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LA PARTITA INTELLETTUALE TRIMESTRALE - N. 56 - Dicembre 2013 - Spedizione in abb. post. 45% - Legge 27/02/2004 n. 46, art. 1, comma 1. Filiale di Modena - Tassa pagata - Euro 5,00 LA CITTÀ DEL SECONDO RINASCIMENTO LA CITTÀ DEL SECONDO RINASCIMENTO ALBERTI ALLESINA ARRABAL BAGNI BELLINI BETTI BORGHI CONTI COSTI CREDALI CUCUMAZZI DALLACASA DALLA VAL DAMIANO DELIZIA FRATI GUCCI GAMBUZZI GIANNELLI GIATTI GOTTI GUALTIERI LANDI MARGINI MASONII MAZZUCCHI MONTAGNANI MOSCATTI MUZZARELLI PERI PESAVENTO SAVOIA SPADAFORA TAGLIAVINI TOMMESANI USSIA ZAMBELLI ZANNI

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LA PARTITA INTELLETTUALE

TRIMESTRALE - N. 56 - Dicembre 2013 - Spedizione in abb. post. 45% - Legge 27/02/2004 n. 46, art. 1, comma 1.Filiale di Modena - Tassa pagata - Euro 5,00

LA CITTÀDEL SECONDO RINASCIMENTOLA CITTÀDEL SECONDO RINASCIMENTO

ALBERTIALLESINAARRABAL

BAGNIBELLINI

BETTIBORGHI

CONTICOSTI

CREDALICUCUMAZZIDALLACASA

DALLA VALDAMIANO

DELIZIAFRATI GUCCI

GAMBUZZIGIANNELLI

GIATTIGOTTI

GUALTIERILANDI

MARGINIMASONII

MAZZUCCHIMONTAGNANI

MOSCATTIMUZZARELLI

PERIPESAVENTO

SAVOIASPADAFORATAGLIAVINI

TOMMESANIUSSIA

ZAMBELLIZANNI

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Sergio Dalla ValFernando ArrabalCaterina GiannelliLaura Frati GucciCristina DallacasaDonatella BelliniArianna AlbertiIsabella GualtieriMarzia ZambelliOrnella CucumazziBruno ContiPaolo MoscattiGiorgio GiattiDino PesaventoCristiana TommesaniErmi BagniRiccardo DamianoAntonio GottiMaurizio LandiEros Masoni e Marco MontagnaniClaudio TagliaviniMario MazzucchiAlberto BorghiPalma CostiAnna SpadaforaUgo MarginiAlfredo PeriStefania ZanniStefano BettiAugusto GambuzziAnna AllesinaMarco SavoiaLino A. Credali e Gianluca UssiaFrancesco DeliziaGian Carlo Muzzarelli

La partita secondo l’occorrenzaLa poesia sta cambiando il mondoLa questione donnaLe donne, l’impresa, il socialeLa carta vincente delle donneLa città, la nostra casaFamiglia e lavoro possono convivereIl valore aggiunto della famiglia per l’impresaLa sicurezza è questione di salute, non di obblighiL’amore e la bella differenzaInvestiamo nel manufatturiero e nella meccanicaL’Italia è votata all’eccellenzaProdurre in Italia per innovare con la green economyLa famiglia, l’impresa, l’educazioneCome favorire le reti d’impresaPiacere Modena: grande successo in Costa RicaNasce l’oil olive butter dalle mandorle biologiche dei Fratelli DamianoLa bellezza della saluteLa bottega del gusto e della saluteDal mito di Gigi il gusto dell’ospitalità a ModenaLe novità per il rinnovo degli impianti della casaNuovi infissi a costo zero con TecnofinestraRicostruiamo l’Emilia come un’unica cittàCollaboriamo al secondo rinascimento dell’EmiliaRestituire l’Emilia come non è mai stataIl commercio, i servizi e il turismo per la vita dei centri storici colpitiQuale programma per ricostruire il patrimonioRestituire la qualità delle città e del paesaggioLa parola ai costruttoriBasta burocrazia passivaIncrementiamo il lavoro di squadraAnalizzare le criticità per ricostruire in qualitàI materiali compositi: innovazione emiliana dai risultati provatiRicostruire il patrimonio architettonico emilianoLa ricostruzione: una straordinaria partita

L A P A R T I T A I N T E L L E T T U A L E

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Questo giornale convoca intellettuali, scrittori, scienziati, psicanalisti, imprenditori sulle questioni nodali del nostro tempo epubblica gli esiti dei dibattiti a cui sono intervenuti in Emilia Romagna e altrove, per dare un apporto alla civiltà e al suo testo.

Registrazione del Tribunale di Bologna n. 7056 dell’8 novembre 2000TRIMESTRALE, SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALEArt. 2 - comma 20/B - Legge 23/12/96 n. 662Pubblicità inferiore al 45%, a cura dell’Associazione Il secondo rinascimentoIscrizione al Registro Nazionale della Stampa n. 11021 e al ROC n. 6173Numero cinquantasei. Stampato nel mese di dicembre 2013, presso Litosei Srl, via Gioacchino Rossini 10, 40067 Pianoro (BO).

EDITORE: Associazione Culturale Progetto Emilia RomagnaDIRETTORE RESPONSABILE: Sergio Dalla ValREDAZIONE E ABBONAMENTI:Bologna - via Galliera 62 - 40121, tel. 051 248787; fax 051 247243Modena - via Mascherella 23 - 41100, tel. e fax: 059 237697Sito Internet: wwwSito Internet: www.lacittaoline.com - www.lacittaoline.com - www.ilsecondorinascimento.it - [email protected] - [email protected] DI REDAZIONE:Agnese Agrizzi, Roberto F. da Celano, Ornella Cucumazzi, Caterina Giannelli, Carlo Marchetti, Luca Monterumici, MarcoMoscatti, Anna Maria Palazzolo, Vincenzo Pisani, Simone Serra, Anna Spadafora.EQUIPE ORGANIZZATIVA:Pierluigi Degliesposti, Silvia Pellegrino, Pasquale Petrocelli, Panteha Shafiei, Mirella Sturaro.

In copertina: Konstantin Rudakov, Una bella serata, 1925, china acquarellata su carta, cm. 20x30. Questa e le altre opere in questo nume-ro sono pubblicate per gentile concessione del Museum of the Second Renaissance, Villa San Carlo Borromeo, Milano Senago.

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Quando finirà questa crisi? Alla finedel 2014? A metà del 2015?

Intravediamo uno spiraglio? Ci sono icolpi di coda? Come ne usciremo?Abbandonando l’euro? Con questogoverno? Con le elezioni? Tra euforie edisforie, tra visioni e previsioni, questedomande popolano il luogo comune deimass media, che presentano la trasfor-mazione planetaria in corso intermini di polemiche e di pacifica-zioni, di scontri e di compromes-si, di fratture e di ricomposizioni.Chi vincerà? Quale schieramentoprevarrà? La partita che vienerappresentata è sempre tra due:falchi o colombe, destra o sinistra,economia o finanza, liberalismo ostatalismo. Una partita in cui,idealmente, c’è chi vince e c’è chiperde, come nella lotta di puroprestigio, che deciderà chi è servoe chi è padrone, secondo Hegel.Per Hegel la partita è una lottatra due, che ha come terzo, comeAltro, il signore assoluto che la governa:la morte.

La partita a due, la partita dell’unocontro uno toglie di mezzo il terzo,l’Altro insituabile, e lo rappresenta inun altro, nemico, ostile, pericoloso.Partita dialettica, conflittuale, scontrotra il bene e il male. Il dialogo non dissi-pa questa conflittualità, la costituisce,come dimostra Platone, per il quale ildialogo è una partita senza gioco e senzastoria: si sa già come va a finire, anzi, sisa già che va a finire, se l’interrogazionefonda la risposta. Vince sempre il bene.Con l’interrogazione chiusa, non c’èpartita.

Eppure, idealmente negata dalla spet-tacolarizzazione della crisi, una partitastraordinaria si scrive nel pianeta. Lapartita della parola, la partita che proce-de dall’apertura, dal due originario, manon è tra due, né è partita doppia, cioènon serve al principio della ragione suf-ficiente, secondo cui nulla accade senzache sia possibile spiegare, da chi cono-scerebbe sufficientemente le cose, perchésia così e non altrimenti.

Ma chi conosce in maniera sufficiente

le cose? Chi conosce le cose? Perchédovrebbero essere così e non altrimenti?La vittoria che proceda dall’apertura enon dall’esclusione, cioè dalla presuntasconfitta dell’Altro, non è la confermadel punto di partenza, del postulato dadimostrare, del principio di non con-traddizione. Il pianeta è nella parola,non è un reality show in cui la vittoria

procede per eliminazione, per cui occor-rerebbe stare dalla parte giusta, o sce-gliere il cavallo vincente. La partitadella parola, che non è il partito dellaparola, trae alla vittoria mai definitiva,perché la battaglia non è contro qualcu-no, è senza nemico. La vittoria non sioppone a che qualcosa sia in perdita(non perduta), e questa perdita è ineli-minabile dalla parola, non consente dieconomizzare e di finalizzare lo sforzo.Questa vittoria è una proprietà dellapartita, risponde a un’esigenza dellabattaglia senza alternativa, senza pola-rità. Così la conclusione, la riuscitapragmatica. In questa partita nongovernata dall’idea di morte, fare è bello,perché riesce, perché si conclude, perchési scrive. Secondo l’occorrenza, in dire-zione della qualità.

Le cose si concludono perché la parti-ta non si chiude, non espunge l’Altro, iltempo, la divisione. La divisione èespunta se è divisione dell’uno in due, seè tra due: se la divisione è tra due, èspartizione, uno è fatto fuori, è out.Abele, Remo: il fratricidio postula l’abo-lizione della divisione a vantaggio della

spartizione, che è la fine della partizio-ne, della partita. La partita poggia sulladivisione pragmatica, sul tempo cometaglio. Il pragma, il fare, la poesia.Dicendo, facendo, nessuna facoltà ditaglio, nessun controllo sul tempo, nes-suna esclusione del terzo. Facendo, nes-suno toglie nulla all’Altro, facendo s’in-staura l’Altro tempo, la politica deltempo: il tempo non interviene senza lafunzione di Altro, che dunque risultaindispensabile per l’industria, per lacittà, per il pianeta.

Il rinascimento della parola e la suaindustria sono la base di un pianeta chenon abbia bisogno di cercare la linea difrattura, di sostituire l’Altro tempo conla linea di frattura fra due cose, demo-

crazia e tirannia, occidente eislam, oppure fra tutti i paesi“occidentali” e la Cina o fra paesiricchi e paesi poveri. Scontro diciviltà? Rispetto della diversità?La frattura si produce se vengonocercate la ricomposizione o ladiversificazione. Nessun bisognodi ricomposizione, come sottoli-neano gli interventi al convegnoRestituire l’Emilia in qualitàqui pubblicati, nessun bisogno didiversificarsi, come provava ilconvegno Le donne del XXIsecolo, di cui riportiamo alcunicontributi.

La partita planetaria è senza finale,cioè non esclude l’Altro a vantaggio del-l’uno. Partita della differenza (oltre ladiversità) e della varietà (oltre la varia-bilità) instaurate dall’Altro tempo, dun-que partita sessuale, politica, diplomati-ca. Partita in cui ciascuno ignora le pro-prie forze, in cui l’intervento è secondol’occorrenza, non secondo la soggettivi-tà. Partita decisiva, partita della vita,partita della parola. Il fare è nella paro-la: questa la poesia. Il pianeta è dellaparola, salvo essere condannato a ognigenere di sostanze e schiacciato dal pesodelle mentalità, costretto a finire non acausa dell’esaurimento (termine psi-chiatrico) delle risorse, ma del venirmeno dell’industria, della scienza, del-l’intelligenza. La partita sessuale è lapartita intellettuale, partita senza fine,partita dell’instaurazione dell’infinito,in direzione del valore. Come enuncia inquesto numero Fernando Arrabal:“Dalle catacombe in cui viene relegata,la poesia ha cambiato e sta cambiando ilmondo”. Chi, facendo, si attiene all’oc-correnza non ha alternativa alla riusci-ta.

SERGIO DALLA VALpsicanalista, cifrematico, presidente dell’Associazione Culturale Progetto Emilia Romagna

LALA PPARARTITTITAA SECONDOSECONDOLL’OCCORRENZA’OCCORRENZA

Sergio Dalla Val

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Sono molto onorato di parteciparea questo Festival di Pordenone,

così prestigioso da essere conosciutoe apprezzato anche a Parigi tra imiei amici letterati e drammaturghi.Sono particolarmente lieto di esserevicino a San Vito al Tagliamento: hoconosciuto bene Pier Paolo Pasolinie sono felice di trovarmi inuna città di cui mi aveva par-lato più volte.

Ho conosciuto Pasolinimolti anni prima della realiz-zazione del mio film L’alberodi Guernica, che gli devemolto. In un certo momentodella sua vita, Pasolini scelseParigi, poiché aveva proble-mi in Italia, e da quelmomento in poi, oltre a cono-scerci, abbiamo avuto mododi frequentarci molto. In quelperiodo il direttore de “LeFigaro” chiese l’espulsione dientrambi, la mia e quella diPasolini: ci considerava unavergogna per la Francia. Matutto questo è successo quasimigliaia di anni fa, in tempiremoti, arcaici.

Ho realizzato solamentesette lungometraggi per ilcinema, tutti sconosciuti inItalia. Quelli meno sconosciuti sonoi primi tre, suppongo perché AlbertoMoravia dedicò loro parole troppolusinghiere, che forse non meritava-no. Mentre preparavo la realizzazio-ne del film L’albero di Guernica conMariangela Melato, ho visitatol’Italia in lungo e in largo cercando illuogo adatto, ma non ne trovavonessuno: l’Italia era troppo bella enon aveva niente a che fare con laSpagna, e in particolare con la cittàdi Guernica.

Un pomeriggio, in Piazza delPopolo a Roma, lo dissi a Pasolini elui mi consigliò di andare a Matera,che si è poi rivelata lo scenario idea-le. A partire da quel momento non

abbiamo avuto più occasione dirivederci, eppure il maggior premioletterario di cinema che viene conse-gnato a Parigi, dal sindaco dellacittà, si chiama Premio Pasolini.

Con il mio lavoro cinematograficoViva la Muerte, nel 1971 ho vinto l’ul-timo Premio Pasolini e per il sindaco

questo è stato il pretesto per farmiuna macabra battuta: “Se fossimorto tu al posto di Pasolini,Pasolini avrebbe vinto il PremioArrabal per il cinema”.

Penso che la letteratura come lapoesia abitino da sempre le cata-combe. Tant’è che la rivista statuni-tense “Time” non ha mai inserito unfilosofo, un drammaturgo, un saggi-sta, un romanziere, un poeta nelleliste delle cento persone più influen-ti al mondo. Niente di nuovo: è unacostante nella storia dell’umanità. È,per così dire, il nostro ruolo viverenelle catacombe, ma dalle catacom-be cambiamo il mondo. Possiamoaffermare che le cinque persone oggi

più importanti sono i cinqueTrascendenti Satrapi della Patafisica;è ovvio che, così come oggi il mate-matico Benoit Mandelbrot sta cam-biando la storia dell’Italia o dellaJugoslavia, ugualmente fu cambiatadai matematici del XIX secolo con lateoria degli insiemi. Facevo parte aParigi del gruppo dei QuattroAvatar della Modernità, di cui sonol’unico sopravvissuto, e la consideroun’ingiustizia perché ci sono moltepersone migliori di me, che avrebbe-ro potuto farne parte. Tuttavia quan-do i componenti del gruppoBourbaki, dell’avanguardia mate-matica e dell’avanguardia poetica,

teorizzano che due più duenon fa quattro, ed è evidenteche non è così, e sviluppanola teoria degli insiemi, imme-diatamente vengono creatidue insiemi assurdi, tre insie-mi: due assurdi e uno menoassurdo. I geopolitici nonconoscono nulla né della poe-sia né della matematica, tut-tavia dalle catacombe arrivaun profumo di avanguardia edi scienza e si creano dueinsiemi, tre insiemi: un insie-me, il più assurdo di tutti, èl’Italia. È impossibile imma-ginare che il Piemonte e laSicilia possano costituire lastessa nazione; è impensabileche il Vaticano e Veneziainsieme formino e integrinolo stesso paese, ma la teoriadegli insiemi viene applicatae il paese viene creato. Gli ita-liani non hanno nulla a che

fare con questo, si tratta di geopoliti-ca e di poesia. L’insieme viene crea-to con spirito unicamente matemati-co e con lo stesso sistema con cui èstata creata la Germania. La creazio-ne della Germania sembrava piùassurda della creazione dell’Italia,così come la creazione dellaJugoslavia, ossia l’unione degli slavidel sud. Tuttavia è passato più di unsecolo e di fronte alla teoria degliinsiemi dei nostri matematici prece-denti, si è sviluppata la teoria deifrattali il cui fondatore èMandelbrot. Benoit Mandelbrotpensa che il mondo debba esserefratturato, che gli oggetti debbanoessere fratturati, affinché sia possibi-

FERNANDO ARRABALdrammaturgo, poeta, inventore, con Beckett e Ionesco, del Teatro dell’Assurdo

LALA POESIAPOESIA STSTAA CAMBIANDOCAMBIANDOILIL MONDOMONDO

Fernando Arrabal

L’articolo di Fernando Arrabal è tratto dall’incontro ...E misero le manette ai fiori, nell’ambito di Pordenonelegge, in collaborazione conl’Associazione La cifra di Pordenone, 19 settembre 2013, Convento San Francesco, Pordenone.

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le conoscerne il valore. E, nonostan-te oggi né politici, né giornalisti, négeografi conoscano gli oggetti fratta-li di Mandelbrot e la poesia frattale,il mondo si frammenta ugualmente,viene frammentato. Per esempio,l’unione degli slavi del sud ha porta-to alla frammentazione dellaJugoslavia in Croazia, Serbia, Mon-tenegro e tutti gli altri paesi.

Quello che volevo dimostrare èche dalle catacombe la poesia hacambiato e sta cambiando il mondo.La poesia è semplice. Non dobbia-mo pensare, come alcuni poeti ame-ricani, che la poesia sia magica,visionaria. Poesia, lo sapete megliodi me, significa fare, solamente, fareun po’ meglio. Alcuni giornalihanno scritto che le avanguardie enoi Quattro Avatar della Modernitàeravamo fenomeni sorprendenti,provocatori: era assolutamente ilcontrario. Il movimento Dada, ilSurrealismo, il movimento Panico,la Patafisica, avevamo tutti la stessaidea: fare un po’ meglio. Il contattocon tutti loro, il contatto con TristanTzara, fondatore del Dadaismo, ilcontatto con André Breton, era tuttofuorché oscuro. Non volevo chefosse oscuro, non c’era motivo che lofosse. Vivendo un momento di rina-scita e sorgendo dalle catacombe, lapoesia, il teatro, la letteratura, ilcinema hanno una seconda possibi-lità per rinascere completamente.

Il capo redattore del “Time” fuinsultato durante uno dei miei viag-gi. Quando mi trovavo a Seul, inCorea, e parlai dell’elenco dellecento persone più influenti almondo, tutti urlarono e gridarono:“Che orrore gli americani! Abbassoil ‘Time’! Non esistono poeti perloro!”.

Eppure il capo redattore del“Time” è un uomo innamorato dellapoesia e sarebbe estremamente lietodi potere inserire tra i cento il nomedell’amico poeta Kundera, dell’ami-co Uelbek, dell’amico Dario Fo. Luivorrebbe farlo ed effettivamente hascelto una parola panica: questa listadelle cento persone più influenti almondo richiama l’attenzione perchéconferisce a qualcuno il titolo diinfluente. Quindi chiedo: qualcunodi voi può darmi la definizione dellaparola influente? Ovviamente nessu-no lo sa e, con mia grande sorpresa,nemmeno il capo redattore lo sa.

Magari conosce alcune mie poesie,ma non sa cosa voglia dire influente.Nemmeno io lo so, nessuno lo saperché è una parola panica.

Non dovete permettere che nessu-no attacchi e aggredisca la vostracultura perché abbiamo il diritto disapere, nessun poeta ha pensierioscuri, quale senso dell’oscurità!Abbiamo voluto raccontare la nostra

vita, i nostri fallimenti costanti, que-sta è la nostra poesia, e quandodiciamo la parola “influente” credia-mo di avere detto qualcosa, ma inrealtà non abbiamo detto nulla.Abbiamo rivolto un appello allaconfusione e se c’è qualcosa che ciunisce tutti è che siamo stati accusa-ti di essere provocatori e di amare laconfusione: che crimine!

Oltre che nelle librerie,i numeri arretrati e gli abbonamenti

si possono richiedere alla redazione di Bologna,via Galliera 62, tel. 051 248787

o tramite e-mail [email protected]

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L’esigenza di organizzare laseconda edizione del convegno

sulla “Questione donna” intesacome questione aperta, che non sipuò ridurre alla contrapposizionefra uomo e donna, è sorta dalla con-statazione che il XXI secolo si èannunciato come il secolo della tra-sformazione nei vari paesi e nei varisettori. La trasformazione in attoesige sempre più l’instaurazione dinuovi dispositivi nella famiglia, nel-l’impresa e nella politica.

Le ideologie del riscatto edella parità per un verso e delfemminilismo e del vittimismoper l’altro non bastano più perdefinire i modi e gli scenari incui le donne possono trovare laloro specificità, lungo un’inte-grazione che non divenga unifi-cazione o prevaricazione e oltrel’ideologia aristotelico-naturali-stica del genere. Mai come oggiè essenziale affrontare le que-stioni in modo globale senzanegare, anzi promuovendo ladifferenza e la varietà, evitandoche l’esigenza di nuovi valoriprepari l’insorgere di vecchi enuovi moralismi.

Già Freud aveva colto cheoccorreva esplorare la questionedonna lungo le galassie dellaparola, aveva colto cioè che ledonne aprono una breccia nel siste-ma sociale per un’esigenza di paro-la. Ma “le donne” non esistono inquanto categoria o genere. Maschilee femminile sono maschere, pertan-to non definiscono un’identità,un’appartenenza. Finora le donnesono state intese come segno dellamancanza rappresentata, ancorauna volta per farne una categoria acui attribuire una quota nel sistema.L’idea di sistema crea il cerchio, chein quanto tale è chiuso e sarebbeutile a stabilire chi sta fuori e chi stadentro ovvero prescrive la quota,ben caratterizzata dalle sue virtù esoprattutto dai suoi limiti. Lungo la

parola e il fare la quota ha la chancedi essere intesa come la quotazione,un’istanza della quantità non ordi-nale in direzione della qualità.

Una donna dunque non fa siste-ma, salvo quando ne fa la parodiainscenando l’invidia sociale, l’invi-dia per l’altra donna. Nella vicendadi ciascun paese, oggi più che mai, isistemi eretti contro la differenzanon tengono più proprio grazie alledonne, come indica il caso della gio-vane vincitrice del Premio Sacharov,

Malala Yousafzai. La “questionedonna” si può intendere allora comequestione dell’itinerario artistico edel percorso culturale che giungonoal valore assoluto, mettendo in giocoil capitale intellettuale di ciascuno.Intellettuale, ovvero la questionedonna sottolinea una funzione didissidenza strutturale, che procededalla questione aperta, dal corpo edalla scena della parola, in cui ilcorpo non è mai rappresentabilecome completo o identico a sé e lascena non è più la scena del reato. Ladonna tutta, la donna completa,secondo l’ideale maschile materno,non esiste. Se le donne non esistono

come categoria, nemmeno è possibi-le rappresentare “La” donna. “Una”donna mette invece in rilievo la par-zialità, la parte. Una donna può gio-care la sua parte, non a caso nellafamiglia come nel lavoro non èsuper partes e non si attiene al mini-mo sufficiente. Una donna entranella partita intellettuale. La que-stione donna è la questione dell’iti-nerario intellettuale, del viaggioverso la cifra, della combinazionefra elementi differenti e vari, è laquestione stessa dell’impresa.Questo ho colto nell’esperienza chemi ha portato a intendere che cultu-ra e impresa sono facce della stessamedaglia e non opposti inconciliabi-li. Contro la questione donna, controla questione intellettuale che proce-

de per integrazione, si opponel’idealità, tipica della logicaburocratica e non di quella prag-matica dell’impresa e della cultu-ra. L’idealità è sempre debitricedi un’idea unitaria, sulla pauradella novità. Quanta tolleranzaoccorre per fare impresa, quantaaccoglienza e ospitalità, e quantaumiltà dinanzi a ciascun interlo-cutore, che racconta del viaggioin cui si trova.

La donna del XXI secolo, comeciascuno che si trovi in un dispo-sitivo intellettuale, non può farea meno dell’Altro e occorre chetrovi il suo statuto nella parola,oggi più che mai, perché ciascu-na cosa non faccia sistema, maentri nella partita dell’invenzio-ne e dell’arte, della cultura edella tecnica. L’Altro non puòpiù essere il terzo escluso, l’im-

presa e la città non possono più esse-re arginate, sul pregiudizio che attri-buisce il negativo a chi non accetta ilconformismo, a chi si trova in unadissidenza strutturale essenziale perintraprendere un percorso culturalee un cammino artistico, a chi scom-mette ancora sull’impresa, che nonteme la differenza e impedisce illivellamento dei talenti come deiprofitti. Senza la questione donnanon s’instaura la città moderna.Ecco perché il XXI secolo si annun-cia come il secolo che rilancia la cul-tura, l’arte e l’invenzione come modinon sostanziali per la costruzionedella città del secondo rinascimento.

