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Elettrochimica dei materiali e dei nanosistemi 2013/2014 M. L. Foresti Cap. IV – Corrosione: principi e prevenzione 1 COSA E’ LA CORROSIONE La corrosione è un fenomeno chimico fisico che provoca il graduale ed irreversibile deterioramento dei materiali metallici. Questi materiali in seguito a reazioni più o meno complesse danno origine a composti la cui resistenza chimica e meccanica è molto inferiore a quella dei metalli originali. La corrosione dei metalli è detta anche “antimetallurgia” perché tende a riportare i materiali allo stato in cui si trovavano in natura, che è quello di combinazione con altri elementi, in particolare con l’ossigeno, dal quale erano stati estratti nei processi metallurgici. [M.G. Fontana, N.D. Green, Corrosion Engineering, McGraw-Hill. New York, 1967] “Mentre leggi questo cartello nel mondo si consumano più di diecimila chilogrammi di ferro” dice il biglietto da visita della Nace International, la multinazionale per la lotta alla corrosione. La storia della corrosione comincia un giorno preciso: quello in cui l’uomo partendo da un minerale, riesce con l’aiuto del fuoco ad estrarre il metallo. E’ il contatto con l’ossigeno o con l’acqua ad innescare il deterioramento. Evitarlo non è possibile, limitarlo si. La corrosione interessa non solo il mondo industriale, ma anche l’ambiente ed i beni culturali. Interessa le costruzioni metalliche e quelle in calcestruzzo armato, i metanodotti, gli oleodotti, gli acquedotti, i mezzi di trasporto compresi quelli aerei e navali, i ponti, le infrastrutture stradali, le strutture portuali, i reattori chimici e quelli nucleari, le centrali termiche, le opere d’arte e così via. Ciclo metallurgia/antimetallurgia ENERGIA ENERGIA ENERGIA ENERGIA Minerale (ossidi) ruggine (ossidi) Processi siderurgici manufatti corrosione

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Elettrochimica dei materiali e dei nanosistemi 2013/2014 M. L. Foresti Cap. IV – Corrosione: principi e prevenzione

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COSA E’ LA CORROSIONE La corrosione è un fenomeno chimico fisico che provoca il graduale ed

irreversibile deterioramento dei materiali metallici. Questi materiali in seguito a reazioni più o meno complesse danno origine a composti la cui resistenza chimica e meccanica è molto inferiore a quella dei metalli originali.

La corrosione dei metalli è detta anche “antimetallurgia” perché tende a riportare i materiali allo stato in cui si trovavano in natura, che è quello di combinazione con altri elementi, in particolare con l’ossigeno, dal quale erano stati estratti nei processi metallurgici.

[M.G. Fontana, N.D. Green, Corrosion Engineering, McGraw-Hill. New York, 1967]

“Mentre leggi questo cartello nel mondo si consumano più di diecimila

chilogrammi di ferro” dice il biglietto da visita della Nace International, la multinazionale per la lotta alla corrosione. La storia della corrosione comincia un giorno preciso: quello in cui l’uomo partendo da un minerale, riesce con l’aiuto del fuoco ad estrarre il metallo. E’ il contatto con l’ossigeno o con l’acqua ad innescare il deterioramento. Evitarlo non è possibile, limitarlo si.

La corrosione interessa non solo il mondo industriale, ma anche l’ambiente ed i beni culturali. Interessa le costruzioni metalliche e quelle in calcestruzzo armato, i metanodotti, gli oleodotti, gli acquedotti, i mezzi di trasporto compresi quelli aerei e navali, i ponti, le infrastrutture stradali, le strutture portuali, i reattori chimici e quelli nucleari, le centrali termiche, le opere d’arte e così via.

Ciclo metallurgia/antimetallurgia

ENERGIA

ENERGIA

ENERGIA

ENERGIA

Minerale

(ossidi)

ruggine

(ossidi)

Processi

siderurgici

manufatti

corrosione

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Solo in tempi recenti, tra la prima e la seconda guerra mondiale, Evans e Wagner impongono un approccio scientifico alla comprensione del fenomeno e solo negli anni settanta vari enti autorevoli ne quantificano gli effetti. Stime di varia origine indicano che nei paesi industrializzati l’entità dei danni della corrosione, pur variando da settore a settore, risulta compresa tra il 3 e il 6% del PIL. Nella valutazione dei danni si tiene conto del valore intrinseco dei materiali corrosi, dei costi per i loro rimpiazzo, dei costi che la corrosione richiede per la sua prevenzione (come il ricorso a rivestimenti protettivi o alla protezione catodica, oppure ad eventuali sovradimensionamenti o all’impiego di materiali resistenti). Tutti questi sono costi diretti, ai quali vanno aggiunti i costi indiretti, come quelli che risultano dalla riduzione di vita di servizio, da perdita di prodotti, da inquinamenti, da cedimenti improvvisi o comunque di eventi più o meno catastrofici con conseguenze anche di perdite umane. I costi indiretti sono evidentemente di difficile valutazione, ma in alcuni casi possono superare non di poco i costi diretti.

La corrosione non si può annullare perché è legata all’attività dell’uomo, ma la si potrebbe contrastare molto più di quanto non si faccia. Si stima ad esempio che i suoi costi potrebbero essere ridotti del 20-30% semplicemente applicando le conoscenze già disponibili.

D’altra parte la lotta alla corrosione consente di dare un contributo alla soluzione di problemi attuali ed importanti quali la riduzione dei consumi di materie prime, il risparmio energetico, l’affidabilità degli impianti e la sicurezza di chi ci lavora, la salvaguardia delle opere d’arte e quindi, oltre a quelli economici, ha rilevantissimi risvolti sociali, umani e culturali.

Corrosione non vuol dire sempre e solo danni. C’è anche una corrosione costruttiva. Ad esempio l’attacco che si effettua per evidenziare la struttura dei metalli, per rendere rugosa o lucida la loro superficie, per ricoprirla con strati protettivi o con patine dall’aspetto attraente, per produrre matrici in rilievo o per effettuare asportazioni selettive di materiale. In alcuni casi si può parlare di corrosione creativa: l’incisione della superficie di vari metalli che si effettua fin da medio evo per decorare armi, armature e altri oggetti, le acqueforti prodotte con acido nitrico su lastre di acciaio o di rame, ed infine l’ossidazione del titanio con cui il Prof. Pedeferri, crea opere d’arte sfruttando gli effetti cromatici legati alla corrosione del titanio in condizioni sperimentali assolutamente controllate. Il Prof. Pedeferri dell’Università di Milano, recentemente scomparso, è stato un autorità in materia di corrosione, e queste note introduttive sono prese dalle sue dispense “Corrosione dei materiali metallici”.

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PIETRO PEDEFERRI

Titaniocromie

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Morfologia dei fenomeni corrosivi

La corrosione si può sviluppare alla superficie dei materiali metallici in

modo diffuso (corrosione generalizzata) o invece localizzata in certe zone. In generale porta in soluzione tutti i costituenti del materiale, ma in qualche caso ne può attaccare uno solo (corrosione selettiva) oppure può interessare soltanto il bordo dei grani cristallini che formano il materiale (corrosione intergranulare).

Corrosione uniforme: è quella che si verifica quando l’attacco si sviluppa in modo uniforme. Il conseguente assottigliamento del materiale si produce con una velocità in genere prevedibile se sono note le condizioni ambientali.

Corrosione localizzata: è quella che si verifica quando l’attacco avviene solo su alcune parti della superficie metallica. Ad esempio in presenza di metalli di natura diversa a contatto tra loro, l’attacco si localizza sul metallo meno nobile della coppia (corrosione galvanica). Nel caso di ambienti nei quali l’ossigeno è distribuito in modo non uniforme la corrosione si produce nelle zone carenti di ossigeno (corrosione per aerazione differenziale). Attacchi localizzati si possono avere anche in assenza di eterogeneità. Un attacco di questo genere è il pitting (o vaiolatura) che è in grado di perforare elevati spessori metallici anche in tempi molto brevi e che si innesca quando lo strato passivante di ossidi insolubili che si forma sulla superficie dei metalli, a seguito del viene rotto localmente. Altri tipi di attacco sono provocati dalla presenza di fessure, interstizi, zone schermate da prodotti di corrosione che si depositano sulla zona che si corrode. Oppure ancora si può avere corrosione provocata da fenomeni di turbolenza, o più semplicemente per la rottura di eventuali film protettivi.

Corrosione in presenza di sforzi di trazione: può portare alla formazione di cricche che penetrano nei materiali in direzione perpendicolare a quella degli sforzi. Questo tipo di attacco è particolarmente pericoloso perché compromette la stabilità della struttura in cui si produce. Se l’avanzamento delle cricche è connesso con l’azione dell’idrogeno atomico si parla di infragilimento da idrogeno.

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Velocità di corrosione In un processo corrosivo, qualunque sia la morfologia dell’attacco, il

materiale metallico subisce una perdita di massa. Attacco uniforme: la velocità di perdita di massa per unità di superficie esposta all’ambiente aggressivo (vm) misura nel tempo l’entità del danno provocato dall’attacco stesso ed è esprimibile come:

mAt

1vm ∆=

dove ∆m è la perdita di massa che si verifica nel tempo t ed A è l’area della superficie esposta. Se ∆m è espressa in mg, A in dm2 e t in giorni si ha l’unità pratica 1mdd=1 mg/(dm2 giorno). La velocità di perdita di massa vm è importante quando si voglia conoscere la quantità di metallo che va ad inquinare in un certo periodo di tempo un determinato ambiente. Viceversa, qualora sia più importante seguire nel tempo l’assottigliamento, ovvero la perdita di spessore, è più significativa la velocità di penetrazione all’attacco (vp) che è direttamente legata a quella di perdita di massa:

mAt

1vv m

p ∆ρ

=

dove ρ è la densità del materiale metallico. L’unità di misura più usata in questo caso è il micron/anno (µm/anno). Per i metalli pesanti di maggior uso (ferro, rame e zinco) vale l’approssimazione: 1mdd ≅ 5 µm/anno Attacco localizzato: in condizione di attacco localizzato la velocità di perdita di massa, vm , e quella di penetrazione vp , che sono velocità medie non sempre forniscono una misura del danno provocato. Infatti la localizzazione dell’attacco porta a penetrazioni di gran lunga superiori alla penetrazione media. In questo caso può essere più significativa la velocità di penetrazione misurata nel punto di massimo attacco. E’ chiaro infatti che un serbatoio o una tubatura perdono la loro efficienza non quando siano stati completamente corrosi, ma quando la penetrazione dell’attacco sia arrivata ad interessare l’intero spessore anche in un solo punto.

Corrosione a umido e corrosione a secco Si ha corrosione a umido quando il materiale metallico è a contatto con

un ambiente che contiene acqua, mentre si ha corrosione a secco quando

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l’ambiente è invece costituito da atmosfere gassose ad elevata temperatura. Ci sono altri ambienti, quali i sali e i metalli fusi e le soluzioni non acquose, la cui azione aggressiva non si può far rientrare né nella corrosione a umido né in quella a secco. In questi casi i fenomeni corrosivi possono assumere aspetti caratteristici sia dell’una che dell’altra forma di corrosione.

La distinzione tra corrosione a umido e corrosione a secco è importante in quanto il meccanismo di corrosione è diverso. Nel caso della corrosione a umido (di gran lunga la più importante), il meccanismo del fenomeno è di tipo elettrochimico. Il processo di corrosione costituisce un processo anodico di ossidazione del materiale metallico accoppiato ad un qualche processo catodico di riduzione di una specie redox presente nell’ambiente. Pertanto i processi di corrosione a umido seguono le leggi della termodinamica e della cinetica elettrochimica.

Nel caso della corrosione a secco invece il meccanismo è di tipo chimico ed i processi di corrosione sono soggetti alle leggi della termodinamica e della cinetica chimica delle reazioni eterogenee. La cinetica dei processi di corrosione a secco è in genere più complicata in quanto la velocità di attacco è legata a diversi fattori quali l’aderenza ed il grado di compattezza dei film protettivi, alla loro porosità, nonché al tipo di conduzione (ionico o elettronico) e quindi al valore della conducibilità.

Corrosione a umido E’ un fatto che un pezzo di metallo rimane stabile a tempo indefinito se

conservato nel vuoto. Al contatto con l’ambiente terrestre i metalli diventano instabili in vario modo. Possono subire un deterioramento delle loro proprietà meccaniche (comparsa di crepe e rotture per stiramento, o minore resistenza allo stress). Possono sfogliarsi per la formazione di ossidi superficiali. Possono addirittura scomparire per dissoluzione.

