoria delle razionalità dei singoliprocessi;

• la razionalità politico istituzionale, intesa come la capacità di unsistema pubblico di garantire una adeguata espressione erappresentanza ai diversi interessi, che devono essere soddisfattidall’azione delle aziende pubbliche.

È su queste premesse che la Federazione ha organizzato unaConsensus Conference (Napoli, 9 novembre 2012) interna al mondodelle Aziende per dibattere il tema delle dimensioni e dei confini delleaziende sanitarie pubbliche, spesso trascurato, ma rilevante per le fortiripercussioni sugli assetti istituzionali complessivi dei sistemi sanitari esul funzionamento delle stesse aziende. Obiettivo della giornata è statoquello di comprendere, sulla base delle esperienze accumulate, comefosse possibile contemperare le tre suddette esigenze di razionalità.Dalle esperienze presentate in quella sede e dal dibattito che ne èscaturito sono emerse alcune condizioni da tenere in considerazione eindicazioni operative che potranno aiutare tutti i soggetti coinvolti acontribuire positivamente alle difficili scelte che aspettano le Regioninel futuro prossimo.

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Q2 I Quaderni di FIASO

I dati degli accorpamenti degli ultimi quindici anni ci dicono che si èpassati dall’eccesso delle 659 vecchie Usl alle 228 Asl del 1995,ridottesi a 146 nel 2011; le aziende ospedaliere erano 97 nel 2001 e sisono ridotte a 81 nel 2011. Probabilmente la realtà è che non esisteuna dimensione ideale dell’azienda, che deve invece sapersi coordinarecon i territori, con le comunità mediche, con le esigenze cliniche, con ibisogni dei pazienti e dei territori.In un Paese che ha adottato modelli sanitari diversi, non è percorribilel’idea di perseguire un modello unico di azienda.Le aziende stanno gestendo questa variegata e mutevole realtàricorrendo alla professionalità del management e del mondoprofessionale a loro disposizione, la cui qualità oggi permette, seppurdiversamente da territorio a territorio e da azienda ad azienda, direagire con estremo dinamismo ed efficacia alla riorganizzazione e alcambiamento.La sanità italiana pubblica ha, tra le sue fila, risorse manageriali(persone, culture e strumenti) su cui si potrà far conto per gestire lacomplessità e le innovazioni realizzate sul campo per migliorare qualitàed efficienza dell’assistenza ai cittadini. Molte di queste esperienzecambiano la natura stessa delle relazioni interaziendali come puòavvenire nel caso dei percorsi diagnostici terapeutici assistenziali, reticliniche, assistenza domiciliare etc.Ciò che più preme, come emerso tra gli addetti ai lavori coinvolti daFIASO nella Consensus Conference di Napoli, è l’esigenza che iconcreti meccanismi di funzionamento delle aziende non siano definitida modelli astratti, bensì che, sulla base di evidenze empiriche edesperienze sul campo – come quelle che FIASO può mettere adisposizione dei decisori pubblici – sia possibile trovare un equilibriotra le imprescindibili esigenze di contenimento dei costi e gli assettiistituzionali che si rendono, e si renderanno, necessari nel pieno rispettodi una complessiva logica di governo del sistema che privilegi ciò chefunziona davvero.

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3 1I confini aziendali

1.1 La dimensione ideale dell’azienda tra economia di scala, logichedi governo e corporate identity è il tema scelto per la consensusconference di FIASO, svoltasi a Napoli il 9 novembre 2012. Il temaemerge dall’osservazione di come, alla spamodica ricerca di nuovefrontiere di maggiore sostenibilità economica e finanziaria, i processidi aggregazione aziendale e di differenziazione istituzionale stianosostanzialmente modificando gli assetti istituzionali nel sistemae nelle aziende sanitarie pubbliche.

1.2 Gli Assetti istituzionali e di governance in ambitopubblico1.2.1 Gli assetti istituzionali sono le strutture e le regolesovraordinate entro le quali si svolgono i processi tipici di qualunqueclasse d’azienda. Essi assolvono a una pluralità di funzioni, leprincipali delle quali sono: la delimitazione dei confini dei soggetti(aziendali) che operano e interagiscono in un medesimo sistemaambientale; la definizione delle finalità che gli stessi soggetti sonochiamati e perseguire e i loro spazi di autonomia; le modalità diresponsabilizzazione sui risultati. Per le aziende sanitarie pubblicheuna componente fondamentale dell’assetto istituzionale èrappresentata dalla struttura e dai meccanismi del sistema sanitariopubblico del quale esse sono espressione. La struttura (le diversetipologie di aziende e loro missione, le dimensioni che esse assumonoe gli ambiti di riferimento, la natura delle relazioni che le uniscono) ei meccanismi (per esempio criteri e modalità di finanziamento),infatti, ne circoscrivono le possibilità di azione, ne orientano icomportamenti e, in larga misura, definiscono i criteri diapprezzamento dei risultati.

1.2.2 Nel caso delle aziende pubbliche, ogni riflessione e interventosugli assetti istituzionali e, in particolare, sulla governance, la quale, asua volta, ha nella questione delle dimensioni e dei bacini diriferimento una componente fondamentale, presesentano elementi dicomplessità collegati alla loro appartenenza al sistema pubblico. Al dilà della considerazione che il dibattito su questi temi si sviluppiprevalentemente in un ambito pubblico (quando non apertamentepolitico-istituzionale), in un contesto nel quale sui contenuti relativialla funzionalità aziendale prevalgono gli aspetti di bilanciamento dipoteri tra i diversi livelli di governo e gli aspetti simbolici legati allediverse visioni presenti nella società, emerge l’oggettiva difficoltà didisegnare strutture e meccanismi di governo in grado di

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Q4 I Quaderni di FIASO

contemperare esigenze non sempre allineate tra loro, quali quellerelative a:• una adeguata rappresentanza degli interessi che si ritiene debbano

trovare soddisfacimento nel funzionamento del sistema e delleaziende, secondo un orientamento normativo che individuapreliminarmente gli interessi da soddisfare e i soggetti che ne sonoportatori per poi costruire meccanismi tali per cui gli interessiritenuti preminenti possano orientare il funzionamento aziendale (èl’approccio più classico, e per certi versi, fisiologico di disegnodelle istituzioni come strutture plasmate da fattori esterni,specificamente dai bisogni che sono chiamate a soddisfare);

• una adeguata rappresentanza dei soggetti o interessi che apportanoun contributo rilevante al funzionamento dell’azienda e chedevono potere esercitare un potere e assumere una responsabilitàesplicita in coerenza con il loro ruolo effettivo, secondo unorientamento positivo che, in relazione alle reali condizioni difunzionamento e alla criticità dei contributi di cui i differentisoggetti sono portatori, distribuisce poteri e responsabilità (si trattadi una visione che privilegia le concrete possibilità di conduzionedell’azienda, cercando di includere nel governo tutti i soggetti chesono in grado di condizionarne le scelte e il funzionamento);

• una adeguata garanzia di condizioni sufficienti per la conduzioneunitaria dell’azienda, che spinge fisiologicamente verso unrestringimento della platea degli interessi rappresentati nei processidecisionali o, quantomeno, a un loro allontanamento dai processigestionali che quegli stessi interessi sono chiamati a soddisfare (sitratta della capacità dell’azienda di essere lo strumento per larealizzazione degli interessi, il che implica la possibilità per ilmanagement di produrre decisioni rapide ed efficaci, separandosufficientemente il tema delle molteplici finalità da perseguire edella pluralità degli specifici interessi da soddisfare dalleresponsabilità di gestione);

• il mantenimento di una certa omogeneità negli assetti istituzionalitra i diversi sistemi pubblici e all’interno di ciascun sistema tra lediverse entità che lo compongono (se per le imprese le specifichecondizioni ed esigenze possono liberamente riflettersi, purall’interno di alcune forme generali definite dal sistema giuridico,in assetti di governance largamente differenziati, l’insieme delleistituzioni pubbliche deve conservare una matrice unitaria, inparticolare differenze di assetto tra aziende caratterizzate dallamedesima funzione risultano difficilmente giustificabili).

1.2.3 Bisogna infine considerare che, se gli assetti istituzionali leganoin un quadro comune di interdipendenze le aziende e il sistema,entrambi si confrontano e sono sempre più immersi in un settoresanitario, inteso come l’insieme delle risposte - comunque finanziate

Gli Assettiistituzionali e digovernance inambito pubblico

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e da qualsiasi soggetto erogate - ai bisogni che gli individui inscrivononella grande area della salute. Si tratta, in sintesi, di prendere atto cheè sempre più difficile pensare e progettare il funzionamento delsistema sanitario pubblico e delle sue aziende senza considerare ciòche avviene nell’area dei consumi sanitari finanziati privatamente(si pensi, ad esempio, ai fondi sanitari integrativi aziendali o aldiffondersi dei centri sanitari low cost).

1.3 L’oggetto di riflessione: le dimensioni delle aziendeovvero i loro confini

1.3.1 È opportuno premettere che le diverse variabili checongiuntamente definiscono l’assetto istituzionale, non solo sono legatetra loro da significative interdipendenze, ma rispetto ad alcunecondizioni di funzionamento dell’intero sistema risultano in parteintercambiabili. Così, per esempio, l’effettiva responsabilizzazione delleaziende è il risultato congiunto del disegno prescelto per la strutturaistituzionale e dei meccanismi che animano il funzionamento dellastruttura stessa. D’altra parte un medesimo grado diresponsabilizzazione potrebbe essere raggiunto facendo leva più suldisegno (per esempio, aziende più grandi dai risultati complessivimeglio misurabili) o, alternativamente, privilegiando i meccanismi (peresempio, sistemi puntuali di migliore misurazione dei risultati parziali).Quando poi dal livello di sistema si passi a quello aziendale lamedesima interdipendenza e intercambiabilità caratterizza ladimensione istituzionale nei confronti della sfera più prettamentegestionale e organizzativa. Da questo punto di vista un efficacegoverno dell’azienda dipende dall’armonico combinarsi delle variabiliistituzionali sovraordinate e, in particolare, gli assetti di governance conle variabili aziendali (in una rappresentazione particolarmenteconosciuta: struttura organizzativa e meccanismi operativi).

1.3.2 Nel trattare il tema, l’attenzione si focalizzerà sulle dimensionidell’azienda, nell’ipotesi di invarianza delle altre condizioni, ignorandoperciò, salvo laddove non risulti strettamente necessario, le relazioniche la dimensione intrattiene con le altre variabili. Anche sottocondizioni così restrittive, un tema di tal genere è, comunque,piuttosto ampio e potrebbe declinarsi in vari modi e articolarsiintorno a vari quesiti. Sono da preferire aziende piccole o di grandidimensioni? Fino a che punto possono dilatarsi le dimensioniaziendali? Quali variabili devono considerarsi ai fini di un idealedimensionamento delle aziende sanitarie pubbliche perché possanocontinuare a svolgere la propria attività, in modo sostenibile dalpunto di vista economico-finanziario, e in modo soddisfacente dalpunto di vista dell’appagamento dei bisogni della collettività di

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Q6 I Quaderni di FIASO

riferimento? Quali possono essere le ricadute sul funzionamento delleaziende, i vantaggi e i limiti associati alle dimensioni aziendali?E, in particolare, come si trasformano la funzione direzionale e imodelli manageriali in aziende che modificano le loro dimensioni?

1.4 Finalità del confronto1.4.1 La prospettiva assunta da questo contributo, che scaturisce daldibattito che ha animato la consensus conference di Napoli (vedi tabella 1),non è quella di una teorica definizione delle dimensioni ottimali delleaziende. A partire dalla concreta esperienza degli intensi processi dimodificazione dei confini aziendali che stanno caratterizzando lageografia istituzionale dei sistemi sanitari regionali, lo scopo è quello diricostruire un quadro dei fattori che determinano e caratterizzano le

Tabella 1. Vantaggi e svantaggi legati alle dimensioni delle aziende sanitarie

Grandidimensioni

Ridottedimensioni

• Presenza di tutti i setting assistenziali ed esau-stività della gamma dei servizi [autosufficienza]per realizzare reti - specie verticali - e percorsicompleti.

