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NOTA 2 GIUGNO 2009 - STUDIO DALMARTELLO Studio Dalmartello La comparizione personale del procuratore speciale della società per l’interrogatorio libero e il tentativo di conciliazione alla luce delle recenti riforme del processo civile. Sommario: 1.- La previsione della comparizione personale delle parti tra obbligatorietà e facoltatività. La frenetica recente “evoluzione” normativa del codice di rito. 2.- La comparizione personale delle parti nel processo societario. L’art. 12 comma 3° lettera d) del d.lgs. 17 gennaio 2003 n. 5. 3.- Le finalità della comparizione personale delle parti: l’interrogatorio libero e il tentativo di conciliazione. 4.- Le possibili conseguenze della mancata comparizione delle parti. 4.1 – Nel processo ordinario. 4.2 – Nel processo societario. 5. - Le novità poste dall’art. 185, 1° comma, ultima parte del c.p.c. 5.1 - In particolare: la mancata conoscenza da parte del procuratore speciale dei fatti di causa. 5.2 - La procura. Il rilascio mediante scrittura privata. La autenticazione. Soggetti abilitati alla autenticazione. 5.3. - Autenticazione della sottoscrizione: l’accertamento della identità e la apposizione della sottoscrizione in presenza. 5.4. Modello di procura speciale e relativa autenticazione rilasciata dal difensore. 6.- Problemi – in astratto – di individuazione del procuratore speciale. 6.1.- Compatibilità del ruolo di procuratore speciale con il ruolo di testimone. 6.2.- Ammissibilità e opportunità della assunzione del ruolo di procuratore speciale da parte del difensore della banca. 7.- Dati di esperienza. Con le presenti note cercherò di fare il punto, alla luce delle concrete esperienze maturate nel corso degli ultimi anni, con riferimento anche a modifiche normative più recenti e con attenzione alla sempre più centrale esigenza di curare il contenimento di ogni possibile occasione di costo, su una serie di problematiche e opportunità ruotanti attorno al tema della partecipazione alla udienza di un procuratore speciale della banca per rendere l’interrogatorio libero per partecipare al tentativo di conciliazione. Le osservazioni che seguono sono redatte con particolare riferimento al principale “filone” di contenzioso da me ad oggi seguito e, dunque, con riferimento al processo societario e in particolare alle cause in materia di derivati. Le recentissime notizie sul progetto di eliminare dal nostro ordinamento il “processo societario” rischiano di rendere le considerazioni che seguono meno rilevanti e attuali: tuttavia, visti i tempi della politica il rischio, è

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NOTA 2 GIUGNO 2009 - STUDIO DALMARTELLO

Studio Dalmartello

La comparizione personale del procuratore speciale

della società per l’interrogatorio libero e il tentativo

di conciliazione alla luce delle recenti riforme del

processo civile.

Sommario: 1.- La previsione della comparizione personale delle parti tra obbligatorietà e facoltatività. La frenetica recente “evoluzione” normativa del codice di rito. 2.- La comparizione personale delle parti nel processo societario. L’art. 12 comma 3° lettera d) del d.lgs. 17 gennaio 2003 n. 5. 3.- Le finalità della comparizione personale delle parti: l’interrogatorio libero e il tentativo di conciliazione. 4.- Le possibili conseguenze della mancata comparizione delle parti. 4.1 – Nel processo ordinario. 4.2 – Nel processo societario. 5. - Le novità poste dall’art. 185, 1° comma, ultima parte del c.p.c. 5.1 - In particolare: la mancata conoscenza da parte del procuratore speciale dei fatti di causa. 5.2 - La procura. Il rilascio mediante scrittura privata. La autenticazione. Soggetti abilitati alla autenticazione. 5.3. - Autenticazione della sottoscrizione: l’accertamento della identità e la apposizione della sottoscrizione in presenza. 5.4. Modello di procura speciale e relativa autenticazione rilasciata dal difensore. 6.- Problemi – in astratto – di individuazione del procuratore speciale. 6.1.- Compatibilità del ruolo di procuratore speciale con il ruolo di testimone. 6.2.- Ammissibilità e opportunità della assunzione del ruolo di procuratore speciale da parte del difensore della banca. 7.- Dati di esperienza.

Con le presenti note cercherò di fare il punto, alla luce delle concrete

esperienze maturate nel corso degli ultimi anni, con riferimento anche a

modifiche normative più recenti e con attenzione alla sempre più centrale

esigenza di curare il contenimento di ogni possibile occasione di costo, su una

serie di problematiche e opportunità ruotanti attorno al tema della

partecipazione alla udienza di un procuratore speciale della banca per rendere

l’interrogatorio libero per partecipare al tentativo di conciliazione.

Le osservazioni che seguono sono redatte con particolare riferimento

al principale “filone” di contenzioso da me ad oggi seguito e, dunque, con

riferimento al processo societario e in particolare alle cause in materia di

derivati.

Le recentissime notizie sul progetto di eliminare dal nostro

ordinamento il “processo societario” rischiano di rendere le considerazioni che

seguono meno rilevanti e attuali: tuttavia, visti i tempi della politica il rischio, è

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che si tratti di annunci che se avranno un seguito non lo avranno se non tra un

po’ di tempo.

Ovviamente, peraltro, dovremo riferirci alla situazione attuale e anche

alle norme dettate in materia per il processo “ordinario” ad oggi vigente e ciò

in virtù del disposto del comma 4° dell’art. 1 del d.lgs. 17 gennaio 2003 n. 5 a

mente del quale “per quanto non diversamente disciplinato dal presente

decreto, si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto

compatibili”.

1.- La previsione della comparizione personale delle parti tra

obbligatorietà e facoltatività. La frenetica recente “evoluzione”

normativa del codice di rito.

A seguito delle recenti modifiche del codice di procedura civile (come

accennato in fase di continua evoluzione), la disciplina dell’interrogatorio libero

delle parti e del tentativo di conciliazione è ora contenuta interamente nell’art.

185 c.p.c.

Ad opera della legge 28 dicembre 2005 n. 263, infatti, è stato aggiunto alla

precedente formulazione dell’art. 185 c.p.c. un nuovo primo comma,

mantenendo inalterati i restanti due commi, cosicché la norma è ora così

formulata:

“Il giudice istruttore, in caso di richiesta congiunta delle parti, fissa la

comparizione delle medesime al fine di interrogarle liberamente e di

provocarne la conciliazione. Il giudice istruttore ha altresì facoltà di fissare la

predetta udienza di comparizione personale a norma dell’articolo 117. Quando

è disposta la comparizione personale, le parti hanno facoltà di farsi

rappresentare da un procuratore generale o speciale il quale deve essere a

conoscenza dei fatti della causa. La procura deve essere conferita con atto

pubblico o scrittura privata autenticata e deve attribuire al procuratore il

potere di conciliare o transigere la controversia. Se la procura è conferita con

scrittura privata, questa può essere autenticata anche dal difensore della

parte. La mancata conoscenza, senza giustificato motivo, dei fatti della causa

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da parte del procuratore è valutata ai sensi del secondo comma dell’articolo

116.