CATERINA GIANNELLIbrainworker, presidente dell’Istituto culturale “Centro Industria”

LALA QUESTIONE DONNAQUESTIONE DONNA

Gli articoli di Caterina Giannelli e Laura Frati Gucci sono tratti dagli interventi al convegno La donna nel XXI secolo. Nuove dinami-che culturali, organizzato dal Lions Club Bologna Archiginnasio, 12 ottobre 2013, Sala dello Stabat Mater, Palazzo Archiginnasio, Bologna.

Caterina Giannelli

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Èriduttivo e bizzarro parlare digonne o pantaloni per affrontare

le nuove dinamiche culturali cheinteressano la donna del XXI secolo:l’abbigliamento rispecchia la culturadel paese in cui si nasce o si vive, eciascuno lo adatta a suo modo.Alcune nostre socie di FCEM(Femmes Chefs d’Entreprises Mon-diales) vestono in nero, lasciandoscoperti soltanto gli occhi, comela loro cultura e le loro tradizioniimpongono. In tutto il mondoarabo la donna veste in lungo,con la testa coperta o scoperta.Lascerei, quindi, da parte l’abbi-gliamento, così come le quoterosa, un argomento di cui si èdiscusso già abbastanza: le quoterosa sono state necessarie in tuttaEuropa, non soltanto in Italia. Ingenerale, lascerei da parte quelche è stato fatto, perché troppospesso si continua a parlare delpassato, trascurando il futuro. Èvenuto, invece, il momento dichiedersi cosa abbiamo intenzio-ne di fare. E la risposta è sempli-ce: dare opportunità.

Le donne che lavorano, dal-l’impiegata all’operaia alladonna manager, vogliono conse-gnare alle generazioni future unmondo diverso, un mondo migliore,un mondo che consenta alle donnedi lavorare come vogliono, comesanno, nel settore in cui possonoesprimere al meglio le proprie com-petenze, senza dovere rinunciarealla cura della propria famiglia. Pernoi donne è un onore servire la fami-glia di origine, pur lavorando quin-dici ore al giorno. È un grande onoreoccuparci della cura dei nostri figli.

Nel contesto culturale della nostraAssociazione, troviamo donne chehanno avuto la fortuna di nascere inuna famiglia di imprenditori e digestire la loro impresa, senza maidimenticare di condividere questafortuna con altri, soprattutto attra-verso una progettazione che possaapportare miglioramenti.

Mi preme sottolineare come l’at-

tenzione della donna non sia direttasolo verso la propria famiglia, maanche verso le famiglie dei lavorato-ri. In una stagione così arida e triste,in cui i problemi economici sonoall’ordine del giorno, risultano estre-mamente positive le immagini didonne che fanno imprenditoria noncon l’unico scopo del profitto, maanche con la convinzione di poter

contribuire alla qualità di vita dellefamiglie dei propri collaboratori. Seè vero che la crisi attuale può essereassimilabile parzialmente alla crisidel ’29, credo che stiamo vivendo unrinascimento, e mai come oggi ènecessario scommettere sulle eccel-lenze delle nostre competenze.

Nei miei numerosi viaggi in varipaesi del mondo, in ciascuna azien-da ho sempre incontrato un capore-parto che viene dal nostro paese: inItalia, abbiamo maestranze moltoqualificate e dobbiamo ritrovare laforza, l’energia e la volontà d’inve-stire di nuovo nel nostro paese, per-ché è divenuto fin troppo facile con-tinuare a delocalizzare, lasciando acasa nostra soltanto il terziario.

Ricordiamoci che in Italia il 98 percento delle imprese hanno meno di

venti addetti: non siamo laGermania e non siamo la Francia.

In questo momento, stiamo por-tando avanti un progetto moltoimportante per offrire un’esperienzadi formazione internazionale aragazze che operano nel mondodella tecnologia, cercando di valo-rizzare al massimo il plurilingui-smo: le ragazze che parlano due otre lingue, avranno l’opportunità diformarsi, lavorando in aziende dinostre associate che operano in altripaesi.

Credo molto nella progettualità enella promozione dell’imprenditoriafemminile anche in paesi in via disviluppo, in cui le donne possono

portare miglioramenti non sol-tanto alla propria famiglia, maanche all’economia in generale.

Come FCEM siamo presentiin tutti i paesi dell’Africa etengo a ricordare che la mia pre-sidenza in questa importanteassociazione mondiale, che esi-ste da più di sessant’anni, è suc-cessiva alla presidenza di unadonna camerunense, che sta tor-nando a fare per la terza volta ilsindaco di Douala, la città eco-nomica più importante delCamerun. Questa donna, Fran-çoise Foning, ci ha insegnatoche l’uso del cervello – “La miapelle è nera, ma il mio cervello ègrigio come il vostro”, ha sotto-lineato – la capacità di pensieroe la capacità di sviluppo sonolegate indissolubilmente al-

l’umiltà e all’altruismo: è emozio-nante sapere che un’imprenditricecosì potente in Africa, con moltiruoli istituzionali, venga chiamata“mamma” e, mentre cammina,venga calorosamente seguita daipassanti ai quali dona tutto ciò cheha.

Nel proprio piccolo, ciascuno dinoi può fare tanto. È necessarioprendere esempio da continentinuovi come l’Africa, ricca di donneoperose e di grandi opportunità, eincominciare a ragionare in modoglobale, strategico e operativo.

Credo che dobbiamo smettere diparlare di ciò che è stato e proiettar-ci in avanti, verso il futuro, ciascunocon le proprie energie, con le propriecapacità, nella sua giornata, perchégoccia dopo goccia si riempie ilmare.

LAURA FRATI GUCCIpresidente mondiale di FCEM-Femmes Chefs d’Entreprises Mondiales

LE DONNE, LLE DONNE, L’IMPRESA,’IMPRESA,ILIL SOCIALESOCIALE

Laura Frati Gucci

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Da oltre cinquant’anni, CostruzioniDallacasa progetta e costruisce caseattenendosi a criteri di qualità, spessoinnovando i tradizionali ambiti d’inter-vento nel settore edilizio. La conduzionediretta del cantiere, la consulenza archi-tettonica nelle personalizzazioni che ilcliente richiede, anche quella finanzia-ria, per valutare gli strumenti più ido-nei all’acquisto sono solo alcuni deglielementi che fanno dell’azienda un sicu-ro punto di riferimento, tanto daregistrare il record di vendite in unsettore, come quello edilizio, chepure oggi sta attraversando cambia-menti epocali…

Era il 1959 quando mio padre,Enrico Dallacasa, fondò l’omoni-ma azienda di costruzioni e cer-tamente non avrebbe mai imma-ginato che l’unica figlia femmi-na, per di più laureata in econo-mia e commercio, potesse garan-tire un futuro solido all’azienda,proseguendone la tradizione.Dopo la laurea, infatti, ho avvia-to la collaborazione con uno stu-dio professionale di consulenza,occupandomi di riorganizzazio-ne aziendale e marketing strate-gico. Nel 1992, il mercato dellaconsulenza è però entrato incrisi e, poco dopo la nascita delmio primo figlio, ho deciso di entra-re nell’azienda di famiglia. Ho inco-minciato prima curando gli aspettiamministrativi e poi il settore com-merciale finché, nel 1994, mio padreè stato ricoverato in ospedale per untrapianto. Dalla sera alla mattina,letteralmente, mi sono trovata, perla prima volta, a prendere da soladecisioni determinanti per l’azien-da, che a quel punto esigeva di esse-re seguita in modo globale, parten-do proprio dall’ambito in cui avevomeno competenze, il cantiere. Legiornate erano un susseguirsi d’in-contri con capimastri e carpentieri,ma soprattutto con mio padre, concui per sei mesi mi sono confrontatasu ciascun dettaglio. La mattina pre-

sto andavo in cantiere e filmavo lostato dei lavori, quindi raggiungevomio padre in ospedale e commenta-vamo insieme il filmato; tornavo incantiere e davo le ultime disposizio-ni; poi, l’appuntamento era con l’uf-ficio, in cui ordinavo acquisti e ven-dite e controllavo gli aspetti ammi-nistrativi e quelli burocratici.Quando mio padre fu dimesso, pur-troppo con un trapianto che aveva

dato esito negativo, io avevo avviatouno fra i cantieri più complessi darealizzare, vendendo già i due terzidegli appartamenti che erano incostruzione; avevo in corso, inoltre,una trattativa per l’acquisto di unnuovo lotto di terra. L’azienda stavaandando bene e per mio padre fuuna bella sorpresa. Ricordo che,quando stava per rientrare in ospe-dale, gli chiesi con una certa appren-sione se dovevo dare inizio ai lavoridi un altro cantiere, e lui mi risposeche non capiva dove fosse il proble-ma, dandomi così grande fiducia. Inquel momento mio padre intese conuna segreta soddisfazione chel’azienda poteva proseguire l’attivi-

tà. Intanto, io crescevo professional-

mente di pari passo con l’espansionedell’impresa e non ero disposta afare passi indietro, volevo fare di piùe meglio. Nel 1996 è arrivata laseconda figlia, che da subito ho por-tato con me in ufficio e nei cantieri,facendo la mamma e dirigendo difatto l’azienda. Dal 1994 fino al 2005,insieme con mio padre ho fatto unbellissimo percorso, in cui ciascungiorno io facevo un passo avanti elui uno indietro, mentre avveniva difatto un passaggio di consegne cheanni dopo ho capito essere stato per-fetto. Lui seguiva i cantieri, cheerano la sua vita, fino a quando nonè entrato nuovamente in ospedale,da dove purtroppo non è più uscito.Negli anni successivi, ciascun gior-

no ero in cantiere alle sette dimattina perché volevo monito-rare tutti gli aspetti del lavoro.Mi è mancata la sua pacca sullaspalla, anche se non mi mancavail sostegno di mio marito che miaffiancava in azienda. Mi sonotrovata spesso a decidere senzail confronto con quel padre cheera diventato una figura cari-smatica non solo per me, maanche per i nostri collaboratori.Solo nel 2008 ho incominciato agodere di tanti sacrifici, fino aquando è arrivata la crisi e horicominciato con i ritmi freneticie con lo studio di nuovi disposi-tivi per la riuscita dell’azienda.

Nei momenti di crisi, lei ha inter-pellato ciascuno degli interlocutoridell’azienda. Perché è partita pro-prio da questo aspetto in un settore

in cui sembra prevalere la tecnica sul-l’ascolto?

Quando sono entrata nel mioprimo cantiere, non avevo compe-tenze tecniche, l’unica cosa che pote-vo fare era parlare con chi ne avevae ascoltare con attenzione. Dovevopartire dal carpentiere e trasporresul piano organizzativo le sue pre-ziose indicazioni; dopo la morte dimio padre, mi accorsi che era impor-tante capire anche quanto questoinfluiva sui collaboratori. Era fonda-mentale per me sapere come e doveintervenire, occorreva parlare conciascuno. Solo attraverso l’ascolto el’analisi di ciò che avviene è possibi-le capire come intervenire e in qualedirezione.

CRISTINA DALLACASApresidente di Costruzioni Dallacasa Spa,membro del Consiglio di Presidenza Ance Bologna-Collegio Costruttori Edili

LALA CARCARTTAA VINCENTEVINCENTEDELLE DONNEDELLE DONNE

Cristina Dallacasa

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Questa regola è essenziale ancherispetto alla casa. La casa, infatti, èun prodotto molto complesso, per-ché è l’integrazione di diverse mate-rie prime, quindi è giusto che vengavalutata sul piano tecnico, ma èanche il luogo dove si sceglierà divivere, è il porto sicuro della giorna-ta. La scelta che si fa è frutto di unavalutazione che tiene conto di aspet-ti sia razionali sia, soprattutto, emo-tivi, quindi, anche in questo casol’ascolto è fondamentale. Quando inostri agenti commerciali incontra-no gli eventuali acquirenti, la primacosa che fanno è l’intervista. Èimportante che chi compra abbiaben chiaro come vuole vivere e sel’abitazione accoglierà bambini piut-tosto che anziani, per esempio.

In questi ultimi anni, le esigenze deiconsumatori stanno cambiando. Qualisono gli scenari che si profilano?

Credo che stiamo vivendo in unafase ricca di grandi opportunità.Negli anni precedenti alla crisi,l’edilizia attraversava un momentomolto positivo, complice prevalen-temente un sistema creditizio cheaveva drogato il mercato. Le banchea quell’epoca finanziavano l’acqui-sto fino al centoventi per cento delvalore della casa, pertanto, anchel’utenza che in altri momenti nonavrebbe potuto permettersi l’acqui-sto aveva facile accesso ai mutui.Oggi, assistiamo a un passaggioepocale nel concetto di casa, chetorna al centro della vita delle perso-ne. Anche i programmi televisivi sisvolgono in contesti che rappresen-tano la casa, dove spesso è la cucinaprotagonista perché simbolo di unadimensione conviviale. Inoltre, lacasa non si progetta e non si scegliepiù solo tenendo conto del numerodi camere che occorrono, perché è inquestione il modo in cui si vivrà equesto incide necessariamente sullostile degli appartamenti, sulla lorodimensione e sull’arredamento. Senell’epoca pre-crisi occorreva realiz-zare appartamenti con tanti vani inpochi metri, oggi è richiesto ancheun soggiorno confortevole in cuiricevere gli amici e le finiture diven-tano più importanti. Non a caso, inciascun cantiere, predisponiamo unappartamento già rifinito e arredato,persino con il profumo più adatto econ il tavolo da pranzo pronto comese fosse l’ora della prima colazione,

preparando la casa per accoglierechi andrà ad abitarla. Questo allesti-mento incide molto sulle vendite.

Che cosa è cambiato nel rapporto degliitaliani con la casa?

L’idea di comprare casa spessosignifica l’inizio di un progetto divita in comune, dà un senso di soli-dità diverso dal caso dell’apparta-mento in affitto, spesso inteso comeuno sperpero di denaro. Pertanto,quando l’utente non è nelle condi-zioni economiche di accedere a unmutuo, utilizziamo lo strumentodella locazione con futura vendita,che gli consente per tre anni dientrare nella casa che ha scelto,pagando un canone che costituisceun acconto sul futuro acquisto.Decorso questo termine, si stipula ilcontratto di mutuo per l’acquistovero e proprio. Questa modalitàindica quanto sia intenso il legamedell’italiano con la casa di proprietà.

Quanto ha inciso nella strategia del-l’azienda l’intervento di una donna?

Un aspetto vincente è il fatto cheuna donna che gestisce famiglia eazienda si trovi ciascun giorno adaffrontare problematiche diverse,sapendo che occorre intervenireascoltando e ingegnandosi. Questogiova all’invenzione di nuovi dispo-sitivi. Nell’attuale periodo di crisi, èla carta vincente che consente alledonne di intendere il cambiamentocome un’opportunità, senza aspetta-re che arrivino tempi migliori. Ladonna, tendenzialmente, è interven-tista e non attendista.

Da alcuni anni lei è l’unica donna nelconsiglio di presidenza del CollegioCostruttori Edili di Bologna. Cosasignifica oggi essere impegnati anchesul versante associativo?

Sono stato membro della Com-missione dei “Saggi” di Ance Bo-logna e la prima cosa che abbiamofatto quando occorreva eleggere ilnuovo presidente è stata quella diascoltare tutti gli associati. È stataun’esperienza bellissima, anche percapire come vivevano la crisi e cosachiedevano. Compito specifico dellanostra Associazione è dare rilievoall’interesse del nostro settore, adesempio, nel sistema bancario.L’accesso al credito infatti è troppospesso condizionato dalle direttive anoi pregiudizievoli della Bancad’Italia, fermo restando che ciascunaazienda deve lavorare il più possibi-

le con propri capitali e formare gliimprenditori a un approccio piùcommerciale. Le problematiche dicarattere creditizio e fiscale disin-centivano l’acquisto della casa,ripercuotendosi nel mercato dellevendite. Se vogliamo che ripartal’economia del paese, dobbiamorilanciare un settore trainante comel’edilizia.

Quali sono i progetti di CristinaDallacasa per il futuro?

Nell’azienda è in corso un profon-do cambiamento per diversi aspetti.Prima di tutto, per ciò che riguardail prodotto, nel senso che bisognaintercettare il cambiamento cultura-le che è in atto da parte dell’utente.Inoltre, occorre un passaggio ulte-riore sul piano delle vendite: dob-biamo curare non solo il marketing,ma anche l’offerta di un nuovomodo d’intendere la casa. Un altroaspetto si gioca sul piano produtti-vo: nel nostro caso, abbiamo mante-nuto salda la tradizione di famiglia,cercando di non subappaltare, magestendo in modo diretto i vari can-tieri. Nel momento del grande boomdell’edilizia, molte aziende concor-renti non avevano propri operai,tendendo a subappaltare, perché erafondamentale costruire velocemen-te. Oggi serve costruire in qualità equindi è opportuno tornare a realiz-zare ciascun aspetto del progetto alproprio interno. Questo, mi ha con-sentito di non licenziare la manodo-pera e di proseguire il lavoro neicantieri.

Il marketing del settore si trova inuna grande trasformazione, nonsolo per la nuova rete di contatti chefavorisce il web, ma anche perchédiventa sempre più importantescommettere sugli aspetti culturalidell’azienda. Recentemente, hoorganizzato due mostre di quadri inalcuni nostri cantieri, inserendo unquadro per ciascun appartamento,così chi ammirava l’opera era porta-to a visitare l’appartamento. L’arte èentrata così nel cantiere, ma questa èsolo una delle modalità che consen-tono di vivere la casa in modonuovo. La trasformazione in atto vaoltre la crisi e favorisce la sperimen-tazione di nuove iniziative che met-tono al centro valori determinanticome la qualità della vita che la casapuò offrire. Credo che questa sia lastrada giusta per il cambiamento.

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Con più di sessant’anni anni di attivi-tà nell’impresa e nel commercio, leiattualmente è presidente del GruppoTerziario Donna e vice presidente diAscom Confcommercio Bologna. Comeincomincia la sua avventura di impren-ditrice?

“Avventura” è il termine giusto:pur venendo da una famiglia di cal-zaturieri, avevo iniziato l’attivitàlavorativa come commercialista.Tuttavia, dopo quindici anni di pro-fessione – in seguito a un incidenteaccaduto a mia sorella, che mi feceriflettere sulla vita –, decisi di segui-re la tradizione di famiglia.Desideravo stare con la gente espendermi per gli altri, così homesso a frutto la creatività cheavevo ereditato da mio nonno eda mio padre.

In che modo si possono aiutare glialtri esercitando l’arte del commer-cio? Di solito si pensa il contrario...

Mia nonna aprì il primo nego-zio di calzature in Piazza diPorta Sant’Isaia, nel 1946. Suomarito e il marito di sua sorellaavevano fondato un’impresa dicalzature di altissimo livello, laGirotti Bellini. In uno dei dueattuali negozi c’è ancora un qua-dro dei primi del Novecento,che ritrae un modello di calzatu-ra pregiata prodotta dalla ditta.Mia nonna era molto stimataperché viveva il commerciocome un servizio. Per lei non sitrattava solo di vendere scarpe, madi consigliare i clienti sul prodotto diqualità che meglio rispondesse allaloro esigenza di stare bene. L’attivitàdel commerciante non si riduce allavendita, spesso è un sicuro riferi-mento anche per i passanti, pronto afornire aiuto a chi ne ha bisogno e aprendersi cura di ciò che è oltre lavetrina, a partire dal marciapiede,dalla strada e dai muri adiacenti,sebbene rappresentino un ulteriorecosto in momenti difficili come que-sto. Purtroppo, dobbiamo anche farei conti con chi imbratta i muri diquesta meravigliosa città.

Attualmente si sta occupando di unprogetto che mira a ripristinare la bel-

lezza del portico di Sant’Isaia. Ci puòaccennare qualcosa?

L’intento è quello di restituire allasua originaria bellezza il centro sto-rico, dove da piccola passeggiavocon mia nonna. Bologna era unacittà meravigliosa, che oggi attraver-sa una fase di grande degrado. Perquesto ho incominciato a distribuirein tutti i negozi di via Sant’Isaia unalocandina dal titolo Il portico dell’edu-cazione, che fa riferimento allenorme di base della vita civile. Iragazzi che imbrattano i portici diBologna nascondono un disagiointeriore, che spesso deriva dalle

famiglie, per questo è importanteche il messaggio raggiunga anch’es-se. Fortunatamente, altri ragazzi,più bravi, ci aiutano a ripulire i muriimbrattati dai loro coetanei. Pensospesso a cosa direbbe mia nonna sevedesse com’è ridotta la città.Cominciamo a pulirla e a metterla inordine, coinvolgendo tutti. Può sem-brare banale ma la salute di Bolognaincomincia proprio da qui.

Da sempre, le donne sono attente allacura del dettaglio, che lei ha la possibili-tà di cogliere da statuti differenti, comeimprenditrice e come madre…

La natura predispone la donna adivenire madre, alcune decidono di

diventarlo e altre no, ma tale pro-pensione mette in risalto l’esigenzadi cura insita nella loro struttura,che può essere valorizzata nell’edu-cazione. Nel mio caso, devo moltoalle mie due nonne, una imprendi-trice e l’altra casalinga. Credo cheentrambe abbiano avuto una grandeinfluenza nella mia formazione.Sono un’imprenditrice, ma sonomolto attenta alla cura della miacasa come della mia città. Il mioscopo principale, anche nell’ambitodell’impegno associativo, è di rimet-tere in ordine questa città come sefosse la mia casa. Se ciascuno consi-derasse la città come la propria casa,i risultati sarebbero straordinari.Quando una casa è pulita e in ordi-ne è più accogliente e pronta a rice-vere gli ospiti.

Che cosa comporta per lei l’impegnoassociativo?

Come presidente del GruppoTerziario Donna ho organizzatola seconda edizione di un corsodi formazione sulla leadershipfemminile, affinché le donneimparino a dirigere l’attivitàsenza perdere la propria femmi-nilità. Spesso, la donna che è lea-der nel suo settore crede didovere adottare un’aggressivitàtipicamente maschile, contri-buendo alla contrapposizionecon l’uomo, al fianco del qualeinvece le donne possono faregrandi cose. Sono l’unica donnanel direttivo di Ascom e spessomi capita di lavorare con uomi-ni. La mia esperienza personaleè assolutamente positiva e carat-terizzata dalla stima reciproca,dalla serietà e dall’assenza di

prevaricazione, e credo di essererispettata proprio perché valorizzole differenze.

Lo stesso approccio dovrebbevalere per l’amministrazione dellacittà e per far tornare Bologna al suoantico splendore, evitando le con-trapposizioni. Ascom ha cura di farcomprendere alle amministrazionidei vari settori della città quantopossa essere prezioso l’apporto deicommercianti, soprattutto se sonoascoltati nelle loro istanze, anchequando l’attuale Amministrazionenon è consapevole del danno econo-mico per la città che stanno causan-do i provvedimenti per la mobilità,come nel caso dei T-days e della Ztl.

DONATELLA BELLINIpresidente del Gruppo Terziario Donna e vice presidente di Confcommercio Bologna

LALA CITTÀ, LACITTÀ, LA NOSTRANOSTRA CASACASA

Donatella Bellini

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Da oltre dieci anni nel settore audio-protesico, lei ha voluto dotare il centroAudiologika delle strumentazioni piùall’avanguardia, fin dall’inizio dell’atti-vità. Come si è accostata a questo setto-re e quali sono le innovazioni degli ulti-mi anni?

Nel 2000, nonostante abbia sco-perto il mondo dell’audioprotesicain modo piuttosto casuale, mi sonoimpegnata in questo settore per gliaspetti tecnologico-sanitari e iloro riflessi sulla qualità dellavita delle persone. La maggiorparte degli utenti del centro hasuperato i 65 anni e si confrontacon la presbiacusia, un calo fisio-logico proprio dell’età che, con imoderni presidi medici, puòessere recuperata con successonel maggior numero di casi. Mauna significativa parte dell’uten-za è costituita da persone giovaniche per patologie o traumi speci-fici manifestano cali dell’udito.L’approccio ai due distinti tipi dipazienti è differente. Mentre l’an-ziano giustifica e accetta di buongrado l’applicazione della protesiacustica, considerandola al paridella presbiopia, il giovane vivein maniera più acuta il problemaestetico, anche in virtù dei contat-ti quotidiani che mantiene nel-l’ambito lavorativo. Dobbiamoconsiderare che la sordità, perquanto sia un indiscutibile handi-cap, a differenza di altre patologiecome la cecità o le difficoltà motorie,che provocano reazioni positive nelprossimo, non è visibile e non vienegeneralmente percepita da terzi perciò che è in realtà.

