La corretta gestione del territorio
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UNIONE EUROPEA REGIONE MARCHE PSR MARCHE 2007-2013
LA CORRETTA GESTIONE DEL TERRITORIO E’ INFLUENZATA DALLA VALORIZZAZIONE DELLA BIODIVERDITA’.
I servizi eco sistemici sono le condizioni e i processi attraverso i quali gli
ecosistemi naturali e le specie che li compongono, sostengono e soddisfano la
vita umana, in particolare, per i benefici che apportano alle popolazioni
umane in via diretta o indiretta. In questo ambito, la tutela e la valorizzazione
della biodiversità ha effetti positivi sulla maggior parte dei servizi eco sistemici
ed è di fondamentale importanza per una corretta gestione del territorio.
Per meglio comprendere questo ragionamento proviamo ad applicarlo, a
titolo di esempio, a un ambiente forestale che sviluppa, indipendentemente
dalla consapevolezza di chi ne riceve beneficio, le sue numerose e insostituibili
funzioni.
Limitazione dell’erosione e della perdita di suolo con azione regimante del
deflusso idrico, approvvigionamento e conservazione delle falde acquifere,
regolazione dell’equilibrio CO2, depurazione delle acque ecc.., sono tra le
cose che “ fa “ un bosco.
Ma per funzionare bene, un ecosistema deve essere costituito dall’insieme di
tutti gli organismi che ne fanno parte e che si realizzano tra loro e con la
componente abiotica, costituita da elementi non viventi, attraverso un
complesso di energia e di informazione. Le relazioni fra le innumerevoli parti
di un ecosistema costituiscono i processi che generano le diverse funzioni
ecologiche.
In questo senso l’agricoltura svolge un ruolo strategico grazie all’attuazione
delle misure agro-ambientali e al ruolo multifunzionale oggi attribuito dalla
Politica Agricola Comune all’imprenditore agricolo, che non è più solo
produttore di alimenti, ma anche soggetto erogatore di servizi ambientali a
favore della collettività tanto che può essere a ragione definito come un
manager del territorio.
E’ in corso un dibattito scientifico tra ricercatori e gestori del territorio, al
fine di poter affrontare tale problematica in un contesto di cambiamento
globale che necessita sempre più di una crescita improntata ad uno sviluppo
sostenibile. I beni eco sistemici sono, ad esempio, il cibo o le materie prime,
mentre i servizi eco sistemici sono ad esempio i processi di decomposizione e
di riciclo della sostanza organica.
Sono quindi servizi eco sistemici tutti i benefici che l’umanità trae dal mondo
naturale. Il mondo scientifico ha valutato le conseguenze sul benessere umano
dei cambiamenti degli ecosistemi e la base scientifica per le azioni necessarie a
migliorare la conservazione e l’uso sostenibile di tali sistemi e il loro contributo
al benessere umano. Tuttavia i servizi eco sistemici non vengono quasi mai
quantificati in termini comparabili con i servizi economici ed i prodotti
industriali, per cui molto spesso questi servizi non vengono presi in
considerazione nelle decisioni politiche e negli strumenti di pianificazione
territoriale, quali ad esempio i piani regolatori. Fa eccezione in tal senso la
Politica Agricola Comunitaria che ormai da alcuni anni riconosce e valorizza il
lavoro importante che svolge l’impresa agricola nel tutelare gli habitat naturali,
vincolando la funzione primaria della produzione di alimenti da parte
dell’impresa agricola, all’osservanza di norme specifiche per la tutela e la
valorizzazione dell’ambiente.
L’impresa agricola, quindi, per beneficiare degli aiuti previsti dalla Pac
attraverso il regime di condizionalità è vincolata e è costretta a rispettare
numerosi obblighi in materia ambientale ed ha la possibilità di aderire
volontariamente alle misure agro-ambientali che in questi anni, hanno
consentito di disegnare un paesaggio rurale non solo bello esteticamente, ma
importante sul piano naturalistico attraverso la realizzazione di siepi, boschetti,
zone umide, filari di alberi, muretti a secco: tutti elementi di importanza
strategica che servono per garantire la sopravvivenza di numerose specie
vegetali ed animali e che ha consentito di porre le basi per realizzare le reti
ecologiche.