Il tentativo di conciliazione può essere rinnovato in qualunque momento

dell’istruzione.

Quando le parti si sono conciliate, si forma processo verbale della convenzione

conclusa. Il processo verbale costituisce titolo esecutivo”.

La modifica della disciplina dell’interrogatorio libero e del tentativo di

conciliazione è stata, peraltro, frutto di successivi interventi.

La disciplina dell’istituto, precedentemente contenuta nei primi due commi

dell’art. 183 c.p.c.1, è stata innanzitutto modificata ad opera della legge 14

maggio 2005 n. 80, la quale tuttavia non ha interessato l’art. 185 c.p.c., bensì

il solo art. 183 c.p.c.

Nell’ambito di una profonda modifica dell’art. 183 c.p.c, infatti, legislatore del

2005 si era occupato anche di riformare la disciplina dell’interrogatorio libero

delle parti, innanzitutto rendendolo facoltativo.

Se, infatti, la disciplina previgente2 prevedeva che “Nella prima udienza di

trattazione il giudice istruttore interroga liberamente le parti presenti”, a

seguito delle modifiche introdotte con la legge 80/2005, il 3° comma dell’art.

183 così disponeva: “Il giudice istruttore, in caso di richiesta congiunta, fissa

l'udienza per la comparizione personale delle parti, al fine di interrogarle

liberamente. La mancata comparizione senza giustificato motivo costituisce

comportamento valutabile ai sensi del secondo comma dell'articolo 116.

Quando e' disposta la comparizione personale, le parti hanno facoltà di farsi

rappresentare da un procuratore generale o speciale, il quale deve essere a 1 Art. 183.-(Prima udienza di trattazione).- Nella prima udienza di trattazione il giudice istruttore interroga liberamente le parti presenti e, quando la natura della causa lo consente, tenta la conciliazione. La mancata comparizione delle parti senza giustificato motivo costituisce comportamento valutabile ai sensi del secondo comma dell'art. 116. Le parti hanno facoltà di farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale, il quale deve essere a conoscenza dei fatti della causa. La procura deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata, e deve attribuire al procuratore il potere di conciliare o transigere la controversia. La mancata conoscenza, senza gravi ragioni, dei fatti della causa da parte del procuratore è valutabile ai sensi del secondo comma dell'articolo 116. 2 Ci riferiamo all’art. 183 c.p.c. così come disciplinato a seguito della riforma del 1950. Nell’originaria formulazione della norma, infatti, al 2° comma dell’art. 183 il legislatore del 1940 si era limitato a prevedere che “Il giudice richiede alle parti gli schiarimenti necessari e indica loro le questioni rilevabili d’ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione”. La comparizione personale delle parti poteva essere ordinata dal giudice in qualunque stato e grado del processo ai sensi dell’art. 117 c.p.c. ed era dunque chiaramente facoltativa.

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conoscenza dei fatti della causa. La procura deve essere conferita con atto

pubblico o scrittura privata autenticata, e deve attribuire al procuratore il

potere di conciliare o transigere la controversia. La mancata conoscenza, senza

gravi ragioni, dei fatti della causa da parte del procuratore e' valutabile ai sensi

del secondo comma dell'articolo 116”.

Come si può facilmente osservare, con tale modifica, il legislatore aveva inteso

rimettere alla volontà delle parti l’espletamento dell’interrogatorio libero che,

viceversa, in precedenza doveva necessariamente essere effettuato alla prima

udienza di trattazione.

Come detto, peraltro, il legislatore è nuovamente – a brevissima distanza –

intervenuto sulla materia e, con la legge 28 dicembre 2005 n.263, ha ritenuto

di spostare la disciplina dell’istituto all’art. 185 c.p.c, non mancando di

introdurre ulteriori modifiche.

Innanzitutto, alla previsione della richiesta congiunta delle parti si aggiunge la

facoltà per il giudice di fissare d’ufficio l’udienza per la comparizione personale

delle parti al fine di rendere l’interrogatorio libero. In altre parole,

l’interrogatorio libero continua a non essere obbligatorio, ma è esplicitato che il

potere di provocarlo non è rimesso unicamente alle parti.

In secondo luogo, è stata introdotta la innovativa previsione secondo la quale,

ove le parti si facciano rappresentare da un procuratore (“generale o speciale il

quale deve essere a conoscenza dei fatti della causa”), la procura, se conferita

con scrittura privata, “può essere autenticata anche dal difensore della parte”.

Su ciò tornerò ampiamente in seguito.

Da ultimo, il nuovo art. 185 c.p.c. prevede che “la mancata conoscenza, senza

giustificato motivo, dei fatti della causa da parte del procuratore è valutata ai

sensi del secondo comma dell’articolo 116”; in altre parole, se da un lato pare

attenuato l’obbligo di comparizione personale delle parti, la cui mancata

comparizione non è infatti direttamente sanzionata, dall’altro, una volta che il

giudice abbia fissato l’udienza e ordinato la comparizione personale delle parti,

la mancata conoscenza dei fatti di causa è più severamente considerata: non

“valutabile” ma “valutata” quale argomento di prova ai sensi dell’art. 116 c.p.c.

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2.- La comparizione personale delle parti nel processo societario. L’art.

12 comma 3° lettera d) del d.lgs. 17 gennaio 2003 n. 5.

Anticipando quanto poi disposto anche con riferimento al processo ordinario, il

legislatore del processo societario già si era allontanato dal modello

dell’obbligatorietà dell’interrogatorio libero delle parti.

L’art. 12 del Dlgs. 17 gennaio 2003 n. 5, infatti, nel disciplinare il contenuto del

decreto di fissazione di udienza, prevede che lo stesso debba contenere

“l’invito alle parti, ove paia opportuno, a comparire personalmente all’udienza

per l’interrogatorio libero e il tentativo di conciliazione, nonché ove taluna di

esse abbia dichiarato le condizioni alle quali sia disposta a conciliare, l’invito

alle altre parti a prendere all’udienza esplicita posizione sulle stesse”.

Se, dunque, l’invito alle parti a comparire è elencato dalla norma tra gli

elementi che il decreto “deve contenere”, è altrettanto evidente che la norma

espressamente reca l’indicazione “ove paia opportuno”, con ciò rimettendo al

giudice la valutazione dell’opportunità dell’interrogatorio libero e del tentativo

di conciliazione3.

Nessuna indicazione è data dal legislatore del processo societario quanto alla

sanzione per la mancata comparizione, o per la mancata conoscenza dei fatti di

causa, né quanto alla possibilità per la parte di nominare un procuratore

speciale al fine di partecipare all’udienza e rendere l’interrogatorio libero. Su

tali questioni, dunque, saranno applicabili le norme dettate in materia di

processo ordinario, in virtù del rinvio di cui all’art. 1, comma 4°, Dlgs. 5/2003,

norma che infatti prevede che “Per quanto non diversamente disciplinato dal

presente decreto, si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, in

quanto compatibili”.