• Aumento del potere contrattuale nei confrontidegli stakeholder esterni, specie i fornitori

• Economie di scala, specie per i servizi di sup-porto e il governo della catena logistica del far-maco.

• Potenzialità di innovazioni su larga scala

• Dimensione ottimale per una gestione efficacedei processi erogativi e per la loro interconnes-sione, specie in riferimento ai percorsi di inte-grazione ospedale-territorio, socio-sanitaria al-largata anche al terzo settore

• Possibilità di concentrarsi sui soli processi cri-tici per un governo aziendale efficace

• Maggiori opportunità di controllo della spesa edi coinvolgimento attivo degli ordinatori, deiservizi e dei professionisti, che può ovviareanche alla debolezza del middle management inalcuni settori e funzioni

• Tempestività di azione manageriale• Possibilità di gestire efficacemente il governo

delle relazioni con gli stakeholder esterni, inparticolare gli enti locali

• Coinvolgimento dei professionisti e degli ope-ratori, rafforzamento del loro senso di identitàed appartenenza

• Facilità di adattamento alle pressioni ambienta-li (contenimento dei costi e risposta al sorgeredi nuovi bisogni)

VANTAGGI SVANTAGGI

• Perdita di identità culturale, quale stru-mento efficace di coesione ed unita-rietà aziendale in una organizzazioneprofessionale complessa

• Complessità del coordinamento• Necessità di assetti direzionali molto

sofisticati, in grado di bilanciare pro-grammazione e controllo centralizzatae forte autonomia di gestione a livelloperiferico

• Incapacità a conseguire economie discala

• La funzione ospedaliera non in gradodi garantire servizi per tutte le discipli-ne possibili

• La figura del direttore generale in real-tà aziendali troppo piccole finisce ine-vitabilmente per comprimere autono-mie professionali, gestionali ed ope-rative fondamentali per il buon fun-zionamento dei servizi

Fonte: Sintesi degli interventi alla consensus conference di Napoli

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dinamiche di aggregazione e differenziazione istituzionale perdelinearne rischi e benefici potenziali e trarne indicazioni utili ai finidelle decisioni e della loro attuazione.

1.4.2 Non si tratta, quindi, di concludere se «piccolo è bello» o«grande è meglio», ma di riflettere sul fatto che i processi diaggregazione e differenziazione istituzionale non possono realizzarsisenza tenere in giusta considerazione che: (i) vi sono, come sempre,rischi oltre che benefici da considerare; (ii) esiste un «percorso storico»che condiziona l’evoluzione di qualsiasi nuovo soggetto che nescaturisce (path dependence); (iii) se non sembra ragionevole, a frontedella varietà delle specifiche situazioni, procedere con «logiche damenù fisso», è altrettanto poco saggio intervenire senza punti diriferimento, sperimentando e modificando di continuo gli assetti(approccio trial and errors), (iv) i confini rappresentano un elementosensibile dell’identità e della vita aziendale e interventi poco attentipotrebbero minare la vitalità stessa delle aziende, mettendo così inpericolo l’intero disegno del sistema sanitario che sull’ipotesi aziendalefonda buona parte dei suoi meccanismi di funzionamento.

1.4.3 Tale ultima considerazione non deve essere sottovalutata.I sistemi sanitari regionali, attraverso i processi di aggregazione edifferenziazione istituzionale, modificano le condizioni effettive cheessi offrono al concreto operare delle aziende. Queste esistono epossono assolvere la loro funzione solo se si realizzano condizionisufficienti di autonomia (possibilità di operare scelte e assumeredecisioni) e responsabilità (meccanismi di apprezzamento dei risultaticonseguiti). È di tutta evidenza come i confini e le loro dinamicheincrocino la possibilità stessa dell’azienda di essere tale. Forse è menoimmediata la constatazione di come l’intero assetto istituzionale delsistema poggi sull’ipotesi che sia possibile attraverso il modelloaziendale coniugare una assunzione di responsabilità collettiva con unperseguimento dei fini da parte di un insieme di unità autonome nelloro funzionamento. Se tale ipotesi, nei suoi elementi essenziali, nonfosse più considerata fondata, si tratterebbe di ripensare l’interosistema.

Finalità delconfronto

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Q8 I Quaderni di FIASO

Attualità e rilevanza del tema

2.1 L’ambiguità dei riassetti istituzionali

2.1.1 Nei sistemi pubblici gli interventi sugli assetti istituzionalisono la forma più utilizzata per promuovere, gestire e spesso soloannunciare il cambiamento. Gli assetti istituzionali, nel casospecifico la dimensione e la missione delle aziende, rappresentanol’insieme di regole entro le quali si svolgono i processi operatividelle aziende. Le due dimensioni si condizionano a vicenda per cuia interventi sull’assetto istituzionale dovrebbero conseguirecambiamenti nelle modalità di funzionamento e, parallelamente,cambiamenti autonomamente generati nei processi produttivi enelle condizioni di funzionamento potrebbero richiedere o suggeriretrasformazioni nell’assetto istituzionale. Per una serie di ragioni chenon è qui il caso di affrontare, nei contesti pubblici la formaprivilegiata del cambiamento - per la sua diretta afferenza almomento politicoe la sua più agevole comunicabilità - è quella della trasformazioneistituzionale, che non sempre risulta essere la più efficace.Specularmente i temi del cambiamento intenzionalmente guidatoper via gestionale (non centrato sulla modifica istituzionale e sullaemanazione di un atto normativo), da una parte, edell’adeguamento degli assetti istituzionali in relazione alle esigenzedella gestione e alle condizioni di svolgimento delle operazioni,dall’altra, sono, di norma, poco considerati. Ne consegue unaambiguità strutturale dei processi di riassetto istituzionale, sia per ladifficoltà a decifrarne i reali obiettivi, sia per una loro debolezza amettersi in relazione con i «processi reali». Da quest’ultimo punto divista gli interventi in questione rappresentano spesso poco più cheun contenitore per le «partite attuative» (ridefinizione dei ruoli e deipoteri) che i diversi soggetti coinvolti mettono in atto.

2.2 Concentrazione e deintegrazione istituzionale

2.2.1 Il numero delle aziende sanitarie pubbliche si è ridotto del 23%,nell’ultimo decennio, con un’accelerazione negli ultimi 5 anni, specienelle regioni sottoposte a piani di rientro (vedi tabella 2). Il bacino diutenza provinciale è diventato la dimensione comune delle aziendesanitarie locali nella maggior parte dei SSR.

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Regioni con PdR 1992 1995 2001 2012(Piano di Rientro)Abruzzo 15 6 6 4Calabria 31 11 11 5Campania 61 13 13 7Lazio 51 12 12 12Liguria 20 5 5 5Molise 7 4 4 1Piemonte 63 22 22 13Puglia 55 12 12 6Sardegna 22 8 8 8Sicilia 62 9 9 9Totale Regioni con PdR 387 102 102 70

Altre Regioni 1992 1995 2001 2012Basilicata 7 5 5 2Emilia Romagna 41 13 13 11Friuli Venezia Giulia 12 6 6 6Lombardia 84 44 15 15Marche 24 13 13 1PA Bolzano 4 4 4 1PA Trento 11 1 1 1Toscana 40 12 12 12Umbria 12 5 4 4Valle d’Aosta 1 1 1 1Veneto 36 22 21 21Totale Altre Regioni 272 126 95 75Totale complessivo 659 228 197 145

Regioni con PdR 1995 2001 2012Abruzzo 0 0 0Calabria 4 4 4Campania 7 8 7Lazio 3 3 5Liguria 3 3 0Molise 0 0 0Piemonte 7 7 8Puglia 4 6 2Sardegna 1 1 1Sicilia 16 17 5Totale Regioni con PdR 45 49 32Altre Regioni 1995 2001 2012Basilicata 1 1 1Emilia Romagna 5 5 5Friuli Venezia Giulia 3 3 3Lombardia 16 27 29Marche 3 4 2PA Bolzano 0 0 0PA Trento 0 0 0Toscana 4 4 4Umbria 2 2 2Valle d’Aosta 0 0 0Veneto 2 2 2Totale Altre Regioni 36 48 48Totale complessivo 81 97 80

Tabella 2. Il numero delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere

Fonte: Rapporto OASI, Cergas Bocconi 2012

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Q10 I Quaderni di FIASO

2.2.2 Seppure apparentemente semplici, le dinamiche relative alnumero delle aziende non sono di immediata lettura. La strutturaattuale del sistema è, infatti, l’esito di due distinti processi evolutivi chehanno nel tempo modificato l’originaria configurazione delle aziendescaturita dall’applicazione del cosiddetto modello 833. Rispetto alleUSL come organizzazioni integrate e tendenzialmente ancorate a livellocomunale, a partire dalla riforma del 93, si è assistito, da una parte, aun processo di concentrazione per cui da più di 650 aziende si èpassati a poco più di 200 e, dall’altra, alla nascita di una nuova tipologiadi aziende1, le aziende ospedaliere, che si inseriscono nel sistemacaratterizzate da una propria specifica missione, avviando così unprocesso di deintegrazione istituzionale. Se le due dinamicheproducono effetti divergenti sul numero delle aziende, per alcuni versidevono essere considerati come complementari: la specializzazione cheaccompagna la deintegrazione, diminuendo in linea di principio lacomplessità aziendale, consente, sia sul fronte delle aziendespecializzate, sia su quello delle aziende «a vocazione integrata» dispingersi verso dimensioni via via crescenti. In questa prospettiva, finoai primi anni duemila i due fenomeni si sono compensati producendouna sostanziale stabilità nel numero complessivo delle aziende sanitariepubbliche. Nel decennio che ci siamo lasciati alle spalle l’effetto diconcentrazione e di aumento delle dimensioni medie ha iniziato aprendere il sopravvento, riducendo, come già segnalato, il numero delleaziende di circa un quinto.

2.2.3 La deintegrazione e, quindi, la varietà di aziende pubblicheoperanti e facenti parte dei sistemi sanitari regionali si èprogressivamente arricchita attraverso la comparsa di nuovi soggettiaziendali e l’evoluzione delle formule istituzionali tradizionali (leaziende universitarie, l’aumento degli IRCCS, l’apparire di fondazioni).Come è noto il fenomeno si è allargato poi anche a funzioni nonsanitarie con la nascita di consorzi e società che si sono occupate diacquisti e gestione di servizi amministrativi. Sarebbe però riduttivoricondurre i cambiamenti che coinvolgono i confini delle aziende allesole modificazioni istituzionali. Accanto a trasformazioni frutto di undisegno sovraordinato, il decennio trascorso ha visto le aziendeimpegnate a ridefinire i propri «confini produttivi». Si tratta delladiffusione di forme di outsourcing e partnership che si sono spinte fino azone di funzionamento per lungo tempo considerate core rispetto allamissione affidata alle aziende, come ad esempio i servizi sanitaridirettamente messi a disposizione dei pazienti. Il fenomeno hacoinvolto, in qualità di fornitore, le stesse aziende pubbliche, con il

1 In realtà la Lombardia, anche nel quadro della 833 aveva mantenuto i principali ospedali(cosiddetti multizonali) al di fuori delle USL.

Concentrazionee deintegrazioneistituzionale

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moltiplicarsi, soprattutto in alcune regioni e nelle aree urbane, diaccordi che affidano a questa o quella azienda la produzione di servizisanitari o amministrativi, anche utilizzando strutture e risorse di chiesternalizza il servizio.

2.2.4 L’evoluzione appena descritta impone di guardare ai confini nonpiù come «perimetri chiusi» che delimitano gli spazi di azione delleaziende, ma come membrane più o meno permeabili attraverso lequali le aziende si connettono, sia al resto del sistema, sia all’ambientein generale, e acquisiscono risorse e servizi necessari al perseguimentodella loro missione. Le valutazioni, su cui ogni riassetto istituzionaledovrebbe fondarsi, circa la complessità che le aziende (e, in manieradiversa, i sistemi) sono chiamate a gestire devono quindi incorporareuna componente di complessità, largamente indipendente dallaestensione dei bacini di riferimento o dei processi produttivi,rappresentata dall’intreccio di relazioni che l’azienda stessa intrattienecon altre aziende, pubbliche o private che siano.

