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1 La cromatografia La prima tecnica cromatografica fu messa a punto dal chimico russo di origine ita- liana Mikhail Tsvet (1872-1919). Nel 1905 Tsvet eseguì la prima separazione per via cromatografica dei componenti della clorofilla da una soluzione estratta da sostanze vegetali. L’esperimento di Tsvet è molto semplice: egli riempì una colonna di vetro con dell’ar- gilla purificata avente la stessa granulometria e finemente impaccata. Ricordiamo che la granulometria si riferisce alle dimensioni medie delle particelle di un solido e il buon impaccamento è il riempimento omogeneo della colonna, senza zone vuote. La granulometria viene misurata in ambito cromatografico in mesh. I mesh rappresen- tano il numero di maglie per pollice lineare [1 pollice (in inglese inch) 2,54 cm] del setaccio impiegato per separare i grani di un solido. Una volta preparata con l’argilla, la colonna venne riempita con dell’etere di petrolio, assorbito poi dall’argilla. Egli stratificò poi nella parte superiore dell’argilla una piccola quantità di estratto etereo di foglie. L’estratto vegetale fu ricoperto con un piccolo strato di ulteriore argilla per non farlo disperdere nel solvente aggiunto. Successivamente aggiunse altro etere di petrolio nella parte superiore e vuota della colonna. Tsvet notò subito che mentre il solvente etereo scendeva attraversando la colonna e l’argilla si producevano diverse bande aventi colorazioni diverse. Il termine croma- tografia (dal greco χρώμkromacolore) ha origine proprio da questo fatto. Oggi sappiamo che la colonna di vetro è il supporto materiale dove si realizza la separa- zione cromatografica, l’argilla è la fase stazionaria e l’etere di petrolio è l’eluente. La fase stazionaria è la sostanza, solida o liquida, legata a un materiale solido iner- te di supporto, che rimane ferma nel sistema cromatografico. La fase stazionaria è composta da una sostanza che deve essere scelta per la sua pu- rezza e per il fatto che non deve reagire con la sostanza da sepa- rare e con l’eluente. La fase mo- bile può essere composta da un solvente liquido, una miscela di solventi o un gas, essa attraversa la fase stazionaria. La fase mobile fuoriesce dal sistema cromatogra- fico trasportando le diverse so- stanze separate. La fase mobile, detta eluente (in inglese carrier) è una sostanza liquida o gassosa. Essa deve essere chimicamente inerte con la fase stazionaria, con l’eluente e con le sostanze da separare. Dalla figura 2 possiamo notare che l’eluente trascina con se le sostanze da separare, ma queste «viaggiano» nel mezzo cromatogra- fico a velocità diverse. Il fatto che le diverse sostanze di un miscuglio abbiano velocità diverse è il fattore che produce la separazione del miscuglio. Figura 1 Mikhail Semenovic Tsvet (1872- 1919) il padre della cromatografia Figura 2 Schema della cromatografia su colonna

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La cromatografia

La prima tecnica cromatografica fu messa a punto dal chimico russo di origine ita-liana Mikhail Tsvet (1872-1919). Nel 1905 Tsvet eseguì la prima separazione per via cromatografica dei componenti della clorofilla da una soluzione estratta da sostanze vegetali.L’esperimento di Tsvet è molto semplice: egli riempì una colonna di vetro con dell’ar-gilla purificata avente la stessa granulometria e finemente impaccata. Ricordiamo che la granulometria si riferisce alle dimensioni medie delle particelle di un solido e il buon impaccamento è il riempimento omogeneo della colonna, senza zone vuote. La granulometria viene misurata in ambito cromatografico in mesh. I mesh rappresen-tano il numero di maglie per pollice lineare [1 pollice (in inglese inch) → 2,54 cm] del setaccio impiegato per separare i grani di un solido. Una volta preparata con l’argilla, la colonna venne riempita con dell’etere di petrolio, assorbito poi dall’argilla. Egli stratificò poi nella parte superiore dell’argilla una piccola quantità di estratto etereo di foglie. L’estratto vegetale fu ricoperto con un piccolo strato di ulteriore argilla per non farlo disperdere nel solvente aggiunto. Successivamente aggiunse altro etere di petrolio nella parte superiore e vuota della colonna.Tsvet notò subito che mentre il solvente etereo scendeva attraversando la colonna e l’argilla si producevano diverse bande aventi colorazioni diverse. Il termine croma-tografia (dal greco χρώμ→kroma→colore) ha origine proprio da questo fatto. Oggi sappiamo che la colonna di vetro è il supporto materiale dove si realizza la separa-zione cromatografica, l’argilla è la fase stazionaria e l’etere di petrolio è l’eluente. La fase stazionaria è la sostanza, solida o liquida, legata a un materiale solido iner-te di supporto, che rimane ferma nel sistema cromatografico. La fase stazionaria