Ad eccezione di pochi (e perciò costosi) metalli nobili, tutti i metalli sono instabili, in grado maggiore o minore , all’atmosfera terrestre. Quelli più largamente utilizzati (Fe, Al, Cu, Ni e loro leghe) subiscono forti danni al contatto con l’aria a meno che non vengano adeguatamente protetti.

La conclusione più ovvia è che la stabilità del metallo è determinata da ciò che avviene alla sua superficie: se la superficie è stabile anche la massa del metallo tende a rimanere tale. Viceversa, qualsiasi deterioramento delle proprietà massive parte dalla superficie.

Ora, l’atmosfera è essenzialmente costituita da aria umida contenente CO2 disciolta (nell’atmosfera marina c’è anche NaCl in sospensione). L’umidità dell’aria quindi costituisce un elettrolita, ed è perciò abbastanza logico aspettarsi che l’instabilità dei metalli sia legata ad una qualche reazione di trasferimento di carica che si instaura sulla superficie a contatto

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con ‘aria umida. Ed infatti eliminando dall’aria l’umidità, ovvero eliminando l’elettrolita, i processi di corrosione vengono fortemente ridotti.

In realtà il processo di corrosione equivale alla cortocircuitazione di una pila. Prendiamo ad esempio la pila Daniell: se i due elettrodi Zn e Cu vengono cortocircuitati (rinunciando al lavoro elettrico) il processo continua fino a che la forza elettromotrice diventa zero. Questo corrisponde al raggiungimento dell’equilibrio chimico che nel caso in esame è però fortemente spostato nel senso dell’ossidazione di Zn. Quindi la cortocircuitazione della pila Daniell porta alla quasi completa dissoluzione dello zinco. Lo stesso risultato si ottiene mettendo un pezzo di Cu saldato ad uno di Zn in una soluzione di Cu2+. Ed infine lo stesso risultato si ha ancora immergendo in una soluzione contenente ioni Cu2+ un pezzo di Zn con inclusioni microscopiche di Cu. Contemporaneamente alla dissoluzione di Zn si ha deposizione di Cu sulle zone già esistenti di Cu, ed addirittura si ha formazione di nuove zone di Cu per elettrocristallizzazione. Si ha dunque un processo di corrosione il cui meccanismo risulta abbastanza evidente: la tendenza dello Zn ad ossidarsi rispetto al Cu (v. serie elettrochimica degli elementi) fa sì che si formino delle aree ben distinte in cui ha luogo il processo di ossidazione o di riduzione, cioè delle aree anodiche e catodiche , e quindi una pila: la resistenza generalmente bassa che si ha tra le due aree fa sì che la pila sia praticamente in corto circuito.

Non è detto però che il meccanismo con cui procede la corrosione sia esclusivamente questo. Infatti si ha corrosione anche di metalli ultrapuri privi di impurezze incluse, e dunque nell’impossibilità di realizzare zone catodiche e anodiche analoghe a quelle viste, cioè ben distinte nello spazio.

Per rifarsi sempre al caso della corrosione dello Zn metallico, non è detto che la reazione di ossidazione di Zn sia accoppiata alla reazione di riduzione che porta alla deposizione di Cu, o comunque di un qualche metallo più nobile a contatto con lo Zn. Si può pensare invece a provocare la reazione di ossidazione anodica dello Zn siano altre possibili reazioni di riduzione catodica. Ad esempio, in un film di umidità contenente ioni disciolti (che perciò agisce sempre da elettrolita) si può avere riduzione di H+ o di O2:

2H3O

+ + 2e → H2 + 2H2O E0=0 O2 + 2H2O + 4e → 4OH- (in ambiente alcalino) E0=0.401 O2 + 2H+ + 4e → 2 OH- (in ambiente neutro) E0=0.815 O2 + 4H+ + 4e → 2H2O (in ambiente acido) E0=1.229 In effetti, un pezzo di Zn ricoperto da aria umida è soggetto a

corrosione. In generale, la condizione necessaria e sufficiente per il processo di

corrosione è che la reazione di dissoluzione del metallo proceda simultaneamente ad una qualche reazione di elettroriduzione all’interfase

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metallo/ambiente circostante. Perché i due processi procedano simultaneamente occorre che la differenza di potenziale (ddp) attraverso l’interfase sia più negativa del potenziale di equilibrio della reazione di elettroriduzione e più positiva del potenziale di equilibrio della reazione di elettroossidazione.

Quando si verificano queste condizioni e quando non si hanno zone catodiche e anodiche ben separate nello spazio come nel caso visto in precedenza, ma si ha una superficie metallica omogenea, la corrosione procede secondo un meccanismo (di Wagner-Traud) che prevede siti di elettronazione e di de-elettronazione che si spostano in continuazione e sono disposti in modo random sulla superficie del metallo. Al contrario eventuali eterogeneità tendono a fissare le reazioni di elettronazione e di de-elettronazione in aree fisse.

Ora, le eterogeneità possono essere di vario tipo. Abbiamo già visto il caso di impurezze che rappresenta il caso più ovvio. Si possono però avere eterogeneità dovute alle diverse fasi di una lega o a distribuzioni non uniformi di stress, o alla presenza di crepe e così via. E’ evidente allora che se anche l’avvio del processo di corrosione è del tipo Wagner-Traud, in breve tempo si vengono a formare ei siti di corrosione che costituiscono la premessa per l’altro tipo di meccanismo.

L’elettrolita può anche contenere altre specie ioniche che possono essere coinvolte in una qualche reazione catodica. Ad es.:

Fe3+ + e → Fe2+

NO3- + 3H+ + 2e → HNO2 + H2O

In presenza di diverse possibili reazioni di elettroriduzione la reazione

che predomina è quella che comporta la massima corrente di corrosione. Infatti quando lo schema del processo prevede reazioni parallele, il processo è controllato dalla reazione che a quel potenziale fornisce la corrente più alta. [Al contrario, nel caso in cui lo schema preveda reazioni consecutive, il processo è controllato dalla reazione più “lenta” che è quella che fornisce la corrente più bassa. Infatti la corrente è una misura diretta della velocità di reazione.]

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TERMODINAMICA DELLA CORROSIONE Supponiamo che si debba decidere se un particolare metallo è adatto o

no per l’impiego in un dato ambiente. La domanda è se la reazione di ossidazione M → Mn++ ne accoppiata

ad una qualche reazione di riduzione procede in senso spontaneo o no. La risposta è fornita dalla relazione termodinamica ∆G = -nFE : se il ∆G di reazione è negativo, la reazione procede spontaneamente.

Tuttavia c’è un approccio immediato basato sui diagrammi potenziale di equilibrio vs pH, ovvero sui diagrammi di Pourbaix.

DIAGRAMMI DI POURBAIX Marcel Pourbaix ha introdotto nel 1945 i diagrammi di potenziale - pH

che forniscono i potenziali di equilibrio delle reazioni elettrochimiche al variare del pH. In questo modo è possibile stabilire gli intervalli di pH e di potenziale in cui si può avere la passivazione dei metalli, cioè la separazione alla loro superficie di ossidi o di altri composti che spesso ne aumentano la resistenza, oppure quelli in cui i metalli possono essere ossidati (possibile corrosione) o quelli in cui invece il fenomeno corrosivo è da escludere (condizioni di immunità).

L’approccio è il seguente: supponiamo che la reazione

M → Mn++ ne (1A)

non coinvolga protoni. Il suo potenziale di equilibrio sarà dunque indipendente dal pH, e in un diagramma potenziale/pH sarà rappresentato da una linea parallela all’asse x.:

]Mln[nF

RTEE n

0++=

Poi si consideri un accettore di elettroni A presente nella soluzione in contatto con il metallo M e calcoliamo il potenziale di equilibrio per la sua reazione. Supponiamo che nella reazione sia coinvolto anche un protone secondo lo schema:

xA + mH+ + ne ↔ yD + zH2O (2A)

con:

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pHn

m059.0

]A[]H[

]D[ln

nF

RTEE

xm

y

0eq −∝−= +

Il coinvolgimento del protone fa sì che il potenziale di equilibrio vari

con il pH e possa essere rappresentato con una linea retta di pendenza negativa. A questo punto basta tracciare la linea verticale al particolare valore di pH che ci interessa: se la linea interseca quella di M → Mn++ ne a potenziali più negativi di quella di xA + mH+ + ne ↔ yD + zH2O significa che se le due reazioni sono messe in condizioni di formare una cella elettrochimica, la reazione (1A) procede spontaneamente nel senso dell’ossidazione, mentre la reazione (2A) procede spontaneamente nel senso della riduzione. In conclusione, il metallo M tende a corrodersi spontaneamente

In realtà il potenziale di equilibrio espresso dall’equazione di Nernst

dipende anche dalla concentrazione:

]Mln[nF

RTEE n

0++=

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Nel diagramma dunque dovrebbe essere riportato un fascio di rette parallele

Entro questa famiglia di rette si considera convenzionalmente quella

corrispondente a [Mn+] = 10-6 moli/l. Questo corrisponde nella pratica al valore limite convenzionale dell’apprezzabilità analitica degli ioni Mn+ nella soluzione. D’altra parte questo è un valore che si raggiunge molto rapidamente nella soluzione stessa e se l’elettrolita non viene continuamente rinnovato favorendo lo svolgersi della reazione, il mantenimento di questa concentrazione non porta a perdite apprezzabili di metallo.

La retta corrispondente a questa concentrazione divide il grafico in due regioni: al di sopra, si realizzano condizioni di equilibrio per concentrazioni maggiori e perciò vi è la possibilità di corrosione; al di sotto le condizioni di equilibrio si realizzano per concentrazioni minori, e di conseguenza vi è assenza di corrosione.

In realtà anche per la reazione:

xA + mH+ + ne ↔ yD + zH2O

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andrà considerato un fascio di rette. Infatti, applicando la relazione di equilibrio si ha:

y

x

0y

x

0eq ]D[

]A[log

n

059.0pH

n

m059.0E

]D[

]A[log

n

059.0

]H[

1logm

n

059.0EE +−=+−= +

Sul diagramma potenziale/pH il potenziale Eeq è rappresentato da un fascio di rette di pendenza -0.059m/n, ciascuna corrispondente ad un valore del rapporto tra la concentrazione della forma ossidata e quella della forma ridotta, ovvero del rapporto [A]x/[D] y.

Se E < Eeq la reazione procede in senso catodico (→→→→), se invece E > Eeq

la reazione procede in senso anodico (←←←←). Di conseguenza ogni retta divide il piano in due zone: quella inferiore di stabilità della forma ridotta e quella superiore di stabilità della forma ossidata.

Nel caso in cui alla reazione elettrochimica non partecipino gli ioni H+ (ad esempio nella reazione di equilibrio tra due diversi gradi di ossidazione: Mz+ + ne ↔ M(z-n)+), la relazione di equilibrio è:

]M[

]M[log

n

059.0EE

)nz(

z

0eq +−

+

+=

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rappresentata da una famiglia di rette orizzontali corrispondenti ai diversi rapporti tra forma ossidata e forma ridotta. In particolare, il rapporto Mz+/M(z-n)+=1 divide il piano in due zone: quella a potenziali più nobili corrisponde al campo di stabilità della specie a maggior numero di ossidazione. Ad esempio per l’equilibrio

Fe3+ + e ↔ Fe2+ la condizione di equilibrio è espressa da:

]Fe[

]Fe[log059.077.0E

2

3

eq +

+

+=

e la retta corrispondente al rapporto Fe3+/Fe2=1 divide il piano in due zone: la zona superiore corrispondente al campo di esistenza di Fe3+ e la zona inferiore corrispondente al campo di esistenza di Fe2.

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Diagramma dell’acqua

La linea a corrisponde al potenziale di equilibrio della reazione: O2 + 4H+ + 4e ↔ 2H2O E0=1.229

La pendenza della retta è pari a -0.059 in accordo con l’espressione del potenziale di equilibrio :

pH059.023.1]Hlog[005923.14]H[

1log

4

059.023.1E −=++=

+−=

La linea b corrisponde al potenziale di equilibrio della reazione: 2H+ + 2e → H2 E0=0 La pendenza della retta è ancora pari a -0.059 in accordo con l’espressione del potenziale di equilibrio:

pH059.0]H[

1log

2

059.00E

2−=−= +

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Al di sopra della retta a l’acqua si dissocia con sviluppo di O2 mentre al di sotto della retta b l’acqua si dissocia con produzione di H2. La distanza tra le due rette corrisponde al potenziale termodinamico di decomposizione dell’acqua secondo la reazione: H2O ↔ H2 + ½ O2

(con aH20 =1, pH2=1 atm, pO2=1atm) ed è pari a 1.23 V indipendentemente dal pH. Reazioni di formazione di ossidi e idrossidi Nei diagrammi potenziale - pH, le linee orizzontali si riferiscono a semireazioni il cui potenziale non dipende dal pH (linea a). Viceversa, le linee verticali si riferiscono ad equilibri chimici dipendenti dal pH ma indipendenti dal potenziale: ad esempio la reazione : Mz++zH2O→M(OH)z+zH+

di formazione dell’idrossido del metallo (linea b).