2.3 I processi di grip back, ovvero il riaccentramento

2.3.1 Una delle ragioni che hanno spinto e continueranno a spingerein direzione di una diminuzione nel numero delle aziende pubbliche èla tendenza delle regioni - con ragioni, modalità e intensità diverse - agiocare un ruolo diverso e di maggiore rilievo nel funzionamento deisistemi sanitari e, nel contempo, ad assicurarsi un migliore controllo suicomportamenti e i risultati delle aziende, soprattutto sotto il profilofinanziario. Se gli anni novanta sono stati caratterizzati da unainterpretazione del paradigma aziendale che vedeva la strada maestraper il miglior funzionamento del sistema nel suo complesso nelperseguimento da parte di ciascuna azienda delle proprie convenienzee dei propri obiettivi, il decennio successivo ha virato in direzione di unperseguimento diretto dei risultati di sistema a cui subordinare, dovenecessario, le autonomie e le razionalità aziendali.

2.3.2 Ciò non significa che anche prima degli anni duemila alcuneregioni non fossero intervenute per sfruttare potenziali sinergie disistema (es. costituzione delle prime centrali acquisti come soggettisovraziendali). Il 2001 deve però considerarsi un vero e propriospartiacque per gli effetti dell’Accordo Stato-Regioni dell’8 agosto chedecretava la piena responsabilizzazione finanziaria delle Regioni per lacopertura del loro disavanzo sanitario (principio del «chi rompe paga»).Da quel momento in poi si avviano processi di razionalizzazione eriorganizzazione dei SSR che mostrano segni evidenti diriaccentramento regionale (grip back) e anticipano i processi di latente,ma sostanziale, riaccentramento a livello nazionale con i Piani diRientro, a partire dal 2007.

Concentrazionee deintegrazioneistituzionale

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Q12 I Quaderni di FIASO

I processi di gripback, ovvero ilriaccentramento

2.3.3 I processi di grip back tendono a far prevalere logiche erazionalità sovraordinate rispetto all’autonomia aziendale, rafforzandouna visione dei sistemi regionali come gruppo di aziende pubblichedirette da una holding regionale cui pertiene interamente la titolarità deirisultati così come l’onere per il loro conseguimento. Tale visione trovala sua più estrema applicazione in alcune esperienze di regionisottoposte a Piani di Rientro (PdR) dove gli interventi sugli spazi diautonomia delle aziende sono stati di tale entità da relegarle al ruolo diunità operative di centri decisionali accentrati a livello regionale o,addirittura, nazionale. Senza generalizzare esperienze, come quelle deiPdR, che dovrebbero rimanere eccezionali, le regioni hanno utilizzatouna pluralità di strumenti (dai riassetti strutturali ai meccanismigestionali e amministrativi) per garantirsi, da una parte, lo sfruttamentodi potenziali sinergie e, dall’altra, un miglior controllo delle aziende (sinoti che i due obiettivi sono, in una certa misura, indipendenti).Esemplare da questo punto di vista è l’esperienza delle entità incaricatedegli acquisti consorziati che tendono a perseguire obiettivi sia diefficienza economica (prezzi e diminuzione dei costi amministrativi) siadi controllo esterno su quantità e qualità dei consumi di beni e servizi(vedi figura 1).

2.3.4 L’asse prevalente sul quale si esprimono le politiche regionalirimane comunque quello economico finanziario. Ciò aiuta acomprendere meglio le spinte in direzione di una riduzione nelnumero delle aziende (almeno di quelle direttamente impegnate nella

Fonte: Amatucci, F., and S. Mele. “I processi di acquisto di beni e servizi nelle aziende sanitarie” Elementi di innovazionee modelli di accentramento, Egea: Milano (2012)

Figura 1. La diffusione delle centrali acquisti

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messa a disposizione dei servizi). L’idea di fondo largamente diffusa,spesso implicita e, comunque, poco argomentata e non dimostratache sembra muovere alcune decisioni è che aziende più grandipossano assicurare un miglior controllo delle dinamiche finanziarie(limiti di spesa) e che anche la diminuzione di complessità del sistemapossa contribuire al conseguimento del medesimo risultato.

2.4 Dimensioni, economie di scala, logiche di rete edeterogeneità dei servizi

2.4.1 Mutando la prospettiva, è possibile interpretare la tendenzaall’aggregazione a partire dal tema dei processi produttivi delleaziende in questione. Per lungo tempo la razionalità dei processiproduttivi, ovvero le esigenze derivanti dallo svolgimento delleoperazioni tecniche e dalla loro concatenazione, non ha rappresentatouna questione in grado di condizionare più di tanto le scelte intermini di estensione, sia sui confini interni (la strutturaorganizzativa), sia su quelli esterni (l’assetto istituzionale). La matriceburocratica, dominante nei processi amministrativi e di supporto,interpretava sì il funzionamento in prospettive latamenteproduttivistiche (le concezioni meccanicistiche che derivano dallavisione weberiana), ma la proceduralizzazione (predeterminazionedelle sequenze operative) e la natura dei processi produttivi(applicazione di saperi giuridico-formali da parte di impiegati-funzionari) precludevano la possibilità di ottenere economie legatealla dimensione. Il dimensionamento dei processi in questionerisultava perfettamente modellabile rispetto a una variabile esogenacome quella dell’azienda e solo all’interno del perimetro aziendaledato diveniva conveniente la ricerca di economie di specializzazioneperseguite attraverso strutture organizzative di natura funzionale. Sulversante opposto, quello sanitario, si registravano fenomeni per certiversi analoghi. La dimensione largamente dominante nel disegno dellestrutture e delle responsabilità era quella del sapere medico, per dipiù nella sua versione specialistica e individuale. Così la «cellulafondamentale» e tendenzialmente «autarchica» di un funzionamentoistituzionalmente organizzato, ma scarsamente interconnesso, eraquello della divisione e del primario, il quale, del sapere che ne eraalla base, avrebbe dovuto rappresentare l’espressione più elevata. Insintesi e in una visione drasticamente semplificata, le dinamiche e leesigenze dei processi produttivi rimanevano abbondantemente al disotto della soglia delle unità operative, le quali, a loro volta, rispettoalle dimensioni aziendali rimanevano talmente lontane da nonrappresentare una variabile da considerare nel disegno istituzionale.L’assetto istituzionale poteva così essere disegnato in maniera in largaparte indipendente dai processi gestionali e produttivi, circoscrivendo

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il funzionamento di entità le cui interdipendenze poco venivanotoccate dall’appartenza a una medesima entità aziendale.

2.4.2 I due decenni trascorsi dall’avvio dell’aziendalizzazione hannomodificato le condizioni di svolgimento dei processi amministrativi edi supporto e le concezioni che ne hanno sorretto e continuano asorreggerne l’evoluzione. L’elemento forse meno appariscente, madecisivo nello sbloccare alcune dinamiche, è la progressiva distinzionetra processi amministrativi e funzioni gestionali. Via via che leprocedure amministrative si «neutralizzano» - e non sono più, per illoro ruolo di intermediazione delle risorse necessarie alfunzionamento, la leva implicita per il governo di organizzazioniprofessionali - possono essere ricondotte alla loro dimensionemeramente produttiva. Diventa quindi possibile, oltrechè conveniente(economie di scala conseguibili), riflettere sulle dimensioni possibilidei processi amministrativi e di supporto, senza immediatamenteipotizzare una loro subordinazione alle dimensioni tipiche deiprocessi gestionali (l’azienda). Il punto qui rilevante, non è solo unodei possibili esiti della riflessione, quello delle centrali di acquisto eamministrative che hanno coniugato le possibili economie di scala suiprocessi produttivi interni con le economie di sistema, la possibilità dispecializzazione e il controllo sui costi delle aziende servite. Bisognaanche considerare l’autonomizzazione della dimensione produttivadei processi amministrativi e di supporto come fenomeno in sé, cheentra a pieno titolo nelle considerazioni sull’estensione e la missionedelle aziende del sistema. In questo senso l’autonomizzazione siinserisce nelle forze che spingono verso l’aumento delle dimensioniaziendali, sia quando conduce alla costituzione di aziendespecializzate - le altre aziende liberate di alcuni processi, possonovedersi aumentate le dimensioni -, sia quando ciò non avviene - nellaprogettazione delle dimensioni aziendali bisogna tenere conto deivantaggi conseguibili attraverso processi amministrativi e di supportosu scala più ampia.

2.4.3 Nello stesso periodo e analogamente profonde trasformazionihanno investito i processi sanitari. Il quadro delle forze all’opera èmolto complesso, ma può essere qui sufficiente richiamare ilprogressivo ampliarsi degli orizzonti rilevanti per il funzionamento diquelle che una volta erano unità tendenzialmente autosufficienti,ampliamento testimoniato dal diffondersi dei dipartimenti, spessodistribuiti sui più presidi e stabilimenti, dalle logiche e meccanismi ditipo hub and spoke che legano tra loro unità distanti e ancheappartenenti ad aziende diverse, allo sviluppo di reti cliniche cheprefigurano logiche di governo che eccedono i confini aziendali. Inmaniera meno evidente, è lo stesso modello integrato difunzionamento dei servizi sanitari a essere messo in discussione

Dimensioni,economie discala, logichedi rete edeterogeneitàdei servizi

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attraverso la progressiva distinzione tra i saperi clinici e le loromodalità di organizzazione, da una parte, e le piattaforme operative eassistenziali che insieme ai saperi stessi rendono possibile la cura dellepersone, dall’altra. La distinzione tra i due elementi rende evidente ladiversa scala di operazioni che li caratterizza e consente a ciascuno diessi una migliore ricerca delle dimensioni, tendenzialmente più estesedi quelle comunemente assunte, più adeguate alle proprie specificheesigenze. Anche in questo caso il tema delle scale operative riesce aemergere e a influenzare, almeno indirettamente, le scelte e ledinamiche relative alle dimensioni aziendali. Se si considerano anchela tradizionale difficoltà delle aziende e dei sistemi pubblici a gestirele interrelazioni di carattere funzionale (le reti) e la ricerca semprepiù necessaria di razionalizzazioni strutturali (chiusura oriconversione di piccoli stabilimenti e/o unità operative),tendenzialmente più agevoli all’interno di perimetri aziendali ampi, sicomprende come le dinamiche che caratterizzano i processi sanitari ela loro organizzazione possano alimentare una tendenza a espanderele dimensioni aziendali.

2.4.4 Se si considera in una prospettiva di insieme quanto fin quibrevemente accennato sull’evoluzione dei processi produttivi, emergecome le aziende e i sistemi pubblici si stiano trovando ad affrontareun tema relativamente nuovo, producendo tendenzialmente rispostepiù collocate sul terreno istituzionale rispetto a quello funzionale egestionale. Ciò significa che quando il tema dell’eterogeneità deiservizi diventa anche quello della varietà delle scale operative diriferimento e queste interrogano le scelte sulle dimensioni aziendali,fino ad allora segnate da dinamiche prettamente istituzionali epolitiche, il riflesso spontaneo è quello della ricerca di un «minimocomune multiplo». In un ambiente istituzionale e politico che sembraora prediligere logiche di concentrazione aziendale, la risposta piùsemplice al problema di come fare convivere nella medesima aziendaprocessi produttivi diversi non può che essere quella di ingrandire leaziende affinché siano in grado di contenere il massimo di razionalitàproduttive possibili. Il rischio evidente è che si tratti di un approccio«addittivo», per il quale l’azienda diventa il semplice contenitore diprocessi produttivi, una sorta di stabilimento multiprodotto, senzache ci si interroghi compiutamente sul perché quei processi debbanoritrovarsi interconnessi in una unica unità e, rispetto a quel perché eal suo conseguimento, contemperare le diverse necessità e valutare leopportunità.