3 Tentativo di conciliazione che, viceversa, dovrà essere necessariamente effettuato ove una delle parti abbia indicato nell’istanza di fissazione di udienza (art. 9 Dlgs. 5/2003) o nelle note di precisazione delle conclusioni (art. 10 Dlgs. 5/2003) le condizioni alle quali sarebbe disposta a conciliare, in quanto in tal caso il decreto di fissazione di udienza deve contenere anche l’invito alle parti a prendere posizione all’udienza su tale indicazione.

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3.- Le finalità della comparizione personale delle parti: l’interrogatorio

libero e il tentativo di conciliazione.

Prima di proseguire nell’analisi delle norme, pare opportuno soffermarsi e

spendere due parole sulle finalità dell’istituto, anche al fine di verificare se le

novità normative, ed in particolare la previsione della facoltatività

dell’interrogatorio libero, abbiano in qualche modo inciso anche sulla natura e

funzione della comparizione personale delle parti.

Le funzioni tradizionalmente assegnate alla comparizione personale della parti

e all’interrogatorio libero delle stesse si risolvono nella: 1) possibilità per il

giudice di ottenere un chiarimento quanto alle allegazioni delle parti; 2)

possibilità per il giudice di trarre dalle risposte delle parti argomenti di prova;

3) possibilità per il giudice di favorire la conciliazione delle parti.

Si sottolinea, innanzitutto, che poiché l’interrogatorio libero, diversamente da

quello formale, non è volto a provocare la confessione, le parti hanno la

possibilità di parlare liberamente al giudice, senza temere che da quanto detto

possa scaturire una confessione; altrettanto liberamente il giudice ha la

possibilità di meglio intendere le ragioni delle parti, senza essere rigidamente

vincolato agli schemi delle contrapposte allegazioni4.

D’altro canto, la dottrina non manca di evidenziare che, poiché dalle risposte

date dalle parti il giudice può trarre argomenti di prova (art. 116, 2° comma,

c.p.c.), funzione dell’interrogatorio libero è anche, se non prevalentemente,

quella di fonte del convincimento del giudice5.

La funzione probatoria dell’interrogatorio libero è peraltro ben presente nella

giurisprudenza che, pur ribadendo trattarsi di fonte sussidiaria di

convincimento per rafforzare o disattendere le prove già acquisite al processo6,

non manca di rilevare come le risultanze dell’interrogatorio possano costituire

“fonte anche unica del convincimento del giudice di merito, al quale è riservata

4 L’importanza dell’interrogatorio libero al fine della “individuazione del reale nucleo della controversia” è sottolineata da M.TARUFFO, voce Interrogatorio, in Dig. Disc.priv., Torino 1993, p.63. Sul punto, cfr. anche C.MANDRIOLI, Diritto processuale civile, II, Torino 2007, p. 254. 5 R.VACCARELLA, voce Interrogatorio. II. Interrogatorio delle parti, in Enc.dir., XXII, Milano 1972, 353 ss. 6 Cass., sez. III, 28 febbraio 2008, n. 5290.

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la valutazione - non censurabile in sede di legittimità se congruamente e

ragionevolmente motivata - della loro concludenza e attendibilità”7.

Certo è poi che l’eventuale ammissione di fatti in sede di interrogatorio libero,

se non può assumere valenza confessoria, varrà a rendere tali fatti pacifici e

dunque non bisognevoli di prova.

L’ultima funzione dell’interrogatorio libero è poi quella di favorire la

conciliazione delle parti, poiché certamente la chiarificazione dei fatti e la

miglior comprensione dell’esatta portata delle pretese della controparte rende

più facile la possibilità di ben valutare le opportunità di una conciliazione della

lite8.

Come è stato recentemente sottolineato9, per effetto delle recenti riforme, ed

in particolare per effetto della scelta del legislatore di trasferire la disciplina

della comparizione personale delle parti dall’art. 183 c.p.c. all’art. 185, più

intenso è il collegamento dell’interrogatorio libero delle parti con la finalità

dell’ottenimento della conciliazione della lite, finalità ora certamente più

intensa rispetto al collegamento con la trattazione della causa e allo scopo

della chiarificazione delle allegazioni delle parti.

Se, infatti, da un lato, la riforma del 2005 rende facoltativo il tentativo di

conciliazione al pari dell’interrogatorio libero delle parti (entrambi infatti

possono essere ordinati solo se vi è la richiesta congiunta delle parti o il giudice

reputa opportuno provvedervi), dall’altro, l’aver superato l’obbligatorietà della

comparizione personale alla prima udienza di trattazione certamente fa venir

meno quel collegamento tra interrogatorio libero e organizzazione della

trattazione della causa che caratterizza il processo del lavoro (art. 420 c.p.c.) e

che era stata introdotta anche per il processo ordinario dal legislatore del 1990

L. 353/1990).

E’ evidente infatti che se la comparizione delle parti è prevista come

obbligatoria alla prima udienza di trattazione la finalità della stessa non può

che essere ricollegata in via immediata alla possibilità, per il giudice, di chiarire

le allegazioni delle parti, anche al fine di sollevare eventuali questioni d’ufficio

7 Cass., sez. III, 15 luglio 2005, n. 15019. 8 Ancora M.TARUFFO, op.cit., 66. 9 G.REALI, sub art. 185, in La riforma del processo civile, a cura di F.Cipriani e G. Monteleone, Padova 2007, p.104.

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o di introdurre prove altrettanto d’ufficio, e per le parti, di precisare o

modificare le proprie domande nei limiti appunto consentiti dalla disciplina della

prima udienza di trattazione.

Se, viceversa, si perde il necessario collegamento con lo sviluppo della

trattazione della causa, prevalenti diverranno le restanti funzioni della

comparizione personale delle pari e, dunque, la finalità della realizzazione del

tentativo di conciliazione (cui la comparizione stessa è principalmente

preordinata) e la funzione probatoria10.

A fronte di tali considerazioni ci si potrebbe chiedere se il legislatore del 2005

abbia in realtà voluto ancorare definitivamente ed esclusivamente la

comparizione personale delle parti al solo tentativo di conciliazione. Si

potrebbe, in altre parole, ritenere che esclusiva funzione dell’interrogatorio

libero delle parti sia proprio il tentativo di conciliazione.

Tuttavia, come è stato correttamente messo in luce11, è la stessa formulazione

dell’art. 185 c.p.c. che non consente siffatta interpretazione, poiché è

espressamente previsto che il giudice possa fissare l’udienza di comparizione

personale “a norma dell’art.117”, ossia al fine di interrogare liberamente le

parti e di trarre argomenti di prova dalle risposte fornite dalle stesse. Poiché

infatti il legislatore non ha abrogato l’art. 117 (che anzi è espressamente

richiamato), né ha modificato l’art. 116 c.p.c. che al 2° comma continua a

prevedere che dalle risposte date dalle parti all’interrogatorio libero il giudice

possa trarre argomenti di prova, è inevitabile concludere che finalità della

comparizione personale delle parti è non solo quella di provocare la

conciliazione, ma anche quella di fornire al giudice elementi di prova.