Considerando che le attività dell’acqua e dell’idrossido sono unitarie, e sostituendo alle attività le concentrazioni, la condizione di equilibrio a P e T costanti è espressa da:

Ee

0 pH 14

Mz+

corrosione M(OH)z

passivazione

M

immunità

a

b

c

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]M[

]H[K

z

z

+

+

=

da cui si ricava: log [Mz+] = cost – z pH La condizione di equilibrio fornisce perciò una famiglia di rette parallele all’asse delle ordinate, di cui come al solito si prende come riferimento quella corrispondente a log [Mz+] = -6. Per pH maggiori di quelli corrispondenti a tale retta si ha il campo di stabilità termodinamica dell’idrossido M(OH)z mentre per pH inferiori si è ancora nel campo di stabilità di Mz+ in soluzione. Infine, le linee inclinate indicano semireazioni elettrochimiche il cui potenziale dipende dal pH (linea c), ad esempio:

M+zH2O→M(OH)z+zH++ ze la cui condizione di equilibrio è espressa da:

pH059.0E]Hlog[z

059.0EE 0

z0eq −=+= +

Reazioni relative a metalli di comportamento anfotero

Per metalli a comportamento anfotero (es: Al e Zn), oltre alle reazioni

di formazione dell’idrossido sia per via chimica che elettrochimica si devono considerare anche la reazione di ridissoluzone chimica o elettrochimica dell’idrossido. Ad esempio, nel caso dell’alluminio si possono verificare le seguenti reazioni elettrochimiche (1, 2, 3) e chimiche (4, 5):

1) Al → Al3+ + 3e

2) Al + 3H2O → Al(OH)3 + 3H+ + 3e

3) Al + 2H2O → AlO-

2 + 4H+ +3e

4) Al 3+ + 3H2O → Al(OH)3 + 3H+

5) Al(OH)3 → AlO-2 +H+ + H2O

Le relazioni di equilibrio per le tre reazioni elettrochimiche sono:

1) ]Allog[3

059.0EE 3

0eq++=

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2) pH059.0E]Hlog[3

059.0EE 0

30eq −=+= +

3) pH3

4059.0]AlOlog[

3

059.0EE 20eq −+= −

che nel grafico identificano le linee a, c ed e rispettivamente. Poi ci sono i due possibili equilibri chimici 4 e 5 che individuano le due

linee verticali b ed d. Le linee a, b e c sono le stesse definite nel caso precedente. Invece, le linee d ed e si riferiscono ad un ulteriore stadio di corrosione che porta alla formazione di AlO-

2. Dunque, la formazione di AlO-2 può avvenire sia secondo la reazione

chimica 5 (linea d a pH costante):

Al(OH)3→ AlO-2 +H+ + H2O

pH = cost + log [AlO2

-]

che secondo la reazione elettrochimica 3 (linea e):

Per metalli a comportamento anfotero si hanno quindi due campi di

possibile corrosione con formazione di Al3+ a pH acidi e di AlO2- a pH

alcalini, mentre la zona di formazione di Al(OH)3 (passivazione) è limitata ai pH intermedi. Considerazioni conclusive (dalle dispense di P. Pedeferri)

Eeq

0 pH 14

Al3+

corrosione

Al(OH)3 passivazione

AlO-2

corrosione

Al

immunità

a c

e

b d

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Il quadro termodinamico fornito dai diagrammi di Pourbaix è di particolare importanza nello studio dei processi di corrosione dei metalli in quanto evidenzia le condizioni di immunità termodinamica del metallo, o invece le condizioni di possibile corrosione, nonché le condizioni di passivazione, ossia di possibile separazione di ossidi, idrossidi, Sali basici, con conseguente possibilità di autoprotezione del metallo.

Tuttavia il vero criterio per stabilire la stabilità del metallo è dato

dall’entità della velocità del processo di corrosione. Se la velocità di corrosione è bassa il metallo può essere utilizzato anche se la termodinamica ci dice che esso è soggetto a corrosione. Infatti, come è logico aspettarsi, gli aspetti cinetici prevalgono su quelli termodinamici.

Per utilizzare correttamente i diagrammi di Pourbaix occorre sottolinearne alcuni limiti:

- non danno informazioni cinetiche , ma si riferiscono solo a condizioni di equilibrio.

- Nei diagrammi si dovrebbe più correttamente riportare le attività. Riportando invece le concentrazioni, automaticamente ci si limita al caso di soluzioni diluite.

- Oltre ai campi di stabilità dovrebbero essere presi in considerazione anche casi di meta-stabilità, in particolare quelli relativi alla formazione di strati di ossidi che portano ai fenomeni di passivazione.

- Dovrebbe essere presa in considerazione anche l’eventuale effetto da parte di anioni presenti in soluzione. In particolare, un metallo potrebbe essere complessato da alcuni anioni ed essere perciò più soggetto a corrosione. Viceversa, il metallo potrebbe formare ioni insolubili che potrebbero allargare l campo di passivazione.

Diagramma del Ferro:

2.0

1.23 1.0

0

-0.44

-1.0

0 10 5 p

H

E/V

Fe3+

Fe2+

a

b

Fe

Fe2O3

Fe3O4

HFeO2-

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CORRENTE E POTENZIALE DI CORROSIONE Consideriamo un sistema costituito da un metallo che si corrode in

un elettrolita. Il processo di corrosione implica una reazione di elettroriduzione in un’area che costituisce la sorgente di elettroni, ed una reazione di elettroossidazione (dissoluzione del metallo) nell’area in cui gli elettroni vengono consumati.

Come già detto, un metallo che si corrode equivale ad una cella cortocircuitata, perciò le correnti di ossidazione e di riduzione sono di uguale entità ma di segno opposto:

ia = - ic

Ovviamente si parla di correnti e non di densità di corrente. La velocità di corrosione del metallo è data direttamente dalla velocità

di dissoluzione del metallo, per cui la corrente di corrosione è data da:

icorr = ia = - ic

Inoltre si deve considerare che in condizioni di corto circuito si ha: E = ∆φa – ∆φc + iR = 0 dove ∆φc e ∆φa rappresentano le differenze di potenziale alle interfasi

dei due elettrodi, e iR è la caduta ohmica nell’elettrolita. Supponiamo che sia iR ≈ 0. Questo implica che la distanza tra i due

elettrodi sia trascurabilmente piccola, che l’elettrolita abbia una buona conducibilità e che le aree elettrodiche non siano ricoperte da film di ossidi di elevata resistenza.

In queste condizioni ∆φa ≈ ∆φc . Questo significa che quando iR ≈ 0, la ddp attraverso l’interfase metallo/soluzione di un elettrodo donatore di elettroni è praticamente uguale a quella di un elettrodo accettore di elettroni. Quale è però la validità della condizione iR ≈ 0 nel caso di un metallo che si corrode? Se il metallo è omogeneo e il processo di corrosione procede attraverso il meccanismo di Wagner-Traud, le aree catodica e anodica sono separate in ogni istante da distanze dell’ordine di pochi Å. Inoltre le aree catodica e anodica si spostano nel tempo e tendono perciò a distribuire le piccole ddp nella soluzione adiacente a queste aree. In questo caso la condizione iR ≈ 0 è abbastanza vera. Se il metallo ha delle zone eterogenee e si corrode secondo il meccanismo localizzato, la validità della condizione iR ≈ 0 dipende dalla separazione tra le aree anodica e catodica e dalla conducibilità dell’elettrolita. Nei casi in cui la distanza tra area anodica e catodica è grande (dell’ordine dei cm) si ha iR ≠ 0 e di conseguenza ∆φa ≠ ∆φc. In generale, tuttavia, la distanza tra le due aree è dell’ordine dei micron

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o ancora più piccolo per cui iR=0 e ∆φa= ∆φc. Questa ddp uniforme attraverso l’interfase tra un metallo che si corrode e l’elettrolita è chiamato potenziale di corrosione, ∆φcorr :

∆φcorr= ∆φa= ∆φc

Ne segue che il potenziale di corrosione di un metallo che si corrode secondo il meccanismo localizzato è virtualmente uguale al potenziale misto di un elettrodo sul quale le reazioni di riduzione e di ossidazione avvengono su aree separate, ed è identico al potenziale misto quando il metallo si corrode secondo il meccanismo di Wagner-Traud.

Se non c’è formazione di ossidi sulla superficie metallica, e se la

corrente non è limitata dal trasporto di massa, sia ia che ic possono essere espresse dall’equazione di Butler-Volmer:

]ee[iii RT/FRT/F

a,oacorraaaa ηαηα− +−== (1)

con: ηa=∆φcorr-∆φe,a

essendo ∆φe,a il potenziale di equilibrio per la reazione di dissoluzione del metallo: Mn+ + ne ↔M (da notare che le semireazioni si scrivono sempre nel senso della riduzione). Indicando con aλ e aλ le pendenze di Tafel, vale a dire le pendenze del grafico ηa vs log ia relativo rispettivamente alla reazione diretta e alla reazione inversa del processo di dissoluzione del metallo Mn+ + ne →M, si ha:

F

RT

a

a

α=λ ;

F

RT

a

a

α=λ

Allora la (1) diventa:

λφ∆−φ∆

+

λφ∆−φ∆

−−=a

a,ecorr

a

a,ecorr

a,ocorr expexpii (2)

Analogamente per il processo di riduzione si ha:

]ee[iii RT/FRT/F

c,occorrcccc ηαηα− +−−=−= (1 bis)

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con: ηc=∆φcorr-∆φe,c

essendo ∆φe,cil potenziale di equilibrio per la reazione di elettroriduzione che è accoppiata al processo di corrosione A + ne →D.

Indicando con cλ e cλ le pendenze di Tafel di tale processo:

F

RT

c

c

α=λ ;

F

RT

c

c

α=λ

si ottiene:

λ

φ∆−φ∆+

λ

φ∆−φ∆−−−=

c

c,ecorr

c

c,ecorr

c,ocorr expexpii (3)

dalle eqn. (2) e (3) risulta evidente la dipendenza di icorr dalle correnti di scambio (vale a dire dalle densità di corrente di scambio e dalle aree disponibili), dalle pendenze di Tafel e dai potenziali di equilibrio relativi sia alla reazione di dissoluzione del metallo che a quella di elettroriduzione. Per ottenere un’espressione esplicita di icorr si devono prima risolvere la (2) e (3) per ∆φcorr. Si arriva perciò ad un’espressione piuttosto complicata a meno di non introdurre alcune ammissioni semplificatrici. Un’ammissione semplificatrice è quella di porre:

2/1aacc =α=α=α=α vale a dire:

F

RT2aacc =λ=λ=λ=λ

Allora:

( )( )RT2/FRT2/FRT2/FRT2/F

c,o

RT2/FRT2/FRT2/FRT2/F

a,0

c,ecorrc,ecorr

a,ecorra,ecorr

eeeei

eeeeiφ∆−φ∆φ∆φ∆−

φ∆−φ∆φ∆φ∆−

+−−

=+−

Dividendo entrambi i membri per RT2/F corre φ∆−

:

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( )( )RT2/FRT/FRT2/F

c,o

RT2/FRT/FRT2/F

a,0

c,ecorrc,e

a,ecorra,e

eeei

eeeiφ∆−φ∆φ∆

φ∆−φ∆φ∆

+−−

=+−

Da cui:

RT2/FRT/F

c,o

RT2/F

c,o

RT2/FRT/F

a,0

RT2/F

a,0

c,ecorrc,e

a,ecorra,e

eeiei

eeieiφ∆−φ∆φ∆

φ∆−φ∆φ∆

−+

=+−

( )( )RT2/F

c,oRT2/F

a,0

RT2/Fc,o

RT2/Fa,0

RT/F

c,ea,e

c,ea,ecorr

eieieieie

φ∆φ∆

φ∆−φ∆−φ∆

+=+

Si può allora ottenere ∆φcorr:

+

+=φ∆ φ∆−φ∆−

φ∆φ∆

RT2/Fc,o

RT2/Fa,0

RT2/Fc,o

RT2/Fa,0

corr c,ea,e

c,ea,e

eiei

eieiln

F

RT (4)

Nonostante l’ammissione semplificatrice con cui è stata ottenuta, questa espressione mette in evidenza come il potenziale si avvicini al potenziale di equilibrio per la dissoluzione del metallo, o al potenziale di equilibrio per la reazione di elettroriduzione a seconda che la corrente di scambio dell’area anodica sia molto maggiore di quella catodica o viceversa. Infatti, se i0,a>>i0,c, la (4) diventa:

a,e

RT/F

RT2/F

a,0

RT2/F

a,0

corra,e

a,e

a,e

elnF

RT

ei

eiln

F

RT φ∆≅=

=φ∆ φ∆

φ∆−

φ∆

mentre se i0,c>>i0,a si ottiene:

c,e

RT/F

RT2/F

c,o

RT2/F

c,o

corrc,e

c,e

c,e

elnF

RT

ei

eiln

F

RT φ∆≅=

=φ∆ φ∆

φ∆−

φ∆

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Inserendo ∆φcorr espresso dalla (4) nelle eqn. (2) e (3), si può ottenere un’espressione esplicita ma estremamente complicata per quanto riguarda icorr. Facciamo allora un’ulteriore semplificazione riferendosi solamente al caso in cui la sovratensione è sufficientemente grande da poter trascurare uno dei due esponenti della Butler-Volmer.

