La condotta antisindacale le vertenze fiom c. fiat

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1 FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE, SOCIOLOGIA, COMUNICAZIONE Corso di laurea in Scienze dell’amministrazione e dell’organizzazione “LA CONDOTTA ANTISINDACALE: LE VERTENZE FIOM c. FIAT” RELATRICE CANDIDATO Chiar. Ma Prof. Ssa Roberta Bortone Alessio Samele MATRICOLA 1275954 ANNO ACCADEMICO 2011/2012

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tesi di laurea triennale in diritto del lavoro. Corso di laurea in scienze dell'amministrazione e dell'organizzazione

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FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE, SOCIOLOGIA,

COMUNICAZIONE

Corso di laurea in

Scienze dell’amministrazione e dell’organizzazione

“LA CONDOTTA ANTISINDACALE: LE VERTENZE FIOM c. FIAT”

RELATRICE CANDIDATO

Chiar. Ma Prof. Ssa Roberta Bortone Alessio Samele

MATRICOLA

1275954

ANNO ACCADEMICO 2011/2012

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“Il lavoro è vita e senza quello esiste solo paura e insicurezza”

John Lennon

“Non sentirti in colpa se non sai cosa vuoi fare della tua vita. Le persone più

interessanti che conosco a ventidue anni non sapevano che fare della loro vita. I

quarantenni più interessanti che conosco ancora non lo sanno”

The Big Kahuna

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Sono trascorsi quattro anni di studio, di soddisfazioni, di risate, di momenti difficili,

e mi pare doveroso ringraziare le persone che mi sono state vicine.

Desidero innanzitutto ringraziare la professoressa Bortone per i suoi consigli,

l’attenzione dimostrata verso il mio lavoro.

Grazie a Giorgio Saccoia che gestisce l’account Twitter ufficiale della Cgil per

avermi messo in contatto con Lorenzo Fassina e Andrea Allamprese dell’ufficio

giuridico, validi e preziosi aiuti.

Grazie a Luca, Fernando e Stefano che hanno condiviso con me l’esperienza

universitaria e l’ hanno resa indimenticabile.

Grazie a Francesca che mi ascolta e supporta da tantissimi anni e sono certo non

smetterà.

Grazie a Claudia che ha letto, riletto e corretto questa tesi. Non lo dimenticherò mai.

Grazie ad Alessio.

Un ringraziamento speciale va ai miei fratelli, Alessandro, Simone e, soprattutto,

Manuel per essermi stati sempre vicino.

Dedico il mio lavoro ai miei genitori. Senza di loro tutto ciò non sarebbe stato

possibile. Grazie di cuore.

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Indice

Abstract ...................................................................................................................... 5

Introduzione ............................................................................................................... 6

1. Le due cause promosse da Fiom Nazionale .............................................................9

2. I licenziamenti dei delegati sindacali .....................................................................14

3. I contributi sindacali ..............................................................................................20

Conclusioni ...............................................................................................................25

Bibliografia ...............................................................................................................29

Sitografia ...................................................................................................................30

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Abstract

Behaviour adopted by the employer with the intention of denying or limiting the

exercise of trade union freedom and activity, as well as the right to strike. Although it

has been expressly declared illegal by Article 28 of the Workers'. The term

"behaviour" is to be understood in a wide sense, and includes not only purely

material actions (such as threats or intimidation) but also omissions (such as refusal

to promote committed trade unionists). As regards the interest protected, it is

characterized by the interdependence of individual and group interests (consequently

certain anti-union behaviour is described as multi-offensive).

It is up to the judge to assess anti-union behaviour and to distinguish it from purely

antagonistic behaviour, which is perfectly legitimate within a system of industrial

relations of the adversarial type. The process of repression of employers' anti-union

behaviour introduced by the same Article 28 provides that, when appealed to by the

local bodies of the national trade union associations concerned, the "pretore" (judge

of first instance) of the place where the alleged behaviour has taken place shall

summon the parties within the next two days and, assuming that adequate

information is provided to support the charge of anti-union behaviour, order that it

should cease and that its effects should be eliminated.

This paper describes the legal dispute between the Fiom and Fiat from september

2011 until the present.

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Introduzione

L’art. 28 della legge 300 del 20 maggio 1970 ha rappresentato una grande novità nel

sistema di relazioni industriali del nostro paese, disponendo che di fronte ad un

comportamento del datore di lavoro diretto ad impedire o a limitare l'esercizio della

libertà e della attività sindacale, nonché del diritto di sciopero, gli organismi locali

delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse possono proporre

ricorso al giudice del lavoro del tribunale del luogo ove è stato posto in essere il

comportamento, per chiedere che quest'ultimo cessi e che i suoi effetti vengano

rimossi. La norma ha allargato l’area dell’intervento giurisdizionale includendovi

relazioni prima lasciate al rapporto di forza e il conflitto industriale viene

riconosciuto nella sua dimensione collettiva.

Il disposto dell’art. 28 St. lav. tutela “la libertà e l’attività sindacale, nonché il diritto

di sciopero”. Una simile espressione, mirata a sostegno dell’attività sindacale,

richiama le norme inserite in Costituzione in tema di conflitto industriale (gli artt. 39

e 40 Cost.) e anche le norme poste nella stessa legge 300/1970, in particolare l’art.14.

L’interesse tutelato dalla norma non è solo della libertà sindacale, bensì quello alla

libertà di tutti i lavoratori e di tutti i sindacati.1 Si è parlato di plurioffensività del

comportamento, nel senso che questo è idoneo ad incidere, nello stesso momento,

sull'interesse individuale e sull’interesse collettivo, ambedue protetti, ancorché da

norme differenti; nulla esclude, quindi, che il sindacato agisca autonomamente per la

difesa di quest’ultimo ( Lanfranchi 1971; Persiani 2005).

