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l’assedio di Concordia. Convinto di espugnare facil- mente la città, Attila preferisce assicurarsi le spalle devastando con centomila uomini la marca trevi- giana, mentre il suo maresciallo Astregoro mantiene il blocco di Concordia. Attila è intento a conquistare il castello della Motta, quando, per via mare, giunge in aiuto ai concordiesi Arioco d’Aquileia. Al porto del Tezone (forse attuale Teson) aquileiesi e concordiesi riescono a sostenere l’urto di diecimila pagani. Attila torna a Concordia per sferrare l’attacco finale. L’assalto è potente e duro. I concordiesi si difendono con macigni, travi e acqua bollente. Durante la notte il re di Concordia e i principi alleati decidono il piano di battaglia per l’indomani: i cittadini sarebbero ri- masti in città a difendere le mura, i soldati avrebbero combattuto in campo aperto. Durante la stessa notte Attila per tre volte fa lo stesso sogno infausto: sogna che un leone lo rovescia con un forte urto dalla groppa di Arabì. I suoi lo soccorrono e lo salvano. Vede quindi quaranta tra castelli, borghi e città spalancargli le porte, lui vi entra e le distrugge. Ma ecco di nuovo farglisi incontro il leone con la corona in testa, che con un colpo di spada gli stacca il capo. Il giorno seguente i due eserciti si scontrano feroce- mente in campo aperto. Il valoroso re di Concordia brandendo lo stendardo con l’aquila rossa in drappo azzurro, resiste alla furia dei barbari anche grazie all’audacia dell’eroe Zanon. Quella notte, Matteo conte di Concordia consiglia di abbandonare di nascosto la città, non potendo più tener testa al pos- sente esercito di Attila, e di rifugiarsi a Caorle dal vescovo di Concordia. Prima dell’alba i concordiesi si avviano verso le paludi e le isole con i burchi e i navigli. Attila, scoperto l’inganno, entra in Concordia col suo esercito, la distrugge fino alle fondamenta e la incen- dia, poi vi sparge il sale affinché non debba più ri- nascere. LA CIAVRA DHE ORO Si dice che esistesse un sotterraneo che collegava Iulia Concordia ad Aquileia; serviva a portare le frecce dalla fabbrica di Concordia fino ad Aquileia (Tiaris di Tisane e di Puart, miti, fiabe e leggende del Friuli storico, Istituto di ricerca Achille Tellini). Si dice in- oltre che il sottosuolo della nostra città nasconda, oltre al patrimonio archeologico, anche un tesoro im- menso. Pare che la leggenda abbia cominciato a diffondersi già alla fine dell’Ottocento, quando furono iniziati gli scavi per riportare alla luce il sepolcreto dei militi sulla sponda sinistra del Lemene, alla guida del noto concordiese cavatore di pietre Giacomo Stringhetta. Si racconta che furono trovati molti sarcofagi già pro- fanati e si sparse la voce che, oltre alle monete e ai gioielli, vi fosse sepolto un grosso tesoro nascosto da Attila dopo la distruzione di Concordia, prima di dirigersi verso Altino e poi verso Roma. Dicevano che vi fosse sepolta anche una enorme capra d’oro. Così raccontò il concordiese Dino Vignandel. «Cuncurdia ‘na vuolta la jera ‘na bea cità romana, ma dopo l’è passat i barbari e ultin de tuti l’è passat Atia che l’à dita ‘ste paroe chi:« Indove che passa el me ciaval no cressarà pì un bar dhe arba!». E lui l’à pro- prio fat cussì. I dis ancia, i nostri veci, che fra el cianp dhe Farbuora e chel dhe Beomo, l’è la ciavra dhe oro sot tiara e l’è lijada co ‘na ciadena, dhe oro ancia chea, ansi, un vecio ‘na vuolta l’à provat fa un bus sot tiara dhe vinti metri e l’à trovat prima dei curtiei e dei sidons e dopo la ciadena. E l’à provat a tirà su, e tira e tira, l’à tirat su lui un puocia, ma dopo el se à stufat e l’à tornada butà du e cussì la ciavra la dovaris jessi incora là». Concordia, una volta, era una bella città romana, ma dopo sono passati i barbari e per ultimo è passato Attila che ha detto queste parole: «Dove passa il mio cavallo non crescerà più l’erba!». E ha fatto proprio così. Dicono anche i nostri vecchi che, fra il campo di Flaborea e quello di Bellomo, c’è la capra d’oro sotto terra ed è legata con una catena, d’oro anche quella, anzi, un vecchio una volta ha provato a fare un buco di venti metri e ha trovato prima dei coltelli e dei cucchiai e dopo la catena. E ha provato a tirarla su, e tira e tira, ne ha tirata su una parte, ma dopo si è stancato e l’ha ributtata giù e così la capra dovrebbe essere ancora là. pieghe-mistero_Layout 1 16/10/17 12:56 Pagina 1