ηa=∆φφφφcorr-∆φφφφe,a è positiva ; ηc=∆φφφφcorr-∆φφφφe,c è negativa

Se ηa=∆φcorr-∆φe,a è grande la (2) diventa:

λφ∆−φ∆

=a

a,ecorr

a,ocorr expii

Se ηc è grande, ovvero se –(∆φcorr-∆φe,c) è grande la (3) diventa:

λφ∆−φ∆

−=c

c,ecorr

c,ocorr expii

Nel caso più semplice in cui F

RT2ca =λ=λ si ottiene:

Processo anodico

Processo catodico

∆φφφφe,a

∆φφφφe,c ∆φφφφcorr

+ -

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φ∆−φ∆=

RT2

)(Fexpii a,ecorr

a,ocorr

φ∆−φ∆=

RT2

)(Fexpii corrc,e

c,ocorr

Moltiplicando le due espressioni:

da cui:

φ∆−φ∆=

RT4

)(Fexp)ii(i a,ec,e2/1

c,oa,ocorr

ovvero:

−=

RT4

)EE(Fexp)ii(i a,ec,e2/1

c,oa,ocorr (5)

da cui si vede chiaramente la dipendenza di icorr dalle correnti di scambio e

dall’entità della differenza (∆φe,c-∆φe,a). Nel caso in cui ca λ≠λ l’espressione finale di icorr conterrà ovviamente anche la dipendenza dalle pendenze di Tafel che compaiono nelle espressioni di i0,a e i0,c. L’espressione ottenuta è sicuramente troppo semplificata, e in effetti i fenomeni di corrosione sono generalmente troppo più complicati per poter applicare direttamente il trattamento di cui sopra. Infatti va ricordato che esso vale nel caso in cui: - non ci siano ossidi superficiali - iR ≈0 - ∆φcorr è tale da poter trascurare uno dei due esponenziali della Butler- Volmer - I coefficienti di trasferimento di carica, α, sono tutti uguali a 0.5. Tuttavia, pur rappresentando un caso limite ideale, questo primo approccio è sufficiente per dare un’idea dei fattori che entrano in gioco.

φ∆−φ∆=

RT2

)(Fexpiii a,ec,e

c,oa,o2corr

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DIAGRAMMI DI EVANS

La maggior parte dei fattori che influenzano la velocità di corrosione possono essere ricavati dai grafici in cui vengono rappresentate contemporaneamente le curve corrente-potenziale per il processo di dissoluzione del metallo e per la reazione catodica. Infatti, se si prescinde dal segno della corrente e si portano in uno stesso grafico le curve di i per i due processi si ottiene:

Le curve possono essere ottenute sia sulla base di dati sperimentali che dalla conoscenza dei parametri che determinano la sovratensione associata ad una data corrente, e cioè la densità di corrente di scambio, i coefficienti di trasferimento di carica ed eventualmente la densità di corrente limite. Il punto di intersezione tra le due curve determina il potenziale di corrosione e la corrente di corrosione.

Un grafico analogo in cui in ascisse si porti log i anziché i , permette di evidenziare le correnti di scambio relative ai due processi.

Fig. 1

∆φφφφe,c

∆φφφφe,a

∆φφφφcorr

icorr

+ M →→→→ Mn++ne

i

∆φφφφe,c

∆φφφφe,a

∆φφφφcorr

log icorr

M →→→→ Mn+ + ne

log i0,c

log i0,a

+

log i

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Il grafico 1 rappresenta il caso in cui il processo di corrosione è controllato da entrambi i processi catodico e anodico (controllo misto) Si può allora mettere in evidenza come il potenziale di corrosione si avvicini al potenziale di equilibrio del processo caratterizzato da una maggiore corrente di scambio:

Fig.2 Fig. 3 Esaminando il grafico 2 in cui i0,a>>i0,c appare evidente che l’entità della corrente di corrosione, vale a dire la posizione del punto di intersezione tra le due curve, dipende essenzialmente dalla curva catodica. La corrente di corrosione è perciò controllata dalla reazione catodica. Considerazioni analoghe portano a dire che il processo di corrosione rappresentato dal grafico 3 è sotto il controllo anodico.

∆φφφφe,c

∆φφφφe,a

∆φφφφcorr

log icorr log i0,a

+

log i

log i0,c log i0,c

log i0,a log i log icorr

∆φφφφcorr

∆φφφφe,c

∆φφφφe,a

i0,a>>i0,c

i0,a<<i0,c

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Fig.4 Fig. 5 Dai diagrammi di Evans si possono inoltre mettere in evidenza l’influenza di altri parametri come la pendenza di Tafel (Fig. 4), il potenziale di equilibrio (Fig. 5) e l’effetto del controllo da parte del trasferimento di massa per quanto riguarda il processo catodico (Fig. 6). Infine nel diagramma di Evans può anche essere rappresentato l’effetto di una caduta ohmica IR con una conseguente differenza nei potenziali metallo/elettrolita in corrispondenza delle due aree (Fig. 7). In questo caso la corrente di corrosione è determinata dall’entità di IR (controllo ohmico).

Fig. 6 Fig. 7

∆φφφφe,c

∆φφφφ’corr

∆φφφφcorr

∆φφφφe,a

log icorr

∆φφφφe,c

∆φφφφ’corr

∆φφφφcorr

∆φφφφ’e,a

log icorr log i’corr

∆φφφφe,a

log i0,a log i’corr

icorr i i

∆φφφφe,c

∆φφφφe,a

∆φφφφa

∆φφφφc

IR

E = ∆φφφφa-∆φφφφc+IR = 0 ∆φφφφe,c

∆φφφφe,a

∆φφφφcorr

icorr

ilim

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30

C’è un altro modo di considerare i vari tipi di controllo su un sistema che si corrode. Infatti, in un processo costituito da più stadi consecutivi c’è uno stadio che determina la velocità dell’intero processo (r.d.s = rate determining step). In questa ottica possiamo pensare ad un processo di corrosione come costituito da più stadi consecutivi, e cioè: 1) ossidazione del metallo 2) flusso di elettroni nel metallo 3) elettronazione 4) flusso di ioni nell’elettrolita In condizioni di stazionarietà la corrente netta è uguale alla corrente associata ad ogni stadio. Prescindendo dal segno:

icorr = ic = ia = ie = ii dove ie è la corrente dovuta al flusso di elettroni e ii quella dovuta al

flusso di ioni. A causa dell’elevata conducibilità elettronica del metallo, lo stadio che determina la velocità del processo (e quindi la corrente di corrosione) non potrà essere il flusso di elettroni nel metallo. Di conseguenza lo stadio che controlla la corrente di corrosione è uno degli altri tre, e cioè quello di ossidazione (controllo anodico), quello di riduzione (controllo catodico) o quello dovuto al flusso di ioni nell’elettrolita (controllo ohmico).

Ci sono inoltre casi in cui il controllo è misto, cioè il processo è controllato sia dalla reazione di ossidazione che da quella di riduzione.

L’importanza di determinare il tipo di controllo è legata alla possibilità di agire sui parametri dello stadio lento in modo da poter ridurre la velocità del processo di corrosione.

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METALLI, pH e ARIA Fino ad ora abbiamo visto un trattamento quantitativo (sia pure

semplificato) della corrosione di un metallo privo di ossidi superficiali. Esaminiamo ora da un punto di vista qualitativo l’influenza di vari

fattori che determinano la corrosione. Prima di tutto la corrosione dipende dal particolare metallo coinvolto:

il sodio si corrode in soluzione acquosa in modo così violento da produrre una considerevole quantità di calore e perfino l’esplosione dell’idrogeno svolto. L’oro invece non si corrode per niente.

Da un punto di vista elettrochimico questo diverso comportamento è facilmente spiegabile. Infatti il potenziale standard per la reazione di riduzione:

Na+ + e → Na E’ estremamente negativo (-2.71 V) sia rispetto al potenziale di

equilibrio della reazione di riduzione di H+ che a quello della reazione di riduzione di O2. Questo significa che la differenza (Ee,c-Ee,a) assume un valore molto positivo, e perciò la corrente di corrosione espressa dall’eqn. (5) è molto alta.

Viceversa, il potenziale standard della reazione Au3+ + 3e→Au è molto più positivo (+1.5V) sia della reazione di riduzione di H+ che della reazione di riduzione di O2. Ne consegue che se l’attività degli ioni in soluzione è unitaria, l’oro non si corrode.

E’ allora possibile prevedere se un metallo si corrode o no a seconda del valore del potenziale standard nella serie elettrochimica degli elementi. Metalli che hanno un E0 negativo sono soggetti a corrosione. Questo naturalmente da un punto di vista termodinamico, mentre la velocità di corrosione è una questione di cinetica e può quindi essere trascurabile anche se il metallo ha un E0 negativo (es. Pb). Metalli che hanno un valore positivo di E0 sono invece i cosiddetti metalli nobili che non sono soggetti a corrosione in soluzioni prive di O2 a pH=0.

L’influenza dell’aria e del pH sulla velocità del processo di corrosione è determinata dal fatto che le reazioni catodiche più comuni sono quelle di riduzione di H+ o di O2.

Trattandosi di reazioni parallele, quella predominante è quella che determina la corrente di corrosione più alta, ma il fatto che si instauri l’una o l’altra reazione catodica dipende da vari fattori.