Il mondo scientifico, agli inizi degli anni 80, aveva già proposto come
strumento di possibile strutturazione del territorio per preservare la
biodiversità la “ rete ecologica”.
Con questo termine si indica una rete fisica di aree centrali, collegate da
corridoi e sostenute da zone cuscinetto, per facilitare la dispersione e la
migrazione delle specie ai fini della conservazione della natura, dentro e fuori
le aree protette. Si era infatti affermata la consapevolezza degli effetti negativi
dell’azione dell’uomo sugli habitat naturali.
Il drastico e progressivo cambiamento dell’uso del suolo, in particolare a
seguito dell’urbanizzazione irrispettosa delle esigenze ambientali, vedi alluvioni
e frane, era all’origine del fenomeno detto di frammentazione del territorio.
La Direttiva Habitat rappresenta uno dei principali riferimenti a livello
internazionale per ciò che riguarda le politiche a favore della continuità
ecologica. Questa Direttiva ha definito un insieme di norme per costruire una
rete europea di aree ad alto valore naturalistico per la conservazione di
habitat e specie minacciate, denominata Rete Natura 2000. Per tutelare la
biodiversità, la Regione Marche ha dato disposizioni relative agli accordi agro
ambientali per la tutela della biodiversità che prevedono attività informative
agli imprenditori agricoli che ricadono nel territorio di loro competenza. Il
raggiungimento degli obiettivi definiti di conservazione della biodiversità
dipende dall’adozione di adeguate e specifiche pratiche agricole funzionali e
coerenti con la tutela degli habitat e delle specie identificative dalle Direttive
UE “ Habitat” e “ Uccelli”, che hanno motivato l’istituzione delle aree Natura
2000 al centro dell’identificazione delle aree oggetto dell’accordo agro
ambientale. L’accordo agro ambientale d’area per la tutela della biodiversità
nell’area del Parco Nazionale dei Monti Sibillini è un ambito interessato dalla
presenza di una vasta ZPS ( Zona Protezione Speciale) e la competenza di
diversi SIC (Siti di Interesse Comunitario). Questi Siti Natura 2000, che
ricadono nel territorio marchigiano del Parco, comportano tutta una serie di
vincoli e divieti, che interessano il settore agricolo e zootecnico e il settore
forestale. Tuttavia una condizione pregiudizievole per assicurare l’efficace
gestione degli accordi agro ambientali per la biodiversità è la convinta
adesione delle imprese agricole del territorio interessato. L’attività di
animazione sul territorio realizzata nella fase di definizione del progetto
generale dell’accordo agro ambientale è stata determinate e indispensabile ma
non sufficiente per far comprendere in modo adeguato le motivazioni
dell’adozione delle nuove misure di salvaguardia aggiuntive, percepite spesso
dall’imprenditore agricolo essenzialmente come vincoli alla propria attività
agricola. Infatti restano spesso sconosciute o non adeguatamente comprese le
motivazioni dell’istituzione delle aree Natura 2000 ( SIC e ZPS).
Per comprendere e condividere le motivazioni che hanno portato
all’identificazione dei siti Natura 2000 è essenziale che gli imprenditori
agricoli, che nell’ambito della loro attività interagiscono con il patrimonio
naturale presente,conoscano le caratteristiche degli Habitat e delle specie che
hanno determinato l’identificazione del sito comunitario e ne comprendano a
fondo il valore che racchiude in sé, non necessariamente connesso con la
propria specifica attività. Solo la comprensione del valore materiale ed
immateriale della biodiversità renderà comprensibili ed accettabili i limiti o le
caratteristiche specifiche delle pratiche agricole identificate per le aree di
elevato valore naturale interessate dall’accordo agro ambientale.
