La conciliazione monocratica** - La Previdenza...726 Lavoro e previdenza oggi 5/2007 1 E. MASSI,...

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Rossella Schiavone* La conciliazione monocratica** SOMMARIO: 1. L’origine 2. La conciliazione in generale 3. Due tipologie di conciliazione monocratica: la preventiva 3.1. I presupposti 3.2. Conciliazione relativa a contratti certificati 3.3. Competenza territoriale 3.4. Funzionari adibiti 3.5. Procedimento 3.6. Effetti della conciliazione 3.7. Contribuzione previdenziale ed assicurativa 4. Due tipologie di conciliazione monocratica: la contestuale 5. Conciliazione monocratica su diffida accertativa 6. Critiche e possibili evoluzioni dell’istituto 7. Conclusioni 1. L’origine L’art. 8, comma 1, della Legge delega n. 30/2003 dava al Governo l’“ar- duo” compito di adottare, «uno o più decreti legislativi per il riassetto della di- sciplina vigente sulle ispezioni in materia di previdenza sociale e di lavoro, nonché per la definizione di un quadro regolatorio finalizzato alla prevenzio- ne delle controversie individuali di lavoro, in sede conciliativa, ispirato a cri- teri di equità ed efficienza». La norma citata prevedeva, al comma 2, che la delega fosse esercitata nel rispetto di principi e criteri direttivi, fra cui la «definizione di un raccordo ef- ficace fra la funzione di ispezione del lavoro e quella di conciliazione delle controversie individuali». Alla base di una scelta del legislatore di tale portata, che inevitabilmente avrebbe implicato difficoltà oggettive, c’era sicuramente la necessità di risol- vere un’annosa questione inerente le controversie individuali del lavoro che già il legislatore aveva provato ad affrontare con la riforma del 1998. Tale riforma aveva, infatti, inserito nel nostro ordinamento il tentativo ob- bligatorio di conciliazione ex art. 410 c.p.c., favorendo così la soluzione ex- Articoli e Dottrina Lavoro e previdenza oggi 5/2007 725 * Funzionario Ministero del Lavoro c/o DPL Ravenna ** Le seguenti considerazioni sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza. 1-DOTTRINA 5 18-06-2007 12:23 Pagina 725

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Rossella Schiavone*

La conciliazione monocratica**

SOMMARIO:1. L’origine2. La conciliazione in generale3. Due tipologie di conciliazione monocratica: la preventiva

3.1. I presupposti3.2. Conciliazione relativa a contratti certificati3.3. Competenza territoriale3.4. Funzionari adibiti3.5. Procedimento3.6. Effetti della conciliazione3.7. Contribuzione previdenziale ed assicurativa

4. Due tipologie di conciliazione monocratica: la contestuale5. Conciliazione monocratica su diffida accertativa6. Critiche e possibili evoluzioni dell’istituto7. Conclusioni

1. L’origine

L’art. 8, comma 1, della Legge delega n. 30/2003 dava al Governo l’“ar-duo” compito di adottare, «uno o più decreti legislativi per il riassetto della di-

sciplina vigente sulle ispezioni in materia di previdenza sociale e di lavoro,

nonché per la definizione di un quadro regolatorio finalizzato alla prevenzio-

ne delle controversie individuali di lavoro, in sede conciliativa, ispirato a cri-

teri di equità ed efficienza».

La norma citata prevedeva, al comma 2, che la delega fosse esercitata nelrispetto di principi e criteri direttivi, fra cui la «definizione di un raccordo ef-

ficace fra la funzione di ispezione del lavoro e quella di conciliazione delle

controversie individuali».

Alla base di una scelta del legislatore di tale portata, che inevitabilmenteavrebbe implicato difficoltà oggettive, c’era sicuramente la necessità di risol-vere un’annosa questione inerente le controversie individuali del lavoro chegià il legislatore aveva provato ad affrontare con la riforma del 1998.

Tale riforma aveva, infatti, inserito nel nostro ordinamento il tentativo ob-bligatorio di conciliazione ex art. 410 c.p.c., favorendo così la soluzione ex-

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* Funzionario Ministero del Lavoro c/o DPL Ravenna** Le seguenti considerazioni sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non

hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.

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tra-giudiziale delle vertenze, al fine di attenuare l’“ingolfamento” dei Tri-bunali.

Tuttavia, a cinque anni dalla riforma, il suo insuccesso era palesementedavanti agli occhi di tutti gli operatori del settore: ad essere ingolfate adessoerano anche le Commissioni Provinciali di conciliazione.

Prescindendo da un’analisi sulle motivazioni di questo insuccesso (checomporterebbe una trattazione a parte), il Parlamento, quindi, si è trovato da-vanti alla necessità di “inventarsi” un’ulteriore soluzione e, confermando lasoluzione extra-giudiziale, ha optato per un istituto che avrebbe dovuto an-che raccordare le funzioni di ispezione del lavoro e quella di conciliazionedelle controversie individuali, così da risolvere anche un altro problema del-la Pubblica Amministrazione: le oggettive difficoltà che incontrano i ServiziIspezione Lavoro nell’evadere le richieste di intervento ricevute.

Queste oggettive difficoltà si spiegano sia con la “cronica” carenza di per-sonale adibito ai servizi ispettivi nel nostro paese – ormai così evidente da es-sere oggetto di riflessioni da parte dei sociologi del lavoro – sia con la ogget-tiva difficoltà di evadere richieste di intervento in particolari settori1 comel’edilizia con i suoi cantieri mobili e tutti i numerosi casi in cui si stenta, purin presenza di violazioni, a trovare prove e responsabili.

L’ambizione del progetto nel suo complesso era palese: l’istituto avrebbedovuto essere “nuovo” e “rivoluzionario”, atteso che la funzione ispettiva conla sua vis repressiva era sempre stata vista di ostacolo alla soluzione concilia-tiva delle controversie di lavoro2.

2. La conciliazione in generale

Occorre a questo punto soffermarsi un attimo sulla particolarità della“conciliazione” in generale, la quale è caratterizzata dall’intervento sollecita-tore di un terzo soggetto che, nel caso delle controversie individuali di lavo-ro, ha una funzione garantista per la parte più debole del rapporto di lavoro ecioè il lavoratore3.

Infatti, proprio per questa sua posizione di inferiorità, le rinunce e trans-azioni del lavoratore che hanno per oggetto diritti derivanti da disposizioni

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1 E. MASSI, Dall’organizzazione alla conciliazione monocratica, in P. PENNESI-E.MASSI-P. RAUSEI, La riforma dei servizi ispettivi – Il D.Lgs, n. 124/2004 e la Circolare

n. 24/2004, in Dir. e pratica lav., 2004, 30, 23, 2 D. MESSINEO, La nuova conciliazione monocratica nella riorganizzazione dei

servizi ispettivi, in Lav. giur., 2005, 8, 718; P. PENNESI, La riforma dei servizi ispetti-

vi, in M. TIRABOSCHI (a cura di), La riforma Biagi nel mercato del lavoro, 2004, 1098-1099; L. ZACCARELLI, La conciliazione monocratica, in Riv. giur. lav., 2005, 4, 841.

3 L. ZACCARELLI, op. cit., nota n. 2, 840.

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inderogabili di legge e di contratti e accordi collettivi, sono invalide ai sensidell’art. 2113 c.c.

Ai sensi, però, del 3° comma, le disposizioni dell’articolo in questionenon si applicano alla conciliazione prevista dagli artt. 410 e 411 del c.p.c.,proprio perché si ritiene che in questi casi sia superata la presunzione di uncondizionamento della libertà di espressione del consenso da parte del lavo-ratore, la cui posizione viene ad essere così adeguatamente protetta nei con-fronti del datore di lavoro proprio dalla presenza del terzo soggetto4.

In questo quadro generale si inserisce l’art. 11 del D.Lgs. n. 124/2004 cheprevede la nascita del nuovo istituto della conciliazione monocratica e la pre-visione al comma 3 della inoppugnabilità ex art. 2113 del c.c. degli accordi intal senso sottoscritti.

Per il legislatore, quindi, anche l’affidamento del compito conciliativo adun solo soggetto qualificato – qual’è un Funzionario della Direzione Pro-vinciale del Lavoro – è tale da assicurare la “tutela” del lavoratore e garantir-ne la genuinità delle scelte.

Aspazzare dal campo eventuali dubbi di validità della norma, si rammentache già vi erano stati in passato conciliazioni delle controversie di lavoro,svolte in composizione monocratica, affidate agli Uffici provinciali del lavo-ro5 e la Corte di Cassazione aveva anche recentemente riconosciuto l’idonei-tà dell’intervento dell’Ufficio provinciale del Lavoro a sottrarre il lavoratoreda qualsivoglia condizione di soggezione rispetto al datore di lavoro, confer-mando l’inoppugnabilità ex art. 2113 c.c.6.