2.5 Le aziende come costi della politica2.5.1 Come già richiamato l’ambiente politico istituzionale èattraversato da dinamiche che tendono a considerare con sempre

Dimensioni,economie discala, logichedi rete edeterogeneitàdei servizi

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maggiore interesse l’opzione della riduzione del numero delle aziendesanitarie pubbliche. Tutte possono essere meritevoli di una certaattenzione, ma una di queste e, purtroppo difficilmente classificabiletra le meno rilevanti, deve essere in tutti casi rimossa rapidamentedal dibattito. Si tratta di una certa tendenza a ricondurre lariflessione, soprattutto quella che coinvolge l’opinione pubblica, circale aziende sanitarie pubbliche sul terreno dei «costi della politica». Inquesta prospettiva, le aziende sanitarie pubbliche e i loro organidecisionali vengono visti come espressione del sistema politico, nelmigliore dei casi come una sovrastruttura superflua, nel peggiorecome parte di un circuito di favoritismi e dilapidazione delle risorsepubbliche. Il bilancio della riduzione di una unità nel numero delleaziende vede così all’attivo una virtuale riduzione di costi dellapolitica per stipendi e funzionamento degli organi indicati tra icinquecentomila e il milione di euro e al passivo nulla.

2.5.2 Si tratta di argomenti che si insinuano nel dibattito - anche inmaniera implicita, come dimostrano alcune delle argomentazioniutilizzate per la riduzione degli stipendi dei direttori generali - erappresentano vere e proprie profezie autoavverantesi. Alladelegittimazione delle aziende e del loro management non può checonseguire una riduzione degli spazi di azione e minore efficaciadell’azione manageriale, con un argine più debole al prevalere degliinteressi particolari e l’abbandono di standard anche minimi sullaselezione dei gruppi dirigenti (se si tratta di costi della politica, l’unicastrada è ridurli ed è inutile impegnarsi in una loro qualificazione).

2.5.3 Senza sottovalutare la portata e l’impatto della crisi dellapolitica nel nostro paese e i loro riflessi sulla legittimazione delleaziende pubbliche, è necessario ribadire il ruolo delle aziende comestrumenti insostituibili per il soddisfacimento di bisogni pubblicicomplessi. La stessa questione delle dimensioni e del loro numeropuò essere una occasione per rendere esplicite e proporre alladiscussione pubblica le ragioni che ne sorreggono l’esistenza.

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Una duplice prospettiva di analisi

3.1 La domanda principale quando si affronta il tema dei confiniaziendali è quali possano essere le dimensioni dell’azienda in grado diconsentirle di ottenere, almeno in linea di principio, i migliori risultati.La questione è affrontabile da due prospettive: la statica comparata e ladinamica dei sistemi. Nel primo caso si prescinde dall’elemento tempo,mentre nel secondo lo stesso elemento è essenziale per collegare tra lorotutti gli elementi che influenzano il problema.La statica comparata è utile per identificare gli elementi di influenza e ledifferenze tra uno stato e un altro, diverso, la dinamica dei sistemiconsente di comprendere come il cambiamento di un sistema, comequello aziendale, che ha una propria inerzia insieme a una intrinsecacapacità evolutiva non sia istantaneo, ma implichi un percorso cui sonotipicamente associati dei costi prima di poter godere dei risultati. Spessonei sistemi pubblici l’enfasi prevalente sul cambiamento istituzionale esulle modifiche, per loro natura istantanee, del quadro normativoconduce a privilegiare schemi di ragionamento essenzialmentericonducibili alla statica comparata che sottovalutano i costi e le difficoltàassociate alla trasformazioni di sistemi complessi.

3.2 L’alternante prevalere delle dimensioni che determinano laconfigurazione d’azienda (statica comparata)3.2.1 Ragionando in logica di statica comparata, come se si disegnasseroastrattamente le nuove configurazioni su un foglio bianco, gli assettiistituzionali delle aziende pubbliche si determinano mediante ilcontemperamento armonico di esigenze che nascono da elementipotenzialmente divergenti, quali:• la razionalità politico-istituzionale, intesa come la capacità di un

sistema pubblico di garantire una adeguata espressione erappresentanza ai diversi interessi, che devono essere soddisfattidall’azione delle aziende pubbliche;

• la razionalità aziendale, che trova la sua origine nella constatazioneche i processi produttivi non sono isolati gli uni dagli altri, marisultano variamente intrecciati gli uni agli altri nel perseguimento difinalità unitarie, per cui la razionalità complessiva del sistemaaziendale non è la semplice sommatoria delle razionalità dei singoliprocessi;

• la razionalità tecnica, che deve caratterizzare l’organizzazione deiprocessi produttivi e che deriva dalle sequenze operative necessarieper realizzare i singoli prodotti o servizi.

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3.2.2 I processi di riassetto istituzionale dovrebbero avere comeobiettivo di fondo quello di garantire un impianto in cui le esigenze ei contributi della rappresentanza politico – istituzionale, le razionalitàaziendali e la razionalità dei processi tecnici possano trovare uncontemperamento tale da assicurare alla collettività di riferimento unsistema sanitario sostenibile, nel quadro delle autonomie eresponsabilità affidate alle collettività locali. Nell’esperienza del SSNe delle sue aziende, piuttosto che alla ricerca di un contemperamentotra le diverse esigenze, si è spesso assistito al prevalere di una singoladimensione con un sacrificio delle altre due e si è trattato il più dellevolte della dimensione politico – istituzionale

3.3 La dimensione politico-istituzionale quale ancoraggioper la determinazione dei confini aziendali3.3.1 Gli assetti istituzionali, insieme ai confini, definiscono i soggettiche a diverso titolo sono portatori di interessi e responsabilità neiconfronti dell’azienda. Gli stessi assetti definiscono, soprattutto inrelazione ai soggetti che hanno responsabilità di governo dell’azienda,regole e modalità della loro interazione. Con una impropria, maevocativa semplificazione, la vasta platea dei soggetti interessati puòessere riportata alle categorie della proprietà, del management e deidestinatari dei servizi (il mercato di riferimento). L’evocatività di unasemplificazione impropria non deve comunque far dimenticare chenelle aziende pubbliche, a differenza di ciò che avviene nelle imprese,il soggetto nell’interesse del quale l’attività viene posta in essere è lacollettività di riferimento (in particolare i destinatari dei servizi) e chequesta esercita una funzione per certi versi analoga a quella dellaproprietà attraverso le forme e le istituzioni che assicurano larappresentanza politica. Ciò spiega come il dibattito sui confini delleaziende pubbliche non possa prescindere e sia condizionatodall’impianto delle istituzioni rappresentative.

3.3.2 Così, una volta superato l’incardinamento delle aziendepubbliche sanitarie nel livello comunale tipico dell’assetto 833, laregionalizzazione ha trovato nelle province, seppure con sceltelargamente differenziate sul bilanciamento tra aziende territoriali eaziende prive di un preciso bacino di utenza istituzionalmentedefinito, un ambito di riferimento significativo. Bisogna peròprecisare come il riferimento alla provincia si configuri più come lanecessità di avere una denominazione riconoscibile di un ambitogeografico più esteso di quello sovracomunale, che un vero e proprioancoraggio istituzionale. In altri termini, la spinta all’aumento delledimensioni aziendali - consentita dal nuovo ruolo delle regioni, dalleesigenze di governo dei sistemi e dalle necessità di funzionamentoaziendale - aveva bisogno di agganciarsi a una entità riconosciuta, laquale non poteva che essere la provincia.

L’alternanteprevalere delledimensioni chedeterminano laconfigurazioned’azienda

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3.3.3 Se la provincia, a partire dagli anni ’90, diventa l’ambitogeografico di riferimento per un nuovo dimensionamento delleaziende sanitarie, anche per quelle non strettamente territoriali, sulterreno della governance la dialettica rimane circoscritta ai due attorifondamentali della sanità: la regione in termini, sempre più rafforzati,di responsabilizzazione economico-finanziaria e il comune, comerappresentante tradizionale delle istanze delle collettività servite. Inquesta prospettiva le dinamiche che stanno investendo le provincenon prefigurano un cambiamento di scenario istituzionale per ilfunzionamento dei sistemi sanitari, ma potranno favorire unaulteriore spinta alla crescita delle dimensioni e al distacco dallerappresentanze locali.

3.4 L’emergere della dimensione gestionale ovvero la ricercadelle dimensioni gestibili

3.4.1 Un secondo elemento che condiziona la configurazione deiconfini aziendali delle aziende sanitarie pubbliche è la dimensionegestionale, che nel concreto evolversi dei SSR, a partire dalla secondametà degli anni novanta, ha trovato uno spazio nel varco aperto dalladialettica tra le istanze di responsabilizzazione e controllo managerialea livello regionale e il ruolo delle rappresentanze locali. Lo spazio peruna revisione delle dimensioni aziendali che abbandonasse le logichemeramente istituzionali è stato occupato da soluzioni guidate da unparticolare tipo di esigenze gestionali, quelle relative al governo delgruppo pubblico e che hanno finito per lasciare in secondo piano itemi che attengono al governo di aziende di dimensioni maggiori diquelle del passato.

3.4.2 Come già in precedenza accennato, l’idea di una holdingregionale, responsabile dei risultati complessivi di sistema, tende aconcepire le aziende come unità produttive periferiche e a guardarealle autonomie delle aziende come a un problema in sé, piuttosto chea una risorsa in grado di ridurre i problemi che il livello regionaledeve affrontare e risolvere. In questa concezione le aziende non sonochiamate a concorrere alla costruzione di un equilibrio sempreproblematico nel suo conseguimento, non devono legittimamenteoccupare un proprio spazio strategico, ma devono soltanto realizzareil disegno sovraordinato di una capogruppo, presidiandoprevalentemente, se non esclusivamente, le frontiere di efficienza. Leaziende sono, quindi, anelli della catena di governance, che è tanto piùcomplessa, poco gestibile e responsabile quanto maggiore è il numerodelle unità che la compongono. In questo senso ogni riduzione nelnumero delle aziende viene considerata come una operazione disemplificazione che aumenta la governabilità del sistema e lapredicibilità dei suoi comportamenti.

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3.4.3 Esemplare, da questo punto di vista, sono alcuneconsiderazioni che hanno accompagnato la costituzione dell’aziendaunica della Regione Marche e che sottolineavano come quella sceltaconsentisse:(1) di semplificare l’articolazione complessiva del sistema regionale,

eliminando sovrastrutture di governo del sistema i cui contributiai processi decisionali ed operativi non giustificavano più gliinevitabili costi connessi alla complessità;

(2) alla regione di avere un unico interlocutore e momento di responsa-bilità aziendale per il governo delle risorse (il DG dell’azienda);

(3) rendere aziendalmente possibili, in tempi brevi, interventi forti dirazionalizzazione su alcune attività di supporto, che in quanto talinon hanno un impatto diretto sui servizi offerti alla popolazione;

(4) un deciso processo di divisionalizzazione su base geografica e,quindi, il conseguimento di maggiori livelli di razionalità operativaed economica all’interno, però, di un quadro unitario in grado disalvaguardare una sostanziale omogeneità nei livelli di risposta aibisogni per tutta la popolazione della regione.

3.4.4 Non si vuole qui argomentare che le finalità e le interpretazioniappena descritte non abbiano una coerenza e non colgano alcuneesigenze reali dei sistemi. Non è però ragionevole ignorare il ruoloche le aziende svolgono nel governare fenomeni complessi chedifficilmente trovano risposte soddisfacenti nelle dimensioni disistema, si tratta quindi di bilanciare le esigenze di semplificazionecon l’apporto che aziende ben configurate possono dare alconseguimento di equilibri accettabili.