Legittimato alla proposizione dell'azione è il sindacato. Il legislatore precisa che

questa legittimazione è offerta agli organismi locali delle associazioni sindacali

nazionali; ne sono esclusi, pertanto, da un lato i singoli lavoratori 2 e, dall'altro, tutte

quelle forme di organizzazione della tutela dei lavoratori che non abbiano una

“rappresentatività” nazionale.

1 Cass. sent. n. 4839 del 22 aprile 1992 2 Affermazione ribadita da Cass. sent. n. 9950 del 12 maggio 2005

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La Corte costituzionale con la sentenza 6 marzo 1974, n. 54, ha affrontato il

problema dell'esclusione dei singoli lavoratori dalla legittimazione attiva, apparsa in

contrasto con l'art. 24 Cost. che garantisce a tutti cittadini di agire in giudizio a tutela

delle proprie posizioni giuridiche attive. L'art. 28, ha ribadito la corte, non si

sostituisce, ma si aggiunge agli ordinari strumenti processuali; ogni singolo

lavoratore, se anche la sua posizione individuale sia lesa dal comportamento

dell'imprenditore, può ricorrere ad essi. Per lo stesso motivo è apparsa infondata

l'altra eccezione sollevata in relazione agli artt. 3, 24, 39 della Costituzione.

Lo scopo di questo elaborato è descrivere il contenzioso giudiziario, in tema di

condotta antisindacale, degli ultimi due anni, che ha visto contrapposti la Fiat alla

Fiom.

Si inizia analizzando le due azioni legali che la Fiom Nazionale ha intentato nei

confronti del gruppo Fiat.

Nella prima i fatti vengono ricondotti al 6 luglio 2011 quando Fiat Group

Automobiles spa (Fga) e Fim, Uilm, Fismic, Ugl hanno sottoscritto un accordo nel

quale veniva stabilita la Cigs per tutti i 4367 lavoratori di Pomigliano e la loro

riallocazione presso Fabbrica Italia Pomigliano (Fip) non in base all’art. 2112 cod.

civ., bensì all’accordo del 29 dicembre 2010.

Nella seconda, il sindacato chiede l’antisindacalità della condotta Fiat e di

condannare l’esclusione di Fiom dai diritti sindacali presso lo stabilimento di

Pomigliano. Il giudice di Torino ha respinto la prima domanda ed accolto la seconda.

Con appello del marzo 2012 presso il tribunale di Roma, la Fiom nazionale si

domanda perché degli assunti fino a quel momento nessuno sia iscritto al suo

sindacato. Con ordinanza la Corte dichiara la natura discriminatoria collettiva e

ordina a Fip di assumere i 145 lavoratori esclusi.

Nell’anno 2010 vi sono stati licenziamenti per motivi disciplinari che hanno colpito i

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rappresentanti Fiom a distanza di un mese dal primo accordo di Pomigliano (15

giugno 2010 mentre Mirafiori è del 23 dicembre 2010). L’uscita di Fiat da

Federmeccanica (firmataria dell’Accordo Interconfederale che istituiva le Rsu), la

disdetta di tutti gli accordi previgenti e il ritorno all’istituto delle Rsa (art. 19 St.

lav.), hanno reso impossibile creare la rappresentanza di Fiom all’interno degli

stabilimenti Fiat. Nei ricorsi ex art. 28 St. lav., le Fiom dei diversi territori hanno

sostenuto di essere firmatari di accordi applicati e dall’altro proposto una lettura

“costituzionalmente orientata” della norma statutaria.

Infine, nell’ultima parte di questo lavoro, i ricorsi presentati da Fiom contro la

decisione di Fiat di non ritenere possibile che i lavoratori finanzino il proprio

sindacato attraverso lo strumento delle “deleghe sindacali”, confidando sul fatto che

la Fiom non avesse firmato il contratto collettivo di settore del 13 dicembre 2011.

Si procederà suddividendo gli eventi brevemente descritti, in tre paragrafi che

riguardano: le due cause promosse da Fiom Nazionale, il licenziamento dei delegati

sindacali e, infine, il diritto ai contributi sindacali.

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1. Le due cause promosse da Fiom Nazionale

In data 21 novembre 2011 tutte le società del gruppo Fiat e del gruppo Fiat Industrial

hanno comunicato alle organizzazioni sindacali, nelle loro istanze nazionali e

territoriali di rispettiva competenza, il recesso, a far data da gennaio 2012, da tutti i

contratti applicati nei rispettivi gruppi e da tutti gli altri contratti o accordi collettivi

aziendali territoriali vigenti.

Nella prima sentenza che si intende analizzare, l’organizzazione sindacale Fiom-Cgil

agisce nei confronti di Fiat spa, Fiat group automobiles spa (Fga), Fabbrica Italia

Pomigliano spa (FIP) e chiede al Tribunale di Torino di dichiarare l’illegittimità e

nullità dell’applicazione degli accordi del 29 dicembre 2010 e del 17 febbraio 2011.

In base ad essi una nuova azienda subentra a Fiat nella gestione dello stabilimento,

riassumendo i lavoratori già impiegati.

Inoltre si chiede di garantire il diritto di Fiom-Cgil di continuare a fruire dei diritti di

rappresentanza e sostegno all’attività sindacale previsti dallo Statuto dei lavoratori e

contratti collettivi e il diritto degli operai iscritti a Fiom di proseguire il rapporto di

lavoro con Fip, ai sensi dell’art. 2112 cod. civ.

Il giudice si è espresso affermando la validità e l’efficacia degli accordi di

Pomigliano, capaci di regolare i rapporti di lavoro dei lavoratori assunti dalla nuova

azienda.

In base all’art. 2112 cod. civ., comma 3, il cessionario applica i trattamenti normativi

ed economici previsti dal contratto in vigore alla data del trasferimento, salvo che

non sia sostituito da un contratto di pari livello e, nel caso in esame, gli accordi

sopracitati si qualificano di primo livello, idonei a sostituire il Ccnl precedentemente

applicato.