3. Due tipologie di conciliazione monocratica: la preventiva

L’art. 11 del D.Lgs. n. 124/2004 prevede due tipologie di conciliazionemonocratica, l’una preventiva e l’altra contestuale.

3.1. I presupposti

La conciliazione monocratica preventiva ha due presupposti legali7:1) la presentazione di una richiesta d’intervento ispettivo alla Direzione

Provinciale del Lavoro (d’ora in poi R.I.);2) la presenza nella R.I. di elementi per una soluzione conciliativa della con-

troversia.In relazione al primo presupposto, è stato evidenziato che nella realtà pos-

sono presentarsi diverse possibilità, e cioè la R.I. può provenire direttamente

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4 Cass. 26 luglio 2002, n. 11107.5 Art. 12, Legge n. 628/1961.6 Cass. 12 dicembre 2002, n. 17785.7 Art. 11, comma 1, D.Lgs. n. 124/2004.

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dal lavoratore interessato, da terzi soggetti più o meno coinvolti, o addirittu-ra da anonimi8.

Pur non essendo dalla dottrina aprioristicamente esclusa l’ultima even-tualità9, a parere di chi scrive, è tuttavia molto difficile che in questo caso siapossibile effettuare una conciliazione monocratica di tipo “preventivo”, cosìcome nel caso di segnalazione pervenuta da terzo soggetto estraneo al rap-porto, non delegato da nessuna delle due parti.

Infatti, poiché nella pratica per avviare la procedura le Direzioni Pro-vinciali del Lavoro richiedono il consenso almeno del lavoratore, nel caso incui le parti (datore di lavoro e lavoratore) fossero d’accordo nel porre in esse-re un rapporto di lavoro “in nero”, o dissimulato, una volta interpellate po-trebbero non dare il consenso ed avrebbero, inoltre, tutto il tempo necessarioper nascondere le prove del loro accordo, rendendo ancora più ardua la possi-bilità per l’ispettore di riscontrare eventuali irregolarità.

Si potrà, invece, nei suddetti casi effettuare più proficuamente un tentativodi conciliazione monocratica “contestuale”, dopo che l’ispettore avrà compiu-to una prima ricognizione10 con minori rischi di perdita di elementi di prova.

Nel silenzio della norma non sembrerebbe esclusa la possibilità di richie-sta di intervento, e contestuale consenso alla conciliazione monocratica, pre-sentata dal datore di lavoro, il quale potrebbe così regolarizzare volontaria-mente una situazione antigiuridica senza le conseguenze di tipo sanzionatorio.

Quello prospettato è ovviamente un caso limite che difficilmente si pre-senta, atteso che la Direzione Provinciale del Lavoro potrebbe comunque de-cidere di procedere all’ispezione, non avendo alcun obbligo di attivare la pro-cedura di conciliazione.

Tuttavia in sede di accesso ispettivo il datore di lavoro potrebbe richiede-re la conciliazione contestuale e si rientrerebbe nel caso trattato nel paragraforelativo alla conciliazione contestuale.

È il caso comunque di evidenziare che la circolare del Ministero del lavoron. 24 del 24 giugno 2004 prospetta la sola ipotesi di «richiesta di intervento

ispettivo da parte del lavoratore o dell’organizzazione sindacale che lo rap-

presenta» con la conseguenza che, di fatto, solo queste richieste d’interventovengono ammesse a conciliazione monocratica da parte delle DirezioniProvinciali del Lavoro.

In relazione al secondo presupposto, per attivare la procedura è necessarioche dalla R.I. emergano elementi per una soluzione conciliativa della contro-versia, il che vuole dire, per la maggioranza dei commentatori, che nella richie-

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8 C. ZOLI, La conciliazione monocratica, in Nuove leggi civ., 2005, 4, 952.9 Ibidem.10 Vedi paragrafo sulla conciliazione contestuale.

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sta d’intervento deve esserci la rivendicazione di diritti disponibili11, «a prescin-

dere dalla loro origine legale o negoziale, sia individuale, sia collettiva12»,comei diritti patrimoniali, mentre per qualcuno «la scelta operata dal legislatore è ri-

ferita a fatti e circostanze molto ampie, includendo, [...] anche diritti cosiddet-

ti indisponibili, sia di natura legislativa che di natura contrattuale13».

Come è facile rendersi conto, la generalità della norma ha portato ad in-terpretazioni alquanto diverse, ma sul punto è intervenuto il Ministero delLavoro e delle Politiche Sociali (ora Ministero del Lavoro e della PrevidenzaSociale) con la citata circolare n. 24/2004 in cui ha espressamente chiarito che«può procedersi alla conciliazione monocratica se le questioni attengono a di-

ritti patrimoniali del lavoratore, siano essi, indifferentemente, di origine con-

trattuale o legale.».

Anche se per parte della dottrina l’acquisizione del consenso delle particostituisce «elemento di non poco rilievo, ai fini della procedibilità della con-

ciliazione, preventiva o contestuale14» è da rilevare che in realtà l’art.11 delD.Lgs. n. 124/2004 parla di acquisizione del consenso solo relativamentealla conciliazione contestuale e non anche alla preventiva per cui, teorica-mente, la DPL valutata la presenza dei due presupposti citati potrebbe av-viare la procedura.

Tuttavia anche qui interviene il modus operandi degli Uffici i quali, al-l’atto della ricezione della R.I., sono soliti far compilare ai lavoratori anche unmodulo relativo alla disponibilità o meno ad una soluzione conciliativa dellacontroversia.

Certo è che in tal modo non si rischia di avviare la procedura in questio-ne quando non c’è a priori la volontà del lavoratore riducendo il numero del-le conciliazioni preventive non riuscite – e quindi dei conseguenti accerta-menti ispettivi – ai soli casi in cui non si presenti il datore di lavoro convoca-to o le parti non raggiungano un accordo.

È importante evidenziare però, che nonostante i presupposti indicati dal-la legge siano solo quelli citati, la circolare n. 24/2004 prevede la possibilitàdi attivare la conciliazione «soltanto quando non emergono evidenti e chiari

indizi di violazioni penalmente rilevanti».

La specifica fatta dal Ministero è giustificata dal fatto che nel caso di vio-lazioni di carattere penale è necessario procedere nel più breve tempo possi-bile alla raccolta di tutti gli elementi probatori così da poter riferire tempesti-

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11 A titolo di esempio: D. MESSINEO, op. cit., nota n. 2, 719; L. ZACCARELLI, op.

cit., nota n. 2, 842-843.12 L. ZACCARELLI, op. cit., nota n. 2, 842-843.13 L. CAIAZZA, Conciliazione monocratica e diffida accertativa per crediti patri-

moniali, in Guida lav., 2004, 24, 16.14 D. MESSINEO, op. cit., nota n. 2, 721.

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vamente la notizia di reato all’Autorità Giudiziaria competente e la eventua-le conciliazione monocratica, oltre a comportare un indubbio dilatarsi deitempi, nel caso di conclusione con esito positivo, comporterebbe l’estinzionedel procedimento ispettivo con conseguente impossibilità di dimostrare la vio-lazione penale rischiando così di lasciare impunito un reato.

Sarà, invece, sicuramente possibile, nel caso in cui in sede di indagineispettiva dovesse emergere che non vi sia alcuna violazione penale, la conci-liazione contestuale, sempre che non si siano contemporaneamente raccoltielementi che provino violazioni amministrative.

Per la dottrina, inoltre, costituisce «vera e propria condizione di procedi-

bilità» della conciliazione il fatto che dalla R.I. non emergano «elementi og-

gettivi e certi, atti a dimostrare la sussistenza di illeciti amministrativi»15,perché, probabilmente, solo la mancanza di elementi probatori certi a caricodel datore di lavoro giustificherebbero la decisione dell’Ufficio di attivare laprocedura invece di sanzionare immediatamente il datore di lavoro.

Di fatto le Direzioni Provinciali del Lavoro non avviano il tentativo diconciliazione quando hanno elementi certi di prova, ma, caso estremo, in al-cuni Uffici, anche nel caso in cui il lavoratore citi testi a suo favore, senza checi sia quindi alcuna certezza delle violazioni ipotizzate, né tantomeno del-l’efficacia delle eventuali future dichiarazioni dei testi, atteso che questi po-trebbero non aver nulla da dire o non voler dire nulla in merito alle questionisegnalate.