3.4.5 Paradossalmente, a una sottovalutazione del contributo che leaziende possono dare al funzionamento dei sistemi, si accompagnauna sopravvalutazione delle capacità che esse possono esprimere nelgoverno della complessità. In termini generali è bene ricordare che leaziende sanitarie pubbliche (in misura diversa quelle private) sonosegnate da elementi di peculiare e strutturale complessità. È noto eampiamente affrontato il tema della frammentarietà delleorganizzazioni professionali, popolate da vari gruppi e sottogruppiche hanno, insieme ad aspettative, interessi, prospettive, linguaggi eobiettivi tendenzialmente divergenti e talvolta conflittuali, un ampiopotere, tanto nella definizione delle strategie, tanto nella loroimplementazione. Sono altrettanto note le pressioni continue che lemedesime aziende ricevono da vari e diversi stakeholder esterni,anch’esse legittimati e potenti nell’influenzare il corso strategico delleaziende e anch’essi portatori di interessi e culture altrettantodivaricate. Accrescere le dimensioni aziendali per diminuire lacomplessità del sistema, può, quindi, riflettersi in un aumento più cheproporzionale della complessità aziendale, aumento che non

L’emergeredella dimensionegestionale,ovvero la ricercadelle dimensionigestibili

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necessariamente si risolve in un bilancio negativo dell’interaoperazione, ma che richiede una riflessione sui e un rafforzamentodei modelli manageriali. Si badi bene che il tema non è riducibile allesole competenze e risorse di cui dispone il top management, ma siestende a tutte le strutture e condizioni per l’esercizio delle funzionigestionali a partire dal ruolo del middle management. In termini piùspecifici e limitandosi a ciò che è emerso in sede di consensus conference,almeno tre sono le potenziali aree problematiche derivanti da unadilatazione dei confini aziendali.

3.4.6 Esiste innanzitutto un rischio relativo al coordinamento degliattori, tanto quelli esterni, quanto quelli interni. L’ampliamento deiconfini aziendali può non significare un incremento della popolazioneservita, ma può comportare l’incremento del numero e della diversitàdegli interlocutori esterni. Il caso dell’ASL di Trento è paradigmaticodi questa situazione. L’ASL provinciale ha un bacino di utenza dipoco superiore ai 550 mila abitanti, dimensioni non drammatiche intermini di complessità operativa, ma il confronto istituzionaleavviene con 217 sindaci, dimensione, questa sì problematica, per lafunzione e il ruolo del top management. La medesima complessità sireplica internamente perchè le aggregazioni ampliano la diversità deigruppi e delle culture professionali interne, che fanne lievitare letensioni organizzative e rendono difficoltosi gli sforzi tesi a garantirel’unitarietà degli intenti insieme a un efficiente ed efficacefunzionamento operativo.

3.4.7 Un secondo rischio riguarda la complessità cognitiva chescaturisce dall’ampliamento dimensionale, complessità che si traduce,in primo luogo, nell’aumento delle tensioni organizzative cui il topmanagement è chiamato a dare risposta. Il tema è di particolarerilevanza per le ASL che possono risultare più complesse delle AO,favorite queste ultime, in linea di principio, dalle dimensioni piùridotte, dalla focalizzazione/specializzazione operativa e dall’assenzanella loro struttura dei costi dell’area dei consumi esterni. Al cresceredelle dimensioni e della complessità è inevitabile ridurre l’ampiezzadella supervisione diretta (span of control), quale meccanismo digoverno. L’ampliamento del perimetro aziendale e delleresponsabilità, da una parte, e la riduzione della zona direttamentecontrollata dal top management, dall’altra, impongono un aumento delleposizioni manageriali intermedie e delle responsabilità loro affidate.La conseguenza più probabile è una maggiore tensione trameccanismi verticali, progettati principalmente per favorire ilcontrollo, e meccanismi orizzontali, volti ad assicurare ilcoordinamento e la collaborazione, in un contesto, come quello diuna azienda professionale, in cui ogni aumento delle sovrastruttureorganizzative e gestionali viene vissuto con fastidio. In secondo luogo,

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lo stesso tema si pone in una prospettiva dinamica e assume la formadelle difficoltà di generare e guidare il cambiamento (stallo strategicoe diluizione del cambiamento). Ogni scelta strategica nelleorganizzazioni pluralistiche deve essere condivisa e partecipata con ilvasto insieme di soggetti (interni ed esterni) che giocano un ruolo diuna certa rilevanza nel funzionamento effettivo, se gli stessi soggettidevono poi contribuire attivamente all’attuazione delle decisioni.Ciò presuppone, però, una azione paziente da parte del managementvolta a costruire le condizioni per una condivisione dei presuppostidecisionali, prima, e delle decisioni, poi, tra soggetti, dotati di istanzee obiettivi propri. Se le risorse di tempo e attenzione che ilmanagement può mettere a disposizione di tale delicato processo nonsono sufficienti emerge un rischio di stallo strategico, la gestione procede inassenza di obiettivi condivisi (assenza di consenso strategico), oppure didilazione del cambiamento, obiettivi non realizzati nei tempi attesi epermanentemente procrastinati.

3.4.8 Un terzo rischio concerne la dimensione motivazionale deiportatori di interesse esterni e interni, nella prospettiva di un topmanagement in grado di alimentarne costantemente la motivazione e ilcomune orientamento agli obiettivi aziendali. I riassetti istituzionaliimplicano sempre un cambiamento strategico e organizzativo che deveabbinarsi alla consapevolezza di dover gestire con continuità ilcambiamento. I vertici aziendali devono convincere e motivare conperseveranza nel tempo soggetti interni ed esterni che per naturasono orientati a difendere i propri interessi e i propri punti di vista,anche distorcendo i processi manageriali e i sistemi operativi.L’ampliamento dei confini aziendali, in tempi di riduzione drasticadelle risorse, aumentando il numero e la diversità di questi portatoridi interesse finisce con l’aumentare il rischio che il top managementnon possa assolvere efficacemente a tale funzione

3.5 L’emergere della dimensione operativa ovvero la ricercadelle dimensioni ottimali3.5.1 Nella retorica della modernizzazione dei sistemi sanitari lalocuzione “economie di scala” è sempre più ricorrente. Con essa siintende una proprietà economica della produzione/erogazione di benie servizi che si manifesta quando all’aumento della scala operativa sicorrela una diminuzione del costo medio unitario di produzione diuna prestazione, in questo caso sanitaria. In questa ottica, il problemadei confini aziendali si risolve con l’identificazione di una dimensionedella scala operativa minima efficiente oppure ottimale. Si tratta didefinire il livello di produzione al quale corrisponde l’impiego piùefficiente possibile dei fattori produttivi sotto il versante tecnico edeconomico.

3.5.2 Le economie di scala possono derivare dalla presenza direndimenti di scala crescenti. Le economie di scala

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L’emergere delladimensioneoperativa, ovverola ricerca delledimensioniottimali

si riferiscono alla riduzione del costo medio unitario di produzioneoriginato dall’aumento delle dimensioni operative. Quando invecea un aumento dei fattori produttivi impiegati si ottiene un aumento“fisico” più che proporzionale degli output più propriamente ci si deverifere a rendimenti di scala crescente.Le economie di scala possono derivare anche da economiemonetarie. Nulla cambia dal punto di vista “fisico” (input/output), maalle maggiori dimensioni corrisponde un maggiore potere (d’acquisto)del soggetto aziendale. Il caso più emblematico è legato allecondizioni più favorevoli che possono ottenersi nell’acquistare fattoriproduttivi, come materie prime e beni intermedi, per quantitàmaggiori. Un caso meno noto, ma comunque importante in sanità, èla possibilità di un minor costo del reperimento di risorse finanziariequando le dimensioni aziendali sono maggiori, come nel caso dellesocietà veicolo costituite per operazioni di cartolarizzazione degliattivi allo scopo di ripianare l’indebitamento con i fornitori.

3.5.3 La concentrazione delle risorse umane e tecnologiche (economie di scaladinamiche). Le economie di scala, appena descritte, possono realizzarsiquando gli input e gli output sono standardizzabili: interessano quindiin principal modo le attività e le funzioni non prettamente cliniche.I servizi sanitari - quelli più propriamente clinici - non sono perdefinizione standardizzabili, per cui le aziende sanitarie – che sonoknowledge intensive - sul versante clinico possono ottenere, comunque,delle riduzioni dei costi medi unitari in base all'esperienza che iprofessionisti accumulano (vedi figura 2). In questo caso si parla piùpropriamente di economie di apprendimento, che includono l’interagamma di miglioramento del know how e delle procedure che avviene

Fonte: Besanko, D., Dranove, D., Schaefer, S., & Shanley, M. (2009). Economics of Strategy, 5th International StudentEdition, John Wiley & Sons Ltd, New York

Figura 2. Economie di scala ed effetto apprendimento

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passivamente per il solo fatto che la produzione cumulata diprestazioni tende ad aumentare. La ricerca di questa forma dieconomia in sanità tende a concentrare risorse umane e tecnologichein unico sito e dovrebbe favorire, da un lato, un miglioramento dellacurva di esperienza e, dall’altro, la qualità dell’outcome.

3.5.4 La ricerca di economie di scala può trovare risposta nelladifferenziazione istituzionale, attraverso la costituzione di nuovisoggetti per la gestione delle piattaforme logistiche. L’evoluzionetecnologica, soprattutto quella collegata alla Information CommunicationTechnology (ICT), e lo sviluppo dei meccanismi di gestione, consente diguardare a un rilevante numero di funzioni amministrative e tecnichecome processi di supporto, che possono essere materialmentedisgiunti dalla produzione e dalla erogazione dei servizi sanitari edessere pensati come piattaforme di servizi puntualmente messe adisposizione dei processi sanitari, ma la cui produzione può seguirelogiche e razionalità proprie. Può trovare risposta anche nellacostituzione di sistemi reticolari nella forma di hub and spoke. In molticasi la difficoltà di realizzare e poi in seguito governare queste retispinge ad un ampliamento dei confini aziendali per includere nelproprio perimetro l’intera rete e scala operativa.

3.5.5 Le aziende del settore sanitario, specie quelle pubbliche,presentano un’elevata rigidità della struttura dei costi, per cui lemaggiori esigenze di sostenibilità economica-finanziaria inducono laricerca di sempre crescenti economie di scala. Alla ricerca dieconomie di scala si disgiungono i servizi di supporto dallepiattaforme di produzione dei servizi clinici, creando nuovi soggettiaziendali oppure reti interaziendali. Sul piano istituzionalel'allargamento dei confini aziendali diventa spesso la risposta alledifficoltà percepite di gestione di reti estese.

3.6 Analisi dinamica dei sistemi3.6.1 La prospettiva di statica comparata permette di soffermarsisugli elementi da considerare ai fini della progettazione, ma è ovvioche non è sufficiente progettare astrattamente una nuovaconfigurazione istituzionale perché questa da subito possa svolgere ilsuo compito con livelli di efficacia ed efficienza soddisfacenti. Non sipassa immediatamente e istantaneamente da uno stato a) ad uno statob), specie quando gli oggetti sono sistemi evolutivi come le aziende.

3.6.2 La prospettiva dei sistemi evolutivi induce a pensare che esisteun percorso storico che non può trascurarsi. Ogni organizzazione hauna naturale tendenza a non cambiare (inerzia organizzativa) chedipende dalla rigidità delle risorse, specie quelle umane, e dallarigidità delle routine organizzative. I riassetti istituzionali obbligano al

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cambiamento, ma di per sè non sono sufficienti, specie se imposti perlegge, ad infrangere l’inerzia organizzativa. Superarla e favorire ilcambiamento significa spesso investire nel modificare le risorse e nelmodificare i caratteri e le logiche alla base delle routine organizzative.Ma questo non sempre è possibile perchè è molto complicato.