Negli ultimi anni, l’eccezionaleminiaturizzazione degli apparecchiacustici e l’incredibile aumento delleloro performance consentono, afronte di una quasi totale dissimula-zione del presidio, una serie di colle-gamenti bluetooth con il televisore eil telefono cellulare, evitando l’usodelle cuffie o degli auricolariaggiuntivi. Sempre in bluetooth, èpossibile il collegamento con micro-

foni che facilitano la partecipazionea meeting o riunioni di lavoro.

La formazione dell’audioprotesistaprevede un percorso di studi specifico?

È una formazione universitariaobbligatoria, che si conclude con unesame di abilitazione professionale.Nel mio caso, avendo ripreso glistudi universitari in età adulta, dopoessermi sposata, mi sono impegnatacon una maggiore consapevolezza,

ottenendo così i migliori risultatiauspicabili. Mi sono laureata aBologna con lode, anche grazie auno straordinario corpo docente chemi ha seguito attentamente per tuttoil percorso. Ho poi fatto pratica inospedali pubblici, cliniche e ambula-tori privati e, in seguito, ho collabo-rato con diverse realtà audioprotesi-che locali e internazionali. Ho matu-rato così la convinzione che ci fossespazio per proporre un approcciodiverso da quello strettamente com-merciale che avevo sperimentato.Per questo ho investito in Audio-logika: nel mio centro l’utente è unapersona, non solo un cliente, e que-sta differenza è percepita e apprez-

zata. Le persone hanno storie inte-ressanti, che ascolto con attenzione,per capire come viene vissuta lapatologia. Spesso accade che, dopo icontrolli e la protesizzazione, ipazienti tornino per salutarmi, perportare fiori, piccoli doni o per pre-sentarmi i loro familiari. Credo chemi sentano al loro fianco e questo èil quid in più che nelle aziende in cuiho lavorato non ho e non hanno tro-vato. La mia strategia non puntasulle offerte commerciali, ma sullaprofessionalità e l’attenzione alleesigenze dei singoli.

Considerando che il settore è semprestato prevalentemente a conduzionemaschile, ha trovato difficoltà in questosenso?

In questo settore si manifesta-no le stesse difficoltà riscontrabi-li in molti altri. Senza volermiunire al coro fin troppo numero-so di donne deluse nelle proprieaspirazioni da una società ancoraprofondamente maschilista, vo-glio sottolineare che l’impegno,se c’è, premia ciascuno, anche ilcosiddetto sesso debole. Spessooccorre mostrare una preparazio-ne eccellente più di quanto nonsia richiesto ai rappresentantidell’altro genere e mettersi ingioco comporta scelte non sem-pre facili. La gestione di un’atti-vità esige impegno e dedizione eva combinata con le esigenzedella famiglia, cui non ho certoabdicato. Sono madre di tre figlie per una parte della mia vita hodedicato a essi molto del miotempo; poi, quando sono matu-rate le condizioni necessarie, horipreso e concluso gli studi e mi

sono lanciata nell’attività professio-nale. Certo oggi, necessariamente,prediligo la qualità alla quantità deltempo dedicato alla famiglia, ma ifigli sono cresciuti e credo di dareloro un esempio, che ritengo educa-tivo, di impegno extra-familiare, perprovare che famiglia e lavoro posso-no convivere e che anche una donnapuò trovare la propria strada, senzaessere prima “figlia di”, poi “mogliedi” e infine “madre di”.

Questo è il messaggio che vorreidare alle donne, affinché non assu-mano eventuali sensi di colpa versola famiglia, che inizialmente posso-no derivare dalla paura di mettersiin gioco.

ARIANNA ALBERTIresponsabile del Centro Audioprotesico Audiologika, Bologna

FFAMIGLIAAMIGLIA E LAE LAVOROVOROPOSSONO CONVIVEREPOSSONO CONVIVERE

Arianna Alberti

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Mai come nel caso Isabella GualtieriSrl, la famiglia e l’impresa hanno trova-to un’integrazione interessante, perchénel corso degli anni sono entrate a farparte dell’organizzazione della societàda lei fondata le sue due figlie, Patrizia eCristina. Qual è il valore aggiunto diquesta integrazione nella vostra espe-rienza?

Per me comporta una sicurezza inpiù poter contare sul contributo didue persone della mia famiglia, oltreche su quello delle miecollaboratrici: le figlie pos-sono assumere pressochéla stessa responsabilitàche ho io e quindi sosti-tuirmi a tutti gli effetti e apieno titolo, quando perdiversi motivi non possoessere presente in azien-da. Se si aggiunge cheormai hanno il controllototale della sala macchine,pur continuando a for-marsi, man mano chedevono acquisire nuoveprocedure, e seguendo iclienti in prima persona, èchiaro quanto siano diaiuto nella gestione e nelladirezione dell’impresa,che prima era completa-mente a mio carico.Attualmente, io mi occu-po degli aspetti ammini-strativi e delego a lorotutti gli altri compiti, che svolgonoegregiamente.

Ma ci sono anche vantaggi per lafamiglia, quando si lavora nella stes-sa impresa: in un’azienda come lanostra, costituita interamente dadonne, nel periodo in cui i figli sonoancora piccoli, si possono gestiremolto meglio le assenze dal lavoro,alternandoci all’occorrenza, sosti-tuendoci a vicenda e lavorando dacasa quando è possibile, anzichéprendere permessi per giorni o setti-mane, come sono costrette a fare lecollaboratrici quando non riescono atrovare qualcuno che possa occupar-si dei loro figli nelle emergenze.

Soprattutto in periodi in cui dobbia-mo portare a termine una granquantità di commesse, l’assenza diuna persona per più di un giornoproduce un disagio che si fa sentirenel lavoro di tutte le altre.

La vostra attività di registrazione datitocca indistintamente tutti i settori: daltessile al meccanico, dagli enti pubbliciagli artigiani. Ci sono settori in cuiavete constatato maggiori difficoltàrispetto ad altri in questi ultimi anni e

in che modo questo ha avuto un’inciden-za nella vostra attività?

Certamente in questi anni di crisile aziende non sono state risparmia-te, indipendentemente dal settore diappartenenza. Il nostro lavoro però,paradossalmente, è aumentato eabbiamo dovuto assumere nuovopersonale per far fronte, per esem-pio, all’aumento delle fatture daregistrare: con la crisi, aumenta ilnumero di ordini perché si tende adilazionare gli acquisti nel tempo,anziché a concentrarli in un’unicasoluzione di maggiore entità.Inoltre, è aumentato il numero delleaziende che hanno dovuto lasciare a

casa personale, quindi hanno dovu-to incanalare il lavoro residuo versofornitori che lavorano in outsour-cing come noi.

Notate qualche segnale di ripresa inquesto ultimissimo periodo?

Per alcune grandi aziende nostreclienti, talmente solide e robuste chenon hanno mai smesso di produrre aritmi sostenuti, effettivamente stan-no arrivando anche segnali di ripre-sa degli andamenti precedenti allacrisi. Per quanto riguarda altreaziende di piccole e medie dimen-sioni, purtroppo alcune non hannoresistito a causa dei costi elevati chenon hanno consentito loro di supe-rare la soglia della sopravvivenza, inun momento in cui il calo del fattu-rato è stato drastico. Non dimenti-

chiamo che al peso dellatassazione, la più altad’Europa, va aggiunto ilritardo dei pagamenti daparte dalla pubblicaamministrazione, propriomentre alle imprese non sifanno sconti di nessungenere e non possono per-mettersi di ritardare ilpagamento degli stipendio le fatture dei fornitori.

In questo periodo èmolto importante evitaregli sprechi, per questomolte aziende ci affidanotutte quelle attività cherappresentano per lorouna perdita di tempo, perconcentrarsi sul loro corebusiness. Inoltre, grazie alnostro servizio, possonoavere la garanzia del-l’estrema precisione nellaregistrazione dei dati: se il

loro personale, impegnato in tanteattività simultaneamente, puòincappare in qualche distrazione,con conseguenze anche rilevabili alivello economico, noi non possiamopermetterci di sbagliare, perché è ilnostro lavoro, a cui possiamo e dob-biamo dedicarci con la massimaattenzione.

Per non parlare dei suggerimentiche possiamo dare – in base allanostra esperienza specifica nellaregistrazione dati, gestione concorsipromozionali, televendite, ricerchedi mercato e altre attività dal 1977 –,e che vengono molto apprezzatidalle imprese.

ISABELLA GUALTIERItitolare del Centro servizi Gualtieri Isabella S.r.l., Modena

ILIL VVALORE AGGIUNTO DELLAALORE AGGIUNTO DELLAFFAMIGLIAAMIGLIA PER LPER L’IMPRESA’IMPRESA

Isabella Gualtieri

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Il bagno da vivIl bagno da viverereecon Cubik bcon Cubik by Idea Gry Idea Groupoup

Ivisitatori del Cersaie, Salone Internazionale dellaCeramica per l’Architettura e dell’Arredobagno (che

quest’anno ha superato le 100.000 presenze da tutto ilmondo), entrando nello stand Idea Group, hanno potu-to vivere la nuova esperienza di Cubik, la collezionebestseller di questo gruppo internazionale, con fortiradici nella provincia di Treviso, ormai noto e apprez-zato da architetti e designer nei principali paesi delmondo per l’eccellenza nella qualità e nel design, rigo-rosamente made in Italy.

Inimitabile l’impatto scenico delle essenze legno –che si manifesta attraverso la continuità naturale dellavenatura del legno su tutto il mobile – ottenuto graziea un lavoro manuale, frutto dello spirito artigianale di

Idea Group, in cui la cura del dettaglio si unisce a un particolare processo di produzione, che utilizza soltanto materiali certifica-ti e garantiti. Ricordiamo che le essenze legno sono disponibili in noce italiano o castagno (lightgrey, darkgrey o smoke).

Ma la novità più importante della collezione Cubik, nata da una costante ricerca di reinvenzione della tradizione, è l’ecomalta,un materiale naturale, frutto di un attento lavoro escluvisamente manuale, con il quale possono essere rivestiti mobili, vasche, ele-menti a giorno. Proprio come in una bottega del rinascimento, la finitura in ecomalta è ottenuta attraverso la stesura di sei diffe-renti “mani” di materia, intervallate da periodi di asciugatura e stabilizzazione. Questa procedura conferisce al prodotto finito

un’alta resistenza e una grande elasticità, che lo rendono particolarmente indicato per l’utilizzo all’inter-no della stanza da bagno. Disponibile in quattro finiture (crema, ghiaia, ecrù e fango), l’ecomalta espri-me una combinazione straordinaria fra design, sostenibilità e qualità, ma soprattutto contribuisce a tra-smettere sensazioni forti e intense, che fanno del bagno la Spa di casa: la stanza della bellezza e della cura,un’esperienza da vivere.

Lettori e architetti potranno collegarsi al sito www.ideagroup.it, dove troveranno le novità anche dellealtre collezioni, proposte dalle quattro unità produttive Idea Group: AQUA, BLOB, DISENIA E IDEA.

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Lei opera da venticinque anni nei set-tori della sicurezza sul lavoro e dell’am-biente. Quali sono le questioni cheincontra quando entra nelle imprese?

Ho incominciato a interessarmialla sicurezza sul lavoro quandoancora le norme non erano cogenti,ma si poteva mediare su diversiaspetti. In più occasioni, però, hopotuto constatare come la sicurezzasia una questione di salute per leaziende, ben oltre le prescrizioninormative. Si tratta di sicurezzasul lavoro, di ambiente e quindidi organizzazione interna del-l’azienda. I controlli oggi sonoseverissimi, soprattutto inEmilia Romagna, e non si puòprescindere dalla conoscenza diqueste materie, quindi sbaglia-no gli imprenditori che le consi-derano solo come un obbligo dilegge. Questa mentalità favori-sce il proliferare di consulentisenza scrupoli, che, approfit-tando del difficile momentoeconomico, vendono servizi,corsi e persino attestati a prezzifuori mercato. Così accade chechi accetta questi compromessispesso finisca per pagare multesalate per l’inosservanza dellalegge. Quando si parla di sicurezzasul lavoro s’intende anche la sicu-rezza dell’ambiente e delle persone:l’ambito è veramente ampio e sot-tende una logica d’intervento benprecisa. Pertanto, non basta soffer-marsi a leggere la cifra finale deipreventivi, che per il 70 per centohanno prezzi così bassi da trarre ininganno l’imprenditore che li sotto-scrive. Di solito si guarda all’appa-rente convenienza del preventivopiù economico, essendo comunqueobbligati a fare sicurezza. Nei mieicorsi sulla sicurezza, spesso vengo asapere che manca la conoscenza dialcune norme fondamentali. Questoperaltro è molto imbarazzante, per-ché o si tratta di omissioni da partedi colleghi che avevano seguitoquelle imprese in precedenza oppu-re erano dettagli sottoscritti in pre-

ventivo, ma non letti dall’imprendi-tore.

L’elevato numero d’infortuni sullavoro e di malattie professionali hamesso in risalto quanto sia impor-tante non trascurare la salute nel-l’azienda. Le patologie causate daamianto, per esempio, sono irrever-sibili e possono provocare la morteper cancro, come nei casi del-l’Olivetti di De Benedetti, scoperti direcente.

Inoltre, qualsiasi pubblico ufficialeche entri per varie ragioni nel-l’azienda, oggi, può segnalare ina-dempienze, anche se la maggiorparte delle ispezioni avvengono inseguito a sollecitazioni di concorren-ti ma più spesso di dipendenti o tal-volta persino da anonimi. In questicasi è mio compito tutelare l’aziendaper questa specifica funzione, quasicome farebbe un avvocato quando èchiamato da un cliente colto in fla-granza di reato.

Inoltre, i controlli sono particolar-mente punitivi, poiché persisteancora una certa confusione soprat-tutto nell’applicazione della norma-tiva. Csai spesso diventa allora unpartner indispensabile per le azien-de che segue, offrendo una consu-lenza globale, che include non solosopralluoghi ma, quando occorre,

anche consulenza telefonica. È chia-ro che seguire un’azienda, per unanno o più, per noi comporta impor-ti forfettari, però c’è la soddisfazionedel percorso compiuto insieme.

Devo aggiungere che poche socie-tà di consulenza come la nostra col-laborano e si confrontano con le isti-tuzioni come facciamo noi, creandoun rapporto di stima e fiducia conmolti ispettori. Occorre dire peròche, in alcuni casi e con l’accordodell’azienda cliente, mi sono anchescontrata duramente per difenderele nostre ragioni, soprattutto quan-do le ispezioni si ripetono troppospesso sulla stessa impresa. Questosuccede a Bologna, ma ci sono ancheimprenditori coraggiosi che denun-ciano l’abuso di atti d’ufficio, vin-

cendo le cause in tribunale.Oltre che nella sua impresa, lei è

molto attiva sul fronte associativo,con il Forum dei comitati e delleassociazioni. Come riesce a nonportare a casa le battaglie che laimpegnano nella giornata?

Sembra facile parlare didonne che integrano lavoro efamiglia, invece è molto fatico-so, soprattutto quando sonodonne che non hanno un soste-gno economico, perché si sonocostruite da sole e hanno lottatoper costruire famiglia e lavoro,che hanno aperto fidi con lebanche, che per anni non sonoandate in ferie perché non pote-vano permetterselo e che nonpossono avere l’aiuto di una

babysitter. Questa è la maggiorparte delle donne che costituisconoil tessuto imprenditoriale femminile.Per riuscire ci vuole la collaborazio-ne della famiglia, che offre supportonei momenti di ansia e nelle nottiinsonni. Credo di essere stata privi-legiata anche perché ho potuto farcrescere mio figlio da libera profes-sionista. Molti clienti ricordano chespesso lo portavo con me in studio enelle aziende. Alcuni addiritturaavevano predisposto un angolodove poteva giocare e mangiarecioccolatini, e lui era felice. Quantevolte ho lavorato a casa di notte,dopo averlo accudito, ma questo miha sempre dato la forza di ripartire ilgiorno seguente. Non bisognerebbemai dire a un figlio che non si hatempo. E oggi mio figlio me ne ègrato.

MARZIA ZAMBELLIpresidente di CSAI Srl, Bologna

LALA SICUREZZASICUREZZA È QUESTIONE DIÈ QUESTIONE DISALUTE, NON DI OBBLIGHISALUTE, NON DI OBBLIGHI

Marzia Zambelli

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La carta del la tradizione. . . da Danilo

Alla Fiera del libro di Francoforte quest’anno erano oltre settemila glieditori provenienti da tutto il mondo. Nel padiglione tedesco, c’era uno

stand riservato alle riviste gastronomiche che dedicano particolare attenzio-ne alla cultura e alle tradizioni che sono alla base delle cucine regionali.L’ultimo numero di “Gut essen in der Welt” dava ampio risalto all’EmiliaRomagna, con articoli di approfondimento anche su Modena e la sua pro-vincia. E qual era il ristorante indicato come baluardo della tradizione aModena? Da Danilo, naturalmente. Il giornalista, Hans Niemayer, usavatoni entusiastici per descrivere la sua scoperta, quando, dopo avere chiestoinformazioni e consigli a diversi modenesi per sapere dove avrebbe potutoassaggiare i due piatti forti della tradizione – i tortellini in brodo e il carrel-lo dei bolliti –, il coro era stato unanime: “Da Danilo, sicuramente”. Infatti,anche se un buon piatto di tortellini in brodo a Modena si può mangiare inmolti ristoranti, Danilo è rimasto l’unico a servire il bollito direttamente dalcarrello, come vuole la tradizione, anziché tagliato in cucina e scaldatoprima di essere portato in tavola. La differenza c’è, e si sente: se ne sonoaccorti anche i piemontesi e i valdostani, che sui bolliti la sanno lunga, mavengono periodicamente a rinfrescarsi la memoria con il nostro, considera-to più saporito grazie alla forte presenza della carne di maiale, in cui siamospecializzati, diversamente da loro; se n’è accorta anche la Camera diCommercio di Modena, che gli ha conferito il premio come miglior carrel-lo dell’intera provincia. Hans aveva fatto il pieno di gusto da Danilo, maanche di foto, perché era arrivato mentre Luca stava tirando la sfoglia e nonaveva saputo resistere all’opportunità di immortalare un’arte così rara chedava l’impressione di vivere nella storia o in un film.Danilo al carrello dei bolliti

Da sin.: Sofia, Paola, Danilo, Luca, Cinzia

Così, aveva chiesto al padronedi casa quale fosse la sua cartavincente: “La carta della tradizio-ne”, aveva risposto senza esita-zione Danilo, “Da oltre quaran-t’anni il nostro sforzo principale,ciascuna mattina, è assicurare chei clienti possano trovare da noisempre gli stessi gusti, perchésono eccellenti e, se ottenuti conmaterie prime di primissima scel-ta come quelle che utilizziamonoi, sono anche sani e digeribili.La nostra innovazione sta nel ser-vizio, che dev’essere sempre alpasso con i tempi, e nell’attenzio-ne, prestata soprattutto dallanostra Paola, a piatti della tradi-zione dimenticati da introdurrenel menu periodicamente. Malasciamo l’invenzione di piattiparticolarmente elaborati ai gran-di chef, perché è importante chequalcuno continui a trasmettere la cultura della nostraregione anche attraverso la cucina e i prodotti a denomi-nazione di origine che utilizziamo e di cui questa provin-cia è ricca: dall’Aceto Balsamico Tradizionale alParmigiano Reggiano, dal Lambrusco al Prosciutto diModena, dallo Zampone al Cotechino”. Hans Niemayernel suo articolo ricordava i piatti di Modena con lanostalgia di un incontro che si spera possa rinnovarsi alpiù presto. Anche Danilo lo spera, leggendo quelle paro-le a lui dedicate a sua insaputa.

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Nel libro In direzione della cifra. Lascienza della parola, la clinica,

l’impresa (Spirali) Sergio Dalla Valracconta l’itinerario straordinariodella sua formazione d’intellettualee di psicanalista, intrapreso, circaquarant’anni fa, insieme allo scien-ziato e scrittore Armando Verdi-glione. Fin dal suo avvio, l’itinerarioprocede nell’intersezione di ricerca eimpresa, dissipando con ciò l’ideache per cimentarsi, intraprendere escrivere occorra prima risolvere lequestioni personali: la ricerca senzal’impresa comporta attesa, rimandoo, peggio, inconcludenza.

Il carattere inedito della praticapsicanalitica porta l’Autore a dichia-rare: “la nostra psicanalisi non si rifàa nessun precedente”. Così, nellibro, le affermazioni del buon sensoe del senso comune si trovano messealle corde per la via di un’altra logi-ca: l’inconscio. Sergio Dalla Val scri-ve dell’inconscio, come logica dellaparola originaria, e della psicanalisi,che trae il suo statuto intellettualedalla cifrematica, la scienza dellalogica e della struttura della parolaoriginaria, la parola non vincolataall’idea di essere o di avere, pertantolibera, arbitraria, dissidente. Dis-sidenza come “assenza di localizza-zione, di sede della parola (da dis-sìdeo, siedo altrove)”: è l’impossibili-tà di assegnare alla parola un fonda-mento immaginario per salvaguar-darsi dall’inconscio.

“La stessa pratica dell’analistarisulta una pratica secondo la dissi-denza”, scrive Sergio Dalla Val,ovvero: “lo psicanalista, come statu-to intellettuale, non sociale, è pro-prio chi interviene secondo l’incon-scio”.

Importa, nella nostra psicanalisi,tener conto delle istanze di vita chesi enunciano nella conversazione,secondo il modo proprio a ciascuno,senza correggere o indurre a pensa-re seguendo il buon senso o il sensocomune. Da qui, il distacco e ladistanza assoluti della cifrematica

rispetto a quanti mirano a far crede-re che la psicanalisi coincida con lamitologia medica e che dall’incon-scio bisogna guarire poiché forierodi malattia mentale. Citando lo psi-chiatra Thomas Szasz, Sergio DallaVal rileva nel concetto di malattiamentale una metafora per pensieri,sentimenti e comportamenti social-mente disapprovati: è la moralizza-zione dell’inconscio, e mostra lacorda dell’intolleranza verso la dif-ferenza.

La stessa intolleranza si ritrovanella pretesa di guarire dall’incon-scio tramite la conoscenza di sé:come imbattersi, allora, nella diffe-renza assoluta quando la soluzioneproposta è adattarsi ai presuntinuovi confini acquisiti con la cono-scenza? E che dire dell’abuso di psi-cofarmaci e di sedativi, sommini-strati per stabilire la calma tacendodelle questioni in atto? Sono droghesocialmente accettate, molto como-de contro l’inconscio e il dispendioineconomico che ne deriva.

Ma l’amore, tanto caro alla retori-ca plebiscitaria, non sfugge forsealla conoscenza e non implica ildispendio, essenziale per un’altraeconomia? Occorre, allora, sedareanche contro l’amore? Nota SergioDalla Val: il pazzo, per Pirandello,scuote dalle fondamenta la logicadelle costruzioni socialmente accet-tabili. Non avviene, forse, lo stessocon l’amore?

La paura dell’inconscio, una voltamoralizzato, è paura dell’amore,come ciò che scuote dalle fondamen-ta, ed è paura della differenza, comeciò che s’instaura in virtù dell’irru-zione dell’altro tempo della parola.

Disagio, inquietudine, lutto, dolo-re, abbandono, vicende amorose edisavventure sessuali esigono di tro-vare la via della parola in un dispo-sitivo di conversazione e di ascolto,divenendo elementi inediti del rac-conto. Questo è l’inconscio comerisorsa inesauribile, di cui già Freud,a suo modo, si era accorto.

Con la mitologia della conoscenzadi sé e con la sedazione, che aneste-tizza l’intelletto, quanto di essenzia-le si lascia perdere? Quanto dellavita di ciascuno rimane inelaboratoe inarticolato, e non giunge a quali-ficarsi e a valorizzarsi?

La posta in gioco, con la nostrapsicanalisi, è divenire caso di quali-tà, una scommessa che risalta già neltitolo del libro di Sergio Dalla Val.Cifra è qualità.

Essenziali, per l’approdo alla qua-lità, il progetto di vita, che comportala ricerca, e il programma di vita,che comporta l’impresa. Essenziale,allora, per ciascuno, l’interlocutorerispetto al progetto e al programma,ovvero l’incontro con il direttore diricerca e con il brainworker, il cer-vello dell’impresa. La conversazionecon lo psicanalista è già un disposi-tivo riguardo alla ricerca e all’impre-sa di ciascuno; ci sono, poi, altridispositivi per precisare il program-ma e per giungere alla scrittura del-l’impresa.

Qui, la novità assoluta della cifre-matica, cui è dedicata la secondaparte del libro. La formazione esigeanche la vendita, l’impresa e la scrit-tura: cose non per addetti ai lavori,ma per ciascuno, giovane e menogiovane, uomo e donna, ciascunoper cui sia intollerabile aspettare chequalcosa accada e consideri piùimportante, nonché più soddisfa-cente, far accadere le cose. Quindi,ciascuno per cui sia essenziale dive-nire caso di qualità.

Solo affrontando la prova di realtàe la prova di verità la credenza nel-l’essere o nell’avere trova il suo scac-co. Altrimenti, rimane l’alternativatra lo stare bene e lo stare male, tral’adattarsi e il non adattarsi, rappre-sentando il rapporto con sé e con glialtri nel bene o nel male.