1) Da un punto di vista termodinamico la reazione favorita dovrebbe essere quella di riduzione di O2:

O2 + 4H+ + 4e → 2H2O (in ambiente acido) E0=1.229

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32

Infatti :

pHHH

E 059.023.1]log[005923.14][

1log

4

059.023.1 −=++=+−=

Stesso risultato si ottiene se i considera lo schema di reazione che si

instaura in ambiente alcalino:

O2 + 2H2O + 4e → 4OH- (in ambiente alcalino) E0=0.401

pHHK

H

KOHE

w

w

059.023.1]log[059.0log00594.0

4][log059.04.04]log[

4

059.04.0

−=++−=

=+

−=−−=

[dove 0.4-0.059 log Kw = 0.4 + 0.059 . 14 = 0.4 + 0.826 = 1.226, che corrisponde al valore di E0 in ambiente acido] Invece per la riduzione di H+ si ha:

2H3O+ + 2e → H2 + 2H2O E0=0

pHH

E 059.0][

1log059.00 −=−= +

Questo significa che a parità di pH il potenziale di equilibrio della riduzione di O2 è sempre 1.23 V più positivo di quello della riduzione di H+. Di conseguenza, la differenza (Ee,c-Ee,a) che determina la corrente di corrosione sarà sempre maggiore nel caso della riduzione di O2. 2) da un punto di vista cinetico tuttavia, la reazione favorita è quasi sempre la reazione di riduzione di H+ perché le densità di corrente di scambio sono generalmente molto maggiori di quelle che si hanno per la riduzione di O2. Ad esempio, nel caso della corrosione del ferro si ha (a pH=0): j0,H

+/H2 = 10-6 A cm-2

j0,O2/OH

- = 10-14 A cm-2

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Inserendo questi valori nella (5) si vede cha a pH molto acidi la reazione catodica è quella di riduzione di H+. 3) un aumento di pH può rovesciare la situazione. Infatti un aumento di pH porta da un lato ad una diminuzione della corrente di scambio per l’evoluzione di H2 e dall’altra ad una diminuzione della differenza tra il potenziale di equilibrio per la reazione di riduzione di H+ ed il potenziale di equilibrio per la dissoluzione del metallo (Ee,c-Ee,a). Entrambi gli effetti si traducono in una diminuzione della velocità del processo di corrosione a- diminuzione di j0,H con l’aumento di pH. La densità di corrente di scambio, I0,H , per lo svolgimento di H2 su un dato metallo è:

+φ∆β−=

OH

RT/FH,0

3

e cFkej

dove k è la costante di velocità, β è il fattore di simmetria e cH3O+ è la concentrazione di ioni H3O

+. Il potenziale di equilibrio ∆φe è espresso dall’equazione di Nernst:

+=φ∆OHe

3cln

F

RT

Allora:

)1(

OHOHOH

OH

cln

OH

cln

H,0

333

3

O3H

3

O3H

FkccFkc

cFkecFkej

β−β−

β−

+++

+

β−+

+

+

==

===

Se β=1/2:

2/1

OHH,03

Fkcj +=

In questo caso, un aumento di pH di 6 unità, cioè una diminuzione di cH3O+ di 106 volte porta ad una diminuzione di j0,H di 103 volte:

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34

3

OH

2/16

OHH,0 10Fkc)10c(Fkj33

−− ⋅=⋅= ++

b-riduzione di (Ee,c-Ee,a) con l’aumento di pH Consideriamo ad esempio la corrosione del Fe (E0,Fe=-0.44V):

+−−−=− +2FeFe,eH,e clog2

059.044.0pH059.0EE

Se la concentrazione del ferro è unitaria si ha:

44.0pH059.0EE Fe,eH,e +−=−

Quindi: a pH=0 → 44.0EE Fe,eH,e =−

a pH=7 → 02.044.042.0EE Fe,eH,e =+−=−

Dato che la corrente di corrosione è proporzionale a (Ee,c-Ee,a), un aumento di pH ha l’effetto di ridurre la velocità del processo di corrosione. In conclusione, la reazione di riduzione predominante dipende dal pH. In ambiente fortemente acido la reazione principale è quella di svolgimento di idrogeno, mentre in ambiente neutro o alcalino tende a prevalere la reazione di riduzione di ossigeno.

la condizione di equilibrio per la riduzione di H+ a pH = 7 è:

42.07059.00E −=×−= Poi, IO,H passa da: 10-6 (a pH=0) a 10-6√10-7 ≅3.10-10, cioè log IO,H≅-9.5, (a pH=7, cioè [H+]=10-7)

1.23

-0.44

0

log I0,O2= -14

log I0,H =-9.5

log I -10 -5

log I0,H = -6

pH=0

pH=7

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4) L’ossigeno consumato nella reazione di riduzione proviene dall’aria. Ora, la solubilità di O2 in acqua è circa 10-4 moli/l. Questa è una concentrazione piuttosto bassa che dà luogo ad una corrente limite di riduzione dell’ordine di 105 A cm-2 in soluzione non agitata. Questo significa che quando la reazione catodica è costituita dalla riduzione di O2, lo stadio lento diventa il trasporto di massa. Vale a dire che la corrente di corrosione massima è quella che corrisponde alla densità di corrente limite per la riduzione di O2. Di conseguenza se il controllo è da parte della riduzione di O2, l’agitazione della soluzione in cui ha luogo il processo di corrosione porta ad una aumento della velocità di corrosione.

∆φφφφcorr

∆φφφφ’cor

i

∆φφφφe,c

∆φφφφe,a icorr

ilim

i’lim

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ESEMPI DI CORROSIONE

La carrozzeria delle auto è verniciata per proteggerla dalla corrosione, ma talvolta ci sono dei graffi che permettono a piccolissime zone di acciaio di venir a contatto con l’atmosfera. A prima vista ci si potrebbe aspettare che quella soggetta a corrosione sia proprio questa piccola zona di metallo non più protetto. Invece questo non è vero, cioè la parte esposta del metallo non costituisce l’area anodica. Infatti, la parte esposta è più accessibile all’ossigeno che non la parte verniciata e quindi costituisce l’area catodica. Quello che si corrode è perciò la parte metallica sotto la vernice, e di conseguenza la situazione è addirittura peggiore di quanto possa avvenire a prima vista. Una crepa nella verniciatura fa sì che la corrosione non sia limitata alla piccola zona esposta, ma coinvolga una zona più larga sotto la vernice. Questa è anche la ragione per cui verniciature e rivestimenti di vario tipo forniscono solo una risposta parziale al problema della prevenzione della corrosione. Infatti questi rivestimenti sono soggetti a graffi o a crepe che permettono all’ossigeno di penetrare.

AERAZIONE DIFFERENZIALE L’esempio fatto porta ad un’importante conseguenza nel caso in cui la

reazione catodica sia la riduzione di O2: se parte del metallo risulta maggiormente accessibile all’ossigeno rispetto ad un’altra parte, si creano zone a diverso contenuto di ossigeno. In questo caso la reazione di riduzione di O2 tende ad avvenire nella zona in cui esso è presente in maggior quantità. In altre parole, la zona ricca di ossigeno agisce come zona catodica, mentre quella povera di ossigeno agisce come zona anodica. Questo meccanismo corrisponde al principio dell’aerazione differenziale. L’eliminazione dell’aria (ovvero dell’ossigeno) in un qualche punto del metallo fa sì che quel punto del metallo diventi un punto di attacco per la corrosione.

Ci sono molti esempi di attacco localizzato dovuto ad aerazione

differenziale. L’esempio più comune è la corrosione localizzata in una crepa.

O2

Zona

ricca di

O2

Zona

povera

di O2

METALLO

Corrosione

METALLO

Atmosfera umida

O2

rivestimento

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Altro esempio è quello di un

metallo parzialmente immerso in acqua di mare: la regione vicina al livello dell’acqua è quella più ricca di O2 e quindi diventa la zona catodica rispetto alla parte più bassa del metallo che diventa la zona anodica

Una situazione analoga è quella che si verifica quando si ha un palo di

ferro parzialmente conficcato nella sabbia umida sotto l’acqua. Ci si potrebbe aspettare che la parte coperta dalla sabbia fosse quella più protetta, ed invece è quella che si corrode più facilmente a causa della più bassa concentrazione di ossigeno.

Zona ricca

di O2

Zona ricca

di O2

Zona

povera

di O2

corrosione

conduttura

metallica Linea dell’acqua

Zona

ricca

di O2 Zona

povera

di O2

Sabbia

corrosione

Conduttura

metallica Linea dell’acqua

Zona

ricca

di O2

Zona

povera

di O2

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Altro esempio è quello di una tubatura interrata che passa in parte in un terreno sabbioso di elevata permeabilità all’ossigeno e in parte in un terreno argilloso povero di O2.

Anche una semplice goccia di acqua su una superficie di ferro produce

zone di aerazione differenziata: la regione centrale è più povera di ossigeno rispetto alle zone periferiche che diventano perciò la zona catodica, mentre la zona anodica è quella del metallo in corrispondenza della zona centrale della goccia:

Un altro caso interessante di corrosione è quello delle strutture metalliche e tubature sotterranee dovuta non ad aerazione differenziata ma a correnti vaganti. La presenza di cavi elettrici nel suolo produce correnti sotterranee vaganti. Si possono così determinare ddp tra due porzioni di una stessa tubatura che perciò sviluppa zone catodiche e anodiche. Per questa ragione tubature che passano vicino a linee elettriche tendono a corrodersi.

ARGILLA

bassa

permeabilità

all’ossigeno SABBIA:

alta permeabilità

all’ossigeno

tubatura

corrosione

Zone

riccche

di O2

Zone

ricche

di O2

corrosione

Zona

povera di

O2 GOCCIA

METALLO

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CORROSIONE NEL TERRENO (questo paragrafo è ripreso in massima parte da: Pietro Pedeferri “Corrosione dei materiali metallici” CLUP (MI)

Nel sottosuolo sono presenti vari tipi di strutture metalliche, quali

condotte, cisterne, pozzi, fondazioni, gallerie in cemento armato, cavi telefonici con guaine di piombo, ecc. I terreni con cui queste strutture metalliche sono a contatto possono essere corrosivi. In particolare nelle condotte e nelle cisterne interrate che costituiscono la tipologia più numerosa, la corrosione determina la perforazione delle pareti e la fuoriuscita del prodotto con possibili danni all’ambiente e alle persone, oltre a quelli diretti sul servizio cui la struttura è preposta. Anche nel caso di opere in cemento armato, che di per sé assicura la protezione dalla corrosione delle armature, possono intervenire problemi di corrosione.

Classificazione geologica dei terreni Il terreno è il materiale non cementato o debolmente cementato che

ricopre lo strato roccioso superficiale della terra e che proviene dalla disgregazione di diversi tipi di roccia.

In generale un terreno è un mezzo poroso costituito da particelle solide, acqua e specie chimiche in essa disciolti e da aria. La composizione è in continua evoluzione sia per azione naturale che a causa delle attività umane, agricole e industriali. Un terreno agricolo contiene in quantità confrontabili sabbia, argilla e limo che sono i costituenti principali.

La classificazione viene fatta sulla base delle dimensioni delle particelle solide:

denominazione diametro medio delle particelle pietrisco 20 – 2 mm sabbia 2 – 0.2 mm sabbia fine 0.2 – 0.02 mm limo 20 – 2 µ argilla < 2 µ La natura del terreno di per sé non ha un’influenza diretta sulla sua

corrosività, che dipende invece da altri parametri quali la resistività e il pH che a sua volta dipende dal contenuto di acqua e di sali. Particolarmente importanti ai fini della corrosione sono: la presenza di sali, principalmente cloruri e solfati, la presenza di bicarbonato in grado di dare depositi di carbonato di calcio, e il pH che generalmente è compreso tra 6.5 e 7 ma che in condizioni estreme può raggiungere 3 (terreni acidi) o 9.5 (terreni alcalini)

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Contenuto di acqua Un terreno asciutto favorisce il trasporto di aria, e quindi dell’ossigeno

(condizioni aerobiche); non è di per sé corrosivo, ma lo diventa in presenza di acqua che permette la conduzione elettrolitica. Nei terreni saturi di acqua la diffusione dell’ossigeno verso una qualche struttura interrata è praticamente nulla rispetto a quella negli stessi pori pieni di aria, pertanto si realizzano condizioni anaerobiche.

La capacità di ritenzione dell’acqua e la permeabilità all’ossigeno dipendono per lo più dalla granulometria del terreno: terreni a granulometria maggiore, come pietrisco e sabbia, permettono maggiore capacità di drenaggio e di conseguenza minore ritenzione di acqua. Sono perciò da considerare aerobici. Terreni a granulometria fine, come invece limo e argilla, hanno un’elevata capacità di ritenzione di acqua e sono perciò da considerare anaerobici. L’acqua e l’aria hanno perciò effetti antagonistici. E’ da segnalare che quando la temperatura scende sotto zero, l’acqua contenuta nei pori gela e la corrosione si annulla perché viene impedita la conduzione elettrolitica. La distinzione tra condizioni aerobiche ed anaerobiche è importante perché alcuni meccanismi di corrosione si producono solo in presenza di O2 ed altri solo in sua assenza.

Abbiamo già visto come uno dei meccanismi di corrosione è quello corrispondente all’aerazione differenziale, e come le diverse condizioni del terreno possono instaurare condizioni di corrosione.

Resistività La resistività di un terreno dipende da svariati fattori, quali la struttura

geologica, le dimensioni delle particelle, la porosità, la permeabilità, il contenuto di acqua e di sali disciolti.

Resistività (ΩΩΩΩ m) Corrosività < 5 molto severa 5 – 10 severa 10 – 30 moderata 30 – 100 leggera 100 – 250 scarsa > 250 trascurabile La resistività di un terreno può subire variazioni notevoli con le stagioni,

le precipitazioni, le attività agricole e industriali.