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l’assedio di Concordia. Convinto di espugnare facil-mente la città, Attila preferisce assicurarsi le spalledevastando con centomila uomini la marca trevi-giana, mentre il suo maresciallo Astregoro mantieneil blocco di Concordia.Attila è intento a conquistare il castello della Motta,quando, per via mare, giunge in aiuto ai concordiesiArioco d’Aquileia. Al porto del Tezone (forse attualeTeson) aquileiesi e concordiesi riescono a sostenerel’urto di diecimila pagani. Attila torna a Concordiaper sferrare l’attacco finale.L’assalto è potente e duro. I concordiesi si difendonocon macigni, travi e acqua bollente. Durante la notteil re di Concordia e i principi alleati decidono il pianodi battaglia per l’indomani: i cittadini sarebbero ri-masti in città a difendere le mura, i soldati avrebberocombattuto in campo aperto. Durante la stessa notteAttila per tre volte fa lo stesso sogno infausto: sognache un leone lo rovescia con un forte urto dallagroppa di Arabì. I suoi lo soccorrono e lo salvano.Vede quindi quaranta tra castelli, borghi e cittàspalancargli le porte, lui vi entra e le distrugge. Maecco di nuovo farglisi incontro il leone con la coronain testa, che con un colpo di spada gli stacca il capo. Il giorno seguente i due eserciti si scontrano feroce-mente in campo aperto. Il valoroso re di Concordiabrandendo lo stendardo con l’aquila rossa in drappoazzurro, resiste alla furia dei barbari anche grazieall’audacia dell’eroe Zanon. Quella notte, Matteoconte di Concordia consiglia di abbandonare dinascosto la città, non potendo più tener testa al pos-sente esercito di Attila, e di rifugiarsi a Caorle dalvescovo di Concordia. Prima dell’alba i concordiesisi avviano verso le paludi e le isole con i burchi e inavigli.Attila, scoperto l’inganno, entra in Concordia col suoesercito, la distrugge fino alle fondamenta e la incen-dia, poi vi sparge il sale affinché non debba più ri-nascere.

LA CIAVRA DHE ORO

Si dice che esistesse un sotterraneo che collegava IuliaConcordia ad Aquileia; serviva a portare le freccedalla fabbrica di Concordia fino ad Aquileia (Tiarisdi Tisane e di Puart, miti, fiabe e leggende del Friulistorico, Istituto di ricerca Achille Tellini). Si dice in-

oltre che il sottosuolo della nostra città nasconda,oltre al patrimonio archeologico, anche un tesoro im-menso.Pare che la leggenda abbia cominciato a diffondersigià alla fine dell’Ottocento, quando furono iniziati gliscavi per riportare alla luce il sepolcreto dei militisulla sponda sinistra del Lemene, alla guida del notoconcordiese cavatore di pietre Giacomo Stringhetta.Si racconta che furono trovati molti sarcofagi già pro-fanati e si sparse la voce che, oltre alle monete e aigioielli, vi fosse sepolto un grosso tesoro nascosto daAttila dopo la distruzione di Concordia, prima didirigersi verso Altino e poi verso Roma. Dicevano chevi fosse sepolta anche una enorme capra d’oro.

Così raccontò il concordiese Dino Vignandel.