A parere di chi scrive, pur giustificando l’atteggiamento degli Uffici – chesi ricorda hanno ampia discrezionalità in quanto possono e non devono avviareil tentativo di conciliazione monocratica – così facendo si rischia di perdere divista la finalità dell’istituto che è deflativo del contenzioso e sicuramente non sifa molto per agevolare la soddisfazione del credito dei lavoratori.

In realtà, nella norma e nella circolare del Ministero del Lavoro non vi èalcun riferimento alla necessità della carenza di prove a supporto di quantodichiarato dal lavoratore ed anche se chiaramente in tali casi è utile anche perl’Amministrazione avviare il tentativo di conciliazione monocratica, non sipuò non tener presente che nella pratica la maggior parte delle conciliazionimonocratiche concluse con esito positivo sono proprio quelle in cui ci sonopiù possibilità per il datore di lavoro di incorrere in sanzioni amministrativenel caso d’ispezione e quindi nei casi in cui il datore di lavoro è a conoscenzadi prove a suo carico.

Nella casistica citata, infatti, è molto spesso più conveniente per il datoredi lavoro conciliare la controversia e quindi soddisfare le richieste retributivedel lavoratore, nonché versare i contributi Inps ed i premi Inail che ne scatu-

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15 D. MESSINEO, op. cit., nota n. 2, 720.

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riscono, piuttosto che essere sottoposto ad ispezione da cui quasi sicuramen-te (attese le citate prove a suo carico) emergerebbero violazioni amministra-tive che in alcuni casi comporterebbero sanzioni molto alte.

Vi è sempre, tuttavia, il rovescio della medaglia che in questo caso è rap-presentato dall’indubbio potere in mano al lavoratore che può paventare, ap-punto, al datore di lavoro il rischio di sanzioni molto più elevate rispetto allesue richieste e che potrebbero anche eccedere il dovuto; per non parlare del ri-schio, anche più semplice, che è quello di un’ispezione da cui potrebbero sca-turire violazioni anche non inerenti il lavoratore che ha sollevato la questione.

Non si può, però, non evidenziare che per una volta si assiste ad un rove-sciamento dei ruoli storici delle parti del rapporto di lavoro che vedrebbe laparte storicamente più debole (cioè il lavoratore) avere in mano un indubbiostrumento di “ricatto” che lo porterebbe ad essere, anche se solo nel momen-to della conciliazione monocratica, il più forte.

Da notare che per parte della dottrina il fatto che la norma preveda che«la convocazione delle parti interrompe i termini di cui all’art. 14 della l. n.

689/81 fino alla conclusione del procedimento conciliativo» supporta la tesiper cui «l’assenza di tali illeciti non può costituire presupposto per l’avvio

della procedura»16.Altro presupposto ipotizzato dalla dottrina è la necessità che la concilia-

zione debba essere riferibile al mancato rispetto della normativa previdenzia-le ed assistenziale.

Tale interpretazione troverebbe giustificazione sia nel presupposto chel’oggetto principale della R.I. riguardi il mancato rispetto di tale normativa17,sia nel comma 4 dell’art. 11 che prevede l’estinzione del procedimento ispet-tivo a seguito di versamento dei contributi previdenziali e assicurativi riferitialle somme concordate e al periodo riconosciuto dalle parti18.

In relazione a tali presupposti non potrebbero essere oggetto di concilia-zione monocratica le controversie inerenti, per esempio, l’impugnazione diun licenziamento19.

Non si può, però, non evidenziare che una tale interpretazione risulta al-quanto restrittiva ed oltre a non essere prevista dal legislatore – il citato com-ma 4 dell’art. 11 intende un obbligo e non solo una delle possibilità – non tie-ne neanche conto che gli ambiti di intervento degli organi ispettivi sono co-munque ampli20 e, tra l’altro, ai sensi dell’art. 7 del D.Lgs. n. 124/2004 il per-sonale ispettivo ha fra i compiti quello di «vigilare sull’esecuzione di tutte le

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16 L. ZACCARELLI, op. cit., nota n. 2 843.17 E. MASSI, op. cit., nota n. 1, 24.18 Ibidem. D. MESSINEO, op. cit., nota n. 2, 723.19 E. MASSI, op. cit., nota n. 1, 24.20 In tal senso anche L. ZACCARELLI, op. cit., nota n. 2, 844.

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leggi in materia di livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili

e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, di tutela

dei rapporti di lavoro e di legislazione sociale».Non si vede altresì quale sarebbe il problema che si verrebbe a creare in

conseguenza ad un’interpretazione di più largo respiro e quale danno potreb-be portare l’«estensione della competenza per materia del conciliatore mo-

nocratico a tutte le controversie di carattere anche non patrimoniale (ad es.

licenziamenti o sanzioni disciplinari) inerenti il rapporto di lavoro»21, pa-ventata da qualcuno.

Certo è che, a parere di chi scrive, si perseguirebbe in modo certamentepiù efficace la finalità del legislatore.

3.2. Conciliazione relativa a contratti certificati

La possibilità che contratti certificati ex artt. 75 e segg. del D.Lgs. n. 276/03possano essere oggetto di conciliazione monocratica è alquanto controversa.

La circolare n. 24/2004 afferma l’impossibilità di procedere in tal casomediante conciliazione monocratica in quanto «chi intende presentare ricor-

so giurisdizionale contro la certificazione deve previamente rivolgersi obbli-

gatoriamente alla commissione di conciliazione ai sensi dell’art. 410 del co-

dice di procedura civile».Alla base della specifica fatta dalla citata circolare c’è sicuramente l’art.

80 del D.Lgs. n. 276/2003 il quale al comma 1 prevede che «nei confronti del-

l’atto di certificazione, le parti e i terzi nella cui sfera giuridica l’atto stesso

è destinato a produrre effetti, possono proporre ricorso, presso l’autorità giu-

diziaria di cui all’articolo 413 del codice di procedura civile, per erronea

qualificazione del contratto oppure difformità tra il programma negoziale

certificato e la sua successiva attuazione. Sempre presso la medesima autorità

giudiziaria, le parti del contratto certificato potranno impugnare l’atto di cer-

tificazione anche per vizi del consenso»; il successivo comma 4 prevede inol-tre l’obbligo del preventivo tentativo di conciliazione ai sensi dell’art. 410c.p.c. che però deve avere luogo dinanzi alla commissione di certificazioneche ha adottato l’atto di certificazione.

Diversi commentatori hanno aderito a tale interpretazione fatta dal Mini-stero del Lavoro22, mentre qualcuno ha notato che «correttamente la Confin-

dustria si è mostrata di avviso contrario»23 evidenziando che effettivamentele cause di impugnazione previste dal citato art. 80 «non attengono al distin-

to problema dell’eventuale inadempimento delle obbligazioni di natura pa-

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21 D. MESSINEO, op. cit., nota n. 2, 723.22 E. MASSI, op. cit., nota n. 1, 25; L. ZACCARELLI, op. cit., nota n. 2, 844.23 C. ZOLI, op. cit., nota n. 8, 952.

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trimoniale derivanti dal contratto che ben potrebbero formare oggetto di con-

ciliazione monocratica anche nel caso di rapporto certificato»24.A parere di chi scrive la questione è strettamente connessa all’oggetto del-

la certificazione.Infatti, se si accetta l’interpretazione per cui la conciliazione deve essere

riferibile al mancato rispetto della normativa previdenziale ed assistenzialeallora si ricade nella casistica della erronea qualificazione del contratto o del-la difformità tra programma negoziale certificato e sua successiva attuazionepreviste dall’art. 80, perché è proprio in questi casi che si hanno implicazioniprevidenziali ed assistenziali.

A titolo di esempio, si avranno ricadute previdenziali ed assistenziali nelcaso di un contratto di collaborazione, anche a progetto, che invece celava unrapporto di lavoro subordinato, o nel caso di un maggior numero di ore effet-tivamente lavorate rispetto al contratto part-time certificato ecc.

In tali casi, sarà effettivamente necessario rivolgersi alla stessa commis-sione che ha certificato il contratto per esperire il tentativo di conciliazioneobbligatorio.

Diversamente, se si accetta l’interpretazione per cui oggetto della certifi-cazione può essere qualsiasi controversia inerente il rapporto di lavoro, allo-ra non può non tenersi in conto che, anche in presenza di contratti di lavorocertificati, possono insorgere controversie relative ai motivi più disparati chenulla hanno a che vedere con la casistica prevista dal comma 1 dell’art. 80.

Potrebbe, per esempio, insorgere una controversia per mancato paga-mento di una mensilità, o relativa ad una sanzione disciplinare o comunquecasi che non rientrano nella rigida previsione del citato art. 80 e cioè con l’er-ronea qualificazione del contratto, o con la difformità fra programma nego-ziale certificato e la sua attuazione, o ancora con i vizi della volontà.