Scrive Sergio Dalla Val: “il nonadattamento comporta che s’instau-ri il rischio di vita, non il pericolo dimorte”. Il rischio di vita è non adat-tarsi alla normalità, ovvero allanorma che prescrive innanzi tutto ilbuon rapporto con sé e con gli altri.Rilevarlo è essenziale, tanto più chesia l’amore sia la differenza sessuale,nella loro accezione originaria, esu-lano dal buon rapporto, come, peral-tro, dal conflitto.

ORNELLA CUCUMAZZIpsicanalista, cifrematico, presidente dell’Associazione culturale “La dissidenza della parola”

LL’AMORE E LA’AMORE E LA BELLABELLA DIFFERENZADIFFERENZA

L’articolo di Ornella Cucumazzi è tratto dal dibattito L’amore e la bella differenza, 3 luglio 2013, Libreria Mondadori di PalazzoMonsignani, Imola.

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Di recente l’Italia è uscita dal noverodegli otto paesi più industrializzati.Tuttavia non sembra che si stiano adot-tando politiche di rilancio dell’industriae dell’impresa nel paese, mentre gruppistrategici per la nostra economia sonospesso messi in ginocchio e svenduti anuovi compratori esteri. Cosa ne pensa?

Ci sono settori strategici di unpaese che non possono essere messiin discussione e casi come Telecomdimostrano che c’è una diffusaindifferenza verso la programma-zione di una vera politica industria-le. A riprova di questa non scelta,ricordiamo che negli ultimi annisono stati assunti molti preca-ri e consiglieri comunali,potenziando gli uffici di strut-ture gerarchiche e ammini-strative per il tornaconto dipolitici senza etica. Finchéc’era un milione di lavoratoriin più, anziché cinquecento-mila in cassa integrazione,forse queste operazioni diopportunismo elettorale eranopossibili, ma adesso comesaranno finanziate questeposizioni? Intanto, sonoaumentate fino a cinquemiliardi le ore di cassa inte-grazione in cinque anni dicrisi. È ormai evidente chemanca l’apporto di ricchezzadella gran parte del settoremanifatturiero, mentre sifanno politiche naturaliste a favoredella decrescita, ancora una voltafondate sul pregiudizio che chi pro-duce inquina. Occorre riflettere,invece, sul dato che lo squilibrio eco-nomico del paese è causato soprat-tutto dalla mancanza di un milione e800 mila posti di lavoro in poco piùdi cinque anni, mentre sono oltre tremilioni i disoccupati in Italia (chearrivano a sei, considerando anche icosiddetti “scoraggiati”, come indi-cano gli ultimi dati Istat). Si noti chenel solo manifatturiero la Germaniaimpiega 5,2 milioni di persone. Inaltre parole, gli italiani che non tro-

vano lavoro consumano sempremeno e non contribuiscono al gettitofiscale. Assistiamo al paradosso diuna politica che scoraggia la produ-zione e vessa le aziende che resisto-no con l’aumento dell’Iva, mentre il60 per cento della ricchezza delpaese è in mano al 10 per cento dellapopolazione. Come si può avereun’economia soddisfacente e serviziadeguati, se non si creano le condi-zioni perché il ceto medio possa con-sumare?

Cosa sta accadendo in Italia nel setto-re siderurgico?

Quando chiude anche uno solo

degli stabilimenti di questo settore,quando si annienta la cultura di chiproduce, è difficile che si possa rico-struire. Per questo ritengo che lachiusura dell’Ilva porterà a conse-guenze irreversibili. La siderurgiaitaliana è in crisi perché sta perden-do pezzi fondamentali della sua sto-ria e di quella del paese, anche nellepersone che hanno contribuito ascriverla, come Luigi Lucchini eSteno Marcegaglia, mentre sonosempre di più gli operai con mag-giore esperienza incentivati a lascia-re l’azienda e incassare subito labuonuscita. Questa situazione del

settore manifatturiero è stata certa-mente un elemento che ha portato aldeclassamento dell’Italia, fuori dalgruppo dei paesi industrializzati. InGermania, almeno, sostituiscono glioperai che vanno in pensione conoperai qualificati, in particolare ita-liani, che hanno il pregio di avere lacultura della manualità, nonostantericevano uno stipendio che è la metàdei loro colleghi tedeschi. Nelleaziende italiane non c’è questadiscriminazione.

Quali sono gli asset per fare ripartirel’industria italiana?

È difficile dirlo. Persa la grandeoccasione del nucleare, occorre ridi-segnare una nuova strategia indu-striale. Tuttavia, non è facile senzaacciaio, senza alluminio e senzamaterie prime, soprattutto per l’in-dustria delle macchine automatiche,per la quale è strategico l’approvvi-gionamento. Questa situazione èpenalizzante se consideriamo che

avremo costi più elevatiquando saremo costretti adacquistare dall’estero, perchéun pezzo di ferro a chilome-tro zero ha un valore, ma oltrei mille chilometri non è piùconveniente. A questo siaggiunge il peso della buro-crazia, che rende estrema-mente lenti gli uffici pubblicinella tempistica per la conces-sione di permessi: proliferanole richieste di lettere liberato-rie, necessarie perché nessu-no vuole assumere responsa-bilità, talvolta anche solo perl’apertura di un’attività.

Sottolineo con estremadecisione che oggi i nostrisforzi devono andare in dire-zione soprattutto della con-

servazione di ciò che c’è già, pertan-to occorre salvaguardare il patrimo-nio di aziende che da decenni contri-buiscono alla ricchezza del paese.Perché ci sia davvero la ripresaoccorre intervenire con urgenza sutre aspetti: materie prime, incentivieconomici alle attività produttiveper favorire l’acquisto di attrezzatu-re tecnologicamente avanzate eassunzione di giovani, come peral-tro già avviene in Austria eGermania. In questo modo allenuove generazioni si offrono i van-taggi che derivano da una formazio-ne qualificata e dal lavoro, più che

BRUNO CONTIpresidente di Sefa Holding Group S.p.A., Bologna

INVESTIAMO NELINVESTIAMO NELMANIFMANIFAATTURIERO ETTURIERO ENELLANELLA MECCANICAMECCANICA

Bruno Conti

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dalla spettacolarizzazione dei premifacili che si vincono in tv.

Sempre più numerose aziende italianeinvestono all’estero, perché altrove tro-vano politiche più attente all’impresa…

Il nostro caso è molto specifico.Lavorando titanio abbiamo la possi-bilità di andare all’estero, facendoqui quello che possiamo fare anchein altri paesi come Olanda, Ger-mania o Turchia. Del resto, circa il 25per cento del nostro fatturato vienedalle vendite estere. In questi paesinon abbiamo sedi ma abbiamo rap-porti consolidati. Il mercato italianoè in contrazione ed è troppo piccoloper noi. Oggi, tutte le industrie chevanno bene hanno un rapportobilanciato di vendite nazionali edestere e per alcuni tipi di produzio-ne la quota export è maggiore che inItalia. Nel settore del packaging, adesempio, ammontano al 90 per centole vendite estere, per questo nono-stante tutto è ancora un’industriaprospera. Per altri settori come ilnostro, invece, è più difficile impor-si all’estero, dove inizialmente puòintervenire una diffidenza per gliitaliani. Per fortuna, il pregiudizio sidissipa quando si riesce a superare ilprimo impatto e a dare prova di pro-fessionalità. Una nota azienda belga,per esempio, è rimasta colpita favo-revolmente da Sefa per la capacità dirisolvere le diverse problematichedel settore. Se, ad esempio, hannobisogno di stampi per il packaging,noi abbiamo modo di farglieli perve-nire in tempi rapidi, grazie all’espe-rienza maturata in più di quaran-t’anni di attività. Abbiamo stabilitocollaborazioni molto interessantianche con alcune aziende israelianee russe, che hanno grande fiducianel nostro servizio. All’estero nota-no con favore l’importanza che noidiamo alle collaborazioni con altreaziende italiane di produzione,anche se lì la stretta di mano nonbasta e occorre sempre formalizzaregli impegni. Tuttavia, per noi è sem-pre e comunque una questione diparola. Contrariamente a quanto sipotrebbe pensare, le migliori azien-de italiane che avviano collaborazio-ni all’estero sono ritenute partnerpreziosi e insostituibili. Questo è lostile italiano che ci ha reso famosinel mondo.

Mentre in Italia possiamo dire chenemo propheta in patria est…

In Italia ci troviamo di fronte acontinue ostilità da parte del sistemapolitico, burocratico e amministrati-vo, anche solo per la formazioneprofessionale e l’assunzione dei col-laboratori, tanto che, pur avendonebisogno, tante aziende ne fanno ameno.

Occorre poi considerare il rappor-to con le banche, che se finora, nellamaggior parte dei casi, hanno orien-tato le loro politiche in investimentifinanziari, attualmente sono rivoltealle aziende. Tuttavia, il sostegnoalla produzione è ancora frenatonon solo dalla pressante burocraziaper la cessione dei fondi alle impre-se, ma anche obiettivamente a causadell’incertezza del sistema paese chenon permette all’impresa un ritornosicuro degli investimenti. La conse-guenza di tutto questo è che l’impre-sa riduce gli investimenti e la cresci-ta, cercando di evitare i frequenticasi di profitto con incasso incerto.Se con la politica della finanza choc,l’impresa era snobbata, con l’incer-tezza della politica economica, anco-ra una volta è penalizzata la parteproduttiva del paese.

C’è però un altro settore su cuivorrei soffermarmi, quello dell’ener-gia e in particolare del fotovoltaico,che rappresenta bene lo squilibriodel sistema paese che non favorisceuna programmazione equa fra levecchie e le nuove tecnologie in unafase di decrescita in cui si registranocali di consumi di energia incidendoin modo considerevole sui costidello sviluppo.

Qualcuno si è chiesto come riesco-no le imprese italiane a pagarel’energia elettrica il 25 per cento inpiù degli altri paesi? Anche questofa parte di una politica economicache deve essere più attenta al settoreproduttivo. Credo che il rilancio

debba basarsi sulla logica del faregruppo, cercando di non perdere leprofessionalità e le esperienze chefanno la storia di ciascun settore,incentivando le collaborazioni conl’estero, soprattutto per gli approv-vigionamenti di materie prime,facendo attenzione all’aggiorna-mento costante e alla presenza conti-nua e puntuale sul territorio. Undistretto estremamente interessanteper numero di aziende, per compe-tenza, per intensità di produzione,per qualità di manodopera, per cul-tura del lavoro industriale, soprat-tutto nella meccanica, oggi è indub-biamente quello di Imola. Tuttavia,queste eccellenze si dileguano manmano che si procede nella penisolaverso Sud, dove la produzione indu-striale, soprattutto meccanica, sidirada fino quasi a scomparire.

Mai come oggi occorre favorirel’acquisto di nuovi macchinari, chegiovano alla qualità e alla velocità diproduzione e comportano vantaggienormi in termini di mercato. Nellanostra azienda, ad esempio, abbia-mo acquistato una macchina per iltaglio del titanio che ci fa risparmia-re tempo e il 50 per cento dei costirispetto alla precedente.

Vorrei ricordare che in Emilia pos-siamo fare praticamente qualsiasicosa nel campo meccanico, nono-stante la crisi abbia colpito il merca-to dei motori. Questa capacità vieneda lontano, da una storia e da unacultura che è urgente valorizzareproprio in questo momento. Nondimentichiamo che nel dopoguerrasorsero proprio nel nostro territoriooltre trenta aziende per la sola pro-duzione di motorini, tutte di eccel-lenza. Nonostante le difficoltà, lastrategia da attuare è ancora quelladi investire nel manifatturiero enella meccanica.

Interno di un capannone della Sefa Acciai Srl

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Ormai troppo spesso sui media vienepaventato il declino della manifatturanel nostro paese. Che cosa può dirci aquesto proposito, a partire dalla vostraesperienza di laboratorio tecnologico cheoffre servizi e soluzioni innovativi adaziende di eccellenza di settori impor-tanti come la meccanica e l’aerospazia-le?

Indubbiamente, il mondo è cam-biato, il manifatturiero dei grandinumeri non trova più posto in unpaese con costi strutturali significa-tivi – dovuti alla maggiore qualità divita, ma anche ad una notevole pro-pensione agli sprechi – e si spostasempre più verso i paesi emergenti,mentre noi siamo chiamati a produr-re le eccellenze. Anche i paesi emer-genti fanno la loro corsa per tenersial passo con le nuove tecnologie e inalcuni settori sono decisamenteavanzati. Tuttavia, non si tratta dicultura e tecnologia diffuse, mapiuttosto di eccellenze che non tro-vano poi riscontro nella media delleattività industriali, cosa che invececaratterizza i nostri settori produtti-vi. In breve, un secolo di meccanicaavanzata, di automotive, di racing,di aeronautica, sviluppatisi sulnostro territorio, ci dà indubbiamen-te un vantaggio competitivo sensibi-le, purché, ovviamente, restiamofocalizzati sulle competenze e sulleelevate tecnologie.

Ecco perché la delocalizzazione diattività con cicli di produzione nonstandardizzabili sui grandi numeri èimpossibile, perché non basta spo-stare macchinari e disegni.

Questo indica una strada moltoprecisa per l’Italia: focalizzarsi sul-l’eccellenza dei prodotti, alzare illivello tecnologico della competizio-ne, sfruttare appieno le potenzialitàdate dalla conoscenza diffusa e dallecompetenze distintive in merito aprogettazione, materiali, processi,facilità di reperire ciò che serve,direttamente sul territorio, spesso apochi chilometri di distanza. Nelnostro paese, che è la seconda mani-fattura d’Europa, non possiamo

limitarci a fare ciò che anche gli altrifanno: dobbiamo cercare di allonta-narci il più possibile dall’uso dellacongiunzione “anche”. Dobbiamoperseguire la strada della specializ-zazione, con prodotti e servizi adalto valore aggiunto, che solo noipossiamo fare in un determinatomodo e per un mercato ben definito.Essere votati all’eccellenza e allaqualità non vuol dire semplicementelustrare il logo aziendale e fare unbel catalogo pubblicitario: il valoreaggiunto si ottiene investendo sullacultura delle persone, su sistemi diproduzione, e anche di relazione,innovativi; per esempio in molti casiè necessario superare il concetto diconcorrenza a cui siamo abituati. Avolte il concorrente può essere unalleato o quantomeno qualcuno conil quale condividere conoscenze nondistintive e strategiche, allo scopo diabbattere costi e/o ottenere facilita-zioni in alcune fasi di processo.Occorre poi investire sul rischiod’impresa che sempre più in Italia èun rischio paese, essendo influenza-to da ciò che accade fuori dall’azien-da. Indubbiamente la fiducia degliimprenditori italiani è messa adurissima prova: dovere fronteggia-re le sfide dei mercati senza potercontare su un “sistema paese” evedersi poi portare via dal fisco il 60per cento degli utili determina qual-che perplessità a investire in Italia.Non parliamo poi di attrazione diinvestimenti dall’estero.

Allora, è vero che, come dicevo,nel nostro paese c’è spazio solo perl’eccellenza, ma occorre che lo statosi meriti l’eccellenza, si meriti i soldidelle tasse, altrimenti le nostreaziende hanno tutte le ragioni pertrasferire la loro sede in altre nazio-ni dove trovano grande accoglienzae vantaggi concreti. Anche il sistemadi relazioni industriali non è piùadeguato. È incongruente che da unlato si agisca per prolungare la vitalavorativa, portando la soglia dellapensione oltre i 65 anni, e contempo-raneamente non si faccia nulla per

evitare che per un lavoratore, giàdall’età di 45 anni, sia problematicoricollocarsi. La soluzione sta nellaformazione continua e nella ricon-versione delle competenze. Questosarebbe un sistema di protezione edi valorizzazione della persona inlinea con la necessità di eccellere.

Non è vero che siamo in declino,anzi, abbiamo un avvenire promet-tente, soprattutto se sapremo coglie-re l’opportunità di essere un paeseunico al mondo per cultura, per arte,ma anche per manifattura e tecnolo-gia. Certo il rischio d’impresa è ine-ludibile e chi dice che oggi non cisono più garanzie per il successo staaccampando scuse per non impe-gnarsi: le garanzie per il successonon ci sono mai state; se è questo checerchiamo, non siamo imprenditori.

L’economista Emilio Fontela dicevache dobbiamo andare sempre più versouna società dove non ci siano assistiti esalariati, ma brainworkers che danno ilproprio contributo, perché il lavoro siaun contributo, non un’occupazione chesi svolge in un posto...

Certamente, Fontela vedeva lonta-no. Il lavoro intellettuale è semprepiù slegato dal luogo fisico, dal“posto” ed è invece uno “stato men-tale”: lavoriamo anche mentresiamo sull’autobus o attendiamo inostri figli o nipoti all’uscita dascuola e, se ci viene un’idea, possia-mo iniziare a svilupparla, abbiamotutti i mezzi per trasmetterla, condi-viderla, riceverne feedback. Questodovrebbe portare, laddove è possibi-le, a una maggiore flessibilità. Inpratica è sempre più sottile la sepa-razione tra “tempo di lavoro” e“altro tempo” e tutto diviene“tempo di vita”.

La partita che deve giocare l’Italia èquella intellettuale…

Sicuramente, e chi se ne rendeconto deve fare lo sforzo di parlarnein famiglia, educare i figli in talsenso, parlarne con i collaboratori,chiedersi sempre se le cose che fac-ciamo siano in direzione della valo-rizzazione del nostro patrimonioculturale, anziché arroccarsi sul giàdetto e sul già fatto. Chi dice: “Manoi abbiamo sempre fatto così” vivedi ricordi. In azienda le fotografiesbiadiscono in fretta, la vita d’im-presa, come la nostra, è un divenirecontinuo. Facciamo in modo che siaun percorso che tende all’eccellenza.

PAOLO MOSCATTIpresidente di TEC Eurolab, Campogalliano (MO)

LL’IT’ITALIAALIA È VOTÈ VOTAATTAAALLALL’ECCELLENZA’ECCELLENZA

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Un’impresa italiana che sposta la pro-duzione dalla Cina all’Italia è un eventoche ha fatto notizia. Le condizioni perimpiantare in Italia attività industriali,quindi, sono tornate ad essere attrattiveper il gruppo Termal e per Wayel?

Purtroppo, le barriere allo svilup-po imprenditoriale in Italia restanosempre più difficili da penetrare.Alta tassazione, burocrazia spessoinefficiente, rigidità del mercato dellavoro sono da sempre i principalinemici dell’impresa e continuano arappresentare i maggiori ostacolialle attività economiche. Sono ormaicentinaia le imprese che ogni giornochiudono e nei contesti difficili lecriticità assumono rilevanza ulterio-re. Tuttavia, anche l’attrazione daparte della Cina è fortemente dimi-nuita. I costi sono aumentati, lavaluta locale si è notevolmenteapprezzata, rendendo meno compe-titive di un tempo le esportazionicinesi. L’impresa è un’antennamolto sensibile della società e devesaper leggere e scrivere.

Cosa intende?Sostengo da sempre che l’impren-

ditore ha una funzione sociale deci-siva. È una figura indispensabile einsostituibile per garantire lo svilup-po e la creazione della ricchezza.L’imprenditore, quindi, deve legge-re l’ambiente economico che lo cir-conda e deve saper scrivere ovveroagire, prendere le iniziative econo-miche conseguenti.

Qualcuno l’ha definita visionario...È una definizione che contrasta

con il mio carattere estremamentepragmatico, ma forse esprime beneil proiettare il cuore oltre l’ostacolo.Quello che ho colto è lo spazio sem-pre più vasto che occupa la greeneconomy e la necessità di interpre-tarla con l’innovazione e non certocon la decrescita. Alcuni anni fa lagreen economy era definita unagrande opportunità per il nostropaese e oggi sta diventando unanecessità per ridare speranze occu-pazionali, a fronte di un paese che

ha costi crescenti come la Cina.Così prende forma FIVE, l’ultima

nata in casa Termal che rappresenta ilritorno dalla Cina delle bici elettricheWayel, insediandosi a Bologna e inter-pretando la green economy con la forzadell’innovazione …

Five, acronimo di Fabbrica ItalianaVeicoli Elettrici, è una start up inno-vativa e avvierà la produzione nelnuovo eco-stabilimento di 7.100metri quadrati in costruzione nel-l’area dell’ex stabilimento Magli perprodurre Solingo, il primo ciclomo-tore ad energia solare, realizzato incollaborazione con l’Università diBologna, oltre alle biciclette elettri-che a pedalata assistita Wayel. Lostabilimento industriale è ZEB, anziva oltre la direttiva europea ZeroEnergy Building, perché autopro-durrà energia rinnovabile non soloper le proprie esigenze di comfortabitativo, ma anche per la propriaproduzione industriale. Si trattadella prima fabbrica energeticamen-te autosufficiente in Italia.

È sicuramente un bel progetto, mal’azzardo della rilocalizzazione può rap-presentare un ostacolo insormontabile.Non teme il fallimento dell’iniziativa?

È una sfida impegnativa, non unazzardo. Se analizziamo i fattori disuccesso di una iniziativa economi-ca produttiva, constateremmo che

risiedono in sei aree fondamentali:costi di produzione, logistica, ricer-ca, componentistica, energia, margi-nalità. Su questi aspetti dobbiamosoffermarci per valutare il fattorecompetitivo rispetto ad una produ-zione localizzata in Cina. I costidella materia prima sono infatti pra-ticamente uguali in tutto il pianeta.Per abbattere i costi di produzioneabbiamo scelto la strada dell’auto-mazione spinta. Si produrranno, aregime, 35.000 veicoli all’anno,impiegando ventiquattro persone inproduzione e quindici nei serviziamministrativi. Un vero record. Lalogistica ci è favorevole in quanto ilmercato di principale sbocco èl’Europa, quindi siamo più vicini epotremo consegnare a costi piùbassi. La ricerca è avvantaggiatadalla presenza di un’importanteUniversità, che con Solingo ha datoprova di poter cooperare efficace-mente anche con un’impresa. Nondobbiamo dimenticare che Bolognaè stata capitale mondiale del motoci-clo per almeno trent’anni, dopo laseconda guerra mondiale. QuestoDNA è sofferente, ma ancora pre-sente e in grado di rientrare in unafiliera tecnologica delle due ruoteattraverso un terzismo laborioso ecapace. Per quanto riguarda l’ener-gia non temiamo confronti: lo stabi-limento ZEB ci fornirà energia acosto zero.

Infine, la marginalità è garantitada una produzione innovativa adalto valore aggiunto. Sono fiduciosoche Solingo diventerà una pietramiliare della nuova mobilità cittadi-na, e abbiamo tante altre idee intesta...

GIORGIO GIATTIpresidente del Gruppo Termal, Bologna

PRODURRE IN ITPRODURRE IN ITALIAALIA PERPERINNOVINNOVARE CON LAARE CON LAGREEN ECONOMYGREEN ECONOMY

Solingo, il primo ciclomotore a energia solare

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Nel 2002, lei e suo fratello Lucianoavete fondato la PLD Collettori, seguitaall’acquisizione della storica VenetaCollettori, che già da trent’anni operavanel campo dei motori elettrici. Diecianni dopo, avete acquisito la quota dimaggioranza della Carbonveneta, azien-da specializzata nella produzione di pro-fili pultrusi in fibra di carbonio.

Che cosa può dirci dell’integrazionetra la famiglia e l’impresa?

La mia vita imprenditoriale è inco-minciata dopo aver maturato unadiscreta esperienza come dipen-dente presso due aziende. Quin-di, prima di passare dall’altraparte della scrivania, ho capitoabbastanza bene cosa significhi“dipendenza”, anche se i ruoliche ho avuto la fortuna di rico-prire (o di ritagliarmi) mi consen-tivano ampia trasversalità e undiscreto margine decisionale:quasi sempre erano privilegi con-quistati sul campo, a indiziodella propensione al rischio chepoi sarebbe stata la base per dive-nire imprenditore.

La famiglia è pienamente coin-volta e non può prescindere dallescelte o anche solo dallo stile di vitache conduce l’imprenditore. Nel miocaso poi, considerando che l’avven-tura nell’impresa è incominciataprima del matrimonio, la mia fami-glia è cresciuta “a misura d’impre-sa”. Anche se in questi ultimi tempisi è tentato più volte di banalizzare ilconcetto di famiglia, credo che dob-biamo riflettere sulla combinazionedei differenti elementi che evoca perme la parola famiglia: padre, madre,figli, rispetto, appartenenza, senti-menti, complicità, salute, prospetti-ve, educazione, casa, preoccupazio-ni, divertimento, abitudini, denaro,tempo (e molte altre infinite e bellis-sime parole che sarebbe riduttivodescrivere in breve).