«Cuncurdia ‘na vuolta la jera ‘na bea cità romana, madopo l’è passat i barbari e ultin de tuti l’è passat Atiache l’à dita ‘ste paroe chi:« Indove che passa el meciaval no cressarà pì un bar dhe arba!». E lui l’à pro-prio fat cussì. I dis ancia, i nostri veci, che fra el cianpdhe Farbuora e chel dhe Beomo, l’è la ciavra dhe orosot tiara e l’è lijada co ‘na ciadena, dhe oro ancia chea,ansi, un vecio ‘na vuolta l’à provat fa un bus sot tiaradhe vinti metri e l’à trovat prima dei curtiei e deisidons e dopo la ciadena. E l’à provat a tirà su, e tirae tira, l’à tirat su lui un puocia, ma dopo el se à stufate l’à tornada butà du e cussì la ciavra la dovaris jessiincora là».

Concordia, una volta, era una bella città romana, ma doposono passati i barbari e per ultimo è passato Attila che hadetto queste parole: «Dove passa il mio cavallo non cresceràpiù l’erba!». E ha fatto proprio così. Dicono anche i nostrivecchi che, fra il campo di Flaborea e quello di Bellomo, c’èla capra d’oro sotto terra ed è legata con una catena, d’oroanche quella, anzi, un vecchio una volta ha provato a fareun buco di venti metri e ha trovato prima dei coltelli e deicucchiai e dopo la catena. E ha provato a tirarla su, e tira etira, ne ha tirata su una parte, ma dopo si è stancato e l’haributtata giù e così la capra dovrebbe essere ancora là.

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donna detta della Poiana, in Pescheria” a Portogruarosulle rive del Lemene. Era infatti consuetudine, di-ventata diritto e rimasta in vigore fino a non moltianni fa, che il commercio del pesce si svolgesse a Por-togruaro nella pescheria, a opera di pescatori di Ca-orle. Nel 1920 Giuseppe Bittolo Bon organizzò la“Festa della Pescheria” che prevedeva, oltre al-l’aspetto religioso, l’uso di una “galleggiante”, unazattera elegantemente addobbata con illuminazionialla veneziana, per accompagnare i doni che i pesca-tori di Concordia e di Caorle portavano alla Madonnacome ringraziamento del raccolto e del pescato. A te-stimonianza della devozione dei pescatori concor-diesi alla Madonna, Odorico Viana riporta che essi,dopo la famosa pesca della tratta, dividevano il pe-scato in base al numero dei pescatori più una per laMadonna. Da questa radice storica deriverebbe, se-condo i più, la gara dee batee, che continua a rinno-varsi ogni anno a Concordia. Al ritorno dalringraziamento, si può ben pensare che tra pescatorie cacciatori, concordiesi e caorlotti, si aprisse una spe-cie di gara di voga veloce a chi arrivava prima allameta. Forse era l’osteria più vicina e… una cicheradhe raboso poteva ben essere l’ambito premio.

La loggia del Palazzo Municipale e il sito dell’an-tico Campisel, sono il luogo delle due tappe succes-sive, adatto al racconto di storie e aneddoti legati alNovecento e al medioevo concordiese (Daniele Odo-rico, Campisel, Lions Club Concordia Sag. VE, giu-gno 2017). Nel 1420 Concordia passò sotto il dominiodella Serenissima insieme a Portogruaro, Aquileia,Cividale… Durante la festa di Santo Stefano il ga-staldo del vescovo affittava la loggia del palazzo co-munale a Pietro Scarpa, aromatario veneziano dellacorporazione degli speziali, per l’esposizione e lavendita dei suoi prodotti (Laura Pavan CONCOR-DIA tremila anni di storia, Esedra Editrice PD, 2001).Nella scena di teatro che esalta il racconto viene in-trodotto un divertente personaggio: il cavadenti.