4.- Le possibili conseguenze della mancata comparizione delle parti

4.1 – Nel processo ordinario

Se, dunque, è certo che dalle risposte (o dalle mancate risposte) delle parti

all’interrogatorio libero il giudice potrà, oggi come ieri, trarre argomenti di 10 Di diverso avviso B.CAPONI, L’art.183 c.p.c. dopo le “correzioni” della legge 28 dicembre 2005, n.263, in Giur.It. 2006, 880 ss., il quale sembra ritenere che il legislatore abbia appiattito l’interrogatorio entro un modello di “interrogatorio c.d. di cognizione”, a scapito diverso modello dell’ “interrogatorio c.d. istruttorio”, volto alla provocazione di un comportamento delle parti valutabile dal giudice al fine di acquisire argomenti di prova. 11 Ancora G.REALI,, op.cit., pp.117-118.

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prova, occorre soffermarsi sul fatto il legislatore del 2005 non ha ritenuto di

ripetere la formula contenuta nel previgente art. 183 c.p.c., norma che

espressamente prevedeva che “La mancata comparizione delle parti senza

giustificato motivo costituisce comportamento valutabile ai sensi del secondo

comma dell'art. 116”.

Formula valorizzata dalla giurisprudenza, la quale non ha mancato in più

occasioni di insegnare che: “Il giudice di merito è libero di attingere il proprio

convincimento da quelle prove o risultanze di prove che ritenga più attendibili

ed idonee alla formazione dello stesso, essendo sufficiente, ai fini della

congruità della motivazione del relativo apprezzamento, che da questa risulti

che il convincimento nell’accertamento dei fatti si sia realizzato attraverso una

valutazione dei vari elementi probatori acquisiti al giudizio, considerati nel loro

complesso; in particolare, nel rito del lavoro, come in quello ordinario, se la

contumacia del convenuto non equivale ad ammissione dell’esistenza dei fatti

dedotti dall’attore a fondamento della propria domanda, e se a tal fine è

ugualmente irrilevante la mancata comparizione personale della parte

all’udienza fissata per l’interrogatorio libero, tuttavia tale condotta processuale

costituisce elemento liberamente apprezzabile dallo stesso giudice ai fini della

decisione (nella specie, la suprema corte ha ritenuto esente da vizi la sentenza

di merito che aveva desunto il corrispettivo pattuito per una prestazione da

vari elementi, tra i quali la mancata comparizione del legale rappresentante

della società datore di lavoro per rendere l’interrogatorio libero)” (così, per

tutte, Cass., sez. lav., 20 febbraio 2006, n. 3601; Cass., sez. lav., 15 aprile

2004, n. 7208; Cass., 7 marzo1987, n. 2427).

Il nuovo art. 185 c.p.c., viceversa, non contiene la previsione di alcuna

sanzione per la mancata comparizione personale delle parti all’udienza fissata

per l’interrogatorio libero delle stesse.

Tale mancata previsione è stata diversamente valutata dalla dottrina, la quale,

da un lato, ne ha sottolineato l’opportunità, rilevando che l’omessa

comparizione (a differenza della valutazione delle risposte o mancate risposte a

fronte di specifiche domande) non potrebbe ragionevolmente sorreggere alcun

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ragionamento presuntivo12, dall’altro, ha giudicato la mancata previsione della

sanzione irrilevante, a fronte della considerazione che l’art. 116, 2° comma,

continua a prevedere che il giudice possa trarre argomenti di prova dal

“contegno delle parti” nel processo, e quindi anche dalla mancata comparizione

personale all’udienza13.

Quale sia poi in concreto il valore probatorio che il giudice potrebbe attribuire a

tale comportamento della parte, dipende dal valore che si intende attribuire

agli argomenti di prova.

E’ noto infatti che, se la dottrina è complessivamente orientata a relegare tale

valore a quello di elementi meramente sussidiari e integrativi di altre prove,

non si può ignorare l’orientamento prevalentemente espresso dalla

giurisprudenza della cassazione, secondo il quale: “Il comportamento

processuale delle parti ben può costituire unica e sufficiente fonte di

convincimento del giudice e non già soltanto un mezzo di valutazione degli

elementi probatori già acquisiti al processo; pertanto, il giudice può trarre

elementi di convincimento, ai fini dell’accertamento dei fatti controversi, dalle

contraddizioni che si colgono nell’assunto difensivo di uno dei soggetti della lite

e in particolare dalla circostanza che, con riferimento all’oggetto del processo

siano state ammannite successivamente versioni diverse, in violazione del

dovere di lealtà e probità, espressamente sancito dall’art. 88 c.p.c.” (Cass.,

sez. I, 08 febbraio 2006, n. 2815, nonché, per tutte, 4 maggio 2005 n.9279;

Cass. 4 febbraio 2005 n. 2273; Cass. 27 gennaio 2005 n. 1658).

Tale orientamento, peraltro, è stato recentemente contraddetto dalla Suprema

Corte di cassazione che ha così statuito: “Il giudice civile può trarre argomenti

di prova, ai sensi dell’art. 116, 2º comma, c.p.c., da un documento

proveniente dal difensore, formato in altro giudizio, in rapporto al

comportamento processuale della parte che non ne abbia contestato il

contenuto; tale comportamento, tuttavia, non può essere posto da solo a

fondamento della decisione, ma deve essere valutato insieme all’intero

materiale probatorio acquisito al processo, alla stregua dei parametri indicati

dall’art. 2729 c.c. (in applicazione di tale principio, la suprema corte ha

12 Così G.BALENA, in M.BOVE, Le riforme più recenti del processo civile, Bari 2006, p. 75. 13 In tal senso, S.CHIARLONI, Le recenti riforme del processo civile, Bologna 2007, p.192.

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ritenuto che, con riferimento ad un giudizio relativo alla quantificazione

dell’assegno divorzile, il giudice potesse desumere argomenti di prova dal

comportamento della parte che non aveva contestato le risultanze della

comparsa conclusionale depositata in altro giudizio, dalla quale essa risultava

possedere un ingente patrimonio immobiliare)” (Cass., sez. I, 24 aprile 2008,

n. 10650).

Tenuto conto di ciò, ed anche del fatto che difficilmente la mancata

comparizione delle parti potrebbe essere considerata un “contegno”, alla

valutazione del quale l’art. 116 ricollega la possibilità di trarre argomenti di

prova, pare sinceramente difficile immaginare che il giudice tragga

dall’atteggiamento delle parti elementi probatori al fine della decisione.

E’ chiaro, peraltro, che diversa sarà la valutazione del giudice nel caso di

mancata comparizione di entrambe le parti, ovvero di una di esse. Se, infatti, il

giudice non potrà attribuire alla mancata comparizione di entrambe le parti

alcun significato, la scelta di una soltanto di esse di non comparire potrebbe

quantomeno essere negativamente riguardata dal giudice, ciò che

inevitabilmente non può che comportare riflessi sul suo convincimento.