Purtroppo gli ultimi due “elemen-ti” della famiglia influenzano ohanno legami molto stretti con alcu-ni degli altri elementi e, per quantopochi abbiano il coraggio di ammet-

terlo, l’idea che ognuno ha del dena-ro e del tempo, come qualcosa che èdisponibile o assente, sufficiente omancante, interagisce molto conl’organizzazione della famiglia.Questa mia convinzione non hanulla a che vedere con la felicità ol’armonia, ma ha molto a che vedereper esempio con le prospettive el’educazione, con la casa e le preoc-cupazioni, con il divertimento e pur-troppo a volte anche con la salute. E

cosa c’entra l’imprenditore? Normalmente l’imprenditore di

prima generazione fa impresa primadi tutto per passione, anche se l’im-presa per definizione non dovrebbeessere una onlus, perché il suo unicoscopo dovrebbe essere il profitto.Quindi, teoricamente, la passionesta al tempo come l’impresa sta alprofitto e la famiglia dell’imprendi-tore, nel migliore dei casi, vede pocol’imprenditore e può permettersiqualche lusso sopra la media, nelpeggiore, vede solamente poco l’im-prenditore.

Concludendo, affermare che lamia famiglia è cresciuta “a misurad’impresa” significa che mia moglieha avuto l’opportunità e l’onere dirimanere a casa, dedicandosi com-pletamente alla famiglia, facendocrescere i figli e occupandosi di tuttociò che occorre a quattro persone:dal pediatra alle lavatrici, dalla cena

a lume di candela all’organizzazionedei viaggi e delle vacanze, lasciandomolto tempo a me e quindi all’im-presa; in una battuta: paddock effi-ciente, pilota competitivo, possibili-tà che la famiglia e l’impresa vinca-no.

Il nostro giornale ha da poco apertoun dibattito sul tema L’impresa, lafamiglia, la scuola. In che modo la vitadell’impresa può dare spunti anche aidispositivi educativi che possono instau-rarsi nella famiglia e nella scuola?

La ricchezza che giornalmente unimprenditore porta a casa, magariinconsapevolmente, per quanto nonmisurabile, è certamente un grandevalore aggiunto. Credo che dall’ap-proccio ai problemi giornalieri finoalla gestione del budget familiare,

passando per l’educazione deifigli o delineando loro un ragio-nevole percorso scolastico, sianotutti passaggi che, se gestiti conun metodo imprenditoriale, por-tano sicuramente a risultatimigliori.

Fra gli spunti che la gestioned’impresa può dare all’educazio-ne, possiamo citare in primisl’approccio pragmatico che inse-gna ad attenersi agli obiettivi daraggiungere, a redigere un pro-gramma e infine ad agire inmodo pratico, senza tanti indugied esitazioni, con una conse-guente e diretta valorizzazionedei talenti dell’educando, della

sua intraprendenza e della sua indi-pendenza decisionale.

Nel suo itinerario, anche prima diavviare l’avventura imprenditoriale, si èdedicato principalmente agli aspetticommerciali. In una società in cui spes-so si tende a evitare l’incontro, rifugian-dosi nelle scorciatoie della telecomunica-zione, quanto può contare un’esperienzadi vendita nella formazione dei giovani?

L’esperienza commerciale miglio-ra sicuramente lo stile di chi sicimenta nell’incontro.

Chi è costretto a esporsi e a con-frontarsi (con un cliente, con il capoarea o con il personale di una multi-nazionale) non può rimanere timidoo spavaldo, ma è obbligato a comu-nicare e interagire, a mettersi ingioco. E questo esercizio dà i suoifrutti anche nell’ambito sociale,favorendo l’umiltà e l’ascolto, chegiovano alla lingua diplomatica ealla convivenza.

DINO PESAVENTOingegnere, socio di Carbonveneta Srl e PLD Collettori Snc, Valdastico (VI)

LALA FFAMIGLIA, LAMIGLIA, L’IMPRESA,’IMPRESA,LL’EDUCAZIONE’EDUCAZIONE

Dino Pesavento

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Sono commercialista in Bologna epromuovo le aggregazioni delleimprese in rete perché credo profon-damente nella filosofia aggregativadelle reti di impresa. È opinione dif-fusa, infatti, che le PMI potrannosopravvivere nell’attuale contestosociale ed economico se saprannomodificare la propria struttura,spesso caratterizzata da un indivi-dualismo marcato, a favore di dispo-sitivi aziendali più evoluti e integra-ti. Oggi occorre investire in innova-zione, qualità, marchi e servizi peressere competitivi nel mercato glo-bale, stabilendo alleanze che imple-mentino le proprie risorse.

Recentemente Confindustria, fa-cendosi portatrice di un’istanzadelle imprese in rete, ha chiestoall’Amministrazione Finanziaria ilrinnovo del provvedimento legisla-tivo che consente di detassare gliutili investiti dalle società per lo svi-luppo delle reti: il risparmio diimposta, ottenuto dal precedenteprovvedimento, si è tradotto in inve-stimenti innovativi finalizzati alla

realizzazione del programma direte, ma l’agevolazione ora è scadu-ta.

In questa sede vorrei farmi pro-motrice di un’ulteriore richiestadelle imprese in rete: che l’iter diasseverazione e i costi che le impre-se devono sostenere – qualora venis-se rinnovata l’agevolazione fiscale,per ottenere la detassazione – sianoalla portata anche delle piccole emedie imprese, per massimizzare ibenefici fiscali anche di investimentidi valore economico contenuto.

I presupposti per l’accesso all’age-volazione erano i seguenti: l’adesio-ne al contratto di rete; l’accantona-mento e la destinazione dell’utile diesercizio ad apposita riserva per larealizzazione degli investimenti pre-visti dal programma comune di rete,con un tetto massimo di euro1.000.000 per impresa; l’asseverazio-ne del programma di rete da partedegli organismi abilitati. Gli organi-smi abilitati sono “espressione del-l’associazionismo imprenditorialemuniti dei requisiti previsti condecreto del Ministro dell’economia edelle finanze”. Forse si potevanoincludere anche alcune categorieprofessionali idonee alla suddettaasseverazione.

Ricordo pure che non tutta lariserva accantonata veniva detassa-ta: il meccanismo prevedeva che ilrisparmio d’imposta spettante a cia-scuna impresa venisse stabilito sullabase del rapporto tra l’ammontaredelle risorse complessivamentestanziate e l’ammontare del rispar-mio d’imposta complessivamenterichiesto, ovvero con metodo pro-porzionale.

Per ottenere l’asseverazione delprogramma di rete, occorre dimo-strare il raggiungimento di obiettivistrategici, ossia dimostrare la sussi-stenza degli elementi propri del con-tratto di rete. Ma il costo di assevera-zione, in parte a carico della rete e inparte a carico di ogni azienda chepartecipa, a fronte di investimentinon particolarmente elevati, risulta

proporzionalmente molto oneroso. Occorre notare che misurare il rag-

giungimento di obiettivi come illivello di soddisfazione del cliente ol’efficienza nell’erogazione dei ser-vizi – obiettivi che nei contratti direte vengono normalmente inseriti –è tutt’altro che semplice. Le aziendein rete, nella fase di start-up, hannodifficoltà a integrare i loro sistemi,hanno bisogno di tempi lunghi perorganizzare il nuovo soggetto (larete), devono conoscersi reciproca-mente, imparare a fidarsi e conferirele deleghe a coloro che operanoall’interno della rete.

La detassazione, fatte le dovuteverifiche, deve essere un sistemapremiale, non un ulteriore adempi-mento con modalità e costi chesvuotano di significato il beneficio.

Dobbiamo constatare inoltre che illegislatore, con l’ultimo provvedi-mento sulla possibilità di acquisireautonoma soggettività giuridica daparte delle reti di imprese, ha ridot-to le opportunità di detassazionedegli utili investiti. Solo le impreseaderenti a una “rete-contratto”, cioèle reti senza personalità giuridica,potranno accedere ai futuri beneficifiscali. Il sistema aziendale italiano èprevalentemente rappresentato daimprese di dimensioni ridotte.Dobbiamo indirizzarle verso formedi aggregazione che consentano lorodi collegarsi in vari ambiti, creandosinergie ed economie di scala, costi-tuendo in altre parole una reteimportante, ma senza dovere adot-tare forme più vincolanti di integra-zione strutturale che determinereb-bero la perdita della propria indivi-dualità.

CRISTIANA TOMMESANIcommercialista, socio dello Studio Commercialisti Associati, Bologna

COME FCOME FAAVORIREVORIRELE RETI D’IMPRESALE RETI D’IMPRESA

Cristiana Tommesani

Konstantin Rudakov, In procinto di uscire

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Nell’ambito delle attività volte a favo-rire l’internazionalizzazione delleimprese modenesi, Palatipico Modena ePROMEC Azienda Speciale dellaCamera di Commercio di Modena, incollaborazione con la Camera diCommercio Italo-Costaricense di SanJosè, hanno partecipato all’eventoEXPO ITALIA 2013, che si è svolto aSan Jose (Costa Rica) dal 7 al 10 ottobre2013. Qual è stata l’accoglienza per iprodotti agroalimentari DOP e IGPmodenesi?

Abbiamo ottenuto un suc-cesso che è andato oltre leaspettative. I prodotti cheabbiamo portato (Prosciuttodi Modena, Parmigiano Reg-giano, Lambrusco, Aceto Bal-samico Tradizionale, Zam-pone, Cotechino e tutti gli altriprodotti che fanno parte delpaniere di Piacere Modena)sono un biglietto da visita cheapre le porte con grandedisinvoltura. Tant’è che alrientro abbiamo ricevutomolte comunicazioni di ope-ratori economici provenientida tutta l’area del CentroAmerica (Ecuador, Colombia,Guatemala, Nicaragua, Hon-duras e Miami), interessati asviluppare rapporti commer-ciali con le aziende aderenti ainostri consorzi.

Occorre dire che la certifica-zione dà quella garanziarichiesta dagli operatori, spes-so esplicitamente: il prodottoagroalimentare certificato as-sicura un controllo qualità – coordi-nato sia dai consorzi sia dagli organipreposti a verificare tutte le attivitàdelle imprese partecipanti alla filiera– molto importante per prodotti dilargo consumo in paesi dove le qua-lità sensoriali, la certezza dell’origi-ne e il rispetto dell’ambiente fannola differenza.

Considerata la “Svizzera” delCentro America, il Costa Rica ha unaqualità di vita decisamente superio-re a quella di altri paesi del Nord

America. Tra l’altro, ha rinunciatoall’esercito per dedicare le proprierisorse allo sviluppo sociale e allerelazioni commerciali. Il Costa Ricavanta importanti rapporti commer-ciali con gli USA, ma ha anche unruolo di distribuzione rispetto apaesi limitrofi come Colombia,Messico, Honduras e Nicaragua.

Il risultato ottenuto in un anno daiconsorzi aderenti al brand PiacereModena è la prova che le piccole aziendehanno tutto l’interesse a instaurare

dispositivi come il vostro per affermarsisui mercati internazionali, dove occor-rono dimensioni di maggior rilievo…

La dimensione è essenziale nel set-tore dei prodotti a denominazionedi origine, soprattutto se si conside-ra che occorrono grandi numeri peravere un peso nei patti bilaterali frapaesi che aiutano a evitare i dannidelle contraffazioni. A questo propo-sito, il presidente della Com-missione agricoltura dell’UnioneEuropea, Paolo De Castro, ospite al

Merano Wine Festival, diceva cheper tutelare le produzioni a denomi-nazione di origine nei paesi extraUEsono necessari gli accordi bilateraliUE-USA. Grazie al perfezionamentodell’accordo bilaterale UE-Canada,finalmente è cessata la produzionedi un cosiddetto “Prosciutto diParma” canadese, che in precedenzaveniva venduto impunemente: ladenominazione di origine ha vinto.Ora sono in corso i lavori tra EU eUSA, ma la trattativa sarà lunga efaticosa, considerando che il com-mercio agroalimentare fra questidue paesi vale un terzo di tutto ilcommercio mondiale. Un peso eco-nomico enorme. Speriamo di porta-re a casa un risultato positivo e spe-riamo che gli USA riconoscano ladenominazione di origine. È chiaro

che vorrebbero avere anch’es-si una storia da raccontare perle loro produzioni come quel-la che abbiamo noi. Le deno-minazioni di origine sonoproduzioni che hanno unastoria da raccontare, testimo-niano la cultura di un territo-rio.

La cultura, ma anche l’arteinsita nel fare un prodotto che,come recita lo slogan delParmigiano Reggiano: “non sifabbrica si fa”…

Tutti i nostri prodotti sonofrutto di un’arte che si tra-manda di generazione ingenerazione e per questo nonpuò essere riprodotto ovun-que: il prodotto a denomina-zione di origine ha un legamecon il territorio che esprime lacultura di questo territorio. AModena abbiamo 19 prodottia denominazione di origine:10 DOP e 9 IGP, che si trovanoanche nel paniere di PiacereModena e rappresentano tra-

dizioni che non si sono perse, sem-mai si sono evolute costantemente,ciascuna volta in cui c’è stato biso-gno di migliorare un prodotto. Èuna rivoluzione permanente. IlLambrusco DOP, per esempio, negliultimi cinquant’anni si è avvalsodella ricerca per raggiungere risulta-ti eccellenti.

E, tuttavia, la ricerca non si fermamai, perché la tradizione è sempreda reinventare per tenere il prodottoal passo con i tempi.

ERMI BAGNIcoordinatore del Consorzio Piacere Modena,direttore del Consorzio Marchio Storico dei Lambruschi Modenesi

PIACERE MODENA: GRANDEPIACERE MODENA: GRANDESUCCESSO IN COSTSUCCESSO IN COSTAA RICARICA

Ermi Bagni e Maji Antillon, Ministro dell’Economia,dell’Industria e del Commercio (Costa Rica)

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È noto il lavoro svolto dalla Fon-dazione Francesca Rava di Milano adHaiti, dove ha costruito strutture consi-derate un’oasi di efficienza e produttivi-tà nel caos che regna sull’isola, ancora adistanza di tre anni dal terremoto. Manon tutti sanno che la FondazioneDamiano ha contribuito a realizzare unsogno per gli haitiani…

Tutto è incominciato quando ilmio amico Attilio Speciani, allergo-logo e immunologo, che collaboracon la Fondazione Rava, mi chiamòda Haiti due anni fa: “Guarda chequi serve il tuo aiuto; tu sei unodei massimi esperti europei peri semi oleosi e mi devi aiutare afar sì che questi ragazzi inizinodal nulla a farsi il proprio burrod’arachidi per nutrire i disere-dati dei loro slums”. Nel giro dipochi minuti, avevamo giàorganizzato il percorso che oggirende indipendenti gli haitianinella produzione di un ottimoburro di arachidi. Abbiamocomprato i macchinari, abbia-mo formato gli haitiani neinostri stabilimenti in Sicilia e liabbiamo messi in condizione diutilizzare lo zucchero e le ara-chidi per produrre il burro,chiuderlo nelle latte e conser-varlo oltre la stagionalità. Men-tre in passato, con le primepiogge, perdevano queste due pre-ziose materie prime e poi morivanodi fame per tutto l’anno, adesso lelavorano, le sigillano e scongiuranocosì gli attacchi parassitari, inevita-bili sul prodotto crudo.

Quali progetti avete portato a terminenegli ultimi due anni?

Alcuni numeri rendono l’idea:siamo arrivati a 50 dipendenti, di cuiil 65 per cento donne, abbiamo com-pletato la filiera acquisendo altri ter-reni agricoli: 52 ettari di mandorletoe stiamo per acquistarne altri 80, inmodo da coltivare in casa la maggiorparte del prodotto. Non a casosiamo passati da dieci a venti milio-ni di fatturato, in un momento digrande crisi: siamo cresciuti soprat-

tutto sui mercati esteri, dove riuscia-mo a trasferire il messaggio che conDamiano si passa dal campo al pro-dotto finito, “From the tree to thefork” (dall’albero alla forchetta),come dicono gli americani.

L’anno scorso abbiamo ospitatoper una settimana i nostri buyerspiù importanti provenienti da qua-ranta paesi: hanno visto i mandorle-ti, hanno piantato un mandorlo cia-scuno, hanno raccolto le noccioleinsieme agli operai, hanno lavoratocon le loro mani producendo nel

vero senso della parola. Sono riusci-ti a capire perfettamente qual è ilciclo di cui beneficiano i prodotti cheacquistano: hanno conosciuto i con-tadini che li coltivano, gli operai cheli trasformano e si sono resi conto dicome nascono i prodotti che arriva-no nei loro supermercati. Si sonoanche resi conto che siamo in gradodi controllare quindici processi pro-duttivi, dalla A alla Z, e anche perquesto hanno allargato la gamma diprodotti che comprano da noi.

Oggi siamo in quindici paesi delmondo e stiamo continuando a cre-scere, stiamo cercando di diversifi-care e abbiamo tanti progetti per ilfuturo. Uno degli elementi che ci hadato più forza in questo senso è

stato l’ottenimento di due importan-ti certificazioni, l’IFS e il BRC, sonol’International Food Standard e glistandard britannici che, laureandol’azienda, le danno un titolo quasiaccademico per il fatto che rispondea standard molto più stringenti diquelli legali: è una normativa volon-taria, concertata dai grandi centri didistribuzione, dalle grandi catene disupermercati, diventata normativa.In alcuni casi, per nostra decisione,siamo riusciti anche ad andare oltregli standard americani ed europei,in alcuni casi siamo dieci volte piùrestrittivi degli americani. Questo haportato un’enorme crescita, perchéchi si rivolge a noi ha la garanzia diacquistare un prodotto super testatoe sa che abbiamo organizzato unaserie di controlli, con uomini edonne dedicati, che lo rendono

privo di rischi. Per le grandiaziende questo è importante,perché non possono permettersidi avere prodotti non conformio contenenti corpi estranei.Certo, questo ha comportato pernoi grandi investimenti: nel2014 completeremo un altromilione e mezzo di investimen-ti, mentre due milioni sono giàstati impiegati nell’ultimo annoin macchinari, ricerca e persona-le per lo sviluppo di nuove ricet-te, come l’olive oil butter, unburro che ha tutti i benefici diuna margarina e tutti quelli diun normale olio di oliva. Siamoriusciti a mischiare olio di olivae mandorle, che diventano soli-di come il burro: l’olive oil buttersi preleva dal vasetto per frigge-

re un uovo, condire la pasta o esserespalmato sul pane. È un prodottounico, di cui abbiamo depositato ilmarchio, con una forte contribuzio-ne delle proteine della frutta secca,quindi un bel profilo nutrizionalesia crudo che cotto; è chiaro che tuttigli oli perdono quando sono cotti,ma questo perde un po’ meno deglialtri. Stiamo uscendo con cinquegusti, fra cui quello al pistacchio, edevo dire che un uovo fritto alpistacchio è molto più buono checon il burro o l’olio d’oliva. È natodalla collaborazione con uno chefimportante, che abbiamo ospitato inazienda per tre mesi e con cui abbia-mo fatto tanta ricerca e tanti passiavanti.

RICCARDO DAMIANOdirettore F.lli Damiano & C. Srl, Capo d’Orlando

NASCE LNASCE L’OLIVE OIL’OLIVE OIL BUTTERBUTTERDALLE MANDORLE BIOLOGICHEDALLE MANDORLE BIOLOGICHEDEI FRADEI FRATELLI DAMIANO TELLI DAMIANO

Riccardo Damiano

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L’attenzione alla cura e alla valorizza-zione della bellezza di ciascuna donnanel vostro Centro è tale che siete fra iprimi in Italia a studiare creme persona-lizzate per le differenti stagioni. Comesiete giunti a una ricerca così avanzata?

Il Centro di medicina e chirurgiaestetica San Prospero nasce conl’obiettivo primario di offrire unaconsulenza di eccellenza a chi esigecure quotidiane con prodotti miratie a chi ricorre a interventi estetici.L’idea è nata circa sette anni fa,quando mi sono accorto che nel cen-tro storico di Bologna mancava unpoliambulatorio di medicina esteticache trattasse la bellezza del viso nonsolo attraverso le diverse metodichedi correzione estetica, ma anchesecondo criteri improntati a una cor-retta alimentazione e a una sceltamirata dei trattamenti. Abbiamoseguito diversi pazienti che, primadi rivolgersi a noi, erano stati curaticon prodotti dannosi, che in qualchecaso hanno causato la formazione digranulomi e di altre patologie, contumefazioni di difficile risoluzione.Purtroppo, nel settore estetico, c’èancora chi usa materiali vietati perlegge, come ad esempio il silicone.La maggior parte delle persone nonsa che esistono 130 tipologie di acidoialuronico, che hanno caratteristicheanche chimiche molto differenti, esolo tre o quattro sono veramenteefficaci.

Non a caso, è molto importantefare un primo colloquio con ilpaziente, non solo per consigliare lospecialista più adatto a valorizzarequel dettaglio estetico, nel caso siarichiesto l’intervento di chirurgia,ma anche per informarlo dellediverse tipologie di trattamenti piùadatti alle sue esigenze.

Il nostro Poliambulatorio, inoltre,ha un ambulatorio per la piccola chi-rurgia plastica e un servizio di medi-cina estetica. Si tratta infatti di spe-cialità differenti con approcci diffe-renti. Il medico estetico è laureato inmedicina e ha particolare competen-za nell’affrontare problemi di esteti-

ca che non richiedono la chirurgia, adifferenza del chirurgo, che invece èspecializzato in chirurgia plastica.Nel nostro centro abbiamo anche unservizio di dermatologia e allergolo-gia, quest’ultima molto richiesta perla diffusione di disturbi alimentari.Inoltre, ho ritenuto importante che ilPoliambulatorio disponesse anchedel fisioterapista per l’individuazio-ne di problemi posturali, che incido-no sull’estetica della persona, moltopiù di quanto non si pensi. Infine,l’utenza è accolta da due advisorcon il compito specifico di indirizza-re al medico specialista più adatto edi offrire la consulenza cosmetodo-logica.

L’eccellenza che offre il Po-liambulatorio è anche certificata daiprodotti che utilizza, come ad esem-pio Restylane, leader mondiale nelsettore dei filler, i cosiddetti riempi-tivi, di cui ho personalmente pro-mosso la diffusione anche in Italia.Ma sono ottimi anche i prodottidella Galderma Italia e sono moltorichieste le nostre creme curative amarchio Neostrata, l’azienda ameri-cana fondata dai dermatologi

Eugene Van Scott e Yu Ruey, celebriper avere introdotto nella cura dellapelle gli acidi che derivano dallafrutta, i cosiddetti alfa idrossiacidi.Per la cura delle pelli più secche poiabbiamo scelto l’eccellenza del mar-chio Cetafil. Ma il nostro must è lacrema personalizzata, che vienecomposta dopo un accurato check-up della pelle e il colloquio con l’al-lergologo per la valutazione delleintolleranze a determinati compo-nenti.

Perché avete investito nel centro stori-co della città?

Un poliambulatorio per la medici-na estetica così concepito è unico inItalia. In Europa ne esistono altridue, uno a Stoccolma e uno a Parigi.È il cosiddetto “ambulatorio su stra-da”, non situato cioè in un apparta-mento e per di più in una via di pas-saggio, ma con la particolarità diavere un’uscita di sicurezza per laprivacy, molto gradita da alcuninostri illustri clienti.

Inoltre, questo è un luogo storicoper Bologna perché qui, in viaCesare Battisti, era ubicata l’anticachiesa di San Prospero del 1700,abbattuta intorno al 1920, le cuivolte sono oggi l’ultima testimo-nianza rimasta. Ho deciso allora dichiamare il nuovo concept delCentro di medicina e chirurgia este-tica “San Prospero”, anche perchésia auspicio di prosperità per i nostriutenti.

ANTONIO GOTTIdirettore del Poliambulatorio medico San Prospero, Bologna

LALA BELLEZZABELLEZZA DELLADELLA SALUTESALUTE

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Mai come nel caso di Divinis il mottoIn vino veritas rende l’idea della quali-tà dei vini che qui si possono degustare.Questa autentica bottega del made inItaly nel centro di Bologna offre unviaggio fra regioni e territori in cui siproduce l’eccellenza. Com’è incomincia-to questo itinerario e quali sono le pro-spettive della sana alimentazione oggi?

L’interesse per la cucina prima eper il vino poi è incominciato moltianni fa, quando da bambino speri-mentavo i piatti della cucina tradi-zionale emiliano-romagnola in occa-sione di feste paesane e partecipavoalla preparazione del vino a casa delnonno. All’età di vent’anni, inizian-do a viaggiare, ho avuto l’occasionedi visitare alcune importanti cantinefrancesi e di approfondire così laconoscenza dei vini. Poi l’interesseper il vino di qualità mi ha portato afare un corso per divenire somme-lier, fino a ritrovarmi una cantinapiena di bottiglie pregiate. Allora misono chiesto se non fosse il caso dimettere a disposizione degli altri lamia formazione, aprendo un’attivitàspecifica.

Nel gennaio del 2001, ho così inau-gurato il Divinis e ho incominciatouna serie di degustazioni che mihanno permesso di conosceremeglio i produttori dei migliori vinidelle varie regioni italiane e francesi.Tengo a dire che il Divinis è diventa-to subito un punto di riferimentoper intenditori e appassionati, ancheperché ha sempre cercato di mante-nere un margine di libertà nellavalutazione dei vini, senza lasciarsicondizionare dalle sponsorizzazionidei produttori.