3.3. Competenza territoriale

Nel caso, in cui ricorrano i presupposti, la norma prevede che la Direzioneprovinciale del lavoro territorialmente competente possa avviare il tentativo diconciliazione sulle questioni segnalate.

Ciò comporta un ulteriore problema e cioè quello inerente l’identifica-zione dell’Ufficio «territorialmente competente».

Per parte della dottrina25 dovrebbero valere i criteri individuati dall’art.413 c.p.c. per cui dovrebbe essere competente la DPL ove è sorto il rapporto dilavoro o dove è sita l’azienda o la sua dipendenza presso cui il lavoratore pre-sta o prestava la sua opera, e – nel caso dei rapporti di lavoro ex art. 409, n. 3),

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24 Circolare Confindustria n. 18107 del 3 settembre 2004, 10 (www.agens.it/dati/con-

findustria/funzioni%20ispettive.pdf).25 L. ZACCARELLI, op. cit., nota n. 2, 845.

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c.p.c. – la DPL ove è sito il domicilio dell`agente, del rappresentante di com-mercio, o del titolare degli altri rapporti di cui al citato n. 3).

Altri autori, invece, ritengono che rispetto ai criteri dettati dall’art. 413c.p.c. ci debbano essere delle differenze dettate dalla particolarità dell’istitu-to, per cui per determinare la competenza territoriale occorre far riferimentoal luogo in cui si è svolto il rapporto di lavoro ovvero ove è esercitabile l’atti-vità degli organi ispettivi26.

In effetti, nel caso di conciliazione con esito negativo, l’Ufficio deve dareseguito agli accertamenti ispettivi, ma questi, per ragioni pratiche, vanno svol-ti nella provincia in cui si è svolto il rapporto di lavoro e dove ha sede l’a-zienda (e quindi dove è conservata la documentazione); mentre non avrebbesenso effettuare la conciliazione monocratica, per esempio, presso la DPL sitanella provincia ove risiede il lavoratore se poi per l’accertamento occorrereb-be comunque interessare un altro Ufficio.

3.4. Funzionari adibiti

Sempre per il primo comma dell’art. 11, la DPL può avviare il tentativo diconciliazione «mediante un proprio funzionario, anche con qualifica ispettiva».

La circolare n. 24/2004 precisa a tal proposito che, fermo restando la di-screzionalità del Dirigente, «i conciliatori monocratici sono scelti sia tra i fun-

zionari con adeguata e specifica professionalità maturata in tale ambito, sia

tra i funzionari in possesso della qualifica ispettiva in quanto idonei a tratta-

re la fattispecie da conciliare nell’ottica di un possibile seguito ispettivo».Si evidenzia in questo caso che forse per la prima volta viene data la pos-

sibilità a funzionari con qualifica ispettiva di svolgere compiti conciliativi,nell’ottica probabilmente del citato «raccordo efficace fra la funzione di ispe-

zione del lavoro e quella di conciliazione delle controversie individuali» dicui all’art. 8, comma 2, della legge delega n. 30/2003.

3.5. Procedimento

Innanzitutto, come già accennato, l’attivazione della procedura è facoltàdel dirigente della DPL che, valutata l’esistenza dei presupposti e l’assenza diquestioni ostative, può avviare il tentativo di conciliazione.

La già citata circolare n. 24/2004 prevede che il funzionario assegnatarioconvochi le parti dinanzi a sé, nel più breve tempo possibile tenuto conto del-le finalità deflative dell’istituto.

Come si evince chiaramente e come evidenziato da dottrina, «non è pre-

visto alcun termine per l’avvio del procedimento»27 se non la necessità di ef-fettuare nel più breve tempo possibile la convocazione delle parti.

Articoli e Dottrina

Lavoro e previdenza oggi 5/2007734

26 E. MASSI, op. cit., nota n. 1, 25; C. ZOLI, op. cit., nota n. 8, 952.27 L. ZACCARELLI, op. cit., nota n. 2, 845.

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Per qualche autore sarebbe comunque da «applicare la disposizione ge-

nerale di cui al comma 3 dell’art. 2 della legge n. 241 del 1990»28 la quale pre-vede che, nel caso di procedimenti per i quali non è previsto termine di con-clusione per legge o regolamento, il termine sia di 90 giorni.

Chi scrive propende per la mancanza di termini per cui la conciliazionepotrà svolgersi «nei tempi che il funzionario incaricato riterrà opportuni. Del

resto, nel frattempo i termini previsti dall’art. 14 l. n. 689/81 restano sospesi

dal momento in cui è inviata la lettera di convocazione delle parti sino alla

conclusione della procedura conciliativa»29.Sempre per la circolare del Ministero del Lavoro, le parti vanno convocate

con raccomandata ed inoltre avvisate che possono farsi assistere anche da asso-ciazioni o organizzazioni sindacali ovvero da professionisti cui abbiano conferi-to mandato, così come previsto dal comma 2 dell’art. 11 del D.Lgs. n. 124/2004.

Aquesto proposito si fa presente che i professionisti cui fa riferimento il te-sto normativo sono i consulenti del lavoro o altri professionisti abilitati di cui allalegge n. 12/1979, così come specificato dalla circolare stessa e da dottrina30.

Le parti possono inoltre farsi sostituire da altri soggetti muniti di apposi-ta delega a conciliare e transigere, autenticata per legge, atteso che valgono iprincipi della rappresentanza31.

È da segnalare che, ai sensi della circolare ministeriale n. 24/2004, a dif-ferenza delle altre forme di conciliazione presenti nel nostro ordinamento, «il

funzionario conciliatore può non procedere a sottoscrivere il verbale di un

eventuale accordo manifestato dalle parti, nei soli casi in cui risulti evidente

la mancanza di una genuina e libera manifestazione del consenso da parte

del lavoratore».

3.6. Effetti della conciliazione

La conciliazione monocratica produce effetti non solo tra le parti ma anchenei confronti degli organi ispettivi e degli istituti previdenziali ed assistenziali.

Articoli e Dottrina

Lavoro e previdenza oggi 5/2007 735

28 Ibidem.29 C. ZOLI, op. cit., nota n. 8, 955.In tal senso anche E. MASSI, op. cit., nota n. 1, 27: «La norma non prevede alcun

termine specifico per giungere ad un accordo transattivo [...]: ciò significa che il con-

ciliatore monocratico della Direzione provinciale del Lavoro non deve, necessaria-

mente, giungere ad una soluzione positiva o negativa della vertenza di lavoro entro un

termine predeterminato, ma ha la possibilità di far maturare la transazione per il tem-

po necessario, anche perché [...] i termini previsti dall’art. 14 della legge n. 689/81

sono sospesi dal momento in cui è inviata la nota di convocazione fino a quando non

si conclude il procedimento conciliativo.».30 L. ZACCARELLI, op. cit., nota n. 2, 845.31 E. MASSI, op. cit., nota n. 1, 27; C. ZOLI, op. cit., nota n. 8, 955.

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Ai sensi del comma 4 dell’art. 11, nel caso in cui le parti giungano ad unaccordo transattivo, «il verbale, sottoscritto dal funzionario, acquisisce piena

efficacia ed estingue il procedimento ispettivo, a condizione che il datore di la-

voro provveda al pagamento integrale, nel termine stabilito nel verbale di ac-

cordo, sia delle somme dovute a qualsiasi titolo al lavoratore, sia al versa-

mento totale dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi determinati

sulla base della legislazione vigente ma con riferimento alle somme concor-

date in sede di conciliazione.»32.Quindi stando al tenore letterale della norma il fine deflativo del conten-

zioso si ottiene in pratica con la cessazione della controversia e l’estinzione delprocedimento ispettivo; ed è proprio questa una delle principali differenze frala conciliazione monocratica ex art.11 del D.Lgs. n. 124/2004 e la concilia-zione stragiudiziale ex art. 410 c.p.c. che invece non ha alcun ulteriore effet-to fra le parti che non quello di consacrare l’accordo fra le parti del contrattodi lavoro33.

A tal proposito i verbali di conciliazione in genere prevedono che, con lapuntuale esecuzione di quanto concordato, le parti dichiarino di non aver piùnulla a pretendere l’una dall’altra per le causali riportate nel verbale stesso, inriferimento al rapporto di lavoro oggetto della controversia e al periodo lavo-rativo riconosciuto da entrambe le parti, nonché l’estinzione del procedimen-to ispettivo a seguito del versamento dei contributi previdenziali ed assicura-tivi ed il pagamento delle somme dovute al lavoratore.