Quarta tappa: il sito romano di via Claudia, di re-cente scoperta, dove si possono ammirare i resti delleantiche mura con la porta e il decumano che porta-vano fuori città. La scena di un duello tra Attila e unlegionario introduce, tra storia e leggenda, l’inva-

sione degli Unni, tratta da un poema franco-italianodel 1358 intitolato Attila, scritto dal notaio bologneseNiccolò da Casola. Nel 1962 don Gino Facchin, con-cordiese, professore e poeta, fece una sua versione delcanto XV di questo poema, dal titolo L’Aquila Rossa,dove si narra la conquista di Concordia da parte diAttila. A seguire la leggenda popolare La ciavra dheoro e ‘l tesoro dhe Atia. Si dice che Attila nella suafuria devastatrice, dopo aver distrutto Aquileia, raseal suolo Concordia e vi sparse il sale. Gli abitanti persfuggire al flagello di Dio, si rifugiarono negli isolottidella laguna, fondando Caorle e poi Venezia. Do-vendo proseguire verso la conquista di Roma, Attilaseppellì a Concordia un tesoro enorme che compren-deva una capra d’oro. Nessuno l’ha mai trovato e ilmistero alimenta la credenza che vi sia ancora se-polto. (Tiaris di Tisane e di Puart, miti, fiabe e leg-gende del Friuli storico, Istituto di ricerca AchilleTellini).

Il percorso Drio el Canal procede verso l’ultimatappa: il Sacello dei Santi Martiri situato lungo ilfiume, dove viene narrata la storia della decapita-zione dei Martiri concordiesi avvenuta nel 304 sottol’impero di Diocleziano. La leggenda narra che leteste dei Martiri, finite nel Lemene, galleggiarono tra-sportate dalla corrente cantando le lodi a Dio. Dopoil racconto, dall’argine del fiume un gruppo di cantoriconcordiesi canterà le antiche lodi ai Santi Martiri. Dulcis in fundo, la degustazione di prodotti tipicilocali concluderà il percorso presso palazzo Zancoin via Roma.

TRA STORIA E LEGGENDA

L’AQUILA ROSSA- Versione metrico ritmica di donGino Facchin.Il racconto inizia con la nascita di Attila. Il giovane,divenuto signore d’Ungheria, muove contro l’Italia.Assedia Aquileia e la conquista, dirigendosi quindiverso Concordia. Ӗ Galoris, il fedele di Attila, a sfer-rare l’attacco, ma viene fatto prigioniero e invitato aricevere il battesimo. Il perfido finge la conversione, ma con un sotterfugioriesce a tornare da Attila e lo persuade a iniziare

Passeggiata notturna: - Via Roma statua di Toni dhe l’agha; - Loggia del Palazzo Comunale; - Campisel; - Via Claudia sito romano con decumano, - Porta e antiche mura; - Sacello dei Santi Martiri; - Casa Zanco in via Roma.

Ritrovo ore 17.45 in Piazza Costantini, davanti alla Cattedrale.Partenza ore 18.00. Arrivo ore 19.30 Casa Zanco in via Roma.

Su prenotazione. Costo € 8,00con degustazione prodotti tipici del territorio.

Per informazioni e prenotazioni MARA TREVISAN cell. 3392078252

PROGRAMMA

LE TAPPE DEL PERCORSO

Il fiume Lemene da oltre duemila anni è testimone delle vi-cende storiche e delle leggende legate a Concordia. Il per-corso a tappe dei misteri e delle leggende si svolge pertantoseguendo il fiume, percorrendo a ritroso una linea deltempo: dall’Ottocento al Medioevo, fino alle persecuzionicristiane e alla distruzione di Julia Concordia romana daparte di Attila. Storie e leggende vengono animate conscene di teatro.

La prima tappa del percorso, sotto la statua di Tonidhe l’agha, fa riferimento all’epopea della bonifica,alla Società della Tratta e alla Madonna della Pesche-ria. Toni dhe l’agha è il monumento che Celso Co-stantini, parroco a Concordia dal 1901 al 1915, dedicòai lavoratori delle paludi. Una scena di teatro in dia-letto concordiese fa rivivere Toni dhe l’agha e la Com-pagnia della Tratta. Madonna della Pescheria: nel 1627, secondo lo storicodi Portogruaro Antonio Zambaldi “Viene eretto daalcuni pescivendoli di Caorle l’Oratorio della Ma-

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