Lo stesso approccio intervieneanche nella ristorazione, nella ricer-ca di prodotti non solo di qualità – inmodo particolare di salumi e for-maggi, che sono il nostro punto diforza –, ma anche sani. Infatti, nonbasta che i cibi siano gustosi, unaspetto importante è la loro digeribi-lità. Salumi e formaggi, per esempio,sono prodotti molto delicati, che, se

di fattura industriale, spesso sonopiù difficili da digerire, per questoalcuni clienti preferiscono mangiarlisolo da noi. La stessa considerazionevale per la frutta e la verdura, chescegliamo tendenzialmente a chilo-metro zero, biologiche o biodinami-che, mantenendo costantementeprezzi non eccessivi, nonostante iprodotti di qualità abbiano un costopiù elevato.

L’alimentazione non è qualcosa dimarginale nella vita di ciascuno, perquesto sono convinto che sia indi-spensabile per l’Italia e per Bolognainvestire in qualità. Se quello cheassumiamo è preparato in modogrossolano, il risultato si riverberainevitabilmente sulla salute.

Anche il settore dei vini non èesente da queste problematiche: peresempio, non molti sanno che solo il2 per cento della produzione nazio-nale di vini, che è fra le più impor-tanti al mondo, è naturale. Questoaccade per motivimeramente commercia-li. In molti casi il pro-secco è un vino costrui-to in cantina, con l’ag-giunta finale di zucche-ro per ottenere un pro-dotto bevibile, che peròspesso ha un’aciditàinnaturale con un’ele-vata quantità di solfiti.Sono rari i casi in cuipuò essere evitato l’usodei solfiti, che, se usatifin dalla pigiatura del-l’uva, inevitabilmenteincidono sulla digeribi-lità del vino. Un altroaspetto da non sottova-lutare è il profumo, acui solitamente si tendea dare troppa importan-za. La trasformazionedell’uva in vino, se èfatta in modo naturale,porta con sé odoridiversi che non sononecessariamente rico-

noscibili come profumi. Ma ci sonoaltri aspetti del vino da considerare,come la limpidezza, spesso indice diun’eccessiva raffinazione dellamateria prima. Ogni passaggio dellalavorazione indebolisce la strutturadel vino e poi occorre un decisointervento successivo perché nonvada a male in tempi brevi.

Negli ultimi trenta, quarant’anni,siamo stati abituati a pensare all’ali-mento come qualcosa di neutro e dimorto, per dir così, perché epuratodai batteri. Tuttavia, non mi stanche-rò di dire che quello che mangiamoè invece vivo. La frutta e le verduresono vive, i formaggi sono ricchi difermenti al loro interno, i salumi e lacarne, che pure provengono da unanimale morto, sono ancora in tra-sformazione. Il vino, a sua volta, èfrutto di una trasformazione impor-tante, ma, al contrario di altri cibi, haun percorso di vita molto lungo chedobbiamo imparare a rispettare.

L’Italia può rilanciare questo mes-saggio nell’alimentazione ancheattraverso le sue botteghe che, a dif-ferenza della politica delle grandicatene commerciali, dal rinascimen-to in poi hanno messo l’accento sulmaestro che insegnava l’arte nellalavorazione del suo prodotto arti-gianale.

MAURIZIO LANDItitolare di Divinis, Bologna

LALA BOTTEGABOTTEGA DELDEL GUSTOGUSTOE DELLAE DELLA SALUTESALUTE

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L’Hotel Residence Zodiaco nasce daun’idea dell’Immobiliare Zetadue, cheriunisce gli eredi di Gigi Montagnani,mitico presidente del Modena Calcio,noto anche per la sua generosità, chenon si fermava all’ambito sportivo…

Era benvoluto da tutta Modena,non solo per quello che aveva fattoper il Modena Football Club. Lastruttura che oggi ospita l’HotelResidence Zodiaco era già stata pen-sata da lui, anche se il progetto poi èstato portato avanti da noi erediqualche anno dopo la sua scompar-sa, avvenuta improvvisamente nel-l’estate del 2000.

Quindi possiamo dire che non siacasuale il gusto dell’ospitalità che sirespira in questa struttura, ma procededa una traccia che parte da lontano e checaratterizza la vostra famiglia…

La nostra famiglia è sempre stataimpegnata nell’impresa, con unaparticolare attenzione a valori cheforse sono rari oggi, come la corret-tezza, che è la base della qualità edell’eccellenza. Nella gestione diun’impresa è facile lasciarsi tentaredai facili guadagni, ma chi cede atale tentazione presto deve fare iconti con complicazioni inimmagi-nabili. Per esempio, se noi non adot-

tassimo un filtro nell’accoglienza deinostri ospiti, se fossimo mossi solodalla finalità commerciale, perquanto lecita, di riempire gli appar-tamenti, questo andrebbe a scapitodella qualità. Invece, abbiamo sem-

pre cercato di tene-re lontane categoriedi persone cheavrebbero potutosqualificare l’interastruttura, per tute-lare i nostri clienti –famiglie con bam-bini, professionisti,manager – e dareloro la garanzia diabitare in un am-biente sicuro e pri-vo di situazioni am-bigue.

L ’ I m m o b i l i a r eZetadue si è sempredistinta per lo stilenegli interventi cheda oltre trent’annihanno contribuitoallo skyline della

nostra città: basti pensare al Direzionale70, al Villaggio Zeta o al centro tennisZetadue, con le loro soluzioni architetto-niche d’avanguardia…

L’area in cui sorge il Residence, tral’altro, avrebbe dovuto diventare unpolo dedicato allo sport e all’ospita-lità, nel progetto di Gigi. Oltre alcentro tennis che lei citava, avevafatto costruire all’inizio degli anni

novanta la casa degli anziani, cedu-ta in seguito in gestione a un team dimedici, che tuttora ospita anzianinon autosufficienti. Gigi ha inco-minciato a offrire servizi generali diquartiere, anche se questa non erauna zona residenziale. È partito conla struttura per gli anziani e il secon-do investimento è stato il Residence,pensato da lui e realizzato da noi.

Questa potrebbe divenire una vera epropria “città dello sport, della salute edell’ospitalità”…

Sicuramente: il futuro dell’econo-mia prevede uno sviluppo interes-sante in questi settori. La cura dellapersona diventa sempre più unbusiness, come l’assistenza all’an-ziano, considerando la tendenzadella popolazione a invecchiare. Main questi ambiti, più che in qualun-que altro, al primo posto dev’esseresempre posta la qualità nell’acco-glienza e nel servizio. Non a caso,nel nostro Hotel Residence abbiamopensato diversi tipi di accoglienza, aseconda delle esigenze di ciascuncliente, perché anche la possibilità diconfezionare un servizio su misura èun aspetto importante della qualità.D’altra parte, il nostro slogan “Feelat home” si basa proprio sul fattoche per sentirsi a casa l’ospite devepercepire la nostra disponibilità aessere elastici, anziché limitarciall’offerta standard.

Questo è molto apprezzato neicasi di permanenza di medio elungo periodo, che sono i più nume-rosi da noi, perché adattarsi perqualche giorno è possibile, ma chi ècostretto, per lavoro o per motivifamiliari, a vivere per un periodomaggiore lontano dalla propria resi-denza ha proprio bisogno di sentirsia casa.

EROS MASONI E MARCO MONTAGNANIsoci dell’Immobiliare Zetadue, Modena

DALDAL MITO DI GIGI ILMITO DI GIGI IL GUSTOGUSTO

DELLDELL’OSPIT’OSPITALITÀ AALITÀ A MODENAMODENA

Da sin.: M. Montagnani, Mons. Lanfranchi, E. Masoni

Living di uno degli appartamenti dell’Hotel Residence Zodiaco

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Con i suoi cinquant’anni di esperien-za appena compiuti, Tagliavini è statafra le prime aziende bolognesi a realizza-re impianti a energie rinnovabili utiliz-zando le risorse della natura…

Il 26 luglio 1963, l’azienda artigia-na Tagliavini Franco veniva iscrittaalla Camera di Commercio con laqualifica di “Lavori da fontaniere”,che definiva l’ambito di attivitàidraulica. Com’è accaduto spesso atanti imprenditori di questa regione,anche mio padre aveva incomincia-to l’attività in un garage di appenaotto metri quadrati. Oggi, l’aziendaha una struttura di quasi 500 metriquadrati, con 15 collaboratori spe-cializzati e un parco furgoni in viag-gio per le strade dell’Emilia Ro-magna con il marchio Tagliavini. Ilnostro core business rimane la rea-lizzazione di impianti idrosanitari,ma abbiamo ampliato gli ambitid’intervento ai lavori edili completi,avvalendoci di nostri professionistidi fiducia. Sempre più spesso, infat-ti, i clienti chiedono lavori cosiddet-ti finiti, poiché è più complesso sce-gliere di volta in volta artigiani qua-lificati e puntuali e seguire l’organiz-zazione dei singoli lavori. Con ilnostro intervento, il cliente puòvalutare e programmare uno sca-denziario dei lavori con l’utilizzodelle tecnologie più aggiornate e conun miglioramento dell’efficienzadell’edificio grazie a un’offerta arti-colata, che ha anche il vantaggio dipresentare preventivi più chiari eprecisi. Quando si alternano impre-se differenti nei lavori di ristruttura-zione o di rinnovo degli impianti diuna casa, il controllo della qualitàdiventa più difficile, senza conside-rare i problemi di sicurezza che pos-sono intervenire. Con il nostro inter-vento invece c’è una garanzia diqualità e un elevato contenuto tec-nologico. Da venticinque anni, adesempio, montiamo pannelli solariper la produzione di acqua calda.Abbiamo così messo a punto undispositivo per il suo recupero e peril ricambio dell’aria, che si traduce

in un notevole risparmio di gas.Abbiamo anche progettato unaparabola termica, che concentra insé i raggi solari muovendosi lungodue assi di rotazione per acquisire lamaggiore quantità possibile di ener-gia. In questo modo viene prodottal’acqua calda che può essere utiliz-zata sia per il riscaldamento delleabitazioni sia per uso sanitario.

Quindi le competenze che possia-mo offrire in ambito edile e idrauli-co, sia tradizionale sia evoluto, sonofra le migliori reperibili sul mercatooggi.

La vostra attenzione per la tecnologiapiù all’avanguardia nei diversi settoriin cui operate fa parte di una politicaaziendale da sempre attenta alla forma-zione tecnica…

Ho sempre ritenuto essenziale tra-smettere, in particolare ai giovani,l’esperienza che abbiamo acquisitonegli anni, per questo è indispensa-bile la formazione tecnica nellescuole, soprattutto professionali.Abbiamo sempre più bisogno di gio-vani tecnici qualificati. Purtroppo,negli anni scorsi, è stato diffuso inItalia un grave pregiudizio sulla for-mazione tecnica, che derivava dauna falsa contrapposizione con laformazione umanistica. È fonda-mentale far capire l’importanzadelle scuole tecniche, a maggiorragione ai giovani che hanno sceltole scuole professionali come ripiego.Conosco bene queste realtà dove hostudiato prima e insegnato poi.Tuttora, la mia soddisfazione è vera-mente grande quando mi reco neicantieri per eseguire perizie e incon-tro gli studenti di allora che oggisono diventati bravi tecnici e che miringraziano, ricordando quellelezioni che hanno contribuito al loroprogetto di vita. Non può essercilavoro senza scuola, senza sicurezzao senza preparazione tecnico-pro-fessionale. In Italia, siamo passati daun estremo all’altro: in passato, laformazione avveniva con apprendi-stato sul cantiere, dove al capocan-tiere, riconoscibile dal grembiule

bianco, ci si rivolgeva con il “Lei”; disolito insegnava il lavoro manualesenza dare nozioni tecniche, cheinvece s’imparavano da soli lavo-rando con tenacia e caparbietà; oggi,disponiamo della tecnica semprepiù avanzata, ma spesso non c’è chipossa trasmetterla. Eppure, la for-mazione tecnica è sempre piùimportante, considerando che i gio-vani di oggi sono coloro che domaniripareranno la nostra auto o lanostra caldaia e faranno sì che noipossiamo continuare ad accenderela luce di casa senza rischi, perchésapranno come intervenire in modoprofessionale e a regola d’arte. Laformazione tecnica può essere datasolo da insegnanti preparati eaggiornati, da persone che amano ilproprio lavoro, per questo penso chesarebbe interessante l’affiancamentodi docenti esterni provenienti dalmondo del lavoro, costantementeaggiornati su prodotti, tecnologie etecnica, ai docenti scolastici. Inoltre,sono convinto che la crescita econo-mica di un paese possa avvenirefavorendo l’apprendistato dei gio-vani, che in questo modo divengonogaranti del nostro futuro. Apriamola mente anche noi adulti, se voglia-mo essere credibili e autorevoli conle nuove generazioni. La cultura dàun contributo essenziale alla stessamanualità e migliora qualsiasi pro-getto.

CLAUDIO TAGLIAVINIpresidente di Tagliavini Srl, Bologna

LE NOVITÀ PER ILLE NOVITÀ PER IL RINNOVORINNOVODEGLI IMPIANTI DELLADEGLI IMPIANTI DELLA CASACASA

Konstantin Rudakov, Serata di gala

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A partire dal 1985, Tecnofinestra haservito oltre 15.000 famiglie a Modena eprovincia, mettendo a disposizione infis-si di altissima qualità, oltre a un servi-zio che ha saputo dare la massima soddi-sfazione alle esigenze di ciascun cliente,con serietà, puntualità e attenzionecostanti. Non a caso, quest’anno hamigliorato il proprio fatturato del 30 percento, evento raro in un periodo di crisi,soprattutto nel mercato immobiliare…

In effetti, questo è un indice dellanostra vicinanza alle persone, dellafiducia che siamo riusciti a conqui-stare negli anni e che ci vede impe-gnati a servire addirittura la terzagenerazione: non è raro che oggisostituiamo infissi venduti da menel 1974, quando ancora lavoravocome responsabile commerciale peruna cooperativa del settore.Lavorando in tutta Italia, oltre aimparare a conoscere la bellezzadelle principali città del nostropaese, ho acquisito un’esperienzaenorme, che ho voluto poi portare aModena. E i clienti l’hanno ricono-sciuta, attraverso la loro fedeltà inquarant’anni. Oggi, il nostro Grup-po, seppure in un territorio ristretto,opera con quattordici dipendenti eventi posatori esterni, seguiti dalpersonale tecnico, guidato da miofiglio Alessandro, oltre che da quel-lo commerciale, di cui è responsabi-le mia figlia Sara. Per quanto picco-lo, il nostro Gruppo lavora con glistessi criteri delle grandi aziendenostre fornitrici. Per esempio, dallaFinstral – unica industria italiana delsettore, con 1600 dipendenti – abbia-mo imparato a migliorare semprepiù il servizio, portando le novitàpiù interessanti in azienda e trasfe-rendole poi nelle case dei nostriclienti.

Quali sono i motivi principali cheintervengono nella decisione di sostitui-re gli infissi?

Prima di tutto oggi si punta a ren-dere una casa efficiente dal punto divista del risparmio energetico, e gliEco-bonus sono una prova di questo

interesse. Grazie a tutto il mio teame a un gruppo di posatori qualificatiche collaborano con Tecnofinestrada anni, eseguiamo una posa inopera secondo i criteri di “CasaClima” per assicurare un’ottimatenuta termica. Ma le esigenze dimiglioramento che determinano lasostituzione di un infisso sono le piùsvariate, dall’isolamento acustico,alla possibilità di ridurre quasi azero le esigenze di manutenzione, aldesign e alla sicurezza. Con-siderando l’aumento esponenzialedei furti nell’ultimo periodo, la sicu-rezza è un tema che ci sta particolar-mente a cuore, per questo dotiamole finestre di sistemi di protezioneche rendono più difficoltoso il solle-vamento dell’infisso in posizione dichiusura o a ribalta e montiamoporte blindate robuste e inferriate inacciaio con vari sistemi di apertura.Se al recupero fiscale del 65 percento aggiungiamo il risparmioenergetico del 35 per cento, oggipossiamo sostituire i nostri infissi acosto zero, e viviamo in sicurezza lanostra casa.

Siamo orgogliosi di avere servito

oltre 15.000 famiglie modenesi,come ricordava lei all’inizio. E inostri clienti sono soddisfatti delnostro servizio, considerando chehanno fatto nascere un passaparolapositivo, che ci ha permesso di inve-stire in un nuovo show room aSpilamberto, continuando a crescereanche in questi momenti di crisi.

Nei nostri show room di Modenae Spilamberto, abbiamo una vastaesposizione di infissi per interno eper esterno, porte interne, boiserie,porte blindate, portoni per garage.Dedichiamo molta attenzione all’in-novazione, alla tecnologia, ai mate-riali e ai colori, dando la massimaconsulenza e la più ampia scelta alcliente. Ma i risultati tangibili cheotteniamo sono dovuti soprattuttoalla passione per questo lavoro che,fortunatamente, sono riuscito a tra-smettere ai miei figli e a tutto il miostaff, sempre pronto a dare il massi-mo impegno per raggiungere l’ec-cellenza in ciò che viene richiesto,rispondendo in modo qualificato ecompetente. Il nostro metodo dilavoro si basa dalla volontà di servi-re al meglio il nostro pubblico,soprattutto prestando un’attenzionecostante alle nuove tecnologie emettendoci a disposizione dei clien-ti e di tutti gli addetti ai lavori:imprese edili e studi tecnici e di pro-gettazione, con i quali abbiamoinstaurato un dispositivo di comuni-cazione costruttivo da sempre e con-tinueremo a farlo nei prossimi anni.

Da sin.: Alessandro, Sara e Mario Mazzucchi

MARIO MAZZUCCHItitolare di Tecnofinestra (Modena e Spilamberto)

NUOVI INFISSI ANUOVI INFISSI A COSTO ZEROCOSTO ZEROCON TECNOFINESTRACON TECNOFINESTRA

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L’Emilia colpita dal sisma delmaggio 2012 entra nella fase più

delicata: la ricostruzione. Quantosuccesso lo scorso anno per il siste-ma Emilia rappresenta un eventostraordinario. Per il modo in cui tuttinoi viviamo e pensiamo a questosistema da classe dirigente, lagestione di questo evento non puòche comprendere le parole program-mazione, opportunità, squadra.

Il Commissario Errani, all’indo-mani del sisma, diceva ai sindaci dinon fermarsi a gestire l’emergenzama di guardare oltre, di ripensare alfuturo delle comunità e dei territoricolpiti.

Se da un lato la fase della ricostru-zione impone a tutti noi uno sforzo

ulteriore nella gestione delle casisti-che e delle risposte a cittadini eimprenditori, impegnati nel ritornoalla normalità, dall’altro ci imponedi dare quelle linee strategiche, perconsentire all’Emilia di tornare aessere quel motore propulsivo del-l’intero paese, non solo ripristinan-do ciò che c’era prima. Non sarà piùcome prima, non lo siamo nemmenonoi, che abbiamo vissuto in primapersona il terremoto, quindi occorreripensare al nostro essere Emilia.

Nonostante il sisma abbia coinvol-to un territorio vasto, in realtà siamoun’unica città e come tale dobbiamogestire la ricostruzione con un’unicaregia, affinché ogni sua fase funzionial meglio, come al meglio devono

funzionare i servizi di una città perrispondere ai bisogni dei suoi abi-tanti, delle sue realtà produttive.

Quindi occorre una governancecapace di dare quella visione, quellastrategia unitaria per restituirel’Emilia in qualità, non un io, non unsingolo comune, ma un noi e un ter-ritorio che ha bisogno di riprenderela sua vitalità e operosità in tutti isettori.

Purtroppo, non sempre tutto que-sto è stato fatto, anche se ne intrave-diamo i primi segnali: il Tecnopolodel Biomedicale e delle Nanotecno-logie, il Distretto produttivo regio-nale del Lambrusco.

L’Emilia ha bisogno di fare siste-ma, ne ha bisogno doppiamente, perfar fronte al sisma e alla crisi econo-mica che sta sferzando le nostreimprese e il nostro tessuto sociale.Questo convegno è un’occasione perparlarne e per lanciare, o meglio,rilanciare lo spirito di unità che devecontraddistinguerci.

ALBERTO BORGHIsindaco di Bomporto (MO)

RICOSTRUIAMO LRICOSTRUIAMO L’EMILIA’EMILIACOME UN’UNICACOME UN’UNICA CITTÀCITTÀ

PALMA COSTIpresidente Assemblea Legislativa, Regione Emilia Romagna

COLLABORIAMO ALCOLLABORIAMO AL SECONDOSECONDORINASCIMENTO DELLRINASCIMENTO DELL’EMILIA’EMILIA

Il titolo questo incontro, Restituirel’Emilia in qualità, rappresenta

molto bene il lavoro che stiamofacendo e lo spirito con cui il dram-ma del terremoto è stato vissuto: unospirito generato dalla capacità diaffrontare le avversità della vita, disuperarle e di uscirne rinforzati.L’Emilia, nonostante il dramma subi-to, non si è raccontata come luogo diautocompatimento e di commisera-zione, perché ha sempre prevalso,allo strazio, la voglia di esserci e diripartire.

Questo non significa non preten-dere e non chiedere ciò che ci spetta,sia come cittadini sia come enti loca-li, allo Stato centrale. Parlando contanti cittadini e imprenditori, parte-cipando alle tantissime inaugurazio-

ni in questi ultimi mesi, provo un’in-tima sensazione di rinascita, che ali-menta il proseguimento in questoincredibile, e spesso faticoso, percor-so a ostacoli che può permetterci diconsegnare un futuro distretto delterzo millennio, un distretto al-l’avanguardia in Europa e nelmondo per qualità economica e qua-lità della vita. Voglio chiamarlo, riag-ganciandomi alla filosofia e allo spi-rito di chi ci ospita, secondo rinasci-mento, un rinascimento incarnatodai cittadini che vogliono ritornarenella propria casa e nella propriavita, dagli imprenditori e dalleimprenditrici, dai lavoratori e dallelavoratrici che hanno resistito erilanciato, immediatamente subitodopo il sisma e spesso in condizioni

impossibili. Anche in ambito pubblico si è

lavorato con lo stesso impegno, conla volontà di dare le migliori rispostepossibili ai cittadini e alle imprese. Èprevalso un profondo spirito di col-laborazione fra pubblico e privato(fra cittadini, istituzioni, associazionidi categoria, sindacati, ordini profes-sionali), che non vuol dire andared’accordo e non avere idee diverse onon litigare, ma stare sul pezzo.

Oggi la ricostruzione entra in unafase decisiva e avrebbe bisogno di unsurplus di proiezione futura. La con-cretezza della ricostruzione dev’es-sere contagiata dall’immaginazionedi che cosa potrà essere questo terri-torio, perché tutti abbiamo vissutouna situazione straordinaria, pur-troppo straordinariamente negativa,ma abbiamo anche imparato che daquesta tragedia si possono cogliereinsegnamenti che dovranno riper-cuotersi in ogni ambito d’intervento.Però per farlo bisogna continuarecon la stessa forza e soprattutto conlo stesso spirito di collaborazione.

RESTITUIRE LRESTITUIRE L’EMILIA’EMILIA IN QUALITÀIN QUALITÀTavolo di lavoro organizzato da

ANCE Modena, Ardea Progetti e Sistemi,Confcommercio Imprese per l’Italia Regione Emilia Romagna,

“La città del secondo rinascimento”(Villa Cavazza, Bomporto, 25 ottobre 2013)

(articoli fino a pag. 61)Da sin.: Palma Costi, Anna Spadafora, Gian Carlo Muzzarelli

@fabiocasari - 2013

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Per introdurre questo tavolo dilavoro (Restituire l’Emilia in quali-

tà, 25 ottobre 2013, Villa Cavazza,Bomporto), rivolgo a ciascuno unapreghiera: nessuno si senta attacca-to, escluso o messo in secondopiano, nessuno si senta vittima o siaspetti riconoscimenti per ciò che hafatto in questi 17 mesi. Non è ilmomento. Sta a ciascuno dare uncontributo, soprattutto di lucidità eintelligenza, come ha fatto nei primimesi, quando si trattava di prestaresoccorso alla popolazione e di met-tere in sicurezza gli edifici pericolan-ti. L’emergenza oggi è nell’assenzadi risorse economiche per gli inve-stimenti in ricerca e innovazione chenegli ultimi decenni avevano con-sentito alle nostre imprese di con-quistare i mercati internazionali e dicontribuire al 2 per cento del PIL delpaese. Non possiamo accettare chequelle risorse siano utilizzate per laricostruzione o per pagare le tasse elasciare che le imprese, colpite dalterremoto, oltre che dalla crisi, per-dano slancio in questo modo. Esiamo qui oggi anche per fare inmodo che i cittadini ascoltino quan-to è stato pensato, quali impegni cia-scuno prende e qual è la politicaindustriale che orienterà le attivitàpubbliche di queste aree. Ma quinon ci sono politici, funzionari,imprenditori, professionisti, profes-sori, qui c’è ciascuno, e ciascuno, conautorità e responsabilità, si chiedaqual è il contributo insostituibile eirrimandabile che può dare per l’av-venire della propria città, provincia,regione, paese. E ricordiamoci chepuò darlo solo facendo, non rima-nendo paralizzato o frenando le pro-cedure per paura di sbagliare:“Molte volte”, scriveva Machiavelli,“per la paura solamente, sanza altraesperienza di forze, le città si perdo-no”.