Ci troviamo in pratica dinanzi ad un «effetto premiale»34 che consente aldatore di lavoro non solo di non essere più oggetto di accertamento ispettivo,ma anche di non pagare eventuali sanzioni amministrative conseguenti, peresempio, al riconoscimento di un rapporto di lavoro che si è svolto nel man-cato rispetto della legge; non sarà quindi possibile sanzionare la mancata co-municazione di assunzione, o la mancata consegna della c.d. “lettera di as-sunzione”, o ancora la mancata comunicazione della DNA all’Inail, o la c.dmaxisanzione per il lavoro nero35 ecc.

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Lavoro e previdenza oggi 5/2007736

32 Circolare Ministero del Lavoro n. 24/2004.33 P. RAUSEI, Conciliazione monocratica: vantaggi e limiti, in Dir. e pratica lav.,

2006, 6, 313.34 D. MESSINEO, op. cit., nota n. 2, 724.35 Si sta parlando della sanzione prevista dall’art. 3 del D.L. 22 febbraio 2002, n.

12, convertito con L. 23 aprile 2002, n. 73, così come modificato dall’art. 36-bis delD.L. n. 223/2006, convertito con L. 4 agosto 2006, n. 248, per aver impiegato lavora-tori non risultanti da scritture o da altra documentazione obbligatoria. La sanzioneamministrativa è pari, ai sensi dell’art. 16 della L. n. 689/1981 ad € 3000,00 per ognilavoratore, maggiorata di € 150,00 per ciascuna giornata di lavoro effettivo.

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A questo punto si innestano diverse problematiche sollevate dalla dottri-na che vale la pena analizzare.

Come già evidenziato, il c.d. “effetto premiale” si ha con la «doppia con-

dizione procedimentale»36 del pagamento al lavoratore delle somme concor-date e del versamento dei contributi previdenziali ed assicurativi.

È tuttavia possibile – e nella pratica avviene – che il datore di lavoro, dopoaver firmato il verbale di conciliazione non sia poi in grado di liquidare al la-voratore le somme concordate o, ancora, non sia in grado di versare i suddet-ti contributi previdenziali ed assistenziali, o entrambe le cose.

Nei casi citati, fermo restando la ripresa del procedimento ispettivo daparte dei Servizi Ispezione del Lavoro, ci si chiede quale sia il valore dell’ac-cordo stipulato tra le parti ancorché non rispettato in toto o solo in parte.

Per la dottrina che se ne è interessata37 il verbale di conciliazione ha co-munque valore di riconoscimento del debito ex art. 1988 c.c. e, stante la qua-lità di pubblico ufficiale del conciliatore, esso potrebbe essere utilizzato comeprova scritta del credito del lavoratore, anche ai sensi dell’art. 642 c.p.c.38.

Viene inoltre evidenziato che il D.Lgs. n. 124/2004 «non commina alcu-

na conseguenza negoziale per l’eventuale inadempimento contributivo o re-

tributivo del datore di lavoro» e per questo «l’accordo è sempre efficace interpartes, salva una diversa pattuizione espressa»39.

Le parti potrebbero infatti decidere di inserire nell’accordo una clausolarisolutiva ex art. 1456 c.c.40, convenendone espressamente la risoluzione nelcaso in cui una o entrambe le obbligazioni non siano adempiute secondo lemodalità stabilite, oppure introdurre nell’accordo una condizione risolutivaex art. 1353 c.c.41, subordinandone la risoluzione al mancato pagamento del-

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Lavoro e previdenza oggi 5/2007 737

36 D. MESSINEO, op. cit., nota n. 2, 724.37 P. RAUSEI, op. cit., nota n. 33, 313. L. ZACCARELLI, Conciliazione monocratica,

in M. GRANDI-G. PERA, Commentario breve alle leggi sul lavoro, Cedam, Padova,2005, 2617.

38 Art. 642 c.p.c.: Esecuzione provvisoria

«Se il credito è fondato su cambiale, assegno bancario, assegno circolare, certi-

ficato di liquidazione di borsa, o su atto ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale

autorizzato, il giudice, su istanza del ricorrente, ingiunge al debitore di pagare o con-

segnare senza dilazione, autorizzando in mancanza l’esecuzione provvisoria del de-

creto e fissando il termine ai soli effetti dell’opposizione.

L’esecuzione provvisoria può essere concessa anche se vi è pericolo di grave pre-

giudizio nel ritardo, ma il giudice può imporre al ricorrente una cauzione.In tali casi il giudice può anche autorizzare l’esecuzione senza l’osservanza del

termine di cui all’art. 482.».39 L. ZACCARELLI, op. cit., nota n. 2, 851.40 L. ZACCARELLI, op. cit., nota n. 37, 2618.41 Ibidem.

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le retribuzioni pattuite o al mancato versamento dei contributi previdenziali edassistenziali.

Ed è proprio sul valore del verbale quale riconoscimento del debito chepoggia la scelta di alcuni ispettori delle Direzioni Provinciali del Lavoro di ri-correre all’istituto della diffida accertativa ex art. 12 del D.Lgs. n. 124/2004nel caso in cui il datore non ottemperi al verbale di conciliazione.

Tuttavia chi scrive esprime dubbi in merito atteso che il verbale di conci-liazione monocratica è frutto di un accordo transattivo che però non dovreb-be avere più alcun valore per gli ispettori che iniziano il procedimento ispet-tivo (o lo riprendono nel caso di conciliazione contestuale).

Le parti infatti ben potrebbero essersi fatte delle reciproche concessioniche non dovrebbero influenzare l’ispettore.

D’altra parte, come si evince dalla circolare n. 24/2004, il lavoratore, afronte di un riconoscimento di un periodo lavorativo, potrebbe anche accetta-re il riconoscimento di un credito inferiore ai minimali contrattuali42, ma l’i-spettore, in sede di verifica ispettiva dovrà comunque verificare l’effettivaqualificazione del rapporto di lavoro, la sua durata ed eventualmente calcola-re la retribuzione dovuta sulla base del ccnl applicato dal datore di lavoro.

Diversi sono comunque i commentatori contrari all’emissione della diffi-da accertativa nel caso in questione43.

A tal proposito è stato evidenziato che, dalla lettura dell’art. 12, sembrache il legislatore «abbia voluto limitare l’ambito applicativo della fattispecie

alle sole ipotesi in cui il credito del lavoratore, scaturente da inosservanze

alla normativa contrattuale, si fondi su accertamenti di carattere squisita-

mente tecnico, i quali abbiano portato alla determinazione certa in ordine al-

l’an ed al quantum debeatur»44.Il legislatore avrebbe quindi attribuito efficacia di titolo esecutivo alla diffi-

da accertativa con provvedimento del Direttore della Direzione Provinciale delLavoro perché frutto di un’attività di accertamento svolta da personale idoneo«ad emettere provvedimenti atti ad assumere valore di accertamento tecnico»45.

Articoli e Dottrina

Lavoro e previdenza oggi 5/2007738

42 La circolare n. 24/2004 recita: «[...] pertanto qualora l’accordo in sede conci-

liativa monocratica si determini su parametri retributivi di misura inferiore ai mini-

mali contrattuali, ai fini previdenziali il computo degli oneri contributivi e assicura-

tivi va comunque operato con riferimento ai minimali di legge, se l’importo oggetto di

conciliazione è inferiore ai predetti minimali.».43 L. ZACCARELLI, op. cit., nota n. 37, p. 2618; A. SCARCELLI-A. RAPACCIUOLO,

Conciliazione monocratica e diffida accertativi: implicazioni di carattere sostan-

ziale e processuale, in Bollettino ADAPT on line n. 22/06, p. 3, www.csmb.unimo.it/

adapt/bdoc/2006/22_06/06_22_81_SERVIZI_ISPETTIVI_E_ATTIVITA_DI_VIGILANZA.pdf.44 A. SCARCELLI - A. RAPACCIUOLO, op. cit., nota n. 43.45 Ibidem.

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Tuttavia, come ben evidenziato da Scarcelli e Rapacciuolo46, è difficilegiungere a soluzioni idonee ad assumere valenza di accertamento tecnico inpresenza di un accertamento su una qualificazione di un rapporto di lavoro,sulle mansioni svolte dal lavoratore, sulle ore di lavoro da questi effettuate,ecc.: in tali casi difficilmente si otterrebbero gli elementi certi, obiettivi edidonei richiesti dalla citata circolare n. 24/2004.

In conclusione, con l’adozione di una diffida accertativa che riconosce uncredito risultante da una conciliazione monocratica cui non sia seguito l’a-dempimento degli obblighi del datore, si potrebbe rischiare di adottare unadiffida accertativa fondata sull’apprezzamento di fatti incerti.