Concluso questo aspetto non resta che esaminare la questione della mancata

rappresentanza aziendale per Fiom-Cgil.

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Fino a questa vicenda i fenomeni di contrattazione separata che si sono verificati nel

comparto metalmeccanico non hanno avuto conseguenze negative sulla costituzione

di rappresentanze sindacali dal momento che se il sindacato non firmatario non

poteva costituire proprie Rsa, veniva in soccorso l’Accordo del 20 dicembre 1993

che istituiva le Rappresentanze sindacali unitarie (Rsu). Tale accordo prevede che le

organizzazioni sindacali firmatarie ̶ e quelle che vi abbiano successivamente

aderito ̶ acquistino diritto, nelle unità produttive che abbiano più di 15 dipendenti, di

promuovere la formazione di Rsu e di partecipare alle relative elezioni, rinunciando a

costituire proprie Rsa. Di conseguenza, la Rsu subentra alle Rsa di tutti sindacati che

hanno stipulato l'accordo, che vi abbiano successivamente aderito, “nella titolarità di

diritti, permessi e libertà sindacali”del Titolo III dello Statuto (art.4, parte I) nonché

“nella titolarità dei poteri e nell'esercizio delle funzioni” attribuite dalla legge (art.5,

parte I).

L’uscita di Fiat da Federmeccanica aggrava la situazione e dal momento che il

sindacato ricorrente non è firmatario dei contratti collettivi su richiamati, applicati

nella fabbrica di Pomigliano d’Arco, gestita da Fabbrica Italia Pomigliano, non può

costituire nessuna Rsa né usufruire dei diritti del Titolo III della legge 300/1970.

Il giudice, per risolvere questa delicata situazione, ricorre a un problematico “abuso

del diritto di contrattazione” da parte del datore di lavoro.

L’abuso consiste in un utilizzo improprio del diritto di negoziare, finalizzato ad

estromettere dall’azienda un sindacato certamente dotato di seguito.

Si procede la qualificazione come antisindacale del relativo disconoscimento e la

condanna del nuovo datore di lavoro a riconoscere i diritti previsti dagli artt. 19 a 27

dello Statuto dei lavoratori.

La seconda sentenza promossa da Fiom nazionale riguarda la mancata assunzione da

parte di Fip spa di 145 operai iscritti a Fiom-Cgil.

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Il 6 luglio 2011, al ministero del lavoro, veniva stabilito il ricorso alla Cigs per tutti i

4367 lavoratori dello stabilimento di Pomigliano d’Arco e la loro riallocazione, ma

benché siano riprese le assunzioni e i lavori per la “Nuova Panda”, nessuno degli

iscritti a Fiom-Cgil è stato assunto da Fip spa. A questo punto il sindacato denuncia

una situazione di disuguaglianza di trattamento verso i propri iscritti e interviene

richiamando in aiuto l’art. 5 del decreto legislativo del 9 luglio 2003, n. 216 che

permette alle rappresentanze locali delle organizzazioni maggiormente

rappresentative sul piano nazionale, di agire a sostegno del soggetto passivo della

discriminazione.

L'art. 15 dello Statuto dei lavoratori sancisce la nullità degli atti discriminatori; nel

punto a), stabilisce la nullità di qualsiasi patto o atto diretto a subordinare

l'occupazione di un lavoratore alla condizione che aderisca o non aderisca ad

un'associazione sindacale ovvero che cessi di farne parte. Oltre alla nullità dell'atto è

prevista anche l'applicazione di una sanzione penale. Un'altra tipologia di atti

discriminatori e quella contenuta nel punto b), che sancisce la nullità di qualsiasi

patto o atto diretto a licenziare un lavoratore, a discriminarlo nell'assegnazione di

qualifiche ovazioni, nei trasferimenti, nei provvedimenti disciplinari, o arrecargli

altrimenti pregiudizi a causa della sua affiliazione o attività sindacale , ovvero a

causa della partecipazione ad uno sciopero. Nel caso in esame ricorre l’art.4 del d.lgs

216/03 che ha modificato il comma 2 dell’art.15, aggiungendo le discriminazioni

basate sulle convinzioni personali, le quali includono l’affiliazione sindacale.

A sostegno delle proprie ragioni, la Fiom-Cgil ha commissionato una simulazione

statistica al professore Olson, il quale insegna all’Università di Birmingham, in

merito alla possibilità che i 382 operai (dato che risale al gennaio 2011) possano

essere esclusi dagli assunti allo stabilimento di Pomigliano d’Arco. In una selezione

casuale, la probabilità che nessun iscritto Fiom venisse scelto per la riallocazione

ammonta ad una su dieci milioni.

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Secondo Fip, il rifiuto di Fiom-Cgil alla trattativa e al contenuto del contratto di

primo livello e della versione del 13 dicembre 2011, appare incompatibile con lo

svolgimento dell’attività di lavoro.

Ma il giudice ordina al datore di lavoro di assumente 145 lavoratori iscritti a Fiom e

di mantenere l’8,75% degli assunti a favore del sindacato ricorrente.

La sentenza in appello del 19 ottobre 2012 ricorda che i 19 lavoratori hanno agito

con azione per discriminazione diretta individuale dando mandato alla Fiom di

rappresentare e tutelare i propri interessi ai sensi dell'art. 5, comma 1, d.lgs. 216/03.

Riconosciuta la disparità di trattamento operata da Fiom nei confronti di tutti i suoi

affiliati, la loro mancata assunzione da parte di Fip costituisce senz'altro condotta

illecita per contrarietà alla norma di cui all'art. 2, comma 1, d.lgs. 216/03.

Secondo la Corte, si è in presenza di una condotta di Fip che lede sia i diritti

individuali del lavoratore sia l'interesse collettivo del sindacato.