L’agricoltura rafforzerà il suo impegno nell’ambito dei servizi eco sistemici con
la riforma della Pac dopo il 2013 che introduce un pacchetto di misure a tutela
dell’ambiente che l’agricoltore sarà obbligato a porre in essere quali:
Avere almeno tre colture diverse sulle superficie a seminativo, il che
impedirà la monocoltura,
Mantenere il prato permanente esistente nell’azienda,
Avere un’area di interesse ecologico almeno sul 7% della superficie
agricola aziendale ammessa a contributo ( anche se su questi aspetti
la discussione è ancora aperta).
AREE DI INTERESSE ECOLOGICO
Per aree di interesse ecologico si intendono i terreni lasciati a riposo, i
terrazzamenti, gli elementi caratteristici del paesaggio, le fasce tampone che da
impegno facoltativo sono destinate a diventare obbligatorie, le superfici
oggetto di rimboschimento. All’agricoltura si richiede, quindi, un impegno
notevole rispetto alla tutela dell’ambiente, a differenza di altri settori
produttivi che, invece, non sono attualmente soggetti a vincoli ambientali così
stringenti.
La vulnerabilità climatica è sempre stata una realtà con la quale gli
imprenditori agricoli si sono dovuti sempre confrontare. L’efficienza del
modello di produzione agricola, pur dipendendo in misura consistente dalle
capacità di gestione e di pianificazione dell’imprenditore agricolo, risulta
fortemente legata agli elementi caratterizzanti il luogo di produzione, quali la
fertilità del suolo e la meteorologia. Per questo motivo il futuro
dell’agricoltura non può che essere strettamente legato all’evoluzione dei
cambiamenti climatici. Nonostante questa evidente relazione, tuttavia, a
tutt’oggi, non si è riusciti ancora a concretizzare il ruolo del settore
agroforestale nell’ambito delle strategie climatiche di mitigazione e di
adattamento.
Questo ruolo è ampiamente citato in tutti i consessi politici e scientifici,
tuttavia, fino ad ora, non si è riusciti a legare gli effetti benefici delle attività
agroforestali ad effettivi riconoscimenti di natura economica. La vulnerabilità
climatica si accentua particolarmente nel caso dell’agricoltura mediterranea,
caratterizzata da modelli produttivi orientati alle produzioni di qualità pur
operando in un contesto pedoclimatico caratterizzato da basso tenore di
sostanza organica nei suoli agricoli e scarsità idriche. Per queste aree le strategie
di adattamento climatico devono assolutamente tradursi in misure di sostegno
economico. C’è da considerare, inoltre, che queste misure potrebbero rivelarsi
meno onerose, in termini di costi sociali, se si pensa che sostenere la presenza
agricola in alcune aree significa risparmiare sui costi delle emergenze
alluvionali e di altri interventi legati ai numerosi fattori di origine climatica,
tipo incendi, desertificazione, dissesto idrogeologico, ecc.
Il settore agricolo,infatti, nonostante la citata ed evidente vulnerabilità al
fattore climatico, viene sempre più spesso messo sul banco degli imputati per
la sua quota di emissioni di gas serra. Pur non volendo sottrarre l’agricoltura
alle sue responsabilità di settore produttivo nel campo delle emissioni, si
ritiene doveroso rimarcare almeno una differenza rispetto agli altri settori, e
cioè che l’agricoltura svolge una funzione fondamentale nella produzione di
cibo, in una situazione come quella attuale, caratterizzata dalla necessità di
assicurare la sufficienza alimentare ad una popolazione mondiale sempre più
crescente.
Pertanto appare paradossale citare le responsabilità climatiche quando non è
stato fatto ancora nessun passo, né verso l’effettivo riconoscimento della
vulnerabilità climatica del settore, né nei confronti del suo contributo positivo
circa l’assorbimento di anidrite carbonica nel terreno. Tra l’altro, in termini di
impatto negativo, il settore agricolo ha cominciato da tempo a ridurre le
proprie emissioni anche per effetto della condizionalità.
E’ evidente, infatti, come gli investimenti in atto per intercettare nuove
tendenze di consumo, dalla diffusione del biologico a quella della filiera corta
o a Km O, costituiscano forti leve per diffondere sistemi produttivi sempre più
ambientalmente e climaticamente sostenibili.