3.7. Contribuzione previdenziale ed assicurativa

Per quanto riguarda i contributi previdenziali ed assicurativi, essi vannodeterminati secondo le norme in vigore e cioè «anche con riguardo al rispet-

to dei minimali contributivi così come stabiliti dalla legge»47.Questo comporta che, se anche l’accordo si dovesse concludere con il ri-

conoscimento al lavoratore di una retribuzione inferiore ai minimali di legge,comunque i contributi e i premi andranno calcolati con riferimento ai suddet-ti minimali48.

La circolare Inps n. 132 del 20 settembre 2004 pone l’accento sulla ne-cessità che le somme conciliate siano ripartite per i periodi competenza, alfine della quantificazione del dovuto e del conseguente accredito sulle posi-zioni individuali.

La stessa circolare specifica inoltre che il momento dell’insorgenza del-l’obbligo contributivo coincide con il termine indicato nel verbale di conci-liazione per il pagamento delle somme dovute al lavoratore, il che implica cheil versamento dei contributi deve avvenire entro il sedicesimo giorno succes-sivo al predetto termine.

Analogamente l’Inail ha emanato una circolare in merito49 con la quale haconfermato l’impostazione per cui l’obbligo del pagamento dei premi scatu-risce dal verbale di conciliazione, con la conseguenza logica che il termineper il versamento è fissato al giorno 16 del mese successivo alla data di sotto-scrizione del verbale.

In questo contesto si innestano le critiche di parte della dottrina all’istitu-to della conciliazione monocratica.

Viene infatti rilevato che, «l’oggetto dell’accordo transattivo resta nella

disponibilità delle parti anche per quanto riguarda: la distinzione delle voci

Articoli e Dottrina

Lavoro e previdenza oggi 5/2007 739

46 Ibidem, 4.47 Circolare Ministero del lavoro n. 24/2004.48 Vedi nota n. 42.49 Circolare Inail n. 86 del 17 dicembre 2004.

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(non per tutte le voci si paga la stessa aliquota di contribuzione); la distin-

zione dei periodi (di lavoro subordinato o di lavoro autonomo); le modalità

temporali di pagamento»50 con ricadute sull’obbligazione contributiva la qua-le a sua volta influisce sul livello del futuro trattamento pensionistico del la-voratore51.

In particolare ciò che solleva maggiori interrogativi è la facoltà che di fat-to viene data al datore di lavoro ed al lavoratore di determinare «il momento

genetico e la durata del rapporto di lavoro su cui si modella il conseguente ob-

bligo contributivo52» il che difficilmente si concilierebbe con il principio del-l’autonomia del rapporto contributivo rispetto a quello di lavoro.

In effetti l’obbligazione contributiva nasce ex lege e, così come occorre te-nere presente che «il rapporto assicurativo e l’obbligo contributivo ad esso

connesso sorgono con l’instaurarsi del rapporto di lavoro, ma sono del tutto

autonomi e distinti53», bisogna altresì ricordare che è nullo qualsiasi patto trai due soggetti del rapporto di lavoro finalizzato ad eludere la contribuzione.

Tuttavia, dare la possibilità al datore di lavoro e al lavoratore di accor-darsi e stabilire la data dell’instaurazione del rapporto di lavoro (e quindi l’i-nizio dell’obbligazione contributiva), significa far sorgere l’obbligazione con-tributiva non più ex lege, «bensì ex contractu e ciò in violazione dei principi

generali posti a fondamento dell’ordinamento previdenziale»54.Sicuramente la scelta fatta dal legislatore è dettata dalla necessità di incen-

tivare il ricorso all’istituto della conciliazione monocratica, atteso il fine defla-tivo del contenzioso che ne è alla base, ma il sospetto di illegittimità costituzio-nale per mancato rispetto del principio del buon andamento della PubblicaAmministrazione paventato da parte della dottrina55, a parere di chi scrive, vie-ne superato con la richiesta da parte degli istituti delle sanzioni civili.

Ed in effetti alcune sedi dell’Inail già provvedevano ad applicare le sud-dette sanzioni civili a seguito di definizione in sede di conciliazione mono-cratica della richiesta d’intervento ispettivo.

Sulla correttezza di tale comportamento è intervenuta la Direzione Gene-rale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro la quale, rispondendo al-l’interpello avanzato dall’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Prato n. 5222del 26 ottobre 2006, si è espressa positivamente.

Articoli e Dottrina

Lavoro e previdenza oggi 5/2007740

50 M. CINELLI, “Ispezioni e diritti” nel decreto legislativo n. 124/2004, in Lav. e

prev. oggi, 2005, 6, 970.51 Ibidem.52 A. GUADAGNINO, Gli effetti della conciliazione monocratica sul rapporto con-

tributivo, in Lav. e prev. oggi, 2005, 6, 1005.53 Ibidem.54 Ibidem.55 Ibidem.

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Così facendo la citata Direzione Generale ha inteso equiparare la conci-liazione monocratica conclusasi con esito positivo al caso di denuncia spon-tanea di omissione contributiva effettuata dal datore di lavoro prima di conte-stazioni o richieste da parte degli Enti impositori.

A seguito del parere in questione, sia l’Inail che l’Inps sono intervenuti, ri-spettivamente con circolare n. 6001001.01/12/2006.0006085 e n. 6 del 9 gen-naio 2007, per dare disposizioni operative relativamente all’applicazione del-le suddette sanzioni civili a seguito di definizione di R.I. in sede di concilia-zione monocratica.

Una tale equiparazione comporta il pagamento da parte del datore di la-voro delle sanzioni civili sia relativamente ai contributi che ai premi e non siha così alcuna rinuncia da parte dell’Inps e dell’Inail di «un elemento – il get-

tito derivante dalle sanzioni civili – connotato di indubbia natura pubblici-

stica che, in quanto tale, non rientra nella disponibilità del soggetto rinun-

ciante, quantunque questi sia un ente pubblico»56.

Questo allontana anche sospetti di incostituzionalità a causa del differen-te trattamento riservato ai datori di lavoro che fanno ricorso alla conciliazio-ne monocratica (magari loro malgrado, visto che di fatto in prima battuta vie-ne richiesta la disponibilità del lavoratore) e gli altri che scelgono volontaria-mente la strada della denuncia spontanea57.

Ulteriori dubbi vengono inoltre sollevati in merito alla quantificazionedella contribuzione che sembrerebbe di competenza delle Direzioni Provin-ciali del Lavoro stante l’obbligo loro imposto di trasmettere ex art. 11, com-ma 4, del D.Lgs. n. 124/2004 la documentazione agli enti previdenziali perpermettere la verifica dell’avvenuto versamento dei contributi.

Per alcuni autori, infatti, si avrebbe una ulteriore violazione del principiodell’autonomia del rapporto contributivo atteso che il quantum – elementoessenziale dell’obbligazione contributiva – viene così ad essere determinatoda un soggetto diverso dal creditore – e cioè l’Istituto – ed inoltre estraneo alsuddetto rapporto58.

A parere di chi scrive, è possibile superare il problema in sede di conci-liazione prevedendo nei verbali l’obbligo per il datore di lavoro di elaborare iprospetti paga in relazione al periodo di lavoro ed alle ore di lavoro concordatetra le parti.

Così facendo le Direzioni Provinciali del Lavoro non quantificherebberoi contributi, ma si limiterebbero a far elaborare dei documenti – i prospettipaga – che conterrebbero gli elementi dell’accordo concluso e permettereb-

Articoli e Dottrina

Lavoro e previdenza oggi 5/2007 741

56 Ibidem.57 Ibidem.58 Ibidem.

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bero altresì agli Istituti di verificare il conseguente versamento da parte deidatori di lavoro.

Inoltre, non vi sarebbero neanche rischi di errori nella determinazione deisuddetti contributi, il che comporterebbe il superamento dell’ulteriore dub-bio sollevato dalla dottrina in merito alla possibilità dell’ente previdenziale diagire nei confronti del datore nei casi in questione59.

Infine, è opportuno rammentare che ai sensi della circolare n. 24/2004,«in caso di rateazione del debito previdenziale, l’effetto estintivo è connesso

alla verifica del pagamento della spettanze retributive al lavoratore e alla co-

municazione , da parte degli istituti competenti, della effettiva ammissione al

pagamento rateale del debito con attestazione dell’avvenuto versamento del-

la prima rata».

Nella realtà, soprattutto nelle grandi città, difficilmente gli istituti sono ingrado di comunicare l’effettiva ammissione al pagamento rateale del debitoprima di qualche mese dalla presentazione della domanda di dilazione ac-compagnata dal versamento della prima rata.

Per questo motivo il procedimento ispettivo, generalmente, si estinguecon la dimostrazione della presentazione della domanda di rateazione e delversamento della prima rata.