È proprio in occasione delle vicende che hanno generato il contrasto tra la Fiom e la

Fip, in precedenza Fga, che si capisce come l'affiliazione sindacale rappresenti una

concezione del lavoro e della dignità dell'individuo certamente ascrivibile tra le “

convinzioni personali” e, per questo motivo, suscettibile di tutela in quanto oggetto

di possibili atti discriminatori vietati. Il principio di non discriminazione risulta

perciò posto a presidio della dignità umana anche in ambito lavorativo. Si tratta di un

principio espresso con chiarezza dall'art. 4, c. 1, Cost. per il quale “la Repubblica

riconosce a tutti cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano

effettivo questo diritto”.

Si ribadisce, inoltre, come l'esito della simulazione matematica sia un dato

estremamente rilevante che fa risaltare maggiormente la percentuale pari a zero di

iscritti Fiom assunti da Fip al giugno del 2012.

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Viene confermata la discriminazione collettiva nelle assunzioni di Fip nei confronti

degli operai iscritti a Fiom-Cgil, si intima la cessazione del comportamento

antisindacale e la rimozione degli effetti.

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2. Il licenziamento dei delegati sindacali

Le sentenze che questa seconda parte della tesi si appresta ad esaminare risalgono ai

primi mesi del 2012 e partono da un comune avvenimento: la mancata sottoscrizione

da parte di Fiom-Cgil dei contratti di Pomigliano e Mirafiori prima e del contratto

collettivo specifico di lavoro (Ccls) del 13 dicembre 2011; di conseguenza, quindi,

l’impossibilità, stando alla norma dell’art. 19 dello Statuto dei lavoratori, di costituire

proprie Rsa per le associazioni sindacali che non hanno firmato contratti collettivi

applicati al settore produttivo.

Nella sua formulazione originaria, l’art.19 individuava come soggetti titolari dei

diritti sindacali le rappresentanze sindacali aziendali, costituite ad iniziativa dei

lavoratori, operanti nell’”ambito”: a) delle associazioni aderenti alle confederazioni

maggiormente rappresentative sul piano nazionale; b) delle associazioni, non affilate

alle predette confederazioni, che siano firmatarie dei contratti collettivi nazionali o

provinciali di lavoro applicati nell’unità produttiva. il criterio principale era quello

riassunto nella formula “confederazioni maggiormente rappresentative”. Implica un

giudizio di rappresentatività che è stata definita storica, perché basata sul dato storico

dell’effettività dell’azione sindacale svolta dalle grandi confederazioni. La nozione di

sindacato maggiormente rappresentativo offre una duplice funzione: da un lato,

selezionare, tra i sindacati, quelli che sono effettivamente soggetti del sistema di

relazioni industriali e, dall’altro, perseguire una politica del diritto che favorisca le

forme di aggregazione sindacale più ampie.

La dottrina (Grandi 1976; Giugni e Curzio 1979) e la giurisprudenza sul testo

originario dell’art.19 lett. a), della l. n. 300/1970 ( ad esempio, Cass. n. 7622 del 10

luglio 1991) hanno enucleato i seguenti elementi: consistenza del numero degli

iscritti, svolgimento di un’attività di contrattazione e, in genere, di autotutela con

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caratteri di effettività, di continuità e sistematicità.

Prima del referendum indetto l’11 giugno 1995 la Corte costituzionale3 ha affermato

con chiarezza che la selezione tra i sindacati non viola l’art. 39 Cost. se non tocca la

libertà sindacale, ma è funzionale all’attribuzione di diritti o poteri aggiuntivi che

vanno oltre la stessa.

La questione di legittimità era stata posta anche in relazione all’art. 3 Cost.: la Corte

ha affermato che la scelta del legislatore di non conferire a tutti i diritti sindacali è

“razionale e consapevole, tenendo presente gli scopi che si propone la legge

300/1970 [che] ha infatti voluto evitare che singoli individui o piccoli gruppi isolati

di lavoratori (…) possano pretendere di esplicare tale funzione [di rappresentanza

aziendale] (…) e possano dar vita a un numero imprevedibile di organismi (…) i

quali, interferendo nella vita dell’azienda a difesa di interessi (…) anche in contrasto

fra loro, abbiano il potere di pretendere l’applicazione di norme che hanno fini assai

più vasti”.

Il referendum del 1995 ha abrogato il primo criterio dell’art. 19, eliminando l’intera

lett. a), e a modificare il secondo, eliminando le parole “nazionali o provinciali”. Il

risultato è che il criterio selettivo di rappresentanza è oggi unico: la Rsa deve essere

costituita – sempre ad iniziativa dei lavoratori – nell’ambito di un sindacato che

abbia stipulato un contratto collettivo applicato nell’unità produttiva, quale che sia il

livello di tale contratto, compreso quello aziendale che in precedenza non era

sufficiente a tale fine

Nei ricorsi ex art. 28 della legge 300/1970 le varie Fiom territoriali hanno chiesto e,

in molti casi, ottenuto la dichiarazione di antisindacalità del comportamento della

parte convenuta per aver negato l’esercizio dei diritti di cui al Titolo III dello Statuto

dei lavoratori per i dirigenti delle Rsa Fiom.

3 Corte cost. n. 54 del 6 marzo 1974

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Nella fattispecie in esame, i Tribunali di Bologna4, Napoli5, Bari6, Larino7, Lanciano8

e Verona9 hanno proposto una lettura “costituzionalmente orientata10” della norma

statutaria che regola la formazione delle rappresentanze sindacali, poiché

un’interpretazione strettamente letterale dell’art 19 St. lav. non permetterebbe di

accogliere le richieste di Fiom-Cgil.

E’ opinione di questa parte della giurisprudenza di merito che la norma garantisce

l’esercizio dei diritti sindacali del Titolo III dello Statuto dei Lavoratori a tutte le

associazioni sindacali che meritino tutela sulla base di una loro effettiva

rappresentatività (verificabile in base ad elementi oggettivi).