4.2 – Nel processo societario

L’art. 16, 2° comma, del Dlgs. 5/2003 prevede che: “Quando nel decreto è

contenuto l’invito alle parti a comparire di persona, il presidente le interroga

liberamente ed esperisce, se la natura della causa lo consente, il tentativo di

conciliazione, eventualmente proponendo soluzioni di equa composizione della

controversia. Nel relativo verbale è dato comunque atto delle posizioni assunte

dalle parti. Ove il tentativo non abbia esito positivo, il tribunale può tenerne

conto ai fini della distribuzione delle spese di lite, anche ponendole, in tutto o

in parte, a carico della parte formalmente vittoriosa che non è comparsa o che

ha rifiutato ragionevoli proposte conciliative. Se il tentativo riesce, il verbale di

conciliazione costituisce titolo esecutivo anche per la consegna di cose mobili o

il rilascio di immobili, nonché per l’esecuzione di obblighi di fare e non fare”.

A differenza dell’art. 12 Dlgs. 5/2003 che, nel prevedere che il Giudice

designato possa invitare le parti alla comparizione personale, non si occupa

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delle conseguenze della mancata comparizione, l’art. 16 detta una espressa e

specifica disciplina proprio quanto al contegno delle parti.

Dopo aver previsto che il Collegio interroga liberamente le parti, tentando (se

la natura della causa lo consente) la conciliazione e proponendo al riguardo

anche specifiche soluzioni di equa composizione della lite, la norma prevede

che il Collegio possa porre le spese della lite del tutto o in parte a carico della

parte formalmente vittoriosa “che non è comparsa o che ha rifiutato

ragionevoli proposte conciliative”.

La mancata comparizione di una delle parti, dunque, nel processo societario è

espressamente sanzionata con la possibilità per il giudice non tanto di trarre

argomenti di prova come nel processo ordinario, quanto di disporre della

condanna alle spese in modo anche parzialmente diverso da quanto

prevederebbe la generale regola della soccombenza.

In ragione di quanto ora sottolineato, sembra inevitabile ritenere che poiché il

legislatore non ha ritenuto di sanzionare la mancata comparizione con la

possibilità per il giudice di trarre argomenti di prova, ma ha espressamente

ricollegato all’inerzia delle parti una diversa e specifica sanzione, si deve

ritenere che tale diversa previsione sia da ricollegare alla specialità delle cause

societarie, con la conseguenza dell’inapplicabilità sul punto della disciplina

dettata per il processo civile14.

Dalla mancata comparizione delle parti, dunque, il giudice del processo

societario non potrebbe trarre alcun elemento probatorio, ciò che peraltro non

può escludere che l’organo giudicante (pur sempre composto da... persone

umane, inevitabilmente influenzate anche da considerazioni metagiuridiche) sia

influenzato dal comportamento omissivo, specialmente di una sola delle parti,

anche in considerazione del fatto che, come noto, ai sensi dell’art. 12 Dlgs.

5/2003 è il giudice a valutare l’opportunità dell’interrogatorio libero e del

tentativo di conciliazione. In altre parole, pare poco credibile che il giudice che

abbia ritenuto opportuno ordinare la comparizione personale delle parti, non

tragga poi alcuna conseguenza, anche in termini di mero ...pregiudizio, nei

confronti di quella delle parti che ignori l’invito a comparire.

14 In tal senso M.FABIANI, La partecipazione del giudice al processo societario, in Riv.dir.proc. 2004, p. 188.

NOTA 2 GIUGNO 2009 - STUDIO DALMARTELLO ________________________________________________________________________________________________

13

5. - Le novità poste dall’art. 185, 1° comma, ultima parte del c.p.c.

5.1 - In particolare: la mancata conoscenza da parte del procuratore

speciale dei fatti di causa.

Come già prevedeva l’art. 183 c.p.c, il nuovo art. 185, 1° comma, dispone che:

“Quando è disposta la comparizione personale, le parti hanno facoltà di farsi

rappresentare da un procuratore generale o speciale il quale deve essere a

conoscenza dei fatti della causa”.

La norma specifica, poi, che “La mancata conoscenza, senza giustificato

motivo, dei fatti della causa da parte del procuratore è valutata ai sensi del

secondo comma dell’articolo 116”.

A differenza di quanto precedentemente previsto dall’art. 183 c.p.c., l’art. 185

prevede ora che la mancata conoscenza dei fatti da parte del procuratore sia

valutata dal giudice ai sensi del 2° comma dell’art. 116 c.p.c, anziché

semplicemente valutabile, come precedentemente disposto15.

Occorre dunque chiedersi se con tale variazione il legislatore abbia inteso

irrigidire la sanzione per la mancata conoscenza dei fatti da parte del

procuratore, ovvero se si tratti di una modifica....involontaria.

Ad una prima considerazione si potrebbe ritenere che la norma voglia ricalcare

quanto previsto per il processo del lavoro, ove l’art. 420 c.p.c., al 2° comma,

prevede che la mancata conoscenza da parte del procuratore dei fatti di causa

è valutata dal giudice ai fini della decisione”.

Tuttavia, unapiù attenta lettura mette in rilievo che nel processo del lavoro non

vi è alcun riferimento all’art. 116 c.p.c., con la conseguenza che la

giurisprudenza ricollega alla mancata conoscenza dei fatti di causa da parte del

procuratore comparizione delle parti efficacia di vero e proprio elemento di

prova16.

15 Il 2° comma dell’art. 183 c.p.c. prevedeva infatti che “ La mancata conoscenza, senza gravi ragioni, dei fatti della causa da parte del procuratore è valutabile ai sensi del secondo comma dell’articolo 116”. 16 La Corte di cassazione, tuttavia, insegna che qualora i fatti di causa risalgano ad un tempo anteriore alla nomina del rappresentante legale della società, non essendo riconducibile allo stesso un vero e proprio dovere di conoscenza riguardo a tali fatti, la mancata conoscenza degli stessi “non è suscettibile di valutazione ai sensi dell’art. 420, 2º comma, c.p.c., ma può essere liberamente apprezzata dal giudice ai sensi dell’art. 116 c.p.c. (Cass., sez. lav., 20-08-2003, n. 12259).

NOTA 2 GIUGNO 2009 - STUDIO DALMARTELLO ________________________________________________________________________________________________

14

Diversamente, l’art. 185 c.p.c. si riferisce espressamente all’art. 116, e

conseguentemente alla mancata conoscenza dei fatti da parte del procuratore

non potrà in ogni caso attribuirsi se non l’efficacia di mero argomento di prova.

In conclusione, il giudice non potrà ignorare la circostanza, ferma restando la

piena libertà di apprezzarne l’efficacia probatoria.

5.2 - La procura. Il rilascio mediante scrittura privata. La

autenticazione. Soggetti abilitati alla autenticazione

L’art. 185, 1° comma, c.p.c. dispone inoltre che: “La procura deve essere

conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata e deve attribuire al

procuratore il potere di conciliare o transigere la controversia. Se la procura è

conferita con scrittura privata, questa può essere autenticata anche dal

difensore della parte”.