La circolare Inps a tal proposito evidenzia la necessità di monitoraggio ditali pagamenti dilazionati al fine di una tempestiva comunicazione alleDirezioni Provinciali del Lavoro.

Nel caso di successiva interruzione di pagamento delle rate, a parere di chiscrive, concordemente con parte della dottrina60, gli istituti potranno iscrive-re a ruolo i contributi che scaturiscono dall’accordo stipulato tra le parti insede di conciliazione monocratica.

Tuttavia sarà comunque necessario darne comunicazione alle DirezioniProvinciali che dovranno iniziare o proseguire gli accertamenti ispettivi, conla possibilità che da questi ultimi possano risultare maggiori contributi chel’ente dovrà richiedere al datore con la normale procedura che consegue alleverifiche ispettive.

4. Due tipologie di conciliazione monocratica: la contestuale

Il comma 6 dell’art. 11 del D.Lgs. n. 124/2004 prevede la conciliazionemonocratica contestuale che «può avere luogo nel corso dell’attività di vigi-

lanza qualora l’ispettore ritenga che ricorrano i presupposti per una solu-

zione conciliativa».

Articoli e Dottrina

Lavoro e previdenza oggi 5/2007742

59 Ibidem, 1009.60 Ibidem.

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In tali casi è la norma stessa, a differenza della conciliazione preventiva,a prevedere la necessità dell’acquisizione del consenso delle parti interessate.

Da un punto di vista pratico acquisire il consenso delle parti in sede di ac-cesso ispettivo comporta la necessità per l’ispettore di informare il datore di la-voro almeno relativamente al nominativo del lavoratore cui la questione si ri-ferisce61.

L’ispettore sarà quindi tenuto ad informare la Direzione Provinciale delLavoro con apposita relazione per permettere l’attivazione della procedura.

Dal tenore della norma sembra evincersi che l’Ufficio, una volta che la va-lutazione circa la possibilità di avviare il tentativo di conciliazione sia stata fat-ta dall’ispettore, non abbia alcuna possibilità di opporsi o meglio non abbia più«alcun potere discrezionale»62.

La già citata circolare del Ministero del lavoro precisa che il personaleispettivo potrà attivare la procedura a patto che non abbia già acquisito ele-menti di prova oggettivi, certi e sufficienti atti a permettere la contestazione diviolazioni amministrative.

Chi scrive concorda con la parte della dottrina che ritiene tuttavia neces-sario almeno procedere «a una prima attività istruttoria circa gli elementi di

verifica a maggiore rischio di volatilità»63, ma non con il non ritenere neces-saria l’interruzione dell’attività ispettiva una volta acquisito il consenso del-le parti64.

A supporto si richiama la previsione della circolare ministeriale per cui«l’accertamento ispettivo prosegue se l’accordo non è raggiunto, ovvero se an-

che una sola delle parti convocate non si sia presentata, o ancora se, nell’ipo-

tesi di attività di vigilanza già avviata, entrambe le parti non acconsentono alla

conciliazione» ed inoltre stabilisce l’assegnazione per la conciliazione «prefe-

ribilmente al medesimo funzionario che ha proceduto all’ispezione».

Nella pratica, tuttavia, è molto difficile iniziare l’attività istruttoria pernon perdere elementi a rischio di volatilità e contemporaneamente non acqui-sire elementi di prova per contestare le violazioni amministrative: infatti mol-to spesso o si acquisiscono elementi di prova in sede di accesso ispettivo onon se ne trovano ed in questo caso non vi sarà “convenienza” per il datore dilavoro a dare il suo consenso ad una conciliazione.

E probabilmente è per questa difficoltà oggettiva che la conciliazione con-testuale non “decolla” neanche in quelle province dove la “preventiva” ha in-vece successo.

Articoli e Dottrina

Lavoro e previdenza oggi 5/2007 743

61 E MASSI, op. cit., nota n. 1, 30.62 Ibidem, 31.63 M. PARISI, Elementi e fasi del nuovo procedimento ispettivo, in Guida lav.,

2004, 21, 30; L. ZACCARELLI, op. cit., nota n. 2, 846.64 L. ZACCARELLI, op. cit., nota n. 2, 846.

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È da segnalare inoltre la specifica fatta dalla già citata circolare per cui ilpersonale ispettivo non potrà avviare la procedura per la conciliazione conte-stuale se la R.I. oggetto della verifica ispettiva è già stata oggetto di valuta-zione preventiva da parte della Direzione Provinciale del Lavoro e non am-messa a conciliazione preventiva.

In merito sono state sollevate delle perplessità, condivise da chi scrive,sulla soluzione eccessivamente restrittiva65 del Ministero del lavoro, ed in-fatti ben potrebbero nel corso dell’ispezione emergere elementi nuovi che po-trebbero «suggerire quanto poteva essere sembrato inopportuno in una fase

precedente»66 come per esempio nel caso di R.I. non ammessa a conciliazio-ne perché emergevano chiari indizi di violazioni penalmente rilevanti che in-vece si rilevano inesistenti in sede d’ispezione.

Si evidenzia, infine, che chiaramente valgono anche per la conciliazionecontestuale tutte le altre considerazioni già fatte per la preventiva e riferibilianche a questa fattispecie.

5. Conciliazione monocratica su diffida accertativa

Ai sensi dell’art. 12, comma 2, del D.Lgs. n. 124/2004 «Entro trenta gior-

ni dalla notifica della diffida accertativa, il datore di lavoro può promuovere

un tentativo di conciliazione presso la Direzione provinciale del lavoro. In

caso di accordo, risultante da verbale sottoscritto dalle parti, il provvedi-

mento di diffida perde efficacia e, per il verbale medesimo, non trovano ap-

plicazione le disposizioni di cui all’art. 2113, commi primo, secondo e terzo

del codice civile.».Benché la norma non specifichi di quale tentativo di conciliazione si sta

parlando – ex art. 11 del D.Lgs. n. 124/2004 o ex art. 410 del c.p.c. – la circo-lare del Ministero del lavoro n. 24/2004 sottolinea che, tale conciliazione «in

considerazione delle caratteristiche e delle finalità dell’istituto, va effettuata

secondo le modalità procedurali previste dall’art. 11 del decreto (concilia-

zione monocratica)».

La dottrina, attraverso un’interpretazione sistematica della norma, è giun-ta alla medesima conclusione del Ministero del Lavoro pur evidenziando, cor-rettamente, che l’origine e gli effetti della conciliazione monocratica su diffi-da accertativa sono del tutto diversi67.

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65 C. ZOLI, op. cit., nota n. 8, 956.66 Ibidem.67 P. RAUSEI, Dalla diffida accertativa ai ricorsi regionali, in P. PENNESI, E. MASSI,

P. RAUSEI, La riforma dei servizi ispettivi – Il D.Lgs, n. 124/2004 e la Circolare n.

24/2004, in Dir. Prat. Lav. 2004, 30, inserto, 39.

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La prima cosa da evidenziare, seguendo il dettato normativo, è infatti chel’iniziativa spetta al datore di lavoro diffidato a corrispondere al lavoratoregli importi risultanti dagli accertamenti ispettivi68.

Quanto agli effetti, come specificato dalla citata circolare ministeriale, laconciliazione ex art. 12, comma 2, «non incide sullo svolgimento del proce-

dimento ispettivo» che quindi continuerà regolarmente.In base al comma 2, gli unici effetti che avranno luogo saranno solo la

perdita di efficacia della diffida accertativa e la non applicazione delle dispo-sizioni di cui all’art. 2113 c.c., commi 1, 2 e 3.

Nel caso in cui le parti non raggiungano un accordo in sede di concilia-zione monocratica, la diffida accertativa acquista valore di accertamento tec-nico, con efficacia di titolo esecutivo, con provvedimento del direttore dellaDirezione provinciale del lavoro.

Sotto il profilo contributivo ed assicurativo vi è un’ulteriore differenzafra la conciliazione monocratica ex art. 11 del D.Lgs. n. 124/2004 e quella exart. 12, infatti per quest’ultima i versamenti non possono essere inferiori al-l’importo previsto dall’art. 1 del D.L. n. 338/1989, come convertito dalla leg-ge n. 389/198969, oltre al pagamento delle eventuali sanzioni civili e degli in-teressi legali70.

Un’ultima riflessione va fatta a proposito della conciliazione monocrati-ca su diffida accertativa: come evidenziato da dottrina71, l’art.12, comma 2,non subordina la perdita di efficacia della diffida accertativa al versamentodelle somme dovute al lavoratore ed al versamento dei contributi e premi, masolo all’accordo risultante da verbale sottoscritto dalle parti.