Occorre indagare la ratio legis dell’art 19 St. lav. tenendo presente le vicende che

portarono al referendum abrogativo. Si ritiene che in quell’occasione venne scelto di

stabilire un criterio minimo di rappresentatività, provvedendo solo ad eliminare la

rappresentatività presunta per valorizzare la rappresentatività effettiva.

Censure di legittimità costituzionale sono state proposte anche nei confronti del testo

della norma successiva al referendum. Su di essa la Corte costituzionale si è

pronunciata con la sentenza 12 luglio 1996, n. 244, la quale viene richiamata nelle

sentenze in esame.

In particolare l’interpretazione deve garantire che il meccanismo basato sulla

sottoscrizione di un contratto collettivo, anche solo aziendale, risponda al fine di

misurare la consistenza reale del sindacato e non finisca per condizionare il

riconoscimento della rappresentatività alla scelta del datore di lavoro di sottoscrivere

un contratto con quello specifico sindacato. La sottoscrizione del contratto collettivo

deve essere indice della “capacità del sindacato di imporsi al datore di lavoro,

direttamente o attraverso la sua associazione, come controparte contrattuale”.11

4 Decreto 27 marzo 2012 5 Decreto 12 aprile 2012 6 Decreto 20 aprile 2012 7 Decreto 23 aprile 2012 8 Decreto 30 aprile 2012 9 Decreto 8 maggio 2012 10 la Corte costituzionale, in linea di principio, non indica al giudice a quo quale dovrebbe essere l’interpretazione da seguire in concreto per “salvare” la norma, ma tuttavia talvolta la Corte lascia intendere, in modo più o meno esplicito, la linea interpretativa che il giudice potrebbe (o dovrebbe) seguire per superare la prospettata illegittimità costituzionale della norma censurata. (P. A. Capotosti, La Corte costituzionale: giudice della libertà o dei conflitti?, in federalismi.it n. 5/2012.) 11 Corte cost. n. 244 del 12 luglio 1996

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Da tale premessa derivano due corollari. In primo luogo, occorre una partecipazione

attiva al processo di formazione del contratto e non una semplice adesione formale a

un contratto negoziato da altre associazioni sindacali.

In secondo luogo “deve trattarsi di un contratto normativo che regoli i rapporti di

lavoro o un istituto della loro disciplina, anche in via integrativa, a livello aziendale,

di un contratto nazionale o provinciale già applicato nella stessa unità produttiva”.12

I giudici di merito rilevano che se la sottoscrizione di accordi non è che un indice di

rappresentatività13 del sindacato, può essere anche non sufficiente in caso di mancata

partecipazione alle trattative.

Il percorso argomentativo del giudice costituzionale ha lo scopo di evidenziare che

l’associazione sindacale deve godere di rappresentatività effettiva e di effettiva

azione sindacale nell’ unità aziendale che può palesarsi anche nella partecipazione

dialettica delle parti ai fini della stipula del contratto, pure nell’ ipotesi in cui una

delle associazioni sindacali che siede al tavolo delle trattative ritenga di non poter

stipulare il contratto collettivo.

Nei casi in esame, la Fiom-Cgil ha partecipato ai lavori per la stipulazione del

contratto collettivo attraverso i suoi rappresentanti sindacali, pur senza giungere alla

fase di stipula e sottoscrizione.

Basandosi su queste motivazioni i giudici hanno accolto i ricorsi presentanti dal

sindacato ricorrente.

Alle vicende fin qui analizzate, se ne contrappone una ulteriore.

Riguarda la sentenza emessa dal tribunale di Mantova in data 4 giugno 2012, il quale

non ritenendo possibile forzare il dato letterale dell’art.19 dello Statuto dei lavoratori,

ha sospeso il giudizio e ha sollevato la questione di legittimità costituzionale della

norma, in contrasto con gli artt. 2, 3 e 39 della Costituzione perché qualsiasi tentativo

di addivenire ad una interpretazione costituzionalmente orientata sarebbe in contrasto

12 Ibid. 13 Corte cost. 492/1995: “fra gli indici di rappresentatività il dato quantitativo, costituito dalla misura di adesione formale al sindacato, ha una grande rilevanza, ma non possono essere trascurati altri indici come quello della maggiore attitudine ad esprimere gli interessi dei lavoratori, specie in relazione all’attività svolta per la composizione dei conflitti”

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sia con la lettera sia con la ratio della norma in esame.

Secondo il tribunale il criterio selettivo di cui all'articolo 19 dello Statuto dei

lavoratori fondato sulla sottoscrizione del contratto applicato, mostra limiti di

irragionevolezza. L'applicazione della norma in momenti di rottura dell'unità

sindacale, ha portato a ritenere la Fiom, in conseguenza della mancata firma al

contratto applicato nelle aziende del gruppo Fiat, non rappresentativo nonostante si

tratti di un sindacato che vanta il maggior numero di iscritti rispetto ad altri e quindi

dovrebbe essere più meritevole delle tutele di cui al Titolo III.

La contraddittorietà tra la rappresentatività desunta dalla sottoscrizione del contratto

e quella in realtà posseduta dalle varie associazioni sindacali rivela come non possa

assumere valore della effettiva forza sindacale bensì di un loro atteggiamento

collaborativo nei confronti della controparte datoriale.

L'applicazione del criterio selettivo di cui all'art. 19 lettera b) é lontana dalla realtà

dell'effettiva rappresentatività che emerge anche da una lettura attenta della sentenza

n. 244/1996, risulta essere divergente con il c. 4 dell'art. 39 Cost., ma anche con il

parametro riferito ai sindacati comparativamente più rappresentativi utilizzato da

un'ampia legislazione, da ultimo, l'art. 8 della legge 148 del 2011, nel momento in

cui privilegia il criterio maggioritario, scartando la possibilità che un sindacato

realmente maggioritario come la Fiom possa essere escluso a favore di sindacati

minoritari seppur firmatari.