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Meccanismi di corrosione nel terreno Le strutture interrate possono subire diversi tipi di corrosione: - corrosione generalizzata nei terreni omogenei aerati - corrosione localizzata con formazione di pustole in presenza di

cloruri e solfati - corrosione per aerazione differenziale in presenza di diversa

ripartizione dell’ossigeno - corrosione per accoppiamento galvanico per contatto della struttura

con metalli più nobili - corrosione per correnti disperse in presenza di campi elettrici - corrosione batterica per l’azione di batteri Corrosione generalizzata La corrosione generalizzata dei metalli nel terreno avviene con

meccanismo elettrochimico ed è causata dalla presenza dell’ossigeno disciolto nell’acqua.

Nel caso dell’acciaio, la corrosione generalizzata è la risultante di diversi processi: 1 - semireazione anodica Fe → Fe2+ + 2e 2 - semireazione catodica O2 + 2H2O + 4e→ 4OH-

3 - ossidazione di ioni ferrosi 4Fe2+ + O2+ 2H2O → 4Fe3+ + 4OH-

4 - precipitazione di prodotti di corrosione 2Fe3+ + 3H2O → Fe2O3 + 6H+ 2Fe3+ + Fe2+ + 4H2O → Fe3O4 + 8H+ 5 - precipitazione di carbonati Ca(HCO3)2 → CaCO3 + H2O + CO2

Da notare che oltre alle due reazioni anodica e catodica (1 e 2),

intervengono altre razioni importanti: gli ioni ferrosi prodotti dalla reazione anodica vengono ossidati a ferrici (3), che essendo meno solubili si separano in forma di ossidi e idrossidi (4). Da notare che Fe3O4 è in realtà FeO.Fe2O3. Contemporaneamente, l’alcalinità prodotta dalle reazioni 2 e 3 sposta l’equilibrio bicarbonato/carbonato favorendo la precipitazione di quest’ultimo (5) insieme agli ossidi ferrici (4). In questo modo sulla superficie metallica si può formare uno strato di carbonati e di prodotti di corrosione che riduce l’apporto di ossigeno alla superficie metallica e quindi la velocità di corrosione generalizzata.

La massima velocità di corrosione generalizzata è dell’ordine di 0.01- 0.1 mm/anno ed è determinata dalla densità di corrente limite di diffusione dell’ossigeno. La precipitazione di croste di carbonati e di prodotti di corrosione del ferro determinano tuttavia un progressiva diminuzione della corrosione nel tempo.

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Corrosione localizzata Gli stessi processi che sono alla base della progressiva diminuzione della

velocità di corrosione generalizzata, cioè la precipitazione di prodotti di corrosione e di incrostazioni di carbonati possono determinare delle differenziazioni locali sulla superficie metallica a contatto con il terreno, e di conseguenza possono innescare attacchi localizzati. Questi attacchi localizzati assumono una forma a cratere (pustole di corrosione):

L’attacco procede con meccanismo autocatalitico, con velocità di

penetrazione locale dell’ordine di 1 mm/anno, nettamente superiore ai valori caratteristici della corrosione generalizzata.

Corrosione per aerazione differenziale Questo tipo di corrosione, di cui si è già parlato, si instaura quando la struttura metallica è a contatto con terreni aventi diversa permeabilità all’ossigeno. Corrosione per contatto galvanico

E’ la corrosione determinata dal contatto della struttura con un metallo più nobile. Il tipo di corrosione più comune è quello tra reti di terra di rame e strutture interrate di acciaio. La corrosione si localizza in corrispondenza di difetti nel rivestimento protettivo e in vicinanza della rete di terra:

Strato

protettivo

PUSTOLA

Cratere

Fe

Fe3O4

Fe2O3

Fe3+

SO42- Fe2+ H+

Difetto nel rivestimento

cisterna rivestita

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Gli effetti di accoppiamento galvanico aumentano al diminuire della resistività del terreno. La velocità dell’attacco assume valori molto elevati quando aree anodiche di piccole dimensioni sono accoppiate ad aree catodiche di grandi dimensioni. Viceversa l’effetto di accoppiamento galvanico è trascurabile quando le aree catodiche sono piccole oppure il reagente catodico è disponibile in quantità limitata.

Un caso particolare di accoppiamento galvanico si verifica quando un tratto di tubazione vecchia viene sostituito con un tratto nuovo: quest’ultimo tende in genere a funzionare da anodo.

Corrosione per correnti disperse Il sottosuolo è spesso sede di correnti elettriche disperse (correnti

vaganti) di natura continua o alternata, che possono avere origine da impianti ferroviari o tranviari, da impianti di protezione catodica, da messe a terra, da linee ad alta tensione. La corrente dispersa può investire le strutture metalliche interrate alterandone lo stato elettrico: questa alterazione è detta interferenza. Oltre che nei terreni, i fenomeni di interferenza possono instaurarsi anche in altri ambienti (es. in acqua di mare).

L’interferenza è stazionaria quando la struttura si trova immersa in un campo elettrico stazionario, ad esempio quello prodotto da un dispersore anodico di un impianto di protezione catodica. Al contrario, l’interferenza non stazionaria si ha quando il campo elettrico è variabile, come ad esempio nel caso di sistemi di trazione a corrente continua. In questo caso gli effetti di interferenza ( e quindi di corrosione) si manifestano solo durante il passaggio del convoglio. Date le elevate correnti in gioco, gli effetti di interferenza possono produrre danni considerevoli anche se il tempo di interferenza è breve (dell’ordine di minuti).

In Italia i mezzi di trasporto di trazione su rotaia, quali linee metropolitane, tranviarie ferroviarie (ad eccezione delle linee ferroviarie ad alta velocità che funzionano a corrente alternata) sono alimentate a corrente continue con impianti che sono in genere costituiti da un conduttore aereo isolato collegato al polo positivo e da un circuito di ritorno collegato al polo negativo costituito dalla rotaia, mai isolata per ragioni di sicurezza. Durante il movimento di un convoglio, la corrente di alimentazione circola dal polo positivo della sottostazione, percorre il cavo aereo fino al treno, quindi attraversa le ruote, passa ai binari per rientrare al polo negativo della sottostazione. In quest’ultimo tratto, la corrente ha varie possibilità di ritorno: attraverso le rotaie, attraverso il terreno o entrambi. La corrente di ritorno che fuoriesce dalle rotaie investe le strutture metalliche interrate poste nelle vicinanze. Nel caso di una condotta interrata parallela alla linea ferroviaria, la corrente dispersa nel terreno utilizza la condotta stessa come circuito di ritorno alla sottostazione

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Le interferenze dovute ai sistemi ferroviari di trazione in corrente

continua presentano in genere le seguenti caratteristiche: - nel corso della giornata lo stato elettrico della struttura si modifica e

cambiano l’estensione e la posizione delle zone interferite in relazione alla variazione del traffico ferroviario.

- I potenziali della struttura variano in funzione della posizione della motrice lungo la linea, della corrente che essa assorbe nell’istante considerato e della suddivisione del carico tra le sottostazioni che la alimentano.

La corrente alternata provoca effetti di corrosione molto minori rispetto a quella continua

Corrosione batterica I microrganismi presenti nel terreno e nelle acque naturali possono

intervenire direttamente o attraverso le sostanze da essi prodotti, nel meccanismo di corrosione. La famiglia più pericolosa di microrganismi è costituita dai batteri solfato riduttori. La corrosione batterica dei batteri solfato riduttori prevede la riduzione di solfati a solfuri, tuttavia il suo meccanismo non è ancora del tutto chiarito. Tali batteri vivono e si sviluppano in condizioni anaerobiche e pertanto, le condizioni proprie dei terreni argillosi e senza ossigeno, ideali da un punto di vista elettrochimico per escludere processi di corrosione, sono in realtà quelle che favoriscono la loro crescita. In letteratura sono riportati valori anche superiori ad 1 mm/anno per la velocità di corrosione batterica.

Questi batteri hanno un’elevata adattabilità e sono in genere capaci di resistere a temperature fino a 60° C, ed alcuni ceppi anche a temperature maggiori. In ambiente aerobico sono in genere non attivi, ma possono sopravvivere e riprendere la loro attività nei casi in cui si formino microambienti anaerobici (ad esempio sotto depositi).

vagone

Condotta metallica interferita

sottostazione

+ -

tratto catodico →→→→ tratto anodico

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PREVENZIONE DELLA CORROSIONE Introduzione Da un punto di vista generale, la corrosione presenta alcune analogie con

l’invecchiamento di sistemi biologici. Così, come l’invecchiamento biologico può essere ritardato con l’assunzione di integratori, ad esempio la vitamina E, ci sono molti modi, compresa l’addizione di sostanze organiche, per ritardare il processo spontaneo di dissoluzione elettrochimica di un metallo, conosciuta come corrosione.

Come già visto, facendo alcune ammissioni semplificatrici si ottiene:

−=

RT

EEFiii aece

coaocorr 4

)(exp)( ,,2/1

,,

Ci sono due modi fondamentali di ridurre la corrente di corrosione. Il

primo consiste nel ridurre il prodotto (io,aio,c)1/2 e costituisce il metodo di

inibizione della corrosione. Il secondo consiste nel rendere la differenza (Ee,c-Ee,a) uguale o minore del potenziale di equilibrio Ee,a per la dissoluzione del metallo. Quest’ultimo è il metodo di protezione catodica.

I sintesi, questi due diversi approcci esemplificano due diverse tipologie di corrosione:

I - Se come spesso accade (ad esempio con gli oleodotti) il liquido corrosivo (ad esempio l’acqua di mare) è almeno parzialmente confinato, vale la pena di adottare metodi che prevedono l’adsorbimento di sostanze organiche che si adsorbono sul metallo e riducono la velocità del processo di corrosione.

II – Se invece l’oggetto è in contatto con una quantità illimitata di soluzione (ad esempio lo scafo di una nave), l’aggiunta di sostanze organiche alla “soluzione” non è fattibile. Per questa situazione ci sono due possibilità: la protezione catodica o la protezione anodica.

Inibizione della corrosione

Si realizza per aggiunta di una qualche sostanza all’ambiente elettrolitico in cui si trova il metallo soggetto a corrosione. Sostanzialmente si tratta di ridurre il termine:

c,oca,oac,oa,o jAjAii ⋅=⋅

Si può procedere in vari modi:

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1 – Diminuzione di jo,c Se la reazione catodica è quella di riduzione di H+ si può ridurre Io,c

aggiungendo fosforo, arsenico o composti di antimonio.

Se la reazione catodica è invece la riduzione di O2 si possono

aggiungere sostanze che reagiscono con l’ossigeno disciolto riducendone la concentrazione e di conseguenza la corrente di scambio.

Due sostanze che agiscono in questo senso sono l’idrazina e lo ione solfito:

2N2H4 + 5O2 → 4NO-

2 + 4H+ + 2H2O 2SO3

2- + O2 → 2SO42-

2- Diminuzione di jo,a In alternativa o in aggiunta si può ridurre

jo,a aggiungendo sostanze che si adsorbono sull’area anodica abbassando la velocità del processo di dissoluzione del metallo. I composti più comunemente utilizzati sono composti organici contenenti azoto (ammine alifatiche ed aromatiche), composti contenenti zolfo (tiourea e suoi derivati) e vari composti contenenti ossigeno (aldeidi). D’altra parte, come si è già visto, l’adsorbimento non dipende solo dalla natura chimica della sostanza che si adsorbe, ma anche dalla carica sull’elettrodo. Un inibitore della corrosione perciò non deve essere fortemente adsorbito in senso chimico, ma deve essere anche adsorbito