Come in passato, il potere di partecipare all’udienza e di rendere

l’interrogatorio libero può essere dalla parte conferito ad un terzo mediante il

rilascio di una procura che attribuisca al procuratore anche il potere di

conciliare o transigere la causa.

La procura può essere rilasciata con atto pubblico o scrittura privata

autenticata, ma – e qui la norma contiene una grossa novità - se la procura

è conferita con scrittura privata, quest’ultima può essere autenticata

anche dal difensore della parte.

Il legislatore sembra dunque aver conferito al difensore uno specifico potere di

autenticazione del quale lo stesso in precedenza era privo.

Come noto, infatti, a mente dell’art. 83 c.p.c. “Quando la parte sta in giudizio

col ministero di un difensore, questi deve essere munito di procura. La procura

alle liti può essere generale o speciale, e deve essere conferita con atto

pubblico o scrittura privata autenticata. La procura speciale può essere anche

apposta in calce o a margine della citazione, del ricorso, del controricorso, della

comparsa di risposta o d'intervento, del precetto o della domanda d’intervento

nell'esecuzione. In tali casi l'autografia della sottoscrizione della parte deve

essere certificata dal difensore. La procura speciale si presume conferita

soltanto per un determinato grado del processo, quando nell'atto non è

NOTA 2 GIUGNO 2009 - STUDIO DALMARTELLO ________________________________________________________________________________________________

15

espressa volontà diversa. La procura si considera apposta in calce anche se

rilasciata su foglio separato che sia però congiunto materialmente all'atto cui si

riferisce”.

L’art. 83 c.p.c. conferisce, dunque, al difensore il potere di certificare

l’autografia della sottoscrizione della parte, quando la procura speciale sia

apposta in calce o a margine della citazione, del ricorso, del controricorso, della

comparsa di risposta o d'intervento, del precetto o della domanda d’intervento

nell'esecuzione.

Il potere di certificazione del difensore è espressamente limitato alla procura

apposta in calce o a margine degli atti indicati e non presuppone che la firma

sia stata posta in presenza del difensore, essendo sufficiente che quest’ultimo

certifichi l’autografia della sottoscrizione.

La cassazione, infatti, insegna che: “La certificazione della sottoscrizione del

conferente la procura non è autenticazione in senso proprio, quale quella

effettuata secondo le previsioni dell'art. 2703 cod. civ. dal notaio o da un altro

pubblico ufficiale all'uopo autorizzato, ed usualmente viene definita come

autenticazione minore, avendo soltanto la funzione di attestare l'appartenenza

della sottoscrizione ad una determinata persona, previamente identificata o

personalmente conosciuta, a prescindere da ogni accertamento circa la

legittimazione, i poteri, la capacità e la volontà manifestata dal sottoscrittore”

(Cass., sez. un., 28 novembre 2005, n. 25032).

L’art. 185 c.p.c., viceversa, attribuisce al difensore un più ampio potere di

autenticazione della firma, potere in tutto e per tutto uguale a quello che

eserciterebbe il notaio chiamato ad autenticare la scrittura privata con la quale

la parte conferisca procura a partecipare all’udienza, a rendere l’interrogatorio

libero e ad eventualmente conciliare o transigere la controversia17.

La lettera della norma non pare infatti lasciare spazio per diversa

interpretazione e, di conseguenza, si deve ritenere che i poteri e i doveri del

17 In senso contrario G.REALI, op.cit., p.121, secondo la quale il difensore, nonostante la lettera dell’art. 185 cp.c., rimarrebbe privo del potere di attribuire ad un atto la pubblica fede di cui all’art. 2699 c.c., con la conseguenza che l’ “autenticazione” ad opera del difensore della scrittura non potrebbe essere considerata una reale autenticazione con efficacia di piena prova fino a querela di falso.

NOTA 2 GIUGNO 2009 - STUDIO DALMARTELLO ________________________________________________________________________________________________

16

difensore in tale ruolo debbano essere individuati in conformità con quanto

elaborato in relazione all’autentica della scrittura privata da parte del notaio.

5.3. - Autenticazione della sottoscrizione: l’accertamento della identità

e la apposizione della sottoscrizione in presenza.

Ai sensi dell’art. 2703, 2° comma, c.c. “L’autenticazione consiste

nell’attestazione da parte del pubblico ufficiale che la sottoscrizione è stata

apposta in sua presenza. Il pubblico ufficiale deve previamente accertare

l’identità della persona che sottoscrive”.

La Corte di cassazione ha avuto cura, peraltro, di sottolineare che la verifica

dell’identità personale delle parti non potrebbe limitarsi al controllo dei

documenti di identità, così disponendo: “La firma di colui che conferisce al

difensore procura speciale per ricorrere in cassazione, rilasciata con separata

scrittura privata - che ha natura negoziale - deve esser autenticata dal notaio,

al quale spetta, ai sensi dell’art. 2703 c.c., certificare l’autografia di tali

sottoscrizioni, previo accertamento dell’identità personale delle parti, non

limitato al controllo dei documenti identificativi” (Cass., sez. II, 03 aprile 1998,

n. 3426.).

Ulteriormente precisando: “Tenuto conto che il rilascio della procura al

difensore per un processo civile, che si svolge in Italia, è soggetto alla legge

italiana, ai sensi dell’art. 12 l. 31 maggio 1995 n. 218, è invalida la procura e

conseguentemente, per il collegamento funzionale, anche l’elezione di domicilio

in essa contenuta, allorché l’autenticazione della firma non sia avvenuta nelle

forme previste dall’art. 2703 c.c. (nella specie, la suprema corte ha rilevato

che il notaio si era limitato a verificare i poteri del legale rappresentante della

società che aveva conferito la procura, senza attestare che la firma era stata

apposta in sua presenza previa identificazione del suo autore)” (Cass., sez. I,

17 settembre 2002, n. 13578).

Il difensore che autenticherà la sottoscrizione della procura rilasciata per la

partecipazione all’udienza di comparizione personale dovrà dunque certamente

attestare che la sottoscrizione è avvenuta in sua presenza, previa

identificazione dell’autore della sottoscrizione stessa.

NOTA 2 GIUGNO 2009 - STUDIO DALMARTELLO ________________________________________________________________________________________________

17

Il problema tuttavia che rimane aperto è la valutazione se il difensore

nell’esercizio del potere ad esso conferito sia chiamato anche a verificare i

poteri del legale rappresentante della società che abbia conferito la procura.

E’ noto infatti che, con riferimento all’attività del notaio, la giurisprudenza

della Suprema Corte è divisa: a fronte di pronunce ove si afferma sussistere in

capo al notaio l’obbligo di svolgimento delle attività accessorie e successive

necessarie per il conseguimento del risultato voluto dalle parti (visure catastali

e ipotecarie)18, vi sono altrettante decisioni che, viceversa, ricollegano

l’esistenza di siffatto obbligo alla sola ipotesi in cui siano le parti ad

espressamente chiedere al notaio lo svolgimento dei controlli preventivi e

successivi al compimento dell’atto19.