Le autorità locali hanno ottenutograndi risultati, se confrontati conquelli di altre regioni colpite dasismi precedenti. Ma ciò non toglie

che qualcosa non abbia funzionato,se è stato necessario prorogare lascadenza per la presentazione deiprogetti dal dicembre del 2013 aldicembre 2014. E, per quanto ciascu-no si sforzi per cercare di capire leresponsabilità di questo ritardo –inaccettabile, in un’area così operosae produttiva –, dobbiamo ammettereche purtroppo la causa sta nel siste-ma burocratico, che ognuno alimen-ta come cittadino italiano, a suainsaputa e contro la sua stessavolontà. In un sistema che blocca ilfare perché si prefigge di attuare icontrolli ex ante, anziché ex post, ècome se l’arbitro di una partita inter-venisse prima che i calciatori com-mettessero fallo e volesse controllareogni loro possibile movimento, chie-dendo un resoconto dettagliato allamoviola di quello che avverrà,prima di autorizzare l’inizio dellapartita. E poi, paradossalmente, unavolta concessa l’autorizzazione, noncontrollasse più le azioni dei calcia-tori in campo. Questo è ciò che acca-de oggi in Italia e che rende il nostropaese ormai così lontano dai moder-ni paesi, anche nostri vicini prossi-mi, che rischiano di popolarsi dinostri connazionali perché lì l’aper-tura di un’attività richiede tre giorni,non tre anni.

A chi dice che per fare bene nonbisogna avere fretta ricordiamo chel’urgenza non è la fretta. Oggi c’èl’urgenza e l’occorrenza che lenostre imprese ricevano linfa vitaleper il loro proseguimento e il lorosviluppo. Solo per questo, ci permet-tiamo, con l’audacia e il rischio del-l’approccio intellettuale, di dare duesuggerimenti alle autorità perchédiano la direzione a questa nostrabattaglia di cittadini colpiti da unsisma che non si vedeva da cinque-cento anni e a cui non eravamo pre-parati: prima di tutto, possono chie-dere a ciascun funzionario di adotta-re un approccio di collaborazione,anziché di controllo dell’operato diprofessionisti e imprese, presumen-

do di dover scovare il difetto a tutti icosti; in secondo luogo, possonofarsi promotrici di un progetto pilo-ta rivoluzionario per il nostro paese.Il terremoto ha fornito la prova chenulla è fermo, che ciascuno di noi èin viaggio: perché non proporre undisegno di legge che preveda, alme-no nelle aree colpite da catastrofinaturali, i controlli a valle delle ope-razioni di ricostruzione, per consen-tirne la tempestività e rilanciarel’economia, prima che sia troppotardi?

Per chi, come noi, con il nostrogiornale “La città del secondo rina-scimento”, ha modo d’incontrare gliimprenditori e di valorizzarne l’im-menso patrimonio industriale, comequello culturale e artistico, è motivodi grande dolore, ma anche di sti-molo, ciò che ascoltiamo, la loro soli-tudine, la loro indignazione, senzamai vittimismo. Dagli imprenditoriabbiamo imparato che nulla si fasenza la scommessa di riuscita.Questo vorremmo divenisse il mes-saggio di questo primo tavolo dilavoro: oggi dovremmo enunciare lascommessa che, entro uno o dueanni – stabiliamolo –, tutti i lavori diricostruzione saranno già completa-ti.

Ciascuno faccia la sua parte, anchei tecnici, pubblici e privati, che maicome in questo momento devonosentire la responsabilità del prose-guimento, oltre che del rilancio, diun’area che da sola, prima del terre-moto, generava un gettito di impo-ste dirette e indirette pari a 7 miliar-di di euro.

Per chi, come noi, con la casa edi-trice Spirali, ha organizzato dibattiticon le sovrintendenze di varie cittàd’Italia, sul tema del restauro, intor-no a cui è stato pubblicato il libro diRoberto Cecchi, allora direttoregenerale del ministero dei Beni cul-turali, Testimonianza materiale di civil-tà, restauro vuol dire restituzione inqualità, non com’era prima o megliodi prima, ma come non è mai stato.Allora, vorrei invitare ciascuno amettersi in viaggio e a sognare, per-ché solo così potrà cogliere l’oppor-tunità che abbiamo in questomomento d’inventare l’Emilia deiprossimi cento anni, restituendonela qualità, anche quella che non c’eraprima del terremoto, pur valoriz-zando la memoria e la sua traccia.

ANNA SPADAFORApsicanalista cifrematico, direttore dell’Associazione Culturale Progetto Emilia Romagna

RESTITUIRE LRESTITUIRE L’EMILIA’EMILIACOME NON È MAI STCOME NON È MAI STAATTAA

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Sapevamo che il processo di rico-struzione non sarebbe stato velo-

ce, anzi, per chi ha perso la casa el’azienda, i tempi della ripresa sonocomunque e sempre troppo lunghi.Ma, avendo vissuto direttamente lacomplessa operazione in tutti i pas-saggi, dal nazionale al locale, oltre aqualche intoppo, abbiamo vistotanto lavoro comune per dare allapopolazione e alle imprese gli stru-menti necessari per ricostruire.

Allora, quale ricostruzione? Credoche la prima preoccupazione debbaessere quella di ricostruire, assiemeai muri, il tessuto sociale di relazio-ne, di comunicazione, di legami sulterritorio che da sempre contraddi-stingue questa terra. E, per raggiun-gere questo obiettivo, è inevitabilepartire dalla realtà delle imprese delterziario. Il commercio ha sempreavuto un ruolo fondamentale dicostruttore di socialità, di scambio,di interrelazione, soprattutto nel tes-suto urbano. Anche storicamente,molti paesi e città hanno presoforma intorno ai mercati, alle piazzedi scambio, ai negozi, che rappre-sentavano uno dei maggiori elemen-ti di vitalità dei centri abitati. I nostricentri urbani hanno costruito la lorofisionomia attuale nella continuità,superando crisi di funzione e crisieconomiche. Oggi occorre ricostrui-re questa continuità, per questo dob-biamo ampliare il concetto di emer-genza: non si tratta semplicementedi recuperare la fruibilità delle zonerosse, occorre consentire e promuo-vere la vivacità delle aree riconqui-state al loro uso, per far sì che possa-no tornare a essere pienamente luo-ghi di socialità.

Questo obiettivo è sempre statopresente nella nostra azione dopo ilsisma. Abbiamo chiesto con insi-stenza alla Regione e alle ammini-strazioni comunali di collaborareper la localizzazione temporaneadelle imprese situate nelle zonerosse, ma non in modo casuale edispersivo. Abbiamo cercato di

mantenere quella funzione di “cen-tro commerciale naturale” che larete di queste imprese svolgevanelle strade e nelle piazze dei nostripaesi. E questo, dove è stato possibi-le, mantenendo anche la massimaprossimità alle “zone rosse” e con

soluzioni non banali: ricordiamo, aquesto proposito, i riconoscimentianche esterni che abbiamo avuto perla nostra iniziativa Cavezzo 5.9 o gliinterventi a sostegno delle attivitàdel centro storico realizzate dallenostre Associazioni provinciali,anche con risorse proprie, aReggiolo, a Cento, a Crevalcore.

L’assessore Gian Carlo Muzzarelliricorderà la nostra insistenza perchéil bando per le imprese collocatenelle “zone rosse” fosse emanato intempi brevissimi: crediamo di avervisto giusto, e diamo atto allaRegione di aver colto lo spirito dellanostra richiesta, tesa a garantire ilproseguimento delle attività econo-miche, ma anche a mantenere unlegame tra le piccole imprese com-merciali e artigiane e il territorio.Legame che la ricostruzione deverafforzare.

Continuiamo ora a lavorare, con

celerità, avendo ben presente l’obiet-tivo che vogliamo raggiungere.Sappiamo che occorre fare incontra-re competenze tecniche, impegno dipolitici e amministratori locali,disponibilità delle imprese e delleloro rappresentanze. La celerità nonè tuttavia un elemento secondario: ilnostro mondo è veloce, e con questavelocità le nostre imprese fanno iconti continuamente. E allora itempi delle imprese devono preva-lere sui ritmi della burocrazia.Sappiamo che non è facile: le dimen-sioni del sisma hanno messo in lucel’assenza di un sistema di norme per

affrontare in modo adeguato legrandi emergenze. Queste norme,come cittadini emiliano romagnoli,abbiamo dovuto conquistarle pezzoper pezzo, sul piano degli aiuti allaricostruzione, su quello urbanisticoed edilizio e su quello fiscale. E, avolte, fra i mille livelli della incredi-bile burocrazia della nostra Italia, irisultati non sono stati quelli che ciaspettavamo, ma ci sono stati.

Credo che ragionare assieme suquesti temi, come vogliano fareoggi, sia indispensabile per noi, maanche un segnale utile per tutto ilpaese.

Siamo una regione all’avanguar-dia, nella produzione agricola, indu-striale, nel commercio e nel turismo.Abbiamo dimostrato che lo siamoanche nell’emergenza. Il prossimopasso è far vedere che sappiamoricostruire migliorando la nostrasocietà e il nostro stile di vita.

UGO MARGINIpresidente Confcommercio-Imprese per l’Italia Regione Emilia Romagna

ILIL COMMERCIO, I SERCOMMERCIO, I SERVIZIVIZIE ILE IL TURISMO PER LATURISMO PER LA VITVITAADEI CENTRI STORICI COLPITIDEI CENTRI STORICI COLPITI

Ugo Margini

@fabiocasari - 2013

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La Legge regionale per la ricostru-zione parte da un presupposto

chiaro: costruire qualità dove nonc’era e ricostruirla dove era uno deivalori identitari del territorio. Unobiettivo che la legge ha già conse-guito è la programmazione dellaricostruzione del patrimonio pubbli-co danneggiato, in seguito a un cen-simento che ha consentito una valu-tazione del danno complessivo paria un miliardo e 300 milioni di euro.È impensabile che un’opera di taleentità sia realizzata entro un anno. Enon sarebbe neanche giusto.

Al momento, abbiamo licenziato ilprimo stralcio del programma, di530 milioni di euro, già finanziati,che riguarda gli anni 2013-2014.Questo significa che dobbiamo com-piere uno sforzo straordinario perprodurre quella qualità che occorrea ridosso di beni pubblici così rile-vanti e che deve essere prodotta daivari attori: pubblici amministratori,proprietari (pubblici o privati), tec-nici e costruttori.

Un altro tassello fondamentaledella legge sta nei piani di ricostru-zione dei comuni, per ritrovare quel-la identità culturale e patrimoniale,ma anche sociale ed economica, cheun piano può avere se si attivano ivari protagonisti di quel territorio. Ilpiano consente di conservare la pia-nificazione esistente, di variarla, dirimodularla, con tempi e procedurestraordinarie, che hanno la dotazio-ne di fondi a disposizione delCommissario. I piani devono essereprodotti entro il 31 dicembre 2013,ma in questo periodo siamo abituatia non essere formali e a darci obiet-tivi stringenti. Inoltre, i piani posso-no essere variati in corso d’opera, aseconda delle difficoltà oggettive.

È vero che l’amministrazione pub-blica deve passare da una condizio-ne di controllo preventivo a una dicontrollo a risultato – e questodovrebbe valere non solo nella rico-struzione dopo il terremoto, ma incondizioni normali. Purtroppo,abbiamo appena approvato una

legge edilizia che va in questa dire-zione, ma dopo tre giorni il governol’ha impugnata. Questo è il contestoin cui stiamo lavorando: non possia-mo dimenticare che non siamo auto-nomi.

Quindi, sicuramente possiamoutilizzare questa esperienza per por-tare avanti il percorso di innovazio-ne legislativa che era già avviato,per spostare l’asse: è un cambiamen-to culturale, professionale e organiz-zativo quello che stiamo chiedendoa chi ci osserva. Ma, per esempio,ancora non siamo organizzati pergarantire i tecnici professionisti, chelavorano per cittadini e imprese, adiventare responsabili dell’assevera-zione, considerando che sono unpezzo sempre più complementaredella procedura amministrativa;inoltre, la PA non ha ancora gli stru-menti per fronteggiare fino in fondoi problemi della sicurezza, dellalegalità e della trasparenza, che nonsono indifferenti nel nostro paese.

Comunque, stiamo lavorando inquesta direzione, siamo a completadisposizione per accogliere le solle-citazioni, anche culturali, e sonosicuro che, collaborando, riusciremoa ottenere sia la qualità che c’eraprima del terremoto sia quella chepossiamo conquistarci.

ALFREDO PERIassessore Programmazione territoriale, urbanistica e mobilità, Regione Emilia Romagna

QUALE PROGRAMMAQUALE PROGRAMMA PERPERRICOSTRUIRE ILRICOSTRUIRE IL PPAATRIMONIOTRIMONIO

STEFANIA ZANNIUfficio di presidenza Anci Emilia Romagna, sindaco di Campogalliano

RESTITUIRE LARESTITUIRE LA QUALITÀ DELLEQUALITÀ DELLECITTÀ E DELCITTÀ E DEL PPAESAGGIOAESAGGIO

Mi auguro che, a partire da que-sto incontro, possiamo andare

oltre la valutazione degli strumentiche ci siamo dati per uscire dal-l’emergenza e incominciare a ragio-nare sulla qualità delle nostre città.

Mi hanno colpito molto le paroledi Fabrizio Valva, il giovane inge-gnere intervistato nel cortometrag-gio XX settembre, che notava comeciascun edificio sia differente dall’al-tro e non esista la soluzione, madiverse soluzioni in funzione deidiversi problemi; quindi occorre col-laborare e trovare il modo di coinvol-gere anche i tecnici degli enti pubbli-ci alla progettazione, per ottenere ilrisultato migliore possibile. Ma nonpossiamo coinvolgere i tecnici solonei controlli, dopo che i lavori sono

stati eseguiti, la collaborazionedev’esserci prima. D’altra parte,anche il capo della Protezione CivileGabrielli notava che la forzadell’Emilia Romagna sta nel fatto chelavoriamo tutti intorno allo stessotavolo, e quel tavolo è tondo, non c’èun noi e un voi, gli uni contro glialtri, ma tutti gli enti locali, le asso-ciazioni di categoria e gli ordini pro-fessionali.

Nell’emergenza era giusto darerisposte veloci e immediate ai citta-dini, ma ora che si sta parlando diricostruzione dobbiamo fare unosforzo per rigenerare le nostre città eprenderci il tempo che occorre.Niente sarà più come prima, abbia-mo superato il “dov’era, com’era”,ma vogliamo che sia meglio di

prima, non solo in termini di sicurez-za sismica e risparmio energetico,ma anche di razionalità, soprattuttoper gli edifici pubblici, di ottimizza-zione e di riqualificazione del nostrocostruito. Ma dobbiamo farlo attra-verso la partecipazione di chi proget-ta e dei cittadini: la Regione hamesso a disposizione altri fondi aquesto scopo e vari comuni hannoavviato esperienze di progettazionee programmazione partecipata.

Un’altra sfida importante è quelpercorso molto complesso cheriguarda le zone rurali: dobbiamoriqualificare, ricostruire, mantenereil nostro paesaggio, ma dobbiamoverificare se ripensarlo e rileggerlo inmaniera diversa.

Dobbiamo però evitare di ridurrele zone rurali a un insieme di piccoliborghi, a zone residenziali, e favorirele mutate esigenze degli agricoltori,mantenendo la testimonianza delnostro tessuto storico paesaggisticoper aumentare la forza di attrazionedel nostro territorio.

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In qualità di attori protagonistidella ricostruzione post-sisma, sul

campo tutti i giorni in questi mesi,noi costruttori abbiamo sostenutocon forza che le parole chiave checiascuno nel proprio ruolo devetenere in mente sono principalmentedue: tempo e coraggio.

Tempo, perché è inevitabile che ildisagio di cittadini e imprese colpitiaumenta in modo esponenziale conil trascorrere del tempo: le soluzioniche, dopo diciassette mesi, ancoranon sono state trovate pesano moltodi più di quanto non pesassero iprimi mesi. In ambito privato, a oggiabbiamo realizzato opere edili percirca 350 milioni di euro tra Mude eSfinge. Se consideriamo che il dannocomplessivo nel privato è stimatointorno ai 5-6 miliardi, siamo al disotto del 10 per cento della ricostru-zione. Ma non possiamo fare unaproporzione per capire quanti anniserviranno, considerando che in unanno e mezzo abbiamo ricostruito il7 per cento. Prima di tutto perché laprima fase ha richiesto molto lavoroalle amministrazioni locali, ai pro-fessionisti e alle stesse impreseprima di riuscire a districare la com-plessità delle procedure burocrati-che. In secondo luogo perché in que-sti ultimi mesi si avverte già un’ac-celerazione su tutto il territorio,

anche se non omogenea, perché,accanto a comuni che danno rispo-ste celeri, altri sono ancora piuttostointasati. Indubbiamente, la comples-sità delle procedure ha messo a duraprova la PA, già provata nei primitempi della ricostruzione. Però il ter-ritorio ha bisogno di un’iniezione divelocità nella capacità di risposta –magari facendo ricorso a incentiviper il trasferimento di funzionaricon competenze specifiche daun’amministrazione all’altra, anchetemporanea –, ne ha bisogno come ilsangue.

Nell’ambito delle opere pubbliche,dopo la prima risposta molto forte erapida che la Regione ha dato neiprimi mesi dopo il sisma, come hariportato l’assessore Alfredo Peri,oggi è stata stanziata una nuovaserie di finanziamenti, che dovrebbeportare alla completa ricostruzionedi scuole, beni architettonici, monu-mentali ed ecclesiastici.

Nonostante si parli spessi deiritardi della PA, è importante ricor-dare che sulle opere pubbliche ipagamenti sono stati effettuati intempi assolutamente adeguatirispetto alle promesse.

Come costruttori, vorrei riportareun dato che riguarda le casse edili,quindi la ricaduta sul nostro settoree sulla produzione di lavoro: in que-

sti diciassette mesi nella provincia diModena sono aumentate di circa del16 per cento le ore lavorate. Pur-troppo, il 50 per cento di questoaumento è derivato da aziende fuoriRegione. Per questo chiedo un soste-gno maggiore all’imprenditorialocale, anche per evitare quellesituazioni strane in cui si fanno stra-da realtà abbastanza oscure nellaloro gestione, che promettono cosemirabolanti per poi lasciare attivitàinchiodate perché non hanno unareale capacità di rispondere ai pro-blemi.

Vorrei inoltre sollecitare rispostepiù veloci della PA nell’iscrizionedelle imprese alla White list, magarianche trovando una soluzione attra-verso controlli ex-post.

E veniamo alla seconda parola: ilcoraggio. Con la Legge sulla rico-struzione, adesso la Regione hamesso un’arma importante in manoai comuni – se da parte del-l’Amministrazione ci sono la volon-tà, la capacità e il coraggio di utiliz-zarla – perché solamente con unpiano organico si può pensare a unavera ricostruzione che non sia quelladei singoli edifici danneggiati, mariguardi anche il tessuto sociale equello delle attività imprenditorialipresenti sul territorio.

In breve, lo stesso coraggio che c’èstato nella prima fase da parte ditutti, oggi deve servire per dare allaricostruzione maggiore linfa e ulte-riori spinte per raggiungere percen-tuali davvero più importanti diquelle attuali e che possiamo mette-re a disposizione.

STEFANO BETTIpresidente Ance Modena

LALA PPAROLAAROLA AI COSTRUTTORIAI COSTRUTTORI

Da sin.: Stefano Betti, Ugo Margini, Palma Costi, Anna Spadafora

@fabiocasari - 2013

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La lentezza con la quale procedo-no le autorizzazioni e di conse-

guenza i lavori di ricostruzione ècausata da molteplici fattori, nonultima la necessità d’intervenire incontesti e situazioni già complesseprima del sisma (tra l’altro, nel casodi interventi sul costruito, siamosempre di fronte a prototipi perchéciascun edificio e ciascun contestosono diversi dagli altri). E questodettaglio non è stato sufficientemen-te tenuto in considerazione dallaRegione nelle ordinanze che regola-no gli interventi.

La montagna di normative daseguire, a volte in contraddizione traloro, rende il nostro cammino di tec-nici insidioso e faticoso. Un’ulteriorefonte di ritardi nella ricostruzionesta nella necessità di risolvere pro-blematiche complesse che pocohanno a che fare con l’ingegneria,come cercare di mettere d’accordo idiversi proprietari delle UMI.

Terminata la faticosa e complessafase progettuale, dobbiamo comin-ciare a fare i conti con la burocrazia,spesso e volentieri con quella chepossiamo definire burocrazia passi-va, sorda a ogni richiamo di buonsenso, quel buon senso che nascedalla necessità di raggiungere unobiettivo comune per fornire un ser-vizio ai nostri concittadini, già cosìduramente colpiti, mettendoli nelle

condizioni di avere in tempi ragio-nevoli tutte le autorizzazioni.

Purtroppo, il nostro sistema auto-rizzativo è prevalentemente legatoal controllo delle procedure ex ante enon dei risultati ex post, secondo ilmodello anglosassone. Troppo lun-ghi e incerti i tempi per il normaleespletamento delle pratiche, troppopenalizzante la corsa a ostacoli nelproliferare delle ordinanze e dellenormative, inconcepibile la differen-za di comportamento tra le varieamministrazioni comunali, inaccet-tabili i ritardi dei tempi di pagamen-to (di approvazione dei SAL), moti-vati da richieste di integrazioni e/odocumentazioni marginali al pro-cesso costruttivo, come quella cheesige di documentare in modopedante ogni fase lavorativa anchequelle propedeutiche alle successive(demolizione/rifacimento d’intona-co). Ricordo che tali fasi per gli inter-venti più modesti possono durarepoche ore, quindi sono svolte senzala presenza del direttore dei lavori.

A questo punto occorre precisareche le responsabilità civili e penalidelle figure professionali che con-corrono al percorso autorizzativo,ribadite anche nel D.G.R.1373 del26/9/11, sono del tecnico progetti-sta e direttore dei lavori, non dei tec-nici degli enti pubblici.

Chiedo pertanto che le normative

siano rispettate da tutti i soggettidella filiera autorizzativa, poiché leinutili ingerenze sulle scelte proget-tuali e sulla qualità degli elaboratigrafici portano a ritardi che nonsono giustificati, se non da un falsosenso di responsabilità da parte dichi le attua, con conseguenze a voltedrammatiche che possono arrivarealla perdita del contributo economi-co. Le pubbliche amministrazionidovrebbero ricordare che nella cer-tezza dei tempi autorizzativi risiedeuno dei pilastri del contrasto allacorruzione. Pertanto, non è suffi-ciente il pur lodevole impegno delleistituzioni sulla trasparenza del flus-so economico per un efficace contra-sto all’illegalità.

Nel rispetto degli obiettivi finali dimassima qualità degli interventirealizzati e di lotta all’illegalità, noiingegneri chiediamo pertanto unaforte riduzione degli adempimenticon l’eliminazione di norme che,spesso in contrasto tra loro, portanoa tortuosi percorsi interpretativi.

AUGUSTO GAMBUZZIpresidente Ordine degli Ingegneri della Provincia di Modena

BASTBASTAA BUROCRAZIABUROCRAZIA PPASSIVASSIVAA

Augusto Gambuzzi

SPIRALI EDIZIONIw w ww w w . s p i r a l i . c o m. s p i r a l i . c o m

@fabiocasari - 2013

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Credo che quella di oggi siaun’ulteriore occasione per

rimarcare quanto sia importanteaffrontare il tema della “ricostruzio-ne in qualità” in modo interdiscipli-nare, con l’obiettivo di portare avan-ti un confronto costruttivo, miratorealmente alla risoluzione dei pro-blemi, nel pieno rispetto dei ruoli edelle diverse competenze tecnico-professionali, che devono tutte sen-tirsi coinvolte e lavorare in modo davalorizzare le specificità di ciascuno:architetti, ingegneri, agronomi, geo-metri.

In qualità di Presidente del-l’Ordine degli Architetti, Piani-ficatori, Paesaggisti e Conservatoridella Provincia di Modena, mi èstato chiesto di soffermarmi in parti-colare sul tema del recupero delpatrimonio storico monumentale,pesantemente compromesso dal-l’evento sismico subito, ed è proprioin riferimento a questo che vorreirivolgere un appello a tutti i rappre-sentanti degli enti pubblici presentie delle istituzioni dell’intero territo-rio colpito: se davvero vogliamogarantire la qualità del progetto e

dell’intervento di restauro o rico-struzione, dobbiamo cercare insiemedi evitare di ricorrere a gare di servi-zi di progettazione al massimoribasso, non possiamo più permette-re che un progetto di restauro possavenire assegnato con ribassi chesuperano il 40 per cento dell’impor-to della parcella a base di gara.Come recita un manifesto espostopresso la sede dell’Ordine degliArchitetti della Provincia diBologna: “La qualità non è in sven-dita”.