∆φφφφe,c

∆φφφφe,a

∆φφφφcorr

icorr i i’corr

∆φφφφ’corr con inibitore

senza inibitore

∆φφφφe,

∆φφφφe,a

∆φφφφcorr

icorr i

i’cor

∆φφφφ’corr con inibitore

senza

inibitore

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in un campo di potenziali che include il potenziale a cui ha luogo la corrosione. Da questo punto di vista è bene ricordare che l’adsorbimento di sostanze organiche è massimo in corrispondenza del potenziale di carica zero su metallo. Infatti, il processo di adsorbimento prevede la sostituzione delle molecole di acqua chemisorbite su metallo da parte delle molecole organiche. D’altra parte, i dipoli dell’acqua saranno più facilmente scalzati nella zona in cui la carica su metallo è nulla (potenziale di carica zero, pzc), perché la loro interazione con il metallo è più debole. Viceversa, via via che la carica su metallo diventa sempre più positiva o più negativa, i dipoli dell’acqua saranno sempre più fortemente legati alla superficie del metallo. Va ricordato che a causa del loro elevato rapporto momento dipolare/volume, le molecole d’acqua sono in grado di riorientarsi in modo da contrastare efficacemente il campo elettrico creato all’interfase dalla carica su metallo. Ne consegue che l’inibizione ottimale da parte di sostanze organiche è in corrispondenza del potenziale di carica zero, o in zone di potenziali adiacenti. Quando il potenziale di corrosione si discosta di più di 0.5V dal pzc, occorrerà scegliere sostanze organiche più fortemente adsorbite, ad esempio si potrà ricorrere a sostanze aromatiche invece che a composti alifatici. La grandezza che misura l’entità dell’adsorbimento è il ∆G°ads che riflette diversi fattori energetici. Così ad esempio come già detto le molecole organiche devono scalzare le molecole di acqua chemiadsorbite. L’energia richiesta sarà proporzionale alla forza del legame acqua-metallo e al numero di molecole di acqua da scalzare. Poi, evidentemente dovrà essere considerata la forza con cui la molecola organica si lega al metallo, così come l’eventuale competizione con altre specie adsorbibili, ad esempio gli ioni Cl-. Inoltre, nel passare dalla soluzione alla superficie del metallo la sostanza organica dovrà perdere parte della sfera di solvatazione. Perciò ci sarà un contributo dato dall’energia di solvatazione (e perciò dalla solubilità della sostanza organica). Nonostante che la ricerca scientifica del settore abbia fatto enormi progressi, la scelta di un inibitore efficace è ancora dettata da regole empiriche. Così gli inibitori vengono per lo più scelti nelle seguenti classi: - composti aromatici, es. composti fenolici e naftilici - composti alifatici insaturi, es. acetilene, e ottinolo - composti aliciclici, es. pirrolo - eterocicli aromatici, es. chinolina - composti contenenti zolfo, es tiourea

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Per quanto riguarda il trend può essere fatta la seguente generalizzazione: - composti aromatici e presenza di legami π - elevato momento dipolare dei gruppi funzionali - disponibilità di doppietti nei gruppi funzionali - energia degli orbitali HOMO (highest occupied orbitals) e

compatibilità con gli orbitali LUMO (lowest unoccupied orbitals) del metallo

Un buon inibitore non deve necessariamente possedere tutte queste caratteristiche, ma ne deve presentare almeno una. Infine, l’efficienza dell’inibizione dipende dalla concentrazione dell’inibitore, e di conseguenza dalla sua solubilità. Di fatto, inibitori appartenenti alla stessa classe di composti possono produrre la saturazione della superficie metallica a concentrazioni che differiscono anche di qualche ordine di grandezza. Un’ultima considerazione può riguardare i cosiddetti inibitori verdi. Infatti già dai primi anni ’90 la necessità di estrarre petrolio da piattaforme nel mare ha messo in evidenza i problemi connessi con il possibile inquinamento da parte degli inibitori di corrosione utilizzati per proteggere le tubature. Quando il petrolio viene estratto, gli inibitori utilizzati vengono riversati nell’acqua di mare circostante, e dato che la maggior parte degli inibitori utilizzati alla fine del secolo scorso sono fortemente tossici, molti governi europei hanno posto dei limiti severi alla quantità di inibitori che le compagnie petrolifere possono riversare nell’acqua di mare. La ricerca si sta perciò indirizzando a progettare sostanze organiche che mantengano le loro capacità di inibizione ma che siano meno tossici di diversi ordini di grandezza. La base di queste ricerche consiste nel trovare sostanze che presentino minore affinità con materiale organico, ad esempio con le strutture lipidiche che sono caratteristiche della fauna marina. La tossicità di un composto è infatti legata alla sua capacità di interazione con enzimi critici per gli organismi viventi. Per danneggiare tali enzimi, l’inibitore della corrosione deve penetrare attraverso lo strato di lipidi che costituisce la parte esterna dell’organismo: la sintesi di sostanze con bassa affinità con lo strato di lipidi produce perciò minori effetti tossici. 3) Diminuzione di Ac o Aa. La riduzione dell’area anodica è generalmente determinata dall’accumulo dei prodotti solidi della dissoluzione del metallo. La diminuzione dell’area catodica si realizza aggiungendo inibitori che provocano la precipitazione di un film solido appunto sull’area catodica. Un esempio è lo ione HCO-

3 che reagisce con l’OH- formatosi nella riduzione di O2 provocando la formazione di un film di carbonato. Un altro esempio è lo ione PO4

3-

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che provoca la precipitazione di una miscela di fosfati ferrosi e ferrici sull’acciaio. Gli inibitori che formano film sull’area catodica spostano il potenziale di corrosione verso valori più negativi, mentre quelli che formano film sull’area anodica lo spostano verso valori più positivi.

Sebbene un inibitore possa iniziare la sua azione in corrispondenza dell’area catodica, può poi continuare causando la precipitazione sull’intera superficie del metallo e producendo un blocco totale. Quando si ha una copertura generale della superficie, il potenziale si può spostare in un senso o nell’altro a seconda di quale reazione venga maggiormente influenzata. Protezione catodica Un metallo si corrode perché la ddp tra zona anodica e elettrolita, ∆φe, è positiva rispetto al potenziale di equilibrio, ∆φe,a. Se in un qualche modo si riesce a rendere negativa questa ddp, la corrosione non avviene. Questo risultato si ottiene facendo in modo di “pompare” elettroni nel metallo che si corrode per renderlo carico negativamente ed abbassare la ddp in senso negativo. Per prevenire la dissoluzione del metallo è necessario iniettarvi un numero adeguato di elettroni e questo può essere fatto essenzialmente in due diversi modi: 1) Se si immerge nell’ambiente corrosivo un elettrodo ausiliario che abbia un potenziale di equilibrio più negativo di quello del metallo corrodibile e lo si cortocircuita con il metallo, non sarà più il metallo a

∆φφφφe,c

∆φφφφe,a

∆φφφφcorr

log icorr log i log i log icorr

∆φφφφcorr

∆φφφφe,c

∆φφφφe,a

∆φφφφ’corr

∆φφφφ’corr

con inibitore

con inibitore

senza inibitore senza inibitore

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funzionare da anodo, ma sarà l’elettrodo ausiliario che si dissolverà al posto del metallo (da qui il termine di anodo sacrificale). Inoltre, il metallo che sarebbe stato soggetto a corrosione diventa la zona catodica rispetto all’anodo sacrificale. Per proteggere strutture in acciaio si adoprano anodi sacrificali di zinco o magnesio.

Ovviamente l’anodo sacrificale si corrode con una velocità abbastanza elevata e perciò va sostituito frequentemente. 2) Invece di provenire dalla dissoluzione di un anodo sacrificale, gli elettroni possono provenire da una sorgente di corrente esterna che mantenga il ∆φa a valori negativi rispetto al ∆φe,a. Per chiudere il circuito servirà un elettrodo ausiliario inerte immerso nell’ambiente corrosivo. In questo modo il metallo da proteggere funziona come sorgente di elettroni per una qualche reazione di riduzione, mentre il secondo elettrodo serve da accettare di elettroni per una qualche reazione di ossidazione.

Via via che la ddp metallo/soluzione diventa più negativa, la corrente di dissoluzione del metallo decresce, mentre quella di riduzione aumenta: ic>ia. Quando il potenziale diventa uguale a ∆φe,a si ha ia=o, mentre iext=(ic)∆φe,a

e

anodo

tubatura

SUOLO

e

elettrodo

ausiliario

inerte

tubatura

SUOL

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Gli anodi sacrificali sono comunemente usati ad esempio per proteggere scafi e tubazioni sotterrane e sono concepiti in modo da poter essere sostituiti. Sullo stesso principio funzionano gli acciai galvanizzati (usualmente acciai a basso contenuto di carbonio rivestiti da uno strato sottile di Zn). Il rivestimento è di per sé una protezione finché è intatto, ma anche quando viene in parte rimosso per corrosione o per semplice abrasione, la parte di metallo esposta rimane ancora protetta catodicamente e non si corrode, Al contrario, rivestimenti di Ni/Cr forniscono un’ottima protezione finché sono intatti, ma quando si verifica un graffio c’è una forte corrosione della parte esposta di acciaio (di piccola area) che si comporta da anodo, mentre il rivestimento agisce come un catodo di grande area. Il grosso problema della prevenzione è costituito dal fatto che le condizioni possono cambiare nel tempo talvolta in maniera imprevista. Ad esempio il rivestimento protettivo dello scafo di una nave o di una tubazione può essere danneggiato nel tempo, con la conseguente variazione dell’area effettiva da proteggere. La pioggia e la siccità possono cambiare la conducibilità del terreno in cui è interrata la tubazione. Il rifornimento di O2 alla parte immersa di una nave cambia drasticamente quando essa salpa l’ancora e naviga a tutta velocità. La conducibilità dell’acqua cambia di diversi ordini di grandezza quando una nave passa da un fiume al mare aperto. Tutti questi fattori cambiano la distribuzione di corrente. Se disegnata per la protezione ottimale in mare una nave può essere sovraprotetta in acqua dolce e viceversa. Il modo migliore di superare le limitazioni della protezione catodica prodotte da cambiamenti ambientali è quello di monitorare il potenziale e aggiustare le correnti catodiche in conseguenza. Questo non può essere fatto con un anodo sacrificale, e il metodo della

∆φφφφe,

∆φφφφe,

∆φφφφcor

icorr i i’corr

iext

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corrente catodica imposta è talvolta preferito nonostante il maggior costo. Tuttavia, anche questo metodo presenta alcuni aspetti negativi. Prima di tutto, il consumo energetico può essere così grande da rendere impraticabile il metodo. Dipende tutto dai parametri della reazione catodica: maggiori sono la sua densità di corrente di scambio e la sua pendenza di Tafel, maggiore dovrà essere la corrente esterna che garantisce la protezione. In secondo luogo è importante che l’intera interfase metallo/ambiente sia portata ad un potenziale più negativo di ∆φe,a. Se la corrente non è distribuita uniformemente sul metallo da proteggere, si possono verificare cadute ohmiche tra parti diverse del metallo con la conseguenza di creare delle zone in cui la ddp non è sufficientemente catodica e quindi zone non protette dalla corrosione. In queste circostanze ci si può essere illusi di aver realizzato una buona protezione e invece di fatto si produce una corrosione localizzata che è spesso peggiore di una corrosione uniformemente distribuita (basti pensare ad una tubatura). Al contrario ci sono condizioni in cui la superficie del metallo è resa troppo negativa rispetto al potenziale di equilibrio per lo svolgimento di idrogeno, con la conseguenza di avere adsorbimento di idrogeno atomico (che è l’intermedio per la reazione di svolgimento di H2) sulla superficie del metallo. Questi atomi adsorbiti possono diffondere all’interno del metallo compromettendone le forze interne. Protezione anodica Se invece di ridurre la corrosione la si favorisce, talvolta si verifica il fenomeno di passivazione. Questo significa che il metallo diventa stabile spostando il potenziale verso valori positivi. Ad un certo potenziale (potenziale di passivazione) si ha una brusca inibizione della corrosione. In pratica si realizza la protezione pompandone gli elettroni via dal metallo piuttosto che iniettandoveli dentro. L’aspetto positivo è che la protezione anodica può essere conferita attraverso un passaggio di una piccola quantità di carica confrontata con quella richiesta per la protezione catodica, e non presenta i rischi connessi con una penetrazione di H all’interno del metallo.

∆φφφφe,c

∆φφφφe,a

i

Potenziale

di passivazione

IAP

ICP

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La resistenza alla corrosione di materiali metallici dipende strettamente dalle condizioni superficiali. In particolare, la presenza di film di ossido oppure di strati di prodotti della corrosione può aumentare sensibilmente la resistenza alla corrosione. Proprio la presenza di film superficiali determina l’elevata resistenza alla corrosione di materiali intrinsecamente poco nobili come l’alluminio, il cromo, il titanio, lo zirconio, il tantalio, gli acciai inossidabili, ecc. Tutte le modificazioni superficiali di materiali metallici che portano ad un aumento della resistenza alla corrosione vengono definiti fenomeni di passivazione. Se tali fenomeni sono tali da annullare in pratica la velocità di corrosione si dice che si sono raggiunte le condizioni di passività del materiale metallico. La passività è sempre preceduta da fenomeni di passivazione. Viceversa, fenomeni di passivazione non portano necessariamente a condizioni di passività. Ad esempio se le modificazioni dello stato superficiale portano alla formazione di un film poroso, il processo di dissoluzione del metallo può continuare attraverso i pori del film senza che si raggiungano condizioni di passività. Un materiale metallico che in seguito a fenomeni di passivazione raggiunge condizioni di passività si dice a comportamento attivo-passivo. La curva caratteristica anodica di un materiale metallico a comportamento attivo-passivo può essere in parte ricavata dai dati termodinamici forniti dal diagramma di Pourbaix. Consideriamo un metallo ideale che abbia il diagramma di Pourbaix riportato in Fig. 7a, e ricaviamo l’andamento della (curva) caratteristica anodica ad un determinato valore di pH.