Un’attenta lettura delle pronunce in questione induce peraltro a ritenere che la

cassazione distingua l’ipotesi in cui il notaio sia incaricato della stesura

dell’atto, dall’ipotesi in cui viceversa egli sia incaricato unicamente di

autenticare la sottoscrizione apposta ad un documento interamente formato da

altri. In ogni caso, il problema affrontato dalla Corte è relativo alla sussistenza

18 In tal senso: Cass., sez. II, 16-03-2006, n. 5868: “Nel caso in cui un notaio sia stato richiesto della stipulazione di un contratto di compravendita immobiliare privata autenticata, qualora vi sia stato espresso esonero del notaio, per concorde volontà delle parti, con una clausola inserita nella scrittura, dallo svolgimento delle attività accessorie e successive, necessarie per il conseguimento del risultato voluto dalle parti e, in particolare, dal compimento delle c.d. «visure catastali» e ipotecarie allo scopo di individuare esattamente il bene e verificarne la libertà, deve escludersi l’esistenza della responsabilità professionale del notaio, in quanto tale clausola non può essere considerata meramente di stile essendo stata parte integrante del negozio e sempre che appaia giustificata da esigenze concrete delle parti, come, nella specie, ragioni di urgenza di stipula dell’atto da esse addotto, né in tal caso rileva il c.d. «dovere di consiglio» relativo alla portata giuridica della clausola stessa, giacché detta clausola, implicando l’esonero da responsabilità del notaio, esclude la rilevanza di ogni spiegazione da parte del professionista”. Conformi: Cass., sez. II, 18-01-2002, n. 547; Cass., sez. III, 31-05-2006, n. 13015. 19 Cass., sez. II, 17-06-1999, n. 6018: “Il notaio che abbia autenticato le sottoscrizioni delle parti in calce ad una scrittura privata di vendita di una unità immobiliare compresa in un edificio, senza avere ricevuto dalle parti un incarico specifico di assistenza e consulenza, non può essere considerato responsabile di una dichiarazione invalida resa dalla parte relativamente alla rispondenza dello stato di fatto della singola porzione immobiliare alla concessione edilizia relativa all’intero edificio, non estendendosi la fede privilegiata propria dell’atto notarile al contenuto delle dichiarazioni rese dalle parti, onde non è configurabile alcuna attività obbligatoria di accertamento da parte del notaio, che non ne abbia ricevuto specifico incarico, sulla veridicità delle dichiarazioni stesse e quindi alcuna sua responsabilità per invalidità dell’atto derivante da loro inidoneità”. Nello stesso senso Cass., sez. II, 23-12-2004, n. 23934.

NOTA 2 GIUGNO 2009 - STUDIO DALMARTELLO ________________________________________________________________________________________________

18

o meno della responsabilità del notaio per il caso di nullità dell’atto stipulato,

problema che non per nulla è stato disciplinato dal codice deontologico

notarile, che infatti stabilisce che anche quando il notaio viene chiamato ad

autenticare una scrittura privata redatta da altri (cioè dalle parti stesse o da

professionisti o da altre persone di loro fiducia) deve controllare che tale

documento sia conforme alla legge e corrisponda alla vera volontà delle parti,

anche mediante la lettura dell’atto prima che sia sottoscritto.

Analogamente, per ciò che concerne l’autenticazione della procura a

partecipare all’interrogatorio libero, al notaio spetterà l’obbligo di verificare i

poteri in capo a colui che conferisce la procura. Poiché, peraltro, l’esistenza di

tale obbligo rileva sul piano della responsabilità professionale e non sul piano

degli effetti dell’autentica stessa, mi pare che – per il caso dell’autentica del

notaio, così come per il caso in cui sia il difensore a provvedervi – non si possa

attribuire a tale atto efficacia di piena prova se non con riguardo all’autenticità

della sottoscrizione.

5.4. Modello di procura speciale e relativa autenticazione rilasciata dal

difensore

Il nuovo testo dell’art. 185 c.p.c. introduce dunque la possibilità che la procura

conferita al fine di partecipare all’interrogatorio libero e al tentativo di

conciliazione sia autenticata dal difensore senza che sia necessario

ricorrere all’attività del notaio. Tale possibilità è certamente applicabile nel

processo societario in forza del rinvio alle norme dettate con riferimento al

processo ordinario per quanto non espressamente disciplinato dal Dlgs.

5/2003.

La procura conseguentemente potrebbe essere così formulata:

PROCURA SPECIALEPROCURA SPECIALEPROCURA SPECIALEPROCURA SPECIALE

Io sottoscritto __________________, nato a __________, il _______________, domiciliato in

________, Via __________ n.___, nella sua qualità di _________________ di

_________________S.p.A. , Cap. soc. € _______________________ iscrizione al registro delle Imprese di

________ C.F. e P. IVA n. __________________essendo a ciò debitamente autorizzato

NOMINONOMINONOMINONOMINO

NOTA 2 GIUGNO 2009 - STUDIO DALMARTELLO ________________________________________________________________________________________________

19

il Signor __________________, nato a _________ in data ____________ procuratore speciale di -

_______________ S.p.A. affinché rappresenti la predetta società, attribuendo allo stesso il potere di rendere

l’interrogatorio libero e di transigere o conciliare la controversia, nel giudizio promosso nei confronti della Società

da parte ___________________avanti il Tribunale di __________, n. ____________ di R.G., Giudice

Relatore dr. ______________________, all’udienza del ___________________________ ed eventuali

successive.

attribuendo allo stesso il potere di rendere l’interrogatorio libero e di transigere o conciliare la controversia,

____________, __________________

_______________________ S.p.A.

_____________________________

(____________________________)

Autentica di firmaAutentica di firmaAutentica di firmaAutentica di firma

Io sottoscritto Avv. Paolo Dalmartello nella mia qualità di difensore della Società in forza di procura

_______________________ certifico (in forza dei poteri a me spettanti nella riferita qualità a norma degli

articoli 185, primo comma, c.p.c. e art. 1, comma 4°, d.lgs. 17 gennaio 2003 n. 5) che il signor

______________________ della cui identità personale sono certo, ha apposto in mia presenza la firma in

calce alla scrittura privata che precede.

___________, _____________________

Avv. Paolo Dalmartello

6.- Problemi – in astratto – di individuazione del procuratore speciale.

Una volta stabilito che la procura potrà essere autenticata dal difensore,

ci soffermiamo sull’individuazione di quali siano le caratteristiche che in

concreto dovrà avere il soggetto che verrà indicato quale procuratore speciale

per rendere l’interrogatorio libero. Prima di entrare nel concreto, dobbiamo

ancora porci due problemi che spesso si pongono in termini generali. Detti

problemi vengono indicati nei seguenti punti 6.1. e 6.2.

NOTA 2 GIUGNO 2009 - STUDIO DALMARTELLO ________________________________________________________________________________________________

20

6.1.- Compatibilità del ruolo di procuratore speciale con il ruolo di

testimone.

Si potrebbe porre in astratto un problema nell’ipotesi in cui venga

indicato come testimone il medesimo soggetto che abbia partecipato

all’interrogatorio libero in qualità di procuratore speciale.