3.6.3 Se piuttosto che progettare configurazioni organizzative perastrazione (statica) ci si sofferma sull’osservazione empirica delleaggregazioni di questi anni ci si accorge ad esempio che:• gli shock istituzionali non sono di per sè utili: non è sufficiente

pensare che occorrano gli stessi pochi mesi, sia per trasformare laformula gestionale di aggregazioni sovraziendali per le funzioni disupporto, sia per rendere operativo un nuovo sistema di contabilitàanalitico di magazzino che sostituisca i precedenti sviluppati dadiverse aziende;

• in vari casi si procede per sperimentazioni che necessitano poi diripensamenti, adattamenti e riadattamenti continui (processi “trialsand errors” di configurazione degli assetti istituzionali);

• i fini deliberati per il riassetti istituzionale sono deviati da istanzeemergenti, come nel caso in cui il ridisegno istituzionale è pensatosulla base di elementi di razionalità economica, per superare laframmentazione del sistema, ma esigenze politico-istituzionali nedistorcono il processo e l’esito.

3.6.4 L’inerzia organizzativa è il lato oscuro dei riassetti istituzionali.Nella maggior parte dei casi, l’ampliamento dei confini è guidato daaspettative troppo positive dei benefici tratti dalle sinergie operative (èsignificativo il fatto che tali benefici non sono mai stati calcolati e pocariflessione circola su come dovrebbero calcolarsi, nonostante laletteratura in merito), spesso non accuratamente determinate,trascurando i costi economici ed organizzativi che, specie nel periodoiniziale del riassetto, tendono ad essere superiori ai benefici e nelimitano in seguito l’entità. Non è questa la sede per illustrare ediscutere i costi delle aggregazioni, ma vale la pena tracciare alcuneriflessioni specifiche per le aziende sanitarie che nascono per l’appuntodall’osservazione di quanto si sta verificando.

3.6.5 La nascita di nuove aziende per aggregazione comporta,innanzitutto, la perdita della memoria storica delle precedentiaziende. Non ci si riferisce ad una generica “operazione nostalgia”,ma al fatto che scompare la storia, non tutta, ma quella peggiore.Gli errori del passato vengono completamente e immediatamenterisucchiati dalla storia recente. Capita così che scarse performanceaziendali addebitabili a precise responsabilità manageriali vengano dicolpo dimenticate.

3.6.6 Un secondo costo organizzativo attiene alla necessità di uncambiamento radicale dei sistemi operativi. L’allargamento dei

Analisi dinamicadei sistemi

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Q26 I Quaderni di FIASO

confini aziendali non comporta una loro automatico adattamento.Occorrerà tempo perchè i sistemi operativi possano omogeneizzarsie rendere il funzionamento aziendale più agevole.

3.6.7 Il terzo, forse più rilevante, costo riguarda la perditadell’identità aziendale. Le organizzazioni sanitarie, come più volteribadito, presentano identità multiple subaziendali che le rendonodeboli dal punto di vista manageriale se si pensa alla garanzia di unaunitarietà di intenti strategici. Quando le identità aziendali sonovarie e divergenti, i più potenti meccanismi di integrazione sonoquelli soft che fanno riferimento ai valori di fondo, alla cultura,all’identità aziendale. L’identità aziendale è un mix inimitabile di“mente, anima e voce”. La parte razionale consiste nella visione,nella filosofia aziendale, nella strategia, nella performance, nella storiadell’azienda.La parte emotiva riguarda il mix di subculture professionali, idistinti valori e le affinità professionali, l’immagine dell’azienda. Lavoce concerne il radicamento territoriale, storico, culturale con lacollettività di riferimento, che orienta il comportamentodell’organizzazione e dei professionisti. Non è duplicabile,trasferibile, ampliabile. Si forma con il tempo e dura ampi orizzontitemporali. Ristabilire un’identità che funga anche da meccanismo diintegrazione di soggetti aziendali deboli non è semplice, non èscontato, non è immediato. Questo spiega perchè le aggregazioni,

Figura 3. Benefici associati ai riassetti

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Figura 4. Le dimensioni dell’identità aziendale (adattato da Rutitis et al., 2012)

Fonte: Rutitis, Didzis, et al. “Management of Corporate Identity Dimensions in the Health Care”. Procedia-Social andBehavioral Sciences 58 (2012): 995-1003

anche in sanità, vengano vissute come takeover ostili, perchè leaziende rimangono ancorate alle precedenti organizzazioni, perchèle culture non si fondono, perchè non emergono sinergieprofessionali, perchè la performance ne risente, perchè si viene diveltisimbolicamente dal retroterra storico e culturale che sirappresentava.

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Q28 I Quaderni di FIASO

Conclusioni

4.1 La necessità di un dibattito più articolato che superi laretorica dell’efficientismo4.1.1 Le aggregazioni aziendali nella sanità sono diventate unapratica ricorrente, che sta trasformando la geografia istituzionale deisistemi sanitari regionali. Dal principio dello scorso decennio a oggi, ilnumero delle aziende sanitarie si è ridotto di oltre un quinto, ma ibenefici attesi dalle aggregazioni non sembrano essersi ancorachiaramente materializzati.

4.1.2 Esistono molte e legittime ragioni per guardare con interesseall’ampliamento delle dimensioni delle aziende sanitarie pubbliche.Operazioni di razionalizzazione strutturale possono, ad esempio,trovare in confini più ampi una difesa più debole delle ragionilocalistiche. Lo shock istituzionale rappresentato da una fusione puòmettere in moto processi di cambiamento, altrimenti difficilmenteavviabili. L’effetto annuncio di un riassetto istituzionale può migliorarela percezione della collettività sul funzionamento del sistema sanitarioregionale, assicurando una risorsa indispensabile quale è il consenso.Aziende più grandi possono potenzialmente raggiungere più elevatilivelli di efficienza come effetto delle economie di scala. Le ragioni,quindi, possono essere molte e toccare aree diverse (istituzionali,organizzative, gestionali, economiche e finanziarie, etc.) con orizzontitemporali diversi (breve, medio e lungo periodo). Nello stesso tempo ealtrettanto legittimamente possono essere sollevate obiezioni esuggerite cautele per operazioni inevitabilmente destabilizzanti rispettoa equilibri consolidati e che aumentano i già notevoli livelli dicomplessità gestionale delle aziende sanitarie pubbliche.

4.1.3 A fronte di questo quadro, le analisi e i dibattiti che hanno finqui accompagnato i processi di riassetto dei confini aziendali sono staticaratterizzati da una retorica semplificatoria che ha troppo spessoricondotto le ragioni delle scelte alla sola sfera dei “risparmieconomici” e delle economie di scala, risultati, questi, peraltro, dati perscontati e mai sufficientemente discussi. Mancano ancora rigoroseanalisi dei risultati di tali processi con riferimento alle prime esperienzeitaliane. Il poco dibattito che si registra sul tema finisce, in questomodo, per essere asfittico, semplificativo, poco aperto, non inclusivo efortemente baricentrato sulla retorica efficientistica.

4.1.4 Se si guarda ai risultati delle esperienze britanniche, alla finedegli anni ’90, dopo dieci anni di processi di concentrazione degli

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ospedali, è difficile sostenere con convinzione che “più grande èmeglio”. Anche in quel caso, le pressioni per una migliore e stabilesostenibilità economica spingevano a una concentrazione delle aziendesanitarie pubbliche attraverso razionalizzazioni e accorpamenti che nedilatavano i confini seguendo la logica che le maggiori dimensionifavoriscono (i) la riduzione dei costi mediante la realizzazione dieconomie di scala, nelle loro diverse forme, e (ii) il miglioramento deglioutcome clinici. Proprio l’esperienza britannica induce a pensare che insanità, tuttavia, la logica che guida i processi di razionalizzazione non èincontrovertibilmente supportata dall’evidenza empirica. I beneficiattesi delle operazioni di aggregazione non sempre si materializzano,mentre più spesso si manifestano costi inattesi. La riduzione dei costidirezionali dovuti all’accorpamento di diverse aziende, pur essendoreale, è sostanzialmente irrilevante, così come i benefici finanziari (lariduzione della spesa) derivanti dalle sinergie operative sonoassolutamente incerti, se non si interviene con rapidità e drasticitàriducendo la capacità operativa installata e le ridondanze organizzative,che poco hanno a che vedere con le economie di scala. Lo stesso, tantoacclamato, miglioramento degli outcome clinici, a seguitodell’ampliamento delle dimensioni aziendali, non ha prove empirichecerte e sufficienti.

4.1.5 Se inconfutabili certezze in merito ai benefici non emergono, visono consistenti indizi sul sorgere di diseconomie da aggregazione pereffetto di più rilevanti costi impliciti associati alla gestione di aziende didimensioni maggiori, come più rimarchevoli rischi manageriali, laperdita dell’identità aziendale che va ricostituita, l’impatto negativo suilivelli di assistenza. Il dibattito asfittico è orientato esclusivamentedall’enfasi posta sui presunti benefici delle sinergie e tende a nonsvelare il lato oscuro delle aggregazioni aziendali. La dimensionetecnico-produttiva, l’efficientamento derivante dalle maggioridimensioni organizzative, prevale fino a soppiantare altre prospettive diriflessioni, che soltanto nel loro insieme possono dare origine ad unadiscussione esaustiva.

4.1.6 In mancanza di prove empiriche, il processo di aggregazione èvissuto e realizzato, in alcuni casi, come (i) un continuo percorsosperimentale (trial and errors), che si arresta e riprende in concomitanzadei fisiologici rinnovi della politica regionale e che, pertanto, risultarischioso perché il cambiamento che si intende produrre non è mairealizzato a regime ed interiorizzato da tutti i soggetti che in sanitàhanno un ruolo attivo, oppure, in altri casi, come (ii) adempimenti apolitiche isomorfiche (logica del menù fisso) a cui si è obbligati perl’adesione ai piani di rientro dal disavanzo. Gli scarsi momenti diconfronto sono prevalentemente avvenuti in ambiti nei quali ladiscussione, pur avendo come oggetto la dimensione tecnico-

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economica, finiva per assumere chiari contorni di natura politicoistituzionale. In estrema sintesi, non solo le scelte non hanno avuto unsufficiente supporto di analisi e riflessione, ma quelle analisi eriflessioni poco hanno tenuto conto delle ragioni delle aziende e dellaloro concreta funzionalità.

4.1.7 Lo scopo di questo position paper non è ridimensionare ragionipur legittime – come l’efficienza tecnica - ma promuovere e allargarela discussione di merito; allargarla nel duplice senso di renderla piùinclusiva e più articolata, di svelare e trattare, oltre alla prospettivadelle economie di scala, altre prospettive rilevanti, di considerare irischi e non solo i benefici associati a questi processi, le difficoltà diottenere risultati certi in tempi predefiniti perché si lascia, sullo sfondola storia e l’identità delle diverse organizzazioni che si aggregano, lequali purtroppo non si dissolvono come nebbia all’alba di un’azienda dimaggiori dimensioni. Se non si amplia il dibattito, vi è più di un rischioche le aggregazioni aziendali in sanità, modifichino soltanto in peggio lecondizioni effettive del loro funzionamento fino a deformare ildisegno del sistema sanitario che fonda il suo operare proprio sulleaziende.

4.1.8 Senza entrare nel merito di una difficile valutazione sui risultatifin qui ottenuti, è necessario che futuri eventuali interventi che leregioni vorranno porre in essere siano accompagnati da un dibattitosostanziale, esplicitamente articolato sulle diverse sfere coinvolte, cheraccolga e sfrutti le evidenze disponibili e che, pur guardando alleconvenienze di sistema, non dimentichi le irrinunciabili ragioni delleaziende e del loro funzionamento. In questa prospettiva è difficileimmaginare riassetti che non siano accompagnati da una esplicitazione,non generica, degli obiettivi che si intendono perseguire e di comeassicurare il loro monitoraggio.

4.2 Evitare generici scivolamenti sull’equazione“meno aziende meno costi della politica”4.2.1 Perché la discussione possa svilupparsi appieno, è necessario,innanzitutto, sgomberarla tanto dalle semplicistiche retorichedell’”efficientismo” quanto da altrettanto facili, generici e fuorviantiequivoci, come il “taglio dei costi della politica”.