Inoltre, il tribunale ritiene che la norma statutaria sarebbe in contrasto anche rispetto

al criterio di rappresentatività minima, desunto da una combinazione di dati

associativi o elettorali, presente sia nel decreto legislativo n. 165 del 2001 (art. 43),

sia nell'accordo interconfederali del 28 giugno 2011.

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19

Il godimento dei diritti del Titolo III sarebbe legato ad un principio di

rappresentatività che poggia sul semplice dato formale dell’adesione a un contratto

applicato all'unità produttiva. La norma apparirebbe irrazionale, anche, perché indice

inidoneo dell'effettiva rappresentatività delle organizzazioni sindacali, così da tradire

l'essenza stessa della disposizione dello statuto, volta a incentivare l’attività sindacale

del maggior numero di lavoratori, che trova espressione nel principio solidaristico

espresso dall'art. 2 della Costituzione nonché nello stesso principio di uguaglianza

sostanziale di cui al secondo comma dell'art. 3 della Costituzione.

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20

3. I contributi sindacali

Il comma 1 dell'art. 26 dello Statuto dei lavoratori riconosce la libertà di svolgere

opera di proselitismo (propaganda orale o scritta, raccolta di contributi ed iscrizioni

ecc…) in favore delle proprie organizzazioni sindacali “all'interno dei luoghi di

lavoro, [ma] senza pregiudizio del normale svolgimento dell'attività aziendale”. Si

tratta dello sviluppo dell'art. 1 St. lav. che riconosce il diritto di manifestare

liberamente il proprio pensiero anche all'interno dei luoghi di lavoro e la garanzia a

svolgere attività sindacale per i lavoratori così come dispone l'art. 14 dello Statuto.

L'esercizio del diritto non sospende l'attività lavorativa, ma l'imprenditore non può

impedire e ostacolare la normale attività di proselitismo. Inoltre una sentenza della

Cassazione14 ha riconosciuto a tutti i lavoratori (sfugge la logica selettiva propria del

Titolo III) il diritto al proselitismo e alla raccolta dei contributi.

Quest'ultimo aspetto riguarda le quote che ciascun iscritto versa all'associazione

sindacale in esecuzione delle disposizioni statutarie e delle deliberazioni degli organi

sociali, per costituire un fondo comune all'associazione (art. 37 cod. civ.). Pertanto è

un'obbligazione liberamente assunta a seguito dell'iscrizione.

Il secondo e il terzo comma dell'art. 26 St. lav. avevano previsto l'obbligo dei datori

di lavoro di trattenere dalla busta paga dei lavoratori, previa apposita delega, il

contributo sindacale e di versarlo all'organizzazione scelta dal lavoratore stesso.

Queste norme sono state abolite a seguito del referendum tenutosi l'11 giugno 1995.

Il risultato è stato soltanto quello di eliminare l'obbligo ex lege a carico del datore di

lavoro di operare le suddette ritenute, restituendo all'autonomia privata la

regolamentazione degli interessi in gioco.

Venuta meno la fonte legislativa dell'obbligo del datore di lavoro di effettuare la

trattenuta, rimane la fonte contrattuale. L'azienda applica un contratto collettivo che

regola la materia e il suo obbligo troverà nel contratto collettivo la sua fonte.

14 Cass. n.1312 del 5 febbraio 2000

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21

Si era posto il problema della sussistenza o meno del diritto delle associazioni

sindacali non firmatarie del Ccnl a godere del meccanismo della trattenuta del

correlativo obbligo di operare la trattenuta.

I Tribunali di Torino (cinque diversi giudici15), Trento16, Milano (tre diversi

giudici17), Bolzano18, Ancona19, Alba20, Napoli (due diversi giudici21), Bari22,

Bologna23, Ariano Irpino24, Nola25, Verona26, Piacenza27, hanno dichiarato

antisindacale il comportamento di Fiat che non ha riconosciuto il diritto agli operai

iscritti alla Fiom-Cgil di finanziare la propria associazione sindacale attraverso le

“deleghe sindacali”.

Le sentenze che si andranno ad analizzare partono da un unico problema: le società

legate al gruppo Fiat sin dal 30 settembre 2011 hanno comunicato la volontà di

uscire da Confindustria con effetto dal 1 gennaio 2012, slegandosi dall'obbligo di

applicare i contratti collettivi sottoscritti.

Nel caso di inesistenza di un contratto collettivo, la delega rilasciata dal lavoratore al

sindacato dovrà essere ricostruita come cessioni di credito (art. 1260 cod. civ.)

(Alleva 1994).

Alcuni28 hanno, invece, sostenuto che si deve fare ricorso alla figura della

delegazione di pagamento (artt. 1268 e 1269 cod. civ.).

Nella prima ipotesi, a differenza della seconda, il debitore ceduto (il datore di lavoro)

non deve prestare il suo consenso.

Le Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza n. 28269/2005 si sono pronunciate

nel senso dell’utilizzabilità dell'istituto della cessione del credito, in materia di

15 Decreti 12.3.2012; 7.5.2012; 28.6.2012; 10.7.2012; sentenza 26.7.2012 16 Decreto 14.6.2012 17 Decreti 22.6.2012; 19.7.2012; 25.7.2012 18 Decreto 26.6.2012 19 Decreto 3.7.2012 20 Decreto 5.7.2012 21 Decreti 12.7.2012; 25.7.2012 22 Decreto 24.7.2012 23 Decreto 24.7.2012 24 Decreto 30.7.2012 25 Decreto 30.7.2012 26 Decreto 13.8.2012 27 Decreto 31.8.2012 28 Dell’Olio 1975

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22

contributi sindacali. Secondo i giudici delle Sezioni Unite, resta ammissibile senza

limitazioni, il ricorso a tutti i possibili strumenti negoziali che consentono di

realizzare lo scopo di versare ai sindacati la quota associativa mediante ritenuta sulla

retribuzione.