La giurisprudenza, tuttavia, nega che colui che ha partecipato

all’interrogatorio libero possa avere quell’interesse a partecipare al giudizio che

lo renderebbe incapace a testimoniare ai sensi dell’art. 246 c.p.c. (Cass., sez.

lav., 13-03-1996, n. 2058, in Giust.civ. 1996, I, 1943: “ Il soggetto che, come

procuratore di una società, ha risposto all’interrogatorio libero non è incapace

di testimoniare, non avendo assunto la qualità di parte processuale, che deve

essere attribuita soltanto alla persona fisica che ne abbia la rappresentanza

legale perché non ha, comunque, un interesse che potrebbe legittimare la sua

partecipazione al giudizio”).

Correlativamente, la giurisprudenza esclude la nullità della testimonianza

resa dal dipendente cui successivamente sia stata conferita procura a

rispondere all’interrogatorio libero, non escludendo peraltro che la circostanza

possa influire sull’attendibilità della deposizione (Cass. 19 agosto 1986 n.

5087).

6.2.- Ammissibilità e opportunità della assunzione del ruolo di

procuratore speciale da parte del difensore della banca.

Abbiamo visto che la comparizione personale della parte (e quindi,

ove la parte sia una società, di un suo procuratore speciale) è finalizzata a

rendere l’interrogatorio libero e al tentativo di conciliazione.

E’ pacifico innanzitutto che il rilascio al difensore della procura alle

liti non lo legittima di per sé ad assumere anche il diverso il ruolo di

procuratore della parte ai fini della comparizione personale.

In vigenza della precedente disciplina non si dubitava, tuttavia, che

la procura a partecipare all’interrogatorio libero potesse essere conferita al

difensore anche con la stessa procura alle liti, purché – s’intende –

NOTA 2 GIUGNO 2009 - STUDIO DALMARTELLO ________________________________________________________________________________________________

21

quest’ultima fosse rilasciata con atto pubblico o scrittura privata autenticata,

così come richiesto dall’art. 183 c.p.c.

Si precisava inoltre che, ove la procura non fosse rilasciata con le

forme prescritte, la stessa sarebbe stata nulla, con la conseguenza che la parte

avrebbe dovuto esser considerata assente20.

In conseguenza della novella attribuzione al difensore del potere di

autentica ai sensi dell’art. 185 c.p.c., ci si potrebbe chiedere se il potere di

partecipare all’udienza di comparizione personale delle parti possa essere

conferito al difensore con la stessa procura alle liti, senza necessità di ulteriori

formalità.

In altre parole, tenuto conto che al difensore è ora attribuito un

potere di autentica della procura, si potrebbe ritenere che il difensore stesso

sia indicato quale procuratore speciale della parte già all’atto della redazione

della procura alle liti, con l’unica avvertenza che in tal caso il difensore non

potrebbe limitarsi a “certificare” la firma della parte, dovendola autenticare in

senso tecnico. La sottoscrizione della procura, cioè, dovrebbe avvenire in

presenza del difensore, difensore che, verificata l’identità personale della parte,

potrebbe autenticarne la firma fino a querela di falso.

La soluzione di indicare il difensore quale parte per la

partecipazione all’interrogatorio libero pare tuttavia inopportuna, tenuto conto

che in tal modo l’attività dell’interrogatorio libero diventerebbe un inutile

doppione di attività che giudice e difensori già compiono in altri momenti del

processo: verrebbe meno infatti la funzione di chiarificazione propria

dell’interrogatorio libero, funzione cui il legislatore dimostra di non voler

rinunciare proprio sanzionando la mancata conoscenza dei fatti da parte del

procuratore.

A meno di ritenere possibile il rilascio di una procura contenente unicamente il

potere di conciliare e transigere la controversia, esclusa la partecipazione

all’interrogatorio libero, l’attribuzione al difensore della qualità di procuratore

speciale non mi pare una via da percorrere in via generale.

20 G.BALENA, La riforma del processo di cognizione, Napoli 1994, p.172 e ss.

NOTA 2 GIUGNO 2009 - STUDIO DALMARTELLO ________________________________________________________________________________________________

22

Del resto, che la lettera delle norme non consenta di ritenere che il

legislatore abbia individuato quale unica finalità della comparizione personale

delle parti l’espletamento del tentativo di conciliazione, si è già messo in

evidenza (cfr. par. 3), con la conseguenza che l’individuazione del difensore

quale procuratore speciale comporterebbe inevitabilmente la necessità per

quest’ultimo di partecipare all’interrogatorio libero.

7.- Dati di esperienza.

Tirando le fila del discorso, e prima di passare alle necessarie considerazioni di

ordine strettamente pratico e concreto, occorre ricordare che:

• L’ordine di comparizione delle parti è contenuto, ove il giudice lo ritenga

opportuno, nel decreto di fissazione di udienza;

• La finalità della comparizione personale delle parti non può essere

limitata alla conciliazione della lite poiché, anche se ciò accade

raramente, il giudice potrebbe voler interrogare le parti;

• La mancata partecipazione personale delle parti, specialmente di una

sola delle parti, può costituire per il giudice elemento se non di prova,

quantomeno di …pregiudizio negativo nei confronti della parte assente;

• L’attribuzione al difensore della qualità di procuratore speciale della

parte ai fini della partecipazione all’interrogatorio libero è ammissibile e

può essere contenuta anche nella procura alle liti, ma è a mio avviso

inopportuna, tenuto conto che la conoscenza dei fatti cui fa riferimento

la norma non è una conoscenza “mediata” (qual è di necessità quella del

difensore), ma è una conoscenza immediata e diretta;

• La mancata conoscenza dei fatti da parte del procuratore speciale è

sanzionata, diversamente che nel processo ordinario, con conseguenze

di carattere economico ai fini della determinazione delle spese, ma –

ancora una volta – non può essere escluso il pregiudizio del giudice a

fronte di un procuratore speciale che non sia a conoscenza dei fatti.

Conclusivamente, dunque, mi pare che nell’individuazione in concreto della

persona da indicare quale procuratore speciale al fine di partecipare

all’interrogatorio libero e al tentativo di conciliazione sia da privilegiare

NOTA 2 GIUGNO 2009 - STUDIO DALMARTELLO ________________________________________________________________________________________________

23

l’indicazione di chi sia a diretta conoscenza diretta dei fatti di causa e

possibilmente sia in grado di dare risposte tecniche sui derivati.

Solo in tal caso, solo ove vi sia tale diretta conoscenza dei fatti, dunque,

potrebbe avere un senso affrontare il dispendio economico e logico che

comporta il trasferire un procuratore speciale da altra sede. Diversamente,

occorrerà in ogni caso tener conto al contempo della scarsa probabilità che il

giudice interroghi le parti prima di procedere al tentativo di conciliazione, e

tuttavia della estrema pericolosità dell’individuazione di un soggetto che non

sia in grado di fornire al giudice le risposte che viceversa egli pretenda.

avv. Paolo Dalmartello