Questo oltre ad essere una differenza rispetta alla conciliazione mono-cratica ex art. 11, in cui il procedimento ispettivo si estingue col pagamentodelle somme dovute al lavoratore ed il pagamento dei contributi previdenzia-

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68 Il comma 1 dell’art. 12 recita: «Qualora nell’ambito dell’attività di vigilanza

emergano inosservanze alla disciplina contrattuale da cui scaturiscono crediti patri-

moniali in favore dei prestatori di lavoro, il personale ispettivo della Direzioni del la-

voro diffida il datore di lavoro a corrispondere gli importi risultanti dagli accerta-

menti».69 L’art. 1, comma 1, del D.L. n. 338/1989, convertito dalla L. 389/1989 recita:

«La retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza e

di assistenza sociale non può essere inferiore all’importo delle retribuzioni stabilito

da leggi, regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali più

rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individua-

li, qualora ne derivi una retribuzione di importo superiore a quello previsto dal con-

tratto collettivo».70 Circolare Ministero del lavoro n. 24/2004.71 P. RAUSEI, op. cit., nota n. 67, 40.

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li ed assicurativi, a parere di chi scrive potrebbe essere stata una dimentican-za del legislatore.

Infatti non avrebbe senso aver introdotto nel nostro ordinamento uno stru-mento volto a semplificare la procedura per la soddisfazione dei crediti di la-voro, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. e), della legge delega n. 30/2003, epoi permettere che la diffida accertativa non diventi titolo esecutivo sulla basedi un accordo tra le parti a cui non segua almeno la soddisfazione del creditodel lavoratore.

A tale proposito basterebbe anche solo che il datore corrispondesse al la-voratore gli importi indicati nella diffida accertativa per farle perdere di effi-cacia, anche perché, non incidendo l’accordo sullo svolgimento del procedi-mento ispettivo, sarà poi eventualmente compito del personale ispettivo ver-balizzare il mancato versamento dei contributi e dei premi.

Nella pratica, poiché come previsto dal comma 3 dell’art.12, la diffida ac-certativa acquista valore di accertamento tecnico, con efficacia di titolo esecu-tivo, solo a seguito di provvedimento del direttore della Direzione Provincialedel lavoro, i direttori potrebbero emanare tale provvedimento anche nel caso diraggiungimento dell’accordo a cui non sia seguito, però, il pagamento del cre-dito del lavoratore come riconosciuto nell’accordo stesso dalle parti.

6. Critiche e possibili evoluzioni dell’istituto

La prima nota stonata della conciliazione monocratica è, come confermatodalla dottrina72, visto il fine deflativo del contenzioso, il non aver previsto chequest’ultima costituisca condizione di procedibilità per l’azione giudiziaria, cosìda renderla fungibile alla conciliazione obbligatoria ex art. 410 c.p.c.

La non equipollenza tra i due tipi di conciliazione comporta che, nel casodi conciliazione monocratica con esito negativo, il lavoratore è obbligato a ri-volgersi alla Commissione di conciliazione ben conscio che anche questo ten-tativo di conciliazione quasi sicuramente si concluderà con esito negativo;non avrebbe infatti alcun senso per il datore di lavoro concludere questa con-ciliazione con un accordo se ha concluso la conciliazione monocratica conesito negativo.

Nella pratica i lavoratori trovano spesso conveniente presentare contem-poraneamente le due richieste di conciliazione (ex art. 11 del D.Lgs. n.124/2004 ed ex art. 410 c.p.c.) al solo scopo di far iniziare la decorrenza deltermine dei 60 giorni per adire le vie giudiziarie, utile nel caso di mancataconciliazione monocratica.

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72 P. RAUSEI, op. cit., nota n. 33, 314; E. MASSI, op. cit., nota n. 1, 29 e 30.

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Tuttavia questo non sembra ingolfare ulteriormente le commissioni diconciliazione come supposto da alcuni primi commentatori della norma73 at-teso che in genere la conciliazione monocratica ha tempi molto più strettidella “sorella più anziana” ed i lavoratori, nel caso di conclusione positivadella conciliazione monocratica, sono invitati dagli uffici stessi a comuni-carne l’esito alla Commissione di conciliazione e la loro intenzione di nonprocedere oltre.

Certo è che una revisione dell’istituto che lo renda condizione di proce-dibilità per l’azione giudiziaria così come la conciliazione ex art. 410 c.p.c., èauspicabile in un’ottica di più incisiva deflazione del contenzioso, con ri-sparmio di tempo e risorse sia per la pubblica amministrazione che per il la-voratore stesso.

La seconda critica è stata sollevata soprattutto da alcune organizzazionisindacali ed ha di fatto comportato un ricorso limitato all’istituto74.

In pratica è prevalsa la paura che il lavoratore irregolare, privo di assi-stenza sindacale, non sia adeguatamente tutelato.

Tralasciando le questioni relative alla presunzione di un condizionamen-to della libertà di espressione del consenso da parte del lavoratore già trattatanel paragrafo n. 2, si deve dare atto, per esperienza personale di chi scrive,che sul territorio non c’è stato in realtà un comportamento uniforme delle or-ganizzazioni sindacali.

In alcune province, infatti, nonostante la ferma opposizione delle loro or-ganizzazioni nazionali, alcune organizzazioni provinciali, a volte anche solocategoriali, fanno regolare ricorso all’istituto della conciliazione monocratica,riconoscendole implicitamente una maggiore incisività dovuta proprio alla“minaccia” dell’accertamento ispettivo, “spauracchio” per i datori di lavoro.

È da evidenziare inoltre che, tranne alcuni casi, il lavoratore chiede qua-si sempre di essere assistito anche perché dovendo lui stesso concordare coldatore di lavoro le somme da ricevere, il periodo di lavoro, la qualificazionedel rapporto ecc. avverte la necessità di un soggetto con comprovata espe-rienza in merito che possa effettuare delle verifiche sulla congruità delle pro-poste fatte dal datore di lavoro o per fare lui stesso delle controproposte al suodatore.

Tuttavia nulla osta a rendere la presenza dell’organizzazione sindacaleobbligatoria per legge, fermo restando la libertà di scelta del lavoratore in me-rito alla sigla sindacale.

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73 E. MASSI, op. cit., nota n. 1, 30.74 Anche se, ad onor del vero, si può affermare per esperienza personale che que-

sto non è di fatto avvenuto in tutte le province.

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7. Conclusioni

L’istituto della conciliazione monocratica si innesta di diritto in quel filo-ne di istituti di “nuova generazione” dal fine deflativo del contenzioso.

Il suo successo o insuccesso non è uniforme su tutto il territorio nazionale.Questo è dovuto sia alla già citata opposizione di alcune organizzazioni

sindacali sia alla rigidità di alcune Direzioni provinciali del lavoro in meritoad elementi di prova che emergono dalla R.I. ed all’ipotizzato presuppostodella necessità di riferimento di quest’ultima al mancato rispetto della nor-mativa previdenziale ed assistenziale.

Tuttavia, a parere di chi scrive, un’interpretazione di più ampio respiro, ol-tre a perseguire con maggior successo il fine dell’istituto, permetterebbe unasoddisfazione dei crediti del lavoratore veloce ed economica.

Non si può ignorare che molto spesso il lavoratore non riceve le sue spet-tanze retributive dal datore di lavoro per una sorta di “ritorsione” conseguen-te alla presentazione della richiesta d’intervento alla Direzione Provincialedel Lavoro.

Lo stesso, in tali casi, è costretto ad iniziare una procedura giudiziaria lun-ga e per lui anche onerosa, a volte più del credito vantato, il che lo porta spes-so a rinunciarvi a priori.

Interventi legislativi per rendere la conciliazione monocratica condizionedi procedibilità per l’azione giudiziaria sono sicuramente auspicabili, ma au-spicabile è altresì un’inversione di tendenza di buona parte del personale ispet-tivo che continua a non vedere di buon occhio l’istituto, così come la CGIL laquale lamenta «una riduzione drastica di ogni intervento repressivo e puniti-

vo in favore di funzioni conciliative (prive spesso di assistenza sindacale per

il lavoratore irregolare) e di funzioni di consulenza (senza separazione dei

ruoli tra i diversi addetti).»75.Eppure il D.Lgs. n. 124/2004 dovrebbe aver posto in soffitta la figura del-

l’ispettore punitivo e repressivo a tutti i costi... o forse non è così...

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75 Liberiamo i diritti – le proposte della CGIL per un piano di legislatura con-

tro il lavoro nero, scaricabile su www.lavorocampania.it/reposURP/DDL%20LAVO-RO%5Cpropostelavoronero.pdf

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