Altro aspetto da considerare è la pianificazione urbanistica. Attualmente non
viene attribuita nessuna importanza ai servizi eco-sistemici né in termini
economici né in termini di benefici per la collettività, ad esempio, sul piano
della salute, così che quando si progettano interventi di espansione edilizia o
industriale questi non sono mai compensati dalla previsione di interventi
ambientali che esercitino un ruolo di compensazione dell’impatto che tali
investimenti hanno in termini di riduzione della biodiversità, di sottrazione del
suolo all’esercizio dell’agricoltura e della forestazione. Sarebbe, invece,
importante che ogni intervento in materia edilizia od industriale fosse
autorizzato a condizione che il soggetto promotore ponga in essere interventi
di rimboschimento del territorio o di espansione e cura del verde urbano. In
genere non esiste una sufficiente consapevolezza da parte degli amministratori
delle aree urbane dell’importanza che il verde riveste proprio in termini di
tutela della salute pubblica, perché tanto più sono estese le aree verdi in
ambito metropolitano, tanto maggiore è l’assorbimento di gas serra con effetti
positivi sul microclima e sulla qualità dell’aria.
LA CONTABILIZZAZIONE DEL CARBONIO
L’organizzazione e la diffusione che il mercato volontario dei crediti di
carbonio ha avuto a livello internazionale e, negli ultimi anni, anche in Italia, è
un fenomeno a cui gli operatori forestali ed agricoli guardano con un certo
interesse proprio perché, attraverso questo sistema, si potrebbero aprire
prospettive per una remunerazione economica del proprio ruolo, attraverso la
sottoscrizione di impegni per la cessione dei crediti ad altri soggetti, quali
industria, enti e comuni cittadini, interessati per azzerare le proprie emissioni di
anidrite carbonica( CO2). Tuttavia, la questione non risulta così semplice,
poiché, oltre alle difficoltà tecniche e metodologiche, il tema nel nostro paese
deve anche inserirsi in questo capitolo più ampio che fa capo alle modalità con
cui l’Italia ha attuato il Protocollo di Kyoto, ed in particolare, con la
contabilizzazione e la rendicontazione dei carbon sink da parte dello stato
nell’ambito del bilancio nazionale delle emissioni di gas serra. In Italia, infatti,
con l’istituzione del registro dei serbatoi di carbonio forestali, lo Stato
contabilizza gli assorbimenti forestali con un approccio inventariale e senza
nessun riconoscimento economico nei confronti di chi quel carbonio ha
effettivamente contribuito ad immagazzinarlo, visto che più del 60% delle
foreste italiane è di proprietà privata. Grazie a questo meccanismo lo Stato
italiano risparmia cifre molto importanti. Il valore di questi assorbimenti,
secondo una stima ufficiale, sarebbe di 650 milioni di euro per il quinquennio
del primo periodo di Kyoto, ma occorre considerare che in questa stima è
stato applicato un prezzo di CO2 di 5 euro tonnellata, rispetto ad un valore di
mercato che oggi è più che triplicato.
GLI ORTI CITTADINI
All’obiettivo di migliorare l’ambiente nelle aree urbane può contribuire anche
in questo caso l’agricoltura tramite la realizzazione di orti nelle città, che
possono svolgere non solo un ruolo di aggregazione sociale ma un elemento
di promozione e di educazione alimentare tramite il recupero ed il consumo di
varietà ortofrutticole tipiche del territorio.
L’auspicio è quello che tali iniziative si possano moltiplicare su tutto il
territorio in moda tale che la cultura agricola ed ambientale diventino parte
integrante della vita nelle aree urbane e metropolitane.
Piano di sviluppo rurale 2007‐2013Misura: 1.1.1. b‐ Azione nel campo della formazione
professionale e dell’informazione. Sottomisura: b) Attività informativa nel settore agricolo forestale con la partecipazione comunitaria‐ Domanda n. 4591/2010