4.2.2 L’infondata equazione tra riduzione delle aziende pubbliche etagli dei costi della politica trova eco nell’attuale accavallamento, tracrisi socio-economica e delegittimazione della politica. Nella massimaestensione di questa corrispondenza, ridurre le aziende si confonde conil diminuire e limitare l’ingerenza della politica nel loro governo e,quindi, con lo smantellamento di interessi particolari che generanoun’inflazione della spesa senza controllo. Se apparentemente questa

La necessità diun dibattito piùarticolato chesuperi la retoricadell’efficientismo

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percezione può derubricarsi a un ingenuo e atecnico scivolamento,dall’altro il suo persistere e la sua risonanza possono essere altamentenocivi, perché minano le fondamenta della legittimazione sociale distrumenti insostituibili, come sono le aziende sanitarie pubbliche, per ilsoddisfacimento di bisogni pubblici.

4.2.3 Si è convinti, anche alla luce di questa falsificazione acritica, cheuna articolata e seria riflessione che preceda i processi di aggregazioneaziendale possa, indirettamente, contribuire anche a ripristinare unfavorevole clima di legittimazione sociale delle aziende sanitarie e dellasanità in generale. I livelli di efficienza, efficacia e funzionalità delleaziende sanitarie pubbliche, infatti, hanno riflessi importanti sulla vitadella collettività e degli individui e le dimensioni aziendali sono unavariabile rilevante in grado di condizionarli.

4.3 Collocare il tema dei confini aziendali nei più complessiviassetti di governo dei sistemi regionali4.3.1 Sgombrare il terreno della discussione da eccessive retoriche efacili equivoci è condizione necessaria per allargare la discussione, ma èanche necessario collocare il tema dei confini aziendali nel quadro degliassetti istituzionali, ovvero della governance più generale dei SistemiSanitati Regionali.

4.3.2 I confini aziendali assumono significato solo in relazione adassetti più complessivi che includono elementi interconnessi quali: lestrutture, i meccanismi e i comportamenti. Le strutture definiscono lastabile distribuzione delle responsabilità dei soggetti che operano nelsettore sanitario ed è facile associare i confini aziendali al solo temadelle strutture di governo, nel senso di delimitazione degli spazi diautonomia, di perimetrizzazione della loro finalità e missionistituzionali. Relegare il tema dei confini al solo ridisegno delle strutturegenera un dibattito incompleto e incompiuto per due ragioni: non sitiene conto, da un lato, delle interrelazioni dei macroelementi degliassetti istituzionali e, dall’altro, del fatto che gli assetti istituzionali siplasmano in coerenza dello specifico contesto e momento storico.

4.3.3 I macroelementi degli assetti istituzionali sono intimamenteconnessi. La variazione dei confini non è la sola leva per orientare ilcomportamento degli attori. Si possono, ad esempio, modificare imeccanismi di finanziamento, modificando così, il quadro delleconvenienze. A fine anni ’90, in alcuni Sistemi Sanitari Regionali, èstato sufficiente “ragionare” in termini di disavanzo pubblicoprovinciale per indurre aziende distinte (ASL e AO) a collaboraremaggiormente nella ricerca di sinergie operative, pur lasciando invariatii relativi confini. In altri Sistemi Sanitari Regionali, invece, mantenendoinalterati i confini aziendali, sono stati creati nuovi soggetti

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sovraziendali, a cui sono state delegate ampie funzioni allo scopo difavorire il conseguimento di vaste sinergie operative, in un quadro dimaggiore collaborazione tra aziende. In altri termini, determinatirisultati possano ottenersi non necessariamente manovrando la solaleva istituzionale.I riassetti istituzionali devono sempre comportare un’armonicamodulazione di tutti i macroelementi, pena una permanente difficoltànel garantire un’efficace governance del sistema.

4.3.4 Che il tema dei riassetti istituzionali debba trattarsi nel suocomplesso consegue anche dal fatto che la separazione tra strutture emeccanismi istituzionali, è sempre più sfumata rispetto al passato.Le reti cliniche, che emergono per la progressiva distinzione tra knowhow clinico e piattaforme operative, attraversano i confini delle singoleentità aziendali e costituiscono meccanismi di integrazione funzionaletra strutture fisicamente distinte. Solo la cronica difficoltà di governarele relazioni interaziendali, tipica dell’ambito pubblico, porta a“strutturare”, a “internalizzare” nei perimetri di aziende più grandi lascala operativa delle reti, nella convinzione che possano essere cosìassicurate migliori condizioni di governo.

4.3.5 Ad ogni modo, il tema degli assetti istituzionali non si esauriscesoltanto con il fine tuning tra strutture e meccanismi, tralasciandoelementi quali: la cultura aziendale, il potere e la robustezza delleleadership e le capacità manageriali. Modificare il mix tra strutture emeccanismi non produce, quindi e sempre, un riorientamento univocodei comportamenti. Ampliare le dimensioni aziendali innalza il livello dicomplessità e impone una crescita e diffusione di competenzemanageriali a diversi livelli organizzativi, che, in contesti professionaliingenerano a loro volta ulteriore complessità. La cultura, la leadership ele competenze manageriali diventano, quindi, elementi decisivi perché iriassetti istituzionali possano comportare le attese implicazioni.

4.4 I confini aziendali in uno scenario di sempre maggiorecomplessità4.4.1 I confini aziendali, tradizionalmente, sono stati espressione dellelogiche politico-istituzionali. Le visioni ideali della politica, plasmate daivalori della collettività, si traducevano in disegni di sistema in cui leaziende erano elementi strumentali. Questa logica intendeva i confiniaziendali come perimetri netti, barriere, muri invalicabili e le aziendecome insiemi di parti meccaniche elementari da smontare e ricomporrecon l’unico fine di servire una visione astratta e politica della realtà.

4.4.2 In base al prevalere di questa logica si spiegano, ad esempio, leprofonde differenze nel disegno e nella geografia istituzionale di regionilimitrofe come Lombardia ed Emilia Romagna, che sono assurte ad

Collocare il temadei confiniaziendali nei piùcomplessiviassetti di governodei sistemiregionali

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archetipi per tutte le altre. Nella prima, come è noto, vige un modellodi netta separazione tra acquirente e fornitore, attuato a seguito di unvasto processo di deintegrazione dei presidi ospedalieri pubblici(strutture) e dell’equiparazione del finanziamento tariffario(meccanismo) per erogatori privati e pubblici allo scopo di innalzare illivello di competizione. Nella seconda, viceversa, fin dagli albori dellariforma degli anni ’90 si è preferito enfatizzare la collaborazione conun processo di integrazione delle precedenti organizzazioni sanitarie inaziende con bacino di tipo provinciale, operando, in seguito, marginalicorrezioni per favorire la ricerca di ulteriori sinergie operative, comenel caso della costituzione dell’ASL unica del capoluogo oppuredell’esternalizzazione ad altre strutture pubbliche di funzioniamministrative.

4.4.3 Intendere i confini come perimetri netti, secondo la logicapolitico-istituzionale, è possibile in una realtà semplice e stabile, dove larobustezza dei margini distingue i soggetti e le relative responsabilità efinalità. In una realtà caratterizzata: (i) dalla velocità con cui fenomeniemergono e si dissolvono, (ii) dalla complessità con cui si presentano,interdipendenze e contingenze, (iii) dall’imprevedibilità con cui simanifestano e (iv) dall’ambiguità con cui vengono percepite edinterpretate, non è la chiarezza delle responsabilità degli attori, lastabilità dei loro perimetri a essere una condizione di efficacesoddisfacimento dei bisogni pubblici. Si tratta, piuttosto, di sviluppareuna capacità di adattamento alle mutevoli circostanze storiche econdizioni di contesto, capacità che le visioni politiche non sono ingrado di assicurare perché non si modificano con la medesimarepentina celerità delle contingenze. I confini aziendali, quindi, inscenari complessi come quelli attuali, non possono essere barriereinamovibili, ma devono assomigliare a membrane duttili e permeabiliche rendano possibile il continuo adattamento a mutevoli condizioni dicontesto, pur nel rispetto dei principi guida di tutela e promozione dellasalute dei cittadini. In altri termini, in un contesto storico differente, disempre maggiore complessità e turbolenza, sono proprio le aziende, enon il prevalere delle logiche politiche-istituzionali, che devono guidarele decisioni in merito ai perimetri del proprio spazio strategico, sebbeneall’interno di un saldo orientamento di fondo.

4.5 I confini come tema anche aziendale4.5.1 Senza togliere legittimità al ruolo e alle logiche sovraordinate, leaziende sono l’architrave del SSR e le ragioni aziendali devono riuscirea entrare in ogni ragionamento sui riassetti, sia in termini di contenuti,sia in termini di processo.

4.5.2 Con riferimento ai contenuti, la prospettiva delle aziende èfondamentale per assicurare una efficace governabilità in un contesto

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Q34 I Quaderni di FIASO

che si presenta complesso per il numero e la varietà di soggettiportatori di interessi influenti, sia esternamente (stakeholder), siainternamente (famiglie professionali). Le aziende sanitarie non sono un“insieme organizzativo coerente”, fisiologicamente dotato di uniformecultura e identità, coordinato e integrato da un’unica strategia. Vannointese, piuttosto, come organizzazioni naturalmente sottoposte apressioni pluralistiche interne ed esterne, determinate dalla molteplicitàe varietà delle subculture professionali presenti e dalla pluralità ediversità degli stakeholder esterni, le cui attese divergenti esigonocontinui accomodamenti, reciproca regolazione per generarel’allineamento necessario a garantire governabilità e gestibilitàdell’azienda.

4.5.3 Soltanto pratiche manageriali “su misura” rinnovate e rinsaldatecon costanza, possono stemperare, nel contempo, le tensioniorganizzative e le pressioni degli stakeholder, armonizzando le esigenze,gli interessi e le identità dei diversi gruppi di soggetti rilevanti. Lacreazione di queste pratiche “su misura” richiede ai top manager diessere proattivi nella gestione dei problemi, anche minori, chescaturiscono dalle interazioni della pletora di soggetti influenti,attraverso un frequente e costante dialogo con tutte le famiglieprofessionali e gli stakeholder, nel tentativo di stabilire un terrenocomune dove questi interessi possono trovare un sempre temporaneocontemperamento.

4.6 Assicurare la governabilità in seno alle aziende sanitarie richiedeuna gestione assorbente e ad alta intensità, nonché una continuaflessibilità. Pur se il management è in grado di garantire tale capacità digoverno, vi è il rischio che possa essere troppo impegnato nelrispondere alle continue richieste dei portatori di interesse; rischio cheè maggiore nelle organizzazioni dimensionalmente grandi ad elevataeterogeneità dei servizi. La volontà di garantire efficace governabilitàalle aziende sanitarie si traduce nella necessità non di raggiungeredimensioni ottimali, ma di perimetrarne i confini in modo ragionevoleperché possa assicurarsi un governo, contestualizzato e flessibile, delmultiforme e divergente coacervo di interessi, interni ed esterni, che siscaricano sulle aziende sanitarie. Perché ciò possa concretamenterealizzarsi è necessario un coinvolgimento esplicito, fino a ora assente,delle aziende e del loro top management nel dibattito sulle scelte diriassetto istituzionale.

4.7 Le ragioni appena esposte rendono addirittura desiderabile che iconfini aziendali non siano rigidi, ma, duttili non lineari, irregolari,tracciati innanzitutto dalle convenienze aziendali, dalle contingenze,dalla storia organizzativa, dalla capacità manageriale e siano meno

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Il contributo diFIASO allariflessione

espressione diretta del disegno politico-istituzionale. Riconsiderare laplasticità dei confini aziendali non intende significare unridimensionamento della funzione di governo di sistema che assicuranole Regioni, ma offrire una visione più aggiornata della governance insanità, in cui la legittimazione ed il presidio del disegno politico-istituzionale sono saldamente nelle mani della Regione, mentre leaziende sovraintendono il processo di sua realizzazione.