Di conseguenza il rifiuto ingiustificato dei datori di lavoro di eseguire pagamenti a

favore dei sindacati non firmatari, cessionari delle quote retributive, configura

condotta antisindacale laddove i lavoratori hanno rilasciato autorizzazione a

trattenere dalla retribuzione i contributi, in quanto pregiudica sia il diritto dei

lavoratori di scegliere liberamente il proprio sindacato, sia il diritto dell'associazione

sindacale ad acquisire i mezzi della propria attività29

Inoltre, il datore di lavoro deve provare l’esistenza di un onere aggiuntivo

insostenibile per la sua azienda per adempiere alla cessione del credito.

Secondo la Fiat la sentenza n.28269/2005 delle Sezioni Unite, però, si riferisce al

solo regime normativo vigente fino al 31 dicembre 2004, prima della modifica

legislativa che ha esteso ai datori di lavoro privati l'applicazione del d.p.r. n.

180/1950 che contiene il divieto generale di sequestrabilità, inviolabilità e cedibilità

di stipendi, salari, pensioni.

La natura inderogabile della disciplina del d.p.r. n.180 trova fondamento negli artt. 1,

5, 52 e 55 e risulta che il legislatore ha inteso garantire una tutela ampia dei crediti di

lavoro, legittimandone la cessione se rispetta la causa/finalità a cui deve essere

preordinata la cessione stessa.

Nello specifico, l’art. 1 nello stabilire il divieto di cedibilità dei crediti di lavoro

anche per i dipendenti privati, fa salve le eccezioni previste dagli articoli seguenti. Il

successivo art. 5 disciplina la facoltà degli impiegati e salariati di contrarre prestiti da

estinguersi mediante cessione di retribuzione nel limiti del quinto; invece l’art. 52

specifica i casi che prevedono il ricorso alla cessione della retribuzione.

29 Cass. 20.3.2009, n.6905

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23

Infine, l’art. 55 prevede l’applicazione di alcune disposizioni del Titolo II, relative a

specifici requisiti di validità della cessione.

Quindi, secondo il disposto dell’art. 52, si può concludere che il cedente (in questo

caso il lavoratore aderente al sindacato Fiom-Cgil), in luogo di corrispondere al suo

creditore (organizzazione sindacale) la prestazione dovuta (contributo sindacale), gli

ceda in pagamento parte del credito (futuro) che egli ha nei confronti del debitore

ceduto (datore di lavoro). Privare il sindacato della possibilità di raccogliere i fondi

necessari per la propria attività sindacale protetta e garantita dalla legge, determina

condotta antisindacale a prescindere dalla sottoscrizione o meno dei contratti

collettivi.

Inoltre, anche se i dipendenti dovessero trovarsi in cassa integrazione guadagni

straordinaria (Cigs) per cessazione di attività, dovrebbero poter versare le proprie

quote a favore del sindacato a cui sono iscritti. Nel Decreto 30.7.2012, il tribunale di

Nola spiega chiaramente come la Cigs non interrompa il rapporto lavorativo ma da

una parte determina la sospensione della prestazione lavorativa dovuta, e dall’altra

l’erogazione di un’indennità, anticipata dall’imprenditore, a carico dell’Inps in

sostituzione della retribuzione.

Fiat ha sollevato la questione di legittimità dell’art. 1260 cod. civ. nei confronti degli

artt. 39, 41 e 75 Cost. nei tribunali di Alba, Bari, Trento e Milano.

Ad Alba, il giudice ravvisa come l’abrogazione dei commi 2 e 3 dell’art 26 St. lav. a

seguito del referendum del 1995, non risulta essere incompatibile col fatto che il

diritto di riscuotere i contributi sindacali possa essere riconosciuto ora su base

contrattuale; appare infondata anche la questione di legittimità sollevata con

riferimento agli artt. 39 e 41 Cost.

Il principio di libertà sindacale sancito dal primo comma dell’art. 39 Cost. tutela la

possibilità di organizzazione, autodeterminazione dei sindacati e non appare essere

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24

violato dalla norma codicistica che si limita solo a consentire una determinata

modalità di pagamento delle quote.

Non vi sarebbe violazione dell’art. 41 Cost perché gli oneri aggiuntivi a carico

dell’imprenditore dal versamento delle ritenute non sarebbero privi di fondamento

normativo, essendo ricavabili dal dispositivo dell’art. 1260 cod. civ.

Anche il tribunale di Bari ha rigettato la questione di legittimità dell’art. 1260 cod.

civ. con le norme costituzionali citate con le stesse motivazioni, aggiungendo che la

delega di pagamento conferita dal singolo all’azienda costituisce l’applicazione

dell’autonomia privata del lavoratore.

Infine, anche Trento e Milano non ravvisano nessun contrasto dell’art. 1260 cod. civ.

con la Costituzione perché la consultazione referendaria non può avere come effetto

quello di precludere alle parti il ricorso ad altri strumenti idonei a raggiungere i

medesimi risultati.

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25

Conclusioni

Come accennato nell’introduzione, l’intento di questo elaborato era descrivere il

contenzioso giudiziario in tema di condotta antisindacale che in questi ultimi due

anni ha visto protagonisti la Fiom, il sindacato dei lavoratori impiegati nelle imprese

metal meccaniche, e la Fiat, il più importante gruppo industriale italiano.

In principio è stato l’accordo di Pomigliano d’Arco del 15 giugno 2010; poi sono

venute, quasi a cascata, la disdetta di Federmeccanica del Ccnl del 20 gennaio 2008

con decorrenza dal 2012 e la stipulazione, in data 29 settembre 2010, tra

Federmeccanica, Fim e Uilm di un’intesa che consente a livello territoriale di

raggiungere “specifiche intese modificative, anche in via sperimentale o

temporanea”. Questa intesa prevede le condizioni (crisi occupazionali o progetti di

investimento) in presenza delle quali si potranno introdurre deroghe e le procedure

per la loro introduzione.

Successivamente, la stipulazione prima in data 23 dicembre 2010, per la società che

opererà a Mirafiori e poi, in data 29 dicembre 2010, per i lavoratori che passeranno a

Fip di un contratto sostitutivo del Ccnl.