è composta da una sostanza che deve essere scelta per la sua pu-rezza e per il fatto che non deve reagire con la sostanza da sepa-rare e con l’eluente. La fase mo-bile può essere composta da un solvente liquido, una miscela di solventi o un gas, essa attraversa la fase stazionaria. La fase mobile fuoriesce dal sistema cromatogra-fico trasportando le diverse so-stanze separate. La fase mobile, detta eluente (in inglese carrier) è una sostanza liquida o gassosa. Essa deve essere chimicamente inerte con la fase stazionaria, con

l’eluente e con le sostanze da separare. Dalla figura 2 possiamo notare che l’eluente trascina con se le sostanze da separare, ma queste «viaggiano» nel mezzo cromatogra-fico a velocità diverse. Il fatto che le diverse sostanze di un miscuglio abbiano velocità diverse è il fattore che produce la separazione del miscuglio.

Figura 1

Mikhail Semenovic Tsvet (1872-1919) il padre della cromatografia

Figura 2

Schema della cromatografia su colonna

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La cromatografia

Per capire meglio facciamo un esempio pratico, immaginiamo che tutti gli studenti di una classe vengano portati in un lungo viale e che vengano disposti tutti su una linea di

partenza. Il docente dà il via a una gara di corsa. Cosa succede? Dopo cento metri il gruppo non sarà più allineato ma comincerà a sgranarsi, gli studenti più veloci saranno avanti e dietro i più lenti. Dopo mille metri la distanza tra gli studenti sarà ancora maggiore. Nella cromatografia acca-de un fenomeno analogo: le sostanze più «veloci» attraversano prima il mezzo cromatografico, quelle più «lente» via via fuoriescono in tempi

diversi dall’apparato croma-tografico (figura 2). Ma quali fenomeni stanno alla base dei processi cromatografici? Le separazioni cromatografiche si possono spiegare con gli equilibri di adsorbimento, di ripartizione, di scambio ioni-co e di esclusione.La cromatografia di adsor-bimento (figura 3) si realizza tra particelle di una miscela di gas e una fase stazionaria solida.La fase stazionaria solida

produce delle deboli interazioni di natura elet-trostatica con le particelle di gas che la attra-versano. Il risultato è che vi è un addensamento di gas sulla superficie solida della fase stazio-naria. Non essendo dei veri e propri legami le particelle di gas non verranno bloccate, ma ral-lentate. La separazione delle sostanze gassose avviene perché i diversi gas realizzano con la fase stazionaria interazioni con diversa inten-sità. Questo dipende dalla natura chimica delle sostanze da separare e della fase stazionaria.Nella cromatografia di ripartizione (figura 4) la fase stazionaria è stratificata su un supporto solido inerte ed ha uno spessore sottilissimo. La miscela da separare è veicolata da un gas o da un liquido detto carrier. I soluti che com-pongono la miscela da separare si distribui-scono tra la fase mobile (carrier) e la fase sta-zionaria producendo un equilibrio che viene detto di ripartizione. Le sostanze che hanno una spiccata affinità chimica con la fase sta-zionaria vengono trattenute maggiormente e scorrono attraverso il mezzo cromatografico lentamente. Le sostanze che, invece, hanno una minore affinità chimica con la fase stazio-

naria scorrono più velocemente nel mezzo cromatografico.Nella cromatografia di scambio ionico (figura 5) la sostanza solida di supporto è ri-vestita da una resina ionica. Sulla superficie della resina si possono trovare degli ioni