4.8 Il contributo di FIASO alla riflessioneNonostante le contingenti difficoltà, la Sanità è un grande patrimoniodel Paese e le aziende sono strumenti indispensabili e insostituibili per ilsoddisfacimento dei bisogni di salute della popolazione. Hanno ancorasenso, nonostante i tentativi di delegittimazione, i continui riassettiistituzionali, il silente riaccentramento, gli interminabili cambiamentiche questi comportano. Il tema delle dimensioni e dei confini aziendalinon è secondario, non può essere sottaciuto e circoscritto, non puòessere un’incessante sperimentazione, né un’acritica adesione.Va affrontato nelle sue diverse prospettive e nell’ottica di riassettiistituzionali che possano durare nel lungo periodo, con il fine digarantire il corretto funzionamento delle aziende e, quindi, la tutela deidiritti dei cittadini, evitando formule retoriche e distorsioni politiche.A queste condizioni si può davvero ampliare e arricchire il confrontosu un tema di grande rilevanza e FIASO non farà mancare il propriocontributo attento, rigoroso e concreto.

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Q36 I Quaderni di FIASO

AppendiceModifiche nel numero di ASL e AO dal 31/12/95 al 30/06/12 (Fonte: Ferrè F. eRicci A. (2012) “La struttura del SSN” in Cantù E. (a cura di) L’aziendalizzazione della sanitàin Italia. Rapporto OASI 2012, Milano, EGEA.)

PIEMONTE - 2004Istituzione dell’ASO Ordine Mauriziano di Torino (LR 39/04).2006: Riassetto del SSR: fusione in 7 nuove ASL di 16 delle 22 ASL esistenti: ASLTO1 per accorpamento di 2 ASL, ASL TO2 per accorpamento di 2 ASL, ASL 3 peraccorpamento di 2 ASL, ASL 4 per accorpamento di 2 ASL, ASL 5 per accorpamentodi 2 ASL, ASL 10 per accorpamento di 3 ASL, ASL 13 per accorpamento di 3 ASL.

LOMBARDIA - 1997Definizione dei nuovi ambiti territoriali delle ASL (LR 31/97), che sono passate da 44a 14. 1997: Costituzione di 11 nuove AO (DCR 742/97).1998: Costituzione dell’ASL di Vallecamonica-Sebino (LR 15/98).2002: Costituzione di 2 nuove AO: Provincia di Lodi e Provincia di Pavia (DCR 401/02).2003: Trasformazione dell’AO Morelli di Sondalo nell’AO di Valtellina e Valchiavenna,con acquisizione dei presidi a gestione diretta dell’ASL di Sondrio (DCR 747/03).Attualmente solo l’ASL della Valcamonica continua a gestire direttamente due ospedali(Edolo ed Esine).

PA BOLZANO - 2007Accorpamento delle ASL di Bolzano, Merano, Bressanone e Brunico nell’AziendaSanitaria Pro-vinciale dell’Alto Adige (LP 9/2007).

VENETO - 1996Accorpamento delle ULSS 11 Venezia e 12 Mestre (DGR 6368/96).

LIGURIA - 2008Soppressione dell’Azienda Ospedaliera «Ospedale S. Corona» e dell’Azienda Ospedaliera«Villa Scassi», con ritorno dei presidi ospedalieri alla gestione diretta ASL.2012: Accorpamento dell’Ospedale S. Martino di Genova e dell’IST – Istituto nazionaleper la ricerca sul cancro – e relativo riconoscimento della nuova struttura come IRCCSpubblico a partire (LR 2/2011).

EMILIA ROMAGNA - 2003Istituzione dell’Azienda Unità Sanitaria Locale di Bologna (LR 21/03) che accorpa letre ASL della provincia di Bologna (ASL Città di Bologna, Bologna Sud e BolognaNord), con esclusione della ASL di Imola.

MARCHE - 1996Costituzione dell’AO Umberto I Torrette di Ancona (DGR 3959/96).2003: Riorganizzazione del SSR (LR 13/03) con: (i) la costituzione dell’AziendaSanitaria Unica Regionale in cui sono state accorpate le precedenti 13 ASL; (ii) lafusione per incorporazione nell’Azienda Ospedaliera «Umberto I» delle Aziendeospedaliere «G.M. Lancisi» e «G. Salesi» (queste ultime hanno assunto, con la fusione,la natura di presidi di alta specializzazione nell’ambito della nuova azienda ospedaliera).2009: Accorpamento strutture ospedaliere San Salvatore di Pesaro e Santa Croce diFano nella nuova Azienda Ospedali Riuniti Marche Nord (LR 21/2009).

UMBRIA - 1998Incorporazione dell’ASL di Orvieto nell’ASL di Terni (LR 3/98).

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LAZIO - 1999Costituzione dell’AO Universitaria S. Andrea (DPCM 22 luglio 1999), che hainizialmente svolto solo attività ambulatoriale, mentre dal 2002 eroga anche prestazionidi ricovero.

ABRUZZO - 2010Riassetto del SSR attraverso la fusione in 2 ASL di 4 delle 6 preesistenti ASL (LR 5/2008): l’ASL 1 Avezzano-Sulmona-L’Aquila per accorpamento dell’ASL di Avezzano-Sulmona (ex ASL 1) con l’ASL dell’Aquila (ex ASL 4) e l’ASL 2 Lanciano-Vasto-Chieti per accorpamento delle ASL di Chieti (ex ASL 2) e di Lanciano-Vasto (ex ASL 3).

MOLISE - 2005Riorganizzazione del SSR (LR 9/05) con la costituzione dell’Azienda SanitariaRegionale Molisana (ASREM), in cui sono state accorpate le precedenti 4 ASL.

CAMPANIA - 1997Costituzione dell’AO «Cotugno» tramite scorporo dall’AO «Monaldi Cotugno» diNapoli (DGR 8048/97 e 22782/97).2008: Riorganizzazione del SSR con la creazione di 4 ASL provinciali (Avellino,Benevento, Caserta e Salerno), in virtù della fusione delle rispettive ASL sub provinciali,e di 3 ASL nella Provincia di Napoli: Napoli 1, Napoli 2 (accorpamento delle ASLNA2 e NA3) e Napoli 3 (accorpamento delle ASL NA4 e NA5).2011: Costituzione per accorpamento dell’AO di rilievo nazionale Monaldi – Cotugno– CTO (Decreto Commissario ad acta 70/2010).

PUGLIA - 1996Costituzione dell’AO SS. Annunziata di Taranto (Decreto Pres GR 53/96).1997: Costituzione dell’AO Ospedali Riuniti di Foggia (Decreto Pres GR 44/97).2002: Soppressione di 4 AO (su 6 restano solo AO Ospedali Riuniti di Foggia e AOPoliclinico di Bari) (DGR 1429/02), con ritorno dei presidi ospedalieri alla gestionediretta ASL.2006: Riassetto del SSR: costituzione dell’ASL BAT (ex ASL BA/1) e fusione in3 nuove ASL di 9 ASL preesistenti: ASL BA per accorpamento delle ASL BA/2,BA/3, BA/4, BA/5; ASL FG per accorpamento delle ASL FG/1, FG/2 e FG/3;ASL LE per accorpamento delle ASL LE/1 e LE/2 (LR 39/2006).

BASILICATA - 2008Riassetto del SSR con creazione di due nuove ASL provinciali: ASP (ASL di Potenza)e ASM (ASL di Matera) (LR 12/2008).

CALABRIA - 2007Riassetto del SSR: fusione in 3 ASL di 9 delle 11 ASL esistenti: ASL di Cosenza peraccorpamento delle ASL Paola, Castrovillari, Rossano e Cosenza; ASL di Catanzaroper accorpamento delle ASL Lamezia Terme e Catanzaro; ASL di Reggio Calabria peraccorpamento delle ASL Locri, Palmi e Reggio Calabria2012: Accorpamento ASL Locri e ASL Reggio Calabria (Palmi e Reggio) nell’ASPReggio Calabria.

SICILIA - 2009Riassetto del SSR attraverso la definizione di 9 Aziende Sanitarie Provinciali, 3 AziendeOspedaliere di riferimento regionale e 2 Aziende Ospedaliere di Rilievo Nazionale e AltaSpecializzazione (ARNAS).

Appendice

Page 39: La dimensione ideale dell’Azienda · conosciuta: struttura organizzativa e meccanismi operativi). 1.3.2 Nel trattare il tema, l’attenzione si focalizzerà sulle dimensioni ...

Q38 I Quaderni di FIASO

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Protagonisti della ricerca e ringraziamenti

Il Rapporto è stato curato da Mario Del Vecchio e Corrado Cuccurullo

5Protagonisti e ringraziamenti a Ruolo e Azienda

Alberti Valerio Fabio Presidente FIASOAmendola Pasquale F. Direttore Generale IRCCS CrobAzzi Mara Direttore Generale ASL BergamoBonanni Franco Commissario Straordinario ARS LiguriaCalabrò Raffaele Consigliere per la Sanità del Presidente della Giunta

Regione CampaniaCobello Francesco Direttore Generale AOU Ospedali Riuniti di TriesteCorradi Maria Paola Direttore Generale AO Sant'AndreaCorte Nicola Direttore Bilancio,Finanza, Fiscale ASL 4 ChiavareseCuccurullo Corrado Docente Università degli Studi di Napoli Federico II -

Dipartimento di Economia AziendaleDattoli Vitangelo Direttore Generale AOU Consorziale BariDel Vecchio Mario Professore Associato Economia Aziendale Università

degli Studi di FirenzeFabi Massimo Direttore Generale AUSL ParmaFlor Luciano Direttore Generale APSS TrentoGalassi Paolo Direttore Generale AOU Ospedali Riuniti AnconaGorgoni Giovanni Direttore Generale ASL BTLocatelli Giacomo Walter Direttore Generale ASL MilanoMaglietta Rocco Direttore Generale ASM MateraMariani Maria Direttore Amministrativo IRCCS CROBMarino Fortunato Segretario Generale FIASOMartorano Attilio Assessore Sanità Regione BasilicataMaruggi Giampiero Direttore Generale AO regionale San CarloMinicucci Annamaria Direttore Generale AO Santobono PausiliponMolinari Sergio M. Direttore Sanitario IRCCS CrobMonchiero Giovanni Past President FIASONicolini Fausto Direttore Generale AUSL Reggio EmiliaOrlandi Walter Direttore Generale AO di PerugiaPecoraro Giuseppe Direttore Generale AOU “G. Martino” di MessinaPetralia Paolo Direttore Generale IRCSS Gaslini GenovaPinelli Nicola Direttore FIASOPiovi Monica Direttore Generale ESTAV Sud EstQuinto Pietro Direttore Amministrativo ASM MateraRipa di Meana Francesco Direttore Generale AUSL BolognaRizzo Elga Direttore Generale AO “Pugliese Ciaccio”

Page 41: La dimensione ideale dell’Azienda · conosciuta: struttura organizzativa e meccanismi operativi). 1.3.2 Nel trattare il tema, l’attenzione si focalizzerà sulle dimensioni ...

Q40 I Quaderni di FIASO

Protagonisti e ringraziamenti a Ruolo e Azienda

Rossi Angelo Giovanni Revisore FIASORusso Valentini Maria Rosaria Legale FIASOSassoli Giancarlo Revisore FIASOSoru Antonio Direttore Generale ASL NuoroTommasiello Giuseppina Comune di NapoliViale Roberto Direttore Amministrativo ASL 4 ChiavareseVisconti Alessandro Direttore Generale AO “Istituti clinici di perfezionamento”

MilanoZavattaro Francesco Direttore Generale ASL 2 Lanciano Vasto ChietiZoli Alberto Direttore Generale AREU LombardiaZuccatelli Giuseppe Direttore Generale INRCA MARCHE

Un ringraziamento particolare va riservato alla Bayer HealthCare che ha sostenutol'organizzazione della Consensus Conference del 9 novembre 2012 a Napoli dalla quale hannopreso le mosse e sono state sviluppate le riflessioni contenute nella presente pubblicazione.

Protagonisti della ricerca e ringraziamenti

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La dimensione ideale dell’Aziendatra economie di scala, logichedi governo e corporate identity

Giugno 2013