I contratti in questione sono contratti “separati”, nel senso che non sono sottoscritti

da tutti i sindacati tradizionalmente partecipi del sistema di contrattazione collettiva:

in particolare non sono stati sottoscritti da Fiom-Cgil.

Il fatto che la Cgil abbia sottratto la sua disponibilità, facendo venir meno l’unicità

contrattuale, enfatizza il problema dell’ambito soggettivo dell’efficacia dei contratti

collettivi (nell’inattuazione dell’art. 39 Cost.) così come dei rapporti tra contratti

collettivi di diverso livello.

Sicuramente risulterebbe necessario un intervento legislativo sulla rappresentatività

sindacale e sull’efficacia della contrattazione collettiva.

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26

Il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, in una lettera pubblicata sul

Corriere della sera del 4 novembre 2012 rilancia la strada indicata dall’Accordo

interconfederale del 28 giugno 2011 e soprattutto rimanda al governo la possibilità di

un decreto che recepisca i contenuti dell’Accordo.

Prima importante novità dell’Accordo di giugno è il venir meno del principio in base

al quale il contratto aziendale non poteva disciplinare materie oggetto di

regolamentazione da parte della contrattazione nazionale.

Seconda novità è il rapporto coordinato e controllato tra contratto nazionale e

aziendale (punti 2 e 3) e, inoltre, al punto 7 si propone il ruolo del contratto collettivo

aziendale come strumento efficace alle esigenze degli specifici contesti produttivi. La

contrattazione aziendale in deroga può svilupparsi in assenza o in attesa che i rinnovi

dei contratti d categoria definiscono la materia.

Circa la rappresentatività, nodo centrale e delicato della vicenda di Pomigliano,

l’Accordo ripropone la soluzione condivisa nell’Intesa del 2008: affidare al Cnel un

ruolo indipendente di certificazione della rappresentatività basata sulla

rappresentatività associativa (numero di lavoratori iscritti) e elettorale (i consensi

ottenuti dalle Rsu).

In questo modo i sindacati diversi da quelli firmatari dell’accordo sono legittimati a

negoziare anche in ambito extra-aziendale. La disciplina posta appare dotata di

capacità inclusiva di associazioni terze che ovviamente dovranno aderire a un

sistema di regole varato da alcuni soggetti (Scarpelli 2011).

Per quanto riguarda il discusso art.8 della legge n. 148 del 14 settembre 2011, la

norma assegna ai contratti di prossimità30 delle aree di intervento: riscrivere le regole

dei rapporti di lavoro e cambiare le sanzioni che accompagnano i licenziamenti

illegittimi.

30

Hanno la capacità di definire regole del lavoro che modificano norme di legge oppure di contratto collettivo nazionale. Gli accordi collettivi che perseguono alcuni fini (migliore organizzazione aziendale, qualità del lavoro) e sono firmati da sindacati maggioritari in azienda, possono cucire addosso all’azienda un sistema di regole su misura, che tiene conto delle sue esigenze e di quelli dei suoi dipendenti.

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27

Con riferimento alla prima area di intervento, le deroghe dovranno far parte di intese

più ampie che perseguano obiettivi chiari elencati dalla norma, quali il

miglioramento dell’organizzazione aziendale, l’emersione di rapporti di lavoro, i

nuovi investimenti ecc... Le deroghe non potranno essere svincolate da un progetto di

riorganizzazione aziendale o territoriale.

La seconda parte dell’articolo assegna ai contratti di prossimità il potere di definire,

in deroga alla legge, le “conseguenze” del licenziamento illegittimo prevedendo, ad

esempio, che non spetta la reintegrazione bensì deve essere pagata una quota

risarcitoria.

Rimane escluso dall’elenco delle materie oggetto delle intese, il licenziamento

discriminatorio e quello legato alla maternità.

Di fronte all’intervento del governo con la norma dell’art. 8 l. 148/2011, è evidente

che si manifestino delle diversità rispetto al contenuto dell’Accordo di giugno

firmato dai sindacati con Confindustria. La legge sancisce una derogabilità senza

limiti, né procedure, allarga le materie per le quali è ammessa la deroga quando,

invece, le parti sociali hanno scelto di limitare a situazioni di crisi o “alla presenza di

significativi investimenti per garantire lo sviluppo economico ed occupazionale

dell’impresa”.

Il problema della rappresentatività sindacale è di certo fondamentale per far sì che il

futuro delle relazioni industriali sia nel piano rispetto delle parti, senza cercare lo

“scontro”.

Genera perplessità la scelta da parte di Fiat di non riconoscere la rappresentanza

aziendale e i relativi diritti che ne conseguono come stabilito dal Titolo III della l.

300/1970, a un sindacato come la Fiom, certamente rappresentativo di una larga

maggioranza di lavoratori31.

D’altro canto, la Fiat ha agito nel pieno rispetto del contenuto letterale dell’art. 19 St.

31 358.722 iscritti nel 2011 (fonte: http://www.cgil.it/chisiamo/quanti_siamo.aspx)

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28

lav. e c’è chi, come il giuslavorista Pietro Ichino, ravvisa come il provvedimento che

obbliga la riassunzione dei 19 operai della Fiom-Cgil sia inopportuno32.

È proprio in questo clima di confusione che il legislatore dovrebbe dimostrare di aver

appreso molto dal “caso Fiat” e agire urgentemente, come sostiene anche Riccardo

Del Punta33, per operare una rivisitazione dell’impianto istituzionale della

rappresentanza in azienda per far sì che la partita sindacale si giochi, anche

duramente, solo al tavolo del negoziato.

32 http://www.ilfoglio.it/soloqui/15603

33 Del Punta, R., Del gioco e delle sue regole note sulla “sentenza Fiat”.

Page 29: La condotta antisindacale le vertenze fiom c. fiat

29

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