Fig. 7a Fig. 7b

Eeq

0 pH 14

M(z-x)+

attività

M(OH)z

passività

M immunità

b

a

b

1

3

2

Eeq,O2

Eeq,M

log i

Eeq,H+

Eeq,M/M(OH)z

2,0 Oi

+Hi

,0

Mi ,0

O2→→→→OH-

M→→→→M(z-x)+

H+→→→→H2

ip

icp

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La linea verticale in corrispondenza del pH voluto interseca le linee 1, 2, a e b. Le linee a e b sono quelle di riduzione di O2 e di H+ rispettivamente. Le linee 1, 2 e 3 rappresentano i seguenti equilibri:

linea 1: M → M(z-x)++ (z-x)e

linea 2: M(z-x)++ zH2O → M(OH)z + zH++ xe linea 3: M+zH2O→M(OH)z+zH+ + ze

La Fig. 7b riporta le caratteristiche catodiche e anodica. Il punto di partenza di ognuna delle due caratteristiche catodiche è dato dal potenziale di equilibrio e dalla corrente di scambio. Analogamente, la caratteristica anodica parte dal punto di intersezione tra il potenziale di equilibrio e la corrente di scambio, i0,M, Per il tratto di potenziale compreso tra i punti di incrocio con le linee 1 e 2, il metallo ha un comportamente attivo perché possono formarsi solo gli ioni M (z-x)+, e la caratteristica è una retta di Tafel. Una volta raggiunto il potenziale di equilibrio M(z-x)+/M(OH)z, la specie stabile diventa l’idrossido che passiva il metallo. Poiché la formazione di strati di idrossido riduce drasticamente la velocità di corrosione, a potenziali più nobili di questo valore la caratteristica anodica indica una netta diminuzione di corrente. Dunque, una volta superato il valore massimo icp, la corrente diminuisce bruscamente ad un valore ip molto piccolo. Si possono distinguere cinque zone, cui corrispondono altrettanti comportamenti di corrosione:

Fig. 8

log i

EP

Eeq,a

ET

Transpassività

Passività

Attività

Transizione

Immunità

ip

i0,M

icp

EPP

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Zona di immunità: il materiale non si corrode perché la sua tendenza è quella di depositarsi Zona di attività: il materiale metallico non si ricopre di strati e passa in soluzione come ione che è la specie stabile. L’intervallo di potenziale è compreso tra il potenziale di equilibrio del metallo e il potenziale corrispondente al massimo della corrente anodica (potenziale di passivazione primaria, EPP). La massima densità di corrente anodica è chiamata densità di corrente critica di passivazione ic,p. Zona di transizione: cominciano a formarsi film superficiali con aumento della sovratensione anodica e riduzione della corrispondente densità di corrente anodica. L’intervallo di potenziale è piccolo e compreso tra il potenziale di di passivazione primaria, EPP, e il valore di potenziale a partire dal quale la densità di corrente anodica cessa di diminuire (potenziale di passività EP). La zona di transizione è caratterizzata da un’isteresi (Fig. 9). Zona di passività: il materiale metallico non si corrode a causa della presenza del film superficiale di passivazione (la specie stabile in questo intervallo di potenziale è l’ossido o l’idrossido del metallo). Zona di transpassività: si presenta ai potenziali più nobili quando intervengono processi anodici concorrenti a quello di dissoluzione del metallo caratteristico del ramo attivo, come ad esempio la formazione di ioni a più alto grado di ossidazione (il ferro passa a ione ferrico, il cromo a ione cromato o bicromato). La curva attivo-passiva ottenuta sperimentalmente presenta un’isteresi a seconda che sia stata ottenuta variando il potenziale in un senso o in senso opposto:

Fig. 9 log i

Eeq,M

Potenziali crescenti

Potenziali decrescenti

ip

i0,M

icp

teorico

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Da quanto detto è evidente che l’attitudine di un materiale metallico alla passivazione non può essere individuata da un solo parametro, ma dipende da una serie di parametri ricavabili dalla curva di polarizzazione anodica. Più precisamente tali parametri sono: la densità di corrente critica di passivazione ic,p, la densità di corrente nel campo passivo ip, il potenziale di passivazione primaria Epp il potenziale di passività Ep e il potenziale di transpassività ET. In particolare poi, la differenza (ET-EP) determina l’estensione del campo di passività. Un materiale metallico ha una tendenza alla passivazione tanto maggiore quanto minore è la densità di corrente critica di passivazione ic,p e le condizioni di passività sono tanto più stabili quanto più bassa è la densità di corrente ip e quanto più ampio è l’intervallo (ET-EP). Ovviamente i valori di queste grandezze dipendono dalla natura del materiale metallico (in particolare dalla composizione chimica) ma anche dalle proprietà ambientali: aumenti di temperatura, acidità e concentrazione dei cloruri tendono a spostare la curva caratteristica verso destra e ad abbassare l’intervallo di passività. Materiali a comportamento attivo-passivo In Fig. 10 sono riportati le curve caratteristiche relative a cinque processi catodici diversi: la caratteristica relativa al processo di riduzione di idrogeno (1), le curve corrispondenti a due diverse concentrazioni di ossigeno (2 e 3), la curva (4) relativa ad un processo fortemente ossidante (es. la riduzione di ioni ferrici a ferrosi) ed la curva (5) relativa ad un processo ancora più ossidante (es. la riduzione di cromati). Naturalmente la posizione di queste curve dipende dalla concentrazione nonché dalle condizioni di agitazione della soluzione.

Fig. 10 log i

E

1

2

3

4

5

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Nel caso di un materiale attivo-passivo, il numero di intersezioni tra le due caratteristiche anodica e catodica può essere uno o due e perciò si possono avere una o due condizioni di funzionamento stabili del sistema. Ad esempio, sovrapponendo le curve di Fig. 10 con la caratteristica di un metallo attivo-passivo quale può essere quella di un acciaio si ottiene la situazione descritta dalla Fig. 11:

Fig. 11 1- in assenza di ossigeno e di altre specie ossidanti, lo sviluppo di

idrogeno è l’unico processo catodico possibile. Il punto di incrocio è sul ramo attivo della caratteristica anodica.

2- In presenza di ossigeno si passa alla caratteristica 2 che fornisce due punti di intersezione A e B. Questo significa che se il metallo viene immerso nella soluzione in condizioni attive il punto di funzionamento è A. Viceversa se il metallo è stato prima passivato e poi immerso nella soluzione esso funzionerà stabilmente nel punto B.

3- Aumentando il tenore di ossigeno la caratteristica catodica non interseca più il ramo attivo della curva ma solo il ramo passivo, per cui il punto di funzionamento ridiventa uno solo (C). E’ da notare che pur essendo ambedue ugualmente stabili da un punto di vista elettrochimico, i punti B e C non sono del tutto equivalenti. Nel primo caso, infatti, se il film protettivo dovesse danneggiarsi, nelle zone scoperte il metallo diventa attivo (cioè il suo punto di funzionamento diventa A) con conseguente attacco localizzato, senza che il sistema sia in grado di ricicatrizzare eventuali rotture del film protettivo. Viceversa nel secondo caso il sistema non subisce danni in seguito a rottura del film protettivo perché è in grado di ricicatrizzare e quindi continua a funzionare in C.

4- In presenza di specie particolarmente ossidanti il potenziale di corrosione si porta a valori più elevati pure se la velocità di corrosione si mantiene bassa.

E

1

2

3

4

5

A

B

C

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5- Solo in presenza di specie ancora più ossidanti e tali da portare il metallo in zona transpassiva la velocità di corrosione riprende a salire.

Parametri che definiscono l’inossidabilità Come già visto la caratteristica anodica di materiali attivo-passivi è caratterizzata da parametri quali il potenziale di passività Ep e il potenziale di transpassività ET, la densità di corrente nel campo passivo ip e la densità critica di passivazione icp. Il comportamento corrosionistico migliora quando diminuisce ip e quando aumenta l’intervallo (ET-EP). In Fig. 12 è schematizzato ad esempio l’andamento delle caratteristiche anodiche di alcune leghe ferro-cromo in una soluzione acida diluita esposta all’aria. Nella stessa figura è riportata la caratteristica del processo di riduzione di ossigeno in questo ambiente in assenza di agitazione.

Fig. 12 Si può notare che anche se il comportamento in campo passivo, definito da ip, varia con continuità al crescere del tenore di cromo, il raggiungimento delle condizioni di passività è di fatto possibile solo per quegli acciai il cui contenuto in cromo superi il 12%. Infatti passando da un tenore di cromo del 10% ad uno del 12 le condizioni di corrosione passano dal punto 1 al punto 2 e di conseguenza la velocità di corrosione varia di circa tre ordini di grandezza. Da qui il nome di inossidabile solo per quegli acciai che contengono un tenore di cromo superiore all’11-12%.

Considerazioni finali

log i

E

3

10 Cr

12 Cr

18 Cr

1

2

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Come già visto, i metodi per inibire e effettivamente fermare la corrosione possono essere divisi in due grandi gruppi a seconda della situazione. Se l’oggetto da proteggere si trova in una soluzione infinitamente grande, tipicamente l’acqua di mare, i metodi sono da ricondursi a ciò che può essere fatto da un punto di vista elettrochimico sul metallo stesso. Generalmente, viene realizzato un circuito in cui il metallo da proteggere viene portato ad un potenziale lontano dal valore di corrosione (protezione catodica).

In alternativa, se l’oggetto da proteggere è un contenitore (es. una caldaia o un radiatore) si possono aggiungere sostanze alla soluzione in modo da abbassare il ramo catodico o anodico del processo di corrosione. La maggior parte di queste sostanze è costituita da sostanze organiche, spesso abbastanza complesse. Nel progettare tali sostanze si deve stabilire se la corrente di corrosione è controllata dal processo anodico o da quello catodico. Poi devono essere prese in considerazione le regole empiriche sull’adsorbimento.

Infine devono essere osservate le limitazioni ambientali sull’uso di sostanze tossiche.

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PESTE DEL BRONZO E’ per il bronzo l’equivalente della ruggine per il ferro. Il bronzo è una lega di Cu (di più del 90%) con altri metalli quali stagno, antimonio e zinco. La peste del bronzo è causata dalla formazione di HCl all’interno di un manufatto (es. una moneta) che in conseguenza di ciò comincia disgregarsi. La sua denominazione è dovuta al fatto che originariamente la causa del fenomeno è stata attribuita all’effetto di batteri. L’aspetto esterno è di chiazze verdi e brune che coprono il pitting provocato dall’acido. Tuttavia, il colore verde non è necessariamente indicativo del processo corrosivo, perché anche le patine, ovvero gli strati protettivi, presentano lo stesso colore verde. Tuttavia la patina è più uniforme e soprattutto non spolvera. La patina è costituita dallo strato di cloruri e ossidi di rame che si forma naturalmente, ed è strutturalmente sana e protettiva nei confronti del metallo fino a che non viene danneggiata da condizioni estreme di calore, umidità acidità o inquinamento atmosferico Il primo stadio nella corrosione elettrochimica del rame e leghe di rame è la produzione di ioni rameosi. Questi a loro volta si combinano con i cloruri per formare CuCl che è il maggior componente dello strato di corrosione

Cu → Cu+ + e Cu+ + Cl- → CuCl

Il CuCl è un composto molto instabile. Quando oggetti di rame contenenti CuCl vengono a contatto con l’aria umida, continuano a corrodersi chimicamente secondo lo schema di reazione:

4CuCl + 4H2O + O2 → CuCl2.3Cu(OH)2 + 2HCl

L’HCl formatosi a sua volta attacca il metallo non corroso per

formare ulteriore CuCl:

2Cu + 2HCl → 2CuCl + H2 e la reazione procede fino a che non si corrode tutto il metallo. Questo processo di corrosione chimica è chiamato “Peste del bronzo”, e la conservazione di oggetti di rame contaminati da cloruri richiede che l’azione chimica dei cloruri sia in un qualche modo inibita rimuovendo il cloruro rameoso o convertendolo in un ossido meno pericoloso