Figura 3

Schema rappresentativo dei fenomeni di adsorbi-mento in cromatografia

Figura 4

Schema rappresentativo dei fenomeni di riparti-zione in cromatografia

Figura 5

Esempi di meccanismo di scambio ionico di una resina cationica e una anionica

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La cromatografia

positivi (resine cationiche) o negativi (resine anioniche). Nelle resine cationiche, come quella mostrata nella figura 5, gli ioni idrogeno (H+) sono legati da forze ioniche a degli anioni divinlbenzene-solfonati, che a loro volta sono legati da legami covalenti alla resina. Al passaggio di una soluzione ionica da separare gli ioni di questa (Mn+) sostituiscono gli ioni idrogeno (H+). Gli ioni (Mn+) vengono così trattenuti. Le resine anioniche hanno un meccanismo opposto. Nella figura 5 è mostrato il cloruro (Cl–) di un sale di ammonio quaternario (-CH2-NR3

+) della resina che viene sostituito da un generico anione An-.Nella cromatografia di scambio ionico la separazione avviene per la differenza del potenziale di scambio ionico tra i vari ioni che compongono la miscela da separare. Più è alto il coefficiente di selettività (tabella 1) e maggiore è l’azione trattenimento della fase stazionaria sullo ione.

Resina Ione Coefficiente di selettività

Stirene-divinilbenzene-solfonato copolimero Litio (Li+) 0,8

Stirene-divinilbenzene-solfonato copolimero Sodio (Na+) 2,0

Stirene-divinilbenzene-solfonato copolimero Potassio (K+) 3,0

Stirene- divinilbenzene-solfonato copolimero Ammonio (NH4+) 3,0

Stirene-divinilbenzene-solfonato copolimero Argento (Ag+) 18,0

Stirene-divinilbenzene-solfonato copolimero Tallio (Tl+) 14,0

Stirene-divinilbenzene-solfonato copolimero Calcio (Ca++) 42,0

Cloruro di tetralchil-ammonio-stirene divinil benzene copolimero Fluoruro (F-) 0,1

Cloruro di tetralchil-ammonio-stirene divinil benzene copolimero Ossidrile (OH-) 0,5

Cloruro di tetralchil-ammonio-stirene divinil benzene copolimero Bromuro (Br-) 2,5

Cloruro di tetralchil-ammonio-stirene divinil benzene copolimero Nitrato (NO3-) 3,0

Cloruro di tetralchil-ammonio-stirene divinil benzene copolimero Ioduro (I-) 18,0

Tabella 1 Coefficienti di selettività di alcuni cationi ed anioni con due resine, una cationica e una anionica. Tali coefficienti vanno considerati nello scambio con lo ione idrogeno e cloruro rispettivamente

Nella cromatografia di esclusione molecolare (figura 6) le miscele liquide o gassose attraversano un gel poroso che costituisce la fase stazionaria. Le particelle sono trasporta-te da un eluente (carrier) liquido. Le particelle di dimensio-ni maggiori scorrono più velocemente perché non riescono ad infilarsi nei pori del gel e trovano la via negli spazi limi-trofi. Viceversa le particelle più piccole si infilano dentro i pori del gel e vengono rallentate. Oltre alla cromatografia su colonna esistono anche la cromatografia su carta e la cromatografia su strato sottile. I principi che spiegano i fenomeni sono analoghi a quelli visti per le colonne, ma diverso il supporto su cui si realizza la separazione croma-tografica. La cromatografia su carta si realizza su un sup-porto di materiale cartaceo che è anche la fase stazionaria. La cromatografia su strato sottile viene realizzata su una lastra che funge da supporto. Sulla lastra viene stratificato un sottile film di gel di materiale adsorbente che funge da fase stazionaria e realizza la separazione.

Figura 6

Meccanismo di esclusione molecolare