Il secondo appello che rivolgoanche agli assessori regionali è quel-lo di “far lavorare” attivamente i tec-nici di questi territori, anche nellaricostruzione del patrimonio di edi-lizia pubblica. Il decreto del fareindica molto precisamente cheoccorre agevolare l’imprenditorialocale, ricorrendo anche a forme di“lottizzazione” dei lavori.

Da ultimo, vorrei accennare aipiani di ricostruzione: sarebbeimportante che l’attenzione non silimiti solo al singolo manufatto sucui intervenire, ma si preveda unapproccio progettuale più ampio, a

scala urbana, che comprenda piazzee strade, cioè tutto il sistema di rela-zioni fra gli edifici storici, e più ingenerale con il territorio e con il pae-saggio. Questi aspetti, negli anni delboom edilizio, sono stati spesso tra-scurati: oggi abbiamo un’occasioneper recuperarli. Prendiamo peresempio il fiume: un elemento dacui dobbiamo difenderci, ma nelcontempo da valorizzare per le rela-zioni che ruotano attorno a esso eper la funzione che può avere nellacomunicazione.

Per concludere, spero che le occa-sioni di confronto siano sempre piùfrequenti e che servano veramente aincrementare il lavoro di squadra,organizzando tavoli tecnici indi-spensabili per garantire la qualitàdel nostro lavoro e del nostro territo-rio.

ANNA ALLESINApresidente Ordine degli Architetti della Provincia di Modena

INCREMENTIAMOINCREMENTIAMOILIL LALAVORO DI SQUADRAVORO DI SQUADRA

Anna Allesina

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Ciascun terremoto è diverso daglialtri, anche nel senso che mette

in evidenza le criticità di un territo-rio. Nell’esperienza di collaborazio-ne che il nostro laboratorio, il CIRIEdilizia e Costruzioni dell’Uni-versità di Bologna, ha avviato dalgiorno successivo alla scossa del 20maggio 2012 con la ProtezioneCivile e la Regione Emilia Romagna,abbiamo constatato molte criticitàsia negli edifici prefabbricati sia neipalazzi del centro storico, confer-mando che il tipo di edilizia tipica-mente adottato in tutta Italia è fragi-le. Si tratta nella maggior parte deicasi di edifici nati per portare pesan-ti carichi verticali, ma non in gradodi prendere i carichi orizzontali:appena l’azione non è quella previ-sta nel progetto, come per esempioin caso di sisma, si verifica l’uscitadelle travi dall’appoggio sui pilastri.

In verità le norme di progettazionein zona sismica recitano che i tegoli,le travi, i travi e i pilastri devonoessere collegati fra loro, ma così nonera in Emilia: nell’area industriale diMirandola, per esempio, il 60-70 percento degli edifici industriali da noivalutati ha subito gravi danni, quan-do non si sono verificati letteralmen-te dei crolli.

Chiaramente, già le primissimeordinanze, così come i decreti ema-nati dal Consiglio dei Ministri,hanno evidenziato la necessità dimettere in sicurezza gli edifici, colle-gando tegole su travi e travi su pila-stri e ancorando i pannelli di tampo-namento. Da qui abbiamo presospunto per sviluppare nuove tipolo-gie d’intervento, che hanno richiestodecine di incontri con gli ordini pro-fessionali, finché, entro luglio 2012,la maggioranza dei tecnici ha potutousufruire di corrette indicazioni e diadeguati capitolati d’intervento. Inseguito sono emerse anche soluzionipiù raffinate, come il dispositivo cheabbiamo sviluppato in ottobre del-l’anno scorso con l’Università diBologna, che consente di dimensio-nare il collegamento trave-pilastro.

Un altro settore di grande criticità

era quello delle pannellature di tam-ponamento, solitamente collegatealle strutture portanti trave-pilastro,collegamenti che non erano in gradodi sopportare sollecitazioni trasver-sali. Nonostante siano stati svilup-pati sistemi più sofisticati, il 90 percento dei collegamenti utilizzati èancora di questo tipo e i risultatisono evidenti: quando si muove ilcapannone si strappano anche i col-legamenti. Quindi, le prime dueproblematiche urgenti che abbiamoaffrontato riguardavano la modificadei collegamenti dei tamponamentidelle strutture portanti nei capanno-ni. Questo problema non è limitatoalla zona del cratere, dove si è postol’obbligo per legge di eseguire que-ste modifiche, ma deve diventareuna lezione per tutti i professionistie i proprietari di edifici di tipo indu-striale in Italia.

Se l’intervento su un edificio pre-fabbricato è abbastanza semplice,quello su un edificio in muraturarichiede invece un’analisi approfon-dita delle sue caratteristiche e deisuoi materiali: purtroppo, spesso ilprofessionista rimanda alla fase diesecuzione dei lavori una conoscen-za migliore dell’edificio, mentredovrebbe essere proprio tale cono-scenza a governare il progetto,anche per evitare modifiche in corsod’opera e costi aggiuntivi. Una dellecriticità emerse nei nostri centri sto-rici consiste nel fatto che moltecostruzioni in muratura sono realiz-zate con doppi paramenti non lega-ti. E questo non solo nei casi in cuisono presenti ampliamenti, maanche come tecnologia costruttivaoriginale.

Considerando che l’ultimo terre-moto di grande entità risaliva a cin-quecento anni fa, le case avevano itetti spingenti, per cui, con le solleci-tazioni orizzontali delle scosse, nonsolo hanno provocato una catenariadi spinte sulle facciate, ma hannoletteralmente spinto le facciateall’esterno. Si dice che la memoriatrasmessa da un capomastro all’altrosi perde quando trascorrono più di

cento anni dall’ultimo sisma. Non acaso in Umbria, dove i terremotisono più frequenti, non esistonoarchitravi con i mattoni semplice-mente appoggiati di taglio, comequelli diffusi in Emilia. Per non par-lare della scarsa qualità murariadegli edifici costruiti a partire dal1650 circa, con l’utilizzo di mattoni,spesso non cotti, e soprattutto dimalte di argilla o di altri materialinon meglio identificabili.

Togliendo l’intonaco, si può legge-re il tipo di tessitura muraria e sipossono individuare le masse mura-rie e le aree resistenti per capirecome intervenire: spesso si trovanofessure che viaggiano in direzioneverticale per la presenza di lavora-zioni come l’inserimento di cannefumarie che tagliano in due le pare-ti, riducendo enormemente la resi-stenza.

Per il rinforzo di strutture incemento armato, nel recupero dipilastri, nodi e travi, le tecnologiepiù avanzate sono le fasciature incomposito. In condizioni ottimali sipuò applicare un FRP con resinaepossidica. Queste tecnologie sonosovente utilizzate anche per lemurature, in particolare sulle volte,sia all’intradosso sia all’estradosso,dove la qualità muraria di solito èsufficientemente buona per consen-tire l’uso di queste tecnologie.

Anche nel rinforzo di edifici rura-li, si possono utilizzare materiali cheriescano ad ancorarsi alla muraturaattraverso una malta cementizia obase calce. La malta agirà sia comeelemento di incollaggio sia comeelemento di aderenza rispetto almateriale composito applicato.

È una tecnologia che gode delfavore dei professionisti, perchésemplifica la messa in opera, anchesu superfici non regolari, però deveessere eseguita con attenzione.L’aderenza delle fibre alla malta nonè scontata, ma risulta fondamentaleper ottenere un risultato ottimale. Senon si realizza una buona adesionefra malta e rinforzo il risultato ènullo: alcuni materiali funzionanobene, altri meno. Per questo motivo,presso il CIRI Edilizia e Costruzionidell’Università di Bologna, sonostati avviati importanti studi su que-sto tema, all’inizio del 2012, chehanno già portato a importanti risul-tati.

MARCO SAVOIAprofessore ordinario, direttore CIRI Edilia e costruzioni, Università di Bologna

ANALIZZARE LE CRITICITÀANALIZZARE LE CRITICITÀPER RICOSTRUIRE IN QUALITÀPER RICOSTRUIRE IN QUALITÀ

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Aproposito dell’orgoglio emilia-no evocato in più momenti

durante questo convegno (Restituirel’Emilia in qualità, 25 ottobre 2013,Villa Cavazza, Bomporto), vorremoricordare che l’introduzione delletecnologie dei materiali compositi inItalia parte proprio dall’Emilia nel1993, grazie all’impegno di Ardea ealla collaborazione con l’Universitàdi Bologna. Citiamo un episodioemblematico dello stesso periodo, aBologna con alcuni giapponesi, chegià possedevano un’esperienza diapplicazione di compositi su strut-ture edili in calcestruzzo e che, cer-cando di vendere le loro tecnologie,ne magnificavano l’applicazione ailoro grattacieli in calcestruzzo.Mostrando loro le Due Torri, escla-mammo: “Vedete, questi sono inostri grattacieli”, per spiegare inmodo un po’ colorito che i nostriproblemi erano di natura molto piùcomplessa. Da quel momento, cisiamo messi a lavorare all’applica-zione dei nuovi materiali su edificistorici e in muratura, che caratteriz-zano ogni centro cittadino italiano.

Il settore dell’edilizia è, a oggi,l’unico campo d’azione di Ardeache, in partnership con FTS Spa,Torino, produce i rinforzi e i tessuti.La profonda conoscenza del mate-riale e delle tecnologie produttive cipermette di progettare il rinforzo infunzione delle applicazioni, curan-

done con particolare attenzionel’aspetto tecnico-progettuale e appli-cativo. Oltre alla vendita del prodot-to, mettiamo a disposizione deinostri clienti soluzioni di qualità e,in modo complementare, l’assisten-za tecnica e progettuale necessariealla loro corretta ed efficiente appli-cazione: questo è il plusvalore che cicaratterizza rispetto ad altre aziendedel settore e implica una precisaconoscenza dei materiali, che èmolto importante nella progettazio-ne dell’intervento. Troppo spessocapita d’imbattersi in progetti in cuile indicazioni dei materiali composi-ti da utilizzare, riportate nei capito-lati, non è accompagnata da un’ade-guata descrizione delle loro caratte-ristiche e delle procedure di messain opera, ponendo la stessa impresaapplicatrice davanti al problema dicome realizzare il lavoro senza com-promettere la riuscita globale del-l’intervento con azioni non corrette.

Citerò ora alcune nostre realizza-zioni, nella zona emiliana più colpi-ta dal sisma del 2012, dove questetecnologie si sono dimostrate co-munque sempre efficaci e in talunicasi risolutive, proprio nell’arginarei danni provocati dalle scosse.

Il primo esempio riguarda il cam-panile di Ganaceto, dove persistevaun grave problema strutturale sullafacciata a pietra-vista. L’intervento èstato eseguito con tiranti verticali in

carbonio, applicatiper tutta l’altezzadel campanile,mettendo la strut-tura in precom-pressione: un’ope-razione ardita chetuttavia ha per-messo di conserva-re in toto l’aspettooriginario dellac o s t r u z i o n e .Ugualmente posi-tiva negli esitil’esperienza sulcampanile di Le-signana, su cui era-

vamo intervenuti esternamente einternamente prima del sisma, aseguito del quale abbiamo potutoriscontrare una grande stabilitànella struttura, che ha superato laprova senza subire alcun danno.

In ambedue i casi la progettazionedell’intervento era stata eseguitadall’ingegnere Augusto Gambuzzi,attuale Presidente dell’Ordine degliIngegneri della Provincia di Mo-dena, che ancora desideriamo rin-graziare per l’importante contributodato.

Nel 2003, a San Pietro in Casale,siamo intervenuti in modo massivosu un capannone al limite dell’agibi-lità per ancorare i muri perimetralidi tamponamento alle strutture por-tanti. Il primo sopralluogo da noieseguito dopo il terremoto è statoproprio in quella struttura, riscon-trandone la perfetta integrità.

Fra gli interventi successivi alsisma, è significativo citare quelloeseguito a pochi giorni dall’eventosu un imponente palazzo, il cosid-detto grattacielo di Cento, che ospi-tava 54 famiglie, costrette a sfollareper inagibilità della struttura. Ilnostro studio tecnico ha seguitotutta la fase progettuale e, in un solomese di lavori, il grattacielo è statoreso nuovamente fruibile, in sicurez-za, con rientro nella propria abita-zione dalle famiglie residenti. Ungrande risultato, sia per i cittadinisia per l’amministrazione comunale,che evidenzia il grande potenzialedi queste tecnologie in situazionicosì drammatiche.

È evidente, da simili esempi, comele tecnologie dei materiali compositioffrano vantaggi concreti e misura-bili, grazie ad alcuni loro attributivincenti quali la grande leggerezza e

LINO A. CREDALI E GIANLUCA USSIAamministratore e direttore tecnico di Ardea Progetti e Sistemi Srl, Bologna

I MAI MATERIALI COMPOSITI:TERIALI COMPOSITI:INNOVINNOVAZIONE EMILIANAAZIONE EMILIANA DAIDAIRISULRISULTTAATI PROVTI PROVAATITI

Gianluca Ussia

Lino Antonio Credali

@fabiocasari - 2013

@fabiocasari - 2013

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la resistenza, abbinate alla capacitàd’inserirsi nel contesto architettoni-co in modo assolutamente non inva-sivo. Quest’ultima caratteristica èanche frutto della ricerca più recen-te, volta alla riduzione totale del-l’impatto visivo dei nostri sistemi,risultato che consideriamo raggiun-to grazie all’utilizzo delle fibre dicarbonio e di vetro direttamenteall’interno delle malte. Questo risul-tato viene ottenuto attraverso unanuova resina a base acqua, “Be-tontex ® IPN”, frutto di alcuni annidi ricerca condotti anche in collabo-razione con il Dipartimento diIngegneria “Enzo Ferrari” dell’Uni-versità di Modena e Reggio Emilia:una novità assoluta nel settore.Questa nuova tecnologia offre gran-di vantaggi, dovuti all’elevata ade-sione fibra/matrice, che si estrinse-cano a livello di efficienza meccani-ca, traspirabilità, ottima resistenzatermica (150/160°) e al fuoco (nonbrucia). La sua base all’acqua per-mette inoltre l’utilizzo delle fibrecon le matrici a base cementizia e abase calce.

Un’altra bella dimostrazione disintonia tra la nostra ricerca e lenecessità reali del nostro patrimonioarchitettonico è il metodo di rinfor-zo che abbiamo studiato apposita-mente per le pareti faccia-vista, cosìfrequenti nei centri storici del nostropaese. Attraverso un sistema di caviin carbonio inseriti nei corsi di maltadelle murature, resi adesivi con con-tinuità sulla struttura mediante resi-ne epossidiche e successivamentericoperti da una stuccatura, si riescea stabilizzare la struttura, senzamodificarne in alcun modo l’aspet-to. I cavi, poi, possono essere utiliz-zati come base per l’applicazione diulteriori tipologie di rinforzo conmalte a base calce, in aggiunta a car-bonio o vetro.

Per concludere, vorremmo dire airappresentanti delle istituzioni pre-senti a questo convegno, che siamo adisposizione per promuovere unaformazione accurata dei loro tecnicie ingegneri, attraverso appositi corsidi aggiornamento sull’utilizzo com-petente e corretto di queste nuovetecnologie, così utili per il consolida-mento delle strutture, il restaurodegli edifici storici e la valorizzazio-ne dell’immenso patrimonio archi-tettonico delle nostre città.

Un evento, naturale o antropico,a elevato potere distruttivo,

come il sisma del maggio 2012,determina un’accelerazione nei pro-cessi trasformativi del territorio edegli elementi che lo connotano. Latutela esercitata dal MiBACT sulpatrimonio architettonico si espri-me, anche nel corso di queste emer-genze, non in forma di resistenzaalla trasformazione, bensì nei termi-ni di un’attiva collaborazione contutti gli attori coinvolti alla miglioregestione dei processi necessari.

Presso la Direzione Regionale èstata costituita l’Unità di Coor-dinamento di Crisi Regionale UCR-SISMA 2012, al fine di assicurare ilcoordinamento di tutte le attivitàconnesse all’emergenza, nella qualesono confluite le sei soprintendenzea vario titolo competenti nell’areacolpita: un unico punto di riferimen-to per tutte le operazioni, dal coordi-namento di un progetto nazionale,che ha coinvolto funzionari prove-nienti da ogni parte d’Italia, per ilcensimento georeferenziato degliedifici danneggiati, rilievo e stimaeconomica del danno, all’istruttoriae valutazione dei progetti, al sup-porto tecnico. È stato così possibileraggiungere, in poco più di un anno,alcuni risultati significativi: comple-tamento delle operazioni di censi-mento e stima economica del danno;riduzione dei tempi per l’istruttoriadei progetti; apertura di cantieri dirimozione macerie e messa in sicu-rezza. Contemporaneamente sonostate avviate partnership per colla-borazioni tecnico-scientifiche e per ilreperimento di finanziamenti conuniversità, centri di ricerca, enti esoggetti privati, alcune focalizzatesu casi di particolare complessità,altre su specifiche problematiche.

Molto più recente è l’apertura diuna nuova fase del processo di rico-struzione, la stagione delle scelte dilungo periodo, all’indomani dell’ap-provazione della prima annualitàdel programma regionale di rico-struzione. La qualità nella progetta-zione degli interventi si esprime, ov-

viamente, nell’individuazione dellemigliori soluzioni per il ripristino eil miglioramento sismico, ma questapassa anche attraverso la costruzio-ne di un dialogo con i tutti gli attoricoinvolti nella ricostruzione, nelnostro caso, in particolare con leCurie, i Comuni e gli uffici delCommissario e della Regione, alloscopo d’individuare indirizzi pro-gettuali condivisi.

Non sarà possibile fornire soluzio-ni preconfezionate: un danno estesoa tanti luoghi, a eterogenee e nume-rose tipologie edilizie, a diversesituazioni socio-culturali mette difronte a infinite combinazioni trastoria, sistemi costruttivi, condizionidi degrado e dissesto, ruolo identita-rio. L’unico punto fermo è che nulla,anche quel che sembra perduto, puòessere abbandonato: valgano pertutti gli esempi dell’oratorio Ghi-silieri di San Carlo a Sant’Agostino ela chiesa di San Felice a San Felicesul Panaro.

La parola d’ordine è “ricostruire”.Si tratta ora di graduare le scelte diintervento: quel che, di valore, si èconservato va restaurato e protetto;integrazioni, aggiunte e ricostruzio-ni andranno calibrate in sede pro-gettuale, ma sempre all’interno diun processo logico che va dal qua-dro dello stato dei luoghi al progettoe che, proprio per la sua natura pro-cessuale, rifiuta il preconcetto ideo-logico.

La soluzione di problemi di parti-colare complessità (beni quasi com-pletamente perduti che lascianovuoti nella struttura urbana e lacunenell’identità di un luogo), infine,apre necessariamente un confrontocritico allargato. In questi casi, ilconcorso di progettazione appareuno strumento efficace nell’indivi-duazione di proposte di ricostruzio-ne di qualità, attraverso la reinter-pretazione delle architetture “trau-matizzate”, l’apporto di nuovi signi-ficati vitali per l’edificio, di nuovispunti e strategie nella riorganizza-zione del tessuto urbano storico con-solidato.

FRANCESCO DELIZIAMinistero dei beni e della attività culturali e del turismo, direzione reg. Emilia-Romagna

RICOSTRUIRE ILRICOSTRUIRE IL PPAATRIMONIOTRIMONIOARCHITETTONICO EMILIANOARCHITETTONICO EMILIANO

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Vorrei ringraziare Anna Spa-dafora e la rivista “La città del

secondo rinascimento” per avercidato questa occasione di confronto(Restituire l’Emilia in qualità, 25 otto-bre 2013, Villa Cavazza, Bomporto),che offre stimoli per svolgere meglioil nostro lavoro. Un lavoro quotidia-no, perché la disgrazia del terremotoci ha dato la responsabilità di dove-re ricostruire e di farlo al meglio,impegnandoci perché da un disastronascano nuove opportunità. Fin dal-l’inizio, abbiamo cercato di lavorarecon una visione chiara del futuro edell’obiettivo da perseguire (un ter-ritorio più forte e più sicuro), senzafarci schiacciare dalle contingenze.

Ma, per far capire il contesto in cuiabbiamo operato, vorrei ricordareche siamo partiti dal Decreto 59, incui non erano previste risorse per iprivati: “Gli emiliani sono bravi, riu-sciranno a farcela da soli”, dicevanoa Roma. Così, abbiamo dovuto con-quistare sei miliardi, un po’ allavolta, partendo da zero.

Per uscire dall’emergenza, abbia-mo già speso un miliardo e 270milioni – sempre attraverso azionicondivise con il tavolo dell’econo-mia regionale – oltre a un miliardo e100 milioni delle assicurazioni, chehanno accelerato i tempi. Inoltre,ricordo che tutta la programmazio-ne è stata mantenuta all’interno deiPSC, con l’obiettivo di rilanciare icentri storici, eliminando le bruttu-re, e restituendoli alla fruizione dellecomunità interessate. Vogliamo svi-luppare luoghi nuovi, più belli, vivi-bili e attrattivi. Anche quando si ètrattato di delocalizzare le attivitàcommerciali, abbiamo costruito cen-tri provvisori, ma belli. E quando aBruxelles volevano darci le risorseper tornare come prima, abbiamolottato, chiedendo e ottenendo risor-se per potere rendere questo territo-rio migliore di prima.

Per mantenere i collegamenti conle multinazionali, abbiamo dovutoscrivere lettere ufficiali per fare inmodo che continuassero a investiresul territorio, perché si fidassero e

sapessero che le istituzioni eranodavvero impegnate. Sappiamo chedobbiamo semplificare le procedure,siamo alle ordinanze di dettaglio,ma dobbiamo tenere fermi duepunti: il modello anglosassone devevalere in entrata e in uscita. È unmodello che ha regole e giustizia,secondo cui chi fa il furbo va in gale-ra, non è “un poverino che ha inter-pretato male una norma”, comeaccade troppo spesso in Italia.

Il modello anglosassone richiedeuna vera assunzione di responsabili-tà da parte di un paese che si mettein gioco: io vi chiedo di applicarloalmeno nei nostri rapporti. I profes-sionisti sono fondamentali in questomomento, ma hanno una responsa-bilità enorme e non possono dele-garla chiedendo un timbro pubblicoquando non si sentano abbastanzasicuri. Ciascuno dev’essere respon-sabile per il proprio pezzo, altrimen-ti salta il collegamento. In questomomento circa 800 professionistisono all’opera con altrettante impre-se di costruzione: dobbiamo com-piere uno sforzo, e stiamo cercandodi farlo, tenendo sempre alta l’atten-zione per la legalità, perché è moltopreoccupante la dimensione in cuil’illegalità sta compenetrando dram-maticamente il nostro tessuto econo-mico. Abbiamo costituito un gruppotecnico operativo, al quale parleròchiaramente per trovare le condizio-ni per essere trasparenti, seri e ope-rare nella legalità. Aggiungo alcunidati per fare capire come la ricostru-zione sia in atto: a oggi, 7819 fami-glie hanno già ricevuto una risposta;sono state autorizzate 1883 cambialidei sindaci, ciascuna delle quali cor-risponde a un condominio di ventiappartamenti; oltre 6000 pratichesono in carico ai tecnici e nei comu-ni e, a breve, diventeranno altrettan-te cambiali, perché i soldi ci sono eoccorre spenderli; per le impreseabbiamo dati estremamente impor-tanti: 480 imprese per 320 milioni dieuro, oltre alle 1800 imprese com-merciali collocate negli edifici resi-denziali; lo scorso anno c’erano

41.335 lavoratori in cassa integrazio-ne con causale terremoto, oggi sonodiminuiti a 2670. Questo vuol direche c’è stata una reazione straordi-naria, come la risposta che abbiamoavuto quando abbiamo messo adisposizione delle imprese 15 milio-ni di euro per investimenti che guar-dassero oltre il terremoto: sono arri-vate 1209 domande. Sfido chiunquea trovare nel mondo un territorio incui 1209 imprese si mettono in gioco,nonostante il terremoto, la pressionefiscale e il peso della burocrazia, echiedono un contributo al 45 percento per l’acquisto di macchinari oper altri tipi di investimento per 400milioni. Sono così orgoglioso di que-ste imprese che m’impegno perso-nalmente perché tutte quelle chesaranno ammesse, nell’arco delprossimo anno, siano finanziate. Evoglio dire agli imprenditori chesono stati intervistati nel cortome-traggio XX settembre che non liabbandoneremo: non abbandonere-mo nessuno, siamo dalla stessaparte e stiamo lavorando per fare lastessa drammatica, anche se straor-dinaria, partita e stiamo lavorandoperché ciò che è scritto nell’ordinan-za divenga azione coraggiosa e con-creta. Se riusciamo ad agire coniu-gando buon senso e responsabilità,cercando di capire che, se ricostruia-mo questo territorio si ricostruisceuna bella pagina dell’Italia, oltre adare una grande opportunità per lanostra Emilia Romagna – che vuoldire PIL, benessere e futuro –, usci-remo dal terremoto più forti diprima e vivremo in una comunitàche ha rimesso in primissimo pianovalori come l’amicizia e la solidarie-tà. Questo è il nostro obiettivo.

GIAN CARLO MUZZARELLIassessore Attività produttive, Regione Emilia Romagna

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Gian Carlo Muzzarelli

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